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Pterodroma magentae

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Petrello della Magenta
pulcino
Stato di conservazione
Critico[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
SuperphylumDeuterostomia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
SuperclasseTetrapoda
ClasseAves
SottoclasseNeornithes
SuperordineNeognathae
OrdineProcellariiformes
FamigliaProcellariidae
GenerePterodroma
SpeciePterodroma magentae
Nomenclatura binomiale
Pterodroma magentae
Giglioli e Salvadori, 1867
Sinonimi

tāiko

Il petrello della Magenta (Pterodroma magentae (E.Giglioli e T.Salvadori, 1869)) è un uccello marino della famiglia Procellariidae[2].

Il petrello della Magenta venne avvistato per la prima volta dalla Magenta, una pirocorvetta ad elica della Regia Marina italiana[3] il 22 luglio 1867 nell'oceano Pacifico meridionale tra la Nuova Zelanda e il Sud America. Venne ritenuto estinto per circa 111 anni finché venne avvistato nuovamente nel 1978 da David Crockett nell'angolo sud-orientale dell'Isola Chatham, la maggiore dell'omonimo arcipelago, dove era noto dai moriori col nome di tāiko[3][4].

Ha dimensione di circa 40 cm e apertura alare di circa 100 cm[5]. Le ali sono di color marrone-grigio, il lato inferiore delle ali è bruno, il ventre bianco, il becco nero e le gambe rosa[5].

La nidificazione avviene in colonie all'interno di foreste fitte a circa 5 km dalla costa in cunicoli lunghi fino a 5 metri[5]. Il periodo dell'accoppiamento va da settembre a maggio[5]. Le coppie tendono a formare legami lunghi tutta la vita e viene deposto un uovo all'anno, che viene incubato per 7-8 settimane da entrambi i genitori[5]. Ai tre mesi di vita i pulcini si arrampicano sugli alberi dai quali si lanciano per volare verso il mare[5][3].

Conservazione

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La specie è classificata in uno stato di conservazione critico, poiché è stato osservato un calo della popolazione di circa l'80% negli ultimi 50 anni circa, unito a un ristretto habitat, arrivando a circa 120 esemplari e una quindicina di coppie in fase di allevamento nel 2004[4]. Inoltre, ha impattato sulla riduzione della popolazione sia la caccia da parte di moriori e maori sia la presenza di specie introdotte nelle isole Chatham, come gatti, ratti e weka[4][6]. Negli ultimi anni è stata avviata una strategia di conservazione finalizzata alla preservazione dell'habitat del petrello della Magenta, della loro protezione dai principali predatori e il trasloco dei pulcini in nuove aree di nidificazione al fine di espandere le stesse anche in isole limitrofe, poiché è stato osservato che il petrello tende a tornare lì dove ha imparato a volare[3][7]. Con queste contromisure il calo della popolazione è stato contenuto e sono stimati meno di 200 esemplari[6].

  1. ^ (EN) BirdLife International 2015, Pterodroma magentae, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 15 gennaio 2016.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Procellariidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 22 agosto 2018.
  3. ^ a b c d (EN) Lost at Sea: Why the Birds You Don't See Are Fading Away, su nationalgeographic.com. URL consultato il 22 agosto 2018.
  4. ^ a b c (EN) The miraculous Chatham Island taiko rediscovery and comeback from the brink of extinction, su terranature.org, 23 aprile 2008. URL consultato il 22 agosto 2018.
  5. ^ a b c d e f (EN) Magenta Petrel (Pterodroma magentae), su planetofbirds.com, 11 gennaio 2011. URL consultato il 22 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 23 agosto 2018).
  6. ^ a b Conservazione del petrello della Magenta.
  7. ^ (EN) Critically Endangered Seabirds Not Finding Mates, su sciencedaily.com, 28 aprile 2008. URL consultato il 22 agosto 2018.

Voci correlate

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