Aforismi di Lucio Anneo Seneca e Publilio Siro
Questo testo è stato riletto e controllato. |
SAGGEZZA ANTICA
Aforismi di L. A. Seneca e P. Siro
Ciò che agli altri tu fai, dagli altri aspetta.
Giova ognor l’amistà, nuoce l’amore.
Propria gioia non far del danno altrui.
Più devi a quell’amico da cui nulla ricevi.
5Vincolo d’amistà sola è la fede.
Ira d’amanti rinnova l’amore.
È dei mali il maggior perder l’amico.
Sfuggir si può, non trarre a forza amore.
Mensa angusta contien cibi innocenti.
10D’oziose premure è amor cagione.
È spettacolo al vulgo animo infermo.
Quanto impone a sè stesso il cuore ottiene.
Vecchia che ruzza, balocco di morte.
Tempo, non volontà, spegne l’amore.
15La donna è allor sincera che mostrasi cattiva.
Della miseria sua causa è l’avaro.
Arte non è, se ottien l’effetto a caso.
Tension frange l’arco, umiltà il core.
Ossequi il peccator? pecchi due volte.
20Carezze, non comandi, amor fan dolce.
Chi render sa, molti favori ottiene.
Vende sua libertà chi un beneficio accetta.
Far bene a chi lo merita è un far bene a sè stesso.
Chi far bene non sa, dritto a chieder non ha.
25Chiede favor chi averne fatto accenna.
Beneficar frequente a ricambiare insegna.
Morir d’altri ad arbitrio è doppia morte.
Due volte muor chi di sua man si uccide.
Buon nome fra le tenebre splende di propria luce.
30Se i nostri mali estingue, è un ben la morte.
T’opprime il ben se sostener nol sai.
Onesto cor neppur morendo inganna.
Contraffar la bontà malizia è somma.
È l’asprezza dei buoni alla giustizia affine.
35L’ira in bennato cor tosto si spegne.
Ciò che fuggir tu devi, negli altrui mali osserva.
Ossequio al reo mai l’onest’uom concede.
Breve è la vita in sè, lunga il dolor la rende.
Fugge spesso, ma rado l’occasion si porge.
40Tosto diventa infamia la gloria dei superbi.
Non imprender mai cosa, ond’abbia indi a pentirti.
Il gaudio dei malvagi presto in dolor si muta.
Obblio d’ire civili è alle città difesa.
La miglior parentela è l’armonia dei cuori.
45Pensa a ciò che dir vuoi, come vuoi pensa.
Chi troppo ingenuo mostrasi all’impudente, è stolto.
Medico troppo rigido, malato intemperante.
Crudel nei casi avversi è la rampogna.
Quando trionfa il vizio, è peccator l’onesto.
50Guadagno con infamia, danno chiamar si deve.
Se non dall’abbondanza, vien raramente il male.
Bene ch’altri può dare, altri può tòrre.
In piangere e mentir dotta è la donna.
Pensa, ma non dir mal del tuo nemico.
55Quanto un giorno ti dà, rapisce un giorno.
Quand’èsca non gli dài, scema il dolore.
Discepol del passato è il dì che viene.
Ciò che ascolti, discuti; quello che credi, approva.
Fuggi l’ambizione e vinci un regno.
60Sempre la turba al pessimo s’appiglia.
Anche l’oltraggiator non soffre oltraggio.
La ferita risana, la cicatrice resta.
Nel mar delle miserie la pazienza è il porto.
La speranza del premio allevia la fatica.
65Col tacere il delitto, il fai più grave.
Curan la fama i più, pochi l’onore.
Uom che il giudizio sfugge, colpevol si confessa.
Felicità del povero è l’essere innocente.
Felicità dei tristi, calamità dei buoni.
70Il bene e il mal con pari animo porta.
Non ha più nulla a perdere chi il credito ha perduto.
Chi perduto ha la fede a che più vive?
Muta commendatizia è un bell’aspetto.
Più che saggezza all’uom giova fortuna.
75La paura e l’amor mal vanno insieme.
Piace altrui quel ch’è nostro, a noi l’altrui.
Non creder fido alcun, se pria nol provi.
Uom che a ragione è fido, anche al nemico è giusto.
Esce fuor di sè stesso uom che s’adira.
80Altro l’uom ha sul labbro, altro nel core.
Contender di bontà contesa è bella.
Pianto d’erede è mascherato riso.
Non val contro fortuna uman consiglio.
Corre a rovina il povero che imitar voglia il ricco.
85Muto piacer gaudio non è, ma pena.
D’ambo le orecchie ascoltar dee chi regna.
Chieder consiglio in fra’ perigli, è tardi.
Chi può morir volendo è assai beato.
Evita il mal sempre temendo il saggio.
90Se nulla vuoi temer, temi di tutto.
Molti minaccia chi un sol uomo offende.
Prender ciò che non puoi rendere è frode.
Tal nella solitudine vivi qual fossi in piazza.
Molti ha l’uomo a temer cui temon molti.
95Tuo non è già quel che fa tuo la sorte.
Chi non ha possa alcuna è un morto vivo.
Ottimo è l’ozio a chi non ha fortuna.
Pubblico lutto è d’onest’uom la morte.
Non pietà ma terror gl’improbi arresta.
100Grave a chi sa, più che il baston, lo sprezzo.
Sforza il duolo a mentir pur gl’innocenti.
Teme il giusto la sorte, il reo la legge.
Guadagno non si dà senza altrui danno.
Stolto divien chi troppo alla fortuna è caro.
105Indica ma non vendica i nostri affanni il pianto.
Il pessimo nemico è quel che ascondi in petto.
Il più blando discorso ha il suo veleno.
È più dannoso il male che gl’innocenti assale.
Custodire la propria gloria è difficil cosa.
110Spesso agli altri perdona, a te non mai.
Non feriscon maligni susurri un cor bennato.
Ha sul tapin l’ingiuria più facile potere.
Per bene oprare, intender che cosa è il bene occorre.
Patir l’invidia ai forti ed ai felici è dato.
115Chi il reo trascura, a colpe altre l’invita.
Par consiglio nell’ira anche il delitto.
Senza varietà nulla è giocondo.
Danna sè stesso il giudice allor che assolve il reo.
Un ripetuto error colpa diventa.
120Nel dire il ver sia la tua lingua audace.
Grande fortuna a grande alma si addice.
Comentando un maligno detto, più acuto il rendi.
Chi misfar vuol sempre cagion ne trova.
O infermo, se il tuo medico nomini erede, guai!
125Male colui vivrà che ben morir non sa.
Gl’ingrati ognor c’insegnano a diventar cattivi.
La malizia, per nuocere meglio, si finge buona.
Reo, che onesto si finga, è il reo peggiore.
Avere animo eguale è medicina al male.
130Men che il servo è il padron che i servi teme.
Viver d’altri in arbitrio è triste assai.
Triste dover nascondere ciò che svelare agogni.
Se mai non fosti misero, ben misero t’estimo.
L’indugio a tutti è in odio, ma forma la saggezza.
135Ogni timor può vincere chi sa sprezzar la morte.
Condimento a malizia è lacrimar di donna.
Pazienza, non lacrime, necessità richiede.
Nulla a necessità mai nega il saggio.
Cosa che mutar può, tua non la dire.
140Se da te nulla impari, invan dai saggi apprendi.
Sol chi sa far le insidie, le insidie altrui non teme.
Il non far mal, potendo, è virtù somma.
Turpe non è la margine, che da virtude è nata.
Serbar mal puoi sol tu quello che piace ai più.
145Ignorante non è chi sa d’essere stolto.
Felicità non ha sempre benigno orecchio.
Chi cede a’ suoi, vinto non è, ma vince.
Chi con un ebbro litiga, un uomo assente insulta.
Chi troppo presto giudica, s’affretta al pentimento.
150Servitù acerba a un libero uomo è l’altrui denaro.
L’amante sa che brama, quello che sa, non vede.
Amore e senno è appena a dio concesso.
Frutto al giovine è amor, delitto al vecchio.
Ama il padre s’è giusto; se non è tale, il soffri.
155Fa’ tuoi se soffri i vizi dell’amico.
Piaga d’amore chi la fa la sana.
Amor, qual pianto, nasce dagli occhi e scende in petto.
L’uom saggio impera al cor, serve lo stolto.
La virtù cresce osando, tardando la paura.
160Ama od odia la donna: il terzo è nulla.
Vince due volte chi sè stesso vince.
Morte, che mali estingua, all’uomo è grata.
Ai buoni nuoce chi perdona ai tristi.
Buon cuore offeso molto più s’adira.
165Più che alla fama, alla coscienza attendi.
Spesso, deliberando, l’occasion ti sfugge.
Bello è il morir quando la vita è cara.
È compagna di morte oscura vita.
Occasion di virtude è la sventura.
170Pur gl’innocenti a mentir sforza il duolo.
Anche un fil di capello ha l’ombra sua.
Paradiso agli afflitti è l’innocenza.
La fede, come l’anima, onde partì non torna.
La fortuna è di vetro: risplende ma si spezza.
175Pazienza offesa diventa furore.
Tante volte l’uom muor quante i suoi lascia.
È un altro patrimonio onesta fama.
Là può valere il popolo dove han valor le leggi.
Il foco prova l’oro, provan gli affanni il forte.
180Un gran regno aver vuoi? reggi te stesso.
In amor sempre menzognera è l’ira.
A gran fortuna un grande animo è d’uopo.
Senza nimistà alcuna, miserrima è fortuna.
Temer la morte è del morir più grave.
185Sprezza la morte e ogni timor tu vínci.
Nessun misero mai muor troppo presto.
Prava coscienza non è mai sicura.
Erra men quei che tosto il fallo emenda.
Comandar, non servir, devi al denaro.
190Per tema i più, non per bontà, son buoni.
Chi vuol giovar, nè può, ben è infelice.
Medicina è un dolor che un dolor cacci.
Nascer puote il pudor, ma non s’insegna.
Cui non piega il pudore, il timor frange.
195Chi a troppi vuol piacer, nulla mai nega.
Chi imputa altrui sue colpe, oh quanto è tristo!
Qual sei, non quale altri ti estimi, importa.
Chi non ha mio nè tuo, tranquillo vive.
Chi fede serba, ovunque vuol, perviene.
200Chi povero è davver? chi si tien ricco.
Chi a sè non vive, ben agli altri è morto.
Sempre beata la bontà s’estima.
Cauto sè chiama il vil, parco l’avaro.
Toglie a sè, nulla dà chi dona ad un morto.
205Ben imparar, senza ben far, non giova.
Fine