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Prediche volgari/Predica XXI

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Predica XXI

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Predica XX Predica XXII

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XXI.

In questa seguente predica si tratta come et matrimonio
debba èssare considerato, per tre belle ragioni.

Diliges proximum tuum, sicut te ipsum — (Iterum ubi supra). Anco stamane si rinnuova il comandamento di Dio a tutti noi, dicendoci: — Amarai il prossimo tuo come te medesimo. —

Nella predicazione di ieri noi ponemo come il matrimonio dovea èssare considerato per tre modi: el primo, come dovea essere regolato: secondo1, come dovea èssare santificato, e terzo come dovea èssare onorato. Delle quali tre considerazioni noi ne vederne solamente la prima, come doveva èssare regolato. Stamane aviamo a vedere2 l’altre due parti, come díe èssare santificato et onorato; come Pavolo cel dimostra al primo cap. ad Thessalonicenses: Sciat unusquisque vestrum vas suum possidere in santificatione et honore3: — Ognun di voi sappi possedere il suo vaso in santificazione ed onore. —

Adunque vedremo la prima considerazione, che è la siconda di quelle d’ieri: come questo santo matrimonio díe èssare santificato. Tu hai quel bello detto4 di Dio, dicendo a tutti: Sancti estote, quoniam ego sanctus sum5: — [p. 156 modifica] Siate santi, dice Idio, come so’ santo io. — Non si può èssare in tanta perfezione, ma ci vuole dire: — siate santi in ciò che voi potete di fare bene, come so’ santo io, che mai non feci altro che bene. — E però dice a tutti quelli che so’ in stato di matrimonio: vivete santamente, quanto v’è possibile. Sai chi è quello che vive santamente? So’ coloro che con timore di Dio usano il matrimonio, con intenzione di aver figli6 che faccino la volontà di Dio, acciocchè sieno ripiene le sedie della gloria. E questa fu la prima intenzione di Dio, che l’uomo ubidisse a lui, et essendoli ubidiente. Iddio gli desse la gloria, e mettesselo ne’ luoghi donde cascaro quelli che li furo disubidienti. Un altro modo ci è nel matrimonio, cioè che talvolta s’usa che l’uno il richiede all’altro, non avendo il pensiero più oltre: questo non è santificato. Anco so’ di quelli che lo schifano per levare via il peccato: questi tali anco non sónno in quella santificazione; pure è scusato se ellino consentono. — A casa.

Vediamo come questo matrimonio díe èssare santificato: in santificatione et honore. Tu vedesti ieri quelli freni che tu dovevi tenere, cioè: i termini del matrimonio non passare; contra natura non operare, e i tempi con discrezione considerare. E che si doveva usare a tempo congruo, e in luoghi atti a ciò, e nel luogo proprio, assai chiaro te ne mostrai. Ma oggi io ti voglio dichiarare alcuni dubbii, i quali domandano i santi dottori, e pongonti7 l'essemplo. Poniamo che sia uno o una che usa il matrimonio per diletto, non per avere figli, nè anco per rendere il debito, nè per schifare fornicazione; niente di meno elli non si vorrebbe dilet[p. 157 modifica]tare conlei, se ella non fesse sua donna, nè non usarà con lei centra al naturale ordine, nè a tempo altro che non proibito: elli non ha ei pensiero a nulla, se non solamente al diletto; domandasi se costui per quel diletto pecca mortalmente. Rispondesi che tre cagioni possono èssare quelle che ti fanno cadere nel peccato mortale. Intendele e notale bene, ch’io mi credo ch’elli8 saranno più utili alla comuna gente queste due prediche, che prediche che mai voi udiste da me. — A casa.

La prima cagione si è per disordinata affezione.

Sicondo, per la troppo frequentazione.

Terza, per la spirituale dissipazione.

Se noi vediamo queste cagioni, voi ve n’anderete a casa con uno saco di verità.

La prima cagione, dico: può essere peccato mortale per la disordinata affezione. Sai come tu il puoi intèndare questo? Ode un detto d’Agustino: Mortale peccatum est preponere delectabile Deo: — Sempre è mortale peccato a prepónare il diletto che tu pigli a Dio. — E peccato mortale non può èssare a prepónare Idio al diletto, ma sì veniale. Vediamo del mortale, quando si prepone il diletto a Dio; e piglia questo caso. Ecci chi abbi fatto figliuoli? Destili mai a balia? Che ti mosse? Perchè? Per darti più diletto l’hai dato,... eccetera, eccetarone. Come tu li desti a balia, subito preponesti el diletto a Dio, e cascasti in questo peccato; e sai che facesti? Tu facesti peggio che non fa una asina; cha l’asino quando ha fatto il polleruccio, ella se lo alleva9 e notrica. Non fai così tu. — La cagione perchè tu nol governi, tu te la sai tu, se ella è lecita cagione. — Se ella è [p. 158 modifica] lecita, non è peccato mortale. Non è lecito così come tu credi, no: se tu desse il figliuolo tuo a balia perchè tu se’ indebilita, o non hai tanto latte, o altre cagioni legittime, tu non pecchi; ma se tu ’l fai per poterti dilettare meglio, dico che allora tu pechi. Dice colui: — oh, io piglio diletto della mia propria donna! Perchè non m’è egli lecito? — Non t’è lecito, no. Va’, leggi Angustino in quinta distinzione, nel cap. ad ejus, e vedrai belle dichiarazioni. Perchè so’ molti uomini che diranno: — io piglio diletto della mia propria donna, però che se io so’ inchinato a carne: ella m’è stata data per mia sposa, e io mi so’ dato a lei per marito solo per levar via il maggior peccato. Io l’amo come io debbo, perchè ella è mio prossimo. — E ella dice: — il mio marito è il mio capo e il mio magiore, e così l’ubidisco come mio magiore. — Dice Angustino, ch’ella non è tua; e anco a te dice, che ’l tuo marito non è tuo maggiore. Anco dice: non tua sed caput tuum Christus est: — El capo tuo è Cristo; — però che Cristo è il nostro capo principale, e per Cristo operiamo ogni nostra operazione, e però doviamo seguitarlo in tutte le vie, in tutti i modi, e a tutti i tempi, che noi crediamo che piacci10 a lui. Inde hai il detto di Pavolo ad Thessalonicenses; cap. quarto: Sciat unusquisque vestrum vas suum possidere in santificatione et honore;11 non in passione desiderii, sicut et gentes quae ignorant Deum: — Sappi ognuno mantenere il suo vaso in santità et onore, non in passione di desiderio, come fanno le genti, le quali non credano in Dio, — cioè i pagani, i quali prepongono il diletto a Dio, che nol cognoscono. Ma dimmi: tu dici: — ella è mia; — io tel [p. 159 modifica] concedo, e dici vero, ma ella è più di Cristo: concedila tu a me. Ma diciamo: io so’ contento che ella è tua. Credi tu che con tutto che uno abbi la cosa che sia sua, et abbi di buon guadagno, credi però12 ch’elli ne possa fare a suo modo? Non credi tu che egli le possa usare male e con peccato mortale? Piglia l’essemplo: se uno ha della roba da mangiare, e lui non la può mangiare a suo modo; così del vino non ne può bere quanto li piacie, nè la sua carne non la può mangiare a suo modo, io dico che no; che tu potresti tanto della tua robba mangiare, che tu peccaresti mortalmente. E del vino ne potresti tanto bere, che tu inebriaresti, e perdaresti il sentimento; e della tua carne ne potresti tanta mangiare, che tu creparesti. Non vedi tu che questo è peccato di gola? E ’l peccato de la gola tu sai ch’è mortale e mortalissimo. Simile ti voglio dire della tua donna: se tu usi la tua moglie, tu la puoi tanto usare, che tu peccarai mortalmente: sai che ’l troppo si versa. Abi a memoria quello che dice Agustino del dare i tuoi figliuoli a balia: io dico a colui o colei che ’l dà per inebriarsi nel vizio della carne. Sai che permette Idio talvolta per non saperti regolare? Che con tutto che sia tuo figliuolo, e tu sia savio et acostumato e discreto et cetera, talvolta il darai a balia a una porca, là dove si conviene che ’l fanciullo pigli di quelli costumi che ha chi il notrica. Avendo chi el governa gattivi costumi o pessime condizioni, si conviene che egli imprenda di quelli costumi per lo lattarsi del suo pessimo sangue. E quando ti torna a casa, e tu dici: — io non so chi tu ti somigli: tu non somigli niun di noi; — e non t’avvedi [p. 160 modifica] di quello che te n’è cagione, e statti molto bene. Nol credi? Or fanne la pruova. Va’, e piglia de’ magliuoli de le viti del nostro vaiano, in Lombardia, a Ferrara. Tu sai come egli è sottile e gentile. Va’ poi, e piglia di quello vino che nasce dalla propria vite, e vedrai che tu il potresti recare in grembo insino a Siena, tanto è grosso. E pure è di questa propria vite! Meglio, va’ e pigliane un bichiere, e mettevi dentro uno gambaro, e non vel vedrai dentro, tanto è grosso. E vedi qui a Siena quanto egli è chiaro e sottile! Da che viene? Simile, va’, piglia un nocciolo dì quelle belle pesche da san Giumignano13, e pollo qui a Siena, e vedrai che faranno pesche che parranno fusaroli. — Oh, oh, che vuol dire questo? — dice colui. Sai che vuol dire? Tu hai recato qui el nocciuolo, e non hai recato di quello terreno. Così dico della vite: tu portasti la vite, ma tu non portasti il terreno: elli ha preso la natura del terreno, dove elli è notricato. Simile ti dico a te, donna, che dai il tuo figliuolo a balia: egli piglia della condizione di colei che ’l notrica. Dice colei: — oh, così è colei criata come so’ io14! — Tu dici vero, ma non ha quelli costumi una che un’altra. Doh! io ti voglio dire quello che intervenne, non è molto tempo, a Verona15. Uno giuocando disse: — vadane un cavallo da te e me, che la tal cosa è così. — Che sì... che sì, che no, infine eglino missero un cavallo, e uno di loro perdè. Come ebbe perduto, egli menò colui a la sua stalla, e dègli16 [p. 161 modifica] uno cavalluccio che aveva pochi pochi dì. Quando colui vidde questo cavalluccio, disse: — io voglio un cavallo come io t’ho vènto. — Colui rispose: — tu m’hai vénto un cavallo: eco un cavallo. Che vuoi tu più da me? — Infine egli ne menò quel cavallo, e non avendo altro modo da farlo nutricare e custodire, egli ’l fece lattare a una capra. Sai che n’avenne, poi che questo cavallo fu grande? Egli saltava come una capra, perchè elli aveva preso della natura di quella capra. Vuole provare se è vero? Va’ e piglia uno capretto e fallo lattare a una pecora, e pólli mente come sarà fatto. Tu il vedrai d’altro pelo che se fusse lattato dalla capra. Così, per contrario, va’, piglia uno agnello e fallo lattare a una capra; anco il vedrai poi cor un pelo più grosso che gli altri agnelli; e questo è solo per lo èssare nutricati. E questo vo’ che basti. Tu hai veduto la disordinata affezione, la quale è peccato mortale: tòlle la seconda.

Seconda cagione è per troppa frequentazione. Hâlo udito che a arca uperta il giusto peca? Chi mi sa intèndare, m’intenda. Questa loda voglio io pur dare a’ pagani. E’ pagani non dormono colle donne loro, e non dormono spogliati, ma tutti vestiti, e non dormono in penna, come si fa qui fra noi, che non pare che si sappi dormire se il letto non è bene spumacciato. Vedi tu questi letti di penna? Oh quanto è pessima cosa! Non si fa per le vedove di dormirvi dentro! Un dì vi voglio insegnare a vivare, o vedove! Un dì ve ne predicarò! Domane voglio che sia quel dì. Or oltre: io voglio che questa sia altra tornata, che non fu la venuta. — Ora a casa.

Per troppa frequentazione, per tre ragioni e cagioni può essere il matrimonio peccato. O che dirà il sodomita stamane? [p. 162 modifica]

Tre mali possono nasciare per la troppo frequentazione del matrimonio.

El primo male è la infermità.

Sicondo male è la morte.

Terzo è il non poter generare figli, o se so’ generati, non portarli bene.

Primo per la infermità sì dell’anima e sì del corpo. E però, o giovano che pigli donna, e tu donna che pigli marito, non ti lassare trascorrere a te medesimo, nè anco per detto dell’altra parte. E voi, padri, siate savi per loro, però ch’eglino vivano sfrenati, non avendo il rispetto a Dio, non pensando a nulla se none a libidine e a diletto sensuale.17 Ellino fanno come fa il porco, senza niuno sentimento e senza niun freno. Tochiamo della infermità del corpo. Se tu non vuoi astenerti per tenere salva e sana l’anima, io dico che usandola troppo, fa abbreviare la vita; chè ho sentito che si fa peggio che non fanno le bestie; in tanto disordine s’usa et in tanti modi, e cetara! Oh, in quel cetara c’è quante cose dentro, e tu m’intendi! E sai che adiviene? Che talvolta18 diventa come insensato e pazo o bestiale, senza niuno sentimento. Ode Esdra al iij cap.°: Multi propter uxores stulti facti sunt:19 — Molti per lo disordine della sua propria moglie so’20 diventati pazi. — E qui puoi vedere apertamente come per lo troppo pigliar diletto caschi in peccato mortale. [p. 163 modifica]

Sieonda cagione è per la morte, e dicoti che chi troppo l’usa, capita male in fine. E vôti dire ch’io so’ stato in luogo dove un giovano aveva preso moglie una giovana, e tanto si seppeno ben regolare, ch’elli morì in braccio della sua propria donna. Or tolle! Or se’ consolata! Anco ci è peggio, che talvolta essendo la donna gravida, per lo troppo usare si disperde la creatura. O diavolo incarnato, non vedi tu quello che tu hai fatto, che hai cacciato il tuo figlio a casa del diavolo, là dove tu il conducevi in gloria, se tu ti fusse un poco rafrenato? Sai che dice Alissandro? Dice che ogni volta che la donna usa col marito e ’l marito colla donna, se ella è gravida, si mette pericolo di dispèrdare il già conceputo figlio, e per questo dice che sempre peccano mortalmente. Ma volesse Idio che pure usando colle vostre donne, che delle mille volte una voi nol faceste col peccato21 mortale! Conchiude Alissandro e dice, che se pure elli s’usa senza pericolo, anco è peccato, ma è veniale. Però da ora innanzi sappiatevi regolare, per l’amore di Dio.

Terza cagione si è il non potere generare figliuoli, o se so’ generati, si disperdono in pochi mesi, sì che vedi il peccato: o non nasce vivo22, o non ingenera. Doh! gusta questo essemplo ch’io ti dico23. Se uno avesse un campo di terra, e lavorarallo e seminarallo, e ine a otto dì anco l’ararà e seminarà, e ine a altri e otto dì el riararà e seminarà, e ogni otto dì facesse a questo modo tutto l’anno, quanto grano credi che ricolga in capo dell’anno? Hai fatta la ragione? — Sì. — Non farai mai frutto, fa[p. 164 modifica]cendo come io ti dico24. Io non dico però che per lo troppo usare ella diventi sterile, ma ben dico che per lo troppo tu vieni a non poter generare. Se pure li generi, ti viene infermità, per modo che tu non gli porti a bene. Quante ci so’ di quelle che dicono: — questo pure non toca a me, ma e’ toca bene alla tale e alla tale? — Chi l’ataca alla cognata, e chi alla nuora, chi alla vicina; e in tal modo andaranno mormorando, che cadranno in qualche peccato. Vuoi far bene? — Sì. — Or ognuna dica: — questo ha egli detto a me —; imperò che io non predico e’ vostri vizi per farvi mormorare, ma per trarvi del peccato. Tu hai veduto per la troppo frequentazione tre pericoli: infermità, morte e non poter generare figli, ovvero si disperdono. Doh! Basti per la siconda parte principale.

La terza cagione si è per la spirituale dissipazione. Sai che doviamo fare in questa vita? Noi doviamo avere in noi queste tre cose e averle a ordine25: prima, amare Idio, amare noi medesimi, et amare il prossimo; e se tu rompi la regola, tu non puoi andar bene. In queste tre cose sta ogni nostra operazione:

Amare Idio prima.

Amare noi medesimi.

Amare il prossimo.

Prima, doviamo amare Idio sopra tutte le cose. Or vediamo come tu il fai. — Se tu usi il matrimonio, e lassi Idio, che tu non pensi a nulla di Dio; che tu poni e assorbi la mente ne’ disordini, che sfreni in tal modo, che la tua mente è inghiottita dalla sensualità, per modo [p. 165 modifica] che la ragione non è in te; che se’ tanto fuore d’essa che non hai il pensiero altro che in carnaccia, non credendo che sia altro bene che quello, nè si possa andare più là, nè per mare nè per terra. Solo il suo diletto l’ha posto in quello: che se ella ode predicare, tanto ama Iddio, che ella dorme. Se ella ode messa, ella l’ha tanto in reverenzia, che ella sta colà in terra come un’asina. Se ella ode parlar di Dio, non ne intende nulla, quia animalis homo non percipit ea quae sunt spiritus Dei26: — l’uomo che è come uno animale, non intende nulla delle cose di Dio. — Tanto s’intende delle cose spirituali, quanto le intende uno asino. Non intende se non carnaccia e broda. Va’, dimanda un uomo che non sente di Dio, quello che ha detto il predicatore: non ne saprà dir nulla. Simile, se ci fusse un asino a udire, e poi tu il domandasse: — che te ne pare? — io mi credo che non ti rispóndarebbe, perchè elli non intende tali parole27, ma elli ti potrebbe dimostrare per sperienzia di quello che elli si intende. Che se tu li ponesse una giomella d’orzo innanzi, elli la mangiarà; et essendo qui alla predica, avendo l’orzo, non lassarebbe l’orzo per udire la predica. Credo che mi potrebbe dire: — canta d’un bel giardino, ch’io voglio mangiare. — Similmente fa l’uomo che non ha di quel di Dio: uno lussurioso ha il pensiero in quello e non in altro, però che la mente sua non è in altro che in libidine, dove non che la mente, ma lo intelletto coll’anima sta involta in quello; e con tutto che elli oda, non pensa nè crede a quello che si dice. Inde è ne’ detto Proverbi a xviij cap.: Peccator cum ad [p. 166 modifica] profundum peccatorum devenerit,28 et contemnit omnia:29 — Quando il peccatore è molto ben pieno di peccati, dispregia ogni cosa. — Dice colui che è invilupato in libidine: — oh, che prediche! — Eh! eh! eh! Elli se ne fa beffe co le parole e co’ fatti. Doh! avete voi mai veduti di questi pezzi di carne? Oh, ellino stanno in agio! Elli si faranno i più be’ pezzotti di carne! Va’, toca lo’ di Dio, che se ne faran beffe e di Dio e de’ Santi! O che bocconi ne farà casa calda, quando morranno, se non si ravvegano!

Sicondo è amare te medesimo. Sai che ti fai a te medesimo, se tu stai in disordineJ Che diventi inconsiderato, senza niuno costume, tutto sciolto in sentimenti tutto in vanità; che mentre ch’io predico, balestra, o tutto è del petronciano30. O genti senza niuno sentimento! Così fa anco la donna: ella diventa inregolata. Badala: non pensa di Dio, non teme in Dio31, non digiuna, o anco fa che la mattina per tempo beie la coppia dell’uova fresche, e cétarone! Doh, non più là! Credi che ella pensi del morire? Ella n’ha sì grande la paura che ella non ne teme. Ella ne teme meno che non teme quel muro. A quello che ella ti dimostra, non ha paura niuna; ma pure vede che tutti morremo. Sai che fa per questo? Dice: — perchè ci ha fatti Idio? Hacci fatti perchè noi ci perdiamo? Noi siamo giovani; egli ci ârà misericordia: non ci vuole dannati, no. — E in questo modo a poco a poco gli manca il sentimento. O gattivello, o, chi è quello che crede che Idio gli perdoni il [p. 167 modifica] peccato che egli fa, dicendo: — io il voglio fare, — e così spera io Dio? Questo è peccato in Spirito Santo.

Tu hai veduto qui al sè medesimo. Vede il terzo che fa ora, al prossimo. Sècci? Eco quello ch’io volevo dire, e mancami quello ch’io volevo, cioè coloro che hanno la famèglia in casa. O genti senza sentimento, o sfacciati che parlate colle donne vostre, presenti le vostre figliuole e i vostri figli, cose che si vorrebbe..., ben so io che fare! E so’ di quelli che dicono: — oh, ellino so’ puri! — E io ti dico che ellino so’ maliziosi, e fanno vista di non intèndare e di non cognosciare, et intendono molto bene il male che tu fai, e hali fatti gattìvi tu medesimo, e dici poi: — e’ so’ puri! — Non dir così, ma di’ più ratto: — e’ so’ più rii32; — però ch’ellino intendono più ch’egli non vegono. A modo che colei che aveva una figliuola, e menavaia a confessare, e disse al confessosore: — missere, questa mia figliuola è pura pura: non la domandate di cosa...... voi mi intendete: pura. — Quando il prete viene domandando costei, e ella è gravida. Eco la buona purarella! E però abiate una poca di ritenitiva in voi col parlare e col tocare, presenti loro o persona, però che quella è opera di pazzi. Non vedi tu che questa è cosa da èssarne portato in boca da chi il vede, che fate come cagne e cani? Oh, porci! Oh, un poca di continenzia! Che talvolta insino dalla casa de’ vicini si vede che tu se’ pazo. Non credi tu che questo sia peccato mortale? Oh, tu hai tanto tempo! Noi cognosci tu? Non vedi tu che tu dai contra queste tre regole? Prima, contra a Dio, che tanto t’involli in questi diletti, che tu lassi lui e diventi un pazzo. Sicondo, dai centra a te medesimo, e diventi un [p. 168 modifica] pazzarone. Terzo, dai malo esseinplo al prossimo, e fallo mormorare. Pârti questo matrimonio santo? Io non dico che questo sia santo matrimonio, ma madre di demonio. Doh! Io voglio che basti quanto al matrimonio santificato: in santificatione. Vediamo un poco poco dove Pavolo ti dice: et honore; e questo è il più bello che ci sia. Poco poco, in breve.

La terza parte è, come díe èssare il corpo onorato: et honore. Tre vituperi sònno del disordinato matrimonio:

Primo, in quanto a modi non debiti.

Sicondo, ch’è in quanto a tempi non consueti.

Terzo, in quanto ch’è a luoghi non convenienti.

Prima, in quanto a modi non debiti; che usate i vostri matrimonii non in onore, ma in vituperio, con modi da ribaldi e meretrici. Io mi credo che voi abiate uno borsotto di peccati, che mai voi non gli confessaste. E così dico a voi uomini, come a le donne; che se Dio mi benedica, io non so di chi meglio io mi dica.

Vediamo prima de’ modi. I modi so’ sfacciati, senza niuno freno. In tre modi: prima vedi tu l’ochio. Guarda me: vedi tu questo occhio? Non fu fatto per fare matrimonio. Che sa a impacciare l’ochio del matrimonio? Ogni volta che elli vorrà vedere le ribaldarie, è peccato mortale e gravissimo; imperò che tal cosa è lecita a tocare, che non è lecita a mirare. Chè per saziare li ochi disonesti, tu fai uno grandissimo peccato a volere mirare le cose illecite. Or mi dite: confessastevene mai? Or va’, e confessatene. Et honore, — in onore, — dice Pavolo. Oh, elli è mantenuto bene in onore da coloro che vorranno vedere innuda la donna tutta! Ou, vituperio grandissimo! Donna, non volere mai consentire: innanzi morire che lassarti vedere. Anco vi dico che eziandio de li scalzamenti voi vi guardiate, che non siate vedute pure i piei; [p. 169 modifica] chè molte volte voi vi sete cagione che poi i vostri mariti vi vogliono male; chè vedendovi sfacciate senza niuna vergogna, v’odiano.

L’altro modo si è il parlare; che dirai colla bocca tua ogni vituperio e ogni disonestà. Sappi che mai tu non parli colla bocca niuna disonestà, che tu non pechi mortalmente. Corrumpunt bonos mores colloquia mala: — I gattivi parlari corrompono i buoni costumi. — O ribaldi, o sfrenati, o gioventù, o fanciulli, o fanciulli, alla scuola; che alla scuola dite ogni ribalderia, ogni volta e in ogni luogo, è peccato mortale33.

E1 terzo modo è in tocamenti34; e dite poi il santo matrimonio! De la boca credi tu che sia lecito? Chè so’ di quelli che fanno peggio che non fanno i porci. E ci è peggio, che molti dicono: — io mi credo che questo santo matrimonio si possa usare come e quanto altri vuole: Idio l’ordinò lui. — Io ti confesso che egli è vero che Idio l’ordinò lui, e in Maria il confermò e il santificò; ma tu non fai così, tu. Egli il fece santo e buono, e tu il guasti con atti disonesti e modi brutti e a tempi non leciti. Doh! Non pensate voi in quanti modi voi il fate vituperoso, andando toccando ogni bruttura, con mano? Non avete voi niuna considerazione in voi? Parti santificato et onorato in tal modo? Hai tu udito quello che dice san Pietro? Fratres, sobrii estate et vigilate, quia adversarius vester diabolus, tamquam leo rugiens, circuit quaerens quem devoret:35 — E1 diavolo sta sempre attento come un leone, mughiando e cercando come elli possa [p. 170 modifica] devorare l’anime. — E come egli vede di poterla pigliare, e egli la piglia, e legala in molti modi, i quali egli ha insegnati;imperò che da lui vengono tutte le malizie, e perchè ogni peccato e ogni vizio viene da lui. E egli ci è detto in altro luogo: Estote sancti, quoniam ego sanctus sum, dicit Dominus:36 — Seguitate me il quale so’ santo, dice el Signore: e non seguitate le malizie del dimenio. — E quelli che noi vogliono seguitare, vanno dietro a quelle malizie del dimonio, ch’io t’ho detto. De’ quali dice Osea al viiij cap.: Facti sunt ahominabiles, sicut ea quae dilexerunt: — Elli so’ fatti abominevoli, come quelle cose che eglino hanno amate. — Oh, quanto vituperosa cosa è quella che fanno coloro che seguitano il dimonio nel matrimonio! Eglino l’usano per modo che non è lecito a dire! Io ho udite cose tanto sterminate, che per l’anima mia io non le direi nè in predica nè in ragionamento. Io so’ certo ch’egli è vero, e io stesso ne stupisco, che tanto male si faccia. Ma non essendo altro che nel pensiero, mi pare uno orrore!37 Ou, ou, come v’accieca il diavolo a far tali cose! Io non te le dico, eccetera: tu m’hai inteso, chè quello e cetera ti dimostra molte cose. Basti, basti; e sia in quanto a modi non debiti. Vediamo l’altro.

El secondo è in quanto ch’è a tempi non consueti. I tempi non consueti so’ i dì di feste, i dì di quaresima, i dì di digiuni, ogni vigilia comandata dalla santa chiesa. Dice il nostro Alissandro, che ogni volta che s’usa il matrimonio in dì di digiuni o di quaresima o vigilie o in dì di letanie, o in niuno dì comandato, se in tale dì s’usa per saziare libidine e non per altro, non per aver [p. 171 modifica] figli, nè per rèndare il debito, nè per levar via i pericoli che potrebero seguitare, non usandolo se non per rabbia, ogni volta, chi il domanda, sempre pecca mortalmente. Sai perchè? La ragione si è che questi dì so’ dì d’orazione; dove tu debbi méttare quello tempo in santità, e tu il metti in vituperio e vergogna; sì che tu che ’l domandi, sempri pechi mortalmente. Ma chi il rende, et ènne malcontento, considerando le dette cose ch’io t’ho dette, costui non pecca; anco è scusato, imperò che elli ha la intenzione al bene, e non al male. Nel Decreto è dichiarato molto bene in uno capitolo che incomincia Quoties. Dice santo Gregorio che ogni volta che uno usasse il santo matrimonio, sebbene fusse il sabato santo, et egli si fusse confessato per pigliare la mattina seguente il corpo di Cristo, e la notte elli usa il matrimonio con santa e buona intenzione per avere un figlio a laude e gloria di Dio, e questa è la sua principale intenzione, dice che se la mattina elli viene a me e vuole il santo corpo di Cristo, io non gli lo debo dinegare, sapendo che egli era confessato; io ti dico, se egli ha avuti quelli buoni pensieri e rispetti ch’io t’ho contati. Non ingannare te stesso, chè questo rimane solo nella tua coscenzia. Così ti voglio dire ancora che nei dì di festa, usandolo santamente, tu puoi meritare: così in ogni dì comandato dalla santa Chiesa, io ti dico usandolo con santa intenzione; intendemi bene. Così ti dico per contrario: ogni volta che tu l’usi per libidine, tu pecchi mortalmente, come tu meriti per la buona intenzione. Se tu l’usi per rèndare il debito, non avendo migliore intenzione, almeno almeno tu pechi venialmente.38 Vuoi vedere quanto dispiace a Dio usare il matrimonio per [p. 172 modifica] libidine? Leggie nel Dialago, dove tu trovarai che essendo ordinata una processione, e uno avendo usato il matrimonio in atto di carnalità facendosi la processione, gli entrò uno diavolo addosso. Halla intesa? Or vedi come dispiace a Dio! Sapiatevi regolare, gattivegli. Elli m’è stato detto ch’io debbi abbreviare stamane. La cagione io penso che voi ve la sappiate.39 — A casa.

Voi udiste40 ieri una parte, come questo santo matrimonio doveva èssare regolato: Sciat unusquisque vestrum suum vas possidere. Ogi hai le due altre parti: la prima come il corpo díe èssare santificato; la terza, in che modo e in che atto il corpo díe èssare onorato: et hai udito il modo e ’l tempo. Or vediamo due parole del luogo. E1 luogo si díe considerare: non è lecito ogni luogo. Credi tu che elli fusse lecito, presente tutti noi, che uno avesse la sua donna e colui usasse il matrimonio colla intenzion buona di aver figliuoli a laude di Dio, e usasse in tempo non proibito? Essendo in nostra presenzia, non vedi quel che questo suona? Questo suonarebbe canina, e rabbiosa intenzione. Certo tu peccaresti mortalmente: tu non avresti più sentimento tu, ch’abino le bestie; imperò che tu vedi che le bestie non si curano di nulla. Simile pârti a te che in sullo altare fusse lecito d’usare il santo matrimonio? Benchè tu l’usasse con buona e santa intenzione, pârti a te da pigliare quel luogo? Simile, in quale luogo si fusse della Chiesa, non vedi quello che questo ti suona? Che ti suona? Inriverenzia: dico che non t’è lecito. Doh! Diciamo che per istamane basti.



Note

  1. Gli altri Codd. dicono: Stamane aviamo a vedere il secondo ec.
  2. Negli altri Codd., Stamane noi vedremo.
  3. Epistola prima, cap. iiij, Vers. 4.
  4. Negli altri Codd. quello bel detto.
  5. Epist. prima di S. Pietro, cap. I, vers. 16. E dice: Sancti eritis ec.
  6. Qui ed altrove il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 leggono, figliuoli.
  7. Gli altri Codd., forse meglio, e pongoti.
  8. Il Cod. Sen. 6, eglino. Più corretta lezione è quella del Cod. Pal.
  9. Negli altri Codd., aleva.
  10. Gli altri Codd., piaccino.
  11. Epistola prima, vers. 4.
  12. Diversamente leggono in questo passo gli altri Codd; Credi tu -che cum tutto che la cosa sia sua, et abila di buon guadagno sua, e non la terrebbe se non fusse sua di buon guadagno, credi però ec.
  13. Negli altri Codd., si legge: piglia uno nociulo di quelle belle pesche, e pollo qui a Siena, sai, di quelli da santo Giumigniano ec.
  14. Il Cod. Pal. invece: Oh, dice colei, così è colei creatura come so’ io! E il Cod. Sen. 5: Oh, ella è creatura come so’ io!
  15. Nel testo mancano le parole a Verona, che si leggono in tutti gli altri Codd.
  16. Gli altri Codd., deteli
  17. Negli altri Codd., sensuale.
  18. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 5 leggono: Addiviene che talvolta ec.
  19. Questo passo non solo non si trova in alcun libro d’Esdra, ma dubito che non appartenga per nulla alla Sacra Scrittura.
  20. Tutti gli altri Codd. leggono: per li disordini., per la sua propria moglie sono ec.
  21. Meglio negli altri Codd., con peccato ec.
  22. Diversa lezione è quella degli altri Codd. che dicono, niuno.
  23. Gli altri Codd., che io ti do.
  24. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 leggono così: Non farai mai fructo. Chi ha orechie da vedere, vega; e chi ha occhi da, udire, oda; che mai tu non farai fructo, facendo come io ti dico.
  25. Tutti gli altri Codd., a ordinare.
  26. Epistola prima di s. Paolo ai Corinti, cap. 2, vers. 14.
  27. Negli altri Codd., tal parlare.
  28. I Codd., deveniunt.
  29. La Vulgata dice: Impius cum in profundum venerit peccatorum, contemnit: sed sequitur eum ignominia et opprobrium.
  30. Lezione conforme in tutti i Codici.
  31. Il Cod. Pal., non pensa in Dio, non teme Iddio.
  32. Negli altri Codd., rei.
  33. Qui è difetto di lezione in tutti i Codici, e pare doversi intendere; O giovani frequentate la scuola per togliervi al vizio; che ogni volta che dite ribalderia, o in iscuola o in ogni altro luogo, fate peccato mortale.
  34. Gli altri Codd., in toccamenti e l’indiavoìamenti.
  35. Epistola prima, cap. 5, vers. 8.
  36. Sancti eritis, ec. (Ep, prima di san Pietro, cap. 1, vers. 16).
  37. Gli altri Codd., uno orrore a pensarlo.
  38. In tutti gli altri Codd., mortalmente.
  39. Ma non la sappiam noi, nè potremmo oggi indovinarla.
  40. Negli altri Codd., vedeste.