C’è stato un tempo in cui il sabato mattina si scendeva in strada, una passeggiata al sole e ci si fermava in edicola. Non c’era nemmeno bisogno di chiedere, l’edicolante già sapeva che quotidiano allungare. Quattro chiacchiere sulla vita del quartiere, sulla vita del paese, sulla vita in generale e poi si andava al bar e tra un morso al cornetto e un sorso di cappuccino si sfogliava il giornale. Un’abitudine che ha il sapore del passato, un’istantanea color seppia del Novecento che fa vivere momenti nostalgici a chi ci pensa. Il tempo è cambiato e se la colazione al bar è ancora un’abitudine che è dura a morire, chi sta lentamente scomparendo sono le edicole. Molto più di un semplice chiosco che vende giornali e magazine, le edicole sono un milieu in cui cultura, informazione, politica, chiacchiere, rapporti personali profondi e superficiali si incontrano. Sono il luogo di incontro anche per i magazine di cultura alta e i tabloid che convivono sotto lo stesso tetto con giocattoli per bambini, chewing gum dai gusti improbabili e videocassette inutilizzabili – si trovano anche snacks e bevande, introdotti recentemente per cercare di salvare l’impossibile.

Uno sguardo alla sua storia ci dimostra che le edicole rappresentano lo spaccato esatto di noi, uno specchio, anzi una porta che per tutto il Novecento ha riflesso l’immagine della popolazione e allo stesso tempo ha permesso di accedere all’informazione sull’attualità e ha reso possibile la costruzione di altri immaginari, quindi di vite possibili. Nelle edicole il peso della carta era maggiore del suo peso specifico - era la società stessa a farsi materia - e per quanto il digitale abbia attuato la sua rivoluzione, non riuscirà mai a replicare la potenza suggestiva, emotiva del chiosco dei giornali di carta.

Una data precisa della nascita delle edicole non c’è. C’erano gli strilloni ottocenteschi sul ciglio della strada che gridavano le notizie più importanti e c’erano gli ambulanti che vendevano di tutto. Verso la fine dell’Ottocento queste due realtà si sono fuse e i comuni delle città hanno iniziato a dare in concessione il suolo pubblico per costruire nuovi chioschi, le edicole. Ferro battuto e finestre in vetro, incandescenti in estate e gelide in inverno, grazie a regolamentazioni comunali le edicole sono state incluse in progetti urbanistici veri e propri. A Parigi i chioschi in stile art nouveau erano stati pensati dall’architetto Gabriel Davioud come parte integrante della trasformazione cittadina haussmaniana. Così anche l’edicola di piazza Canossa a Mantova del 1882, la più antica d’Italia, rientrava in uno studio urbanistico preciso che riconosceva il chiosco come centro della vita cittadina: originariamente nata in piazza Mantegna, di fronte alla basilica di Sant’Andrea, fu spostata in piazza Canossa proprio per divergenze urbanistiche e architettoniche. Poi il Novecento con le sue trasformazioni e con il boom editoriale che ha fatto nascere in ogni quartiere e in ogni paese il famoso chioschetto. E infine i nostri giorni.

Secondo la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) oggi rimangono in attività soltanto 11 mila edicole rispetto alle 36 mila di vent’anni fa e ogni anno circa mille rischiano di chiudere per sempre. Venuta a meno l’autorevolezza della carta stampata, si è perso il rituale di passare in edicola una volta al giorno fidandosi dell’editoria e dei consigli dell’edicolante e di conseguenza il ruolo di aggregatore sociale dell’edicola. Internet, i blog, i social, gli influencer: un mondo sempre più frammentato, specializzato e veloce che è andato a sostituire la filiera editoriale dei giornali – editore, giornalisti, edicolanti. Il chiosco non è più di moda, ripensato, quando va bene, come una specie di snodo al servizio del cittadino con vendita di biglietti per i mezzi pubblici, cartine turistiche e souvenir. Ma se a Milano e a Parigi hanno incominciato a spuntare nuove strutture, o a essere riutilizzate e restaurate alcune vecchie e dismesse, vuol dire che la poeticità e l’importanza del luogo resiste alla realtà contemporanea che tutto riduce a bisogno individuale.

Cambiano le forme, cambia il design, ma l’idea di quartiere, di socialità e di cultura rimane. Sono edicole ibride, fatte in maniera sostenibile che offrono sia cartaceo sia digitale; oppure sono edicole restaurate che accolgono mostre e servono da appendice per musei. Le edicole che nascono oggi sono diverse nella funzionalità e nella proposta al lettore, ma di sicuro c’è che rimane l’intento originario di luogo fisico che mette a disposizione democraticamente l’informazione e la cultura. Alcune sono nuove, come quelle di Parigi progettate da grandi nomi del design come Matali Crasset; altre sono il prodotto di studi di riqualificazione come l’edicola Radetzky a Milano: struttura di fine Ottocento in stile liberty era utilizzata per esporre i comunicati del governatore austriaco Josef Radetzky, ma negli ultimi anni del Novecento e con l’inizio dei Duemila era rimasta inutilizzata. Grazie al progetto di riqualificazione della darsena di Milano, nel 2016 l’edicola è stata restaurata e ora è sede di piccole mostre d’arte contemporanea. A Roma invece è l’edicola Erno ad aver riqualificato, nel 2019, un chiosco in disuso. Riviste di letteratura, arte, architettura fanno da cornice a uno spazio utilizzato per presentazioni e iniziative culturali.

Se la crisi della carta stampata ha reso difficile la vita a questi chioschi così importanti per la città e per il quartiere, la risposta è stata pronta: riqualificare, ristrutturare per continuare a servire la cultura e l’informazione. Rimane però una domanda: cosa ne sarà delle edicole dei paesi e dei luoghi posti al di fuori delle grandi città?