marius
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luned� 14 agosto 2023
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un inno alla noia
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In decenni di cinefilia appassionata non mi ero mai imbattuto in una pellicola più noiosa di questa.
Il film si esaurisce dopo 20 minuti, ed fino alla fine é un puro esercizio di accanimento terapeutico, si arriva ad invocare il finale per sfinimento..praticamente non succede NIENTE per più di un'ora..
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jagofilm
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domenica 2 gennaio 2022
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mirabile
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Raramente i bambini nel cinema vengono trattati a dovere. Quasi sempre, infatti, essi sono stereotipati nell'immagine che i "grandi" hanno di loro... Per cui, risultano spesso bidimensionali, superficiali, finti. Room � eccezionale, per come descrive profondamente il mondo interiore di un bambino di 5 anni, sempre coerente anche nell'assurdit�. Vederlo � stato quasi una seduta di ipnosi, in cui sono regredito per due ore a quell'et�. Assolutamente da vedere, ma con fazzoletti a portata di mano! Io sono per i voti su 10, e avrei voluto dare 9. Quindi ho scelto 5 stelle, nonostante un piccolo errore di sceneggiatura, e la mancanza di un elemento, che sembra quasi tagliato via in fase di montaggio.
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Raramente i bambini nel cinema vengono trattati a dovere. Quasi sempre, infatti, essi sono stereotipati nell'immagine che i "grandi" hanno di loro... Per cui, risultano spesso bidimensionali, superficiali, finti. Room � eccezionale, per come descrive profondamente il mondo interiore di un bambino di 5 anni, sempre coerente anche nell'assurdit�. Vederlo � stato quasi una seduta di ipnosi, in cui sono regredito per due ore a quell'et�. Assolutamente da vedere, ma con fazzoletti a portata di mano! Io sono per i voti su 10, e avrei voluto dare 9. Quindi ho scelto 5 stelle, nonostante un piccolo errore di sceneggiatura, e la mancanza di un elemento, che sembra quasi tagliato via in fase di montaggio... Quisquilie!
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biscottino
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luned� 15 febbraio 2021
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un omaggio al cinema
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Film riscoperto qualche giorno fa "bazzicando" in Rete. Ammetto che, quando uscì nel lontano 2015, non mi stuzzicava l'idea di vederlo per le tematiche trattate, giudicandolo troppo pesante e noioso, nonostante seppi, poco tempo dopo che la Larson ci aveva vinto l'Oscar come miglior attrice.
Bene, errore non fu più grande.
Film fantastico, uno di quelli che ti ricorda perchè tanto amiamo questa bellissima arte creata dai fratelli Lumiere ormai più di 100 anni fa.
Quando un film che tratta un tema così scottante, orribile, "pesante" e talmente brutto, nel senso letterale del termine, da essere surreale viene trasposto con tale dellicatezza, intimità e amore, allora ci stiamo trovando dinnanzi ad un capolavoro.
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Film riscoperto qualche giorno fa "bazzicando" in Rete. Ammetto che, quando uscì nel lontano 2015, non mi stuzzicava l'idea di vederlo per le tematiche trattate, giudicandolo troppo pesante e noioso, nonostante seppi, poco tempo dopo che la Larson ci aveva vinto l'Oscar come miglior attrice.
Bene, errore non fu più grande.
Film fantastico, uno di quelli che ti ricorda perchè tanto amiamo questa bellissima arte creata dai fratelli Lumiere ormai più di 100 anni fa.
Quando un film che tratta un tema così scottante, orribile, "pesante" e talmente brutto, nel senso letterale del termine, da essere surreale viene trasposto con tale dellicatezza, intimità e amore, allora ci stiamo trovando dinnanzi ad un capolavoro. Non sono necessari effetti speciali o green screen per fare grande un film. Come per la stanza, dove troviamo pochissimi oggetti (un lavandino, un armadio, un letto, un lucernario e poco altro) così anche questo film ha pochissimo materiale, sia umano sia "tecnologico", ma, quando questa materia prende forma in due interpretazioni come quelle della Larson e di Trembleay, allora si può dire poco. Anzi non si deve dire niente, si può soltanto stare in silenzio e constatare che siamo testimoni di un film impregnato di tematiche talmente potenti (l'amore materno, la solitudine, la paura di essere inadatti ad un mondo esterno che non conosciamo ormai più) da risultare superfluo l'uso di altri strumenti che non siano i volti e gli sguardi dei protagonisti. Menzione onorevole anche per William Macy che, pur essendo presente per poco più di un cameo, riesce a caratterizzare al meglio il personaggio di un padre che non riesce ad accettare la realtà di un nipote nato da uno stupro, e che preferisce scappare da una situazione familiare per lui diventata insostenibile.
Consiglio spassionato: non commettete il mio stesso errore. Reperitelo al più presto e guardatelo, se non lo avete ancora fatto a distanza di anni!!
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brunopepi
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marted� 29 settembre 2020
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due vite a confronto
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Forse collocarlo fra i film candidati all'Oscar mi è sembrato eccessivo bensì considererei la premiazione alla magnifica e nobile interpretazione di Brie Larson, attrice e cantautrice statunitense.
Ispirato allo scioccante The Fritzl Case del 2008, in cui una donna in Austria è stata tenuta prigioniera per 24 anni dal padre, stuprata e divenuta madre di 7 figli, oltre ad aver subito un aborto, il film narra una vicenda angosciante analoga resa verosimile anche dalle straordinarie interpretazioni di Brie Larson e del piccolo Jacob Tremblay.
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Forse collocarlo fra i film candidati all'Oscar mi è sembrato eccessivo bensì considererei la premiazione alla magnifica e nobile interpretazione di Brie Larson, attrice e cantautrice statunitense.
Ispirato allo scioccante The Fritzl Case del 2008, in cui una donna in Austria è stata tenuta prigioniera per 24 anni dal padre, stuprata e divenuta madre di 7 figli, oltre ad aver subito un aborto, il film narra una vicenda angosciante analoga resa verosimile anche dalle straordinarie interpretazioni di Brie Larson e del piccolo Jacob Tremblay. Dopo un buon primo tempo che mantiene le aspettative di un elegante thriller, portando verso un ampio consenso, la seconda parte cede e perde smalto, proprio quando la protagonista con le sue paure, nevrosi e ferite, si ritrova a fronteggiare la vita reale a cui non era abituata.
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roberto
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domenica 9 giugno 2019
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ottimo commento aristoteles!
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Bravo, sono perfettamente d'accordo con te e condivido totalmente ogni tua osservazione: complimenti!
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ritacirrincione
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venerd� 7 settembre 2018
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quando l'amore materno crea un mondo
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Room è un minuscolo spazio, senza finestre, con un lucernario e pochi squallidi mobili in cui vivono il piccolo Jack e Ma, la madre; Room è una prigione in cui la ragazza, rapita da un maniaco, vive con il figlio nato da quello stupro continuato; Room è soprattutto un Mondo creato dall’amore di Ma per sopperire alle carenze di quell’angusta e orrenda realtà, che lei amplia e colora rendendola un posto magico dove ogni oggetto si anima e diventa un fantastico compagno di vita per Jack. Come un demiurgo, Ma crea realtà, allestisce situazioni, inventa giochi, racconta storie cercando di segnare i confini tra verità e fantasia ed esercitando al massimo, in quelle condizioni estreme, la funzione materna di rêverie che trasforma e rende sopportabile per un bambino una condizione altrimenti insostenibile.
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Room è un minuscolo spazio, senza finestre, con un lucernario e pochi squallidi mobili in cui vivono il piccolo Jack e Ma, la madre; Room è una prigione in cui la ragazza, rapita da un maniaco, vive con il figlio nato da quello stupro continuato; Room è soprattutto un Mondo creato dall’amore di Ma per sopperire alle carenze di quell’angusta e orrenda realtà, che lei amplia e colora rendendola un posto magico dove ogni oggetto si anima e diventa un fantastico compagno di vita per Jack. Come un demiurgo, Ma crea realtà, allestisce situazioni, inventa giochi, racconta storie cercando di segnare i confini tra verità e fantasia ed esercitando al massimo, in quelle condizioni estreme, la funzione materna di rêverie che trasforma e rende sopportabile per un bambino una condizione altrimenti insostenibile. La fuga e l’abbandono di quel mondo sarà una nuova nascita per Jack e un inizio pieno di incognite anche per la ragazza.
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ennio
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luned� 2 aprile 2018
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un plauso alla coerenza tra romanzo e film
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Per una volta, un romanzo originale e coinvolgente viene trasposto fedelmente sul grande schermo. Troppe volte abbiamo visto distorcere senza ritegno trama, personaggi, persino nomi e località tratti da un testo, con la meschina motivazione di "adeguarlo al grande pubblico". Del resto la Donoghue oltre che autrice del libro è anche produttrice del film, magari fosse sempre così.
Il lettore di "Room" ritrova con piacere al cinema le cose già immaginate, a cominciare dal bambino che sembra una bambina e al suo piccolo grande mondo della sua stanza, costruito assieme a mà per inventarsi quella normale infanzia mai goduta.
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valterchiappa
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mercoled� 8 novembre 2017
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il mondo in una stanza
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Cosa rende grande una sceneggiatura? Il contenere, all’interno del cammino retto o contorto di una storia, più mondi, sfere concentriche o intersecanti, magari ignote allo stesso scrittore, ma che il destinatario, lettore o spettatore, riconosce e sente sue. È quanto accade in “Room”, dove una vicenda già permeante nella sua drammaticità, apre le porte a sensazioni o riflessioni complesse e forse indecifrabili.
Una madre, Ma (Brie Larson), un figlio, Jack (Jacob Tremblay), una Stanza. Uno spazio minimo, che diventa un mondo intero per Jack, gli oggetti i suoi abitanti: Lavandino, Armadio, Specchio.
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Cosa rende grande una sceneggiatura? Il contenere, all’interno del cammino retto o contorto di una storia, più mondi, sfere concentriche o intersecanti, magari ignote allo stesso scrittore, ma che il destinatario, lettore o spettatore, riconosce e sente sue. È quanto accade in “Room”, dove una vicenda già permeante nella sua drammaticità, apre le porte a sensazioni o riflessioni complesse e forse indecifrabili.
Una madre, Ma (Brie Larson), un figlio, Jack (Jacob Tremblay), una Stanza. Uno spazio minimo, che diventa un mondo intero per Jack, gli oggetti i suoi abitanti: Lavandino, Armadio, Specchio. Tutto il resto esiste solo nella TV. E il cielo è un quadratino azzurro dipinto sul lucernaio.
Una popolazione minima, ma sufficiente: una Madre e suo Figlio. E il Male. Che incombe a distruggere o completare, nei panni di Old Nick (Sean Bridgers), l’aguzzino che da 7 anni tiene rinchiusa Ma (che un tempo si chiamava Joy), abusandone quotidianamente. Il Male inevitabile, da cui la Madre può solo proteggere il Figlio facendolo nascondere in un armadio e attirando su di sé, sul suo corpo, le attenzioni del mostro. Il Male inesorabile, che chiude dietro di sé la porta con una combinazione segreta e relega Madre e Figlio al loro cosmo microscopico, di cui Egli solo detta le regole.
Quando Jack compie 5 anni è il momento di rivelargli la verità. Gli alberi, i cani e altri uomini esistono davvero e sono fuori da quella stanza: è ora di raggiungerli, è ora per Jack di diventare uomo. Con un artificio i due riescono a farsi salvare. Comincia una nuova vita, con i suoi nuovi orrori. La libertà finalmente conquistata viene pagata con il prezzo di una difficile accoglienza, dell’invasione dei media, di un generale straniamento rispetto a tutta quella nuova luce e le sue inevitabili ombre. Joy non ce la fa. Cade in depressione, troppo il contraccolpo. Sarà Jack, diventato prematuramente adulto, a salvarla nuovamente.
Uscita dalla penna della scrittrice irlandese Emma Donoghue, che ha adattato per il cinema il suo omonimo romanzo di successo, uscito in Italia con il titolo di “Stanza, letto, armadio, specchio”, la sceneggiatura si ispira ovviamente a drammatici fatti della cronaca più nera (si ripensa ai casi di Elisabeth Fritzl e di Natascha Kampusch); ma da quel cupo substrato vola per diventare il contenitore di infinite e profonde riflessioni.
Una storia perfetta per Lenny Abrahamson, il regista irlandese, che ama addentrarsi nei meandri della psiche con trame inquietanti e complesse; lo aveva fatto nel suo precedente film, “Frank”, viaggio nel disturbo mentale di un cantante che soleva esibirsi nascosto da una grande testa di cartapesta.
Una storia potentissima, con momenti di narrazione meravigliosi: la foglia che cade sul lucernaio e che segnala l’esistenza di un mondo esterno che non può essere elusa; il primo stupefacente apparire della realtà, cielo, alberi, luce, al piccolo Jack che fugge nascosto in un tappeto; la scena in cui lo stesso Jack taglia i capelli, nei quali credeva risiedesse la sua forza, rito di passaggio verso l’età della consapevolezza.
Una storia in cui ognuno può trovare quel che vuole. Semplicemente un thriller claustrofobico, una riflessione sulla relatività del reale o sulla necessità del Male, un percorso di formazione. Noi ci siamo concentrati sulla descrizione del rapporto fra Madre e Figlio, legame inscindibile in cui ruoli evolvono con il tempo e con l’ambiente, in cui la funzione salvifica cambia di soggetto; eppure non ci è stato possibile sviscerare tutte le mutevoli sfaccettature sottintese nella trama. Perché in “Room” tutto è suggerito, forse nemmeno concepito dalla mente dell’autrice, ma è lì presente, germogli di pensieri pronti a fiorire, a ramificarsi indefinitamente nella mente dello spettatore.
“Room” esce quindi penalizzato dalla notte degli Oscar. Seppur gratificato da una delle statuette più prestigiose, quella per la Miglior Attrice Protagonista, giustamente consegnata nelle mani di Brie Larson per la sua interpretazione di straordinaria intensità, avrebbe ampiamente meritato l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura non originale, invece assegnato al pur brillante plot di “La grande scommessa”.
È da sottolineare inoltre la stupefacente interpretazione del prodigio Jacob Tremblay, 9 anni, comparabile, se non superiore, per la drammaticità e per la partecipazione emotiva che è capace di suscitare, a quella della protagonista. Jacob ha, per la sua prova, conquistato svariati premi, fra cui il Critics’ Choice Movie Awards 2016; forse era presto per vederlo salire sul palcoscenico dell’Academy, ma è un talento assoluto e, se non si perderà per le infide vie dello show business, farà riecheggiare ancora il suo nome.
Per tutto questo “Room” è un film da vedere, assolutamente. Totalmente rapiti, avvinghiati, storditi durante la proiezione, usciti dalla sala cominceremo a ridiscutere i nostri confini. E a cercare di capire quant’è grande la nostra Stanza.
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venerd� 5 agosto 2016
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molto bello
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Grandissimo Jacob, meritava almeno la nomination
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aristoteles
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gioved� 21 luglio 2016
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jack e il nuovo mondo
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Sicuramente un prodotto originale e meritevole di attenzione.
Strepitosa, secondo me,l'interpretazione del piccolo attore,mi è sembrata molto meno convincente quella della madre,ovviamente sono gusti personali.
Si respira una grande angoscia e tristezza per buona parte del film,su questo forse si poteva fare di più, nel senso che il ritmo finisce per essere monocorde.
Su come poi lei abbia potuto partorire in quell'ambiente ristretto viene qualche dubbio,come sui rapporti familiari con i genitori che vengono descritti in maniera approssimativa al pari del bizzarro piano di fuga.
Il legame madre/figlio funziona invece in maniera impeccabile,Impossibile infatti non pensare come l'uno non potesse sopravvivere senza l'altra metà.
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Sicuramente un prodotto originale e meritevole di attenzione.
Strepitosa, secondo me,l'interpretazione del piccolo attore,mi è sembrata molto meno convincente quella della madre,ovviamente sono gusti personali.
Si respira una grande angoscia e tristezza per buona parte del film,su questo forse si poteva fare di più, nel senso che il ritmo finisce per essere monocorde.
Su come poi lei abbia potuto partorire in quell'ambiente ristretto viene qualche dubbio,come sui rapporti familiari con i genitori che vengono descritti in maniera approssimativa al pari del bizzarro piano di fuga.
Il legame madre/figlio funziona invece in maniera impeccabile,Impossibile infatti non pensare come l'uno non potesse sopravvivere senza l'altra metà.
Tra alti e bassi insomma un prodotto consigliabile.
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