Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 107 minuti |
Regia di | Pupi Avati |
Attori | Filippo Scotti, Roberto De Francesco, Armando De Ceccon, Chiara Caselli, Rita Tushingham Massimo Bonetti, Patrizio Pelizzi, Robert Madison, Claudio Botosso, Filippo Velardi, Romano Reggiani, Valter Capizzi, Luigi Monfredini, Giovanni Leuratti, Luca Bagnoli, Alessandro D'amico, Andrea Roncato, Tony Campanozzi. |
Uscita | giovedì 6 marzo 2025 |
Distribuzione | 01 Distribution |
MYmonetro | 2,85 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 4 ottobre 2024
Un ragazzo inizia una tesissima ricerca della sua amata nel Mid West americano,
CONSIGLIATO SÌ
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Bologna, nei giorni della Liberazione: un ragazzo vede entrare dal barbiere una nurse dell'esercito americano e se ne innamora all'istante. Lei è diretta a Ferrara, lui pensa di aver incontrato la donna che aspettava da sempre. Iowa, 1946: il ragazzo è diventato uno scrittore che si appresta a scrivere il romanzo della sua vita, ambientato in parte in America. Una notte sente chiedere aiuto da una voce proveniente dall'orto abbandonato dei vicini, dalla cui casa è scomparsa la giovane Barbara, proprio la nurse della quale si era innamorato in Italia. Scavando nel terreno nel punto dal quale proviene la voce Lui trova un vaso pieno di un liquido opaco con un'etichetta che fa riferimento ai genitali femminili. È l'inizio di una ricerca che porterà il giovane uomo ad Argenta, in provincia di Ferrara, sulle tracce della nurse che non ha mai dimenticato, e del folle che uccide le donne per asportarne e conservarne in formaldeide l'apparato genitale.
L'orto americano è basato sul romanzo omonimo a firma di Pupi Avati, che oltre alla regia cofirma anche la sceneggiatura insieme al figlio Tommaso.
La vicenda narrata è misteriosa, anche perché sembra alludere ad un limite sfumato fra realtà e follia, immagini concrete e visioni fantasmagoriche dal possibile risvolto psichiatrico. La fotografia in bianco e nero di Cesare Bastelli racconta molto efficacemente le campagne dell'Emilia-Romagna, ricreando le atmosfere gotiche e nebbiose delle quali Pupi Avati è cantore, e che sono il teatro ideale per una vicenda di perversioni e cacce alle streghe ambientate nella provincia padana. Anche le facce sono quelle giuste, da quella enigmatica del protagonista, ben interpretato da Filippo Scotti (il Fabietto di È stata la mano di Dio), a quelle "antiche" di Roberto De Francesco, Massimo Bonetti, Andrea Roncato o la veterana attrice inglese Rita Tushingham. Colpisce soprattutto l'interpretazione di Armando De Ceccon nel ruolo di Glauco Zagotto, che sembra contenere l'eco di quella di Spencer Tracy in Furia.
La ricostruzione d'epoca è precisa ed evocativa non solo di un periodo ma anche di una dimensione magica, grazie alle scenografie di Biagio Fersini e ai bei costumi di Beatrice Giannini, e alcune scene sono molto ben girate, ad esempio quella del tribunale. Ma ci sono anche aspetti stranianti che vanno al di là delle intenzioni narrative, come la recitazione di Morena Gentile nel ruolo di Arianna, la sorella di Barbara, o la erre moscia di Chiara Caselli nei panni di Doris. È soprattutto la trama convoluta e raminga a lasciare perplessi, rendendo arduo per lo spettatore seguire il filo della vicenda. Avati è abilissimo nel creare atmosfere sospese, insinuare dubbi sulla verità delle immagini alle quali stiamo assistendo, e indagare il lato oscuro delle persone e delle cose, da La casa dalle finestre che ridono a L'arcano incantatore, da Il nascondiglio a Il signor Diavolo. Ma L'orto americano rischia di risultare davvero troppo poco comprensibile per consentirne un vero apprezzamento, e l'incantamento passa in secondo piano rispetto al disorientamento: non quello esistenziale di Lui, ma quello perplesso di chi ha ricevuto informazioni troppo incomplete per capire.
Dialoga con ciò che non c'è più, L'orto americano, affidato a un personaggio senza nome, che parla coi defunti e persegue l'ossessione per una donna americana scomparsa tra l'Iowa e la Pianura Padana, vittima della sorella o forse di un pazzo romagnolo. In questa sua tarda ma prolifica stagione, Pupi Avati fa film che profumano d'assenza, un po' trasognati per quanto poi avvinghiati a luoghi e personaggi [...] Vai alla recensione »
Persiste la dimensione della memoria nel cinema di Pupi Avati, che nel tornare ancora una volta alle sue sfumature più "nere", intesse un dialogo con la morte. Anzi, con i morti, ovvero i defunti di famiglia a cui si rivolge il protagonista de L'orto americano, ultima fatica dell'autore bolognese, presentata in anteprima a Venezia81 come film di chiusura fuori concorso.
Alcuni film sono una dichiarazione di essenza. Un modo per dire "ci sono", per ricordare che quel cinema esiste e c'è sempre stato. E non importa, tutto sommato, quanto siano realmente riusciti o meno perché l'importante è proprio questo, sapere che c'è: L'orto americano di Pupi Avati, girato a 85 anni, film di chiusura del Festival di Venezia 2024 e ritorno al gotico padano che lo stesso regista ha [...] Vai alla recensione »
Dopo il sincero e appassionato ritratto del sommo Poeta (Dante, 2022) e il lucido e malinconico La quattordicesima domenica del tempo ordinario (2023), Pupi Avati decide di confrontarsi, ancora una volta, con il genere che l'ha reso un cineasta di fama internazionale. L'autore bolognese, infatti, torna ad esplorare le capacità espressive dell'horror gotico, omaggiando Mario Bava e altri grandi autori [...] Vai alla recensione »
Si è conclusa con L'orto americano di Pupi Avati l'ottantunesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, selezionato come film di chiusura. Una conclusione affidata a un maestro del cinema italiano - il maestro del gotico padano - e a un giallo in bianco e nero dalle atmosfere sospese e misteriose, che si muove tanto tra gli echi e i fantasmi della storia che racconta tanto tra quelli dello stesso [...] Vai alla recensione »