Noomi Rapace (Noomi Norén) è un'attrice, produttrice, è nata il 28 dicembre 1979 Noomi Rapace ha oggi 45 anni ed è del segno zodiacale Capricorno.
Tatuaggi, piercing, occhi minacciosi: sarebbe una bellezza delicata, però nel film tratto dal bestseller di Stieg Larsson si è trasformata da far paura. «Come nella realtà, colpisco se sono colpita» dice. «Solo che, così combinata, a mio figlio adesso sembro un ragazzo»
Lisbeth Salander, la protagonista della trilogia Millennium, ha un alter ego cinematografico dal nome aggressivo: Noomi Rapace. Silhouette androgina, anfibi e felpa, piercing sul viso bistrato, Rapace compare quasi subito dopo i titoli di testa. La vedi camminare svelta nei tunnel del metrò, imbattersi in un gruppo di energumeni, menare e incassare colpi rabbiosi, infine mettere tutti in fuga. E capisci che, sì, questa ragazza svedese di 29 anni è stata la scelta giusta per interpretare l'hacker che affianca il giornalista Mikael Blomkvist (Michael Nygvist) nelle indagini sulla scomparsa della rampolla di una famiglia di industriali.
Noomi, infatti, è la chiave della riuscita di Uomini che odiano le donne, in sala dal 29 maggio. Portare sullo schermo il primo romanzo della trilogia firmata da Stieg Larsson non è stato semplice. I libri del giornalista, morto d'infarto a cinquant'anni nel 2004, sono diventati un vero oggetto di culto in tutto il mondo. Hollywood aveva già fatto qualche progetto, ma la famiglia dello scrittore ha preferito cedere i diritti in patria. E così è stato il regista Niels Arden Oplev a girare il film (anzi, i tre film, più una versione lunga per la tv), verso il quale l'interesse e le interferenze dei fan sono stati degni della saga Bond. All'inizío c'è stata una vera campagna anti-Rapace, secondo i fan troppo alta, troppo bella e troppo vecchia. «Spero che si ricredano dopo fl successo del film» ride l'attrice al telefono da Stoccolma.
Noomi, come l'ha spuntata tra le tanti aspiranti Lisbeth?
«Già quando ho letto il libro, ho capito che avrei potuto essere io. Ma, dopo il primo incontro con i produttori, ho pensato di non avere chance. Mi vedevano troppo graziosa e femminile, cercavano qualcuno di più androgino, mascolino. Però sono per natura una trasformista, posso diventare, grassa, bionda; adolescente... Così mi sono ritrovata a recitare al fianco di cinque protagonisti maschili diversi, i produttori volevano sperimentare varie coppie. E alla fine sono stata scelta».
E come si è trasformata nell'implacabile Salander?
È stata una faticaccia: cinque chili persi con la dieta, allenamenti durissimi di kick boxing e taekwondo per snellire i fianchi e indurire la figura. Taglio dei capelli, piercing e tatuaggi hanno fatto il resto. Ho capito che c'ero riuscita quando gli amici hanno iniziato a non riconoscermi, mio marito mi ha fatto capire che non gli piacevo più e mio figlio Lev, cinque anni, mi ha chiesto: "Mami, perché vuoi diventare un ragazzo?"».
La protagonista è una ragazza disturbata e asociale.
«Mi è piaciuta subito. È una combattente, affronta ostinatamente tutti quelli che vogliono buttarla giù. Quando ha paura o è scossa, prova a mostrarsi ancora più forte. All'inizio mi sembrava impenetrabile. Poi, in lei ho visto qualcosa di profondamente mio. L'ho ritrovata nella mia infanzia solitaria, nelle mie fobie. Mi sono sempre sentita una outsider, una che cammina senza rete e deve cavarsela da sola».
Qual è la differenza rispetto al personaggio del romanzo?
«Nel libro sembra quasi la protagonista di un cartone animato, un'eroina d'azione. È sempre forte, lotta con gli uomini, fuma e s'ingozza di schifezze. Ho cercato di farla diventare una donna vera. E non volevo fosse invincibile, tipo Bond. Nella prima sceneggiatura, buttava giù energumeni come birilli. Cosa che nella realtà una ragazza minuta non riesce a fare: può però spaventarli con la sua pazzia e il suo coraggio. Ho fatto cambiare anche la scena subito dopo lo stupro... Perché quelle come lei, e me, al ritorno a casa, prima ancora di correre sotto la doccia, si mettono a controllare la videocamera, per capire se sono riuscite a filmare il loro carnefice e, poi, vendicarsi».
La scena dello stupro è molto violenta, nel libro è meno disturbante.
«Quella che avevamo girato all'inizio era molto peggio. Ma non abbiamo voluto renderla troppo "facile" per il pubblico. Anche se rivederla mi ha fatto stare male, è una scena necessaria».
Larsson apre ogni capitolo con alcuni dati. In Svezia, il 18 per cento delle donne oltre i 15 anni è stato minacciato almeno una volta da un uomo, il 92 per cento delle vittime di violenza sessuale non ha denunciato l'aggressione...
«Larsson ha avuto il merito di mettere al centro della storia una persona come Lisbeth. La società non si cura di quelle come lei, le lascia indietro. Molte donne abusate se la prendono con se stesse, si autopuniscono, si sentono colpevoli di quanto è loro accaduto. Invece Lisbeth reagisce e combatte. E questo la fa stare meglio».
Come spiega il successo in patria di Larsson?
«Era un ottimo giornalista, si batteva contro il razzismo e ogni forma di discriminazione, era minacciato dai neonazisti. Voleva mostrarci quella parte della società che di solito resta nell'ombra. Si pensa alla Svezia come a un Paese dove tutto funziona e regnano uguaglianza e gentilezza. Invece, non siamo migliori degli altri Paesi. Larsson voleva ricordarcelo».
Quando ha deciso che voleva fare l'attrice?
«Avevo sette anni quando una produzione mi ingaggiò per tre settimane. A quindici anni studiavo teatro. Ho fatto tutta la gavetta, interpretando sempre donne difficili. Mi affascina il lato oscuro. Ho appena finito di recitare Medea a teatro».
Hollywood progetta il remake di Uomini che odiano le donne.
«Mi è difficile pensare a un'altra attrice che interpreta me stessa. Spero non scelgano una bellona».
E se chiamassero lei?
«Valuterei in base alle sceneggiature. Comunque preferisco il cinema indipendente, ancora meglio quello europeo. E non voglio fare la star».
Be', ora il rischio c'è.
«lo faccio la vita di prima: cucino, vado a prendere Lev all'asilo, lo accompagno a taekwondo».
Anche lui un combattente...
«Se è per questo, lo è anche mio marito Oleg. Durante le riprese del film, mi ha aiutato tanto ad allenarmi. Abbiamo passato molte serate a combattere in salotto, bimbo compreso. È stato divertente».
Da Il Venerdì di Repubblica, 22 maggio 2009
La prima domanda che ha dovuto porsi la produzione è stata “Chi interpreterà Lisbeth Salander”? Quello che si cercava era un’attrice diversa, dotata di una sua spiccata originalità. Dopo aver vagliato una lunga lista di giovani attrici – più o meno conosciute e con più o meno esperienza – la scelta è caduta su Noomi. La produzione l’ha notata nel film Daisy Diamond in cui interpretava un ruolo molto audace, e ha capito che Noomi, con il suo talento e la sua personalità, avrebbe fatto scintille nel ruolo di Lisbeth, con il regista giusto.
Attrice autodidatta che non ha mai frequentato scuole di recitazione, Noomi ha immediatamente accettato il ruolo. Per prima cosa, ha deciso di modificare radicalmente il suo look – si è tagliata i capelli, ha preso lezioni di pugilato per trasformare il suo corpo in un fascio di muscoli, si è fatta una serie di piercing, al sopracciglio, al labbro, al naso e alle orecchie. Ha persino preso la patente per la moto! Quello che vedete di Noomi è tutto vero, tranne il grande tatuaggio che porta, che è stato importato dall’America!