Karate Do Nyumon - Gichin Funakoshi PDF

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1 Maestro Gichin Funakoshi Prefazione all’ edizione inglese Karate-do Nyumon fu pubblicato in giapponese nel dicembre del 1943. La presen- te edizione inglese rappresenta la prima traduzione di questo libro in una lingua stra- niera, Nel 1984 il Japan Karate-do Shotokai ha organizzato numerosi eventi comme- morativi per festeggiare il decimo anniversario della ricostruzione del suo dojo quartier generale, lo Shotokan. Nel 1986 abbiamo celebrato il trentesimo anniver- sario della morte del Maestro Gichin Funakoshi. La pubblicazione di questa edizio- ne inglese @ pertanto quanto mai appropriata, e io considero un grande onore scri- verne la prefazione. Sembra che in gioventii il Maestro includesse nello studio e nella pratica del kara- te I'apprendimento di oltre un centinaio di kata differenti. Come risultato di anni indagine e di ricerca all’interno di questi esercizi formali, il Maestro ridusse il numero a quindici kata tradizionali. Questi quindici kata, dai nomi familiari come Bassai ¢ Kantu, insieme con i cinque kata introduttivi Heian, costituiscono il fulcro della pratica Shokotai, Il kata chiamato Ten no Kata, esaminato in questo libro, fu creato € definito sotto la direzione ¢ la guida del Maestro Funakoshi. Si tratta di un kata appartenente unica- mente allo Shokotai e di cui tutti noi, suoi allievi, andiamo fieri. Il Maestro Funakoshi comprese che, piuttosto che una grande varieta, & pid impor- tante prendere in considerazione un numero limitato di kata da praticare a fondo e con precisione. Questo modo di pensare va considerato basilare nello Shokotai. Una massima giapponese recita: Kantan na mono yoku sho o seisu, “L'equilibrio tra la vittoria e la sconfitta dipende spesso da questioni semplici” E un’altra ammonisce: Shoshin o wasurezu, “(durante l’allenamento) non dimenti- care lo spirito e l'umilta del principiante” Cid non significa che sia sufficiente praticare solo le tecniche elementari. Allo scopo di assimilare e migliorare perfino le tecniche pid semplici del combattimento e i movimenti di base, la pratica dei kata tradizionali pitt avanzati & assolutamente essenziale. A differenza di cid che accade nei kata avanzati, la pratica delle tecniche di base si limita a semplici movimenti in avanti o indietro, avanzamento o retrocessione. Ignora quindi la complessita di movimenti integrati che includano anche spostamenti latera- 10 li, rotazioni, torsioni, avanzamenti o retrocessioni di due o tre passi eseguiti in rapida successione. E legittimo chiedersi, dunque, se la sola pratica delle tecniche elementa- ri consenta di reagire in circostanze sempre mutevoli, 0 se le tecniche di base possa- no essere applicate con efficacia anche in situazioni difficili. Sotto questo aspetto i kata tradizionali sono fondamentali per un addestramento completo. Nei kata la com- binazione dei movimenti singoli ha un valore superiore alla loro semplice somma. La pratica dei kata ha come scopo quello di raggiungere la comprensione del valore Teale dei movimenti quali tecniche di autodifesa. Ma tutte le cose presentano vantaggi e svantaggi. Spesso, nella pratica dei kata pit avanzati, gli allievi si concentrano troppo sulla successione e sulla continuita dei movimenti, senza considerare I’efficacia di ogni tecnica. Addirittura, vi sono casi estremi in cui si illudono di possedere 1a tecnica di un kata semplicemente perché hanno memorizzato 'ordine di successione dei movimenti, Dovrebbe essere evidente che, in realta, & nevessario conoscere sia le tecniche di base che quelle pid avanzate, € che lo studio delle tecniche elementari acquista un nuovo € pitt profondo significato solo dopo ayer praticato le tecniche pid complesse. Ritornando al Ten no Kata, bisogna innanzi tutto puntualizzare che non si tratta semplicemente di un kata introduttivo. Esso & piuttosto concepito per essere nel con- tempo un kata e una tecnica fondamentale, adatto a tutti coloro che hanno praticato i quindici kata tradizionali fino ad averli padroneggiati in diversa misura e desiderano affinare le proprie abilit’. Unaltra importante caratteristica del Ten no Kata riguarda il fattore maai. Tradotto letteralmente, maai significa “distanza” (spaziale), ma in questo caso evoca anche una nozione temporale, riferendosi, quindi, non solo allo spazio, ma anche all'intervallo di tempo che il colpo dell’avversario impiega per raggiungere I’ obietti vo. Purtroppo nella pratica dei kata, come anche in quella delle tecniche di base, c’& una certa tendenza a trascurare il maai, per concentrarsi esclusivamente sulla ripeti- zione dei movimenti. Nei kata tradizionali, come ad esempio il Bassai, Ia differenza che intercorre tra una semplice esecuzione delle mosse nell’ordine corretto ¢ un’attuazione del kata che tenga ben presente elemento di maai, ¢ immediatamente evidente. Se si imm: gina un avversario reale e si esegue il kata calcolando il maai, ecco che vigore e deli- catezza, lentezza e rapidita si fondono con estrema naturalezza, € ogni mossa delle mani e dei piedi sceglie la via pitt breve. Nella pratica effettiva, gli allievi trovano piuttosto difficile afferrare questo con- cetto, malgrado la sua importanza sia ribadita con insistenza, perché & impossibile comprenderlo grazie ad una semplice spiegazione ¢ sembra che il corpo si rifiuti di cooperare. Oltre a costituire un’impresa ardua per l’allievo, @ motivo di preoccupa- Zione per il maestro che, naturalmente, desidera che i suoi allievi percepiscano e s\ luppino questo senso il pid velocemente possibile. Tl concetto di maai pud essere trasmesso con efficacia attraverso la pratica del Ten no Kata, In qualita di istruttore, mi auguro che cid costituisca un valido incentivo allo studio ¢ alla pratica di questo kata, specialmente del Ten no Kata Ura, la parte kumite de! kota, La relativa spiegazione in questo libro vi consentird una stima pid approfondi- ta del maai, ¢ tale comprensione influenzera a sua volta la vostra esecuzione dei kata tradizionali. Questa & la concenzione di base della nostra attivita. E ovvio, quindi, che il Ten no kata é molto pid di un kata elementare, I kata dello Shotokai comprendono sia i kata tipicamente duri dello stile Shorei che quelli rapidi e leggeri (morbidi) dello stile Shorin. L’importanza del maai 2 un elemento comune a entrambi gli stili, e ogni esecuzione di kata deve tenerne conto. In queste pagine il Maestro Funakoshi parla anche dei suoi Maestri: Azato, Itosu Matsumura, ¢ cid rende questo libro un documento di eecezionale valore. Non ci mera- viglia che nel richiamare alla mente Ie figure di questi tre uomini, egli faccia riferimen- to, seppur indirettamente, all’ influenza del mai. Nello Shokotai, dopo aver acquisito una cognizione generale del Ten no Kata, ha inizio la pratica del kawashi, o di cid che potrebbe definirsi “interazione”. Nella pratica kawashi, si passa attraverso I’attacco dell’'avversario, scambiandosi effettivamente il posto. A differenza di cid che accade nel kata kumite, non si para I’attacco per poi neu- tralizzarlo, e nemmeno si retrocede o ci si sposta di fianco. Al contrario, si avanza verso Vattaccante e, contemporaneamente, si ruota (kawasu) il corpo per scansare il colpo. In pratica, la distanza tra I’attaccante ¢ il difensore dovrebbe essere di circa 90 centi- metri, cio’ tale che il difensore venga sicuramente colpito se non avanza per eludere Vattacco. Questo significa mettere davvero in pratica il maai: ¢ un’esercitazione di lotta compo a corpo dove & necessario intuire rapidamente la decisione di attaccare presa dal- Pavversario. Durante un combattimento I’interazione & implicita giacché combattere significa interagire con 'awersario. Il kawashi del Ten no Kata, comunque, non significa scon- tro 0 conflitto; al contrario, significa passare accanto o incrociare I’avversario senza il minimo contatto fisico; in altre parole si tratta di una interazione, ma non in senso materiale. Nella pratica delle tecniche di base, questa interazione si riflette naturalmente nei movimenti del corpo, come ad esempio nella ritrazione del pugno sinistro al fianco mentre si colpisce con la mano destra. Anche quando si para con la mano destra, la ‘mano destra dell’ avversario tenuta di fronte al torace @ essenzialmente una mano ritrat- ta in caricamento. La pratica del karate rafforza "idea che prima di affrontare il combattimento si debba sperimentare il kawashi con se stessi. In altre parole il karate & un'arte marziale di introspezione. Concludendo, desidero manifestare che sarei estremamente soddisfatto se, attraverso questo libro, gli allievi arrivassero a comprendere che il Ten no Kata & un metodo di addestramento basilare che riassume in sé concetti tradizionali che si sono tramandati negli anni, come il kawashi. Mi auguro che questa tecnica possa aiutarli a compiere importanti passi avanti nello studio e nella pratica del karate. Motonon HIRONISHI Introduzione Una bella stanza accogliente e noi seduti a gambe incrociate intorno a un tavolino basso, impegnati a sorseggiare del t2, mentre io rispondo alle vostre domande sul karate. E questa la scena che avevo dinanzi alla mia mente mentre scrivevo questo libro. Ho cercato di mantenere un tono spigliato e interessante per renderlo facilmen- te leggibile, ma, nello stesso tempo, non ho voluto trattare I’argomento con leggerez~ za per non rischiare di cadere in banalita raffazzonate. In realta, lo scopo principale che mi sono posto nello scrivere queste pagine é proprio quello di correggere quei molti e falsi concetti sul karate generati da spiegazioni commenti totalmente sba- gliati: se questo libro riuscird a far comprendere anche solo ad una persona lo spirito e la natura veri del karate-do, io sard pid che soddisfatto. Sono passati pid di vent'anni da quando ho portato per la prima volta il karate a Tokyo. Oggi, chiunque, anche chi non pratica atletica o arti marziali, ha almeno sen- tito parlare di karate. Tuttavia, sono pochi quelli che comprendono realmente la vera natura del karate, Considerandone poi la continua evoluzione, non 2 possibile parago- nare il karate di oggi con quello di dieci anni fa, e per questo sono ancora meno quelli consapevoli che il karate praticato ogi a Tokyo @ completamente diverso da quello che si praticava a Okinawa. Il do, che significa “sentiero” 0 “Via" che porta al miglioramento di se stessi, ha una vita propria, sia esso il do di budo, “arti marziali”, che il do di qualsiasi altra disciplina. Proprio perché ha uno sviluppo autonome, esso & soggetto al ciclo inevita- bile della crescita e del declino e dunque @ sempre in continuo mutamento, ma solo nella sua forma esteriore: la natura fondamentale del do rimane immutabile. Un sen- tiero battuto prospera, uno abbandonato si deteriora facilmente: il karate pud giusta- mente definirsi un budo appena tracciato in cerca di persone che percorrano il suo sentiero. Spero con tutto il cuore che questo piccolo libro infonda nei lettori il desiderio di studiare il karate, e che alcuni di essi arrivino a comprenderne a fondo la natura per trasmetterla ad altri. In quel caso la mia gioia e la mia gratitudine sarebbero illimitate, Poiché il libro intende essere una introduzione di base per tutti coloro che avvi nano I'argomento per la prima volta, non ci sara spazio per discutere di difficili que- stioni teoriche 0 di variazioni nelle tecniche. Dei trenta e piii kata, owero “esercizi formali”, ne ho spiegato dettagliatamente solo uno, il Ten no Kata. E fondamentale 4 tenere sempre presente che il karate-do non pud essere compreso solo con gli occhi e con le orecchie: bisogna farne esperienza diretta attraverso I’addestramento fisico. Pertanto se si sceglie il Ten no Kata e cis allena con tutta la volonta di cui si é capa- ci fino a conoscerlo perfettamente, posso affermare senza riserve che si perverra alla piena comprensione del vero significato del karate-do. Un vecchio proverbio dice: Fugu kuwanu hito niwa iwaji (“E impossibile descri- vere il gusto del pesce a chi non Io ha mai mangiato”): allo stesso modo, la vera natu- ra del karate-do non pud essere mai ¢ in nessun caso spiegata a parole. Vorrei, infine, esprimere tutta la mia gratitudine a Funakoshi Gigo, Hayashi Yoshiaki e Uemura Wado per la loro gentile assistenza durante la compilazione e la redazione di questo libro. e La forza del karate In passato era normale arricchire di accenti quasi mitici qualsiasi storia sulle arti marziali. Prendiamo, ad esempio, il seguente racconto di un presunto episodio acca- duto in Cina tanto, tantissimo tempo fa. Era giorno di mercato ¢ la strada era gremita di uomini ¢ donne dagli abiti sgar- gianti che passeggiavano tra le botteghe piene di colore ¢ i banchi ricoperti di mer- canzie di tutti i generi, quando improvvisamente si levarono alte voci schiamazzanti. “Una rissa! Una rissal”. “No, é un’altra sfida tra quei lottatori kenpo”. Scoppid una gran confusione, i giovani che si precipitavano desiderosi di assistere allo scontro sbattevano contro donne urlanti e bambini in lacrime che freneticamente cereavano di uscire dalla calea per allontanarsi il pid possibile. Alcentro del tumulto si ergeva una figura imponente con una spaventosa barba ispida che brillava alla luce del sole e una faccia lucida, rossa di rabbia e di alcool: non era la prima volta che il famigerato Maestro Yang si ubriacava e causava disordi- ni di quel genere. Stava li a prendere rabbiosamente a spintoni e a gomitate un vec- chio canuto venditore di aglio. Temendo per la vita di quel poveretto, la gente si augurd che qualcuno si facesse avanti e lo mettesse in salvo, ma tutti conoscevano Tindole collerica di Maestro Yang e nessuno si azzardava a mettere bocca. Tutti bor- bottavano animatamente nell’osservare la scena, per meth mossi a compassione nei confronti di quel povero vecchio, per il resto altrettanto curiosi di vedere cosa sareb- be accaduto di fi a poco, II vecchio non sembrava affatto preoccupato. Vacillando leggermente e tossendo come se avesse I’asma, fece un largo somiso e disse: “Questo modo di strapazzarmi non ti servir’ a niente. Se invece & un combatti- mento quello che cerchi, per me sta bene. Ti vanti tanto della tua superiorita, ma a parole @ bravo chiunque, Ebbene, vogliamo incominciare””’. Il vecchio tossi e si diede una sgranchita proprio come se avesse tutte le intenzioni di affrontare il suo gigante avversario. Gli astanti erano sbalorditi “Quel vecchietto deve essere uscito di senno! Non sa che sta sfidando Maestro Yang?” “No di certo! Altrimenti non avrebbe osato esprimersi cosi!”. “Tl vecchio deve essere un forestiero, o almeno io non I'ho mai visto prima” Malgrado la pessima reputazione, Yang era infatti un esperto di kenpo e maestro lancia e bastone, aveva pid di mille allievi e si raccontavano storie fantastiche sulla sua forza straordinaria. C’era chi diceva di averlo visto stendere a terra un cavallo imbizzarrito semplicemente con un pugno. Altri sostenevano che potesse maneggiare una spada gigante di centoventi chili e tirare fendenti come se nulla fosse e che sapesse frantumare una catasta di dieci tegole con la mano nuda. La sua arroganza e il vizio per il bere gli avevano procurato una brutta fama, ma la sua forza ed abilita nella lotta incutevano timore ¢ rispetto in tutta la citta. La risposta del venditore di aglio lascid, dunque, tutti sbigottiti. Lo stesso Yang ne fu sorpreso, ma la rabbia riprese subito il sopravvento. “Vecchio pazzo idiota! Pensavo di risparmiarti la vita, ma ho cambiato idea. Preparati! Io, Maestro Yang, pregherd sul tuo cadavere!”. Con un tremendo fiai sferrd un colpo alla testa del vecchio. La forza e la furia del suo attacco erano pari a quelli di un dewa king (un gigante imbestialito). La gente trattenne il respiro aspettandosi che il colpo fracassasse il cranio del vecchio. Il vecchio si spostd un poco a sinistra e rimase tranquillo, sempre con quel suo fare traballante. Yang, sbilanciato dal suo stesso slancio, cadde disteso con la faccia a terra, ma si rialzd immediatamente e, con espressione furibonda e terrificante, piantd un pugno nello stomaco del vecchio. L'impatto ebbe un rumore sordo e molti si pararono gli occhi per non vedere il vecchio prostrato che vomitava sangue. Ma lo sguardo del venditore d’aglio rimase indifferente al colpo e non cambid minimamente espressione: stava Ii ancora in piedi e malfermo, con un ampio sogghi- gno sulle labbra. Yang, con sgomento, si accorse che il suo pugno era ancora piantato nello stomaco del vecchio e che era totalmente incapace di ritrarlo. Somigliava a un insetto rimasto attaccato sulla carta moschicida, che per liberarsi sbatte freneticamen- te le ali. La folla fissava la scena ammutolita e smarrita, poiché non aveva mai assi- stito a niente del genere. Se fosse stato possibile osservare pill da vicino, sarebbe stato chiaro che l'enorme pugno di Yang era rimasto intrappolato tra le pieghe dello stomaco del vecchio. I] Maestro Yang, la cui forza era giudicata senza pari, in preda al sudore e con il volto fiammeggiante, si contorceva e si dimenava inutilmente per liberare il suo pugno. Alla fine Yang, l'ubriacone famigerato per la sua arroganza, fu sopraffatto dalla vergogna. Cadde in ginocchio e, inchinandosi ripetutamente, disse: “Maestro! Non hho saputo riconoscere un vero esperto, cosi ho agito come un folle! D’ora in poi avrd premura e rispetto per gli aliri. Chiedo umilmente il tuo perdono”. 1 vecchio fissd I’ uomo negli occhi € disse: “Se sei sincero e hai capito davvero la lezione, va bene. La tua reputazione & quella di un insopportabile spaccone, ma non dimenticare mai che il mondo é un posto assai grande. Stai molto attento a quello che dici e a quello che fai”. Il vecchio rilassd i muscoli dello stomaco ¢ Maestro Yang si sedette pesantemente a terra. II veechio lo oltrepassd, raccolse il suo sacco d’aglio e, tossiechiando, usci dal cerchio di spettatori senza voltarsi. Una storia come questa & certamente divertente, ma i problemi nascono quando chi dovrebbe sapere di piti racconta eventi del genere come se fossero realmente avvenuti 0, addirittura, come se ne fosse stato testimone. Nel deserivere la tremenda potenza del karate, ci sono persone che fanno afferma- zioni di questo tipo: Nel karate c’é una tecnica segreta chiamata nukite (mano ad arpione). Con la punta delle dita & possibile perforare il fianco di un avversario, afferrare e estrarre le sue costole. Addestrarsi in questa tecnica é difficilissimo: si prende un barile della capacita di quaranta 0 cinquanta litri pieno di piccoli fagioli e, tenendo le ita unite, si comincia a ficcare con forza le punta delle dita dentro i fagioli. Si fa questo diecimila volte al giorno: la pelle si spacchera e le dita sanguineranno. Gradualmente la punta delle dita si indurira fino a deformarsi, ma continuando la pratica, la sensazione di dolore si attenuera fino a scomparire. ‘A questo punto, si passa dai fagioli secchi alla sabbia. Con la sabbia sara ancora piit difficile, ma dopo mesi di allenamento, sara possibile raggiungere il fondo del barile al primo colpo. Proseguendo per gradi, si passera alla ghiaia, ai ciottoli e infine a delle pallottole di piombo. 11 risultato di questo addestramento sari quello di riuscire a spezzare tavole di Jegno con la punta delle dita, di spaccare le pietre 0 di forare il fianco di un caval- Jo con le mani nude. Una persona che non abbia nessuna cognizione preliminare potrebbe prendere alla lettera simili istruzioni e andarsene convinto che il karate sia una tecnica terribile capace di indurre soggezione e spavento, E cid & vero almeno in parte, come attesta- no simili affermazioni: “Ho sentito che conosci il karate. Scusa la domanda, ma & vero che puoi spaccare le pietre con le mani nude, o bucare Ia gente con la punta delle dita?”. Una domanda cosi bizzarra la pud formulare solo un dilettante, Un semplice sorri- so € una risposta schietta: “No, non so fare trucchi del genere”, dovrebbero bastare. Ma ci sono sempre quegli istruttori inadeguati che sfacciatamente danno spago a simili argomenti con risposte tipo, “Be’, non posso affermare che non mi sia mai capitato...”. Malgrado siano solo degli spacconi, sono tuttavia estremamente abil nel far credere tutto quello che raccontano. Forse queste persone sono convinte che gra- zie a tali esagerazioni il karate risulti pid nobile e pil ricco di attrattiva, ma in realt ne stanno alterando la vera natura con risultati dannosi, Non & come uccidere qualcu- no con garbo? Oltre all’ aneddoto di Maestro Yang, l'immaginazione sconfinata di coloro che rac~ contano storie ha fabbricato innumerevoli tecniche segrete e misteriose che in passato potranno anche avere avuto degli adepti, ma io non conosco un solo Maestro, oggi, che sia in grado di mettere in pratica simili imprese. Inolire, ci sono istruttori che danno delle spiegazioni fuorvianti, come: “Nel kara te, una presa vigorosa & molto importante. Per poterla sviluppare, dovete allenarvi 18 con due brocche che abbiano una bocca tanto ampia da permettervi a malapena di contenerla con la mano. Riempitele con della sabia, prendetene una con ciascuna mano e fatele oscillare avanti e indietro. Una persona che abbia sviluppato la sua presa a sufficienza pud strappare la pelle del braccio o della gamba di un avversario”. Sebbene ci sia qualcosa di vero nella suddetta spiegazione, @ ridicolo pensare che si possa lacerare la carne di un uomo cosi facilmente come si potrebbe staccare un pezzo di pasta frolla. ‘Tempo fa, tuttavia, venne a trovarmi un istruttore che mi chiese se desideravo imparare la sua “tecnica segreta”. Pensai che certi uomini a questo mondo hanno pro- prio coraggio, ¢ gli chiesi subito di dimostrare la tecnica su di me. Il risultato fu ins gnificante: fu come sopportare un forte pizzico che, lungi dallo strapparmi la pelle, non mi lasci nemmeno il segno. Una situazione ridicola. Questo non vuol dire che una presa energica non sia un vantaggio. Ho sentito par- lare della forza straordinaria di alcune persone: un uomo capace di fare il giro com- pleto dell’esterno della sua casa aggrappandosi alle travi oblique del tetto € oscilla do dall’una all’altra (le case di Okinawa, al contrario di quelle sulla terraferma, hanno le travi pitt massicce e consentono un’operazione simile). Ed & un fatto che il mio riverito Maestro, Maestro Itosu, considerato un esperto del karate-do dei tempi moderni, sapeva frantumare con le mani delle robuste canne di bambi. Credo, comungue, che la morsa formidabile di Itosu fosse pitt un talento particolare che il frutto di un allenamento, Con un addestramento continuo si pud sviluppare il corpo umano fino ad arrivare ad un altissimo livello di prestanza fisica, ma non bisogna dimenticare che ci sono dei limiti naturali. E vero che alcuni tra coloro che praticano il karate possono com- piere delle azioni eccezionali. come spaccare grosse tavole o frantumare una catasta di dodici o tredici tegole, ma queste sono cose che pud fare chiunque dopo un breve allenamento e rappresentano dei semplici esperimenti che, in quanto tali, non sono essenziali al karate € non costituiscono, neppure lontanamente, tecniche segrete. Al contrario, sono elementi del tutto estranei al concetto del karate-do. Spesso i profani fanno questa strana domanda: “Quante tavolette bisogna essere in grado di spezzare per arrivare a un certo livello?”. Sembra che stiano confondendo i livelli di conoscenza del karate con i pioli di una scala (ichidan, “primo grado,” potrebbe anche significare “primo gradino” di una scala). Il karate-do & un’arte marziale nobile, e il lettore pud stare certo che chi si compi ce di spaccare tavolette o di fracassare tegole, o si vanta di saper compiere imprese assurde come strappare carne 0 estrarre costole, non conosce affatto il karate: sta solo trastullandosi con le foglie e i rami di un grosso albero, senza avere la minima cogni- zione del tronco. e@ Le origini Un vecchio aneddoto racconta che Napoleone fu molto impressionato quando venne a sapere dell’esistenza di un piccolo paese dell’ Est asiatico che, malgrado la sua limitata estensione, riusciva a mantenere l'indipendenza senza possedere armi. Situato al sud del Giappone, quel paese, anticamente chiamato regno di Ryukyu € oggi conosciuto come Prefettura di Okinawa, fu il luogo di nascita del karate. ‘Nessuno sa quando il Karate fece la sua prima apparizione nel nostro diletto paese: in passato fu sempre tenuto nascosto al mondo esterno, e non esistono documenti ai quali poter fare riferimento per ottenere informazioni al riguardo. Nella storia del regno ci sono state due occasioni in cui I’uso delle armi fu bandito dal governo; la prima risale a pitt di cinque secoli fa e la seconda a circa duecento anni dopo. Non c’é dubbio che entrambe abbiano giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo del karate. II primo divieto fu imposto durante il cosiddetto periodo dei Tre Regni Unificati, che credo Ba Kin menzioni nel suo Chinsetsu Yumihari-cuki (tradotto in inglese con il titolo: Camellia Tales of the Bow-shaped Moon). Fino ai primi anni del quindicesi- mo secolo, le isole Ryukyu furono divise in tre regni indipendenti, Chuzan, Nanzan e Hokuzan, occupati ciascuno a contendersi 1a supremazia dell’ intero territorio. Alla fine prevalse il regno di Chuzan e il paese fu unificato sotto il suo sovrano, il grande Sho Hashi (1372-1439), che si mise subito al lavoro instaurando un governo non militare. Emand un editto con il quale proibi drasticamente il possesso di armi, anche di una spada arrugginita, e riuni statisti e intellettuali di tutto il paese per elaborare um’efficace struttura di amministrazione centralizzata. Nei due secoli successivi gli abitanti delle isole Ryukyu godettero di una pace indisturbata. Poi, nel 1609, furono ataccati dagli Shimazu, i potemti principi del feudo di Satsuma, nel Kyushu meridionale, che considerava quei mari parte del pro- prio dominio. Durante il periodo Sengoku (1467-1568), nel Giappone lacerato dalle guerre civili, l’esercito degli Shimazu era stato notoriamente il pit) valoroso e il pitt feroce: appena vent’ anni prima dell’attacco alle isole Ryukyu, aveva ostacolato gra- vemente I’ opera del Reggente Imperiale Toyotomi Hideyoshi, impegnato nel proces- so di unificazione del Giappone. I formidabili samurai di Satsuma incontrarono nelle isole Ryukyu una ferrea resi- stenza. Un assalto frontale al porto di Naha, 'ingresso diretto per Okinawa, falli 20 miseramente, ¢ fu solo dopo che una forza distaccata dell’esercito degli Shimazu aggir® l’isola e assali di sorpresa il porto sguamito di Unten, che gli invasori riusciro- no a penetrare nel territorio. La situazione volse rapidamente al peggio e gli Shimazu riuscirono a conquistare Okinawa, l’isola principale. Sotto il dominio degli Shimazu, le armi furono nuovamente bandite, e questa volta il divieto fu esteso anche alle classi nobili. La maggior parte degli storici concorda nel ritenere che il karate, l'unica forma di combattimento a mani nude esistente a Okinawa, debba la sua nascita a questo secondo bando, perché costrinse gli abitanti dell'isola a inventarsi un metodo di autodifesa che non prevedesse I’uso di armi. Comunque, alcune tecniche di lotta disarmata erano sicuramente praticate anche prima dell’invasione, ed & quindi pitt plausibile pensare che questa nuova proibizione abbia agito da catalizzatore, stimolando il raffinamento di tecniche gid esistenti. Le isole Ryukyu erano state a lungo tributarie della Cina, ¢ cid aveva favorito fre- quenti contatti con Fukien, sulla terraferma. Probabilmente il cinese kenpo (lett. “metodo del pugno”) fu importato nelle isole ed alcuni suoi elementi furono incorpo- rati e adattati all’intemo di tecniche indigene di combattimento; naturalmente, alcune forme di kenpo possono essere rimaste immutate. Fu cosi che nacquero i due precur~ sori del karate-do, I’Okinawa-te ¢ il To-de. Da bambini ne abbiamo spesso sentito parlare, ed & piuttosto ragionevole pensare che il To-de corrispondesse a tecniche di combattimento appartenenti alla tradizione cinese del kenpo ¢ che I'Okinawa-te si riferisse invece a tecniche di lotta indigene. La storia delle arti marziali in Cina risale ad almeno seimila anni fa, Sembra che durante il regno del mitologico Imperatore Giallo (Huang-ti, 2700 a.C.), i soldati soffocarono la rivolta di popolazioni barbare con delle spade affilate come rasoi. Da allora in poi, fino al regno del re Wen (1027 a.C.), la Cina attraversd secoli turbolenti, caratterizzati da guerre e ostilitt tra le varie trib: nomadi. In questo periodo di grandi conflitti, la costante necessita di sopraffare il nemico sul campo di battaglia favori I'elaborazione di stratagemmi e metodi di combattimen- to sempre nuovi. Queste antiche tecniche furono ordinate in modo sistematico prima volta da tre uomini, Ta-Shang Lao-ch’un, Ta-yi Chen-jen e Yuan Shih- che fondarono quelle che potrebbero essere definite le Tre Scuole Primitive delle arti marziali. I loro sistem furono tramandati e perfezionati da generazioni di discepoli che le trasformarono nelle tecniche altamente raffinate che conosciamo oggi. Durante il periodo dei Tre Regni (220-80 d.C.), tre famosi eroi, Kuan-yu, Chang Fei e Chai Yun, seppero elevarsi a livelli impareggiabili di fama e onori € compiere gesta memorabili per i loro paesi, grazie alla loro bravura nelle tecniche marziali.. Specialmente Chao Yan che, armato solo di una spada, sgomind innumerevoli avver- sari e porto il suo principe in salvo. Nei periodi che seguirono divenne assiomatico che i comandanti di grandi eserciti fossero uomini eccellenti nel loro mestiere € dotati di perspicacia e capacita strategica non comuni. Nel millennio successivo avvenne la graduale evoluzione di due stili principali: lo Shang Wu ¢ lo Shaolin. Per tutta la durata delle dinastie Yuan (1279-1368), Ming. (1368-1644) e Ch’ing (1644-1912), i seguaci dei due stili fecero a gara nel perfezio- nare le proprie tecniche, formando numerose scuole. Ovviamente, entrambi gli stili presentano punti di forza e debolezze, ed & impossibile affermare quale sia superiore. In Cina queste discipline furono praticate apertamente e, alla fine della dinastia Ch’ing, erano ormai ampiamente diffuse tra la popolazione generale, tanto che finiro- no con I’essere considerate delle vere e proprie tradizioni nazionali. Lo stile Shang Wu, fondato da Chang-san Feng, pone I’accento fondamentale sul potere del ch’i (ki in giapponese). II T’ai ch’i, lo Hsing-i e il Pa-kua sono ottimi esempi di scuole che presentano caratteristiche di questo stile. 1 movimenti possiedo- no una forza dirompente che, applicata con efficacia, puo facilmente atterrare un uomo, Lo stile Shaolin fu fondato da Ta-mo Lao-tsu (Bodhidharma). In questo stile, che si concentra sull’applicazione pratica di mosse che usano mani e piedi per bloccare e attaccare, sono presenti tecniche dai movimenti contemporaneamente duri e morbidi, oppure rapidi ¢ lenti. Sembra che quando Ta-mo viaggid in Cina, provenisse dalla lontana India. Dopo essere sopravvissuto al lungo ¢ difficile viaggio, durante il quale attraversé grandi fiumi, profonde vallate ¢ alte catene montuose, arrivd alla corte dell’ Imperatore Liang, al quale predicd la religione buddhista. Durante I’era Cheng Kuang (5204.C.), Ta-mo fu invitato dall’Imperatore Hsiao Ming del Wei settentrionale a insegnare presso il monastero Shaolin nella provincia dell’Honan. Vedendo che i suoi ascoltatori si addormentavano per la gran stanchezza durante Ie sue lezioni, Ta-mo riuni i monaci in assemblea e disse loro: “Sebbene gli insegna- menti della legge buddhista siano rivolti al nutrimento dello spirito, tuttavia lo spirito ¢ la carne sono uniti ed indivisibili. E voi siete esausti nella mente e nel corpo. Non potete sperare di completare i vostri studi in queste condizioni: da domani vi alzerete presto e seguirete il seguente addestramento”. Cosi insegnd ai monaci come allenare Ja mente e il corpo secondo gli insegnamenti dei sutra Ekikin e Senzui. ‘Senzui significa “togliere via la polvere della mente” per scoprire la sua vera luce. Ekikin, composta dalle due parole eki (“cambio”) e kin (“muscolo"), significa “disci Plinare e irrobustire il corpo”. Rafforzando il corpo attraverso il metodo descritto nel sutra Ekikin, si pud arrivare ad acquisire la forza e il coraggio dei Re Deva. Raffinando la mente attraverso il sutra Senzui, si sviluppa la volonta di perseguire un sentiero spirituale, Questi due sutra insieme danno il potere di muovere le montagne € la chiave per abbracciare l’universo. Questa sirategia rappresenta la forma originaria dell’ addestramento nelle arti mar- ziali. Lo stile Shaolin del kenpo si diffuse in tutta la Cina ed & ancora molto popola- re. Attraversd il mare e raggiunse le isole Ryukyu, dove probabilmente si mescold a forme indigene assai simili 2u e Il karate nelle isole Ryukyu Nelle isole Ryukyu, dopo che I’uso delle armi fu bandito, tutte le forme di combat- timento a mani nude vennero rapidamente occultate, specialmente I’ insegnamento e la pratica del karate, poiché gli abitanti non volevano, comprensibilmente, che i terri- bili sovrani Satsuma ne venissero a conoscenza. Il principio di non rivelare i segreti della propria arte ai profani non @ confinata al solo karate; & caratteristico anche del kendo e di altre arti marziali. Tuttavia, nulla & paragonabile alle grandi precauzioni che furono prese per custodire gelosamente il karate, che includevano, tra I’altro, il drastico divieto di parlarne per iscritto. Nel periodo Meiji (1868-1912), quando venne meno la necessita di segretezza, la tradi- zione secolare di nasconderne 1a teoria e la pratica rimase profondamente radicata nella popolazione. Lassenza di testimonianze scritte, quindi, ci impedisce di sapere con precisione da chi fu creato il karate e come fu trasmesso. Ogni informazione che possediamo sulla sua storia 2 stata tramandata solo oralmente e, proprio a causa dell’aura di segretezza che circonda I’argomento, @ spesso esasperatamente vaga: tentare di ricavarne dei fatti attendibili @ come cercare di cavare un ragno da un buco. Anche quando io e i miei colleghi eravamo bambini, tutto quello che riguardava il karate era mantenuto strettamente nascosto. Non esistevano, ovviamente, gli attuali dojo ¢ nemmeno gli istruttori di professio- ne. I] famoso Maestro Matsumura era un ufficiale militare al servizio del re, € Uehara, che pare abbia sfidato Matsumura, era un fabbro specializzato. II Maestro Azato, che mi favori gentilmente di tutta la sua speciale guida e attenzione, era un tonochi, una posizione molto simile a quella del signore di un piccolo feudo. Il Muesiro Itosu, al quale debbo la mia gratitudine per avermi insegnato I'Heian, il Tekki e altri kata, era il segretario personale del re. Poiché nessuno fece del karate la sua professione, la tradizione storiografica fu trascurata. Chi insegnava il karate lo faceva solo per interesse personale e chi lo stu- diava lo faceva solo perché gli piaceva. Quando studiai il karate sotto l"insegnamento del Maestro Azato, ritenuto il pitt grande esperto di karate del suo tempo, io ero il suo unico discepolo, e quando studiai con il maestro Itosu, il nostro gruppo era composto di pochissimi allievi, meno di quanti possano frequentare oggi il pid: misero dojo di quartiere, 24 A Okinawa, la consuetudine che imponeva di mantenere il segreto sull’argomento si protratta fino a tempi molto recenti. Circa dieci anni fa, ricevetti un messaggio da un signore molto anziano che diceva: “Conosco un kata che non ho mai insegnato a nessuno, ma che desidero trasmettere a Lei prima di morire”. Apprezzai moltissimo le sue intenzioni, ma sfortunatamente non mi era facile, in quel momento, trovare il tempo di fare un viaggio a Okinawa, perché ero impegnatissimo con il mio lavoro; ma, proprio in quei giomi, Gigo, il mio terzo figlio, aveva degli affari da sbrigare a Okinawa e cosi chiesi a lui di andare al mio posto, I vecchio signore accolse Gigo con calore. Quando arrivo il momento di insegnar- gliil kata, serro porte e finestre per impedire che qualcuno potesse sbirciare dall’ester- no, € quando ebbe terminato disse: “Ora posso morire in pace. Tra gli uomini a cui mi sono rifiutato di insegnare questo kata ce n°é stato uno che mi ha tormentato fino ad ottenere il mio consenso, In quell’ occasione ho perd alterato la struttura € le mosse cruciali, quindi se verranno mai sollevati dubbi su questo kata, dia tuo padre che la versione che ho insegnato a te & quella corretta”. Quando ero giovane, episodi di que- sto genere erano ancora abbastanza comuni. Cid aiuta a comprendere perché esistono tante differenti variazioni di quello che in origine era un singolo kata. Inoltre, va sempre tenuta in considerazione ’eventualit’ che un allievo possa interpretare male un kata e che, di conseguenza, alteri la sua tra- smissione causando delle distorsioni. Ma su questo argomento mi soffermerd in seguito. e@ Mani cinesi, mani vuote A Okinawa abbiamo sempre usato i termini Okinawa-te e To-de. Solo dopo il mio arrivo a Tokyo, io e i miei allievi cominciammo a servirci di karate-do, In Karate-do Kyohan (Tokyo: Kodansha International, 1973), ho spiegato dettagliatamente perché ricorremmo questo nuovo termine e in questa sede vorrei ripeterne le ragioni. 1. Poiché non esiste materiale scritto, non sappiamo se kara fosse originariamente scritto con il carattere w , che significa “Cina” o con il carattere @ che significa “yuoto”, Nel periodo in cui la Cina, e tutto cid che poteva essere definito cinese, godeva della massima popolarita nelle Ryukyu, il primo carattere venne impiegato come sinonimo di alta qualitd, Sotto questa influenza, il karate ha cominciato ad esse- re scritto con tale carattere perché gli fosse conferita una nota di classe o di eleganza. 2. Questo uso, perd, pud far confondere il karate con il cinese kenpo. I kata ¢ i Kumite che studiamo oggi, come anche il nostro metodo di pratica, sono decisamente diversi e indipendenti dal kenpo (tuttavia, ne! karate praticato oggi a Okinawa, ¢ pos- sibile notare alcuni kata rimasti praticamente immutati dai tempi in cui furono impor- tati dalla Cina). 3. Ora che il Giappone si affermato a livello mondiale ~ e che alcuni non esitano a definire paese di serie A - non & pit! adeguato continuare ad usare il carattere. # nel nome di un’arte unicamente giapponese. 4. Il “vuoto” a cui allude il termine kara @ ['attributo appropriato per questo gene- re di autodifesa che non ricorre all’uso di armi, ma, appunto, lascia le mani libere, vuote, nude. 5. Proprio come una vallata deserta pud trascinare una voce risonante, cosi la per- sona che ha scelto di praticare il karate syuota se stessa, sbarazzandosi del proprio egocentrismo e delle proprie brame. Svuotarsi interiormente e fortificarsi all'esterno. Questo @ il significato reale del “vuoto” nel karate. 6. Dopo aver percepito Pinfinita di forme ¢ di clementi nell’universo, si ritora al vuoto, In altre parole, il vucto non altro che la vera struttura dell’universo Esistono numerose teeniche di combattimento ~ yarijutsu (tecniche con lancia) e bojuutsu (tec niche con bastone), per esempio ~ ¢ varie forme di arti marziali, come il judo e il kendo. Tutte condividono con il karate un principio essenziale, ma solo il karate afferma esplicitamente Ia base di tutte le arti marziali: la forma 2 uguale al vuoto, il vuoto & uguale alla forma. L'uso del carattere + si basa su questo principio. 26 Qualche tempo dopo che incominciai a sostenere I'uso degli attuali caratteri per scrivere karate, ricevetti una lettera di protesta da un uomo di Okinawa che scriveva quanto segue: “Recentemente ho sentito dire che a Tokyo Lei ha cambiato il carattere usato per scrivere kara e mi piacerebbe proprio conoscerne le ragioni. Il carattere m & quello a cui noi tutti siamo abituati da sempre. Come pud pensare di cambiarlo con tanta disinvoltura?”. Ancora oggi ci sono molte persone a Okinawa che la pensano allo stesso modo. La mia risposta a quella lettera fu semplice: “In Karate-do Kyohan ho spiegato tutte le mie ragioni nel dettaglio. Le sarei molto grato se facesse gemtilmente riferimento alle spiegazioni da me delineate in quella sede” Davvero non esiste nessun motive per collegare I'uso del carattere alle origini del karate. Nei tempi pid antichi, la gente non aveva in mente uno o pid caratteri spe- cifici quando parlava del karate. lo stesso non vedo I'utilita di usare il carattere Inoltre non ci sono pil rassomiglianze tra il nostro karate-do ¢ le arti nazionali cinesi come il kenpo Shaolin, il Tamo-ch’uan ed altre, di quante non ce ne siano tra il wre~ stling e il sumo. Oltre a quelle esteriori esistono delle differenze fondamentali nei metodi di allenamento, nello spirito e nell’atteggiamento verso la pratica. Ricordo che nel 1891 0 1892, un insegnante dello Shuri Jinjo Koto Shogakko di Okinawa comincid a insegnare il karate ai suoi studenti, Gli studenti della scuola ele- mentare di allora erano piti grandi di quelli di oggi e i giovani di vent’ anni non erano rari, In seguito, quando venne istituito il servizio di leva, fu notato che coloro che avevano praticato il karate si distinguevano immediatamente dagli altri coscritti gra- zie al loro fisico asciutto e ben sviluppato. II fenomeno diventd un argomento di con- versazione ¢, infine, il Commissario Prefettizio per IIstruzione, Ogawa Shintaro, invitd Itosu e i suoi allievi ad un incontro tra presidi di varie scuole e gli chiese una dimostrazione di karate. Ogawa ne rimase molto impressionato e ascoltd con interes- se le opinioni di Itosu, tanto che, subito dopo, enumerd i meriti del karate in una rela- zione al Ministero dell’ Istruzione. I! ministero riconobbe l'efiettivo valore dell’ adde- stramento in tale disciplina e concesse che il karate fosse incluso nei programmi di educazione fisica della Prima Scuola Secondaria Statale di Okinawa e in quelli della Scuola di Allievi Ufficiali. Dopo secoli di segretezza, per 1a prima volta, il karate poteva essere insegnato apertamente. A quei tempi, io e i miei colleghi praticavamo il karate gia da pitt di dieci anni, ma avevamo osservato il pitt assoluto silenzio e non lo avevamo fatto sapere a nessuno. Durante la guerra cino-giapponese, un giovane che si era allenato per mesi con Itosu prima di entrare nell’esercito fu assegnato alla Divisione Kumamoto, dove l’uf- ficiale medico, notando il suo perfetto sviluppo muscolare, gli disse: “So che vieni da Okinawa. In che arte marziale ti sei allenato?”. La recluta rispose che il lavoro di fat- toria era sempre stata la sua unica occupazione, ma un amico che era con lui si lascid scappare di bocca: “Pratica il karate”. Il dottore mormord semplicemente: “Capisco, capisco”, ma rimase profondamente impressionato. ‘Come spiegherd nella seconda parte di questo libro, i kata del karate implicano movimenti in tutte le direzioni e dunque non ci sono tendenze o inclinazioni privile- giate; inoltre i piedi ¢ le mani vengono usati nella stessa misura e sono impiegati tutti i tipi di movimento, compresi i salti e le torsioni, percid i quattro arti sono egualmen- te sviluppati. E questa la principale caratteristica dell’addestramento nel karate. Uno 0 due minuti sono sufficienti per completare un singolo kata; kata pitt brevi richiedono appena trenta 0 quaranta secondi. In questo piccolo intervallo di tempo, l'ad- destramento 2 proporzionato alla resistenza e all’abilita, ¢ con il progressivo aumento delle capacita & possibile incrementare l’esercizio. La vista di un vigoroso e robusto karateka che ansima pesantemente dopo appena uno o due minuti di pratica basta a far capire fino a che punto possa essere duro ¢ faticoso I’allenamento, D'altra parte, poiché la quantita d’esereizio & regolata dalle possibilita individuali, non ci sono pericoli di sovraffaticamento per chi fisicamente pid debole o per il principiante. Questi due aspetti, la brevitd dell'esercizio e il fatto che chiunque possa allenarsi indipendentemente dalla forza e dalla corporatura sono la seconda earatteristica di questo addestramento. In terzo luogo, non ¢"t bisogno di attrezzature speciali. Per di pid, il karate pud esse- re praticato da soli oppure con una, dieci, cento altre persone. Se il karate viene impiegato per l'autodifesa, & in grado di generare una potenza straordinaria che trasforma il corpo in un’arma micidiale. Inoltre, in meno di un anno si pud arrivare a comprendere a volonta dello spirito umano e la grande capacita di puri- ficare la mente ¢ il corpo. Nel maggio del 1922, il Ministero dell’Istruzione finanzid la Prima Manifestazione Atletica Annuale che ebbe luogo a Ochanomizu. In qualita di presi- dente dell’ Associazione delle Arti Marziali di Okinawa, mi fu chiesto dal locale ufficio ministeriale di approfitiare dell’ occasione per presentare la nostra arte marziale al Giappone. Accettai con entusiasmo e cominciai i preparativi per il mio viaggio a Tokyo. Non ritenendomi un abile oratore, mi chiedevo come sarei riuscito a spiegare questa arte marziale cosi unica a gente che ne avrebbe sentito parlare per la prima volta. Dopo averci riflettuto un bel po’, decisi di portare con me a Tokyo delle fotografie che illustravano i kata, i kumite e varie teeniche che prevedevano I'uso delle mani e dei piedi; le classificai tutte ¢ le ordinai in tre gruppi. Originariamente avevo pianificato di ritornare a Okinawa immediatamente dopo la manifestazione, ma, durante lesibizione, Kinjo Saburo mi disse che Kano Jigoro, il grande Maestro di judo, desiderava che io gli insegnassi il karate. Declinai umilmente Pinvito, non considerandomi degno di tale onore, dicendo che sarei tornato a casa subi- to dopo lesibizione; offtii, perd, di recarmi a visitare il suo dojo prima di partire. La risposta fu: “Sarebbe chiedere troppo averla qui solo per me. La prego di attendere due © tre giomi. Gradirei moltissimo che tutti la conoscessero”. Quando visitati il Kodokan tre giorni dopo, mi trovai di fronte a un gruppo scelto di circa un centinaio di judoka. Non avevo con me nessun allievo, né un assistente. Fortunatamente, proprio in quel periodo, un giovane, Gima Shinkin, che era stato istruttore di karate a Okinawa, si trovava a Tokyo in qualita di studente presso il Tokyo Shoka Daigaku (la futura Universita Hitotsubashi), Accettd di farmi da partner e insieme offrimmo una dimo- strazione di kata e di kumite. Molti kata, in particolar modo il Kanku, furono apprez- zati e ci fu richiesto di ripeterli molte volte. Dopo la dimostrazione rispondemmo a tutte le domande che ci posero gli allievi presenti, prima i pitt giovani e poi gli anziani. Poi, nel corso di una piacevole conver- sazione, il Maestro Kano mi chiese quanto tempo era necessario per imparare tutti i kata. Quando gli risposi che un anno abbondante mi sembrava un periodo indispensa- bile, mi disse: “Be’, non posso imporLe di restare cosi a lungo, ma vorrei che mi insegnasse ugualmente almeno due o tre kata”. Ammirai molto la magnanimita di quel grande Maestro, il pitt anziano tra gli esperti di arti marziali, II mio programma di ritorno a Okinawa fu rimandato e, a partire dal Kodokan e dall’ Accademia Militare Toyama, ricevetti ben presto richieste di informazioni detta- gliate sul karate da svariati gruppi e societ’, come ad esempio dall’ Associazione Nazionale degli Avvocati, dal Gruppo di Studi Atletici della Scuola Secondaria, da un circolo di pittori chiamato Club del Pioppo, dalla famiglia Sho. Malgrado i miei limi- ti, sentivo che dovevo fare del mio meglio per I'affermazione del karate-do, cosi visi tai chiunque mi richiedesse lezioni, conferenze 0 dimostrazioni. Gradualmente creb- be il numero degli iscritti a brevi corsi di addestramento e i migliori divennero miei allievi. Mi fu offerto di lavorare presso varie scuole. Da allora, sono continuamente impegnato in tali attiviti e sono anche arrivato alla conclusione che non ho grandi speranze di tornare a casa. ‘Quanti stili di karate esistono?” @ una domanda che mi sono sentito rivolgere molto spesso, che pud sembrare molto semplice € invece non lo @ affatto. Potrei affermare che ogni karateka pratica il suo stile personale, perché il karate tende ad assumere un carattere profondamente personale. In reall, ci sono fattori pitt semplici, meno soggettivi, che contribuiscono allo sviluppo di un‘ampia varieta di stili. Tanto per fare qualche esempio, non saper eseguire correttamente le mosse di un kata 0 non riuscire a assimilare le tecniche, pud causare delle alterazioni nel kata; anche gli alli vi che non praticano con lo zelo necessario rischiano di imparare una forma erronk mente, altri ancora, avendo interrotto ’allenamento per lungo tempo, dimenticano il kata originale e lo modificano con mosse di propria invenzione; alcuni, poi, scam- biano le attitudini ¢ le idiosinerasie personali del loro istruttore per delle parti inte- granti del kata. Ci sono quindi molti elementi che possono apportare delle variazioni in un kata, ma queste non possono assolutamente essere considerate delle differenze distile. Sono anche in molti coloro che stanno cercando di mescolare qualcosa del jujutsu con alcuni elementi di karate, e il risultato @ uno strano miscuglio che non vale la pena nemmeno di nominare. Rientrano nella stessa categoria tutti quelli che vanno in giro proponendo i loro intrugli casalinghi fatti di quel certo stile di karate e quell’al- tro stile di Kenpo. Questo non pud certo essere chiamato karate. Ci sono troppi insegnanti di karate che si sono autoproclamati Maestri. Ogni tanto vengono a visitare il mio dojo alcuni che si presentano come “I’allievo migliore di Tal de’ Tali”. Purtroppo, la definizione “allievo migliore” non sempre corrisponde ad una persona che abbia raggiunto un alto livello di abilit’: troppo spesso, anzi, questi “allievi migliori” sono assai mediocri. Viene spontaneo chiedersi dove trovino la fac- cia tosta di spacciarsi per degli esperti. Se si prendesse seriamente in considerazione il karate praticato da queste persone, allora il numero degli stili sarebbe illimitato. Alcuni anni fa, portai i miei allievi al Butoku-den di Kyoto per partecipare ad una dimostrazione di arti marziali. Nel programma della manifesiazione, il karate era incluso nella sezione del judo e nel leggere i nomi dei vari gruppi, fui colpito dal grande numero di scuole e di stili che non avevo mai sentito nominare. Quando arriva il momento della loro esibizione, fui ancora pit sorpreso perché cid che pren- deva forma dinanzi ai miei occhi non aveva proprio nulla a che fare con il karate. Profondamente imbarazzato, sentii il dovere di scusarmi con gli altri spettatori. Io, che avevo dedicato tanti anni a quella disciplina, non riuscivo a riconoscere quel genere di karate. Quando un allievo mi chiede quanti sono gli stili del Karate, dovrei forse menzionare tali aberrazioni? Generare una simile confusione, come fanno certe persone, & imperdonabile. Per quanto io ne sappia, gli unici stili che si sono tramandati sono il Goju-ryu del Maestro Miyagi ¢ lo Shito-ryu del Maestro Mabuni. Non ho mai dato un nome al karate che pratico io, ma so che alcuni dei miei allievi lo chiamano Shotokan-ryu. I kata possono essere suddivisi approssimativamente in due categorie generali, I kata della prima categoria sono durie faticosi, particolarmente adatti per muscolature forti e resistenti, Nella seconda categoria rientrano, invece, i kata leggeri e veloci, per i quali & necessaria l’agilitA e Ia rapidita di un falco. I nostri anziani chiamano il primo gruppo Shorei-ryu e il secondo Shorin-ryu, anche se piutiosto che ryu, “stile”, sarebbe pit accurato servirsi del termine fiz, cic’ “tipo”, “maniera’, In ogni caso, si tratta di una divisione sommaria, poiché i kata Shorin contengono azioni lente ¢ pesanti, mentre nei kata Shorei sono presenti anche azioni leggere e veloci. | due tipi di kata dovrebbero essere praticati ¢ studiati con imparzialita per evitare di appren- deme uno a scapito dell’altro. e [i Maestro Azato Liabilita nelle arti marziali del Maestro Azato era eccezionale, come ho gi fatto notare; certamente non aveva eguali in tutta Okinawa. Fortunatamente, io ero un grande amico del figlio maggiore ed ebbi dunque il privilegio di ricevere personal- mente gli insegnamenti speciali di Azato sul karate, di conoscere le sue opinioni e di avere i suoi consigli anche su tanti altri argomenti, Cid ha sempre costituito un’im- mensa fonte di orgoglio per me. Nella struttura sociale di Okinawa, un ruolo preminente spettava agli udon € ai tonochi. Gli udon erano i signori dei grossi feudi e corrispondevano ai daimyo del Giappone. I tonochi erano i capi ereditari delle citta o dei villaggi e corrispondevano ai giapponesi shomyo, cio’ a piccoli proprietari terrieri e a signori di rango inferiore. (Per alcuni decenni dopo la Restaurazione Meiji nel 1868, la classe dei samurai fu sostituita da quella degli shizoku, una classe privilegiata, ma di rango inferiore alla massima nobill& ai daimyo). Proprieta di Azato era il villaggio di Azato, situato tra Naha e Shuri. Lui e il Maestro Itosu erano in rapporti estremamente amichevoli, ¢ fu proprio grazie ad Azato che Itosu ottenne la nomina di segretario particolare del re. Azato stesso era il militare nel rango di ufficiale pid fidato della corona (2 vero infatti che tra le sue funzioni spiccava quella di aiutante di campo) e, poiché era spesso richiesto il suo parere su materie politiche ed amministrative, fini col diventare una specie di consigliere personale del re Ricordo che spesso mi diceva: “Stai a vedere, Funakoshi: non appena sara com- pletata la linea ferroviaria della Transiberiana, scoppiera Ia guerra tra la Russia e ill Giappone”’. La storia gli ha dato ragione, ma all’epoca non avevo idea di come o per- ché dovesse andare proprio cosi. Malgrado l'isolamento della nostra piccola terra, Azato possedeva una vista acuta e penetrante negli affari internazionall Nel periodo della Restaurazione Meiji, quando il regno delle Ryukyu dovette deci- dere da che parte stare (se rimanere fedele allo shogun Tokugawa o accettare di ritor- nare sotto legida dell’imperatore), Azato spinse con fermezza affinché il regno soste- nesse I’ancora inesperto governo Meiji. Al passo coi tempi, fu anche il primo ad accorciarsi i capelli e a tagliarsi il codino, simboli secolari di orgoglio e virilita. Successivamente, in qualita di consulente ¢ diplomatico militare presso la Casa degli Sho, abitd per molti anni nel distretto Kojimachi di Tokyo, dove strinse intimi rappor- ti con le personalita pid influenti dell’ epoca. 32 Credo che la sua arte nel maneggiare la spada fosse di Scuola Jigen, Sembrava ripor- re la pitt totale fiducia nella sua abilita. A volte, malgrado non fosse affatto un vanaglo- rioso, sorrideva e affermava scherzosamente: “Se dovessi sostenere un combattimento all’ultimo sangue con delle spade vere, saprei come affrontarlo”, E che tale sicurezza fosse basata su capacita reali fu dimostrato in un combattimento con i] Maestro Kanna, famoso esperto di kendo: quando Kanna sferrd il suo attacco con una lama non smussa- ta, Azato devid il colpo con il braccio e ridusse Kanna all'immobilitd. Kanna Yasumori era un famoso bushi (“guerrero”). A Okinawa il termine bushi non si riferiva semplicemente ad un membro della classe dei samurai: per fregiarsi di tale titolo era necessario aver perfezionato tutte le tecniche che prevedeva il bushido, cio? la “Via del Guerrier”. Il Maestro Kanna era un grande esperto nelle tecniche classiche sia cinesi che giapponesi ed era molto stimato per la sua cultura, Dotato di una forza stupefacente, aveva un fisico potentemente sviluppato che incuteva timore reverenziale, con due spalle massicce prominenti al punto da far sembrare che il collo vi fosse seppellito nel mezzo. “Le spalle di Kanna ~ alte due piani”, era un’ espressio- ne assai diffusa che pud dare un’idea del suo aspetto imponente. Né gli mancavano il coraggio 0 lo spirito del combattente, che erano talmente formidabili da suggerire alla mente 'immagine di una palla infuocata circondata dalla sua aura fiammeggiante. Strano, dunque, che di fronte ad Azato sembrasse quasi incapace. Attaccd ripetuta- mente, ma ogni volta Azato lo respinse con estrema facilitd. Azato poi ci spiegd: “La natura umana pud essere descritta suddividendola in tre categorie fondamentali: vigorosa, contratta o penetrante. Kanna appartiene natural- mente alla prima: il suo coraggio ¢ il suo valore sono impareggiabili ¢, proprio per questo, sommerge i suoi avversari, sembrando quasi che li inghiottisea. Per afirontare questa natura vigorosa & necessario assumere un atteggiamento contratto © penetran- te. Non appena Kanna si trova faccia a facia con un avversario, tutta la sua mente & coccupaia esclusivamente a concepire I’attacco: se l’altro mostra la minima apertura, Kanna parte alla carica, senza preoccuparsi di capire se si tratta di un tranello ¢, di conseguenza, cade facil Il Maestro Azato ci dicde molti consigli preziosi, tuttora vividamente impressi nella mia mente, “Pensate alle mani ¢ ai piedi di chi pratica il karate come a delle spade che possono tagliare o uccidere con un solo tocco”. Queste parole acquistano un significato particolare per chiunque abbia visto Azato in azione con i propri occhi. Una volta un uomo gli chiese il significato € l'uso dell'ippon-ken. Azato si alzd con prontezza ¢ disse semplicemente: “Forza, attaccami”. L'uomo attaccd, sferrando il colpo con tutta la sua forza. Il maestro schivo il pugno con un’agile rotazione del corpo, ¢ con il suo ippon-ken sfiord l’avambraccio dell’attaccante in basso colpendo sul plesso solare, La mossa fu cos) straordinariamente rapida e perfetia che lattac- cante non ebbe neanche il tempo di battere le ciglia, e, tantomeno, di difendersi. Azato bloccd il pugno a una distanza dall’obiettivo pari allo spessore di un foglio di carta: se non lo avesse fatto, I’ uomo sarebbe morto. Freddo di sudore, terrorizzato, 'uomo disse solo: “Capisco, grazie”, e si fece da parte. Pid tardi, quando si tolse Ia casacca, vidi sul suo avambraccio il marchio rosso porpora di una contusione. et quanto ne sappia, io fui l'unico discepolo del Maestro Azato, Egli affidd I'ad- destramento del suo figlio maggiore a Itosu. Una volta mi disse: “Fin dai tempi pitt remoti é nota la difficolta di essere maestri del proprio figlio, e cosi si é diffusa la pratica di scambiarsi i bambini, lasciando ad altri I'educazione dei propri figli e vice- versa. Ti insegnerd molte cose sul karate; ti prego di insegnare tutto quello che impa- rerai a mio figlio”, furono queste le sue parole. Senza dubbio, devo a lui la maggior parte di cid che so sul karate. Ero sbalordito da quanto precisa e accurata fosse la sua conoscenza di tutti gli esperti di arti marziali del suo tempo che meritassero di chiamarsi bushi, Conosceva il nome, l’inditizzo, la potenza fisica, i punti forti e deboli di ognuno di loro. Mi dice- va: “Se subisci un attacco - non importa quando, dove e come - devi essere pronto a identificare immediatamente il tuo assalitore, sapendo chi vive in quella zona. Devi aver subito un’idea del suo carattere, del suo livello di abilitd, di cosa sappia fare meglio o peggio. Allora non ci sara pid nessun motivo perché tu debba avere paura. Inoltre, devi sempre essere informato su chiunque sia bravo abbastanza da attrarre Vattenzione, *Conosci il nemico e conosci te stesso: questa & la chiave d’accesso a ‘ogni strategia””. Questo consiglio spiega abbastanza bene quello che accadde quando un giovane di nome Kinjo Jiro, che aveva il vizio di tendere agguati a innocenti passanti, attaccd da dietro Azato senza sapere chi fosse 1a sua presunta vittima. E facile immaginare chi fu a prenderle di santa ragione. 3 e [I Maestro Itosu Itosu e Azato si chiamavano entrambi Yasutsune. Fisicamente, perd, non si somi- gliavano affatto. II Maestro Azato era alto con delle spalle enormi, aveva degli occhi vivi e penetranti che richiamavano alla mente i bushi del passato. II Maestro Itosu era di media altezza, ma il suo torace smisurato lo faceva somigliare a un barile. Malgrado 1a lunga barba fluente, la sua faccia conservava un aspetto mite € geniale come quella di un bambino innocente. Ttosu aveva una forza formidabile nelle braccia. Spesso, quando si incontravano per una bevuta, i due amici si sfidavano a braccio di ferro © Azato era invariabilmen- te costretto a dichiararsi sconfitto anche se usava tutte e due le brace Di solito, prima di arrendersi, commentava: “In casi come questo c’é una sola cosa da fare”. E con yelocita fulminea scansava il braccio di Itosu, puntando poi due dita ad arpione sugli occhi dell’ altro. (Bisogna ricordare che a Okinawa questo tipo di lotta & diver- so da quello praticato @ Tokyo. | gomiti non sono appoggiati e i concorrenti incro- ciano i polsi con i pugni serrati, con il dorso del pugno rivolto verso il basso. E la stessa posizione usata per bloccare l’intemo dell’ avambraccio, che spiegherd pitt avanti). Come ho gia detto, credo che Ia morsa proverbiale di Sensei ltosu fosse pid un dono naturale che una capaciti acquisita con I’addestramento. Potrebbe essere dimo- strato da cid che accadde una sera quando si trovava nel distretto Tsuji di Naha, Un tempo quello era il quartiere ideale per una serata in citta e Itosu stava appunto per entrare in un ristorante, quando un giovanotto nascosto nell’ombra improvvisamente gli balzé alle spalle e con un violento kiai assestd un colpo al fianco di Itosu. Invece di deviare facilmente I'attacco o di girarsi per fronteggiare il suo assalitore, Itosu contrasse I’addome emettendo un suono soffocato dalla bocca. Fu cosi che il pugno dell’ vomo rimbalz® sul suo corpo. Con un grido di incredulita, I’attaccante provd ad indieteggiare, ma Itosu gli aveva gia afferrato il polso con la mano destra. Sentendo la forza della stretta di Itosu, il ragazzo capi che se si fosse dibattuto si sarebbe certamente frantumato le ossa. II dolore gli permetteva a malapena di respira re € il sudore gli colava dalla fronte. Itosu, che ancora non aveva girato la testa, lo trascind con indifferenza in una stanza sul retro del ristorante. Senza allentare la presa, si sedette e ordind alla cameriera sbigottita di portare del cibo e del sake. Quando arrivo il sake, Itosu prese la tazza con la mano sinistra e con ‘onal del Maestro (@) WG ee va

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