DINAMITE

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 by GIAMPIERO D’ECCLESIIS

Giampiero D'Ecclesiis

 

 

Il suo viso era rotondo, con degli occhietti un po’ porcini dall’espressione naturalmente sbigottita ed un naso diritto, labbra sottili e una bocca piccola, un mento tondo con una fossetta al centro che gli faceva assumere un espressione vezzosa come una bambola di ceramica.

I capelli, di un rosso tendente al castano, un po’ ricci e tenuti leggermente lunghi incorniciavano quel viso rotondo conferendogli nel complesso il perenne aspetto di uno di quei putti che ornano i bordi di quelle pittore barocche che ornano le sale più sfarzose delle residenze nobiliari della fine del ‘700.

Non aveva decisamente l’aria dell’uomo macho, di quello che “non deve chiedere mai” e si era un po’ adagiato in quell’atteggiamento di bonomia che meglio si adattava al suo aspetto esteriore.

Giovanni Cisapulla, di professione fuochino, armeggiava con tubi di dinamite e esplosivo al plastico col sorriso perennemente dipinto sul viso, con un atteggiamento perennemente paziente e un atteggiamento disposto alla scherzo.

E’ difficile dire a posteriori se tale atteggiamento era figlio di una forzata mistificazione della sua reale natura o se le circostanze successive lo portarono ad esprimere quella parte inespressa, selvaggia e un po’ violenta che è racchiusa in ciascuno di noi.

Margherita Rozzi era una ragazza molto carina, dai movimenti flessuosi e dalle forme gagliarde, gli piaceva giochicchiare con gli uomini sempre poi a tirarsi indietro all’ultimo momento e il suo atteggiamento nei confronti di Giovanni era via via peggiorato da quella voglia un po’ ingenua di civettare con tutti al desiderio di vero e proprio dominio allorquando si era resa conto del fatto che l’uomo dalla faccia tonda e dal viso gentile era completamente in sua balìa.

Lo comandava, lo chiamava, lo scherniva, e lui sempre docile, con gli occhi sognati e la bocca atteggiata ad un sorriso estatico di fronte a Lei che trionfante appagava la sua vanità dominando il docile fuochino.

Mario, il carpentiere, buon padre di famiglia aveva intuito la piega perversa che il gioco della ragazza stava prendendo –Che fai Giovanni? Ti rendi ridicolo. Ma non lo vedi che quella vuole solo prenderti in giro e sfruttarti per il suo divertimento? Sei diventato la favola di tutta la miniera! Dacci un taglio Giovanni!-.

Ma Giovanni, per quanto ogni sera si ripromettesse di smettere di obbedire agli ordine di quella graziosa e crudele fanciulla, ogni volta, davanti ai suoi occhi e alle sue labbra rosse, atteggiate in un perenne sorriso di scherno e disprezzo, andava in estasi e subiva qualunque angheria.

L’aveva incontrata alla taverna, mentre si lasciava strusciare addosso un giovane uomo dai muscoli in bella evidenza –Ehi porcellino, perché non vieni alla mia finestra stasera? Vieni porcellino, ti faccio vedere un bello spettacolino- lo diceva come una cantilena, poi rise la giovane medusa dandosi di gomito con il ragazzotto belloccio che già da tempo le faceva il filo e che aveva coinvolto nel suo gioco distruttivo ai danni di Giovanni.

Ma Giovanni l’amava.  Continuava a ripetersi – la smette, prima o poi la smette, mi mette alla prova ma quando vedrà che il mio amore sopporta ogni cosa allora, allora forse, anche lei mi amerà-.

Mario aveva sentito l’invito della giovane gorgone, l’aveva anche apostrofata malamente –E via! Stupida ragazza, non capisci quando è troppo? Lascialo in pace!- e lei più sprezzante che mai -Dite Giovanni, vi siete fatto anche il difensore d’ufficio, che non siete capace di parlare voi come farebbe un uomo?- e lui ancora più rosso farfugliò delle scuse, guardò con odio Mario, ragione della ennesima mala figura, e uscì via borbottando parole di scusa all’indirizzo della vanitosa che, tronfia, godeva della sua vittoria guardando Mario con aria di sfida.

Uscì Mario, cercando di raggiungere Giovanni per parlargli, per convincerlo ancora una volta, ma niente.

Si avvicinò di soppiatto alla finestra, quasi timoroso di guardare dentro, certo di un nuovo tormento, ma dilaniato dalla voglia di Lei, di vederla ancora una volta, dalla falsa speranza che qualcosa potesse essere cambiato.

Lo aspettava al varco, lo aspettava gustandosi la scena del suo viso addolorato e come lo vide apparire alle lastre baciò quel pupazzo di muscoli con una voluttà e una bramosia che quasi spaventò il giovane maschio, poi dalle sue spalle guardò l’effetto sul viso di Giovanni che, dietro ai vetri, alla vista dei due corpi nudi e della sua amata vogliosa, abbarbicata a quel tronco di carne, piano piano si scioglieva, liquefacendosi in lacrime di puro dolore. –Vai via! Via adesso porcellino! Viaaa!- gridò con un tono stridulo da vecchia strega, -lo vedi? È questo che fa una donna con un vero uomo! Altro che tu, ometto sgraziato!- e la risata che seguì fu come un rumore di lama sul vetro, raggelante e fastidiosa.

L’uomo nudo che la stringeva si fermò, guardò il povero volto rotondo gelati alla finestra e ne provò pietà, con un solo gesto scostò la erinni nuda che, stupita dal suo atteggiamento, rivolse il viso verso l’uomo che stava abbracciando che, nauseato, vide la trasformazione del volto da quella maschera di scherno e di odio che era rivolta al povero Giovanni al visetto dolce e sensuale che lo aveva attratto, la sua vocetta dolce sostituì la voce da strega dicendo -Ma amore che c’è? Non ti diverte lo scherzetto che abbiamo fatto a porcellino?- poi, quando l’uomo l’ebbe scostata da sé e, raccolti i vestiti, le volse le spalle per uscire, di nuovo la voce da strega –Vattene, vattene anche tu, impotente, frocio,bastardo!-.

Poi silenzio e un respiro affannoso nel buio anelito d’odio non ancora appagato.

Giampiero D'EcclesiisGIAMPIERO D’ECCLESIIS

Il chiarore dell’alba illuminava appena l’uscio della porta e quel battere insistente l’aveva spaventata, si affacciò piano come un serpente che scruta dalla sua tana, e lo vide. “E’ tornato porcellino. Adesso lo metto a posto io a quel verme, lo farò strisciare a terra e chiedermi pietà”. Lo sguardo beffardo e il sorriso spietato si sciolsero in un lampo di timore quando aprì la porta.

La miccia bruciava lenta scandendo i minuti, le fiamme lente seguivano le anse del cordino rilasciando nell’aria una luce rossastra e volute di fumo acre e grigiastro, i candelotti, nemesi finale dell’uomo annientato, tremavano lentamente tra le dita strette delle mani.

E lei tremava, piangeva, implorava con quella vocina piccola da bambina che usava per farsi amare, l’uomo era pietra piangente, null’altro, solo puro dolore e desiderio di smettere di soffrire e di vendicarsi.

L’ultimo istante più interminabile quando il rosso del fuoco scomparve nella testa del candelotto, ormai la sua voce era un ruggito monocorde, una monotona vocale accompagnata da una lacrima di paura e una richiesta si pietà.

Un attimo, un lampo, il rumore del botto non ci fu, Giovanni spense il candelotto e, tenendole le mani, la guardo fissamente, poi le sorrise con quello sguardo porcino e quel visetto da bambola, e le sussurrò “Bum! buonanotte” ed andò via.

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Sull' Autore

Giampiero D'Ecclesiis (Miles Algo) è un geologo. Forse anche per questo riesce ad amare la profondità dei luoghi e della terra. Poeta e scrittore pubblica i suoi racconti e le sue poesie in anteprima sulla pagina Facebook e sul suo blog. Nel 2008 presenta un libro di sue poesie dal titolo “Fantasmi Riflessi” cui segue, nel 2009, il suo primo lavoro narrativo “Vota Antonio, Viaggio semiserio in una campagna elettorale del 2009” (Arduino Sacco Editore). Nel 2012 per la collana “Scritture in metamorfosi” curata dall’Associazione culturale LucaniArt, pubblica una silloge di poesie dal titolo “Graffi nell’anima”. Con il suo racconto “150° Unità d’Italia – 20 luglio 1915, Isonzo” vince il primo premio della sezione Narrativa adulti del 1° Concorso letterario Nazionale “Premio Carolina D'Araio” e, sempre nella stessa occasione, con la poesia “Salendo al paese” il terzo premio della sezione Poesia adulti. Pubblica “Due avventure di Giovacchino Zaccana viaggiatore” in una raccolta di racconti editi dalla casa editrice Pagine nella collana “Nuovi autori contemporanei”. Nel 2014 pubblica il libro “Ipnotiche oscillazioni ed altre storie” Edizioni Universosud cui segue, nel 2015 sempre con la Casa Editrice UniversoSud, il libro di racconti “Giovacchino Zaccana – Appunti disordinati di viaggio”. Collabora con giornali e con riviste on line pubblicando poesie, brevi racconti e riflessioni di natura sociale e culturale. Ha un rapporto critico con il mondo che lo circonda. E’ curioso, irriverente. Odia ed ama la politica. Preferisce quella di prossimità. E’ capace di animare eventi complessi quando la letteratura, la musica, il teatro e la poesia possono restituire una occasione anche ai luoghi che vive. Così ha fatto rendendosi ‘testimonial’ del bisogno di spazi verdi fruibili nella sua amata Potenza, di luoghi da sottrarre all’amianto, all’incuria e all’abbandono.

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