«Sono caduta un’altra volta per le scale» le dissi. «Mi dispiace». Nessuno mi aveva chiesto niente. E la bruciatura sulla mano? I capelli che mi mancavano? I denti? Aspettavo che me lo chiedessero. Chiedetemelo. Chiedetemelo. Chiedetemelo. Gliel’avrei detto. Avrei raccontato tutto. Guardatela, la bruciatura. Chiedetemi come me la sono fatta. Chiedetemelo.
La protagonista e voce narrante di La donna che sbatteva nelle porte di Roddy Doyle, Paula, ha trentanove anni. È stata una bambina, una ragazza e ora è una donna, madre di quattro figli e moglie di Charlo. Cresciuta in un quartiere popolare di Dublino, ha sperimentato la violenza di genere fin da ragazzina. “Dalle parti dove sono cresciuta – e probabilmente da qualsiasi altra parte – se eri una ragazza eri una troia, o una stronza che chissà chi si credeva, o una cosa o l’altra, e di solito ancora prima di compiere tredici anni. Non dovevi fare niente per diventare una troia. Bastava essere carina; o se crescevi troppo in fretta”. Nella vita di Paula ci sono pochi ricordi sereni e sono legati soprattutto alla primissima infanzia. Quando inizia a crescere la sua colpa è quella di diventare donna, di piacere agli uomini. Il padre la guarda con disgusto, la madre con rabbia e tristezza (perché sa che alle figlie toccherà lo stesso destino che è toccato a lei), i ragazzi del quartiere iniziano ad infastidirla. La scuola è un incubo, tra i compagni di classe che cercano di metterle le mani addosso, il professore che prende la scusa di farle vedere qualcosa per toccarla. Tutto è minaccioso e violento. Lei si difende, impara a fare a botte, li tiene lontani.
Ma nulla può difenderla da quello che le sta per accadere, innamorarsi di un uomo violento.
Charlo è bello, affascinante, arrogante. Quando si mettono insieme Charlo la fa sentire al sicuro perché è temuto nel quartiere, nessuno osa più avvicinarsi e Paula pensa di aver trovato finalmente la pace. “Lui mi teneva per mano. Lui era il Re, e quindi anch'io ero diventata qualcuno”.
Una discesa nell'abisso della violenza
Paula e Charlo si sposano, giovanissimi. La luna di miele è piena di passione, lei è felice. Ma quando tornano a casa l'idillio si spezza. La prima volta che Charlo la picchia, Paula rimane stordita, non sa come sia successo, pensa che sia colpa sua, pensa che non accadrà mai più perché lui le promette che non accadrà mai più. Una lite banale, lei è stanca, ha una bambina piccolissima. Lui torna dal lavoro e non trova la cena pronta. Si lamenta e lei gli risponde male. Parte tutto da qui e da qui non si ferma. Charlo non è solo violento fisicamente. È crudele. Ha potere su Paula, lo sa, lo sfrutta in tutti i modi. Ogni tanto le dà l'illusione di essere cambiato e poi torna ancora più violento di prima.
La donna che sbatteva nelle porte riesce perfettamente a catturare tutte le sfumature dell'inferno che è la vita di Paula. Non solo il dolore procurato dalle botte, ma l'umiliazione, la paura per i figli e soprattutto per la figlia maggiore, Nicola (sarà quella la spinta finale per Paula), la fuga nell'alcol per dimenticare tutto almeno per un po', l'impossibilità di andare via legata alla condizione economica, l'indifferenza della famiglia, l'idea che sia nell'ordine delle cose che gli uomini possano essere violenti con le donne, che un po' sia anche colpa delle donne, basta solo essere più gentili, ordinate, fare tutto quello che si deve fare. I medici che la visitano al pronto soccorso (“ha bevuto, signora?”) e che la liquidano come alcolizzata senza soffermarsi sui lividi e sulle ferite. Tutto questo lega Paula come una catena al marito, all'uomo dei suoi sogni, il padre dei suoi figli, il suo tormento. Mi amava e mi picchiava. Io lo amavo e mi facevo picchiare.
È un libro che non fa sconti, un romanzo crudo e a volte difficile da mandare giù. Ma che ci regala un personaggio femminile indimenticabile, che è impossibile non amare ferocemente. E alcuni meravigliosi momenti di solidarietà tra donne che sbocciano come fiori sul cemento. È uno di quei libri che vi verrà voglia di rileggere molte volte, vi farà piangere, arrabbiare, a volte anche sorridere. E che non dimenticherete, questo è certo.