Storia Delle Eresie Colle Loro Confutazioni - Liguori
Storia Delle Eresie Colle Loro Confutazioni - Liguori
Storia Delle Eresie Colle Loro Confutazioni - Liguori
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Il tg 63 º
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col loro confutazioni
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Fogli di pagine a
cent per foglio, Ital lir a 84
Coperta e legatura gratis - -
ital lir 2 84
- Spese di porto -
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S T O R I A
D E IL L E E R E SI E.
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S.T O R I A
D E IL L E E R E S I E
O P E R A
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T O M O T E R Z O.
M ONZA
PER L U C A C o R B E T TA
1825.
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REG l A
MONACENSlº
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5
co N FUT Az I O N E I.
ERESIA DI SABELLIo ,
CHE NEGAVA NELLA TRINITA'
LA DISTINZIONE DELLE PERSONE,
li
17. Si oppone per ultimo che i primi cri
stiani non credeano il mistero della Trinità ; 0it
slituis
perchè, se l'avessero creduto, i gentili avreb --
bero loro opposte le tante difficoltà che uma () (
namente parlando appariscono in tal mistero;
lic
25
almeno avrebbero impreso da ciò a provare
la pluralità del loro Dei; ma queste cose non
si trovano opposte da gentili a cristiani, nè
si vede che i cristiani vi abbiano risposto
nelle loro apologie. Si risponde per 1.º che
in quei primi tempi i pastori della chiesa
ben insegnavano ai catecumeni il simbolo
degli Apostoli, ove si contiene il mistero
della trinità; ma non lo palesavano aperta
mente a gentili, i quali, per esser queste
cose divine superiori alla loro mente, de
rideano quel che non intendeano. Si risponde
per 2.º che molti libri de gentili sono man
cati sì per l'antichità, come per le proibi
zioni del principi cristiani; e così anche so
no mancate molte apologie. Del resto Pras
sea, che negava la Trinità, ciò rinfacciava
già a cattolici, dicendo che, ammettendo tre
persone in Dio, approvavano la pluralità
degli Dei de gentili. Di più ben si legge
nella prima apologia di S. Giustino, che gli
idolatri rimproveravano a cristiani che ado
rassero Cristo come Figlio di Dio. Di più
Celso Gentile presso Origene (1) oppose già
ai cristiani che dalla loro credenza nella
Trinità ne seguiva la pluralità degli Dei: ed
Origene gli rispose che la Trinità non co
stituisce tre Dei, ma un Dio; mentre il
(1) Orig. lib. contra Celsum.
C O N FUT A Z I O N E II.
ERESIA DI ARIO
S I.
si PRovA LA DiviNITA' DEL vERno
COLLE SACRE SCRITTURE
C O N FUT A Z I O N E III.
S I.
si PRovA LA DIvrNITA' DELLo sPIRITo saNto
DALLE scRITTURE, DALLA TRADIzIoNE DE' PADRI
E DA coNCILI GENERALI.
88
lo stesso, nè punto dinotano disuguaglianza;
mentre dice S. Paolo, parlando dello stesso
Dio : Quoniam ex ipso, et per ipsum, et in
ipso sunt omnia, ipsi gloria in saecula. Rom.
1 1. 56.
14. Questa costante fede della chiesa è
stata conservata da santi Padri nel loro scritti
sin da primi secoli. S. Basilio, che fu uno
de più forti difensori della divinità dello
Spirito Santo (1), cita un testo di S. Cle
mente Romano Papa, dicendo: Sedet Cle
mens antiquior: Vivit, inquit, Pater et Do
minus Jesus Christus et Spiritus Sanctus.
Sicchè S. Clemente alle tre divine persone
attribuisce egualmente la stessa vita; dunque
le avea tutte tre veramente e sostanzialmen
te per Dio. Tanto più che S. Clemente op
pone le tre divine persone agli Dei del gen
tili, che non han vita; ma Dio nelle Scrit
ture si appella Deus vivens. Nè osta il dire
che le riferite parole non si trovano nelle
due epistole di S. Clemente: poichè della
seconda lettera del Santo ora non abbiamo
se non certi frammenti; onde dobbiam cre
dere che S. Basilio le abbia lette nella lettera
intiera che noi non abbiamo.
15. S. Giustino nella sua Apologia secon
da: Verum hunc ipsum, parla del Padre, et
S II.
SI RISPONDE ALLE OBBIEZIONI,
C O N F U TAZ I O N E I V.
ERESIA DE GRECI,
I QUALI DICoNo CHE Lo spirito SANTo
PROCEDE DAL SOLO PADRE , NON DAL FIGLIO.
S. I.
SI PROVA CHE LO SPIRITO SANTo
PROCEDE DAL PADRE E DAL FIGLIO,
C O N FUT A Z I O N E V.
ERESIA DI PELAGIO,
S II.
DELLA GRATUITA DELLA GRAZIA.
7
5. L Apostolo in più luoghi ci manifesta
che la divina grazia è in tutto gratuita, ed
è opera della sola misericordia di Dio, in
dipendente da nostri meriti naturali. In un
luogo dice: Vobis donatum est pro Christo
non solum ut in eun credatis, sed ut etiam
pro illo patiamini. Philip. 1. 29. Dunque,
come riflette S. Agostino (1), è dono di Dio,
meritatoci da Gesù Cristo, non solo il patire
per suo amore, ma ancora il credere in es
so; e se è dono di Dio, non può essere
dato per merito nostro: Utrumque ostendit
Dei donum, quia utrumque dixit esse do
natum ; nec ait, ut plenius et perfectius cre
datis, sed ut credatis in eum. Simile a ciò è
quel che scrisse l'Apostolo a Corinti ( 1. Cor.
7. 25. ) : Misericordiam consecutus a Domi
no, ut sim fidelis. Se l'esser fedele è mise
ricordia di Dio, dunque non è merito no
stro. Non ait, dice S. Agostino nel luogo
citato, quia fidelis eram; fideli ergo datur
quidem, sed datum est etiam ut esset fidelis.
6. Troppo chiaramente poi dimostra che
quanto riceviamo da Dio di lume o di forza
S III.
sI PRovA LA NECEssITA'
E LA GRATUITA DELLA GRAZIA
coLLA TRADIzioNE coNFERMATA DA'coNCILI
E DA' soMMI PoNTEFICI.
(1) Card. Orsi Ist. Eccl. tom. 13. lib. 29. num.
52. con S. Prospero lib. contr. Collat. cap. 21.
155
dari ut facilius homo juste vivere, ac ad
vitam aeternam promoveri possit, quasi per
liberum arbitrium, sine gratia, utrumque, sed
aegre tamen et difficulter possit; anathemasit.
Nel canone poi 5.º dice : Si quis direrit
sine praeveniente Spiritus Sancti inspiratione,
atque ejus adjutorio hominem credere, spera
re, diligere, aut poenitere posse sicut oportet,
ut ei justificationis gratia conferatur; anathe
ma sit.
S IV.
SI RISPONDE ALLE OBBIEZIONI.
C O N FU TAZ I O N E VI.
ERESIA DE' sEMIPELAGIANI.
S II.
SI RISPONDE ALLE oBBIEzioNI.
ERESIA DI NESTORIO
156
noi impugnata nel suoi due principali punti:
il primo de quali consiste in negare l'unio
me ipostatica, cioè della persona del Verbo
colla natura umana, e per conseguenza in
ammetter in Cristo due persone, una del
Verbo, che abita nell'umanità come in un
tempio, un'altra persona dell'uomo e pura
mente umana, che termina questa umanità.
Il secondo punto consiste in negare che Ma
ria santissima sia vera e propria madre di
Dio. Questi due punti confuteremo ne'se
guenti due paragrafi.
- S. I.
S II.
MARIA È vERA E PROPRIA MADRE DI Dio.
C O N FUT A ZI O N E VI II.
ERESIA DI EUTICHE ,
CHE CosTITUIVA IN CRISTO UNA SOLA NATURA
S II.
SI RISPONDE ALLE OBBIEZIONI.
C O N FU TAZ I O N E IX.
S I.
si PRovA CHE IN CRIsTo vi sono DUE voLoNTA'
DISTINTE, LA DiviNA E L'UMANA sEcoNdo LE
DUE NATURE, E DUE oPERAZIONI SECONDO LE
DUE voLoNTA'.
S II.
SI RISPONDE ALLE OBBIEZIONI,
C O N FUT A Z I O N E X.
R 5
226
S. I.
DELLA PRESENZA REALE DEL CORPO E SANGUE
- àa.
l 255
CONTRO LA TRANSOSTANZIAZIONE,
272
capo 24 nell'anno 597. Estio (1) dice po
tersi consacrare il corpo con ogni sorta di
pane, o sia di frumento, o sia di orzo, di
farre, o di spelta; ma S. Tommaso (2) scri
ve che non si dee usare altra materia che di
solo pane triticeo, cioè di frumento, o sia
di grano ; ammette non però la siligine,
cioè la segala, dicendo: Et ideo si qua fru
menta sunt, quae ex semine tritici generari
possunt, sicut ex grano tritici seminato malis
terris nascitur siligo, ex tali frumento panis
confectus potest esse materia hujus sacra
menti; indi ributta le altre specie nominate,
e questa sentenza dee senza meno seguirsi.
Se poi il pane debba essere azimo secondo
usiamo noi latini, o fermentato come usa
no i greci, questa è una gran questione
agitata fra dotti, la quale ancora pende, co
me può osservarsi presso il Mabillone, il
Sirmondo, il cardinal Bona ed altri; del re
sto è certo che nell'uno e nell'altro pane è
valida la consacrazione, ma a latini oggi è
vietato il consacrare in pane fermentato ed
a greci in azimo, come determinò il conci
lio di Fiorenza nell'anno 1429 in questo
modo: Definimus in azrmo, sive in fermen
tato pane triticeo corpus Christi veraciter
M 5
274
si fa fra teologi, se un sacerdote consacras
se per abusarsene in prestigi di magia, o
per esporre il pane consacrato al ludibrio
de miscredenti.
46. Veniamo ora alla forma dell'Euca
ristia. Lutero (1) scrisse che non bastano
per consacrar l'Eucaristia le sole parole di
Cristo, Hoc est corpus meum, ma bisogna
recitare tutta la liturgia. Calvino (2) disse
che tali parole non erano necessarie per
consacrare, ma solo per eccitar la fede. Al
cuni greci scismatici, come porta Arcudio (5),
dissero che le dette parole Hoc est etc. pro
ferite una volta da Gesù Cristo sono suffi
cienti per sè alla consacrazione di tutte le
ostie.
47. Altri poi del nostri cattolici hanno opi
nato che Cristo consacrò l'Eucaristia colla
sua sola occulta benedizione, senza alcune
parole, per la sua potestà di eccellenza; ma
che ordinò poi la forma che gli uomini do
vessero tenere nel consacrare; e di tale opi
mione furono Innocenzo III. (4), Durando (5)
e specialmente Caterino (6) con più forza.
C O N FUT A Z I O N E X I.
S IV.
CHE COLLA SOLA FEDE
l
527
de peccati fatti, che la futura perseveran
za in grazia e per conseguenza anche la
salute eterna. Soggiungea poi Calvino (1)
che, ricadendo il fedele in peccato, benchè
la sua fede giustificante sarebbe rimasta op
pressa, non mai però sarebbesi perduta;
perchè l'anima ne avrebbe sempre ritenuto
il possesso. Questi sono gli speciosi dogmi di
Calvino; e questa fu la confessione di fede
che fece secondo questa falsa dottrina il
principe Federico III. conte palatino ed elet
tore: Io credo, disse, di essere un membro
vivente della chiesa cattolica in eterno, men
tre Iddio placato dalla soddisfazione di Ge
sù Cristo, non si ricorderà de peccati pas ;
sati e futuri della mia vita (2). ;
42. Ma il punto sta che primieramente il
principio di Lutero, come già di sopra ab
biam veduto, era affatto falso; mentre per
ottener la giustificazione non basta la sola
fede di esser giustificato pei meriti di Cri
sto, ma vi bisogna nel peccatore la contri
zione della sua colpa, acciocchè si renda
disposto a riceverne la remissione, che Dio
gli concede, secondo la promessa fatta di
perdonare a chi si pente, pei meriti di Gesù
S. VI.
cHE DIo NoN PUò EssERE AUTOR DEL PECCATo.
559
unus pro omnibus mortuus est, ergo omnes
mortui sunt. 2. Cor. 5. 14. Quindi scrisse
S. Tommaso (1): Christus Jesus est media
tor Dei et hominum, non quorundam, sed
inter Deum et omnes homines ; et hoc non
esset, nisi vellet omnes salvare.
65. Ma se Dio vuol salvi tutti, e Gesù
Cristo per tutti è morto, perchè poi, di
manda S. Giovan Grisostomo, non tutti si
:.-
salvano? Ed egli stesso risponde : perchè
non tutti vogliono uniformarsi alla volontà
di Dio, il quale vuol salvi tutti, ma non
vuole forzar la volontà di niuno: Cur igitur
non omnes salvi fiunt, si vult ( Deus ) om
nes salvos esse? Quoniam non omnium volun
tatem sequitur, porro ipse neminem cogit (2).
Dice S. Agostino: Bonus est Deus, justus est
Deus; potest aliquos sine bonis meritis libera
re, quia bonus est; non potest quem quam sine
malis meritis damnare, quia justus est (5). An
che i Centuriatori luterani di Magdeburgo,
parlando del reprobi, confessano che i santi
Padri hanno insegnato che Dio non prede
stima i peccatori all'inferno, ma li condanna
per la prescienza che ha del loro peccati:
;
-
56o
Patres nec praedestinationem in eo Dei, sed
praescientiam solum admiserunt (1). Ma replica
Calvino che Dio, sebbene predestina molti
alla morte eterna, nondimeno non eseguisce
la pena se non dopo il loro peccato; e per
ciò vuole Calvino che Iddio prima predesti
ma i reprobi al peccato, acciocchè possa poi
con giustizia castigarli. Ma se sarebbe ingiu
stizia mandare gl'innocenti all'inferno, mol
to maggiore ingiustizia sarebbe il predestina
re gl'innocenti alla colpa, per poterli poi
punir colla pena. Major vero injustitia, scri
ve S. Fulgenzio, si lapso Deus retribuit poe
nam, quem stantem praedestinasse dicitur ad
ruinam (2).
64. La verità è che quei che si perdono,
solo per loro negligenza si perdono; men
tre, come scrive S. Tommaso, il Signore a
tutti dona la grazia necessaria per salvarsi:
Hoc ad divinam providentiam pertinet, ut
cuilibet provideat de necessariis ad salutem (5).
Ed in altro luogo, spiegando il testo di San
Paolo Qui vult omnes homines salvos fieri,
scrive: Et ideo gratia nulli deest, sed omni
bus ( quantum in se est ) se communicat (4).
- -
C O N FUT A Z I O N E XII.
S II.
Dice il P. Berrurer che Gesù Cristo ne tre
giorni in cui stette nel sepolcro, cessando
di esser uomo vivente, cessò per conseguen
za di esser figlio di Dio; e che quando
poi Iddio lo risuscitò, di nuovo lo generò,
e fece che di nuovo fosse figlio di Dio.
2 I-S, armi di pazienza il mio lettore in
sentire altre dottrine più ſalse e più strava
ganti del P. Berruyer. Egli dice che Gesù
Cristo nei tre giorni, in cui stette nel se
polcro, cessò di esser figlio naturale di Dio :
Factum est morte Christi ut homo Christus
Jesus, cum jam non esset homo vivens, at
que adeo pro triduo quo corpus ab anima
separatum jacuit in sepulcro, fieret Christus
incapaac illius appellationis, Filius Dei (1). E
lo replica nello stesso luogo con altri termi
ni: Actione Dei unius, filium suum Jesum
suscitantis, factum est ut Jesus, qui desierat
esse homo vivens, et consequenter Filius Dei,
iterum viveret deinceps non moriturus. Questo
errore nasce dal suo falso supposto esami
nato nel paragrafo antecedente; giacchè po
sto che Gesù Cristo fu figlio di Dio sus
sistente in tre persone, cioè figlio della
5o9
e l'altra, come siegue a dire: Corpus et ani
ma simul ab initio in Verbi persona existen
tiam habuerant, ac licet in morte divulsa
fuerint, utrumque tamen eorum unam Verbi
personam, qua subsisteret, semper habuit. Sic
come dunque, allorchè Gesù Cristo discese
all'inferno, il Verbo discese insieme coll'ani
ma ; così restando il corpo nel sepolcro, vi
restò anche il Verbo : e così la carne di
Cristo nella sepoltura fu immune dalla cor
ruzione, come predisse Davide : Non dabis
sanctum tuum videre corruptionem. Psal. 15.
io. E da S. Pietro ( Act. 2. 27. ) appunto
questo testo fu attribuito al Salvatore gia
cente nel sepolcro. Ma S. Ilario (1) scrive
che in tempo della morte la carne di Gesù
Cristo fu lasciata dalla divinità; ma S. Am
brogio (2) spiega la mente di S. Ilario, e
dice che il Santo non ha voluto dir altro
con quel suo detto, se non che siccome in
tempo della passione la divinità abbandonò
l'umanità di Cristo a quella gran desolazione,
che fece esclamare al nostro Salvatore: Deus
meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me?
Matth. 27. 26. ; così il Verbo nella morte
abbandonò il di lui corpo in quanto all'in
flusso di conservargli la vita, ma non lo
S III.
Dice il P. Berrurer che la sola umanità di
Cristo ubbidì, orò e pati; e che la sua
obblazione, orazione e mediazione non
erano operazioni prodotte dal Verbo come
da principio fisico ed efficiente, ma che in
tal senso erano azioni della sola umanità.
52 o
S IV.
Dice che i miracoli fatti da Gesù Cristo non
furono operati per sua virtù, ma solo fu
ron da esso impetrati dal Padre colle sue
preghiere.
557
preghiere. Sicchè secondo il P. Berruyer il
Salvatore non per sua propria virtù, ma solo
per via di suppliche ottenea da Dio i mira
coli, come gli ottengono gli uomini santi.
Ma con ciò il P. Berruyer veniva a suppor
re, come dicea Nestorio, che Cristo era una
persona pura umana, distinta dalla persona
del Verbo, il quale, essendo Dio eguale al
Padre, non avea bisogno d'impetrare dal
Padre la potestà di far miracoli, potendoli fa
re esso per la sola sua propria virtù. Questo
errore di Berruyer discende da primi suoi
errori capitali già esaminati, cioè dal primo
con cui suppone che Cristo non è il Verbo,
ma è quel figlio di Dio da lui ideato, fi
glio di puro nome, fatto nel tempo da Dio
sussistente in tre persone ; e discende ancora
dal terzo errore, col quale suppone che in
Cristo non operava il Verbo, come abbiam
dimostrato, ma operava la sola umanità: So
la humanitas obedivit, sola passa est etc.
42. Ma siccome egli errava in quelle sue
prime proposizioni, così erra ancora in que
sta, che Cristo operò i miracoli solo per
via di preghiere e d'impetrazione. S. Tom
maso, il maestro de teologi, insegna che Ge
sù Cristo Ex propria potestate miracula fa
ciebat, non autem orando, sicut alii (1); e
548 -
I N D I C E
D EL L E C O N FU TAZ I O N I
D E L T E R Z O T O M O.