1558 Dialoghi Di M. Speron Speroni
1558 Dialoghi Di M. Speron Speroni
1558 Dialoghi Di M. Speron Speroni
Esta es una copia digital de un libro que, durante generaciones, se ha conservado en las estanterías de una biblioteca, hasta que Google ha decidido
escanearlo como parte de un proyecto que pretende que sea posible descubrir en línea libros de todo el mundo.
Ha sobrevivido tantos años como para que los derechos de autor hayan expirado y el libro pase a ser de dominio público. El que un libro sea de
dominio público significa que nunca ha estado protegido por derechos de autor, o bien que el período legal de estos derechos ya ha expirado. Es
posible que una misma obra sea de dominio público en unos países y, sin embargo, no lo sea en otros. Los libros de dominio público son nuestras
puertas hacia el pasado, suponen un patrimonio histórico, cultural y de conocimientos que, a menudo, resulta difícil de descubrir.
Todas las anotaciones, marcas y otras señales en los márgenes que estén presentes en el volumen original aparecerán también en este archivo como
testimonio del largo viaje que el libro ha recorrido desde el editor hasta la biblioteca y, finalmente, hasta usted.
Normas de uso
Google se enorgullece de poder colaborar con distintas bibliotecas para digitalizar los materiales de dominio público a fin de hacerlos accesibles
a todo el mundo. Los libros de dominio público son patrimonio de todos, nosotros somos sus humildes guardianes. No obstante, se trata de un
trabajo caro. Por este motivo, y para poder ofrecer este recurso, hemos tomado medidas para evitar que se produzca un abuso por parte de terceros
con fines comerciales, y hemos incluido restricciones técnicas sobre las solicitudes automatizadas.
Asimismo, le pedimos que:
+ Haga un uso exclusivamente no comercial de estos archivos Hemos diseñado la Búsqueda de libros de Google para el uso de particulares;
como tal, le pedimos que utilice estos archivos con fines personales, y no comerciales.
+ No envíe solicitudes automatizadas Por favor, no envíe solicitudes automatizadas de ningún tipo al sistema de Google. Si está llevando a
cabo una investigación sobre traducción automática, reconocimiento óptico de caracteres u otros campos para los que resulte útil disfrutar
de acceso a una gran cantidad de texto, por favor, envíenos un mensaje. Fomentamos el uso de materiales de dominio público con estos
propósitos y seguro que podremos ayudarle.
+ Conserve la atribución La filigrana de Google que verá en todos los archivos es fundamental para informar a los usuarios sobre este proyecto
y ayudarles a encontrar materiales adicionales en la Búsqueda de libros de Google. Por favor, no la elimine.
+ Manténgase siempre dentro de la legalidad Sea cual sea el uso que haga de estos materiales, recuerde que es responsable de asegurarse de
que todo lo que hace es legal. No dé por sentado que, por el hecho de que una obra se considere de dominio público para los usuarios de
los Estados Unidos, lo será también para los usuarios de otros países. La legislación sobre derechos de autor varía de un país a otro, y no
podemos facilitar información sobre si está permitido un uso específico de algún libro. Por favor, no suponga que la aparición de un libro en
nuestro programa significa que se puede utilizar de igual manera en todo el mundo. La responsabilidad ante la infracción de los derechos de
autor puede ser muy grave.
El objetivo de Google consiste en organizar información procedente de todo el mundo y hacerla accesible y útil de forma universal. El programa de
Búsqueda de libros de Google ayuda a los lectores a descubrir los libros de todo el mundo a la vez que ayuda a autores y editores a llegar a nuevas
audiencias. Podrá realizar búsquedas en el texto completo de este libro en la web, en la página http://books.google.com
Informazioni su questo libro
Si tratta della copia digitale di un libro che per generazioni è stato conservata negli scaffali di una biblioteca prima di essere digitalizzato da Google
nell’ambito del progetto volto a rendere disponibili online i libri di tutto il mondo.
Ha sopravvissuto abbastanza per non essere più protetto dai diritti di copyright e diventare di pubblico dominio. Un libro di pubblico dominio è
un libro che non è mai stato protetto dal copyright o i cui termini legali di copyright sono scaduti. La classificazione di un libro come di pubblico
dominio può variare da paese a paese. I libri di pubblico dominio sono l’anello di congiunzione con il passato, rappresentano un patrimonio storico,
culturale e di conoscenza spesso difficile da scoprire.
Commenti, note e altre annotazioni a margine presenti nel volume originale compariranno in questo file, come testimonianza del lungo viaggio
percorso dal libro, dall’editore originale alla biblioteca, per giungere fino a te.
Google è orgoglioso di essere il partner delle biblioteche per digitalizzare i materiali di pubblico dominio e renderli universalmente disponibili.
I libri di pubblico dominio appartengono al pubblico e noi ne siamo solamente i custodi. Tuttavia questo lavoro è oneroso, pertanto, per poter
continuare ad offrire questo servizio abbiamo preso alcune iniziative per impedire l’utilizzo illecito da parte di soggetti commerciali, compresa
l’imposizione di restrizioni sull’invio di query automatizzate.
Inoltre ti chiediamo di:
+ Non fare un uso commerciale di questi file Abbiamo concepito Google Ricerca Libri per l’uso da parte dei singoli utenti privati e ti chiediamo
di utilizzare questi file per uso personale e non a fini commerciali.
+ Non inviare query automatizzate Non inviare a Google query automatizzate di alcun tipo. Se stai effettuando delle ricerche nel campo della
traduzione automatica, del riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) o in altri campi dove necessiti di utilizzare grandi quantità di testo, ti
invitiamo a contattarci. Incoraggiamo l’uso dei materiali di pubblico dominio per questi scopi e potremmo esserti di aiuto.
+ Conserva la filigrana La "filigrana" (watermark) di Google che compare in ciascun file è essenziale per informare gli utenti su questo progetto
e aiutarli a trovare materiali aggiuntivi tramite Google Ricerca Libri. Non rimuoverla.
+ Fanne un uso legale Indipendentemente dall’utilizzo che ne farai, ricordati che è tua responsabilità accertati di farne un uso legale. Non
dare per scontato che, poiché un libro è di pubblico dominio per gli utenti degli Stati Uniti, sia di pubblico dominio anche per gli utenti di
altri paesi. I criteri che stabiliscono se un libro è protetto da copyright variano da Paese a Paese e non possiamo offrire indicazioni se un
determinato uso del libro è consentito. Non dare per scontato che poiché un libro compare in Google Ricerca Libri ciò significhi che può
essere utilizzato in qualsiasi modo e in qualsiasi Paese del mondo. Le sanzioni per le violazioni del copyright possono essere molto severe.
La missione di Google è organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e fruibili. Google Ricerca Libri aiuta
i lettori a scoprire i libri di tutto il mondo e consente ad autori ed editori di raggiungere un pubblico più ampio. Puoi effettuare una ricerca sul Web
nell’intero testo di questo libro da http://books.google.com
1.
காள்
B508
585
S
I
A
DIALOGHI
B508585
DI M. SPERON
SPERON I.
E
VARE SIC
N
O
N
Appreflo DomenicoGBLIOE
L TH
L A
IN VINEGIA I L E
V DN
O
Y
L
1 5 5 8.
DELAVILE
130
DE
+
7
ستم
ALLO ILLVSTRISSIMO
PRINCIPE DI SALERNO
IL SIGNOR FERDINANDO
SAN SVERIN B508535
Daniel Barbaro.
YO
R
xapure nonfo che ombra d'offenfione indur nello ani
mo dell'auttore , publicandogliſenza la parolafua , ho
uoluto ufare il nome di V.S.con la dolcezza & dignità
delquale io mitigaßi, & acquetaßi ogni acerbita, & do
lore,chegli poteßi in alcunaparte uenire; hauendogià
conoſciuta la diuotionefua uerfo V. Eccel.gratißima, in
fegno della quale, molti annifono , unagran parte de i
dettiragionamenti ui fu da lui medefimo confecrata :
Specialmente quello d'Amore, dotto,piaceuole, & elega
te,fe altrofi truoud, Et perche questo tragli altri èfta
to in granparte allo altrui dominio trasferito, il quale é
pur dono da uoftra Eccellenza accettato, dal puro affet
r per taleda molti Illuft.
to di M. Sperone offeritogli, &
Sign.approbato, conofciuto : m'e parfo che fi come
parte ne accettafte & gradiste, cofi di tutto nefiate otti
mo difenfore , & lafciar à uoi folo Signor degnißimo
quellaprotettione,la quale uolentieri (fua merce) piglie
ria il Signor Don Diego Vrtado di Medozza,il Signor
Don Aluife D'Auila,il Signor Fuluio Orfino, il Signor
Conte di Monte , Ambafciator dello Eccellente Duca
D'Vrbino in queſta città:la Signora Veronica da Gam
bara, la Illuftre Beatrice Pia, molte honoratißime
perfone, che hanno tali compofitionigià molti anni ue=
dute , tuttauia di effe ne cauano non manco piace
re , che utilitate , per la dignita loro , ogni giorno leg
gendole , & guftandole . Ne uoglio empir il foglio di
degnißimi teftimoni, per non parere di uoler prouar le
cofe manifefte . Etperchefimilmente quafi non debita
poffeßione da non legitimo herede,èstato ufurpato quel
lo altroparlamento,douefi tratta della curafamigliare,
A
3
giamolt'anni delicato alla conforte del Mag. M. Pietro
Morefino, dafua Magnificentia, come un caro tefo
ro tra le fue piu care cofe tenuto;ho uoluto darlo fuori,
infieme con uno libro de quattro dell'arti del dire, a ciò
niuna cosa che d'altrui uedutafia, reſtaſſe che no ricono
fceffe il fuo uero patrone, lafciado giudicare alla Eccel.
V. quantofiadebito, e giufto l'officio ch'io faccio per
l'amico,riparando a molti danni, cheglifopraftannores
forfe eccitando l'animofuo a publicare piu caftigate,
intiere tutte lefue compofitionislequali, fchifando il uiz
tio commune di queſti tempi,per lagrandißimafua mo=
deftia imprimere non ho uoluto . Hora s'io quafi del tut
to inefperto della lingua Toscana, & non hauendo altra.
conofcenza,fe non per honoratogrido d'ogn'uno, della
Sig. V. mifon meffo aferiuerle: & fe anchora ò per ne
gligenza , ở temerità, incorreßi in alcuno errore perfi
fatta operatione, non potrò io dall'humanità degli huo
miniimpetrar degnamente perdono? Et s'alcuna nebbia,
di commeffa colpa ofcuraffe in qualche modo fi honefto
debito,nofarà egli da tato il chiaro nome de l'amicitia,
che illuftri, etraffereni ogni cofa? & fe purefinalmente
turbato foffeper tal caufa il mio honoratißimo Spero
ne,non potra ualer tanto appreſſo di lui l'auttorità
humanità di voftra Eccellenza , chegli leui dall'animo
ogniperturbatione? faròfine cofifperando. & feperſt
mil conto uipotrò in parte alcunapiacere, ne ringratie
rofommamente Iddio , come di cofa, che infinitamente de
fideraua,& largamente mifia ftata conceffa :bafciando
f
le mani a noftra Signoria Ill uſtrißima,
A 3
DIALOGO D'AMORE .
MICHELE BAROZZI,
DANIEL BARBAR O.
0
ICH. CHE andate penfando cofi
foletto , Meß. Daniele: certo il ciel
?
peripatetico non dee effere ilparadi
fo dell'anima, che ftudiando come
uoifate,uoi non fareftefi maninco
Mnico. D. Ad altro cielo era uoltoil
mio animo, che non è quello d' Ariftotile: ilqual cielo qua
lunque uolta io'l cofidero, colfuo diuinofplendore m'em
pieilpetto di quella nòbile marauiglia,che uoi chiamate,
maninconica. M. Queste fono parole, che tengono piu
del uerfo,che della profa, facilmentefarebbono inui
dia al Petrarca:ma feparlate d'alcuna donna ,fia chi fi
DELLA DIGNITA
uuol quefta cotale , io non u'intendo,fe non dell'Obiza.
D.Ne io l'intendo altramete,ma che fapete dell' Obiza,
che la uedetefi rade uolte, ne mai l'udifte parlare? M.Ba
fta ch'io la conofcoper fama. D. Quale al mio corpo ẻ
quefta ombra,che uulla ò pocogli s'affomiglia , tale è la
fama di lei alle uirtufue, al cui ualore niuna fama morta
le non è da efferpareggiata. M. Queftafuafama,laqua
leperauentura è poca cofa alla uerità nel mio penfiero
raccolta,mi contenta in quel modo,che noi leggiamo ne
gli Euangelij.l'ombrafola d'alcuni apoftolifoler guarir
gli ammalati,i quali d'effer tocchi dalle lor maninonben
degnifi reputauano.uoi aduque di piupfetto intelleto, et
piu auenturofo di me, cui è datafederui infieme co lei,&
feco afaccia afacciaparlare,fiete obligato di farmipar
te delbene,che ui comparte la fua amicitia.ciòfacendop
auentura auerrà che l'anima mia, debile cofa al prefen
te,fifarà ardita difostener la uirtu della fua presenza,
alla quale tantefiate con tanta inftantia di uenire mi con
figliafte.D.Beato uoife credeuate alle mie parole. M.Bě
credea loro,ma io non ofaua ubidirle. D. Hora ofarcte
che nopotrete, conciofiacofa,che'l Caualier fuo marito
giae difpofto di douerfra pochigiorni căbiar Padoua a
Ferrara, oue ha di molte poffeßioni da miniſtri mal go
uernate,lequali hanno bisogno della fua cura. Quiuiſtaz
rà ellagran tempo, che uoi ne io non l'udiremo, ne uedez
remo. M.Nonfie però, che'lfuo nome. et le lodifue non
mi rimangano nella memoria, con laquale lunge, òpreſſo
ch'ella ciftia,lei di continuo fra me medefimo riuerirò.
Ma che dice ella delfuo parire? D. Nonfe n'attrifta,ne
fen'allegra. M.Pur mi dicefte altre uolte, che l'aere di
Padoua,
DELLE DONNE. 33
14Y! Padoua,certo piu temperato del Ferrarefe, era migliore
allafuafalute. D. Da leil'intefi, che l'uno a l'altro pas
ragonando,fu er è anchora in opinione, che l'indifpoft
tione del fuoftomaco, laquale lungamente l'ha molefta
ta,non d'altronde fi deriuaffe che dall' ariadi Ferraraz
dalla quale egritudine,poi che a Padouafi conduffe ,fi é
del tutto liberata. Ma il uoler del marito & l'Amor
fuo uerfo di lui puo piu in lei , che la falute del proprio
corpo. Perlaqual cofafi comefauia Signora, meza quafi
T е la noia del fuo andare a Ferrara , nonfi
tra'l piacere e
turba,nefi contenta. M. Questo l'auuien per effer mo→
[
glie , cioèferua delfuo marito, al cui uolere effa moglie
contra'l propriopiacere è dipiacere obligata. D.Que
fte ifteffe parole diffe il Breuio una fera che fiparlaua
""
del fuo partire, dalle quali nacque allhora una queſtione
+ c'ha molte dotte perfone , che prefenti ui fi trouarono,
per molte hore diede da dire ; uolendo alcuni la donna
effer fatta dalla natura a feruigio dell'huomo , & altri
affermando il contrario, cioè l'huomo naturalmentefog
giacere allafignoria della donna, ma di questo parere fra
-
tutti loro duefolifuronofenza piu, l'unfu Monfignos
re dafan Bonifacio , la cui cortefe natura moſſe lui ad
aiutar quella parte, c'hauea d'aiuto meftieri , l'altro era
unfuo Padouano ; ilquale oltra quello, chefifperaua di
3
lui, con tanta efficacia ne ragionò, che alquantofapere
della uirtu delle donne,ma troppo amarlefu giudicato.
M.Sommamente mi marauiglio, che prefente la Signoz
ra Beatrice huomo nato haueſſe ardiměto d'agguagliar
l'huomo alla donna , non che preponerlo, comefifece.
D. Fra lemolte uirtu , onde ella è degna di riuerenza
E
DELLA DIGNITA
quefta n'è una, che ella uuol male a gli adulatori , dilet=
tandofi d'afcoltare anzi il uero afuo danno, che la menz
zogna che la lodaffe;ſenza che ella medefima ha openio
ne,che ogni donna perfua natura(maggiormente la mo
glie fia ueraferua delfuo marito ; foggiungendo contra
di noi , che di fua forte ci doleuamo , in queſta tale fua
feruitu effer posto tutto il benfuo , & la felicità fua.
diffe anchoramolte altre cose che lugo fora il contarle.
M. Tanto piu uolontieri ui afcoltarò, quanto men tofto
uoifinirete di ragionare. Dunque fe uoi m'amate, non ui
fiagraue cofi andando di riferirmi le fue diuine paro
le;delle quali,fe uoifete quel Barbaro pien digiudicio,
chefemprefofte,dolce conferua dee hauer fatto la uo
Stra mente.D.Tutto ciò, ch'ella ha detto alla mia pre
fenza dalprimodi ch'io la uidi fino al di d'hoggi, hora
fempre mifaràfcritto nel core,ma la preſente mate
ria non pur da lei,ma da altri aſſai lungamentefu difpu
tata,le cui ragioni non mi do uanto di replicarle. M. Al
tra uolta l'altrui ragioni mi ridirete : hora a me bafta
d'intendere ciò, che ella diſſe per la fua parte. D. Ecco
iofonprefto apiacerui, & le parole della Signora Bea=
trice,quafi perle da me raccolte con diligenza , il meglio
ch'io fappia efplicare:ma a ciò fare che beneftia, è me
ftieri che brieuemente io percorra l'opinioni degli ad
uerfarij ,fe non tutte , quelle almeno di Monsignor da
Jan Bonifacio,ilquale nel preponer a noi huomini la fez
minile imperfettione, fedefece a chi l'afcolto , parimen
te dell'ingegno, della cortefia del fuo animo, io uera
mente unafui di coloro, che nel contrario s'adoperaroz
no,ma horm'accorgo dell'error mio, ch'egli era il mes
DELLE DONNE.
34
:
glio , che depoftalagrauità philofophica , non a decider
3
la queftione,ma a dilettargli afcoltanti fi ragionaffe da
mejilchefece diuinamente Monfignor lo conte: ilqual in
fieme con quelfuo amico diffe cofe perauentura non uez
re, maper la lor nouità care molto ad udire. M.Hora
non contendiamo qual uerafoffe,ò qualfalfa delle gia
1 dette conclufioni,ma prefuppofto che i circonftanti cia
fcheduno afuo modo, chi per diletto d'altrui,chiperfar
proua del fuo intelletto , qual ueramente per uero dire
parlaffe,uegnamo alfatto del riferire, & cominciate da
chi uolete ,fol che nel nome della Signora Beatrice pos
niatefine al parlare. D. Dico adunque , che dapoi che
due, ò tre di noi altrifurono ſtanchi difauellar dell'im
18 perfettione della donna , dimoftrando hor con ragioni
horcon effempi lei darfi a moglie dell'huomo , non per
altro che perferuirlo, uolto il Conte all'amico, cheglife
deua uicino ,fopportaremo(cominciò a dire) che la uirtu
delle donne, non mai a pieno eſaltata, uenga a man de pi
rati, che lafifaccianoſchiaua ſenzaſperanza di ricoue
rarla? Quindi riuolto alla Caualliera , Signora (diffe)io
2 non difendo le donne, ma me medefimo & l'honor mios
cui offende chi ha opinione che donne , oltra ogni cofa
del mondo da me amate & feruite,fiateferue degli huo
mini. Adunque per dimoftrare ad ogn'uno, che io feruo
uoi no p uiltà del mio animo, che agli altruiferuififotto
metta,mapergiudicio, & fendo uoi degne del mioferui
gio , io ui dico e mi do uanto di dimostrarlo ; ch'ogni
donnaperfua natura ,fi come donna che ella è,fia delz
A l'huomofignora:allaquale naturafe il coftume è contra
+ rio , ciò aduiene perche noi huomini piu robuſti er di
E 2
Y
DELLA DIGNITA
maggiorforza formati , che uoi donne non ci nafcete,
uiolentemente uoi sforziamo & tiranneggiamo ;forfe in
quel modo chegl'efferciti de Romani contra le leggi del
La Rep.perforza d'armefoleano eleggere l'imperador,
cuiil Senato ubbidiffe;benche cotal uiolenza da noi fat
ta alle donne molte uolte cede al douere. Ilche ne fatti
d'Amore chiaramente fi manifefta.ilquale uero Signo
re,& uero Dio d'ogni bumana operatione,fprezzate le
noftre leggi, per lequali ingiustamente ci fieteferue,ne
1
noftri uolti habitando,uifafignore de noftri cuori. Qui
ui è l'arco,quiui è laface, quiuifono lefuefaette: la uo
ftrafronte è ilfuo cielo, gl'occhi uoftrifongli Epici
cli,dentro a quali egli uolgefefteffosnoi ingratiefcono
fcenti di tanto bene alparadifo inuitando, che uoi donne
terzo cielo delmondo benignamente folete a chi ui èfe
dele donare.Iddio ottimo maßimo inuifibile , immobile,
& immortale è ilprimo, & uero cielo della noſtra beati
tudine,ilfecondo è queſto altro,che noi ueggiamo tutto
ftellato che cifi gira d'intorno ; il terzo cielofiete uoi,
fegno ne uegiamo che uoi donne , non come noi hora
chiari, hora ofcuri per molta barba,mapure fempre
efempreferene,lafaccia,quella medefima quafi cofa ce=
lefte,per ogni età in un effer iſteſſo fin alla morte ui con
feruate. Adunque non indarno dal uolgo ſteſſo uostro
eterno nimico,comunemente parlando,fiete donne chia
mate,che come Dio col nutofolo,fenza alcuna faticafe
cer coferua ognicofa, cofi uoi con le ciglia & co cenni
amorofi , diuinaforma di comandare ,fignoreggiate le
noftre uoglie. Quipotrei dire, di chegentili operationi 11
fia in noi cagione ilferuirui, e l'amarui:ma quefto uoglio
DELLE DONNE. 35
chefia officio delBreuio, del varchi duefamofi Poe
ti, nelle cui rime honorate , nate al mondo tra le catene
amorofe, i nomi lor liberifatti d'ogn' humana conditio
ne ſon diuenuti immortali. diro bene,che di tali operaz
tioni non curando le noftre leggi ciuili creature del uol
go,ma folaměte hauendo riguardo afiglioolich'a bene
ficio della Rep.le noſtre donne ci partoriſcono,quei dol
ci nomi d'innamorato e d'innamorata deriuati d'amo=
re,fcioccamente in dueftrane & odiofe parole , moglie
& marito di conuertire deliberarono,nelqual modo uoi
1
Signore degli huomini dalla Natura create, & confer
mate d'Amore,fece ferue il coftume uolgare:dalla qua=
le fciocchezza,o per dir meglio,malignità, effendo offe
fo oltra modo il noftro fignore Amore,alta uendetta de
inoftri errorifie configliato di douer prendere. Quindi
auuiene che mogliefatta una bella donna,quanto ella tie
# ne del gentile, e delpellegrino, Amore accogüe infe ftef
fo:er al marito afcondendolo, agli altrui occhi cortefes
mentefuol palefare,molti nobili & alti ingegni alferui
00 gio d'alcuna donna inuitando.la quale dalle leggi sforza
taferua uiua del fuo marito fotto ilgiogo delleſue nozz
ze . Però ueggiamo che ad ogn'huomo communemente
moltopiu piacciono le mediocri bellezze dell'altrui mo
glie , che le fupreme della fua propria non fanno. La
qual cofa confiderando que primi padri religiofi , ueri
amici d' Amore,fciolti dalle leggi del uolgo , & d'effer
huomini ricordandofi, cioè alle donnefoggetti,folamente
deliberarono ch'eßi , & lor pofteri doueffero uiuere
fempremais non caftamente , come altri dice , maſenza
• moglie,non fofferendo che la donnefca diuinità,nido
E 3
DELLA DIGNITA
forza d'Amore,fi nominaffe lor ferua, oltra il debi
to della ragioneloro ad ogn'hora miferamente inchinaf
fe .Quirife ogn'un fpetialmente la Signora Beatrice, la=
qualeuolta a circonftanti,graue error , diffe lor,foleua
efferil mio , mentre io credeua una uolta la riuerenza
c'hanno ipreti alle donne , effere odio er difpregio del
noftro Seffo.Odio o difpregio no già foggiufe il Varchi)
ma defiderio di uiuer lieti dalle noie lontani, chefem
pre ha feco iltor moglie;fu cagione che da i prelatififa
ceffe tal legge godendo i preti de loro amori,fenza haz
uer cura digouernarli. A cui il Cõte,fimilmente ridedo,
edio difpregio,cominciò a dire,fu bene il uoftro, che
perche'l uero da me narrato nonfi conofca, ledonne
mefchine da feculari tiranneggiate difperino parimente
ögni aiuto, et coforto , interrõpefte le mie parole; ma nõ
oftanti le uoftre rifa malitiofe, feguitando l'incomincia
to ragionamento,io ui ridico di nuouo, ch'egli è officio
d'ogn'huomo da bene ilferuire & il riuerire le donne,
non altramente ch'egli fia officio delfuoco lo fcaldare,
l'accendere. Dico anchora che hauendo il uolgo opi
nione d'abbaffare l'altezza loro , & malamente con le
fue forze fignoreggiarle, acciò ch' Amore noftro Dio,
ch'i uolti e gli attidonnefchi regge, & gouerna mirabil
mente,defendendo con la lorforza il fuo regno, a tanta
ingiuria nonfi opponeffe ; fotto il nome della mogliera
malignamente la dignità feminile deliberarono di fepez
lire. Dal qualpeccato pien di ſciocchezza, & d'ingraz
titudine,prohibendo il tor moglie , ci fa efenti la noftra
regola. Però Amoregiuſto giudice delle noſtre opere, tut
to ilbene che uoi togliete a noifteßi, tiranneggiandole
+
DELLE DONNE . 36
uoftre done,et a uoi moglifacědole, meritaměte ua com
partedo a religiofi:iquali, amado & feruedo le done lo
ro,fanno degni,no uoglio dir digodere,ma di conofcere
perfettamete la doneſca diuinità, et queſto baſti alle uo
ftrerifa. Hor fe uolefte , che diftinguedo ilparlar io ui
prouaßi per mille efempi , di quato honore facciadegna
la dona il ualorfuo, et la uirtù fua, uoi medefimi cõfeſſa
refte niuno humano peccato effer tato alla Natura odio
fo , quato,il tormoglie, cioè il motodifordinando ferua
farfi la dona,che degná nacque di comadarne . Ma una
cofa no tacerò,che la dona nofolaměte uoi huomini, ma
W1 fe medefima regge, et gouerna mirabilmete. la qual cofa
adiuiene,percioche, come l'anima noftra è copoftadi ra
-" gione, di fentimeto,parti belle , egëtili,ma humane.
come noifiamo, cofi l'anima delle done è copofta difenti
měto,e d'Amore, Dio maßimo, ottimo, ilqual e in ue
ce della ragione,facilměte frenà & acqueta i lor defide
6 rij.Il qual occulto miſterio nõ intědědo il uolgo ignoran
te,fcriue, parla publicaměte, la dona effer nata irraz
tional creatura,poco miglior delle beſtie ; fciocco argua
měto, et degno certo di chi il formò,percioch'altra cofa
è l'effer irrationale, quali fono le beftie, et altra cofaè
ilfoperar la ragione, etfopra quella operare,fi comefan
no le intelligenze:tra le quali una è Amore,& perauen
tura la prima.Sono aduque le donne animali anziſopra
rationali, che irrationali:nelli quali Amore, quafiloro
3 anima, fa quelle ifteffe operationi, che fa negl'huomini,
la ragione; ma molto meglio , & piu tofto . Però ogni
donna naturalmente nell'età puerile è ė piu accorta,pi 3
"NW fia amato ,fi com'egli ama:cheſe l'huomo foffe cofa tut
ta imperfetta , e tuttaperfetta la donna ; l'uno fempre
amarebbe , fenza effer amato; l'altra amata non amaz
rebbegiamai:cofi amore non diletto, ma noia, e biafimo
recarebbe alla noftra fpetie.Hor io comprendo(diffe al
l'hora meffer Cardino ) onde nafce che l'innamorato ,
non contento diguardare e di fauellare uapiu oltre con
tafua donna, & per certo,fe come dianzi affermaſte, el
lagl'ingrauida l'anima: è ragioneuole che uendicando il
fuo honore egli adoperi altrettanto nella perfona di lei,
ondeparparirimangano ne loro amori. Quiriſe ogn'u
no , da lui infuori chefaucllaua, ilqual con un uifo anzi
feuero che no, crede il mondo (rifpofe loro che l'effer
mafchio uoglia direpfettione, e difetto la femina. Adun
que defiderando di darui conoſcer la donna eſſer cofa
B
perfetta , uolgarmente parlando , poffo dire con ueris
tà, tanto effer maſchio, cioè perfetto il fuo animo (mer
cé d'Amore che ui dimora ) quanto è femina il corpo
DELLA DIGNITA
Juo:confeguentemente , perfeuerando nella metaphora,
fu meftieri,che io foggiungeßi, l'anima noftrafatta pre
gna della uirtù della donnafoler partorir di molte buone
operationi:che come nellefacede della Rep.il fin noftro
èla patria,il cui Principe,& le cui leggi, con leſtrade,ỏ
le mura di lei , con ogniftudio di conferuar intendiamo:
cofi ne' fatti particolari il fin, dell'huomo è la cafa, cioè
la moglie , che la gouerna; dalla cui imagine,quafi reina
chegli comandi,moffo il cuor del marito , ara, nauiga,
ora,medica , ftudia , e combatte:opere belle & lodeuoli
molto,ma tutte quante anzi aferuo, ch'a Signore con= A
uenienti,ilqual punto non bene intefo dal uolgo antica
menteglifu cagione di molti errori, e ſpetialměte dell'i
dolatria.Che mouendofi di continuo dal Leuante in Po
nente il corpo del Sole , e col fuo lume hor lontano &
bor uicino alla terra,freddo, & caldo,& uita & mor
te apportandone, dießi a creder la primagente(il cuigiu
dicio oltre'l fenfo non fiftendeua)ch'eglifoffe la cagio
d'ognicofa , & adorollo come fuo Dio.e per certo nel
gouerno della famiglia l'huomo è il Sole, che le fi moue
d'intorno, non perfe fteffo, ma dalla donna informator
laquale, percioche , aguifa d'intelligenza, non urtando, N
"
nefofpingendo,ma come amata & defiderata (mifterio
occulto a uolgari ) muoue l'huomo ad affaticarfi, crede
alcuno , che la uita donnefca fia in fe fteffa otiofa,efer
ua certo del fuo marito;ma chi ciò crede, creda anchor
ficuramente non che l'anima il corpo , ma che eglilei,
oue, quandoglipiaee, muoua, e porti con effo feco:
creda altrefi che'l Bargello co fuoifergěti, che prende, e
lega i cattiui,fia il Podeftà della terra. Ma che uo io tut
DELLE DONNE 39
tauia philofophando e argumentando afauor della do
na?Cociofia cofa che'l uolgo isteffofuo perpetuo auuer
fario,quella non folamente della famiglia,e delle opere
allafamiglia ordinate , ma di tutto il fuo honor ne l'hab
bia elettaReina. fegno ueggiamo che l'offefe a noifatte
d'altrui nell'hauere,e nellaperfona,molte fiate non pre
OC gati d'alcuno folamente natural charità a ciòfare inui
tandone,perdoniamo affai uolontieri:oue al riuale, come
a quello che nella donna l'honor dell'huomofuol uiola
re, il far bene,fommo male uien reputato. Lungo tem=
po i Romani con patienzafoftennero l'infinitaJuperbia
di Tarquino lor Re,mala luffuria di Sefto tanto, ò qua
P to non comportarono : & in contrario Scipione Africa
1
no affaipiù con la fua fanta honeftà, che con la forza,
C con l'armi uinfe i cuori de gli Spagnuoli. Mille effem
pi.cofi antichi,come moderni potrei addurre a mostrar
uiquel uero honore, cui la robba, cui ifigliuoli,cui la pa
tria,cui noi medefimi pofponiamo, non altroue, che nelle
moglie, quafi gemma in anello , rinchiuderfi . ma l'hora J
a
tarda,e brieue troppo alla grandezza di cofi nobil raz
gionamento;ſenza ch'io fonoperfona naturalmente piu
ad udire,che a ragionare difpofta,mi perfuade a tacere.
cofi diffe,e cofi tacette quel Padouano da ciaſcheduuo p
marauiglia afcoltato : conciofia cofa che queſta foſſe la
? prima uolta che alla preſenza della Sig. Beatrice , que
ognigiornoftupido tutto, & quafi fuori dife medefimo
fi ritrouaua,foffe udito parlare: ilqualfiletio buonapar
te di noi non modeftia, ma ignorantia piu toſto e baſſez
za d'animo riputauamo . uerfo ilquale la Sig. Beatrice
dopo un dolce fofpiro, tuttigli altri afcoltando, in cotal
DELLA DIGNITA
guifa afauellar cominciò. Cor:efemente co ragioni affai
colorate uoi , il Conte nobilitafte , & fopr'al Cielo
inalzafte la condition delle donne, hauendo ambidue,fi
come io ftimo , ma medefima opinione, cioè che eglifia
fomma miferia l'effer feruo d'altrui, laqual cofa io non
credo,che uera fia:che cofi comelafignoria del Tirano
(cofa ingiufta odiofa ad ogn'uno ) è piena tutta non,
men d'affanni che di peccati ; cofi all'incontro la feruiz
tù dicolui,cui feruofece lafua natura, égiogo lieue , e
foaue molto:maggiorměte a Signore abbattendofi di dis
fcretogiudicio, che'l cuore & l'opere de fuoifedeli miz
ri,egradiſca affai uolotieri. Questo e piu anchorafolete
dire uoi huomini,quando infocati dal buono amore, che
uoiportate alle uoftre donne , publicaměte affermate an
· zi torre di feruir loro, quantunqueſcarfe e crudeli, che
il rimanente del modofignoreggiare.certo,ſe uoi nol di
teper lufingare,creder poßiamo che ciò adiuenga p una
occulta proportione amorosa, che è tra lor uolti,e le uo
ftre uoglie fimile a quella che tra la uiſta, etla luce; tra'l
fuono, egli orecchi, tra ifapori, & la lingua, a benefi
cio di quefta uita mortale la noftra madre natura fece,
difpofe ; come ueggiamo . Nellaquale proportione,
Amore,natura, e ragione, reftrinfero infieme il marito e PL
la moglie:fifattamete, che altrettato da uirtuofa moglie
radel fuo feruir al marito deegloriarfi, quato il marito
del comadarle:et nel uero fe no m'ingana l'efperičza)ta
le è l'huomo rispetto alla dona:qual è la ragione allifen
L timěti,iquali malgouernati da lei nõ paiono humani,ma
beftiali.Perche la uirtù de coftumi ne' noftri animifemi
nili non è arte,ma una certa confuetudine , mentre , non
DELLE DONNE. 40
difcernendopiu noi medefime tra il mal e'l bene di ques
fta uita , ammaeftrate da gli huomini quell'operiamo,
ch' à noi fta bene di douer fare. Però è mestieri, chefen
za punto indugiarfi da primi anni del noftro effere, qua
dol'anima noftra è pura anchora, eſemplice cofa , non
fegnata d'alcun coftume, nel ben fare ci effercitiamo. la
0 qual cofa nonfate fempre uoi huomini,liquali molte fia
E te di fanciulli non buoni, e di peßimi giouani che ci uiue
te,finalměte con l'artificio della ragione per uoi medefi
mitali diuenite,che non mutati,marinouati , e di nuouo
nati ui dimoftrate. Aduque bene è uero quel che uoidite,
che le done fifanno donepiu facilměte epiu tofto:che gli
buomini:ma ciò èfegno che l'effer dona è cofano piu di
uina,ma mě perfetta che l'effer huomo no é , co laquale
impfettione può anch'eſſere, che la dona habbia un cer
to fuo priuilegio,ilquale diăzi uoi chiamaſte diuino, d'in
namorarui,difaettarui, e di accederui co gliftrali, e co le
fiamelle di Venere,intelligeza del terzo ciclo:ma di cos
tal uirtù no è honefto che noi nefiamo piu altere, che del
lafua calamita,laquale cofi pietra, com' è, ha uirtù dalle
ftelle di trar ilferro aſeſteſſa, cofa diuerſa dallaſuaſpe
cie.ma di questo no piu, e alla moglie torniamo, cui dona
eßědo,et nata a uiuere com' altri uuole,è sõmagioia efe
licità ilferuir al marito,alquale, cõe che eglififia ò beni
gno,ò acerbo, deue la dona coformar ifuoi defiderij.Per
checomela fanità de la uita no è ilfangue pfe,ma la buo
na copleẞiõe che dalla pace di tutti quatigli humorifuol
deriuare,onde moltefiate coferuado la maninconia et la
colera,forate le uene uerfiamo ilfangue cheſopraboda;
cofi la uita della mogliera deepriuarfe difefteffa,e rifiu
DELLA DIGNITA
tando i fuoi defiderij col uoler del marito ( quantunque
danno nele feguiffe ) concordarſi aſſai uolontieri, ilche
facendo , allafine il danno inutile , & in dolce l'amaro
per lunga confuetudine le fi conuerte, non altramente,
ch'à Mithridate il ueleno da lui mangiato in nutrimen
tofi tramutaffe. Bella adunque , e conueneuole al noſtro
propofitofu la rifpofta della moglie di Gierone: quando
dal marito ripresa,perche delfiato che li putiua,no l'ha
ueafatto auueduto,diffe a lui ,fe hauer tacciuto,per non
faper che quell'odorfoffe puzzo. Et per certo in quella
guifa che'l corpo noftro non fi pafce diſe medeſmo , ma
ha dicibo bifogno, che mangiandone lo nutriſca, cofifi=
milmente la uirtuofa moglie nullafentendo de fuoi pro
prij appetiti,folaměte, de defiderij delſuo marito dee cer
care difatiarfi.Strana paſtura( direte uoi) non degna
de uoftri denti. Certo io nol niego , ma hora io parlo no
degl'huomini,ma delle donne, al cuiftomaco naturalmě
te nonfi couiene altro pafto:er guai a quelle ch'infuper
bendo ildifpregiano, &fcordate del grado loro, di uiuer
libere hanno ardire di procurare . Percioche, cofi come
al Leone è propria cofa l'hauer lafebre, e chi di quella
ilguarifce facilmente cótale animale non piu Leone,ma
capra, opecoraparebbe; cofi alla moglie é naturale, nõ
dannofa ne uergognofa conditione , ilferuire al marito:
fenza la quale feruitù non è donna la donna' ; & la fua
uita uiua morte dee nominarfi . Io mi ricordo laprima
uolta , che io uidi Abano & lifuoi bagni, grandeměte
merauigliarmi de bollori d'alcune fonti,nellequali, non
oftante che d'ognitempofiano caldißime, er feruentißi
memolto,uiuono pefci d'una natura,liquali nõfolaměs
te
DELLE DONNE. 4I
te nell'acquafredda (cofa contraria allor nafcimento)
X ma nella calda, che noifacciamo colfuoco, comefi pon
7: gono , cofifi muoiono incontanente : alli quaipefciolini,
nati& uiuiintal luogo,ottimamente effa mogliera , &
laferuitù fua uerfo il maritofi potrebbe agguagliare:coa
fiderando non effer cofa impoßibile, che quel ch'e fuoco
a uoi huomini, ufi alfresco della liberta uoftra ,fia a noi
donne,che nateſiamo per ubidirui, unfuauißimo refrige
rio.nellaqualeferuitu cofi puo effer ch'alcuna donna in=
fermi uiua miferamente, com'egli incontra alle uolte,
ch'altri muoia dell'allegrezza:ò è piu tofto ch'egli è il
proprio della uirtù,l'hauer uicini gli affanni: in manie
1.
ra,che quello nuoca allafalute del corpo, che la ragione
fuol dilettare.Etforfe per li peccati del primo padre, ol
tra mifuraprofontuofo, quelli di uendicare deliberando,
uolle Iddio,che'l piacere,& l'honore humano , foffero
"
tra loro nemici ; alla cuiguerra(mentre uiuiamo) ci ha
condannati. Finalmente(qual chefifia la cagione) noifia
mo in terrahuomini, & donne , quafi in mezo di qual
chetheatro ; & d'ogn'intorno per ogniparte del cielo
fiedono li Dei, tutti intenti a guardare la tragedia del
l'effer noftro. Noi adunque, il cuifine altra cofa efferno
dee,che'l compiacere aglispettatori,fotto tal forma do
uemo cercar di comparer nella fcena , che lodati ce ne
poßiamopartire.ilqual officio moltefiate meglio adem
pie alcunferuo flagellato con le cathene , & co ceppi,
che nonfa Re, ò Prencipe che u'interuenga. Per laqual
cofa il noftro Ruzante , nuouo Rofcio a queſta età,la
fciando altrui la perfona, la lingua cittadineſca, conti
1 nuamente nelle fueproprie comedie uefte , & parla da
F
DELLA DIGNITA
contadino;nelquale habito molto piu apprezzano i cir
coftantila uirtù fua , & lagratia fua, ch'eßi nonfanno
l'altrui inettie dentro a pannipiu pretiofi. Certo cofa im
perfetta è la donna , maßimamente fe lei all'huomo paz
ragoniamo; mapercioche tale è fatta dalla natura, la
qual moffa da Dio, nonfuole errar ne le fue opere ; cre
der dobbiamo , che cotale imperfettione le fi conuenga..
in maniera che bene ufata da lei nel gradofuo, non capa
ce di maggior bene,poffafarla perfettamente felice. Cie
co & muto , & pien di miferia è quell'huomo , ilqual
mancando della lingua , er degli occhi , doue principali
foifentimenti,non puo uedere,ne ragionare; ma nonfon
mute le piante,ne milleſpetie d'animaletti , che noi ueg=
giamo ogni di liquali naturalmente nati al mondofenza
fauella, nonfolamente non fono miferi, perche nonpar
lino, mailfarlor parlanti ( nuouo membro alla lor uita
aggiungendo farebbe lor miferia, & grauezza nonſop
portabile.Serua aduque la donna, poi che aferuir è crea
ta ma non l'aggraui talferuitu: conciofiacofa ch'ella no
feruefi come priua di libertà , et aguiſa di ſchiaua , ma
come cofa,cui l'effer libera tanto o quanto nonfi con=
uenga:mancando perfua natura di quella parte dell'ani
ma,onde è dato auoi huomini che uoi debbiatefignoreg=
giarne.Tacq, allhora la Signora Beatrice:poco dipoi fta
tafopra dife, uolete uoi , ricominciò a dire , cheper dui
fegni chiarißimi brieuemente ui fi dimoftri in che modo
la feminile imperfettione fia naturale proprietà delle
donne,non altramente che della notte le tenebre?Quan
do il Conte,leuatofi in piedi, oda chi uuole (rifpofe a lei)
quefti nuoui miracoli, che io per me(che che fi dica in co
DELLE DONNE. 42
trario)fermofono di non mutarmi di opinione, Certo in
fino allhoramentre difendeuate la feruitu , & tal uolta
fi come buona la lodeuate , quello in mefteffo per uera.
proua uerificando,che della donnafauoleggiafte; uolon
2 tieri ui ho udito parlare: hora,cheforſe di piacermi ſpia
cendoui,per tor uia la cagione, che uifa amare,& graz
dire,mi uolete far creder uoi effer cofa imperfetta , &
no ben degna dell'amor noftro uerfo di uoi, Dio miguar
di dall'ascoltare. Deh per Dio no partitefi toſto(diſſe ab
Conte ilfuo amico) : & contentateui che la S. Beatrice
dica, pruoui ciò che le piace , della donnefca impfet=
tione, ch'à tutto quello che ne dirà lafua lingua ,gli ocz
chi,il uifo, l'ingegno fuo ,pfettißime, et diuinißime co
fe,il cotrario mostrado, confommo noftro piacerefacil
měte rifponderano. Tornò il Cõte afedere, et la S.Beatri
ce forridĕdo , moftraua pure di uolere feguitare ; ma il
Cardinalfoprauene,col quale il rimanete di quellafera,
ingraui,& alti ragionamětifelicementefi trapaßò.
RE DELLE DONNE .
DELLA CVR A
FAMIGLIARE .
D E L L A
VS VR A.
F
V S V R A. 70
fi confaccia alla mia eccellenza, a Latini, a Greci ri
correrai: configliando il tuo cafo con M. L.ilquale me
glio parla con le lor lingue, che con lafua non fà:alqua
le tu puoiparlare in tal modo. M. L. io ho udito dire
da uno Indiano del mondo nuouo , trouarſi un'arte ne
fuoipaefi,laquale uerafigliuola della natura & di Dio,
A
buona madre di tutti l'arti mecanice , effercitata da
CO
3
2 INTERLOC V TORI .
DISCORDIA .
la gin onsse
DELLA DISCORDIA. 91
lagiùa baffo la Luna, credi tu che in questa cotal dispos
fitione il mondofi conferuaffe? D. Non ch'io nol credo,
però che'l luogofuperiore è naturale alla Luna, & l'in
feriore alla terra;ma egli era in mia libertàproponer,e
dir primadiquelle due cofe qual mipiaceua. G. Questo è
uero,mapoiche cofiproponefti, cofi doueui narrare, et
hauendofatto altramente, nonfonficuro di no eſſergab
bato da te,fi che'l uero mi paiafalfo , e il falfo uero:co=
meanche un medefimo colore nel collo della Colomba,
☛ dell'Amitra, diuerſamente diſpoſto pare hora uerde,
horagiallo.D. Dunque chefi de fare? G.Tornare a
parlare, e qualeprometti tale attendere . D. Hor quado
mai fi finiranno lepene mie,non dico di fopportare,ma
diparlare? G. Cofipoteuipiangere in terra, come quifu
CA fo . D.Fà cofi Gioue, prendi qualparte tu uuoi delle mie
ragioni, parlififopra di quelle:ma non mi far comin
ciar ogni cosa da capo,fpetialmenteper cofi lieue cagio=
ne. G. Par bene che tu fia poco efperta d'i coftumi del
mondo , hauendoper niente l'ordine , & ladifpofition
delle cofe. Vn medefimo effercito difpofto diuerfamente
uince, & perde laguerra; unafaccia, un panno, una te=
la medefima, fecondo ch'ellafarà collocata,bella et brut
ta tiparera. Vna dipintura lunga una ſpanna, da trauer
foguardata,ferà creduta di quattro braccia.Dunque uo
lendo,ch'io dia fentenzafinale,prouedi ch'io oda le tue
ragioni ordinatamente daprincipio afine.lequali ordine
rainon come tiparerà,ma come fi richiede alla natura
diquelle:ponendo dinăzi da tutte, legenerali, come quel
le chefono piu note ; daloro uenendo allefingulari,
accioche letueparolefi coformino agli effetti della nas
M 3
DIALOGO
tura:laquale allhora dimostrerai chefia ueramente tua
madre , quando cercherai d'imitarla . D. Se cofi bene
m'haueffero imparato a fillogizare i philofophi con la
loro dottrina, come ingiuriandomi di continuo, m'han
no inſegnato a dolere; potria effer che per piacertiio ri
tornaßi aparlare nella maniera moftrata. Mapcio ch'io
fono no meno ignorante, che dolente , ſe io ho male par
lato la prima fiata, male parlerei lafeconda, 6 la ter
za, anzi tantopeggio le due ultime uolte che la prima
non fei,quanto il dolore rinouato per le parole,trarreb
be a fe l'intelletto, in guifa l'occuperebbe, che io no
ne potrei difporre a mio modo.onde in uece diparlare,
argomentare per la mia parte,piangerei,&fofpire=
rei la mia miferia.Per laqual cofa io delibero di tacere,e
fenza altramente ripeter, ne ordinare le mie ragioni, ri
mettermi altuo infallibile giudicio , fe per hauer detta
la uerità non philofophicamente,ne con partitione,ò diz
fpofitione oratoria(come altri fuolfare)ma daſemplice,
puraperfonauota d'artificio, colma d'affanni,la
quale attenda no a dilettare, ma a dimoſtrare, deggio ef=
fer,aguifa di Socrate, innocentemente condannata da te
a perpetua miferia. G.Per quefto non ti affoluo, ne ti co
danno,ma comegiudice più tosto giusto, che animofo, dif
ferifco di darfententia,fin tanto, che udite un'altra uol
tale tue ragioni, & quelle meglio intefe ch'io no ho fat
tofin hora,ultimamente mi rifolua in fauor di cuideg=
gia cader quefto giudicio.D . in quefto mezzo io rimar=
rò nellamia miferia: i philofophi parricidi triomphe
ranno di me , chegià foleua triomphare dell'uniuerfo.
G. Quefto fiapoco tempo, peroche domane, ò l'altro,
s'ion on son
44
DELLA DISCORDIA . 92
1 fe io nonfon difturbato , ti efpedirò . D. Io t'intendo,tu
uuoidire quando tiparerà. G. Anzi quando potrò . D.
Auegna che il di d'hoggi poco utilmente paia effer fta
to comparito da me , & le mie lunghe, & uere querele
in uento conuerfe paiono effer tornate in uano; nondime
no non m'ha punto fallito la mia credenza:peroch'io ti
uenni a parlare non confperanza di trouare in tepietà,
ògiuftitia , ma accioche tu non poteßi dire di non hauer
intefo ch'io n'hauefti bifogno: & con queſtafinta igno=
rantia ricoprir la malignità del tuo animo . Ma l'ingiu
ria che tu mi fai ,forfe da chi fi fia mi ferà uendicata
$ una uolta , ftà con Dio. G. Spogliati prima la uefta che
non è tua :poi ua in pace doue tu uuoi. D. Ben poffo ha
uermiguadagnato un farfetto, parlando , & piangen
!
do tutto un giorno , quanto egli è lungo dalla mattina,
alla fera. G. Che hanno afar le tue ciancie con le rob
be di Ganimede? D. Hor dianzi non mi diceui tu mota
teggiando, cotale habito effer conforme al nome, al
laprofeßion mia? per laqual cofa , & perch'ogn'un ue
da , in che maniera mi fia conuenuto parlare , s'io uolu
to impetrar audienza dal moderatore d'ogni cofa,al tut
to uoglio quefto farfetto per me. G. Ah fceleras
ta Megera, dunque tu hai ardimento d'of
fendere & rubar Gioue in caſaſua?
D. Questa non uoglio chetu
la chiami offefa, ma piu
tosto unfegno del
defiderio
d'offenderti ; delquale fpero godere
compiutamente una uolta.
1 M
DIALOGO DELLE LINGVE.
INTERLO VTOR I.
Lafcari, Peretto.
BEMB 0 .
Signor
DELLE LINGVE . 93.
fignor,fempremai io n'hopregato Domenedio , che mi
dia gratia & occafione una uolta di far conofcere, al
mondo non quel poco ch'io fo;ma il ualore & l'eccellen
za di queste due lingue , lequali gran tempo fono state
fprezzate da chi douea adorarle.hora, che Dio la mi ha
conceduta,ho fperaza difare, che molti huomini di qua
lunque età & natione,laſciatigli altriſtudi da cato,tut
ti a questo unofi doneranno: come a quello, che ueramen
tepuò loro far gloriofi . B E M. Chiunque ui conofce
porta cotale opinione di uoi. Maper certo noifiamo giu
tia tempo, che pare che il male lungamente da noi fof
ferto uoglia Iddio a qualche modo ricompenfarci:pero=
che in ifcambio delle molte poffeßioni & città della Ita=
lia,lequali occupanogli oltramontani, egli ci ha donato
l'amore e lacognitione delle lingue in maniera,cheniſ
Juno non è tenuto philofopho , che nonfiagreco, & lati
no perfettamente. Onde egli è ftrana & bella cofa il ue
derci continuamente uiuere & parlare con barbari: &
non hauer del barbaro. Ne folamente queste due nobilif
fime lingue,ma la Thofcanapoco mě che perduta,quafi
pianta che rinouelle , è rifiorita di nuouo fifattamente;
che dibreue piu d'un Petrarca, et piu d'un Boccaccio ui
fi potrànumerare. la Hebreafimilmente comincia ad efa
fer in prezzo. Perche a me pare, quando uiguardo,che
queftofia un certo influffo del Cielo fi fieraměte ogn'u
no fi di nello studio delle lingue:ilquale folofra tuttigli
altri cifà immortaliper fama. L A z. Degna cofa é da
credere, che'l Cielo habbia curato altre uolte , & curi
anchora della Greca , & della Latina, per la eccellenza
di queſtelingue:ma di quelle altre ne il Cielo ne ha cura,
DIALOGO
nedeeno hauerne i mortali. ai quali ne honore ,ne utile
non può recare il parlar bene alla maniera del uolgo .
BEM. Egli è ben uero, che tanto piu uolontierifi doue
rebbe imparar la lingua Greca,et la Latina , che la Tho
fcana,quato di questa quelle altre duefono piu perfette,
piu care;ma che la Thofcafia dafprezzare del tutto
per niente lo direi parte per non dire bugia , parte per
non parer d'hauer perduto tutto quel tempo, chefpen
der uolli in apprenderla . Della Hebrea,io non nefo nul
lama per quello che io n'oda dire, quato laLatinagl'Ita
liani , altrettanto ò poco meno iftima lei la Germania.
LAZ. Amepare,quando uiguardo, che talefia la uol
garThofcanaprispetto alla lingua Latina, quale lafec=
cia aluino:peroche la uolgare non è altro , che la Latina
guafta,& corrotta hoggimai dalla lunghezza del tem=
po,ò dalla forza de Barbari, ò dalla noſtra uiltà . Per la
qual cofagl ' Italiani, liquali alioftudio della lingua Lati
nala uolgare antepongono , ò ſonſenza giudicio, non di
fcernendo tra quel ch'è buono , non buono; òpriui in
tutto d'ingegno nonfon poffenti dipoffedere il migliore.
Onde quello n'auiene , che noi ueggiamo auenire d'alcu
na humanacompleßione :laquale ,fcema di uigor natura=
le,non hauendo uirtù difare del cibofangue , onde uiua
ilfuo corpo,quello in flemma conuerte che rende l'huo
mo dapoco, nelle proprie operationi ilfà eſſere con=
forme alla qualità dell'humore . Ma eglifiuorrebbe daz
reperlegge ad ogn'uno ; a uolgari il non parlare Latina
mente, per non diminuir la riputatione di queſta lingua
diuina: a letterati,che mai da lorofe non coſtretti d'alcu
na neceßità, nonfiparlaffe uolgare alla maniera degli
ignorant
DELLE LINGVE . 94
ignoranti:accio che'l uolgo arrogante co l'effempio,
! auttorità degrandi huomini, non prendeffe argomento
difar conferua dellefue proprie brutture;& ad arte ri=
durre lafua ignorantia. CORTEG. Meffer Lazaro,
1
qui tra noiditene il male che uoi uolete di questa lingua
1
Thofcana:folamente quello nonfate, chefece l'annopaf
fato meffer Romolo in questa città? ilquale orando pu
blicamente, con tante & tali ragioni biafimò cotal lin
gua,che hordfù , che innanzi harei tolto d'effer morto
famiglio di Cicerone,per hauer bene Latinamente par
Lato:che uiuer hora con questo Papa thofcano.LAZ.
Se io credeẞi biſognarmiperfuadere a Scolari di Pado=
• ua, che la lingua Latinafoffe cofa daſeguitare,et dafug
* gir la Thofcana,ò io non u'andarei a leggere Latino , o
pererei che delle mie Lettioni poco frutto fe ne doueffe
pigliare,ilche dafefteßinol conofcendo , giudicarei che
eßi mancaßerò d'intelletto, nonfapendo diftinguere tra
principijperfe noti , & tra le coclufioni: ilqual difetto
no ha rimedio niffuno. Onde io ui dico, che piu tofto uor
rei faper parlare , come parlaua Marco Tullio latino,
ch'effer Papa Cleměte . CORTEG . Et io conofco di
molti huomini, che per effer mediocri Signori,fi conten
tarebbono d'effer muti.già non dico ch'iofia uno di que
fto numero:ma dico bene, dicolo co uoftragratia,poi
che il diffetto è dal mio poco intelletto , io non uedo per
qual ragione debba l'huomo apprezzare la lingua. Gre
ca,ne la Latina,che perfaperle, fprezze, mitre & coro
ne:chefe ciòfoffe, ftatofarebbe dimaggior dignità il ca
1 neuaio,o'l cuocodi Demosthene, & di Cicerone,che no
chora l'imperio, et ilpapato, в M. No creggiate.cha
DIALOGO
meſſer Lazaro bramifolamente la lingua Latina di Ci
cerone, laquale era commune a lui, & gli altri Romani;
mainfieme con le parole Latine egli defidera l'eloquéza,
& la fapienza di lui: chefufuapropria, et nõ d'altri:la
quale tanto piu eccellente dee riputarfi d'ogni mondana
gradezza,quáto all'altezza de principatififale per fuc
ceßione,ò per forte , oue a quella delle fcieze monta l'a
nima noftra non con altri ali.che con quelle delfuo inge
gno, dellafua induſtria . Io fo nulla per rispetto a que
gloriofima quelpoco ch'io nefo delle lingue,non lo can
gierei al Marchefato di Mantoua. L A Z , lo non credo
Monfignor mio,che uoi creggiate, che molti de Senatoz
ri, de Confolari di Roma, non che tutta laplebe cofi
Latino parlaffe,comefacea Marco Tullio:alli cuiſtudij
piu fù Roma obligata, che alle uittorie di Cefare . Onde
io dißi, hora dico di nuouo, che più iftimo & ammis
ro la lingua Latina di Cicerone, che l'imperio d'Augu
fto. Delle laudi della qual lingua parlarei al prefente, no
tanto per fodisfare al defiderio di quefto gentil'huomo
da bene , quanto perche io fono obligato di farlo . ma
oue uoi fete , nonfi conuiene, che altri che uoi ne ragio=
ni: chifaceffe altramente , farebbe ingiuria alla lin
gua, & egli farebbe tenuto profontuofo. B E M. Quez
fto officio di lodar la lingua Latina per molte ragioni
dee effer uoftro : parte per effergià deſtinato ad inſe=
gnarla publicamente : parte per eſſerle piu partigiano ·
che non fono io, ilquale non l'iftimo cotanto :fi che pe
rò io difpregi la uolgare Thoſcana : & anche io non la
propofi fe non ad un Marchefato ; oue uoi l'hauete meſ
fa difopra all'Imperio di tutto'l mondo. Dunque a uoi
theca i
DLLE LINGVE . 95
tocca il lodarla:che lodandola farete grato alla lingua,
alla quale il nome uoftro , e la fama uoftra è grandez
mente obligata: & con questo buongentil'huomo corte
femente operarete,il quale dianzi nonfi curò di confef=
fare d'hauereanzi dello fcemo,che nò , per udir uoi raz
gionar della fun eccellenza. LA z. Etio poi che uolete
cofizuolontierila loderò, conpatto dipotere infiememen
te biafimar la uolgare, fe uoglia me ne uerrà, ſenza che
uoi l'habbiateper male. в E M. Son contento : mafia il
patto commune, che quando uoi uituperarete ; io poffa
difendere. A z. Volontieri, ma a uoigentil'huomo di
co, ch'io poffe bene incominciare a lodare la buona lin
gua,rendendoui la ragione perche io la preponga allaſi
gnora del mondo;mafinire non ueramente ; tanto ho da
dire intorno a quefta materia: non per tanto mi rendofi
curo,chequel poco ch'io ne dirò, uiperfuaderà ad eſſer
le molto piu amico, che uoi nonfiete al prefente alla cor
te di Roma. CORT. Queſto uoi farete dapoi.hora io
uoglio per la mia parte,che qual hora cofa direte,che io
non intenda,interrompendo il ragionamento , poſſapre
garui che la chiariate. L AZ. Son contento. Dunque
fenza altroproemio fare , io dico incominciando , che
quantunque in molte cofefiamo differenti dalli bruti ani
mali,in queft'unaprincipalmente ci difcoftiamo da loz &
ro,che ragionando , & fcriuendo communichiamo l'un
l'altro il cuor noftro: la qualcosa non poſſonofare lebe
ftie. Dunquefe cofi è, quello piu diuerfo farà dalla natu
rade' bruti , ilqualeparlerà feriuerà meglio . Per la
qual cofa chiunque ama d'eßere huomo perfettamente,
con ogniftudio dee cercare diparlare , & feriuereper
1
DIALOGO
fettamente: chi ha uirtù di poterlofare,benfipuo di
re a ragione lui effer tale fragli altri huomini , qualifon
gli huomini ifteßi per rispetto alle beſtie. La qual uirtù
diparlare, & difcriuere, i Greci & Latini quaſi ugual
mente s'appropriarono. Onde le loro lingue uegono ad
effer quelle, chefole era tutte l'altre del mondo ci fanno
diuerfi per eccellenza dalle barbare , et dalle irrationali
creature. Et ébě dritto:cociofiacofa che tra Poeti uolga
ri niuno ue n'habbia il quale agiudicio de Fioretinipof=
fa agguagliarfi a Virgilio ad Homero, ne tragli oratori,
a Demofthene,ò a Marco Tullio. Lodate quanto uolete
Il Petrarca , & il Boccaccio, uoi nonfaretefi arditi, che
ne egualiperò,ne inferiori troppo uicini li facciate alli
antichi:anzi da loro tanto lontani li trouerete , che tra
quelli nonfarete ofi d'annouerarli. Hora non uoglio no
·
minar d'unin uno ifcrittori Greci, & Latini digrande
eccellenza,ch'io non ne uerrei a capo in un mefe:mafon
contento di queste due copie.troueraßi a coſtoro in altra
lingua alcun pare?dirò di me:mai nonfono difi rea uo
glia, fi trifto, che leggendo i lor uerfi l'orationi lo
ro, non mi rallegri.tuttigli altri piaceri, tuttigli altri di
letti, fefte, giuocchi, fuoni, canti , uanno dietro a quest'
uno.ne dee huomo merauigliarfene, però chegli altriſo
lazzifono del corpo , & quefto é dell'animo. onde quan
to è più nobile cofa l'intelletto delfenfo,tanto è maggio=
re piugrato quefto diletto di tutti gli altri. C O R T.
Ben ui credo ciò che dicete : peroche qualunque uolta io
leggo alcune nouelle del noftro Boccaccio, huomo certa
mente di minor fama , che Cicerone non é ; io mi fento
tutto cangiare:maßimamente leggendo quella di Ruſtiz
coer Aliver,
DELLE LINGVE. 96
co, d'Alibech, d'Alathiel, di Peronella , & altre cos
tali,lequaligouernano iſentiměti di chi le legge, & fan=
no fargli a lor modo. Per tutto ciò io non direi douer
buomo arguire l'eccellěza d'alcuna lingua:piu tosto cre
dola naturade le cofe defcritte hauere uirtù d'immutà
re il corpo , & la mente di chi legge. BEM. Queſto
no,ma la facondia èfola,ò principale cagione difarin
noi cofi mirabili effetti. & ch'egli fia il uero , leggete
Virgilio volgare,latino Homero, & il Boccacio no tho
fcano :& nonfaranno quefti miracoli. dunque meſſer
"" Lazaro dice il uero, quando di tali effetti pone la ragio=
ne nelle lingue. Ma non prouaper quefto lafuaragione
non fi couer imparar altralingua , che la latina , & la
greca: perchefela noftra uolgare hoggidi nõ è dotata di
cofi nobili autori:già non è cofa impoßibile , che ella
n'habbia,quando chefia,poco meno eccellenti di Virgi
lio, & d'Homero: cioè che talifiano neda lingua uolga=
re,qualifono costoro nellagreca, et nella latina. L A z.
Quando egli aunerrà , che la lingua uolgare habbia i
fuoi Ciceroni , i fuoi Virgilij , iſuoi Homeri, & i ſuoi
Demoftheni : allhora configlierò che ella fia cofa da
imparare,come é hora la latina , & lagreca. Ma ques
fto mai nonfarà:conciofiacofa che la lingua non lo patiz
fceper effer barbara,fi come ella è : & non capace ne di
numero , ne di ornamento. Che fe que quattro, non che
altri,rinafceffero un'altra uolta, con l'ingegno, e con
l'induftria medefima, con la quale grecamente e latina
měte poetarono et orarono ,parlaffero e fcriueffero uol
garmente, eßi nofarebbero degni del nome loro. No ue
dete uoi quefta pouera lingua hauere i nomi nõ declinaz
1
DIALOGO
bili,i uerbifenza coniugatione, & fenza participio;
tuttafinalmentefenza niffuna bontà? & meritamente
per certo conciofiacofa, che per quello ch'io n'oda dire.
dafuoifeguaci,tafuapropria perfettione confifte nel di
lungarfi dalla latina ; nella quale tutte le parti dell'ora
tionefono intere e perfette, che fe ragione mancaffe di
biafimarla,queftofuo primo principio, cioèfcoftarfi dal
ta latina, è ragione dimostratiua della fua prauità. Ma
che?ella moftra nellafuafronte d'hauer hauuto la ori
gine,e l'accrefcimento da barbari , & da quelliprinci=
palmente,chepiu odiarono li Romani, cioè da France
fi, da Prouenzali:da quali non pur i nomi, i uerbi,&
gli aduerbi di lei; ma l'arte anchora dell'orare , & del
poetarefi deriuò.Ogloriofo linguaggio.nominatelo coz
me uipiace,folo che Italiano non lo chiamiate, eſſendo
uenuto tra noi d'oltre ilmare , & di là dall'alpi, onde
é chiufa l'Italia:chegià non é propria de Franceſe la
gloria, cheftati ne fiano inuentor , & accrefcitori, ma
dall'inclinatione dell'Imperio, di Roma in qua mai non
uenne in Italia natione niffuna fi barbara ,e cofipriua
d'humanità, Huni, Gotti, Vandali, Longobardi, ch'àgui
fa di tropheo,non ui laſciaſſe alcun nome , ò alcun uer
bo de piu eleganti , ch'ella habbia : & noi diremmo che
uolgarmenteparlando poffa nafcere Cicerone, ò Virgiz
lio? Veramentefe quefta lingua foffe colonia della latis
na,non oferci confeffarlo:molto meno il dirò, effendo lei
una indiflinta confufione di tutte le barbarie del mondo.
nel quale Chaos prego Dio che ui mandi anchora lafua
difcordia : laquale feparando una parola dall'altra, &
ogn'una di loro mandando alla propria fua ragione,
finalmente
DELLE LINGVE. 97
finalmente rimanga a queſta pouera Italia il fuo primo
idioma : per loquale nõ meno fù riuerita dalle altre pro
uincie,che per le armi. Io ueramente poco ho letto dique
fte cofe uolgari, & guadagnato parmi d'hauere aſſai in
3
perdere di ftudiarle: ch'egli è meglio non le fapere che
faperle : ma quante uolte per mia diſgratia n'ho alcuna
ueduta, altrettante meco medefimo ho lagrimato la no
ftra miferia,penfando fra me quale fugiàser quale è ho
7 ra la lingua, ondeparliamo & fcriuiamo. & noi uedre
mo giamai Cicerone, ò Virgilio thofcano ?piu tosto rina
fceranno Schiauoni, che Italiani uolgari: faluofe pergio
co non fi dirà in quel modo , che i feruifanno il lor Re
i prigioneri il lor podeſtà . Ma tal Virgilio,& tal Ci
cerone, Mori, et Turchi poffono hauer nelle lor lingue:
però parlando una uolta con un mio amico che molto
ben s'intedea della lingua Arabefca, mi ricorda udir diz
$ re, che Auicenna hauea compofte di molte opere:lequali
fi conofceuano efferfue non tanto all'inuetione delle co
30 fe,quanto alloftile, nel quale digran lunga auăzaua tut
tigli altrifcrittori di quella lingua, eccetto quel de l'Al
corano . Dunque come proportioneuolmente Auicenna
" fi direbbe Marco Tullio fragli Arabi,cofi confeffo do=
! uere nafcere ,anzi effer già nato e forfe morto il Virgiz
į lio uolgare:ma dico bene che tal Virgilio è unVirgilio di
pinto. Ma il buono e il uero Virgilio, ilquale, lafciado l'o
bre da canto,douerebbe l'huomo abbracciare, ha la lin=
gua Latina, come la Greca ha l'Homero:&facendo al
tramentefiamo a peggior conditione , che non fono gli
1 oltramontani, li quali elfaltano & riuerifconofommame
te la noftra lingua Latina, tanto ne apprědono, qua
N
DIALOGO
topoffono adoprar l'ingegno:ilquale ſe pare in lorofof
fe al difio,mi rendo certo che di breue la Germania , &
la Galliaprodurrebbe di molti ueri Virgilij. Ma noi al
trifuoi cittadini colpa & uergogna del noftro poco giu.
ditio)non folamente no l'honoriamo; ma aguiſa diper
fone feditiofe tuttauiaprocuriamo di cacciarla dellaſua
patria,er in fuo locofar federe queft'altra: della qua
te per non dir peggio)nonfifa patria, ne nome.C OR=
TE. Ame pare meffer Lazaro , che le uoftre ragioni
perfuadano altrui a non parlar mai uolgarmente:laqual
cofanon fi può fare,faluofe nofifabricaffe una nuoua
città, laquale habitaßero iletterati ; oue non fi parlaf
Je fe non latino . Ma qui in Bologna chi non parlaffe
wolgare,non harebbe chi l'intendeffe , & parrebbe un
pedante,ilquale con gli artigiani faceffe il Tulliofuor di
propofito . L A Z. Anzi uoglio, che cofi , come per li
granari di queſti ricchi fonograni d'ogni maniera , or≤
zo,miglio , fromento, altre biadefi fatte,delle quali
'altre mangianogli huomini, altre le beſtie di quella caſa,
cofifiparli diuerfamente hor latino , hor uolgare , oue
quando è meftieri. Ondefe l'huomo è in piazza , in
uilla , ò in cafa col uolgo , co ' contadini, co' ferui,parli
uolgare,& non altramente: ma nelle fcole delle dottri=
ne & trai dotti, oue poßiamo & debbiamo eſſer huomi
ni,fia humano, cioè latino il ragionamento . & altretta
tofia detto dellafcrittura : laqualefarà uolgar lanecef=
fità,ma la elettione latina , maßimamente quando alcu=
na cofa fcriuemo per defiderio digloria : laquale mal ci
può dar quella lingua, che nacque, & crebbe con la no
ftrá calamità , & tuttauia fi conferua con la rouina di
DELLE LINGVE . 98
noi . в Eм . Troppo afpramente accufate questa in
nocente lingua : laquale pare che molto piu uifia in o
dio ; che non amate la Latina , & la Greca . Peroche
oue ci haueuatepromefo di lodar quelle principalmen=
te , la Thofcana alcuna uolta, uenendo il cafo, uitu
perare, hora hauetefatto in contrario : quelle non haz
-C uete lodato, quefta una fieramente ci biaſimate ; &
per certo agran torto : peroche ella non è puntoſi bar=¸
可
bara , ne fipriua di numero & d'harmonia, come la ci
hauete dipinta.chefe la origine di leifu barbara daprin
cipio,non uolete uoi che in fpatio di quattrocento o cin
quecento anni fia diuenuta cittadina d'Italia ? per cera
tofi : altramente li Romani medefimi, liquali di Phri
gia cacciati uennero ad habitare in * Italia , farebbero.
*
Barbari: le perfone , i coftumi , & la lingua loro fareb
be Barbara. l'Italia,la Grecia, e ogn'altraprouincia,
quantunque manfueta , & humana , fi potrebbe dir
Barbara;fe l'origine delle cofe foffe baftante di recar la "
ro queftainfame denominatione . Confeffo adunque la
lingua noftra materna effere una certa adunanza non
confuſa , ma regolata di molte & diuerfe uoci , nomi,
uerbi , altreparti d'oratione : lequali primieramen
te da ſtrane uarie nationi in Italia diſſeminate, pia
artificiofa cura de noftri progenitori infieme racz
colfe :& ad un fuono , ad una norma , ad un ordine,
fi fattamnete compofe ; che eßi ne formarono quella
lingua,laquale hora e propria noftra, & nõ d'altri,imi
tando in quefto la madre noftra natura : la quale di quat
tro elementi diuerfi molto fra loro , per qualità & per
fito, ci ha formatinoi altri piuperfetti, & più nobilis
N 2
DIALOGO
che gli elementi nonfono . imaginateui, meffer Lazaro,
di uedere l'imperio, la dignità, le ricchezze,le dottrine,
finalmente le perfone , es la lingua d'Italia infor
za de Barbari in maniera, che il trarla lor delle maniſia
cofa quafi impoßibile: uoi non uorrete uiuere al mondo?
mercantare ?
ftudiare ? parlare uoi e uoftrifigliuoli ? Ma
lafciando da parte l'altre cofe , parlerete Latino, cioè in
guifa,che nou'intendano i Bolognefi ; oparlerete in ma
niera ch'altri intenda , & risponda ? Dunque una uolta
ilparlar uolgarmente eraforza in Italia : ma in procef=
fo di tempofece l'huomo (comefi dice ) di quellaforza,
✔ neceßità , l'arte , & l'induſtria della ſua lingua.Et
sofi comenelprincipio del mondo gli huomini dalle fie
refi difendeuano fuggendo , uccidendo ſenza altro;
borpaffando piu oltra a beneficio & ornamento della
perfona ci ueftiamo delle lor pelli:cofi da prima, afineſo
lamente d'effere inteſi da chi regnaua,parlauamo uolga
re:hora a diletto, & a memoria del noftro nome parlia
mo,& fcriuiamo uolgare . O' egli farebbe meglio chefi
ragionaſſe Latino: no lo nego,ma meglio farebbe ancho
ra , che iBarbarimai non haueffero prefa, ne diſtrutta
l'Italia, & che l'imperio di Roma foffe durato in eter
no. Dunque fendo altramente , chefi deefare?uoglia m
morir di dolore ? reftar mutoli? non parlar mai; fin
che torni a rinafcere Cicerone, Virgilio? Le cafe,itéz
pij,& finalmente ogni artificio moderno, i difegni, i ris
trattidimetallo di marmo non fono da effer parega
giati agli antichi: douemo però habitare tra bofchinon
dipingere , nonfondere, non ifcolpire, non facrificare,
non adorar Dio bafta a l'huomo meffer Lazaro mio
DELLE LINGVE. 99
caro,che eglifaccia ciò che eglifa, & può fare,&fi că
tenti delle fue forze . Configlio adunque , & ammoni
fco ciafcuno, che egli impare lalingua Greca, & Lati
na,quelle abbracci,quelle habbia care, & con l'aiuto di
quelleftudi a farfi immortale. Ma a tutti quantinon ha
partito ugualmente Domenedio ne l'ingegno, ne'l tem=
I po. Piu ui uò dire farà alcuno perauentura , cui ne natu
1
2)
ra, ne induftria no mancherà, nulladimeno egliferà qua
fi che dalle stelle inclinato a parlare etforiuer meglio uol
gare, che latino, in unfoggetto , & in una materia mede
fima;che dee fare egli? Che ciò fia il uero,uedete le cofe
** latine del Petrarca, & del Boccaccio , & agguagliatele
alle loro uolgari: di quelle niuna peggiore, di queſte niu
na miglioregiudicarete. Dunque da capo cõfiglio & am
moniſco uoi meſſer Lazaro,fcriuere & parlare Latino
come quello che affai meglio fcriuere etparlare Latino,
che non uolgare:ma uoigentil'huomo, ilquale ò laprati
ca della corte, ò l'inclinatione del uoftro nafcimětoftrin
▾
gea far altramente, altramente configlio , &r facendo al
tramente non folamente non uiuerete inhonorato , ma
tanto piugloriofo, quantofcriuendo , & parlando bene
uolgare , almeno a uolgari farete caro : oue malamente
fcriuendo & parlando Latino , uilefareſte a dottipariz
mente, & indotti. Ne ui perfuada l'eloquentia di meſſer
Lazaro piu tofto a diuenir mutolo , che componere uol
garmente,peroche cofi laprofa , come il uerfo della lina
gua Moderna , è in alcune materie poco meno numero
fa, di ornamenti capace della Greca,
oratio ne della Latina.
# ffo ,di ,
Ifei lor flu
uerfilhanno lorpiedi lor harmonia,lor numer Pr o
le pro
R L
l A
BI E eE
YA elega
# D LL E
V I B N
O
Y
L
LYG
DIALOGO
tie diparlare,repetitioni , conuerfioni, compleßioni,
altre tai cofe:per lequali non è forfe, come credete, diuer
fa una lingua dall'altra : che fe leparole fono diuerfe;
l'arte del comporle, dell'adunarle è una cofa medefi=
ma nella Latina, & nella Thofcana. Se meffer Lazaro
ci negaffe quefto: io li domanderei, onde é adunque, che
le Centonouelle non fono belle egualmente,ne i fonetti
del Petrarca tuttiparimente perfetti ? Certo bifognareb
be,che egli diceffe niuna oratione , niun uerfo thofcano
non effer piu brutto, ne piu bello dell'altro , & per con
feguente il Seraphino eſſer eguale al Petrarca : ò uera
mente confeffarebbe fra le molte compofitioni uolgari
alcunapiu,alcuna meno elegante & ornata dell'altra
trouarfi:laqual cofa nonfarebbe cofi, quando ellefoffe
ro deltutto priue dell'arte de l'orare , & delpoetare.
LAZ. Monfignore io negai la lingua Moderna hauer A
LIBRO PRIM o.
VALERI O.
"
DELLA RHETORICA. 116
gua Latina fi conuegna con l'altre lingue , fpetialmente
con la Thofcana , che noi ufiamo hoggidi ; nellaquale io
ho opinione che adilettare alcun maninconico, imitando
il Boccaccio qualche nouellafipoffa fcriuere fenza pius
cofa ueramentediuerfa dalle treguife di caufe; lequali da
Latinifcrittorifola , e generale materia della loro arte
CA Rhetoricafi nominarono. Da queſti adunque,& da al
tritai dubij,che di continuo mi s'aggirano nell'intellet=
to,infin'hora non ho trouato chi miſuiluppi, che di mol
LEA ti che io n'ho pregatipiu uolte, a tale manca ilfapere , 4
tale ilmodo dell'infegnare : uoi affai ne fapete, d'o
gni cofa da uoifaputa con bello , & difcreto ordinefiete
ufati di ragionare.perche,hora che uoi potete,io uipre
gochedeprecettidi cotal arte, quanto a uoipar che mi
fia lecito di conofcere, liberalmente mifauelliate. VAL.
Certo eglie il uero quel che uoi dite, che la Rhetorica è
buonaparte di noftra uita ciuile ; fenza laquale rimane
mutola ogni uirtù:ma ella è cofa da ogni parte infinita,
é
è difficile parimente il trouarui coft il principio, co
me ilfine. quindi adiuiene, che Cicerone in moltifuoi liz
bri parlandone , mai non ne parla in un modo:come &
adunquepoßibile che all'improuifo in ungiorno, tale,
tanta arte ui fia mostrata da noi? B R o C. Questo è ca
fa impoßibile ; nelo dimanda il Soranzo,ma al preſenz
te d'una parte di lei, efia la parte che uoi uorrete,fami
gliarmente parlando , e ben degno che'l compiacciate.
VAL. Ioper mein quanto poffo prontofono a douerli
piacere,dica, chieda ciò che a lui piace ch'io ne ragio
ni. S o R. Mio defideriofarebbe da principio facědomi,
d'ognifuaparte infino allafine iformarmi:ilche eſſer nã
P 4
D I A LO G Ở
potendo ditemi almeno una cofa, cioè, che fendo officio
dello Oratore il perfuader gli ascoltantidilettando , inſe=
gnando,& mouendo, in qualmodo di queſti tre,più con
ueneuole all'artefua con maggior laude dife,rechi ad ef
fetto ilfuo defiderio. V A L. Molte cofe in poche paro
le mi dimandate : onde io comprendo che piufapete della
Rhetorica,che non ui auanza impararne . La queſtione
ébellißima,allaquale non terminando, ma difputando ri
fponderò. Voi apparecchiateui non folamente ad udire,
ma a contradire: cofifaccia il Broccardo, il cuiparere
nella prefente materiaperauenturafarà diuerfo dal mio.
BRO C. Senza altramentepenfarui, il mio parerefi è,
che'l dilettofia la uirtù dell'oratione , onde ellaprende
la bellezza, & laforza a perfuadere chi l'ascolta : che
pofto cafo che l'Orator, quato è in lui, habbia uirtù d'in
fegnare,e di muouere,infinitifongli accidenti,dalli quali
impedito nonpuò fornire ilfuo officio.cio fono la brutz
tezza del corpo fuo la difproportio della uoce , la mala
famadelfuo cliete,la dishoneftà della caufa, efinalměte
laftachezza de gli auditori, liquali lungaměteſtati atten
ti alleparole degli auuerfarij, fchiuifono dell'ascoltare:
fenza che'lfuo mouere altrui ad ira , a mifericordia , ò ὁ
ad altro affetto cotale, dee effere cofa non sforzata , &
per confeguente noiofa, mafommaměte piaceuole a quel
cotale,cui eglimuoue, e fofpinge. Segno ueggiamo , ch'à
precettori dell'arte non bastando il darci a conofcere in
generale in qual modo l'Oratorfia poffente di comoue=
re linoftri affetti, distintamente qualifiano i costumi de'
giouani,uecchi,nobili, uili,ricchi, & poueri ci dimoftra
no:alle nature de' quali co bella arte l'antedetto lor mo
DELLA RHETORIC A. 117
uiměto uanno cercando d'accomodare . Dell'insegnare
non parlo, che non ha il mõdo la maggior pena, che l'im
parare mal uolontieri:questofa ogn'uno , chefi ricorda
d'effereftatofanciullo, & follo io,per quel ch'io prouo
at al prefente mezo uecchiofi come iofono:chémai no odo
il Roino, ne leggo Bartolo , o Baldo ( ilche faccio ogni
giorno per compiacere a mio padre(ch'io no beſtěmigli
occhi,gli orecchi,lo ingegno mio, & la uita mia condan
nata innocentemente a douer cofa imparare, che mifia
noia ilfaperla.Indarno aduque d'inſegnare, et dimouer
non dilettando ci fatichiamo, & dilettandoſenza altro
(quata è la forza del compiacere fiamo poffenti diperz
3 fuadergli afcoltanti , riportando la defiata uittoria non
19
perforza,ne quafi merito di ragione , ma comegratia a
noi fatta dagli afcoltanti,per quel diletto; che nelle men
ti di quellifuol partorire l'oratione ben compofta, &
17 ben recitata. Et ueramente quello è buono Oratore , ila
14 qual parlando d'alcuna cofa principalmente, non con la
caufa trattata,
fi come fanno i philofophi, ma con l'arbi
trio,col nuto,& col piacere degli auditori, těta & pro
cura di conuenire,quelli allětãdo in maniera, che altret=
tanto digioiarechi loro l'oratione là oue ella moue , &
infegna,quantofare ne la ueggiamo mentre ei l'adorna
per dilettare. & questo è quato mi par di dire nella pre
fente materia. v A L. Non penfate di cofi tofto ifpedirui
dalla imprefagià cominciata, che le ragioni, che ci addu
cefte,quelle meglio non diftinguendo , non fon baſtati di
farne credere l'opinione propofta.adunque egli è mestie
ri che in quefta caufa medefima argomentiate altraměte:
ilche fatto,perche al Soranzo pienamentefodisfacciate
DIALOGO . 'T
piu uicinofacendoui,con bello ordine moftraretein che
modo, per qualuia procedendo cotal uirtù del dilet
targliascoltati poffa acquistarfi l'oratione uolgare: che
a tal fine fe io non m'inganno)gli udimmo fare lafua di
manda. B RO C. Moltefon le ragioni,per lequaliſipuò
moftrar chiaramete il pfetto Oratore, dilettado piu che
infegnado, ò mouendo ilfuo officio adempire:le quai ra=
gioni, ftudiando d'effer brieue , perche auoipiù tosto il
douerdire ueniffe,deliberai di tacere:maſe uoi ò Soran
zo,cotanto defiderate d'intenderle , e ciò uipare che
molto bene alfatto uoftro pertegna, io che neparlo per
compiacerui,uolontieri incominciarò;quindi il principio
prendendo;Che la Rhetorica non è altro, che ungentile
artificiod'acconciar bene, & leggiadramète quelle paro
le, onde noi huominifignifichiamo l'un l'altro i concetti
de noftri cuori. Diremo adunque , che le parole nafcono
almondo dalla bocca del uolgo, come i colori dalle her
be; ma ilgramatico dell'Oratorfamigliare , quafifan
te di dipintore,quelle acconcia , & polifce, onde ilmaes
ftro della Rhetorica dipingendo la uerità,parli,& ori a
fuo modo. Che cofi come col penello materiale, i uolti,&
i corpi delle perfonefa dipingere il dipintore, la natu=
ra imitando , che cofifatti ne generò, cofi la lingua dels
l'Oratore con loftile delle parole hora in Senato, hora
in iudicio , hora al uolgo parlando, ci ritragge la ueri
tà: laqualeproprio obietto delle dottrine fpeculatiue, no
altroue che nellefcole , & tra i philoſophi conuerfanz
do ; finalmente dopò alcun tempo a gran pena con mol
toftudio impariamo . Eté il uero, che cofi come abě diz
pingere la mia effigie, è affai il uedermi, fenza altraměte
DELLA RHETORICA. 118
bauer contezza de miei coftumi, o lungamente con effo
meco domefticarfi, dipingendo l'artefice null'altra cofa
"
di me, faluo la estrema miafuperficie,nota agli occhi di
iafcheduno ; fimilmente a bene orare in ognimateria ba
fta il conofcer un certo nonfo che della uerità, che di că
tinuo cifta innanzi,fi come cofa,laquale ne i noftri ani
mi naturalmete difaperla defiderofi,fin daprincipio uol
le imprimer Domenedio. Puo bene effere, fpeffe uol=
46F
te auuiene che l'ignorantia del uolgo l'Oratore afcolta
do,colga infeambio cotale effigie dipinta , lei istimando
k
la uerità non altramente perauetura, che l'idolatraple
beio ,le dipinture, leftatue, noftre humane operatio=
ni,facciafuo Dio, come Dio le riuerifca . Puo anche
effere che l'Oratore ori afine d'ingannar leperfone, da
do loro adintendere, che'l fuo difegnofia il uero,no del
uerofimilitudine,nel qualcafoquefto cotale, non oftante
ilfuo ingegno merauigliofo,meritarebbe chefi sbandif
fe delmondo: & dififatti oratorifi deono inteder lepa
role di chi biafima la Rhetorica, cioè color che ad altro
fine l'effercitano, che l'induftria ciuile non laformò. La
qualcofa non pur a lei, ma a qualunche altrapiu bonos
reuole, utile arte ètra noi ,facilmente intrauiene. Ho
18 ra alpropofito ritornando, certo per le cofe gia dette,in
kqualcheparte non fie difficile ilgiudicare la queftion co
Me minciata percioche l'insegnare,ilquale è strada alla ue=
rità,propriamenteparlando ,non é cofa daOratore pin
tofto e opra dalle dottrine fpeculative:lequalifonofcieze
no diparole,ma di cofe,parte diuine,parte prodotte dal
la natura. Refta adunque che noi ueggiamo qual' officio
fia piuproprio dell'Oratore tra'l dilettare, il moue
DIALOGO
fiueramente,che innanzi tratto un corolario inferia
re,
mo:cioè,conciofiacofa che'l perfettoOratore talefappia
qual parlise quale infegna tale iparaffe, troppo erra chi
ha opinione che'lfuo intelletto, che nonfa nulla, fia uno
armario d'ognifcienza:non per tátoſempremai in ogni
etàrarifurono nopur li buoni, ma i mediocri Oratori,
a di noftrifono rarißimi in ogni lingua;ſi è coſa diffic
cile nonfolamente ilfaper la uerità, ma il parer difaper
la.Hor di questo non piu, alle lite del diletto , & del
mouimento confentiate che io mi riuolga.Certo natural
menteparlando,ogni dilettofi è mouimento, ma in con=
trario,ftando ne i termini di queſta arte, ogni Oratorio
mouimento è diletto:conciofiacofa che'lperfetto Orato
remuoue altruinonperforza, con uiolenza, in quel
modo che noi mouiamo le cofegraui all'infu, o le leggie
ri all'ingiu, mafempremai muoue lui conforme all'incli
nation delfuo affetto:laqual cofanon puo effer che non
glifia oltramodo piaceuole, e gioiofa molto: ne ad altro
fine fi come dianzi io diceua)da maeftri della Rhetori=
cafono distinteminutamente le difpofitioni degli afcol=
tantii cui affetti col mutamento dellafortuna , e degli
annifono ufati di uariarfi:faluo, accioche conofcendo il
buono Oratore oue pieghino le paßioni de petti loro,iui
col uigore delleparoleftudie,e tenti di ritirarli.Etp cer
to fe'l mouimento rhetoricofoffe d'altra maniera, ogni
ingenua perfona come sforzata, & tiranneggiata dallo
Oratoremortalmente l'odiarebbe:ne poffo credere che
niuna Republica,bene o male ordinata ,fol che ella amaf
fe la libertà, comportaſſe aſuoi cittadini l'effercitarfi in
una arte,con laquale nopurgli equali, ma i magistrati,
DELLA RHETORICA. 119
& le leggi loro di dominar s'ingegnaffero. Refta a dirui
in qual modo cidiletti tal mouimento , onde uegna,
che'l diletto che negli affetti dell'huomo partoriſce l'o
1
ratione, fia mouimēto appellato:che tuttoche cotai cofe
paiono alquanto piu philofophice, che oratorie, tuttauia
egli è bello ilfaperle, maggiormente che alla materia di
cheparliamo,grandementefon pertinenti. Ma della pri
ma brieucmente mi efpedirò. Chefi come il dipintore,&
il poeta,due artefici all'Oratorefembiati, per diletto di
A
noifanno uerfi, imagini di diuerfe maniere; quali hor
ribili,quaipiaceuoli, quai dolenti ; & quai liete ; cofi il
buono Oratore non folamente con lefaccie, congli orz
On namenti, co numeri, ma ad ira, ad odio & ad inuidia
mouendo,fuol dilettar gli ascoltanti. Io ueramente mai
non leggoin Virgilio la tragedia di Eliſa, ch'io nonpia
gacon effo feco ilfuo male,non per tanto confiderando
con che gétile artificio ci dipingeffe ilpoeta l'amorfuo,
la mortefua:cofi uinto,come io mi trouo dalla pietà,
non poffo altro cheſommamente allegrarmi, laqual co
fa non deeparer merauiglia a chiper troppa allegrezza
alcuna uoltafu costretto di lagrimare. E il uero che una
tal lettione è poffente dipiu, meno commouermi, fe=
condo che piu, menofondifpofto a compaßiones
T ma in ogniguifa piu mi è agrado il lagrimar con Virgi
lio, che non il rider con Martiale. Matornando all'ora
tione,amepare che inquel modo, che'l traffitto dallaTa
ranta,udendo ilfuono conueniente al fuo morfo, fi leua
fufos falta tantofin che l'humorperturbatofi rifolue
infudore, quafi marefenza onda queto ftaßi nel luo
7 go fuo:
fimilmente, dalleparole d'uno Oratore. eccellen
DIALOGO
te moffo ad ira alcuno huomo iracondo , non ſenza mol
to piacer sfoga il caldo, che la compleßion naturale , o
altroftrano accidentegli tiene accefo nell'animo: ilqual
piacere,percioche nafce da cofaper fe medefima difpia
ceuole,& noiofa molto,che non diletta, fe non per quel
la conformità che è tra lei, & l'affetto dell'ascoltante,
(laqual cofa moffe Philoftrato effendo Re dellafuagior
nata, a comandare a compagni, che di coloro, i cui amo
ri miferamentefinirono ,fi ragionaſſe) però è ben fatto
che propriamente parlando ,tal piacere non diletto , ma
mouimentofia nominato: la cui natura odiofa, accioche
a lungo andare non cififacciafentire, & altrotanto per
fe ci annoie,quanto dianzi nel cõformarfi all'affetto ne
dilettaua conciofiacofa che cortafiala concordia delle
cofe non buone )però uolferoi Rhetori che l'Oratore
bricuemente, & in poche parole fe ne doueſſe eſpedire .
Et nel uero il diletto del mouimento è come un rifo nato
in noi non di uera allegrezza,ma difolletico;ilquale con
tinuato da noifinalmente in doglia, fpafimo fi conuer
te.Ma lefacetie,i motti, lefententie, le figure, i colori, la
elettione, il numero, ilfito delle parole, l'ufcirfuora
della materia, alquanto, aguifa d'huomo difolazzo
defiderofo,per logiardino de l'altre cofe uicine gir uaz
gando con l'intelletto;fono cofe tutte quante per lor na
turafommamente piaceuoli, nelle quali di continuo non
altramentefuol compiacerfi la noftra mente, che degli
odori , defuoni, & de colori materialifi dilettino iſen=
timenti del corpo. V A L. Fermateui un poco o Broc
cardo, mentre ancora ( benche da lunge ) noifcorgiamo
l'intratadelcominciato ragionamento , & innanzi che
DELLA RHETORICA. 120
la dolcezza del diletto, & del mouimento tratto uitra ·
31 fporte piu oltra,non uifiagraue d'udire ciò , che a me
pare dipoter dire con uerità degli affetti , & de moui
menti di quelli:perciò che io ho perfermo, che l'Orato=
re principalmente habbia cura non di commouere , ma
d'acquetar le procelle , che nelle parti piu baſſe de' noz
ftri animi, l'ira,l'odio, e la inuidia ( uenti contrarij al
fereno della ragione)fono uſati di concitare: es ciò puo
far l'Oratore nonfolamente nel fine , ma nel principio
delfuofermone, imitando l'oratione, che fece Cefare nel
Senato afauore de cogiurati prigioni. E il uero che quel
l'ifteffo Oratore c'ha uirtù di raſſerenare, puo turbare
ifentimenti:ma chi ciò face, o è perfona cattiua, che ma
le adopera lafua fcienza, quafi medico, ch'auelenagl'in
fermi,ò è difarlo costretto,fendo cofa impossibile il tor
re altruifubitamente dallo eftremo dell'odio, & nel me
zo della ragione riporlo , fenza alquanto farglifentire
dell'altro eftremo contrario. Laqual cofa auegnadio che
uerafia, non per tanto, uolgarmente parlando,fiam'ufa
ti di dire efferproprio dell'Oratore il commouergl'af
•
fettisfecondo ilqual modo difauellarefece il Soranzola
fua dimanda:percioche il mouimento è à uolgari piuno.
to, pare opra di maggiorforza che la quiete no è fen
za che la maggior parte degl' Oratori orano a fine non
d'acquetare,ma di comoueregli afcoltanti. Io ueramete
puna terza ragione, ho opinione, ch'all'Oratorepiu p
tegna il comouere, che l'acquetare;cociofiacofa che l'ar
39 tefua nofolaměte turbado ( ilche é notopfe medefimo)
ma coponendogli affetti, quelli muoua, & fofpinga, che
grădisfima uioléza dee effer quella dell'Oratore ne no
DIALOGO
2
ftri animi,qual'hora a benfare ne perfuade,cofa opranz
do con leparole in una hora, che in molti anni uirtuofa
mente uiuendo , agran penafuole acquiſtarſi ilphilofo
pho.Hor uedete hoggimaiſe la Rhetorica è arte conue
niente alla ciuilità della uita , & alla publica libertà; &
feil commouergliaffetti è operatione più , ò meno al
l'Oratore honoreuole dell'infegnare , & del dilettare.
BRO C. Certo fe il mouimento oratorio foffe tale , &
fi fatto,qualedianzi il defcriueuate, malefece l'Ariopa.
go a diuietarlo agli Athenieſi : ma io non uedo che egli
fiatale,confiderando che l'Oratore nel trattar de gli af
fetti,ponga mente piu tofto alla età, & alla fortuna che
ciperturba,che allaragione, cui fola tocca di temperar
ne. Ma pofto cafo che cofifia, come uoidite , io ho per
fermo che cofi come per le ragionigià dette concludem
mo,che la dottrina dell'Oratore agli afcoltanti inſegna
ta non èfcienza di uerità,ma opinione, & di uerofimili
tudine la quiete de fentimenti , che negli animi humani
fuol generare la oratione non è uirtù, ma dipintura del
la uirtù:conciofiacofa che la uirtù é un buono habito di
coftumi, ilquale non con parole in inftante , ma conpen
fieri,& con opre a lungo andare ci guadagniamo. *
Ma accioche non creggiate che la buona arte Rhetori
ca ditutte l'artireina,fia una certa buffoneria dafar ri
dere(benche egli u'habbia diquelli che alla cucina l'af=
fimigliarono uoi douetefapere, che del numero dell'ar
ti,altrefono piaceuoli, altre utili: quelleſono le utili,
le quali comunemente nominiamo mecanice:delle piace=
uoli parte ha uirtù di dilettar l'animo , parte il corpo
delleperfone,ò parlando piu chiaramenteparte in fenfo,
parte
DELLA KHETORICA . 121
parte la mentefuoldilettare. La dipintura, &la mufica,
gli occhi, gli orecchi:gli unguentarii, il naſo: il cuo◄
co,ilgufto,e laftufa con temperanzadel caldofuo, tut
to'l corpo con magifterio piaceuole, fon ufati di confor
tare;ma le arti,che l'intelletto dilettano, quanto alproz
pofitofi conuiene ,fono due cioé Rhetorica & Poefia: le
quali,auegnadio che altramente cheper gli orecchipaf.
fando,nonperuegnano all'intelletto ; nondimeno perciò
fono da effer dette intellettuali , che elle fono arti delle
parole, iftromenti dell'intelletto,con liquali fignifichia
mo l'un l'altro ciò che intende la noftra mente . Certo
della uoce, defuoni è la mufica , con laquale annoue
rando igraui, gli acuti, quegli in maniera tempriamo
che diuerfi fi comefono )
fi congiungono infieme agene
rar l'harmonia,che non pur noi, ma molti brutti anima
li muoue,& diletta mirabilmente, mala Rhetorica ,
la Poefiafono artificij delle uoci de gli huomini, non co=
megraui,& acute,ma propriamente come parole, cioè
in quanto ellefonfegni dell'intelletto, quelle accordando.
fifattamente,che ne rieſca una confonantia;laquale, me
taphoricamente parlando, da primi Rhetori al numero
mufico asfimigliandola,numero ch'effafu nominata : fen
za ilqual numero , non é oratione la oratione : & col
qualnumero ogni uolgare, & inerudito ragionamento
può hauer nome d'oratione. Ma quefto épunto, che a
ben uolerlo manifeftare(conciofia che in luifolo , quafi
in centrofermisfimo, éfondato il difcorfo di tuttal'ara
teoratoria)é mestieri che un'altra uoltaper altraſtra=
da noi cifacciamo da capo, confiderando che tutto'l cor
po della eloquentia quanto egliégrande,non é altro che
e
DIALOGO
cinque membra& non piu, cioè parlando latinamente,
inuentione,difpofitione, elocutione, attione, ememoria.
Infra lequali fenza alcun dubbio la elocutione è la pri
maparte,quafifuo cuore, & fe anima la chiamaßi, non
crederei di mentire: dalla quale , non che altro, il nome
proprio della eloquetia, come uiuo da uita uiene deriua
to. Etper certo la inuentione, & difpofitione,ſono parti
ch'alle cofeptengono: lequali ritrouate nelle ſcienze ua
ordinando la oratione,ma la terza , per quel chefuona
il uocabolo,èpropria parte delle parole,lequali nõ a ca
fo ,ma congiudicio eleggiamo, elette leghiamo . Adu
que auuegna che la elocutionefia un terzo měbro della
eloquentia,diuerfo moito da primi due, nondimeno ella
fuo membrofiprincipale, che nell'iſteſſa elocutione nuo
wa inuentione,& difpofitione oratoria uifi poſſon anno
uerare: cioè,pcioche non ciafcheduna elocution'è ora
toria,anzi in ogni linguaggio molte fon le parole, lequa
li uili troppo, o uolgari, o afpre, o uecchie, una ciuile per
fona nonin fenato,o in giudicio,ma con gli amici,& co
famigliariparlado,fi guarderebbe di proferire: et guar
derebbefifacilmentefenza arte adoperare, fol che unte
po dellafua uita congentili, & difcreti huominifoſſe uſa
to di conuerfare:ma le parole gia ritrouate dolci,chiare:
fonanti,porre infieme, oue prima da fe medefime.
alle cofefignificate s'accomodauano, hor traſeſteſſegli
accetiloro, le lorfillabe annouerando , adunarle è ar
tificio:ilqualefolo, o primo fa Orator l'Oratore . Et ue
ramente,fe quell'è uero ch'io trouofcritto ne' Rhetori,
Kinuentione,& difpofitione delle cofe effere oprapiu to
fo diprudenti, accorti huomini, che di eloquěti Ora
DELLA RHETORICA. 122
ha tori,folo ilfito delle parole è tutta l'arte Oratoria:onde
10 uana è la questione del dilettare, del mouere, & dell'in
fegnare. Che, come il mouere, & l'insegnarefono frutti
d'inuétione,le cuipartiſon proemio, narratione, diuifio
ne,confirmatione, confutatione, & epilogo , cofi il dilet
tofi dee dire opra della Oratoria elocutione. Forfe io ui
w annoio mentre con le parole uolgari, le latine, & legrez,
che uo mescolando, contra quello ch'io ui diceua pur
dianzi,non difcernendo tra le parole , com'io le trouo co
file ammaffo,& confondo. Ma chepoffo io? certo que=
fta è colpa de' noftripadri Thofcani, liquali non curado,
le cofegraui, che alle dottrinepertengono,folamente det.
le amorofe con nouellette , & con rimefi dilettarono di
parlare:bě u'ha di quelli che furno arditi in tetar lefcië
ze,mapochifono,e sezafama, fi antichi, che'l ragio
" narne co ' uocaboliloro,per la loro uecchiezza:uia piu
ftraniche i Latini nonfono ,farebbe opraperduta. 1o ue
ramente qualunque uolta in uece di narratione, di cofir
LC matione, diconfutatione, diuifameto, confirmaměto,
differmamentodicesfi ,me medefimo tragli anticbi di
cotai nomifacilmente rauolgerei in maniera, ch'in qual
parte d'orationefoffe intrato per ragionarne, potrebbe
efferch'io midifcordasfi.E adunque mě male il ricorre
re a forestieri,le cui uoci intendiamo, ch'à noftrani che
non s'intendano, imitando i Latini, liquali dapadri Gre
cile dottrine, le parolepredendo, ferono lor priuile
gio dipoter effer Romane, & come tali in lorferuigio le
adoperarono.VAL.Infino a qui uoi non ufafte parola ,
ch'alcun uolgare afcoltădolaſe ne doueſſe merauigliares
maprocedendo piu oltra uoi incapparete in concettiche.
e 2
DIALOGO
ragionadone,a uolere effere intefo,uifia mestieri dipro
weder di uocaboli,che a gli orecchi di Italiafi confaccias
no unpoco meglio, che i Latini nonfanno . BROC . Raz
gionando con effo uoi nella prefente materia, la cuimen
te digran lunga le mie parole preuiene, non ho paura di
dire uocabolo che peregrino lo esfistimiate.VAL. Auez
gnadio che dell'arte oratoria tra noi pochi, & conftile
rimeſſo molto(quale a camerafi conuiene)habbiate tol=
to aparlare:nientedimeno io ui configlio, che con quello
animo, & in quel modo nefauelliate, che uoifareſteſeï
prefentia di molti,cofi dotti, come ignoranti ne ragiona
fte:laqual cofaperauentura auerrà,percioche'l Sorazo
diligétißimoguardatore de uoftri detti, quelli in uno rac
coglierai raccolti, nopotrà fare che moltifuoi amici
defiderofi dinouità, non nefacciapartecipi. SOR. Certo
inful partir di Vinegia miogermano meſſer Gieronimo
Atrettamente mi comandò , che mentre ioftesfi inBolo
gna,d'ogni cofa,ch'io giudicasfi notabile , ne lo douesfi
auifare; hollofatto infin'hora, penfate quel ch'iofas
ròperinnanzi di cofi nobil ragionamento : dopo'l quale
per miogiudicio,uano i Papi, gli Imperatori.BROC.
Benconofco meffer Gieronimo , alla prefenza delquale
neparole, ne opre,fe non elette , nonfon degne diperue
nire.Ma uoiSoranzo( fochefare il potrefte farefte
bene, detto che io m'habbia mia opinione , quellasteffa
con altroftiledifcriuere,che non l'udifte da me, ch'una
cofa è ilparlarepriuatamente, d'amico ,fi com'iofac
cio con uoise altra è lofcriuer'altrui a perpetuamemo
riadepaffatiragionaměti. & nel uero,ſe ciò hauesfipe
fato alhor,chefefte la queftione, ò io taceua del tutto, o
DELLA RHETORIC A. 123
cofitoftonon rispondeua;che leparole, & lecose chea
tale artepertengono, & fopra tutto il porle infieme, e
con bell'ordine ciafcheduna a fuo luogo distintamente
efplicare è fattura di molti giorni, non d'un'hora , ò di
ductma s'io errai nell'incominciare,forfe nelprofeguis
re m'emendarò, che oue io penfaua hoggi di alquãto u
12 fcendo della materia di tutta l'arte oratoria (che che io
nefappia liberamente parlarui, adoprando quelleparo
le,con cui ne Latini fcrittoriftudiai d'impararla;bor'al
cunepoche cofette, che alfatto noftro conuengono, bre
uementepcorrerò:cofi ad un trattopagaro il debito del
douer dirui mia opinione, daſcogli delleparole latine:
in cui al lungo andare ilparlamentofi romperebbe , bel
ta lamente miguardarò; apiufaggio nocchiero di me lafcia
C do la curadifarefi perigliofo uiaggio. Dunque alpropo
fito ritornando,benche dianzifecondo i rhetori,io ui di
ceßil'infegnare, il mouer’effer due opre d'inuêtionez
conciofiacofa che quanto moueil proemio, & l'epilogo,
tanto infegna la narratione, e confirmatione;nondimeno
mutando in meglio mia opinione,& cofa a coſa propor
tionado a me pare di douer dire, che l'inſegnarepropria
1
mente alla difpofitione pertegna;com'in contrario la co
fufion delle cofe cipartoriſce ignorantia. Adunquefem
premai col mouimento la inuentione, & con ladifpofitio
ne l'inſegnare,ma il diletto, diche parliamo , con lafua
madre elocutione,forma,& uita dell'eloquenza, merita
mente accompagnaremo. Quindi paffando alle treguife
di caufe dall'oratore cofiderate, & a treftili uenědo cioé
tre modi di dire, l'un'all'altro con mifura agguagliado,
iolicongiungoinmaniera, che la caufagiudiciale , cui é
23
DIALOGO
propriolagrauità dello ſtile, al mouiméto, & inuětion
ta deliberatiua colfuoftil baffo , et minuto alla difpofitio
ne,& all'iſegnare, ultimamente la caufa dimostratiua
mediocremente trattata alla elocutione, & al diletto, di
rittamentefiarifpondente. Le quai cofe in cotal modo di
fpofte,procedendo piu oltra facilmentefipuò conclude
re,che cofi come tra le parti d'oratione la elocutione é
laprima,& la caufa dimostratiua é la piu nobile , epiu
capace d'ogni ornamento, che l'altre due nonfono , e
gliftili del dire,il piu perfetto, & piu uirtuofo è il medio
cre,ilquale non é auaro,ne prodigo;ma liberale ; nonſu
pbo,ne abietto,ma altero;no audace, ne pufillanimo, ma
ualorofo,non lafciuo , neftupido , ma temperato;cofi il di
letto oratorio al mouimento, & all'infegnare é ben des
gno,chefi preponga. Però ueggiamo nonfempre moue
re o infegnar l'oratore;ben quello isteffo per ogni parte
d'oratione:in ogni caufa, con parole eleganti ſtudiare di
dilettarne:ilquale non contento del diletto delle parole ,
per raddoppiarne il piacere, & compitamente addolcir
ne,ricorre algefto : e all'attione dell'oratione condiz
mento,& mele,& zuccherofuauisfimo de gli orecchi,
degli occhi noftri. Dalla quale attione , per quella
gratia che è in lei, depende inguifa la uirtù dell'oratio=
ne, che ella è nullafenza effa:laqualfentenza da Demo
sthene data,Efchine fuo auuerfario poco appreſſo co bel
la proua ci confermò;mentre leggendo a Rhodiani l'o
ratione di Demosthene,marauigliandofi gli ascoltanti ,
hebbe a dire.ueramente marauigliofa effere stata la ora
tione, effo Demofthene recitandola, quafi dire uoleffe ,
l'attione delrecitatorepoterefcemare, & accrefcerfor
DELLA RHETORIC A., 124
za all'oratione; in maniera da fe medefima tramutar
lache non pareffe piu deffa . V AL. Innanzi che il
Soranzo confenta,che dilettando piu che inſegnando, 0
mouendo perfuada l'oratione, egli aſpetta d'intédere cỡ
quai ragioni contra la mente di Ciceronegli prouarete,
chela caufa demoftratiuaſia piu nobile dell'altre due;et
Wit che deftili, il migliorefia il mediocre : & per certo da
due cotalipromife più rofto falfe, che dubbioſe, malamě
A' tefi puo decidere la queſtion difputata.в RO C.Qui a=
K Apettaua che interrōpefte le mie parole;fendo certo ciò
X ch'io dißi della caufſa demostratiua, & dello ftil medio
crefubitamente rifiutarefte. Peròfappiate,& fappialo
anche il Soranzo, che ragionando di cotai cofe conuna
femplice narratione,& fenza alcuno argométo, io heb
bi in animo di cogiungere infieme i treftili, le tre cauſe¸
itremodidel perfuadere, con le tre parti d'oratione;
in manierache all'inuentione il mouimento nella caufa
giudiciale, con loftilgrande principalmente correfpon
deffe:ma alla difpofitione l'infegnare, nella caufa delibe
ratiua con lo ftil baffo:ultimamente il diletto alla elocu =
1 tione,nella caufa demoftratiua con loftile mezzano pro
a
S priamentefi riferiffe . Ilquale ordine da tutti i Rhetori
cofi Greci, come latini, efferftato offeruato , chi le loro
opre riguarda ,facilmentegiudicard . Ilche fe cofi è ( che
certamente é cofi)uoi medefimi per una iſteſſa ragione
argomentando la oratoria elocutione , con tutta quanta
lafchierafua,all'altre due parti d'oratione co le lor'or
dinanze debitamente preponerete : che non é honefto il
buon col trifto agguagliare, ma il buono al buono , & al
migliore ilmiglioreftile,parte, caufa, & pfuafione,cora
4
DIALOGO
gioneuol mifura deepareggiarfi. Ma deftilipoco appref
foperauentura ragionaremo; del dilettofi è fauella
toa baſtanza. Dunque alle caufe uenendo, come io dißi,
cofi ridico dinuouo, che la caufademonftratiua è lapiu
horreuole,la piu perfetta,la piu difficile, & finalmente
la piu oratoria,che niuna dell'altre due.laqual cofa, men
tre io tento di dimoftrarui, io ui prego, che non guardă
do allafamadeglifcrittori della Rhetorica, poniate mě
te alla uerità:laquale da ragione aiutato, io mi apparec=
chio dipalefarui. Perciò che altra cofa è ilparlar di que
fta arte, le uenefue, i membri,l'offa,i nerui, & la carne
fua annouerando,et partendo: laqualguifa d'anatomia,
lei infegnando con le ragioni operiamo ; & altra cosa è
ilparlare oratoriamente al uolgo , agiudicio, afenatori,
quelli allettando & mouendo, ilche nonfaccio alprefen
te.Forfe una uolta che Dio nol uoglia)ilfarò : quando,
ubidendo a mio padre,la uoce,& ilfiato, che ei mi donò,
uenderò a litiganti. Hor di questo non piu, al propoſi
to ritorniamo. Io ueramente le tre cauſe oratorie per li
lor fini,perli loro officij, & per le loro materie, con di
ligenza confiderando,non poffo altro,che credere , che
la caufa dimostratiua fia infra tutte la principale ; il cui
fine è honefta la cui materia è uirtù, e il cui officio è il
dilettar l'intelletto , & di benfare ammonirlo. Quindi
nacque il costume nella Republica Athenienfe, publica=
mente ogn'anno quei cittadini lodare, i qualifortemen
teper la lor patria combattendo , foffero ftati ammazz
zati. Laquale annua oratione (
fe a Platone crediamo) lo
dando i morti, le uirtù loro, tutto in un tempo le mas
éri,i padri, e lemogli confolaua benignamente; mai
DELLA RHETORICA. 125
fratelli,ifigliuoli,& inipoti, che dopo lor rimaneuano,
a douer quelli imitare, & farfi lorofimili mirabilmente
accendeua . Adunque non indarno foleua dir Cicerone,
niunaguifa d'oratione potere effer ne piu ornata nel di=
' re,ne piu utile alle Repub. di quefta una demonftratiuazi
cuiprecetti hanno uirtù non folamente di farne buoni
oratori,ma a douer uiuere honeftamente con bella arte
ne efortanosilche di quelli dell'arte due non auiene ; con
M effe quali fpeffefiateguerre ingiufteperfuademo , & ue=
dicando le nostre ingiurie, hor gli innocenti offendiamo,
40 hor difendiamo i nocenti . Confufamente perauentura
piu,che io non debbo , uò coparando fra loro le tre caus
13 fe oratorie;ilche faccio perche io defidero d'ifpedirme
ne, dar luoco al Valerio, che s'apprefta per contradi
re:uoi ambidue col uoftro ingegno il mio difetto adem
piendo,diparte le mie parole diftinguerete . Adunque,fe
guitando il ragionamento, & frame ſteſſo confiderando
ciò,che dianzidiceua dell'oration di Demofthene, fom
mamente dall'attion dependente, hofermißima opinio
ne,che nelle caufe deliberatiue , & giudiciali molto piu
oprila naturadell'oratore, & della materia, che non fa
l'arte oratoria. il contrario è della caufa dimostratiua,
nella quale leggendo, non è men bella la oratione,che res
eitando però ueggiamo mediocri oratori bene informas
ti delle ciuili materie, & aiutati dall'attione, & dalla me
moria,in Senato,& ingiudiciofoler parlare aſſai bene,
che intai cafi dalle cofe trattate nafcono in noi le paro
le,lequali concordate con li concetti dell'animo,ne rieſce
quella harmonia , chefaſtupir chi l'aſcolta. Per laqual
cofa moltefiatene comandano i Rhetori,che non curá
DIALOGO
do della uaghezza delle parole efquifite, ad alcune altre
non cofi belle,ma proprie molto, & digranforza del
l'efplicare i concetti, uolgarmente parlando, ci debbia
mo appigliare:ma nella caufa dimoſtratiua è mestieri no
folamente di concordare le parole a i concetti,ma quelle
fcielte, dettefifattamente adunare,che pare a pare,
fimile afimile con bella arte fi riferisca : & quelle
ifteffe parole hor raddoppiare , e replicarle piu uolte,
hora a contrarij congiungerle ; imitando la profpettiua
de dipintori , i quali molte fiate il negro al bianco acco
pagnano,afine, che piu bella,& piu alta, & piu illuſtre
cifi moftrilafua bianchezza. Le quai cofe, tutte quan
tefonopuro artificio , ma in maniera difficile, che all'im
prouifopoterlodare, ò uituperare eloquentemente ,fa=
rebbe opra miracolofa. E il uero che nell'altre due cau
fe,alcuna uolta tutta bella, e tutta ornata ua caminando
la oratione ; cioè a dir ne gli epiloghi ; e ne proemij ; li
qualiproemij,benche primifi proferifcano, nondimeno
fi comecofe piu oratorie, e di maggior magiſterio , gli
ultimifono,chefi compongono: che M. Tullio Cice
rone,padre & principe degli eloquenti douendo orare,
diparola in parola imparaua & a memoriagli fi manz
daua. Adunque puo ben effer , che ledueguife di caufe,
fenatoria egiudiciale fiano agli huomini piu neceffarie
diquefta terza demostratiua, e che da loro (fi comepriz
me chefi trattarono) Thifia, Corace, ò altro antico ora=
tore l'arte Rhetorica s'infegnaffe di generare ; ma le
·piu uolte quel , ch'è ultimo per origine , diuenta primo
in perfettione ; & fempremai nell'humane operationi,
juié maggior l'artificio , oue ilbifogno é minore : con
DELLA RHETORICA. 126
H
1
"
141
DIALOGO DELLE LAVDI DEL CA
Morefini, Portia.
DIALOGO INTITOLATO
PANICO ET BICHI ,
LLE
CELA
D
DETYO
N
4\
J
1
7