Ekologi Adat Komunitas Ammatoa Chusnul C Full Chapter Download PDF
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Chusnul C
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Chusnul C
EKOLOGI ADAT
Komunitas
AM M AT OA
Chusnul C
EKOLOGI ADAT
Komunitas
AM M AT OA
IV EKOLOGI ADAT KOMUNITAS AMMATOA
EKOLOGI ADAT KOMUNITAS AMMATOA V
Ekologi Adat Komunitas Ammatoa
©Januari 2021
EDITOR
Samsul Maarif
KURATOR FOTO
Nico Haryono
PENERBIT
CRCS (Center for Religious and Cross-cultural Studies)
Program Studi Agama dan Lintas Budaya
Sekolah Pascasarjana Lintas Disiplin, Universitas Gadjah Mada
Jl. Teknika Utara, Pogung, Yogyakarta
Telp/Fax: 0274544976 | www.crcs.ugm.ac.id | Email: [email protected]
ISBN: 978-623-72890-5-0
Tim Riset
Samsul Maarif
KETUA PERISET, CRCS SPs UGM
Muhammad
PRODI PARIWISATA SPs UGM
IGP Suryadharma
UNY
Chusnul C
Biodata Penulis
Language: Italian
MARTIN EDEN
ROMANZO
MODERNISSIMA
MILANO (13) — Via Vivaio, 10
PROPRIETÀ LETTERARIA
Impresso da FED. SACCHETTI e C. in Milano
Copyright 1925 by
Casa Editrice «MODERNISSIMA»
PRINTED IN ITALY
INDICE
Pubblicammo prima i due romanzi: «Il Richiamo della foresta» e
«Zanna Bianca», volutamente, per mostrare la potenza visiva e
intuitiva del London, e la vastità della sua esperienza d’osservatore,
e cioè, accanto all’artista sempre vigile, la forza volitiva e
l’irrefrenabile impeto avventuroso dell’uomo.
I due primi volumi sono il poema delle forze vergini e delle creature
primitive, della lotta disperata e crudele, eppur grandiosa, delle cose
vive contro la insidia della morte. Simbolo di questa tragedia è il lupo
che, ucciso il rivale, ulula, col muso verso le stelle, il tormento
millenario della carne che dilania e divora, per non essere dilaniata e
divorata, ma che sa, tuttavia, come la vittoria finale spetti, non già
alla vita, ma alla morte.
La vita contro la morte!
Par di udire l’antico canto caldeo drammatizzato in una
rappresentazione favolosa di animali e di uomini, fra le solitudini
nevose e le foreste vergini dell’Alaska.
L’Amore.
Forse nessuno l’ha sentito, desiderato, cercato, sofferto, cantato
come Jack London.
Per l’amore egli è vissuto, per l’amore è morto: per questa essenza
divina che illumina e pacifica il mondo. L’amore che accomuna tutte
le creature viventi, gli uomini, gli animali, le piante, i macigni, le
stelle; l’amore che riempie l’infinito, supera la morte e scioglie ogni
mistero: l’amore, vita, bellezza, luce!
Quest’innamorato dell’amore, finì, così, coll’amare la vita degli altri
più della propria; al punto che la terra gli parve angusta e la propria
forza impari a un sogno che abbracciava l’universo.
La giovinezza di Jack London fu come un razzo infocato lanciato
nelle tenebre del mondo, come uno sprazzo di luce abbagliante che
ascende, prodigiosamente, poi precipita, e si spegne. A vent’anni è
già un uomo maturo; a trenta, vecchio; a quaranta, scomparso.
Anche per lui l’Angelo della Morte viene prima del Santo Uno e gli
strozza in gola il suo Chad Gadya.
Ma quanta intensità di vita, quanta luce d’ideali, quanta grandezza
morale e spirituale in quei suoi quarant’anni! e quale miseria, la
nostra, al confronto!
Bastano questi quattro possenti volumi — e ne ha scritti più di
quaranta — per rivelarci tutta l’angustia del nostro orizzonte e la
povertà dell’animo nostro di letterati che cianciamo d’amore e d’arte
e di lotte politiche e sociali; scettici, egoistici, meschini.
***
Non a caso, ripeto, pubblicammo prima «Il Richiamo della foresta» e
«Zanna Bianca», cioè il poema della vita selvaggia. Volevamo,
mediante «una folata d’aria gelida, purificatrice», far sentire
l’ossigeno agli sparuti e intristiti uomini che fanno da padroni nelle
patrie accademie dell’arte; e dare almeno un guizzo al loro lucignolo
dell’ideale, fumoso e pestilenziale; alla gentaccia inorpellata, irretita
negl’intrighi eppure altosonante, per mostrare la differenza che
passa tra il volo di un’aquila e lo starnazzare di un’anitra.
E col terzo volume, «Il Tallone di Ferro», ci proponemmo di mostrare
l’uomo nell’artista, e come non vi sia artista grande dove non è
grandezza d’uomo e altezza morale e spirituale, altruismo, in una
parola, cioè sogno del bene assoluto, universale, e dedizione di tutta
una vita a questo sogno.
«Il Tallone di Ferro» è il crogiolo ardente che fonde in un’orribile
massa d’odio le miserie, le vergogne, le crudeltà dell’epoca nostra.
Non più canto, ma urlo: non l’urlo per i proprî dolori, ma per i dolori
degli altri.
I dolori degli altri.
Ecco, in sintesi, una realtà e una fede sofferte con cuore tra cristiano
e prometeico: una fede e un programma di redenzione. I dolori degli
altri sono il problema della torbida e perigliosa vita contemporanea.
E qui, il cuore di London, uomo, non è inferiore alla mente
dell’artista. Egli ci rivela, nel Tallone di Ferro, la sua forza e la sua
dolcezza, il suo coraggio e la sua saggezza, e ci addita la via che
ogni uomo onesto deve seguire; una via che non mena ai facili onori
e alle più facili ricchezze, premii plutocratici, ma con gli umili, i
denutriti, con le creature dell’abisso, conduce alla verità e al cielo
della bontà. Oggi, il mondo è tale, che «vive pericolosamente» colui
che difende la propria rettitudine, secondo gli immortali principî di
bontà, libertà e giustizia, ch’è più facile sentire che definire.
Il London ci mostra che la lotta è mortale, e che, sebbene nolenti e
riluttanti, come ieri dovemmo partecipare ad una guerra non nostra,
così domani dovremo partecipare alla rivoluzione degli altri; ma ci
mostra anche che nella libertà di scelta del nostro posto di
combattimento, sta il giudizio dell’anima nostra, e la sua salvezza.
***
Ed ora che dai primi tre volumi ci è dato il modo di conoscere l’artista
e l’uomo, ecco in «Martin Eden» la sua vita.
Ogni commento è inutile, ogni chiarificazione superflua: davanti ad
una vita vissuta con così semplice e profonda umanità, e
rappresentata con tale scultorea, precisa evidenza, ciascuno di noi
può vedere il meglio del proprio cuore e riconoscere la propria
anima.
Ma benchè in «Martin Eden» il London racconti la propria anima di
scrittore e tutto il tormento per realizzare il suo sogno d’arte, temo
che molti letterati e critici italiani stenteranno a riconoscersi in Martin
Eden, e considereranno forse questo romanzo autobiografico, o
come «noioso», o, addirittura, come falso, perchè qui è la vita e non
una meschina parodia della vita; perchè qui è l’arte, e non
virtuosismo, mestiere, commercio.
No, questi volumi del London non sono fatti per animucce letterate.
Vanno per il mondo a cercare cuori che non abbiano ancora perduto
il sentimento romantico e cavalleresco della vita; a cercar cuori in cui
canti ancora una canzone, in cui palpiti ancora una fede. Cuori che,
per fortuna dell’anima nostra e dell’Umanità, esistono ancora. I
fratelli di Martin Eden sono fuori delle accademie, fuori dei partiti
politici, fuori delle consorterie e delle camorrette di vanità; fuori della
gazzarra che infuria per le piazze e per le vie. Essi vivono in
solitudine, ma in solitudine lavorano, meditano e soffrono. Oh
potessero conoscersi tutti, ed unirsi per raccogliere e riagitare la
fiaccola che cadde bruscamente dalle mani di Jack London,
quarantenne!
***
Veramente, Martin Eden ci dice che la fiaccola non gli cadde dalle
mani, ma che egli la gettò perchè credette che gli fosse venuto meno
l’amore. Senza l’amore, la gloria gli apparve vana, e la vita
insopportabile. Jack London morì come Martin Eden, sprofondato
volontariamente e disperatamente negli abissi dell’Oceano?
Noi non sappiamo come Jack London sia morto.
Però se tale non fu la sua morte, certo egli tale l’immaginò e
desiderò. E forse non v’è uomo di genio che nella sua vita non abbia
pensato, almeno una volta, a questa suprema sfida, a questo atto
sereno di volontà dell’uomo che sfugge al ricatto dell’istinto per
varcare, sdegnoso d’ogni legge umana e divina, la soglia del
Mistero.
Per due cose soltanto l’uomo può sentirsi proletario dell’Eternità: per
l’Amore e per la Gloria. Ma se esse mancano o tradiscono, come
adattarsi ad accrescere, sino a vedere decadere in sè ogni bellezza
ed ogni forza, il numero dei morti-vivi o dei vivi che non vivono?
Anche se il Santo Uno ritarda, sia benedetto l’Angelo della morte, il
liberatore!
Il tristo Angelo strozzò in gola a Jack London quarantenne il canto
del Chad Gadya, ma non l’uccise. Le sue opere serbano l’impronta
eterna del suo cuore e del suo genio, e tramandano, con la bellezza,
fede e speranza agli uomini.
Passi, dunque, in altre mani la sua fiaccola e su altre labbra il Chad
Gadya: il Santo Uno verrà, l’Angelo della Morte sarà ucciso; e
Prometeo, dal cuore incatenato, sarà finalmente libero fra uomini
liberi e padroni della propria anima.
Rapallo, aprile del 1925.
Gian Dàuli.
MARTIN EDEN
CAPITOLO I.