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Il Menone è un dialogo platonico incentrato sul rapporto tra la virtù, che si giunge ad identificare con la conoscenza, e la teoria delle idee.

L'autore

Platone (in greco antico Πλάτων, traslitterato in Plátōn; Atene, 428 a.C./427 a.C. – Atene, 348 a.C./347 a.C.) è stato un filosofo greco antico. Assieme al suo maestro Socrate e al suo allievo Aristotele ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale.

Traduzione a cura di Francesco Acri (1834 – 1913), filosofo e storico italiano.
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita25 gen 2015
ISBN9788898925926
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    Menone - Platone

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    Menone

    I. MENONE: Mi sai dir tu, Socrate, se la virtù s'apprenda per insegnamento, o per abitudine; o né l'una cosa né l'altra, ma sebbene ella germogli nel cuore naturalmente, o per altra via e modo?

    SOCRATE: O Menone, i Tessali prima erano chiari fra gli Elleni e ammirati per lo cavalcare e per le loro ricchezze; presentemente poi anche per sapienza, a quel che io vedo. E se i paesani del tuo Aristippo, quei di Larissa, non stanno in coda, ringraziatene Gorgia, che, andato là, innamorò di sé, per la sapienza sua, i più notabili degli Alevadi, fra i quali il tuo Aristippo, così come innamorato avea il fiore degli altri Tessali. Ve l'appiccicò egli codest'abito di rispondere a testa ritta a qualunque v'interroghi, come ha a fare gente che ne sa, come fa egli, che lì per lì si profferisce a ogni Elleno che abbia voglia d'interrogarlo su qual sia argomento; e, interrogato, non sta a bocca chiusa. Ma da noi, Menone mio dolce, gli è tutt'altro; ci è una cotal carestia di sapienza, e par ella si sia scasata di qua per accasarsi là da voi. Se dunque ti viene in capo far di siffatte interrogazioni ad alcuno di qua, non troverai chi non ti dica, facendo una risata: - Eh, ti par proprio cera da beato la mia, o forestiero, che io abbia a sapere se la virtù si procacci per insegnamento o per alcuno altro modo? Mi ci vuol tanto a saper se ella s'insegni o no, che io non so pure che cosa ella sia.

    II. Anch'io, Menone; e per questo rispetto io sono povero uomo né più né meno de' miei paesani; sì che io mi arrovello meco medesimo a vedere che di virtù non ne so niente proprio. E se io non so ciò ch'ella è, vuoi che io sappia com'ella è fatta? O ti pare che un che non conosca punto Menone possa sapere se bello egli sia o no, se ricco, se nobile uomo? Di'.

    MENONE: Non par a me. E veramente non sai che è virtù, o Socrate? E di te recheremo noi a casa questa novella?

    SOCRATE: E quest'altra anche, mio caro, che non mi par d'essermi abbattuto mai a persona che ne sapesse!

    MENONE: Oh bella! Non ti sei tu abbattuto mai a Gorgia, quando egli era qui?

    SOCRATE: Io sì.

    MENONE: E non ti parve che ne sapesse?

    SOCRATE: Menone mio, non me ne ricordo, e non ti so dire al presente quel che me ne parea allora: ma può essere che ne sapesse egli, e anche tu, per bocca di lui. Via, rammentami quel ch'egli diceva; e, se non vuoi, di' quel che ne pensi da te; che già la pensi come lui, tu.

    MENONE: Già.

    SOCRATE: Dunque, lasciamolo Gorgia; tanto ei non ci è; e chiariscimi tu, per l'amore degli Iddii, che ella è la virtù, o Menone. Non dir no, via, non mel negare; ché, se mi mostri che tu lo sai, tu, e Gorgia, si vedrà che bene avventurosa è la bugia mia a dire che non mi sono abbattuto mai a persona che ne sapesse.

    III. MENONE: Non è ella difficil cosa; e se prima vuoi, o Socrate, sapere della virtù dell'uomo, è chiaro ch'è nell'essere lui atto a maneggiar le faccende della comunità, e per tal forma, che si faccia bene agli amici e male ai nemici; avendo l'occhio che del male non ne tocchi anche a noi da ultimo. Se poi tu vuoi la virtù della donna, non è malagevole cosa a dire, neanche; ella è in governar bene la casa, ed esser massaia, e ubbidiente al marito. E così altra è la virtù

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