Isole da 4K
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4K significa quattromila battute ed i racconti, che sono tutti all’incirca di questa lunghezza. Sembrano tante… ma quando inizi ad elaborare un’idea lo spazio non è mai sufficiente, vorresti dire tutto con il rischio è di stancare il lettore.
Invece il termine ISOLE sta ad indicare che ogni racconto è un pezzo a se stante. Inizialmente ho pensato ad “arcipelago”, ma questo era un limite, un arcipelago è composto da tante isole che sono simili tra di loro. Invece le mie isole sono agli antipodi, come un racconto di viaggio disordinato di un navigatore, da isole da Terra del Fuoco, ad isole della Groenlandia, e poi subito dopo una calda isola tropicale magari con una stupenda barriera corallina, ma tutte con una superficie certa: quattromila battute.
Chiedo solo al lettore di darmi fiducia ed adattarsi al racconto, ognuno è indipendente dall’altro e si trova in quel punto per una semplice casualità, o meglio …la sequenza è data solo dal momento in cui le ho scritte, così come mi sono fantasticate nella mente.
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Anteprima del libro
Isole da 4K - Claudio Cantore
CLAUDIO CANTORE
Racconti brevi
L'ispirazione non si cattura!
Quando la si vuole prendere,
è già volata via.
dedicato alla vita...
1 - IL BUSINESS è Business
Lunedì mattina, ore 6:05 aeroporto di Torino aspettando Sandro che era in ritardo
…come sempre.
Ormai mancavano meno di quindici minuti alla chiusura del volo, al telefono mi aveva detto che era già in aeroporto ma il tempo passava; mi con-centrai allora sulla scritta SANDRO PERTINI, il presidente partigiano a cui è dedicata l’aerostazione, consolandomi pensando che anche il mio amico Sandro incarna lo spirito libero di quel grande uomo.
Mi sentii chiamare: è lui finalmente!
Gl’indicai il banco del check-in.
Tirai un sospiro. Si poteva partire!
Durante il volo mi raccontò della sua ultima gita in bici. Complice il nuovo satellitare Garmin, mi mostrava la mappa del percorso.
Mi dava anche ragguagli sulla posizione e velocità dell’aereo.
Fregandosene del divieto, lo tenne acceso anche durante il rullaggio.
Dopo lo scalo a Roma, il nostro volo proseguì per Hong Kong dove atterrammo il giorno dopo.
«Ecco la Cina, – dissi a Sandro – o almeno la parte nobile di essa».
Un taxi collettivo ci trasferì dall’ex colonia inglese alla Cina continentale nella città di Shen Zhen, ex città di pescatori, famosa in passato per le Maiko, le ragazze danzanti e forse non solamente.
Nel ‘78 fu scelta come zona economica speciale per l’elettronica consumer
. La città ebbe una crescita formidabile arrivando a circa venti milioni d’abitanti. Ora è la capitale mondiale delle luci a LED e proprio a questi componenti era dedicato il nostro viaggio.
Dopo giorni di visite ad aziende elettroniche, con pranzi e cene sempre ospiti dai premurosi anfitrioni cinesi, giungemmo al nostro ultimo appuntamento, prima di rientrare ad Hong Kong per il volo di ritorno.
Affaticati da tanto lavorare, decidemmo di riposarci e cenare in albergo. Avevamo tre scelte: nel ristorante della hall, ma senza nessuna emozione; un promettente ristorante koreano; oppure al secondo piano il ristorante italiano dove avevamo già cenato al nostro arrivo.
«Ok alle settemmezza ti passo a chiamare e scendiamo al Mare Blu!».
Dissi a Sandro avviandomi alla zona degli ascensori.
Puntuale bussai, immaginando di trovarlo ancora collegato con il suo portatile, invece no! Forse la fame…
Ci presentammo al secondo piano, ma una frenesia sospetta ci colpì, la giovane cameriera cinese, che ci aveva riconosciuto dalla prima sera, ci sorrise e disse: «Serata speciale; degustazione vini italiani piemontesi».
Sulla nostra faccia una espressione di sorpresa, chiesi immediatamente ragguagli.
«Semplice: entrate, mangiate al buffet e bevete i vini che vi saranno presentati!».
Sandro, con gli occhi acconsentì io, che mi ero immaginato una buona scorpacciata mediterranea, rimasi un po’ perplesso, ma… anche a me piace il buon vino.
La cinese dell’ingresso mi porse un calice, forse troppo pieno, di un vino rosso scuro e mi disse barbàra sorrisi dicendo che la Barbara che ricordavo era bionda, mentre quella era nera come il barbera! Sandro sorrise e l’ilarità contagiò anche la nostra novella mescitrice che pose immediatamente la mano di fronte alla bocca nascondendo quel suo sorriso che la rendeva ancora più graziosa.
Un curioso personaggio, con fattezze arabe, attaccò discorso con Sandro, così che io mi misi a guardare il tavolo ove erano appoggiate diverse bottiglie in esposizione. Trasalii quando vidi che un vinello, molto popolare in Cina, portava un promoter d’onore: Benedetto XVI stampigliato sull’etichetta.
La Cina ha del miracoloso, pare che sia l’unico paese al mondo in cui bottiglie di vino prodotte in poche migliaia d’esemplari nella terra d’origine, lì, miracolosamente, si moltiplicano.
Mi venne da pensare che l’attuale Papa Francesco, potesse essere un testimonial del Grignolino, il vino prodotto dai suoi antenati di Portocomaro.
Un vino dall’accentuato colore rubino-violaceo brillante e non sfigura affatto al confronto di altri più blasonati. È un vino da pasto che si abbina quasi con tutto.
Ha un delizioso bouquet in cui si riconoscono: la fragola, la ciliegia, la prugna, ma anche la liquirizia. Persino gli accenni catramosi e di cuoio, caratteristici del Nebbiolo di cui non è affatto parente.
Un vino che si sposa volentieri con un buon piatto di panissa, grazie al gusto aspro del tannino, che lo caratterizza.
Risvegliandomi da quell’onirico pensiero, mi ritrovai in mezzo a cinesi ubriachi che ridevano rumorosamente, camerieri che, poveri loro, annaspavano portando stuzzichini e togliendo le bottiglie vuote. Ormai la serata era degenerata, cercai Sandro, lo vidi che stava parlando della perlatura, del carattere, dei retrogusti del vino, non più con l’arabo con cui l’avevo lasciato, ma con una giovane e curiosa sommelier cinese, tuttavia lo vedevo annaspare e combattere contro i fumi del troppo bevuto.
Lo invitai al ristorante per una buona pasta e lui a malincuore abbandonò la possibile conquista cinese.
«Che cosa beviamo stasera?».
Mi chiese leggermente biascicando però con il suo immancabile ironico sorriso.
«Un’ottima acqua gassata».
Fu la mia decisa risposta!
2 – CAPORETTO
Ospedale da campo – Novembre 1917
Mia cara Rina,
io sto bene adesso, come spero siate tutti voi, non trovavo più la mia matita per scrivere e anche la carta, e con il freddo le mani erano dure e piene di caudane.
Scrivere il tuo nome è tanto bello più che a pensarlo.
Tremo ancora per quello