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La piccola cella dell'anima
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La piccola cella dell'anima
E-book178 pagine2 ore

La piccola cella dell'anima

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Info su questo ebook

La luce non può esistere senza oscurità.

Il sole non può sorgere senza che la notte lo preceda e il finire di ogni giorno lo vedrà sempre dissolversi nel buio. Una vita tutta rose, fiori e belle giornate soleggiate sarebbe una vita senza alcun contrasto. Un sole che non smetta mai di splendere sarebbe tanto accecante quanto distruttivo. Abbiamo bisogno dell'oscurità. È parte integrante del tutto.

Fa parte di noi.

I racconti dell'orrore riflettono il nostro lato più oscuro. In quest'era di paure decisamente reali e manifeste, come AIDS, cancro e terrorismo, i racconti del terrore si assumono un compito indispensabile: offrire al lettore la possibilità di provare paura in maniera controllata e affrontare l'orrore alle proprie condizioni. Se la lettura dovesse rivelarsi troppo pesante, un libro può essere chiuso quando si vuole. Cercare la paura in questo modo significa affrontare concretamente le angosce della vita moderna, alleviando così la sensazione di ansia che le accompagna.

L'orrore è un'emozione che ci mantiene in contatto con i nostri lati più oscuri, dandoci modo di venire a patti con la nostra vulnerabilità e con lo spettro della morte inevitabile. Le storie dell'orrore sono una valvola di sfogo; alleviano la pressione quando questa si fa eccessiva, ma rimangono opere fantastiche, da cui possiamo allontanarci quando ci sentiamo schiacciati. Ci offrono il sollievo della catarsi senza soffocarci con qualcosa che non potremmo sopportare.

Troppo spesso rifiutiamo l'esistenza del nostro lato più oscuro. Basta però metterci sul piatto Charles Manson, Ted Bundy, Hannibal Lecter o altre raccapriccianti incarnazioni del lato oscuro della natura umana ed eccoci assaliti da un fascino morboso.

In autostrada, non riusciamo a trattenerci dal rallentare per osservare meglio i cruenti dettagli di quella morte scomposta, né riusciamo a impedire al nostro sguardo di guizzare, con un po' di rimorso, su disgrazie e deformità altrui.

Sentiamo il bisogno di guardare.

Quante volte abbiamo riso per una battuta su Hannibal Lecter, solo per poi affrettarci a precisare quanto la cosa ci disgustasse?

Creature bizzarre, gli esseri umani.

Il nostro lato più oscuro è una parte della nostra natura da cui non possiamo fuggire. Dentro ognuno di noi c'è un pizzico di Hannibal e di Jeffrey, il problema pochi di noi vogliono ammetterlo.

Innumerevoli discipline spirituali ci hanno esortati, attraverso i secoli, a cercare la verità dentro di noi. Una verità in parte chiusa in una piccola stanza buia, in cui temiamo di entrare. Se solo riuscissimo a spalancare la nera porta della paura e ritrovare quella parte delle nostre anime che si contorce nell'oscurità, forse capiremmo cos'è che ci fa muovere.

È necessario portare alla luce questo nostro lato tanto repellente, così da poterne scoprire la natura, perché per affrontare questa scomoda realtà dobbiamo guardare il demone in faccia e accettare che fa parte di noi. Quando avremo finito, potremo liberare il mostro e lasciare che torni strisciando al suo tenebroso abisso, almeno fino al prossimo incontro.

Se siete d'animo incerto e il buio vi spaventa, è giunto il momento di dare un'occhiata a cosa si cela dietro la porta della vostra paura, per poter almeno intravedere quella perversa malvagità che si nasconde dentro tutti noi. All'interno di queste pagine potremo giocare con essa, toccarla e studiarla, nella speranza che questo ci permetta di capire meglio ciò di cui siamo fatti.

E poi, chi ha mai detto che non possa essere divertente? Dopotutto quel piccolo mostro è parte di noi.

LinguaItaliano
Data di uscita28 ago 2016
ISBN9781507146071
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    Anteprima del libro

    La piccola cella dell'anima - Matthew Pallamary

    Questo libro è dedicato alla memoria di M.A.

    CONTENUTO

    ––––––––

    Introduzione 9

    Danzando Sotto La Luna13

    Cucina Ad Alta Quota17

    Cieca Fiducia27

    Hocus Mutatus37

    Pezzi51

    Senza Scelta57

    La Piccola Cella Dell'anima63

    Cane Maledetto73

    Giochi Mentali85

    Jesse101

    Fascino Animale105

    Dolcetto O Scherzetto111

    Un Giro In Macchina113

    Vivere A Tutti Costi121

    INTRODUZIONE

    ––––––––

    La luce non può esistere senza oscurità.

    Il sole non può sorgere senza che la notte lo preceda e il finire di ogni giorno lo vedrà sempre dissolversi nel buio.  Una vita tutta rose, fiori e belle giornate soleggiate sarebbe una vita senza alcun contrasto.  Un sole che non smetta mai di splendere sarebbe tanto accecante quanto distruttivo.  Abbiamo bisogno dell'oscurità.

    Essa è parte integrante del tutto.

    Essa è parte di noi.

    I racconti dell'orrore riflettono il nostro lato più oscuro.  In un'era come questa, di paure decisamente reali e manifeste, come AIDS, cancro e terrorismo, i racconti del terrore si assumono un compito indispensabile, quello di offrire al lettore la possibilità di provare paura in maniera controllata e l'opportunità di affrontarne l'orrore alle proprie condizioni.  Se poi la lettura dovesse rivelarsi troppo pesante, un libro può essere chiuso e riposto sullo scaffale quando si vuole.  Cercare la paura in questo modo ci permette di affrontare concretamente le angosce della vita moderna, alleviando così la sensazione di ansia che le accompagna.

    L'orrore è un'emozione che ci mantiene in contatto con i nostri lati più oscuri, dandoci al contempo modo di venire a patti con la nostra vulnerabilità e con lo spettro della morte inevitabile.  Le storie dell'orrore sono come una valvola di sfogo; riescono ad alleviare la pressione quando questa si fa eccessiva, ma il loro essere opere di fantasia ci lascia spazio per allontanarcene quando minacciano di schiacciarci.  Esse ci offrono il sollievo della catarsi senza soffocarci con qualcosa che non saremmo in grado di sopportare.

    Troppo spesso rifiutiamo l'esistenza del nostro lato più oscuro, sperando che ignorarlo lo renda in qualche modo meno reale.  Basta però metterci sul piatto Ed Gein, Charlie Manson, Ted Bundy, Hannibal Lecter, Jeffrey Dahmer o una qualunque altra raccapricciante manifestazione del lato oscuro della natura umana ed ecco che veniamo assaliti da un fascino tanto morboso da sfociare quasi nella follia.

    In autostrada, non riusciamo a trattenerci dal rallentare per osservare meglio i cruenti dettagli di quella scomposta e prematura morte, né riusciamo a impedire al nostro sguardo di guizzare, sebbene con una punta di senso di colpa, sulle disgrazie e sulle deformità altrui.

    Sentiamo il bisogno di guardare.

    Quante volte abbiamo riso per una battuta su Hannibal Lecter, solo per poi affrettarci a precisare quanto la cosa ci disgustasse?

    Creature bizzarre, gli esseri umani.

    Il nocciolo della questione è che il nostro lato più oscuro è una parte della nostra natura da cui non possiamo fuggire.  Dentro ognuno di noi c'è un pizzico di Hannibal e di Jeffrey, il problema è che la maggior parte di noi non vuole ammetterlo.

    Sono innumerevoli le discipline spirituali che ci hanno esortati, attraverso i secoli, a cercare la verità dentro di noi.  Una verità che, almeno in parte, è chiusa in una piccola stanza buia, una stanza in cui abbiamo il terrore di entrare.  Se solo riuscissimo a spalancare la nera porta della paura che ci tiene fuori e ritrovare quella parte delle nostre anime che si agita e si contorce nell'oscurità, allora forse potremmo riuscire a capire cos'è che ci anima davvero.

    È indispensabile esporre questa innominabile parte di noi stessi alla luce della verità, così da poterne scoprire la natura, perché per affrontare questa scomoda realtà dobbiamo guardare il demone in faccia e accettare che fa parte di noi.  Quando, poi, avremo finito, potremo liberare il mostro e lasciare che torni strisciando al suo tenebroso abisso, almeno fino al prossimo incontro.

    Se siete d'animo timido e il buio vi spaventa, è giunto il momento di dare un'occhiata a cosa si cela dietro la porta della vostra paura, per poter almeno intravedere quella perversa malvagità che si nasconde dentro tutti noi.  All'interno di queste pagine potremo giocare con essa, toccarla e analizzarla, nella speranza che questo ci permetta di capire meglio il tutto di cui siamo composti.

    E poi, chi ha mai detto che non possa essere divertente? Dopotutto quel piccolo mostro è parte di noi.

    Marzo 1994M.P.

    DANZANDO SOTTO LA LUNA

    ––––––––

    Colette scivolare la minigonna di pelle attillata lungo i fianchi, fermandola appena sopra le anche.  Era la preferita di Frank, quella che voleva vederle sempre addosso.  Chiuse la cerniera e si sistemò la camicetta, lasciando gli ultimi due bottoni aperti per mettere in evidenza la scollatura.  Voltandosi prima da una parte e poi dall'altra, si passò le mani lungo le cosce, osservando attentamente la figura snella all'interno dello specchio.  Per lo meno il nero sarebbe stato adatto all'occasione.  Con un sorriso tirato in volto, si ritoccò leggermente il fard e ripassò l'ombretto, scuotendo poi la testa per riordinare i capelli scuri. 

    Frank, tesoro, muori dalla voglia di mettere le mani su questo bel bocconcino, vero?

    Si mise i tacchi e si diede un tocco di Tatiana dietro le orecchie, facendo poi scorrere fra i seni il dito ancora imbevuto di profumo un'altra di quelle cose che piacevano tanto a Frank.  Ah, al diavolo, perché no? In fondo era o non era il loro anniversario?

    Dopo aver afferrato borsetta e chiavi, uscì di casa, inoltrandosi nella notte e alzando lo sguardo verso la luna piena.  Frank adorava quando c'era la luna piena.  Diceva sempre che tirava fuori la bestia che aveva dentro e accidenti se aveva ragione.  Per un attimo, mentre avvicinava la chiave alla portiera della macchina, lo sguardo le cadde sulla cicatrice che le solcava il dorso della mano, dopodiché salì in auto, ansiosa di essere assolutamente puntuale.  Frank era inflessibile sulla puntualità.

    Inserita la retro, uscì dal vialetto di casa e proseguì, superando le perfette case da favola che sorgevano lungo entrambi i lati della strada.  Mentre guidava si trovò a ripensare al suo primo incontro con Frank;  capelli biondi, occhi di un azzurro luminoso e denti bianchi e immacolati.  Irresistibile.  Come se i suoi lineamenti non fossero sufficientemente belli, aveva anche un fisico statuario, con spalle ampie e robuste, pettorali perfetti e addominali scolpiti.  Si prendeva cura di sé stesso e di ciò che gli apparteneva con una meticolosità quasi maniacale.  Con Frank ogni cosa doveva essere come le case che sorgevano nella loro via: perfetta.  Ogni cosa, soprattutto la sua Porsche rosso fiammante.  La sua bambina.

    Frank aveva tutto ciò che si potesse desiderare: bello, ricco e affascinante.  Sapeva essere tanto cortese quanto protettivo, ogni suo gesto trasudava maturità e forza in egual misura.  Quando entrava in una stanza attirava inevitabilmente gli sguardi dei presenti, e non mancavano le chiacchiere su quanto sarebbe stata fortunata la donna che fosse riuscita a conquistarlo.  Era stata proprio Colette, quella fortunata.  Sorrise, fra sé e sé.  Tutte le sue colleghe erano morte d'invidia.

    Messa la freccia, passò sulla superstrada, accelerando gradualmente fino a superare i cento all'ora.  Ancora le sembrava impossibile che Frank l'avesse davvero corteggiata in quel modo.  Vini d'annata, ristoranti chic e cene a lume di candela.  Tutto assolutamente perfetto e maledettamente romantico.  Non vedeva l'ora che le facesse, finalmente, quella domanda.

    Colette proseguì verso nord per una manciata di chilometri, prima di prendere l'uscita che stava cercando e iniziare a farsi strada fra le stradine laterali.  E poi ci fu il matrimonio, una cerimonia degna dei migliori romanzi rosa.  Frank, col suo smoking, avrebbe fatto invidia a un re, mentre Colette si sentiva una principessa, avvolta nel pizzo bianco del suo vestito.  Passarono tutta la giornata insieme, felici come non mai fra i regali e le congratulazioni di amici e parenti.  L'espressione negli occhi di sua madre era inconfondibile.  Sei così fortunata, bambina mia.

    Trovata la strada, attraversò il cancello di ferro battuto e spinse lentamente avanti la macchina, costeggiando i prati ben tagliati, ammirando i fiori e le siepi minuziosamente curate e fantasticando su cosa potesse nascondersi appena sotto il manto erboso.

    Non appena il loro matrimonio fu stato consumato, però, la vera natura di Frank venne a galla e lui cambiò radicalmente.  Ogni cosa doveva essere perfetta, per lui e Colette non faceva eccezione.

    Fermò la macchina a bordo strada, spense il motore e uscì dalla macchina, immergendosi nella luce della luna.  Aveva provato in ogni modo a soddisfarlo, ma bastava che ci fosse un capello fuori posto e. Si fermò appena in tempo.  Non ci sarebbe ricascata.  Non di nuovo.  Non sarebbe mai più successo.  Si guardò le braccia, indugiando a studiare le cicatrici dei tagli e delle bruciature, rabbrividendo al ricordo delle botte subite.  Frank le aveva messo le mani addosso una volta di troppo.

    Spostò lo sguardo sulla tomba perfettamente tenuta, la cui lapide di granito riluceva sotto i raggi della luna, perfettamente immacolata, proprio come Frank.

    Poi si tolse le scarpe, fece un passo sulla tomba e iniziò a danzare.

    CUCINA AD ALTA QUOTA

    ––––––––

    Era un mattino di settembre e il cielo era plumbeo, carico di nuvole, quando Larry Cook si mise in marcia, lasciandosi alle spalle il punto di partenza del sentiero.  Una lieve brezza sibilava fra i pini, facendolo rabbrividire col suo coro di sussurri ovattati.  Alzò la testa, spostando lo sguardo sui fianchi delle montagne che lo sovrastavano, e si vide accerchiato da cime spolverate di neve e dai duri profili di numerose sporgenze rocciose.

    Avanti, sempre più in alto.  Fece un profondo respiro e strinse leggermente le cinghie dello zaino prima di proseguire, concentrato sull'ascesa che lo aspettava.

    Dopo un breve tragitto si fermò per riprendere il fiato e asciugarsi la fronte.  L'aria rarefatta e quei quasi trenta chili di zaino stavano rendendo tutto molto più difficile di quanto non si fosse aspettato, ma era assolutamente deciso a non  mollare.

    Roba da non credere.  In una settimana sono passato dal bar di Ken a questo posto.

    E io ne scommetto cinquecento che non ce la fai, disse Ken, riempiendo il boccale di Larry.

    Ci sto, preparati a sganciare.  Larry si passò una mano fra i capelli, spostandoli dalla fronte, prima di darsi una pacca sulla pancetta da birra.  Magari non sarò granché pratico di boschi, ma la forma ce l'ho di sicuro.  Per cinquecento dollari, poi, altroché se lo faccio.

    Sì, sì, meno chiacchiere e più fatti.  Ken sbatté sul bancone cinque banconote da cento dollari ciascuna.  Mio zio ha un negozietto, si chiama Yukon Jack's.  Se vuoi puoi noleggiare da lui la roba che ti serve.  Facci due chiacchiere, è un esperto di tecniche di sopravvivenza e di cucina ad alta quota.  Negli anni cinquanta lui e il suo gruppo sono rimasti bloccati sulle montagne, sai? È sopravvissuto solo lui.

    E come ha fatto?

    Ken sorrise.  Non ne ha mai parlato granché.

    E comunque non ha smesso di fare escursioni.

    Dice sempre che una volta che inizi a prenderci gusto...

    Quante cazzate! Scommetto che a tuo zio potrei anche insegnargli un paio di cose.

    Imparerò strada facendo.  Da solo.

    Un gioco da ragazzi.  Alzò lo sguardo verso il sentiero.  Posso farcela, borbottò fra un respiro e l'altro.  Sono il nuovo Grizzly Adams, cazzo.

    Si rimise così in cammino, inerpicandosi, fermandosi e riprendendo la scalata, percorrendo lentamente il sentiero ripido.  Sul finire della mattinata, una volta riuscito a superare un canale costellato di rocce, riuscì a spingersi all'interno della macchia di pini e betulle che copriva i pendii più bassi della montagna.  Arrivato a un bivio del sentiero si fermò a controllare con mappa e bussola quanta strada avesse fatto, approfittandone per mangiare un boccone.  Tre chilometri fatti.  Osservò attentamente i contorni della mappa, seguendone uno con un dito.  Sono salito di più o meno seicento metri.

    Ricordava ancora perfettamente la voce roca dello zio di Ken.  Ne sei davvero sicuro, ragazzo?  L'uomo era intento a squadrare Larry, una mano sollevata a grattare distrattamente la barba striata di grigio, quando si sentì squillare il telefono.  Torno subito, disse, alzando un dito.

    Larry si guardò attorno, assicurandosi che nessuno lo stesse guardando, e afferrò un coltello da sopravvivenza da centoventi dollari, nascondendoselo sotto la giacca.

    Dopo pochi minuti l'uomo ritornò stringendo una mappa in mano.  Larry vide i suoi occhi socchiudersi e per un attimo pensò che il vecchio l'avesse scoperto, poi lo sguardo dell'uomo tornò sereno.  Eccolo qui, il sentiero El Diablo Loco, disse, indicando la mappa con un dito nodoso.  Sta qui, vicino al Big Pine, una sezione della Sierra Nevada.  Lassù non c'è niente a parte orsi, uccelli e scoiattoli. Con quelle parole, diede a Larry una pacca sulla spalla con la sua mano ossuta.  Ti piacerà, te l'assicuro.

    Sì, mi sta proprio piacendo.  Larry  appoggiò i piedi sullo zaino e incrociò le dita dietro la nuca.

    Strada tosta.  Dio, sono a pezzi.  Il

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