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Commento al Padre nostro
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E-book101 pagine58 minuti

Commento al Padre nostro

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Le prime comunità cristiane pregano la Preghiera del Signore tre volte al giorno (Didaché 8,3) in sostituzione delle diciotto benedizioni della preghiera ebraica. Il Padre nostro è una preghiera essenzialmente comunitaria.Scrive san Giovanni Crisostomo:Il Signore ci insegna a pregare insieme per tutti i nostri fratelli. Infatti egli non dice Padre "mio" che sei nei cieli, ma Padre "nostro", affinché la nostra preghiera salga, da un cuore solo, per tutto il Corpo della Chiesa.Dal quarto secolo la preghiera di Gesù è collocata nel cuore della celebrazione della Cena del Signore (nella Messa)22. Essa è preceduta da queste parole: Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire...Senza questo precetto esplicito del Signore nessuno avrebbe mai avuto l’ardimento di chiamare Dio: Padre nostro. Senza Cristo non avremmo mai saputo d’essere realmente figli di Dio e partecipi della natura divina e, dunque, non avremmo mai saputo quanto Dio ci ama.
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2017
ISBN9788826474380
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    Commento al Padre nostro - San Tommaso d’Aquino

    padrenscvJHS_RoundWreath_b_embroidery_designLaudetur JCBreve profilo di TmmdAquino

    Tommaso1

    Nato a Roccasecca..

    ...oblato al monastero di Montecassino, studiò a Napoli.

    Entrò nell'ordine domenicano nel 1244, contro la volontà della sua aristocratica famiglia.

    Da Napoli si recò a Parigi per proseguirvi i suoi studi fino al 1248 sotto la guida di Alberto Magno, che poi accompagnò nel suo ritorno a Colonia (1248-1252). Nel 1252, chiamato a Parigi, vi iniziò il suo insegnamento come baccalaureus biblicus e poi sententiarius. Erano gli anni della polemica contro i regolari, che si chiuse con l' intervento del papa Alessandro VI, a cui sia Bonaventura che Tommaso dovettero l'insediamento nelle rispettive cattedre parigine di teologia (1256-57). A questo primo periodo di insegnamento risalgono il Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo (1254-56) e ad alcuni libri della Bibbia; un intervento nella disputa fra secolari e regolari, il Contra impugnantes Dei cultum et religionem; le Quaestiones de veritate, il suo primo trattato filosofico, il De ente et essentia; di poco posteriori sono i commenti al De Trinitate e al De hebdomadibus di Boezio (1255-61). Tra il 1257 e il 1273 l’Aquinate produsse la maggior parte delle sue opere.

    Vector1

    Fatto ritorno nella provincia romana dell'ordine domenicano insegnò nello studio della Curia Papale sotto il pontificato di Urbano IV (1261-1264). Trascorse gli anni italiani tra Roma, Viterbo e Orvieto, le città in cui risiedeva la corte papale, luoghi ricchissimi di fermenti intellettuali, dove si trovarono riuniti filosofi, scienziati, traduttori, tra i quali Guglielmo di Moerbeke, il domenicano fiammingo celebre per aver ritradotto Aristotele dal greco e numerosi commenti tardoantichi alle opere dello Stagirita e per essergli stato prezioso collaboratore. In Italia Tommaso iniziò a commentare Aristotele (la Metafisica, la Fisica e l'Etica Nicomachea); scrisse il commento al De divinis nominibus dello pseudo-Dionigi, le Quaestiones disputatae de potentia e le Quaestiones disputatae de spiritualibus creaturis, in cui espose la dottrina delle sostanze separate (angelologia). Qui scrisse anche la Summa contra Gentiles, su richiesta del generale dell'ordine domenicano Roberto di Peñafort. Dagli anni italiani fino alla morte egli lavorò inoltre all’opera centrale della sua ricerca filosofica, la Summa theologiae, rimasta incompiuto. Il ritorno a Parigi, nel 1269, portò Tommaso nel cuore del dibattito universitario sugli argomenti più controversi della filosofia aristotelica, ovvero la dottrina dell'unicità dell'intelletto possibile e quella dell'eternità del mondo.

    Vector1

    Del 1270 sono infatti i due trattati monografici, De unitate intellectus contra averroistas e De aeternitate mundi; numerosi commenti alle opere aristoteliche (De anima, Analitici, Politica - incompiuto e terminato da Pietro d' Alvernia; De sensu et sensato; De memoria et reminiscentia), il commento al Liber de causis e un commento, perduto, al Timeo di Platone occupano il periodo parigino, fino al ritorno a Napoli avvenuto nel 1272. Qui insegnò teologia fino al 1273. Non sappiamo che cosa successe durante la messa mattutina celebrata il 6 dicembre 1273, data che segna la cessazione definitiva dell’intensa attività di scrittore di Tommaso. Alle insistenze di Reginaldo da Piperno perché riprendesse a scrivere, l’Aquinate rispose: Reginaldo, non posso, perché tutto ciò che ho scritto è come paglia per me. Convocato a Lione per partecipare alla commissione preparatoria del secondo concilio ecumenico, morì il 7 marzo 1274, a Fossanova, durante il viaggio.

    070

    La teologia come scienza.

    Secondo Tommaso la distinzione dell’ambito teologico da quello filosofico si accompagna all’introduzione del metodo propriamente razionale in teologia; la filosofia, che insegna tale metodo razionale, è definita ancella della teologia, ad indicare che il metodo può solo essere utilizzato al servizio della verità rivelata, e non come strumento di critica nei suoi confronti. L'esegesi tradizionale si trasforma in un sapere teologico costruito con l' applicazione di una rigorosa tecnica filosofica, espressione autonoma della ragione umana nella sua realizzazione più alta - il metodo scientifico di Aristotele.

    070

    Il lume naturale della ragione.

    La struttura di fondo della filosofia di Tommaso è chiaramente leggibile nell’affermazione dell'inevitabile concordanza del lume della fede col lume naturale della ragione fondata sul fatto che entrambi derivano da Dio. L'atteggiamento di profonda fiducia nelle capacità autonome della razionalità deriva dal superamento del pessimismo circa la natura umana che soggiaceva alla costruzione agostiniana, radicato nell'idea del peccato originale e della successiva decadenza degli uomini dallo stato di perfezione originaria. Tommaso, vero figlio della sua epoca, sembra invece trovare nella filosofia aristotelica l'espressione della positiva perfezione della natura umana, fondata sull'idea della somiglianza originaria con Dio: sicché detrarre alla perfezione delle creature è lo stesso che detrarre alla perfezione della virtù divina. La ragione è la massima espressione di questa somiglianza, e perciò la massima perfezione del genere umano. Ora, la ratio si incarnava storicamente per Tommaso nella filosofia di Aristotele: è pertanto naturale che egli abbia assunto l'opera dello Stagirita come la base della propria filosofia, tesa a definire l'autonomia della ragione e della natura e

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