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Elettra
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E-book71 pagine40 minuti

Elettra

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Info su questo ebook

L'infelicità degli uomini è la grande e misteriosa tragedia che affascina e tormenta Euripide. Elettra è un personaggio complesso e sfaccettato, che ha dovuto subire il trauma di vedere la madre uccidere il padre. Elettra si muove in un paesaggio allucinante, dove i morti condizionano i vivi e il presente è sovrastato da un ieri che pone le regole, determina gli eventi. L'odio e la vendetta sono la misura di tutte le cose, ma quando la vendetta è compiuta e l'odio cade, le cose assumono i loro nudi, desolati contorni. Il passaggio dall'odio a una sorta di pietà, che è conquista euripidea, è un tema ripreso e approfondito dal teatro europeo del Novecento.
Traduzione di Ettore Romagnoli.
LinguaItaliano
Data di uscita4 nov 2018
ISBN9788829543816
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    Elettra - Euripide

    ELETTRA

    Euripide

    Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli

    Prima edizione 2018

    © Sinapsi Editore

    PERSONAGGI:

    Auturgo

    Elettra

    Oreste

    Un vecchio

    Un messaggero

    Clitemnèstra

    Diòscuri

    Pílade, personaggio muto

    Coro di fanciulle

    Campagna, sui confini dell'Argólide. La modestissima casa di Auturgo, contadino miceneo. Vicino scorre l'ìnaco, Sono le ultime ore della notte.

    (Esce dalla casupola Auturgo)

    AUTURGO:

      O d'Argo antica terra, e voi, dell'ìnaco

      acque fluenti, onde partí con mille

      navi, recando guerra al suol di Troia,

    Agamènnone re! Qui, spento Príamo

      dell'ilíaco suol signore, e l'inclita

      città presa di Dàrdano, tornò

      di nuovo ad Argo, e molte sovra i culmini

      dei templi consacrò spoglie di barbari.

      La fortuna colà dunque gli arrise;

      e in patria, invece, perí, per la frode

      di Clitemnèstra, e per la man d'Egisto,

      di Tieste figliuolo. Egli morí,

      l'antico scettro abbandonò di Tàntalo,

      e regna Egisto in questa terra, e sposa

      tiene con sé la sposa del defunto,

      di Tíndaro la figlia. Allor che il Sire

      a Troia navigò, lasciò due figli,

      Oreste, il maschio, ed il femmineo fiore

      d'Elettra. Oreste, mentre già piombava

      su lui la man d'Egisto, per ucciderlo,

      l'aio antico del padre lo rapí,

      a Strofio lo recò, per allevarlo,

      nella terra di Fòcide. Restò

      nella casa paterna Elettra; e quando

      giunse per lei l'adolescenza florida,

      quanti eran primi nella terra d'Ellade,

      la richiesero sposa. Egisto, invece,

      per timore che un figlio essa ad alcuno

      di quei possenti generar potesse,

      vendicatore dell'Atríde, a niuno

      mai la concesse, e la trattenne in casa.

      Pure, da timor grande, anche cosí,

      egli era invaso, che ad alcun di furto

      potesse figli generare; e morte

      darle decise: la salvò la madre,

      sebben crudele, dalle man' d'Egisto:

      ch'ella un pretesto per lo sposo ucciso

      aveva pure; ma odïosa rendersi

    temea, se i figli trucidasse. E allora,

      Egisto tese questa trama: il figlio

      d'Agamènnone, ch'ito era fuggiasco

      da questa terra, molto oro promise,

      chi l'uccidesse; e diede Elettra in moglie

      a me, che nacqui, niuno può contenderlo,

      da padri micenèi, di stirpe illustri,

      ma di sostanze poveretti; e allora

      la nobiltà va in fumo. Affin che fosse

      poco il timor, la diede a un uom da poco.

      Ché, se sposata un uom d'alto lignaggio

      l'avesse, certo ridestato avrebbe

      lo scempio, ora sopito, d'Agamènnone,

      la vendetta colpito avrebbe Egisto.

      Ma quest'uomo non mai, può dirlo Cípride,

      macchiò d'Elettra il letto: ella è ancor pura.

      Ebbi la figlia di Signori grandi;

      ma mi vergognerei s'io l'oltraggiassi,

      ché degno io non ne sono. E per Oreste

      piango, per lui che dicon mio cognato

      se mai, tornando, le infelici nozze

      della sorella, o misero, vedrà.

      E chi stolto mi giudica, perché

      una fanciulla ho in casa, e non la tocco,

      sappia che falso è il metro ond'ei misura

      la mia saggezza, e che lo stolto è lui.

    (Esce dalla casa Elettra. Indossa povere vesti e porta

    sulla testa una brocca per attingere acqua)

    Elettra:

      O negra notte, o de le stelle d'oro

      nutrice, all'ombra tua questa che siede

      brocca sul capo a me, debbo alle fonti

    fluvïali recare. A ciò ridotta

      la miseria non m'ha: bensí mostrare

      bramo agli Dei quanto m'offende Egisto,

      lanciare nell'immenso ètere l'ùlulo

      io voglio al padre mio: ché la Tindàride

      maledetta, mia madre, via da casa

      per compiacer lo sposo, mi scacciò.

      Or ch'altri figli a Egisto ha procreati,

      stima che siam di troppo Oreste ed io.

    AUTURGO:

      Ecco, per me travagli e peni, o misera,

      tu cresciuta fra gli agi: io ben ti dissi

      che tu te ne astenessi; eppur lo fai.

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