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Il bello della morale: Intorno al legame tra etica ed estetica
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E-book254 pagine1 ora

Il bello della morale: Intorno al legame tra etica ed estetica

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“La misura è la misura di tutte le cose”: non c'è più Dio o la Legge, ma la consapevolezza di avere la misura di tutte le cose. Non c'è più il bene separato dal buono, ma il bello del buono e il buono del bello. Ecco tracciate le basi filosofiche della rivoluzione sionista: l'accettazione della vita.
LinguaItaliano
EditoreBin Gorion
Data di uscita25 set 2014
ISBN9788890914799
Il bello della morale: Intorno al legame tra etica ed estetica

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    Anteprima del libro

    Il bello della morale - Bin Gorion

    Pinto

    Presentazione del curatore

    Cenni biografici

    Bin Gorion (Micah Josef Berdyczewski)¹ è considerato uno dei padri indiscussi dell’ebraico moderno. Nato in Ucraina occidentale nell’estate del 1865 da una famiglia religiosa (il padre era il rabbino della città e seguace del Ba’al Shem Tov, fondatore del chassidismo), il giovane e brillante Micah si interessò sin da giovane dell’Haskalah (l’illuminismo ebraico). Sposatosi a soli diciotto anni, fu costretto alla separazione due anni dopo perché il suocero, presso cui viveva, riteneva le sue letture «indegne» di un giovane e promettente rabbino.

    Fu così che ventenne Berdyczewski intraprese la via dell’«eresia» e dello «sradicamento», tema centrale di buona parte della sua produzione letteraria, fortemente autobiografica². Per circa un anno frequentò la yeshiva di Valozhin, dove iniziò anche la sua attività pubblicistica di polemista, caratterizzata dall’inconfondibile mistura di lirismo e logica. Lo stile emozionale fu espresso in articoli come Hetzitz V’nifga (Verso l’eresia), apparso su «Hamelitz» nel 1888, dove il giovane scrittore ebreo evidenzia lo stretto legame tra la sua attività intellettuale e il suo stato d’animo interiore.

    Nel 1890 Berdyczewski lasciò la Zona di Residenza ebraica per trasferirsi in Germania. Visse un paio d’anni a Breslavia, dove studiò al seminario rabbinico e all’università della città slesiana. Qui Conobbe David Frischmann, giovane intellettuale ebreo che gli aprì gli orizzonti sugli ultimi eventi intellettuali occidentali (tra cui il «caso Nietzsche»). Nel 1892 Berdyczewski si trasferì a Berlino, dove proseguì i propri studi ebraici e «gentili», conducendo un’esistenza ai limiti dell’indigenza. L’afflato libertario, influenzato dall’opera di Schopenhauer (all’epoca molto noto per via della sua produzione aforistica), viene espresso in articoli come Reschut ha-Jachid bead ha-Rabbim (il diritto del singolo di fronte alla maggioranza, 1892), dove Berdyczewski difese i diritti della libertà individuale e della creatività di fronte ai concetti astratti di tradizione, religione e «sano intelletto umano».

    Dal 1894 Berdyczewski proseguì per circa due anni i suoi studi all’Università di Berna, dove all’epoca si era formata una numerosa comunità di studenti ebrei russi. Qui si addottorò in filosofia sotto la guida di Ludwig Stein con una tesi sul legame fra etica ed estetica (cioè fra comunità e individuo). Dopo aver concluso i propri studi, l’ebreo ucraino tornò a Berlino per proseguire la propria attività pubblicistica. Mentre a Basilea veniva fondata l’Organizzazione sionistica mondiale guidata da Theodor Herzl, Berdyczewski entrò nel dibattito culturale interno al mondo ebraico sostenendo una posizione nietzscheana: tra svalutazione dei valori dell’ebraismo e della storia ebraica, ampliamento degli orizzonti estetici e letterari in seno all’ebraismo. Questo era il tenore della sua raccolta di saggi Shinui Arachim (Trasvalutazione dei valori, 1890-1896).

    Emblematico è il dibattito ospitato sulla rivista «Ha-Shiloach» tra il giovane ebreo ucraino e il conterraneo Achad Ha’am circa il rapporto tra passato e presente. Mentre il secondo, un positivista e tardo-idealista, sosteneva una visione nazionale dell’ebraismo improntata al recupero della superiore moralità biblica, il giovane Berdyczewski criticava la visione irenica, giustificazionista del primo e rappresentava il passato del popolo ebraico come un mondo atavico violento, vendicativo e basato su una discutibile doppia morale di vittima e carnefice³. Nel 1899 usò per la prima volta lo pseudonimo Bin Gorion (Figlio del leone, il nome cognome ebraico di David Ben Gurion, al secolo David Grün). Nel 1900, in mezzo alle polemiche giornalistiche, si sposò con la dentista Rachel Romberg che, insieme al figlio Emanuel, sostenne la sua attività letteraria⁴.

    Nel 1901 Berdyczewski viaggiò con la famiglia nella Zona di Residenza ebraica e soggiornò per breve periodo a Varsavia. La desolata condizione degli ebrei lo persuase a non ritornare in Russia. Visse per circa dieci anni a Breslavia, dove proseguì la propria attività pubblicistica ed editoriale. Oltre a pubblicare articoli e storie in ebraico e in yiddish, Berdyczewski iniziò la raccolta di storie e leggende bibliche e rabbiniche e intraprese un’analisi religiosa delle origini dell’ebraismo sulla base della tradizione samaritana. La Prima guerra mondiale fu un vero e proprio trauma: le sue condizioni di salute peggiorarono, come cittadino russo dovette sottostare a restrizioni giuridiche, suo padre venne ucciso in un pogrom a Dubovo. Ma al primo dopoguerra risalgono le sue opere letterarie più importanti, fra cui la novella Mirijam. Berdyczewski morì nel tardo autunno del 1921 e venne sepolto nel cimitero berlinese di Weissensee.

    Intorno al legame tra etica ed estetica

    La tesi di dottorato di Berdyczewski è chiaramente figlia del proprio tempo. Il giovane intellettuale ebreo ucraino intende giustificare la sua scelta filosofica, che è anche una scelta di vita: coniugare la conoscenza teoretica con quella etica, la filosofia con la religione. Non gli basta più la conoscenza religiosa tradizionale, ma ha bisogno di qualcosa di più vasto, di qualcosa che gli faccia vedere il mondo da una prospettiva più generale. Über den Zusammenhang zwischen Ethik und Ästhetik è un lavoro intriso di pathos emozionale, profondamente autobiografico. Pubblicata nella collana di studi filosofici diretta da Stein a Berna, la tesi di Berdyczewski analizza il rapporto esistente fra giudizio etico e giudizio estetico, partendo da una posizione neo-kantiana. Di fatto, ripercorrendo tutto il pensiero ottocentesco, che ha il suo culmine in Schopenhauer, il suo volgarizzatore à la mode Eduard von Hartmann e il suo superamento in Nietzsche, Bin Gorion rielabora oltre cinquemila anni di storia ebraica. Vediamo come.

    Partendo dall’espressione sofistica e relativistica dell’uomo come «misura di tutte le cose», Bin Gorion sferza un duro attacco al dualismo kantiano fra noumeno e fenomeno, cioè – in termini gnoseologici – fra etica ed estetica. L’introduzione della tesi è dedicata a porre le basi della sua argomentazione. Siccome – osserva il giovane studioso ebreo – è fittizia la separazione tra una cosa in sé e una cosa per sé, l’uomo riesce unicamente a comprendere il perché delle cose in base alla propria capacità intellettiva, confondendo il

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