Il testamento del conte
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Dopo un'assenza durata diversi anni, Miranda Braxton ritorna a Wychwood Court, la casa della sua infanzia, per assistere all'apertura del testamento del nonno, il Conte di Carnwood. Qui scopre sbalordita che il nuovo conte, suo lontano parente, è costretto a sposare lei o un'altra delle cugine per non perdere gran parte del ricco lascito. Qualcuno tuttavia è deciso a impedire che Miranda diventi Contessa di Carnwood, e per ben due volte attenta alla sua vita. Chi sarà il misterioso nemico che preferisce vederla morta piuttosto che erede di un titolo prestigioso e di un'ingente ricchezza?
Elizabeth Beacon
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Il testamento del conte - Elizabeth Beacon
Immagine di copertina:
Bruno Faganello
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Less Than Perfect Lady
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2008 Elizabeth Beacon
Traduzione di Daniela Mento
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-175-6
1
Mrs. Miranda Braxton guardò Wychwood Court dal finestrino della carrozza e le sembrò ancora più sontuosa di quanto la ricordasse. Attraverso la pioggerella, la grande dimora in stile Tudor le si presentava calda e accogliente, dopo cinque anni di lontananza. Le parve incredibile, mentre si spostava sul sedile della carrozza per ammirarla meglio, avere potuto abbandonare una simile meraviglia per seguire Nevin Braxton, il peggior errore della sua vita.
Tutto quello che doveva fare era stare alla larga da zia Clarissa e dalla cugina Cecilia per la settimana a venire. Perché il nonno avesse richiesto che anche lei fosse presente alla lettura del suo testamento andava al di là della sua comprensione, dato che quando era fuggita aveva messo bene in chiaro che non voleva più rivederla e che non avrebbe più dovuto bussare alla sua porta.
In fondo, adesso la porta non era più sua, pensò Miranda, perciò si era attenuto alla propria decisione.
Il suo erede, Christopher Alstone, era il figlio di un uomo che il nonno aveva sempre detestato, il che, probabilmente, doveva farlo rivoltare nella tomba.
Perfino nel nord del Galles, dove Miranda era vissuta fino a quel momento, erano arrivate voci di quanto l’erede del Conte di Carnwood avesse avuto successo negli affari, a Londra, ma Miranda dubitava che importasse a qualcuno, a Wychwood Court. La zia Clarissa, per esempio, era di sicuro scandalizzata che un suo parente insudiciasse con gli affari il nobile nome degli Alstone, per quanto fosse diventato ricco. La solita ipocrisia dell’aristocrazia.
«Vi è mancata la vostra casa, vero?» le chiese Leah, la sua cameriera personale e dama di compagnia. «Non è tipico dell’eccentricità di vostro nonno far leggere il testamento a tanti mesi dalla sua morte?»
«Sì, hai ragione.»
«Lady Clarissa avrà finalmente fatto i cambiamenti che aveva sempre desiderato. Wychwood sarà diversa da come la ricordate» proseguì Leah con un certo rincrescimento. «Lady Clarissa non aspettava altro che vostro nonno morisse per poter fare quello che voleva, a quanto mi dicevate.»
«Spero che non dirai a nessuno quello che ti ho raccontato, Leah» la esortò Miranda.
«Perché no?»
Miranda e Leah erano amiche, prima di tutto, e Leah, da subito, aveva deciso di non voler ricoprire il ruolo di cameriera silenziosa e discreta che le era destinato. I cinque anni trascorsi insieme, in circostanze così insolite, avevano rafforzato in lei la convinzione di poter dire tutto quello che le passava per la testa.
«Sarebbe meglio che non dicessi niente, Leah» tentò stancamente d’insistere Miranda. «Se non altro per amor di pace.»
«Non ne vale la pena» fu il parere della cameriera.
«Che ne valga le pena o meno, è meglio che tu taccia. E poi io non ho più niente a che fare con questa gente.»
«Wychwood Court è casa vostra, Mrs. Miranda.»
«Era casa mia, adesso non lo è più.»
Era stata una sofferenza stare lontana da Wychwood Court, almeno nei primi tempi, poi Lady Rhys, la sua madrina, le aveva garantito una residenza confortevole, che amava. A Nightingale House, nel Galles, aveva imparato molte cose che le sarebbero rimaste sconosciute se avesse continuato a essere la nipote viziata di un conte, tuttavia non poteva fare a meno di riconoscere che Wychwood Court per lei sarebbe sempre stata qualcosa di speciale, molto di più di una bella dimora antica.
Se avesse dovuto darle un nome, sarebbe stato quello di casa del suo cuore, e lo era ancora dopo cinque anni di lontananza.
«Il conte non avrebbe mai dovuto cacciarvi di casa» brontolò Leah.
«Non poteva farne a meno. C’erano motivi più importanti dei capricci di una ragazzina che aveva più capelli in testa che buonsenso.»
«Niente avrebbe dovuto essere più importante per lui del sangue del suo sangue.»
«Era proprio agli altri suoi parenti che pensava, quando mi ha cacciata» lo difese Miranda mentre la carrozza si fermava davanti all’entrata principale.
Lo sportello venne aperto, la scaletta pieghevole abbassata e Miranda scese agilmente dal veicolo.
«Almeno i vostri parenti avrebbero dovuto invitarvi ai funerali» proseguì Leah dopo aver raggiunto la padrona.
«Ho due sorelle minori, non voglio che la loro reputazione venga danneggiata dal triste ricordo di quello che ho fatto. E poi sono felice con Lady Rhys.»
«Voi non siete mai stata veramente felice da quando ve ne siete andata da qui» replicò testarda la cameriera.
Miranda, invece, era davvero convinta che il nonno avesse agito correttamente non rivolendola a Wychwood Court. Il suo cattivo esempio avrebbe potuto influenzare le sorelle minori, inducendole a commettere i suoi stessi errori.
Mentre riandava al passato, i suoi occhi incontrarono lo sguardo più ostile che avrebbe potuto immaginare. L’uomo che la osservava era davanti alla porta di Wychwood Court e i suoi occhi scuri la fissavano senza alcuna simpatia. Era alto, bello, atletico, aveva tutte le qualità che piacevano alle donne. Gli stivali lucidissimi e la giacca blu dal taglio impeccabile non facevano altro che mettere in risalto le sue caratteristiche da perfetto esemplare virile.
Miranda poteva immaginarselo facilmente in sella a uno stallone, a comandare la carica di un esercito, ma non alla Camera dei Lord, in mantello d’ermellino.
Eppure era il nuovo Conte di Carnwood, l’erede di suo nonno, con i suoi capelli corvini e i modi sprezzanti del ricco aristocratico.
«Il ritorno del figliol prodigo» commentò andandole incontro.
Il sorriso non raddolcì la sua espressione: era come se sorridesse solo con le labbra. Si muoveva come un predatore, c’era qualcosa di assolutamente selvaggio in lui. Qualcosa che un tempo l’avrebbe attirata come una fiamma attira una falena, sino a farla morire.
«Non siamo ancora stati presentati» gli disse con una freddezza pari all’ostilità che esprimeva lo sguardo dell’altro.
Il nuovo conte non nascose l’insofferenza. Adesso era lui il capofamiglia e il tutore delle sue sorelle minori, avrebbe meritato un rispetto che quella donna non gli stava dimostrando.
Perché omaggiarlo? Era un’estranea per la sua stessa famiglia, di sicuro nessuno era felice di vederla tornare nella dimora avita, pensava intanto Miranda.
«Immagino siate il Conte di Carnwood» aggiunse, fermandoglisi davanti come se fosse stata pronta alla lotta.
«È un piacere acquisire una parente così bella» rispose galantemente lui.
«È un piacere anche acquisire un parente adulatore, milord.» Poteva immaginare che opinione si fosse fatto di lei, non dissimile da quella di altri gentiluomini, del resto. Per fortuna doveva vivere con lui soltanto per una settimana, poi sarebbe ripartita e non lo avrebbe più rivisto.
Drizzò la schiena e lo guardò negli occhi, sfidando i suoi ridicoli pregiudizi come aveva sempre affrontato quelli degli altri.
«Non sono un adulatore. Io dico sempre la verità, quando le circostanze lo permettono» replicò il conte sostenendo il suo sguardo.
I pettegolezzi sul nuovo Conte di Carnwood l’avevano raggiunta perfino nella valle gallese dove viveva. Era un misantropo, dicevano le malelingue, una specie di orso che se ne stava nella sua tana senza dare confidenza a nessuno.
Non era certo facile affrontarlo in casa sua, ma non arduo, comunque, come tenere a bada coloro che si erano permessi di farle la corte dopo la morte del marito, pensando che fosse una donna di facili costumi, da cui non sarebbe stato un problema ottenere ciò che volevano.
«In queste caso, vi dovete essere fatto molti nemici, Lord Carnwood» gli disse sincera. «Pochi sopportano di sentirsi dire la verità. Ma voi riuscite a distinguere il vero dalle bugie?»
«Ci riesco perché non mi fermo mai alla superficie. Vado a fondo, cerco informazioni fino a quando non ho un quadro giusto della situazione» rispose lui senza battere ciglio, come per dirle che non si era fermato a considerare la sua fama, ma che aveva indagato per sapere chi fosse realmente.
Miranda si sentì a disagio. Per fortuna, nessuno conosceva i sordidi risvolti della sua vita con Nevin Braxton, eppure provò un brivido all’idea che qualcosa fosse trapelato e arrivato fino all’orecchio del conte. Non era vero, si stava soltanto prendendo gioco di lei. Un’arte in cui doveva essere molto abile.
Solo il fatto che le avesse richiamato alla mente gli anni infelici accanto al marito glielo fece detestare.
«Molto spesso non è possibile trovare informazioni più accurate sulle persone» gli disse nello stesso tono.
«Io trovo sempre un modo» la smentì lui, e sembrava una minaccia.
«In questo caso verrò da voi per chiedervi consiglio, milord» tagliò corto lei. «Per il momento, dato che sono molto stanca e c’è un vento fastidioso, vorrei entrare in casa prima che Leah e io ci prendiamo un raffreddore.»
«Avete ragione, vi chiedo scusa per la mia mancanza di buone maniere. Purtroppo sono molto ignorante a riguardo.»
«L’ignoranza è scusabile, un po’ meno la mancanza di considerazione, milord.»
«In questo caso confido che voi crediate alla mia ignoranza, Mrs. Braxton» ribatté lui.
Non era un avversario da poco, pensò Miranda, e non le spiacque. Era contenta di vedere che il nuovo Conte di Carnwood era un tipo agguerrito. Le sue sorelle avrebbero avuto un valido tutore e forse sarebbero state risparmiate, almeno a loro, tutte le vicissitudini che lei aveva sofferto per una follia giovanile.
Qualcosa dentro di lei le fece invidiare le sorelle, ma preferì ignorarlo mentre il conte seguiva i suoi passi con occhio severo, attento a spiare ogni incertezza nel suo incedere mentre saliva i gradini che portavano nell’atrio di Wychwood Court.
Arrivò alla porta senza mettere piede in fallo e fu un’impresa, considerata l’emozione che stava provando. Appena lavata, cambiata e riposata dalle fatiche del viaggio, promise a se stessa, sarebbe stata pronta ad affrontare di nuovo il conte e a rimetterlo al suo posto.
Non avrebbe accettato lezioni da lui né tanto meno che continuasse a biasimarla in silenzio per il suo passato con quello sguardo severo. L’ultimo uomo che si era permesso di giudicarla era stato il suo defunto marito, non avrebbe consentito ad altri di trattarla in quel modo.
«Miranda! Sei diventata così magra che quasi non ti riconoscevo!»
La voce acuta della cugina Cecilia riscosse Miranda dai propri pensieri, facendole distogliere l’attenzione dal nuovo nemico per spostarla sulla sua vecchia nemica. Cecilia era così bella ed elegante che lì, nell’atrio di Wychwood Court, faceva sembrare meno pregevole perfino la statua di marmo della dea Diana. Una grazia che non riusciva ad attenuare la freddezza di quel saluto.
Cecilia Grant aveva sei anni più di lei e non si era ancora risposata pur essendo rimasta vedova molto presto. Ci sarebbe voluto almeno un duca per farla allontanare da Wychwood Court, ma l’occhiata che diede al nuovo conte persuase Miranda che forse sarebbe bastato di meno a conquistarla... e non si sarebbe neppure dovuta allontanare dalla casa dei propri avi.
Miranda sapeva benissimo che Cecilia si stava comportando con gentilezza solo per la presenza del conte. Fra di loro non era mai corso buon sangue e le cose non potevano essere cambiate negli ultimi cinque anni.
Quei due si meritavano a vicenda, pensò. Almeno, se si fossero sposati tra di loro, non avrebbero reso infelice nessun altro per il resto della vita.
«Buongiorno, Cecilia» le rispose con cautela, domandandosi se perfino Bonaparte non sarebbe stato accolto con più affetto.
«Buongiorno, Miranda» replicò l’altra come se si fossero viste il giorno prima e avessero litigato.
«Come stai?»
«Bene come sempre» le rispose compiaciuta di se stessa.
«E la zia? Anche lei gode di ottima salute?»
«La mamma sembra essersi finalmente ripresa dalla grande perdita del conte e il nuovo conte fa di tutto per confortarla con grande delicatezza e tutte le premure possibili.» Cecilia lanciò a Christopher Alstone un’occhiata adorante, che avrebbe fatto sciogliere il cuore di qualunque uomo. Il suo arrivo a Wychwood Court doveva esserle parso un dono degli dei. «È stato così faticoso per me e per la mamma occuparci da sole di Wychwood Court» aggiunse con quella voce sospirante che aveva sempre fatto venire voglia a Miranda di prenderla a schiaffi.
«Capisco» rispose con una condiscendenza che la meravigliò. Forse era solo stanca per il viaggio.
Si fece forza e non sorrise nel sentire Leah che sbuffava dietro di lei, evidentemente infastidita da tanta ipocrisia, tuttavia la cugina la squadrò con ancora minore simpatia.
Chissà che cosa si sarebbero detti lei e il nuovo conte, una volta soli. Si sarebbero commiserati a vicenda d’avere una simile parente.
«La mamma sta prendendo il tè nel salone» le comunicò la cugina con un lampo di malignità negli occhi. «Sono sicura che sarebbe felice di vederti.»
Sia lei sia Miranda, naturalmente, sapevano che la zia Clarissa non sarebbe stata affatto felice di vederla, ma se credeva che lei fosse ancora la fanciulla timida di cinque anni prima, desiderosa dell’approvazione degli altri, si sbagliava di grosso. Non sarebbe mai sopravvissuta al matrimonio con Nevin Braxton, se non avesse fortificato il proprio carattere.
«Una tazza di tè sarà la benvenuta, dopo un viaggio così lungo» si limitò a osservare con la massima disinvoltura, senza lasciarsi disturbare dalla prospettiva d’incontrare la temibile zia.
«Avremmo dovuto offrirvelo subito» si scusò il conte con una grazia aristocratica che avrebbe fatto invidia a Lord Brummell.
Poi si diressero tutti insieme verso il salone, le due donne davanti e il conte dietro. A Miranda sembrava si sentire lo sguardo del gentiluomo su di sé, sui propri fianchi ondeggianti e sulle lunghe gambe.
Che pensasse di lei quello che voleva, non le importava. Ormai era abituata a lasciare che la gente pensasse quello che preferiva, tanto lei non cambiava atteggiamento in alcun modo, anche se la criticavano.
Cecilia e il conte erano suoi cugini, non molto dissimili l’uno dall’altro. Cecilia si era sempre lamentata di non avere ereditato gli occhi azzurri degli Alstone, ma nemmeno il conte li aveva.
Il fondatore della famiglia e delle fortune degli Alstone era molto simile al nuovo conte, almeno a giudicare da come appariva nel ritratto appeso nella galleria di Wychwood Court. Era scuro di occhi e di capelli e si diceva che quando un conte con quelle caratteristiche diventava il capo della casata portava o grandi disgrazie o grandi fortune alla famiglia.
Il tempo avrebbe detto quale sarebbe stato il caso del nuovo conte, non c’era altro da fare che attendere.
«Saluterò la zia, poi andrò a rinfrescarmi» disse Miranda con un tono allegro che non era di certo dovuto alle circostanze.
Nessuno sarebbe stato allegro all’idea di un faccia a faccia con Clarissa e, a quanto pareva, neppure il conte lo desiderava.
Infatti, invece di andare insieme a loro nel salone dove la zia li aspettava, si chiuse nella biblioteca dicendo a Coppice, il maggiordomo, che