Il Cooperative Learning
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Anteprima del libro
Il Cooperative Learning - Cavaliere Elena
CAPITOLO PRIMO
Introduzione teorica al modello
del Cooperative Learning
1.1 Introduzione
Charles Handy nel suo libro The age of unreason
afferma che ci troviamo nell’età dell’irrazionalità, che il mondo che hanno conosciuto i nostri antenati non è più il nostro. Tutto si trasforma ad una velocità tale che diventa impossibile fare delle previsioni a lungo termine.
Obiettivo dell’uomo, all’inizio dell’età moderna, era dominare la natura. Bacone, Galileo, Cartesio svilupparono metodi che potessero consentire di cogliere le sue leggi e di prevederne gli sviluppi.
L’uomo per dominare sulla natura, nel corso del tempo, ha realizzato una serie di strumenti che a loro volta hanno modificato il mondo rendendolo però più complesso e difficile da controllare.
Per vivere nella nostra società bisogna essere capaci di adattarsi velocemente al cambiamento e rendersi conto del fatto che gli uomini sono legati l’un l’altro ormai a livello planetario. Troppo spesso, a livello di percezione soggettiva ci si comporta ancora in modo individualistico ed in modo competitivo, mentre le situazioni che viviamo ogni giorno possono essere affrontate solo in modo cooperativo. Non è un caso che coloro che riescono ad imporre la loro voce sono quelli che si associano.
È necessario, in una società sempre più complessa, arrivare a comprendere a livello soggettivo la situazione di interdipendenza planetaria che si vive e comportarsi di conseguenza.
Diventa perciò importante acquisire nuove abilità nella gestione delle informazioni e delle relazioni interpersonali; non ci si può più accontentare di imparare ma è necessario imparare ad imparare,per essere in grado di farlo per tutta la vita.
Ogni persona, normodotata o non, non può più accontentarsi di raggiungere obiettivi minimi nell’apprendimento e nella relazione; ciascuno deve arrivare a sviluppare al massimo le proprie doti. Ognuno ha margini di miglioramento, ognuno, come dice Vygotsky, ha la propria zona di sviluppo prossimale, ognuno cioè ha la possibilità di sviluppare al massimo le proprie qualità grazie all’intervento collaborativo degli altri.
Compito dell’educatore è aiutare ad accrescere queste qualità utilizzando gli strumenti e le modalità più adatte al destinatario del suo intervento educativo.
1.2 La scuola cambia
La scuola sta cambiando; essa non è più solo il luogo all’interno del quale si devono acquisire conoscenze, ma anche competenze e capacità.
Compito prioritario della nuova
scuola è la creazione di ambienti idonei di apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale lezione- studio individuale- interrogazione per dar vita a comunità di discenti e docenti impegnati collettivamente nell’analisi e nell’approfondimento degli oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi.
Tutto ciò richiede metodi di insegnamento capaci di valorizzare simultaneamente gli aspetti cognitivi e sociali, affettivi e relazionali di qualsiasi apprendimento.
Insegnare, quindi, non può più significare soltanto curricolo e istruzione
ma anche gestire la classe, motivare gli studenti ad apprendere e cercare di soddisfare i loro bisogni individuali.
A questo punto la domanda fondamentale è: come può un docente prestare attenzione ai bisogni individuali quando ha responsabilità continue nella conduzione di classi di venticinque e più studenti?
Una metodologia che potrebbe essere di aiuto ai docenti e dare risposte concrete a questa domanda è proprio il Cooperative Learning.
1.3 I bisogni formativi dei docenti
I bisogni formativi dei docenti in campo psicopedagogico sono stati esaustivamente affrontati da C. Pontecorvo (1996), secondo la quale il saper fare di un docente deve racchiudere : saper ascoltare gli alunni e mettersi dal loro punto di vista emotivo e cognitivo per far crescere autonomia e sicurezza; gestire il discorso e l’interazione sociale come strumenti di costruzione di abilità e conoscenze, di arricchimento dell’esperienza, di stabilità emotiva; organizzare il tempo, lo spazio gli ambienti per rendere naturalmente sistematiche le attività didattiche e per fare la regia di una progettazione curricolare flessibile. In questa gamma di attività la formazione psicologica gioca un ruolo primario. Per dare una fondazione scientifica a tali competenze, l’insegnante deve conoscere la psicologia dello sviluppo e dell’educazione, la psicologia sociale, la psicologia generale e dinamica. La psicologia dello sviluppo e dell’educazione e le sue correlate metodologie e tecniche possono sostenere l’attività di osservazione da ampio raggio, articolata, sistematica, rivolta allo sviluppo ed alla socializzazione degli alunni, che, se svolta nel contesto ecologico delle attività didattiche, offre il riscontro del funzionamento reale delle istituzioni educative. Compito prioritario delle prime fasi scolastiche è sviluppare il gusto ed il piacere nell’apprendere, la motivazione all’apprendimento e alla competenza, la volontà di esplorare campi nuovi.
È pertanto rilevante una buona conoscenza da parte di tutti i docenti di tutte le problematiche relative alla motivazione ed è anche importante che siano consapevoli del ruolo che le teorie ingenue
sulla intelligenza e sulla personalità degli stessi educatori hanno sulle autorappresentazioni e sulle motivazioni dei loro allievi. E’ anche essenziale che lo studio del curricolo sia nei suoi fondamenti teorici, epistemologici, metodologici il rapporto tra acquisizioni culturali e sviluppo di abilità, sia nelle fasi più operative di ideazione, costruzione e conduzione di unità curricolari specifiche. La sua base di ricerca è data da una psicopedagogia del curricolo che considera lo sviluppo dei bambini in stretta correlazione con le sollecitazioni culturali, cognitive e sociali che gli sono offerte dagli ambienti educativi. La psicologia dell’educazione tende sempre più a definirsi nei termini di una psicologia culturale dell’istruzione in cui è centrale il modo in cui il soggetto in evoluzione si appropria degli strumenti dei media, degli artefatti che caratterizzano la cultura di appartenenza.
Gli sviluppi recenti dell’impostazione vigotzskiana hanno dato rilievo al carattere situato e distribuito dell’attività di costruzione della conoscenza che avviene sempre all’interno di sistemi di attività socialmente significativi in cui è determinante il ruolo degli strumenti e dei materiali. Quanto all’area della formazione all’interazione educativa e didattica essa coinvolge i diversi compiti di gestione del docente che si esplicitano in complessi comportamenti educativi e strategie didattiche. E’ sostanziale che l’insegnante divenga capace di ascoltare e sostenere il discorso e l’interazione dei bambini finalizzata alla comunicazione, allo scambio, alla soluzione di problemi, alla costruzione di conoscenza nelle diverse forme che può assumere: l’interazione fra pari (diadica e di piccolo gruppo), l’interazione più allargata, la discussione collettiva. Per far questo bisogna saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti di analisi e di gestione del discorso e della conversazione, imparando a controllare, anche quantitativamente, la propria partecipazione al processo comunicativo.
E da un punto di vista metodologico la formazione di abilità, comportamenti, strategie legati al discorso e alla comunicazione, può essere realizzata attraverso l’osservazione sistematica di situazioni in classe, l’analisi e la discussione di materiali videoregistrati e trascritti, la preparazione e la sperimentazione di proposte didattiche specifiche che favoriscano il discorso e la collaborazione. Dello stesso parere riguardo a quest’ultimo aspetto sono la Francescato (1992) e la Malagoli- Togliatti (1992) autrici di studi sul gruppo-classe.
È proprio sugli ultimi due aspetti analizzati, l’interazione fra pari come fattore di maturazione della personalità e di costruzione di conoscenza e l’attività di ricerca e sperimentazione dei docenti che bisogna focalizzare l’attenzione. È necessaria una formazione docenti all’utilizzo di un metodo didattico (il Cooperative Learning) basato sull’interazione fra alunni, i cui scopi sono educativi e didattici.
1.4 Nascita e sviluppo del Cooperative Learning
L’idea del lavoro di gruppo non è nuova nella storia dell’educazione: suggestioni a tal proposito si trovano già nel Talmud ed in Comenio, mentre tra i contributi relativamente più recenti basti citare le esperienze di Bell in India e, in Europa, di Lancaster in Inghilterra, della scuola a squadre di Petersen in Germania ed in Francia le esperienze dell’equipe egualitaria di Cousinet, la tipografia scolastica di Freinet, la cooperativa scolastica di Profit.
Il Cooperative Learning presenta molti punti in comune con queste esperienze, ma anche numerose differenze che lo rendono totalmente innovativo rispetto al passato.
Un impulso decisivo agli studi nel settore è partito agli inizi del 900 ad opera di due scuole di pensiero, quella pedagogica di Dewey e quella psicologica di Lewin: senza dilungarci sull’argomento, diremo