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La nuova Russia: (1990-2015)
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La nuova Russia: (1990-2015)

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Dopo aver riconosciuto la libertà religiosa nel 1990, dal 1997 la Russia ha ricostituito un sistema confessionista che rispecchia quello zarista, rinnegando il separatismo proclamato nella Costituzione. Alla Chiesa di Stato viene assegnato un ruolo privilegiato e si ricostituisce la triade Ortodossia, Autocrazia e Spirito nazionale. Mosca si ripropone come Terza Roma, il cui territorio canonico esorbita dai confini dello Stato. Sorgono di conseguenza dei conflitti tra le Chiese ortodosse in Ucraina, Estonia e Moldavia. Il rapporto sinfonico che si è consolidato tra Kirill e Putin porta alla sacralizzazione dell’identità nazionale russa e alla conseguente discriminazione delle minoranze religiose.
Nel saggio che conclude questo quarto e ultimo volume, Stefano Caprio mostra come la Russia di Putin sia un’incarnazione della Russia di sempre: un grande Paese dalla vocazione universale e incompiuta, un popolo messianico non per elezione divina, ma per conseguenze della storia, una terra senza confini in cerca di una nuova definizione. Dopo un secolo segnato dall’ateismo più sistematico e totalitario, l’Ortodossia russa è rinata come l’Uccello di Fuoco della mitologia slava. La guida suprema di questa rinascita, Vladimir Putin, ha sottomesso ogni possibile avversario e ha mostrato al mondo la volontà della Russia di tornare a essere la superpotenza di un tempo; la Chiesa del patriarca Kirill cerca di non rimanere succube del cesaropapismo, ma di guardare al terzo millennio come alla nuova era del cristianesimo universale, unica salvezza per un mondo sull’orlo della rovina.
LinguaItaliano
EditoreJaca Book
Data di uscita12 mag 2021
ISBN9788816802865
La nuova Russia: (1990-2015)
Autore

Giovanni Codevilla

Allievo di Orio Giacchi, grande canonista dell’Università Cattolica di Milano, ha insegnato per quarant’anni Diritto dei Paesi dell’Europa Orientale e Diritto Ecclesiastico comparato nell’Università di Trieste. È autore di diverse monografie dedicate alle relazioni tra Stato e Chiesa in Urss e nell’Europa Orientale e di numerosi contributi scientifici pubblicati in Italia e all’estero.

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    La nuova Russia - Giovanni Codevilla

    LA NUOVA RUSSIA

    1990-2015

    1. LA LIBERTÀ RELIGIOSA NELLA COSTITUZIONE RUSSA

    La Costituzione della Federazione Russa del 12 Dicembre 1993 espone con molta chiarezza i principi che devono guidare il legislatore nell’emanazione delle norme giuridiche che regolano i rapporti tra il potere temporale e quello spirituale.

    L’articolo 14, posto nel capo I della Costituzione, dedicato alle basi del sistema costituzionale, riproponendo in relazione alla religione quanto affermato in termini più generali nell’articolo precedente¹, recita:

    «1. La Federazione Russa è uno stato laico. Nessuna religione può costituirsi in qualità di religione di stato od obbligatoria.

    «2. Le associazioni religiose sono separate dallo stato e sono uguali davanti alla legge».

    Con perfetta lucidità il legislatore costituzionale affronta il problema da due punti di vista: nella prima parte dell’articolo prende in considerazione l’atteggiamento dello Stato nei confronti del fenomeno religioso in generale, mentre nella seconda fissa i criteri per la regolamentazione della posizione giuridica delle varie Chiese e Confessioni all’interno dell’ordinamento statale.

    Per quanto riguarda il primo aspetto del problema, la Legge Fondamentale proclama in modo inequivocabile il principio della laicità: in altre parole dichiara l’incompetenza dello Stato a optare per la fede o per la sua negazione e ribadisce, inoltre, in termini categorici un principio già implicito nel concetto di laicità, ossia il divieto posto allo Stato di preferire una religione in particolare, ovvero di permettere che qualsiasi religione possa assumere il carattere dell’obbligatorietà, o comunque una posizione di privilegio rispetto alle altre. E questo divieto perentorio è posto indipendentemente dal fatto che tale posizione di favore sia conseguita per forza intrinseca di una Chiesa, ovvero grazie al sostegno dello Stato.

    Altrettanto chiaro è il disposto del punto 2 dell’articolo 14, che afferma il principio separatista e quello dell’uguaglianza delle varie Chiese e Confessioni di fronte alla legge, da cui consegue il divieto perentorio per lo Stato di stabilire tra di esse un regime di disuguaglianza giuridica.

    ¹Si vedano, soprattutto, i punti 1, 2 e 4 dell’art. 13, che dispongono: «1. Nella Federazione Russa è riconosciuta la molteplicità delle ideologie (ideologičeskoe mnogoobrazie). 2. Nessuna ideologia può costituirsi in qualità di ideologia di stato ovvero obbligatoria […] 4. Le associazioni sociali sono uguali davanti alla legge».

    2. LAICITÀ DELLO STATO E SEPARATISMO

    Il termine separazione della Chiesa dallo Stato è spesso usato in modo confuso e talvolta ambiguo dalla dottrina e dalla giurisprudenza e, di conseguenza, è necessario chiarirne il contenuto semantico, al fine di verificare se la legislazione della Federazione Russa sulle associazioni religiose si attenga effettivamente e rigorosamente ai criteri del separatismo.

    La necessità di chiarire questo concetto si pone soprattutto nel mondo russo, giacché durante la lunga notte del bolscevismo si è impropriamente adottato questo termine per definire un ordinamento che nella realtà si proponeva lo scopo dichiarato di estromettere la religione e le Chiese dalla società, al fine di dar vita a uno Stato senza Dio. In altre parole, non si è separata la Chiesa dallo Stato, bensì la società dalla Chiesa.

    Un genuino sistema separatista muove dal principio che la Chiesa e lo Stato sono due poteri sovrani, la cui esistenza è ugualmente giustificata e legittima: di conseguenza, in quel sistema si afferma necessariamente una piena libertà di religione.

    In un ordinamento che si ispiri a siffatto principio appare fondamentale la distinzione tra affari politici ed ecclesiastici: nei primi non può esservi intromissione o influenza da parte della Chiesa, e nei secondi non può aversi ingerenza da parte dello Stato; inoltre, le associazioni ecclesiastiche e religiose sono parificate alle società private senza fine di lucro, così che lo Stato non concede a una o ad alcune di esse speciali diritti o privilegi, e, parimenti, non pretende speciali diritti sulle une più che sulle altre¹.

    Nel regime separatista, dunque, all’emancipazione completa della politica da ogni ingerenza confessionale corrisponde la piena libertà di professione di qualsiasi fede religiosa, chiaramente e coerentemente sancita all’art. 28 della Costituzione della Federazione Russa², fatti salvi i limiti imposti dalla Costituzione stessa e dalle leggi penali.

    Parimenti, in detto sistema è fermamente respinta ogni pretesa o tentativo dello Stato di esercitare alcuna ingerenza nell’attività delle associazioni religiose, riguardo alla loro organizzazione, struttura gerarchica, nomine, patrimonio, e via dicendo.

    Affermando di voler dar vita a uno Stato laico e separatista il legislatore costituzionale asserisce implicitamente di voler porre in essere i principi che sono il corollario della laicità e del separatismo e, primo tra questi, quello di uguaglianza, decretato in linea generale all’art. 13, sub 4 della Legge Fondamentale («Le associazioni sociali sono uguali davanti alla legge») ed espressamente ribadito all’art. 14 sub 2 in relazione alle associazioni religiose. Si tratta di un principio della massima importanza, in quanto comporta l’esclusione della possibilità di emanare una legislazione speciale, uno ius singulare, sia a favore che a disfavore, limitato alle società a finalità religiosa, ovvero di istituire per alcune di esse un regime giuridico particolare, principio che, come si è accennato, è uno dei cardini irrinunciabili della dottrina separatista.

    Laicità dello Stato e separatismo, nel significato sopra descritto, sono la premessa per il riconoscimento di una piena libertà religiosa, solennemente proclamata all’art. 28, giacché questa può sussistere solo quando lo Stato non prende posizione né per una religione o Chiesa a danno di un’altra, né per la Trascendenza, né per la miscredenza e quando, nella disputa che tra queste da sempre intercorre, si tiene in disparte, e non al di sopra di esse, giacché, per dirla con un grande maestro, l’intento della libertà religiosa non è così alto: «non è, come per la fede, la salvezza oltremondana; non è, come per il libero pensiero, la verità scientifica: il suo intendimento è subordinato invece a codesti due trascendenti fini, ed è assai più modesto e tutto quanto terreno e pratico. E sta nel creare e mantenere nella società un ordinamento giuridico tale, che ogni individuo possa perseguire e conseguire a sua posta quei due fini supremi, senza che gli altri uomini, o separati o raggruppati in associazioni o Chiese, o anche impersonati in quella suprema collettività che è lo Stato, gli possano mettere in ciò il più piccolo impedimento o arrecare perciò il più tenue danno»³.

    A ben vedere la libertà religiosa, intesa come diritto, è garantita da un triplice ordine di disposizioni che possono essere qualificate: negative, per cui lo Stato toglie di mezzo ogni forma di ineguaglianza determinata da motivi religiosi; indirette, volte a forgiare i rapporti tra Stato e individuo di modo che, secondo la ben nota espressione di Emil Friedberg, il cittadino trascorra la vita dalla culla alla tomba senza che venga esercitata dallo Stato alcuna pressione di ordine religioso; positive e dirette, volte alla tutela delle manifestazioni della libertà religiosa, ivi compresa la libertà di professare e diffondere la propria fede.

    Ciò premesso, si deve ora verificare se i principi costituzionali citati siano rispettati dalla vigente legge federale del 1997 Della libertà di coscienza e delle associazioni religiose, la quale dà una definizione molto articolata del concetto di separatismo⁴, che sembra voler recepire i principi di separazione e di laicità affermati nella Legge Fondamentale.

    ¹Cfr. P. Hinschius, La separazione dello Stato dalla Chiesa, in «Biblioteca di Scienze Politiche», diretta da A. Brunialti, vol. VIII, Unione Tipografico-editrice, Torino 1892, p. 625.

    ²L’articolo 28 del capo II, dedicato ai diritti e alle libertà dell’uomo e del cittadino, afferma: «A ciascuno è garantita la libertà di coscienza, la libertà di professione religiosa, compreso il diritto di professare individualmente o in comune con altri qualsiasi religione o di non professarne alcuna, di scegliere liberamente, di avere e di diffondere convinzioni religiose e altre e di agire in conformità con esse».

    ³Cfr. F. Ruffini, La libertà religiosa come diritto pubblico subiettivo, Il Mulino, Bologna 1992, p. 217.

    ⁴L’art. 4 della legge del 1997, modificato dalla legge federale del 2 Luglio 2013, № 185 FZ, che al punto 1 riprende alla lettera l’art. 14 sub 1 e 2 della Costituzione, recita:

    «Lo stato e le associazioni religiose.

    1. La Federazione Russa è uno stato laico. Nessuna religione può costituirsi in qualità di religione di stato od obbligatoria. Le associazioni religiose sono separate dallo stato e sono uguali davanti alla legge.

    2. In conformità con il principio costituzionale della separazione delle associazioni religiose dallo stato, lo stato:

    – non si ingerisce nella scelta da parte del cittadino del proprio atteggiamento verso la religione e dell’appartenenza religiosa, nella formazione religiosa dei figli da parte dei genitori o delle persone che ne fanno le veci, in conformità con le proprie convinzioni e tenendo conto del diritto del bambino alla libertà di coscienza e alla libertà di professione religiosa;

    – non affida alle associazioni religiose l’adempimento di funzioni degli organi del potere statale, degli altri organi statali, delle istituzioni statali e degli organi di autogoverno locale;

    – non si ingerisce nell’attività delle associazioni religiose se questa non è in contrasto con la presente legge federale;

    – garantisce un carattere laico dell’istruzione negli istituti di educazione statali e municipali.

    3. Lo stato regola la concessione alle organizzazioni religiose di facilitazioni tributarie e altre, presta aiuto finanziario, materiale e altro alle organizzazioni religiose nel restauro, nella conservazione e nella tutela degli edifici e dei beni che sono monumenti della storia e della cultura e anche nel garantire l’insegnamento delle discipline obbligatorie nelle organizzazioni educative costituite dalle organizzazioni religiose in conformità con la legislazione della Federazione Russa sull’educazione.

    4. L’attività degli organi del potere statale e degli organi di autogoverno locale non è associata a riti e cerimonie religiose pubbliche. I funzionari degli organi del potere statale, degli altri organi statali e degli organi di autogoverno locale e anche i militari non hanno il diritto di utilizzare la propria posizione di servizio per la formazione di un determinato atteggiamento verso la religione.

    5. In conformità con il principio costituzionale di separazione delle associazioni religiose dallo stato, l’associazione religiosa:

    – si costituisce ed esercita la sua attività in conformità con la propria struttura gerarchica e istituzionale, sceglie, nomina e sostituisce il proprio personale in accordo con le condizioni e le esigenze previste dai propri regolamenti interni;

    – non svolge funzioni degli organi del potere statale, degli altri organi statali, delle istituzioni statali e degli organi di autogoverno locale;

    – non partecipa alle elezioni degli organi del potere statale e degli organi di autogoverno locale;

    – non partecipa all’attività dei movimenti politici e dei partiti politici e non presta a essi aiuto materiale e di altro tipo.

    6. La separazione delle associazioni religiose dallo stato non comporta limitazioni dei diritti dei membri di dette associazioni a partecipare alla pari con gli altri cittadini alla direzione degli affari dello stato, all’elezione degli organi del potere statale e degli organi di autogoverno locale, all’attività dei partiti politici, dei movimenti politici e delle altre associazioni sociali.

    7. A richiesta delle organizzazioni religiose, i corrispondenti organi del potere statale nella Federazione Russa hanno la facoltà di istituire feste religiose con giornate non lavorative (festive) nei rispettivi territori».

    3. LA LEGGE FEDERALE DEL 1997 E LA RESTRIZIONE DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA

    La nuova normativa ordinaria promulgata nel 1997 è il frutto di un lungo e contraddittorio processo iniziato nel 1990: in quell’anno, grazie a una legge profondamente liberale¹, scritta da Gleb Jakunin, uno degli esponenti più significativi del dissenso religioso, ha fine l’intolleranza bolscevica in materia di libertà religiosa e con essa il regime di apartheid per decenni imposto ai credenti; ma ben presto la fioritura di un numero elevatissimo di nuove comunità che emergono dalla clandestinità preoccupa gravemente la Chiesa Ortodossa Russa e soprattutto quei suoi sostenitori nazionalisti, xenofobi e illiberali, i quali agiscono permettendo agli esponenti della Chiesa di non compromettersi e, sin dal principio del processo di desovietizzazione, si adoperano con ogni mezzo per dare vita a una legislazione che protegga e favorisca l’Ortodossia. È significativo in tal senso che la proposta di modifica della legge del 1990, chiaramente ispirata dal Patriarcato e in particolare da Kirill, sia stata presentata dal partito comunista di Gennadij Zjuganov.

    Il primo presidente della nuova Russia, Boris El’cin, il quale si era impegnato con determinazione per la riabilitazione dei ministri del culto e dei credenti di ogni religione perseguitati dal bolscevismo², si pronuncia apertamente contro l’introduzione di norme che violino il principio di uguaglianza delle varie Chiese e Confessioni. Infatti, accogliendo nei dettagli i puntuali rilievi sollevati dal suo consigliere Anatolij A. Krasikov, El’cin sottolinea che numerose disposizioni del progetto di legge sono in palese contrasto con la lettera e lo spirito della Costituzione.

    Nondimeno, nel 1997 la nuova legge, a seguito delle insistenti ed energiche pressioni esercitate dalla Chiesa Ortodossa Russa, entra in vigore³.

    Nel Preambolo⁴ il legislatore assume una posizione di speciale benevolenza nei confronti della Chiesa Ortodossa Russa: egli dichiara, infatti, di riconoscere «lo speciale (osobuju) ruolo dell’Ortodossia nella storia della Russia, nella formazione e nello sviluppo della sua spiritualità e cultura»; al tempo stesso manifesta la propria deferenza (uvažaja), seppure con intensità decrescente e in termini più fumosi e generici, verso il Cristianesimo, l’Islam, il Buddismo e il Giudaismo, nonché verso «le altre religioni che costituiscono parte integrante (neot"emlemuju) dell’eredità storica dei popoli della Russia».

    La lettera del Preambolo richiama alla memoria l’art. 1 della Dichiarazione sullo Statuto giuridico della Chiesa Ortodossa Russa adottato dal Concilio locale del 1917-1918, poiché riafferma il legame storico tra Chiesa e Nazione, senza peraltro riproporre la rivendicazione allora affermata di una posizione di primato sul piano giuridico a favore dell’Ortodossia: «La Chiesa Ortodossa di Russia, che costituisce una parte dell’Unica Chiesa Universale di Cristo, occupa nello stato russo una posizione giuridica pubblica di primato tra le altre confessioni (pervenstvujuščee sredi drugich ispovedanij publično-pravovoe položenie), che le spetta in quanto realtà sacra suprema (kak veličajšej svjatyne) per la stragrande maggioranza della popolazione e in quanto suprema forza storica (kak veličajšej istoričeskoj sile) che ha creato lo stato russo».

    Interpretando il Preambolo alla lettera e tenendo presente il contesto in cui le parole sono inserite, si deve prendere atto che si riconosce all’Ortodossia di aver svolto un ruolo speciale nella storia della civiltà russa, ma anche che accanto a essa vi sono altre religioni meritevoli di pari rispetto.

    Il legislatore ricorda, innanzitutto, il Cristianesimo, ma il riferimento è fatto in modo del tutto inappropriato, giacché, avendo menzionato l’Ortodossia, che è parte del Cristianesimo, avrebbe dovuto nominare non già in modo generico il Cristianesimo stesso, ma più precisamente il Cattolicesimo e il Protestantesimo, che con l’Ortodossia costituiscono la famiglia delle religioni cristiane. Mi pare poi del tutto discutibile la giustapposizione di Ortodossia e Cristianesimo, ricordando la parte prima del tutto, quasi che il Cristianesimo sia sorto dall’Ortodossia e non viceversa: meglio sarebbe stato ricordare prima il Cristianesimo, sottolineando successivamente l’importanza dell’Ortodossia, che da questo origina, nella storia e nella cultura della Russia! Inoltre, fare genericamente cenno al Cristianesimo, evitando di citare specificamente il Cattolicesimo e il Protestantesimo dopo l’Ortodossia, farebbe supporre che nella mente del legislatore queste due religioni non facciano parte del Cristianesimo o siano a esso estranee.

    Accanto al Cristianesimo, prosegue la lettera del Preambolo, sono meritevoli di rispetto, in uguale misura e con pari dignità, nell’ordine⁵: l’Islam, il Buddismo e il Giudaismo, nonché le «altre religioni che costituiscono parte integrante dell’eredità storica dei popoli della Russia». Non vi è dubbio che dovrebbero essere considerati come appartenenti al patrimonio culturale dei popoli della Russia, e quindi come tradizionali, accanto alle quattro religioni sopra citate, i luterani e i calvinisti, presenti sin dai tempi di Ivan il Terribile, come pure i battisti, i cristiani evangelici e gli avventisti, giunti nella seconda metà dell’Ottocento, o i pentecostali e i Testimoni di Geova che fanno la loro apparizione all’alba del XX secolo⁶. Lo stesso va detto, a maggior ragione, per la Chiesa cattolica, che istituisce le prime diocesi a Tana e ad Astrachan’ nei secoli XIV e XV⁷, nonché per lo sciamanismo e il paganesimo.

    Di conseguenza, argomentando a contrariis, le religioni che non sono patrimonio culturale dei popoli della Russia non sarebbero meritevoli di rispetto, giacché lo spazio di libertà religiosa eventualmente loro concesso, che è l’espressione concreta della considerazione che il legislatore nutre per esse, deve essere limitato a causa dell’asserita irrilevanza della loro presenza storica sul territorio della Russia.

    Questa interpretazione letterale è convalidata anche dall’esegesi logica o sistematica, poiché non si spiega altrimenti come in base alla legge in oggetto le formazioni religiose di recente costituzione, prevalentemente di origine estera, e quindi non tradizionali della Russia, siano sottoposte a un differente regime giuridico che riduce gravemente il loro margine di libertà. Infatti, ai sensi del combinato disposto dell’art. 27 sub 3, III e IV c. e dell’art. 7 sub 1 della legge, tutte le associazioni religiose che non possono vantare una presenza legale in un dato territorio da almeno quindici anni sono costrette a costituirsi come gruppi religiosi, restando così prive di tutti i diritti garantiti alle organizzazioni religiose⁸, a eccezione della facoltà di celebrare le funzioni liturgiche e di insegnare i precetti della loro fede ai propri seguaci.

    Il Preambolo pone le premesse, dunque, per una discriminazione tra la famiglia delle religioni tradizionali, della quale secondo la dottrina e la pubblicistica fanno parte, in modo del tutto riduttivo, solamente l’Ortodossia, l’Islam, il Giudaismo e il Buddismo, e quella delle religioni non tradizionali, nella quale rientrano il Cattolicesimo, il Protestantesimo e tutte le formazioni di nuova o recente costituzione. La ratio di questa arbitraria divisione è da rinvenire nella volontà di garantire sul piano giuridico alle due categorie di religioni un diverso regime di libertà, privilegiato per le prime e discriminatorio per le seconde, al fine di arginare il fenomeno delle minoranze religiose, segnatamente di quelle di origine protestante, che hanno conosciuto negli ultimi lustri una crescita esponenziale.

    In altre parole, il concetto di religione tradizionale diventa uno strumento di cui i governanti della Federazione Russa si servono per tracciare il confine tra privilegio e mera tolleranza⁹: non meraviglia, dunque, che da più parti vengano auspicati provvedimenti normativi tesi a consolidare i privilegi di cui godono le religioni tradizionali. Così, ad esempio, A. Lubsanov, speaker del parlamento della Burjatija, suggerisce di adottare norme legislative restrittive per le religioni diverse da Ortodossia, Islam, Buddismo e Giudaismo, e anche il presidente del Consiglio della Federazione, Sergej Mironov, ritiene che si debba «mettere ordine nell’attività delle organizzazioni religiose che non sono tradizionali», in altre parole, che sia necessario istituire per esse uno speciale regime giuridico¹⁰.

    Di fatto gli esponenti delle religioni non tradizionali sono estromessi da numerose strutture rappresentative¹¹: si può ricordare la loro esclusione dalla Camera Sociale (Obščestvennaja Palata), della quale fanno parte attualmente Longin (Korčagin), vescovo di Saratov, e Al’bir Kurganov, vicepresidente della Direzione spirituale dei musulmani della Russia, consolidando in tal modo una prassi iniziata da tempo¹².

    La medesima linea di condotta è seguita anche dal Concilio Popolare Russo Universale (Vsemirnyj Russkij Narodnyj Sobor, VRNS), istituito nel 1993¹³ e dal Consiglio Interreligioso della Russia (Mežreligioznyj Sovet Rossii), costituito nel 1998, del quale è segretario il sacerdote ortodosso Roman Bogdasarov, vicepresidente del Dipartimento sinodale per i rapporti tra Chiesa e società, che esplicitamente non intende accogliere nelle proprie fila i rappresentanti delle organizzazioni protestanti¹⁴ e di quelle cattoliche russe¹⁵.

    Per citare altri esempi: nel mese di Febbraio 2008 all’atto costitutivo del Consiglio Interreligioso della regione di Sverdlovsk hanno preso parte solamente i rappresentanti delle religioni tradizionali; i seguaci delle religioni non tradizionali sono esclusi dal Fondo di beneficenza per l’aiuto ai militari feriti¹⁶; lo stesso principio viene applicato per il Consiglio sociale del Comitato investigativo istituito nel Maggio 2009 presso la Prokuratura generale della Federazione Russa¹⁷.

    Tutto ciò è in manifesto conflitto con il principio di uguaglianza delle associazioni religiose davanti alla legge, sancito dall’art. 14 sub. 2 della Costituzione, con i documenti internazionali sottoscritti dalla Russia¹⁸, e, a ben vedere, anche con il Preambolo stesso della legge federale, in cui si dichiara che questa si propone lo scopo di «contribuire al raggiungimento della reciproca comprensione, della tolleranza e del rispetto sulle questioni della libertà di coscienza e della libertà di professione religiosa».

    Tenendo presenti i precetti della Costituzione, non si vuole contestare la legittimità di sottolineare nel Preambolo della legge il valore dell’Ortodossia, stante l’innegabile ruolo da essa svolto nella storia della Russia, ma si vuole affermare che ciò non può diventare il fondamento per assegnare ad alcuna religione un ruolo privilegiato, in quanto in un ordinamento laico e separatista, come quello chiaramente delineato dalla vigente Carta Costituzionale, tutte le religioni, nessuna esclusa, devono essere oggetto del medesimo trattamento giuridico da parte dello Stato e delle sue istituzioni.

    È ozioso sostenere che il Preambolo della legge federale non ha un contenuto normativo¹⁹, dal momento che il diverso regime giuridico, e quindi la disuguaglianza, istituito per le varie Chiese e Confessioni trova la propria giustificazione nelle affermazioni in esso contenute. Sottolinea giustamente A. Verchovskij che in base al Preambolo si viene a istituire tra le religioni che sono parte dell’eredità culturale del Paese e quelle che non lo sono una disparità che «in realtà è un’indicazione per la burocrazia e anche per l’applicazione del diritto»²⁰. È un dato di fatto che il legislatore, manifestando un particolare riguardo per le sole religioni tradizionali, finisce con il legittimare l’assegnazione a queste di una posizione di privilegio.

    In palese contrasto con la lettera del Preambolo e della legge, che operano solamente una distinzione tra le associazioni religiose di antica e quelle di nuova o recente costituzione, la dottrina e la pubblicistica, in modo del tutto singolare e arbitrario, classificano come religioni tradizionali²¹ solamente l’Ortodossia, l’Islam, il Buddismo e il Giudaismo, escludendo, pertanto, sia le altre religioni cristiane (Cattolicesimo e Protestantesimo), e ignorando l’inciso che fa riferimento alle «altre religioni che costituiscono parte integrante dell’eredità storica dei popoli della Russia», alle quali, comunque, viene attribuita una tutela inferiore rispetto a quella garantita a Ortodossia, Islam, Buddismo e Giudaismo.

    Partigiano di questa arbitraria interpretazione del Preambolo è senza dubbio anche l’attuale patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev), sin dal tempo in cui rivestiva la carica di metropolita di Smolensk e di Kaliningrad e di presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche con l’estero: dimenticando la lettera della legge, egli ha affermato perentoriamente (e ritiene tuttora) che le religioni tradizionali per la Russia siano l’Ortodossia, l’Islam, il Giudaismo e il Buddismo e non, in particolare, la Chiesa cattolica²².

    L’asserzione di Kirill, che si autoinveste della funzione di interprete autentico della legge federale, lascia assai perplessi²³, dal momento che, trascurando le parole del legislatore, egli nega la plurisecolare presenza storica non solo di Cattolicesimo e Protestantesimo, bensì anche dei raggruppamenti religiosi tipici del mondo russo, che hanno segnato profondamente la storia spirituale e civile e la cultura della Russia: come si possono dimenticare i Vecchio-credenti, e con loro le altre Chiese ortodosse estranee alla giurisdizione della Chiesa Ortodossa Russa e le altre denominazioni storiche, come i duchoborcy, i molokane, i muraškovcy, gli skrytniki, i postniki, i trezvenniki o i chlysty di Daniil Filippov? Né si possono, parimenti, scordare lo sciamanismo o le credenze pagane e animistiche ancora oggi praticate da alcuni popoli della Siberia.

    Vero è che, al di là di simili arbitrarie e fantasiose interpretazioni, peraltro condivise da diversi autori, il concetto di religione tradizionale resta vago e nebuloso: esso, infatti, non è definito dal legislatore, che di conseguenza non fornisce un elenco delle denominazioni che rientrano in questa categoria, a differenza di quanto saggiamente fatto ad esempio dalla Lituania²⁴, ma è elaborato dalla dottrina, che in tal modo stimola la fantasia, l’arbitrio e il capriccio dei legislatori repubblicani²⁵ e dei funzionari amministrativi, soprattutto in materia di attività missionaria, tema sul quale anche il Ministero federale della Giustizia ritiene oggi necessario intervenire²⁶.

    In mancanza di precisazioni da parte del legislatore, si deve presumere che alla categoria delle Confessioni non tradizionali, rectius di quelle che non costituiscono «parte integrante dell’eredità storica dei popoli della Russia», appartengano tutte quelle associazioni religiose che non possono vantare una presenza legale in un dato territorio da almeno quindici anni e che, pertanto, come si è ricordato, devono limitare la loro attività alla celebrazione del culto e all’insegnamento dei dogmi della propria fede ai loro seguaci (art. 27.3, II c.). Accanto a queste Confessioni discriminate ex lege si devono ricordare altre minoranze religiose, come la Chiesa cattolica armena²⁷, e segnatamente le altre Confessioni insediatesi in Russia in tempi relativamente recenti, che sono per lo più invise alle autorità, e che, pur essendo legittimate a costituirsi come organizzazioni religiose e a godere della pienezza dei diritti garantiti dalla legge, sono de facto frequentemente vittime dei soprusi dei funzionari locali, come i Testimoni di Geova, da sempre discriminati²⁸.

    Vero è che l’espressione religione tradizionale è usata in modo ambiguo: talora, come fa Kirill, a designare arbitrariamente solo Ortodossia, Buddismo, Islam e Giudaismo, talaltra nel senso tecnico che si è sopra ricordato e che si ricava dalla lettura del Preambolo e dalla legge.

    In questo modo la legge nega aprioristicamente l’esistenza di un interesse religioso delle Chiese non tradizionali, limitandosi a tutelare solo parzialmente l’interesse religioso dei loro fedeli, in violazione della Costituzione, la quale pone tutte le religioni sul medesimo piano e garantisce a tutte la stessa libertà, senza operare alcuna distinzione tra le religioni tradizionali e non tradizionali praticate nella Federazione Russa.

    ¹Sull’argomento cfr. G. Codevilla, La legge sulla libertà religiosa in URSS, in «L’Altra Europa», 1991, № 1, pp. 115-132 e Commentary on the New Soviet Law on Freedom of Conscience and Religious Organizations, in «Religion in Communist Lands», 1991, № 1/2, pp. 119-145.

    ²Si veda in proposito l’ukaz del Presidente della Federazione Russa № 378, del 14 Marzo 1996, Delle misure per la riabilitazione dei sacerdoti e dei credenti vittime di repressioni ingiustificate, che dispone: «Al fine di ristabilire la giustizia e i diritti dei cittadini della Russia alla libertà di coscienza e di professione religiosa, in uno spirito di ravvedimento (pokajanija), muovendo dalle conclusioni della Commissione per la riabilitazione delle vittime delle repressioni politiche presso il Presidente della Federazione Russa, decreto:

    1. Di condannare il pluriennale terrore scatenato dal regime partitico-sovietico bolscevico contro i sacerdoti e i credenti di tutte le confessioni.

    2. La Prokuratura generale della Federazione Russa, unitamente al Servizio federale della Sicurezza della Federazione Russa e al Ministero degli Affari Interni della Federazione Russa, devono provvedere alla riabilitazione dei cittadini della Russia che sono stati senza motivo accusati di delitti politici, statali e penali, privati della libertà e sottoposti ad altre privazioni o limitazioni dei diritti in relazione alla loro attività religiosa e alle loro convinzioni.

    3. Il governo della Federazione Russa, gli altri organi federali del potere esecutivo, gli organi del potere esecutivo dei soggetti della Federazione Russa e gli organi di autogoverno locale devono prestare aiuto ai credenti nel ripristino degli edifici di culto, nella restituzione dei beni sottratti alle chiese, alle moschee, alle sinagoghe e alle altre istituzioni di culto». Cfr. «Sobranie zakonodatel’stva Rossijskoj Federacii», 1996, № 12. Bisognerà attendere sino alla fine del 2010 per l’approvazione della legge federale № 327 FZ, Sul trasferimento alle organizzazioni religiose dei beni a destinazione religiosa attualmente di proprietà statale o municipale, sottoscritta dal presidente Medvedev il 30 Novembre 2010. Questo importante atto normativo, che manifestamente favorisce la Chiesa Ortodossa Russa, ha suscitato la ferma protesta di diverse organizzazioni religiose non ortodosse e segnatamente di mons. Paolo Pezzi, arcivescovo cattolico di Mosca, soprattutto a seguito dell’assegnazione agli ortodossi della chiesa della Sacra Famiglia di Kaliningrad (Kőnigsberg), città annessa all’URSS dopo la Seconda guerra mondiale, nella quale non esistevano chiese ortodosse, ma unicamente luterane e cattoliche. La nuova legge, accolta con favore dalla Chiesa Ortodossa Russa, ha suscitato ferme proteste in diverse regioni del Paese: si veda in proposito il puntuale commento alla legge di R. Lunkin, sul sito dello Slavjanskij pravovoj centr (http://www.sclj.ru). Il testo della legge è disponibile sul sito http://www.rg.ru/2010/12/03/tserkovnoedobro-dok.html.

    ³Sull’evoluzione della legislazione in materia di libertà religiosa dalla fine del bolscevismo alla legge del 1997 e sull’iter della legge federale cfr. G. Codevilla, Stato e Chiesa nella Federazione Russa. La nuova normativa nella Russia postcomunista, op. cit.; G. Codevilla, Laicità dello Stato e separatismo nella Russia di Putin, op. cit.; inoltre A.A. Krasikov, Rossija na pereput’e. Religioznyj faktor vybora puti v buduščee, op. cit., p. 38 e ss.

    ⁴«L’Assemblea Federale della Federazione Russa,

    – confermando il diritto di ciascuno alla libertà di coscienza e alla libertà di professione religiosa e anche all’uguaglianza davanti alla legge indipendentemente dall’atteggiamento verso la religione e dalle convinzioni;

    – basandosi sul fatto che la Federazione Russa è uno stato laico;

    – riconoscendo lo speciale ruolo dell’Ortodossia nella storia della Russia, nella formazione e nello sviluppo della sua spiritualità e cultura;

    – rispettando il cristianesimo, l’islam, il buddismo, il giudaismo e le altre religioni che costituiscono parte integrante dell’eredità storica dei popoli della Russia;

    – considerando importante contribuire al raggiungimento della reciproca comprensione, della tolleranza e del rispetto sulle questioni della libertà di coscienza e della libertà di professione religiosa;

    – approva la presente legge federale».

    ⁵Il legislatore presumibilmente prende in considerazione il numero delle comunità religiose registrate. Oggi la situazione è mutata rispetto al 1997, quando le comunità buddiste erano 149 e quelle ebraiche 85, giacché, secondo i dati del Ministero della Giustizia riferiti al 1° Gennaio 2015, il numero delle comunità ebraiche è oggi superiore (254) rispetto a quello delle comunità buddiste (246).

    ⁶Secondo una dichiarazione di V.I. Korolëv, responsabile dell’ufficio di registrazione delle associazioni religiose presso il Ministero della Giustizia della Federazione Russa, sarebbero da considerare tradizionali i luterani, i pentecostali, i battisti, i cristiani evangelici, gli avventisti e i presbiteriani. Cfr. «Religija i Pravo», 2001, №1, p. 7.

    ⁷Sull’argomento cfr. O.A. Licenberger, Rimsko-katoličeskaja Cerkov’ v Rossii, op. cit., p. 17 e ss. e ampia bibliografia citata; S. Kozlov, P. Parfent’ev, Istorija katoličeskoj cerkvi v Rossii, op. cit.; G. Fedalto, La Chiesa latina in Oriente, vol. 2, Hierarchia latina Orientis, ed. Mazziana, Verona 1976; A.N. Kopylov, Katoličeskaja Cerkov’ v Rossii (konec IX – načalo XXI vv.), op. cit., pp. 57-58 e ss.; E. Senko, Storia della Chiesa cattolica in Russia. Dagli inizi ai nostri giorni, op. cit. Sulla Chiesa cattolica in Russia si veda anche S. Golovanov, Katoličeskaja Cerkov’ v Rossii, Seminarija Carica Apostolov, SPb 1999. I rapporti della Rus’ con i missionari latini risalgono ai tempi della principessa Ol’ga di Kyïv (X secolo), prima cristiana e santa della Rus’, e a san Brunone Bonifacio, camaldolese, vescovo di Querfurt. A. Judin ricorda che nel 1228 vi è a Kyïv un monastero domenicano e che una cattedra episcopale latina viene istituita nel 1320, cfr. A. Judin, G. Protopopov, Cattolici in Russia e Ucraina, op. cit., p. 28; nel XII secolo una chiesa cattolica dedicata a san Pietro viene costruita a Novgorod, a disposizione dei mercanti tedeschi presenti nell’area; l’edificio viene chiuso poi da Ivan III il Grande dopo la cruenta sottomissione della città, ma viene restituito al culto da suo figlio Vasilij III nel 1514, cfr. A.K. Tichonov, Katoliki, musul’mane i iudei Rossijskoj Imperii v poslednej četverti XVIII-načale XX v., op. cit., p. 70.

    ⁸La legge federale in esame (art. 6) distingue le associazioni religiose in due categorie: il gruppo religioso (art. 7), al quale vengono concessi diritti limitati, e l’organizzazione religiosa (art. 8). L’art. 27 sub 3, III c. recita: «Le organizzazioni religiose che non possiedono un documento che attesti la loro esistenza nel rispettivo territorio per la durata di non meno di 15 anni godono dei diritti della persona giuridica a condizione che rinnovino la loro registrazione annuale sino al compimento del periodo indicato di 15 anni», fermo restando che esse sono, per il periodo previsto, private dei diritti fondamentali e debbono limitarsi alla celebrazione del culto e all’insegnamento religioso ai propri seguaci. Infatti, queste associazioni religiose, in base al IV c. dell’art. 27 sub 3, non godono: a. del beneficio per i ministri del culto di essere esonerati dagli obblighi militari (art. 3 sub 4); b. del diritto di fondare istituti di educazione (art. 5 sub 3) e di svolgere attività educativa religiosa nelle scuole (art. 5 sub 4); c. del diritto di avere presso di sé una rappresentanza religiosa straniera (art. 13 sub 5); d. del diritto di svolgere attività di culto e di apostolato negli istituti di cura, di detenzione, per l’infanzia e per gli anziani (art. 16 sub 3); e. del diritto di produrre, esportare e importare materiale religioso e oggetti di culto (art. 17 sub 1) e «del diritto esclusivo di fondare organizzazioni che editano letteratura liturgica e che producono oggetti destinati al culto» (art. 17 sub 2); f. del diritto di fondare organizzazioni culturali-educative e di costituire mezzi di comunicazione di massa (art. 18, sub 2); g. le organizzazioni religiose centralizzate godono del diritto di organizzare istituti di educazione professionale religiosa (art. 19); h. del diritto di invitare cittadini stranieri per svolgere attività religiosa all’interno dell’associazione (art. 20 sub 2). Sull’argomento cfr. F. Chalikov, «Pravilo 15ti let» v kontekste realizacii prava na svobodu sovesti, in «Religija i pravo», 2004, № 4 (36), pp. 14-18; G. Codevilla, Stato e Chiesa nella Federazione Russa. La nuova normativa nella Russia postcomunista, op. cit., p. 83 e ss. Recentemente, a seguito di una pronuncia della Corte Europea dei diritti dell’uomo, la norma che stabilisce il requisito dei quindici anni è stata abrogata, cfr. Legge federale del 13 Luglio 2015, № 261. Nondimeno la nuova normativa, imponendo l’obbligo di comunicare alle autorità il nominativo di tutti i membri del gruppo religioso, e non solo quello dei loro fondatori, viola diverse norme della Costituzione (artt. 23 e 24), la legge federale del 26 Giugno 2006, № 152 Sui dati personali, e altre ancora, come puntualmente segnalato dalla giurista Nina Zagrebina, in http://www.sova-center.ru/religion/publications/2015/07/d32419/

    ⁹Hanno ragione A. Pčelincev e V. Rjachovskij quando affermano che «nella legge non è possibile attribuire un significato univoco al termine ‘religione tradizionale’» e che «la mancanza nella legislazione della certezza giuridica aggrava in modo evidente la situazione di conflitto nella pratica giudiziaria», cfr. Zakonnaja ochota na ved’m, in «Nezavisimaja Gazeta. Religija» del 4 Agosto 2004 in http://religion.ng.ru/problems/2004-08-04/6_ohota.html.

    ¹⁰Cfr. S. Mironov predložil razobrat’sja v dejatel’nosti «netradicionnych» religioznych organizacij, in sova-center.ru del 7 e 11 Aprile 2006. Sull’argomento si veda anche A. Verchovksij, Bytva za privilegii, op. cit. Dopo l’occupazione russa della Crimea, terra in cui sono numerose le minoranze religiose soprattutto di matrice occidentale, in data 26 Maggio 2015 è stato presentato al Soviet Statale della Repubblica un progetto di legge per limitarne l’attività, cfr. Rossijskoe Informacionnoe Agenstvo Federal Press, in fedpress.ru del 28 Maggio 2015.

    ¹¹Per contro, i rappresentanti di alcune Chiese e Confessioni diverse da quelle tradizionali (Chiesa cattolica, apostolica armena, luterana, pentecostale e avventista) fanno parte dell’organico del Consiglio per la cooperazione con le associazioni religiose presso il presidente della Federazione Russa, approvato con disposizione presidenziale del 4 Febbraio 2004 (e successive modifiche). Testo in A.V. Pčelincev, V.V. Rjachovskij, Religioznye ob"edinenija. Svoboda sovesti i veroispovedanija. Religiovedčeskaja ėkspertiza, izd. Jurisprudencija, Moskva 2006, pp. 282-283. Si veda in proposito il decreto con cui Putin ha nominato membri del Consiglio A. Semčenko, segretario per le relazioni esterne dell’Unione dei cristiani evangelico battisti, e M. Šachnovič, titolare della cattedra di Filosofia della religione presso l’Università statale di San Pietroburgo, cfr. «Interfaks-religija» del 2 Aprile 2007, in http://www.interfax-religion.ru/?act=news&div=17428. Presso il Consiglio per la cooperazione con le associazioni religiose è stata costituita la Commissione per le questioni relative all’armonizzazione dei rapporti interetnici e interreligiosi, della quale fanno parte il protoierej Vsevolod Čaplin (destituito il 24 Dicembre 2015, dalla carica di presidente del Dipartimento sinodale per i rapporti tra la Chiesa e la società e da membro del Consiglio interreligioso della Russia (cfr. «Žurnal zasedanija Svjaščennogo Sinoda, № 98 e infra, § 19 della Postfazione di S., Caprio), I. Berdiev presidente del Centro di coordinamento dei musulmani del Caucaso settentrionale, D. Ajušeev, capo della comunità buddista tradizionale (Sangha), B. Lazar, rabbino capo della Russia, il vescovo Ezras (Nersisjan), titolare dell’eparchia di Novo-Nachičevan e di Russia della Chiesa apostolica armena, S. Mel’nikov, membro dello staff del presidente della Federazione Russa, I. (Igor’) Kovalevskij, segretario generale della conferenza dei vescovi cattolici della Russia e il vescovo pentecostale S. Rjachovskij, cfr. Sova-center del 1° Marzo 2011, in http://www.sova-center.ru/religion/news/authorities/legal-regulation/2011/03/d21081/.

    ¹²Ad esempio, in precedenza nella regione di Nižnij Novgorod sono stati nominati a questa Camera tre rappresentanti delle religioni tradizionali (Ortodossia, Islam ed ebraismo, cfr. V sostav obščestvennoj palaty Nižegorodskoj oblasti vošli tri predstavitelja religioznych organizacij, in sova-center.ru del 7 e 10 Dicembre 2006), e nella regione di Penza sono stati designati due rappresentanti dell’Islam, uno dell’Ortodossia e uno dell’Ebraismo.

    ¹³Cfr. art. 2. 3 dello Statuto in www.vrns.ru/about/ustav.php. Sull’argomento si veda il paragrafo Monaci e laici nella nuova Russia della postfazione di S. Caprio.

    ¹⁴Cfr. Mežreligioznyj sovet Rossii ne nameren prinimat’ v svoi rjady predstavitelej protestantskich organizacij, cfr. «Interfaks», 15 Novembre 2005.

    ¹⁵Cfr. V mežreligioznom sovete Rossii ne vidjat osnovanij dlja vključenija v etu organizaciju predstavitelja rossijskich katolikov, in sova-center del 28 e 30 Novembre 2005 e fonti citate. Del Soviet fanno parte solamente i rappresentanti delle cosiddette religioni tradizionali, e precisamente: il Patriarcato di Mosca, il Centro di coordinamento dei musulmani del Caucaso settentrionale, il Consiglio dei mufti della Russia, la Federazione delle comunità ebraiche della Russia, il Congresso delle organizzazioni e delle associazioni religiose ebraiche e del Buddismo tradizionale sangha della Russia, cfr. http://www.patriarchia.ru/db/text/3456392.html. Sulle religioni tradizionali e non tradizionali si veda il sito Sektoved, sajt o sektach, lžeučenijach, i destruktivnych kul’tach, http://www.sektoved.ru/enciclopedia.php

    ¹⁶Cfr. Predstaviteli tradicionnych religij Rossii sozdajut blagotvoritel’nyj fond pomošči ranenym voennoslužaščim, in «Mir religij», del 26 Dicembre 2006 in www.religio.ru/news/14026.html

    ¹⁷Cfr. http://religion.sova-center.ru/events/13B7354/1472C11/D0237C2.

    ¹⁸Cfr. Ju.P. Zuev, V.P. Krušenickij, O svobode sovesti, veroispovedanij i religioznych ob"edinenij, Meždunarodnaja Associacija Religioznoj Svobody, Moskva 1996, p. 5 e ss. Si veda anche la raccolta completa dei documenti internazionali riportata in A.V. Pčelincev, V.V. Rjachovskij, Religioznye ob"edinenija. Svoboda sovesti i veroispovedanija. Religiovedčeskaja ėkspertiza, op. cit., pp. 28-53.

    ¹⁹Così il Patriarcato, cfr. «Sovetskaja Rossija» del 26 Luglio 1997. Analogamente, in accordo con il patriarca, V. Čaplin, in Le relazioni fra Chiesa e Stato in Russia. La posizione della Chiesa ortodossa, il dibattito pubblico e l’impatto delle esperienze straniere, in Diritto e religione nell’Europa postcomunista, a cura di S. Ferrari, W. Cole Durham jr., E.A. Sewell, Il Mulino, Bologna 2004, p. 374. Di diversa opinione è O. Mironov, il quale ritiene giustamente che il Preambolo sia parte integrante della legge, cfr. Portal-credo.ru del 6 Settembre 2004.

    ²⁰Cfr. A. Verchovskij, Granicy sekuljarnosti gosudarstva v Rossii: pravovye normy i spory ob ich interpretacii, in http://religion.sova-center.ru/publications/8EA1CC7/96513F4 e in «Svobodnaja mysl’», 2007, № 1.

    ²¹Si noti che il legislatore non fa neppure uso dell’aggettivo tradizionale, che è stato introdotto dalla dottrina e dalla pubblicistica, ma distingue tra religioni di «antica» o «recente» costituzione.

    ²²Cfr. G. Čarodeev, M. Jusin, in «Izvestija», 26 Luglio 1997. Anche a parere di E. Tregubova («Kommersant Daily», del 24 Luglio 1997) e di L. Selickaja («Sovetskaja Belorussija», del 24 Luglio 1997) il legislatore non intende comprendere il Cattolicesimo tra le religioni «tradizionali». Della stessa opinione sono Roman Silant’ev, segretario esecutivo del Consiglio Interreligioso della Russia (cfr. Katoličeskoe predstavitel’stvo v Mežreligioznom sovete ne imeet smysla, sčitajut v etoj organizacii, in http://www.interfax-religion.ru/?act=news&div=2624, del 6 Aprile 2005), e Roman Lunkin, collaboratore dell’Ėnciklopedija religioznoj žizni Rossii (cfr. Skol’ko v Rossii pravoslavnych, intervista a Radio Svoboda con Jakov Krotov del 25 Agosto 2005, in http://www.svobodanews.ru/Article/2005/08/25/20050825160026620.html), anche se, viste le sue recenti prese di posizione, penso che il Lunkin abbia oggi mutato parere. Sull’argomento si vedano anche: A. Verchovskij, Bitva za privilegii. V Parlamente prodolžajutsja diskussii o roli cerkvi v gosudarstve, in «Nezavisimaja Gazeta. NG religija» del 18 Giugno 2003. Cfr. inoltre F. Šipkov, in www.religare.ru del 9 Gennaio 2004; O. Efremov, in Ežegodnyj doklad gosudarstvennogo Departmenta SŠA o svobode veroispovedanija za 2004 god, in http://usembassy.ru/bilateral/religious_2004r.php. Il concetto è stato ribadito da Kirill in una intervista concessa nel 2005 al periodico francese «Diplomatie» in cui si afferma: «A mio avviso non c’è nulla di male e non vi è nessuna minaccia alla libertà delle persone di altre fedi se lo Stato dichiara pubblicamente le sue speciali relazioni con le religioni della maggioranza della popolazione del proprio Paese. In questo caso nascono delle regole precise e comprensibili a tutti sulle relazioni reciproche tra lo Stato e la Chiesa che più facilmente possono sottoporsi al controllo sociale. Riterrei che in Russia sarebbe utile stabilire simili relazioni speciali con le quattro religioni tradizionali del nostro Paese: Ortodossia, Islam, Giudaismo e Buddismo. Ciò permetterebbe una collaborazione tra lo Stato e le comunità religiose in diverse sfere sociali proporzionalmente al numero dei credenti che appartengono alle diverse religioni tradizionali», cfr. «Interfaks-religija» del 5 Ottobre 2005 in http://www.interfax-religion.ru/?act=print&div=1775. Si veda anche l’indirizzo di saluto del 15 Giugno 2015 del patriarca Kirill al V Congresso dei leaders delle religioni mondiali riunito ad Astana, in http://www.patriarchia.ru/db/text/4114483.html. Il sito Sektoved, dedicato allo studio delle

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