La Porta ermetica
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Giuliano Kremmerz
Nato a Portici (Napoli) nel 1861, fu iniziato fin dalla prima giovinezza allo studio e alla pratica dell'antica sapienza ermetica, e approfondì i suoi studi fino a divenire un Maestro. Nel 1897 iniziò a pubblicare i suoi insegnamenti nella rivista “Il Mondo Secreto” e in seguito fondò la Schola Philosophica Hermetica Classica e la Fratellanza Terapeutica Magica di Myriam, che ebbero numerosi adepti. Trasferitosi in Francia, morì a Beausoleil nel 1930.
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Anteprima del libro
La Porta ermetica - Giuliano Kremmerz
COPERTINA
image.pngLA PORTA ERMETICA
image-1.pngGIULIANO KREMMERZ
Esoterismo e Alchimia
Collana diretta da Stefano Andreani
logo.pngCopyright
LA PORTA ERMETICA
DI GIULIANO KREMMERZ
Esoterismo e Alchimia - Collana diretta da Stefano Andreani
Prima edizione: 1981
Seconda edizione: 2000
© Copyright 1981-2014 by Edizioni Mediterranee
ISBN 978-88-272-2535-6
Prima edizione digitale 2014
© Copyright 2014 by Edizioni Mediterranee
Via Flaminia, 109 - 00196 Roma
www.edizionimediterranee.net
Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma
droppedImage.pngIn memoria
di
LEHAHIAH
droppedImage-1.pngPREFAZIONE
Nell'approntare questa nuova edizione di La Porta Ermetica ho ritenuto interessante chiedere a un gruppo di ermetisti contemporanei un contributo tendente a costituire sia una chiave di lettura dell'opera, sia una formulazione più moderna di concetti che si perdono nelle tenebre del passato.
Come tutte le opere ermetiche, infatti, anche questa può leggersi a diversi livelli e il vantaggio che il lettore ne trae può essere piccolo o grande a seconda del proprio stadio di evoluzione. Ma uno spunto, uno spiraglio aperto da chi si è già trasferito su un piano ultra-individuale, può essere utile per mettere in moto un meccanismo di comprensione a livello più avanzato.
I collaboratori hanno tenuto a precisare che tutti i loro scritti rappresentano visioni personali e non sono voce di una Scuola, e si sono detti anche a disposizione di chi intenda approfondire gli argomenti trattati. Pertanto, il lettore che desidera un contatto, può indirizzarsi a: Accademia Kremmerziana Napoletana - Casella Postale 172 - Napoli Centro.
L'altro motivo che mi ha spinto a chiedere questa collaborazione è rappresentato dal linguaggio usato dal Kremmerz. Quest'opera fu pubblicata per la prima volta nel 1910 ed anche se i concetti in essa espressi sono fuori del tempo e dello spazio, il linguaggio è quello dell'epoca, pur se ancora fresco e suggestivo. In settanta anni si è fatta molta strada e molto è cambiato nel pensiero dominante e nel campo scientifico. La scienza, giunta a un punto morto nell'osservazione dell'universo basata sulla meccanica cartesiana, ha cominciato a rigettare i concettiformulati oltre trecento anni or sono da Descartes e, per non morire di esaurimento e di inedia, si è avviata lungo nuove e più promettenti strade, peraltro già indicate secoli or sono dall'ermetismo classico. Ma un'idea, una teoria ha generalmente una vita ben più lunga di quella di qualsiasi altra cosa che nasce e si evolve nel nostro mondo e, se impiega decine e decine di anni per diventare adulta, ha bisogno di molto più tempo per svilupparsi in pieno e per poi declinare ed estinguersi. Ecco perché, a circa quattrocento anni dalla nascita di Descartes, molti scienziati, filosofi e medici sono ancora saldamente avvinghiati a un concetto meccanico dell'universo, di cui dovrebbero sentirsi parte e non semplici spettatori.
L'evoluzione della scienza, dunque, ha avuto due conseguenze nel campo del linguaggio: l) ha creato nuove espressioni e 2)ha cancellato o mutato alcuni presupposti che erano alla base di espressioni e modi di dire antichi. Ed ecco il secondo degli scopi che mi sono prefisso nel chiedere la collaborazione: tentare di esprimere i concetti tradizionali in un linguaggio moderno, più aderente al pensiero contemporaneo e, nello stesso tempo, enucleare ed enfatizzare quegli aspetti dell'ermetismo classico cui la scienza ufficiale va lentamente avvicinandosi. Con ciò, ripeto, non intendo dire che il Kremmerz usi un linguaggio superato, ma la relazione tra attività mentale e lingua è così stretta che per molti lettori moderni alcune espressioni del Kremmerz sono di difficile comprensione, da un lato perché nel frattempo è mutato il substrato mentale umano cui esse si indirizzavano e da un altro perché i concetti che esse adombrano non sono ancora oggi del tutto entrati nel linguaggio comune.
Ma come il pensiero scientifico sta mutando, così si va evolvendo anche quello dell'uomo singolo di fronte a entità quali lo
spazio e il tempo. E a quest'uomo dall'apertura mentale più ampia di quella dell'uomo di settanta anni fa risulterà chiaro quanto dice Nemo nel suo contributo, che riprende ed amplia un concetto espresso nei capitoli X-XII di La Porta Ermetica, considerando l'uomo non già il centro dell'universo, ma un individuo enucleato che è allo stesso tempo parte integrante di un tutto e che, pur se differente per funzioni in questo immenso organismo universale, non è né più né meno importante di una qualsiasi cellula nell'organismo che identifichiamo come corpo umano. Un concetto, questo, di difficile digestione, specialmente da parte di quegli individualisti assertori dell'importanza del nome, del casato o, peggio, del titolo accademico che si sentirebbero morti o inesistenti se fossero privati del nome, del casato o del titolo accademico. Se il concetto espresso da Nemo, vero nella sua crudezza perché è vero l'universo nella sua sintesi, fosse fatto proprio da ogni essere umano, che cosa avverrebbe della boria infondata degli accademici, dei titolati, di tutti coloro che vivono in un ristretto mondo di poche persone il cui misticismo venerante li pone in una posizione di presunta e falsa preminenza? Forse capirebbero che se un uomo ha funzioni e capacità superiori a quelle di un altro, l'unico modo giusto e saggio di usarle è quello di metterle al servizio degli altri e non già di servirsene per prevalere in modo prevaricante, perché è solo attraverso l'annullamento della maschera che indossiamo che possiamo giungere all'integrazione di cui parla Paolo M., basando la nostra ricerca su presupposti scientifici e, pertanto, impersonali, come è detto nei contributi di Ro-ma, di Sagittario ed altri. E che tali presupposti scientifici, cui si va adeguando anche la scienza ufficiale, sono già presenti in La Porta Ermetica è provato ed ampiamente documentato dal contributo di F. D'Andrea, che offre spunti di riflessione volutamente solo accennati, come sono del resto solo accennati anche gli spunti in tutti gli altri contributi, per lasciare allo studioso il piacere di svilupparli e trarne le conclusioni che nella sua intelligenza reputerà opportune.
Una cosa balza chiara alla vista anche dei più miopi dalla lettura dell'opera che presentiamo e dei contributi che la seguono: l'uomo è alla vigilia di un grande balzo in avanti nella sua evoluzione, che tende a diventare evoluzione cosciente e guidata dall'intelletto di ciascun singolo elemento costituente l'umanità che concorre a formare, per analogia, l'intelletto dell'umanità intesa come un singolo essere.
È un'ipotesi. Possiamo farla diventare realtà?
FERNANDO PICCHI
DEDICA
droppedImage-2.pngDedico a te, o Maria, esempio di inaudita fedeltà, queste pagine brevi, stampate, per volontà non mia, per iniziare ai secreti della tua anima ermetica i dotti fanciulli della ingenua umanità. Maga, sacerdotessa, zingara, cartomante, medichessa, astrologa, divina - seduttrice ed ammaliatrice sempre - sei passata e passi anche tu attraverso al labirinto delle vittime di due estremi, la fede ignorante e la boria scientifica dei terrestri. Quindi non meravigliarti se la mia prosa sarà accolta come Calandrino di Messer Boccacci in Mugello.
Non so ora, o Maria, dove ti trovi e quale maschera porti, ma questo libro ti arriverà lo stesso e con un sorriso eroico, quel famoso sorriso dei pasticcetti con crema di frutta, dirai:
- Toh! parla un morto della tragedia storica che vissi e piansi in omaggio alla gratitudine dei popoli melensi, immemori di chi loro ha donato la libertà del non credere!
E leggerai e vedrai le due figure che vi ho insinuate.
La prima è il character adeptorum ... una cosa che capiscono tutti al tempo che corre, nel quale anche gli agenti delle imposte studiano l'occultismo nei manuali della culinaria vegetariana. E se qualcuno non lo intendesse, basterebbe domandare al primo dei filosofi iniziati che ci vengono a predicare il verbo credere da oltre alpe. Poiché la razza greco-italica è orbata di maestri di tali cose sublimi, emigrati nel campo psichico forestiero, per acquistare quel certo tonico scientifico che loro mancava, nel vecchiume cristallizzato dell'antica esposizione metafisica ... e per saperne l'interpretazione giusta e moderna, anzi per penetrarne il mistero arcaico col lumicino filologico che ci fa difetto.
Sol voglio farti notare, o Maria, che intorno al circolo è scritto: Non formido mori, voto melioris ovilis: Nam ante oculos mihi ceu in speculo stat vita futura, che in lingua maccheronica, salvo complicazioni internazionali, vorrebbe dire che all'adepto sta innanzi agli occhi come in uno specchio la vita fu. tura e che, quindi, non si spaventa della morte pel desiderio di migliorare l'ovile. È quindi ancora, aggiungo io, vano per l'adepto di studiare questa morte che non gli fa paura e ozioso il parlarne per contentare i curiosi.
Alla leggenda esteriore va contrapposta una croce di quattro versetti, la più interna, i quali, dalla posizione della scrittura, si fanno supporre girevoli e si completano due a due.
Crux abit in lucem - Lux deerit soli
Crux agit arte ducem - Dux erit umbra solis
oppure
Lux deerit soli - Crux abit in lucem
Dux erit umbra solis - Crux agit arte ducem
e nel mezzo di un cerchio interiore:
Ergo sibi simili constantia cardine quadrant
versetto che si vuol far precedere o seguire alle due coppie precedenti. Basta un latinista di ginnasio per non far capire lo spirito di quell'Ergo, ma per tradurre ci basta un bidello delle scuole regie.
Più critica è la seconda tavola: Cavea sibyllarum.
Cavea vuol dire gabbia, recinto, platea o luogo? Guarda il fregio ovale che chiude la scena: non ti pare un serpente che non abbia capo né coda?
L'autore annota: cavea sibyllarum, idest cavea verginum faticanarum, cioè delle vergini indovine. Vergini? ma perché il lettore non prenda abbaglio soggiunge: idest faemina vel puella, cioè donna o fanciulla cujus pectus Numen recipit, il petto della quale riceve il Nume. Anche qui un ostacolo: pectus è il petto, il seno, il cuore, l'anima, il sentimento? Dovresti, o Maria, spiegarlo tu, perché tu lo sai ogni volta che fai la vergine indovina donde ti escono Dei sententias sonantes, cioè le sentenze sonanti o vocali di Dio!
Come frontespizio al libro, vi ho fatto incidere la porta ermetica che sta nei giardini di Roma. Ti ricordi Roma, o Maria?
La conosci bene, non dir di no -e sai che ha tante porte grandi e questa piccola e bassa. L'ho scelta perché certe scritte paiono fatte apposta per le opere che sto incubando pei secoli futuri - quando i negri corvi partoriranno le bianche colombe, vale a dire quando in Vaticano si farà colazione con due granelli di pietra filosofica con asparagi scientifici all'insalata - gli asparagi per prevenire la calcolosi.
Tu sorridi, o amica diletta, tu ridi...
Siimi serenamente giudice. Aspetto il tuo verdetto. Un fiore. Lo staccherai dall'albero della Genesi, lasciando che gli altri fruttifichino il bene e il male, che l'umanità, avanzando, raccoglie e
digerisce. Conserva per te la melagrana, perché ti riconoscerò dalle labbra rosse, come nel Cantico dei Cantici, e dalla voce regale... perché hai testa di donna e corpo flessuoso di serpente tentatore: non ridere ... lo vedi il cherub dalla spada fiammeggiante
che veglia, ci spia, ci fa da delatore? ... oh il perfido eunuco!
GIULIANO KREMMERZ
droppedImage-3.pngLA PORTA ERMETICA
I.
Invitato da un amico, volontario romito in una ridente casetta, circondata di rosai, per dimenticare nel silenzio e nel profumo una gioventù tempestosa in cui la tragedia della sua anima si compi, accettai l'ospitalità per alcuni giorni.
Il grazioso edificio che mi accolse è bianco come neve, in cima ad una collinetta ammantata di perenne verde. Si chiama Villa della Speranza e questo nome, inciso su due piccole leggende di marmo dal fondatore di quella casa, oggi è mezzo coperto dal museo e dall'edera antica.
Vi si accede per tre vie: una di oriente si perde in boscaglie e macchie di pini e palmizi; quella di occidente, più agevole,
tra balze e colline coronate dalla lontana visione delle Alpi Marittime; l'altra più moderna, comoda, ombreggiata, la congiunge alla cittadina elegante e pulita di S. Remo. So che Remo fu ucciso da Romolo, ma non so perché l'abbiano santificato; in ogni modo, il nome della leggendaria vittima della prepotenza del primo re di Roma mi parve un buon augurio per quello che si svolse dopo.
Poiché dopo qualche giorno di quiete in quell'asilo, per la via di oriente arrivò un nuovo ospite, un signore che, dissero, aveva viaggiato l'Asia, visitata l'India misteriosa, tentato il Tibet e confabulato a lungo coi discepoli di Confucio. Uomo poco ciarliero, parve un compagno adorabile. Scarsamente curioso, fumava tutto il giorno come tizzone.
Un secondo amico arrivò in seguito. Un altro nomade impenitente: un italiano che aveva percorso la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Inghilterra e poi l'America del Nord, e poi, di ritorno, la Spagna, l'Egitto, la Grecia. Mi parve costui più malinconico del primo. Aveva le valigie cariche di libri e leggeva e rileggeva come assetato di imparare e di erudirsi.
Terzo giunse, in un cocchio dalla ferrovia, un romano, ben pulito, ben raso, vestito di nero come in procinto di accompagnare un morto al cimitero. Aveva l'aria di un uomo supremamente annoiato e sbadigliava come un soffietto di organo.
Il desìnare del mio amico, padron di casa magnifico, ci riuniva a tavola: desinari quasi luculliani mangiati in un quasi silenzio da trappisti. Non si sapeva di che cosa discorrere. S'era in cinque e tutti uomini -e il più impacciato di tutti mi pareva l'anfitrione che, signorilmente, servendoci il caffè, il nero e rio caffè, parlò così:
- Amico d'ognun di voi, vivo solitario da parecchi anni; l'abitudine di star solo mi fa abborrire le lunghe chiacchierate, ma preparandomi ad accogliere nella modesta casa della Speranza quattro amici come voi, non credevo di aver ospiti quattro affiliati del silenzio. La ragione di tale parsimonia di parole è nella scarsa conoscenza che ognun di voi ha degli altri. Non si direbbe che siete intinti della stessa pece. Permettete che io vi faccia conoscer meglio. Caio Buddi da venti anni ricerca i veri dell'oriente religioso, ha viaggiato, ha interrogato, ha visto, legge il sanscrito come io leggo la cabala dei sogni. Mevio Mefisto ricerca anche egli il segreto di Faust, è in possesso dei libri più rari della medieva Germania, ha rovistato Londra, ha pescato le cose più curiose nei librai antiquari di Parigi, ha consultato tutte le sibille e gli stregoni e i bramani