Apostolica Legazia di Sicilia
L'Apostolica Legazia di Sicilia fu un istituto religioso e politico creato da papa Urbano II allorché l'isola fu sottratta dai Normanni agli arabi, dapprima come entità giuridica autonoma, poi come regalia dei re di Sicilia.
Storia
Istituzione
La prima istituzione della Legazia di Sicilia risale al 1098, allorché fu inviato da papa Urbano II in Sicilia un legato pontificio, per rappresentare il vescovo di Roma, il patrimonium ecclesiae siciliano (latifondi) e l'unità delle chiese cattoliche fedeli alla diocesi di Roma e non subordinate al Patriarca di Costantinopoli. All'epoca dell'istituzione della Legazia però la maggior parte degli abitanti dell'isola erano ancora di religione musulmana o cristiana ortodossa, e inizialmente la politica degli Altavilla in Sicilia fu prevalentemente orientata a sostenere la tradizione greco-basiliana, finanziando con donazioni e rendite la costruzione di nuovi monasteri ortodossi. Ruggero I di Sicilia infatti per garantire l'unità del suo stato affidò alla chiesa bizantina il compito di rafforzare e sostenere nelle periferie il potere degli Altavilla: il rito bizantino infatti prevede la possibilità della subordinazione degli istituti ecclesiastici al sovrano, purché cristiano.[1]
Alcuni territori siciliani però dall'età dell'imperatore Giustiniano erano stati per lungo tempo latifondi della diocesi di Roma, e in questi possedimenti, conosciuti come Siciliae patrimonium ecclesiae, la produzione economica era ancora gestita da funzionari e clero, fedeli al patriarcato di Roma, così come la popolazione ivi insediata, che seguiva il rito latino.[2] Per garantire la sopravvivenza di tali comunità Urbano II allora, in linea con la politica bizantina di Ruggero I di Sicilia, concesse l'amministrazione delle diocesi filo-romane al conte normanno, nominandolo in una bolla legato pontificio e conferendogli l'ereditarietà di tale titolo. Per la prima volta la chiesa di Roma concedeva ad un sovrano laico molti privilegi amministrativi, fra i quali la possibilità di gestire le cariche episcopali, il patrimonio finanziario delle diocesi e l'istituzione di metropolie.[3][4] Da allora le arcidiocesi della chiesa romana, in Sicilia, non si ponevano come soggetto giuridico indipendente, come nel resto d'Italia, ma, allineate con la politica bizantina, erano subordinate al potere laico degli Altavilla accentrato in Palermo.
Ereditarietà e sovranità
Il titolo di legatus Siciliae era anche ereditario, e legato dapprima al titolo di comes Siciliae di Ruggero I, e quindi a quello di rex Siciliae fino a Carlo d'Angiò, e poi, dopo la pace di Anagni, a quello di rex Trinacriae. Il titolo di legatus Siciliae rimase identico nei secoli, perciò la corona siciliana rimase sempre identificata come Regia Monarchia di Sicilia, benché il titolo della sovranità sull'isola nella storia sia stata espressa secondo diverse denominazioni (re di Sicilia, re di Trinacria, vicereame spagnolo di Sicilia).
Il diritto degli Altavilla di detenere per ereditarietà e a latere la gestione della legazia fu confermato poi dal successore di Urbano II, papa Pasquale II, in cui in una lettera del 1117 a Ruggero II di Sicilia affermava: antecessor meus patri tuo legati vicem gratuitate concessit.[5]
Con questi privilegi nel 1117 fu fondata per mano dei sovrani normanni una delle più grandi arcidiocesi storiche della Sicilia, Monreale (provincia Monsrecalensis), nella cui giurisdizione furono incluse le chiese dell'area meridionale ancora legate alla tradizione bizantina.
Sulla linea di questi privilegi anche a Carlo I d'Angiò, allorché invase il Mezzogiorno e fu nominato rex Siciliae furono concessi da papa Clemente IV alcune regalie e privilegi in materia di giurisdizione ecclesiastica (facoltà di gestire il patrimonio delle arcidiocesi con sedi vacanti.)[6]
Con la conquista aragonese del Regno di Trinacria anche lo jus legationis (diritto di esercitare la Legazia) passò alla corona aragonese e ne seguì le sorti, fino a divenire un privilegio del re di Spagna Filippo II.
Le Controversie Liparitane
Il tema della Apostolica Legazia di Sicilia tornò di attualità alla fine del seicento per una questione originariamente marginale, ma che divenne tema centrale di scontri fra Stato e Chiesa.
Alcuni esattori di imposte avevano sottoposto al tributo del plateatico un sacco di ceci che gli incaricati del vescovo di Lipari volevano vendere sulla piazza del mercato. Il vescovo, che riteneva lesi i suoi antichi privilegi, reagì imponendo la scomunica.
Contro di essa fu fatto ricorso al re che eliminò la scomunica mediante il ricorso al suo diritto di decidere sugli appelli per abuso delle sentenze ecclesiastiche. Solo dopo anni e diversi cambi di dinastie la questione trovò una soluzione.
Note
- ^ Al riguardo si vedano le dispute teologiche sul cesaropapismo e sul filioque.
- ^ Guillou A., L'Italia bizantina. La Sicilia, pp. 275-278 e pp. 311-314, in AA. VV., Storia d'Italia, diretta da Galasso G., Longobardi e Bizantini, Utet ed., Torino, 1995.
- ^ Scaduto F., Stato e Chiesa nelle Due Sicilie. Dai Normanni ai nostri giorni (secc. XVI-XIX), Palermo 1887, pp. 177-179.
- ^ La bolla con cui il Papa nominò legato pontificio Ruggiero I di Sicilia è conosciuta come Quia propter prudentiam tuam.
- ^ Catalano G., Studi sulla Legazia Apostolica di Sicilia, Reggio Calabria 1973, La legazia di Sicilia, p. 16 e ss.
- ^ Giannone P., Istoria civile del Regno di Napoli, Napoli, 1723.
Bibliografia
- Salvatore Fodale, L'apostolica legazia e altri studi tra Stato e Chiesa, Sicania ed., Messina 1991
- Salvatore Fodale, Legazia Apostolica, Enciclopedia Federiciana, Vol. II, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani
- F. Mainetti, La Legazia Apostolica in Sicilia, in Agora X, luglio-Settembre 2002].
- Francesco Margiotta Broglio, Il conflitto della "Regalia" e l'appello per abuso del 22 gennaio 1688, Bardi editore, 1965, ISSN 0391-8149
- Leonardo Sciascia, Recitazione della controversia liparitana dedicata ad A.D, Einaudi, Torino, 1969