Jacopo Corbinelli

letterato e filologo italiano

Jacopo Corbinelli (Firenze, 12 dicembre 1535Parigi, 1590 circa) è stato un letterato e filologo italiano, patrocinatore e continuatore della diffusione della letteratura italiana in Francia, specie di Dante Alighieri, di cui curò e pubblicò a Parigi nel 1577 il De vulgari eloquentia.

Biografia

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Fu uno dei più grandi cultori rinascimentali delle lingue romanze. Nacque da famiglia illustre fiorentina e nel 1558 completa i suoi studi diventando dottore in utroque iure presso lo Studio di Pisa[1]. L'anno successivo avviene a Firenze una congiura contro Cosimo I, organizzata da Pandolfo Pucci: Bernardo Corbinelli, fratello di Jacopo, fu accusato di aver avuto un ruolo attivo nella vicenda, fu bandito dalla città ed i beni dell'intera famiglia vennero confiscati.

Jacopo, forse per evitare di essere anch'egli condannato e comunque ormai compromesso dal sospetto, emigrò a Roma: a partire dal 1562 fu infatti chiamato a comparire in giudizio a Firenze, ma egli rimase nel suo esilio volontario, preferendolo ad una condanna ormai certa[1]. Nel suo peregrinare, raggiunse Padova (dove fu in amicizia con Gian Vincenzo Pinelli), Vienna e, alla fine del 1565, Lione, città in cui risiederà fino al 1566[1] e dove si ricongiunse al fratello Bernardo e raccolse molti libri rari dalla dispersione della biblioteca di Piero Strozzi. Poco tempo dopo, sicari al soldo di Cosimo I assassinarono Bernardo.

Nel 1568 si stabilì a Parigi dove visse alla corte di Francia (e dove, nel 1571, incontrò Torquato Tasso[1]), qui chiamato da Caterina de' Medici come educatore del figlio Enrico, duca d'Angiò[2]: Jacopo Corbinelli, oltre a trovare la protezione da Cosimo I de' Medici, instaurerà un rapporto intimo col duca d'Angiò, se il letterato fiorentino deciderà di intraprendere un viaggio in Polonia in occasione dell'incoronazione di Enrico a re di quel paese[3].

Ritornato a Parigi nel 1574, in seguito alla morte di Carlo IX e all'intronizzazione di Enrico quale suo successore sul trono francese, Corbinelli entrò a pieno titolo nella corte francese quale consigliere culturale e politico del sovrano[1]. La protezione di Caterina, oltre ad assicurargli un libero accesso alla biblioteca reale, permise che la sua posizione di esule si stabilizzasse. Morì nel 1590.

L'attività di filologo e traduttore

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Corbinelli è ricordato per essere stato un diffusore della cultura letteraria italiana nella Francia del Secondo Cinquecento, continuando così l'opera di diffusione e di conoscenza patrocinata dalla Scuola di Lione e da Margherita di Navarra, sorella di Francesco I. Il Corbinelli, infatti Illustrò il Corbaccio di Giovanni Boccaccio servendosi del francese (1569), La bella mano di Giusto de' Conti (1589-1595), le prime edizioni dei Ricordi di Francesco Guicciardini (1576) e anche l'Etica di Aristotele[4]. L'opera di Corbinelli è legata, però, soprattutto alla figura dantesca: profondo conoscitore della poetica dantesca (come emerge dall'epistolario che intrattenne con l'umanista Gian Vincenzo Pinelli), Corbinelli pubblicò e curò l'edizione critica del De vulgari eloquentia (1577) sulla base di un manoscritto proveniente da Grenoble[3].

  1. ^ a b c d e Benzoni.
  2. ^ Tra i fuoriusciti italiani fu colui cui la storiografica imputa il ruolo maggiore nell'educare il monarca alla scuola del "realismo politico" di Guicciardini, Machiavelli e Tacito: Fumaroli, Marc. “Aulae arcana: Rhétorique et politique à la cour de France sous Henri III et Henri IV.” Journal des savants 2:2 (1981), 137-139; Gorris Camos, Rosanna. “Sotto il segno di Tacito tra Italia e Francia.” Scritture dell’impegno dal Rinascimento all’età barocca. Fasano: Schena, 1997, 161-182.
  3. ^ a b Resta.
  4. ^ Benzoni e Resta

Bibliografia

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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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