Villanterio

comune italiano

Villanterio (Vilantè in dialetto pavese[4][5]) è un comune italiano di 3 300 abitanti[1] della provincia di Pavia in Lombardia. Si trova nel Pavese orientale, esteso sulle due rive del Lambro meridionale, ai confini con la provincia di Lodi.

Villanterio
comune
Villanterio – Stemma
Villanterio – Bandiera
Villanterio – Veduta
Villanterio – Veduta
La sede del comune
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione Lombardia
Provincia Pavia
Amministrazione
SindacoGianluigi Poma (Insieme per Villanterio) dal 10-6-2024
Territorio
Coordinate45°13′N 9°22′E
Altitudine75 m s.l.m.
Superficie14,77 km²
Abitanti3 300[1] (31-12-2021)
Densità223,43 ab./km²
FrazioniMonte Bolognola
Comuni confinantiGerenzago, Inverno e Monteleone, Magherno, Marudo (LO), Sant'Angelo Lodigiano (LO), Torre d'Arese, Valera Fratta (LO)
Altre informazioni
Cod. postale27019
Prefisso0382
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT018180
Cod. catastaleL994
TargaPV
Cl. sismicazona 3 (sismicità bassa)[2]
Cl. climaticazona E, 2 628 GG[3]
Nome abitantivillanteresi
Patronosan Giorgio
Giorno festivo23 aprile
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Villanterio
Villanterio
Villanterio – Mappa
Villanterio – Mappa
Posizione del comune di Villanterio nella provincia di Pavia
Sito istituzionale

Origine del nome

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La casa degli affreschi a Villanterio

Il nome Lanterio ha una probabile origine germanica - longobarda o franca. Sia i longobardi sia i franchi portarono nella penisola italiana una tradizione onomastica germanica. Lanterio deriva probabilmente da una radice che si ritrova in nomi come “Lantherius” o “Lantharius”, dove “lan-“ potrebbe derivare da landa, che significa “terra” o “regione” (nell’uso germanico potrebbe anche indicare un’idea di protezione o possesso) mentre “-terio/-tharius” potrebbe essere legato a heri (esercito) o hari (guerriero), tipico di molti nomi germanici che richiamano il mondo militare o l’autorità.


Nell’antichità, l’area dell’attuale Villanterio era probabilmente occupata da una villa rustica, una fattoria romana autosufficiente che serviva come centro agricolo e commerciale. La villa si trovava in una posizione particolarmente strategica, al crocevia di due importanti direttrici viarie. La prima collegava Ticinum (Pavia), importante città fluviale sul Ticino e nodo commerciale, con Laus Pompeia (Lodi), un centro rilevante nella fertile pianura. La seconda era parte di una delle principali vie di comunicazione della Gallia Cisalpina, che attraversava l’area portando merci e viaggiatori tra Placentia (Piacenza) e Mediolanum (Milano), capitale dell'Impero d'Occidente nel IV secolo.

Nei pressi della villa, i Romani avrebbero sfruttato la presenza di un guado naturale sul fiume che chiamavano Pudiga. Questo corso d’acqua, oggi noto come Lambro meridionale, prendeva il nome probabilmente dall’orografia del luogo. Pudiga, infatti, potrebbe derivare da una radice latina che indicava "luogo basso" o "umido", descrivendo un’area soggetta a inondazioni o caratterizzata da terreni difficili da attraversare. Il guado sul Pudiga rappresentava un punto cruciale per il passaggio di merci e persone, rendendo la villa un nodo importante lungo le rotte commerciali.

La villa non era solo una residenza per il proprietario terriero (il dominus), ma anche un centro economico e amministrativo per l’intera area circostante. La villa si dedicava probabilmente alla coltivazione di cereali (grano, orzo e farro) e di vigneti, il cui vino era destinato ai mercati di Ticinum e Mediolanum. La manodopera era composta da schiavi e coloni, che vivevano in piccoli insediamenti annessi alla villa. La villa includeva strutture come magazzini, stalle, mulini e forse una piccola domus (residenza) per il proprietario, circondata da campi coltivati.

Nel corso del IV e V secolo d.C., con la crisi dell’Impero romano e il deterioramento delle infrastrutture, la villa rustica avrebbe subito un lento declino. Tuttavia, la sua posizione strategica e il guado sul Pudiga le avrebbero permesso di mantenere una certa rilevanza come centro agricolo e rifugio per la popolazione locale. La riduzione del controllo centrale e l’insicurezza delle vie di comunicazione avrebbero portato la villa a una maggiore autosufficienza. La villa potrebbe aver dato origine a un piccolo insediamento, sopravvissuto grazie alle risorse agricole e alla vicinanza al guado, ponendo le basi per l’evoluzione medievale del borgo.

Nel 568 i Longobardi guidati da Alboino invasero l’Italia settentrionale, stabilendo il loro regno con Pavia come capitale. Durante questo periodo, il territorio dell’attuale Villanterio sarebbe stato integrato nel sistema di controllo longobardo.

La zona ospitò una “curtis” longobarda, un’unità economica e amministrativa dominata da un grande proprietario terriero. Questo proprietario, forse identificabile con il “Lanterius” menzionato nel toponimo, potrebbe essere stato un capo militare o un membro della nobiltà longobarda. La curtis di “Villa Lanterii” (letteralmente “il villaggio di Lanterio”) avrebbe funzionato come centro agricolo autosufficiente, con schiavi e contadini semiliberi (aldii) che lavoravano la terra.

Con la caduta del regno longobardo nel 774, il territorio passò sotto il dominio dei Franchi di Carlo Magno, che mantennero la struttura feudale. “Villa Lanterii” rimase probabilmente un centro rurale organizzato intorno alla curtis, ora integrata in un sistema di vassallaggio.

La presenza del Lambro meridionale, un importante corso d’acqua, avrebbe favorito le attività agricole e il commercio locale, ma avrebbe anche reso l’area vulnerabile alle incursioni nemiche, in particolare le scorrerie degli Ungari (IX-X secolo).

A partire dal X secolo, il fenomeno dell’incastellamento prese piede in tutta l’Italia settentrionale. Questo processo, innescato dall’insicurezza causata dalle incursioni e dalle lotte locali, comportò la costruzione di fortificazioni intorno ai centri abitati.

Intorno al X secolo, a Villanterio potrebbe essere stato edificato un primo castello di legno e terra, circondato da un fossato. La posizione strategica vicino al Lambro e le risorse agricole locali rendevano il luogo ideale per una struttura difensiva. Il castello sarebbe servito da rifugio per i contadini durante le incursioni, ma anche da sede del signore locale, che controllava le terre circostanti e le attività economiche. Nel XI secolo, con la maggiore stabilità dell’epoca ottoniana e la crescita demografica, il castello di Villanterio fu probabilmente ricostruito in pietra e mattoni, come avvenne in molte località lombarde. Questo nuovo castello avrebbe avuto una torre principale (mastio), mura più robuste e una piccola cappella interna per le funzioni religiose.

Nel 1164 è citato nel diploma con cui Federico I assegnò a Pavia la giurisdizione sull'Oltrepò, la Lomellina e quelle parti del Pavese orientale come Villanterio che forse non erano ancora stabilmente sotto il suo controllo. La signoria sul paese apparteneva, forse già da molto tempo, al monastero di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia, che nel 1260 subinfeudò la località a una famiglia che ne prese il nome di Capitanei di Villanterio. Nel 1396 Gian Galeazzo Visconti donò molti fondi agricoli a Villanterio alla Certosa di Pavia[6]. I diritti feudali su Villanterio passarono per via ereditaria a varie famiglie nobili lombarde: prima agli Schiaffinati, poi ai nobili Rizzi (1538) e, infine, nel XVIII secolo, ai nobili Vitali-Rizzi di Pavia.

L'ultimo discendente dei Vitali-Rizzi, Giuseppe, sposò Amalia Carena, figlia di Alessandro e di Isabella Manfredi Pardo Della Casta. Rimasta vedova, Amalia si unì in seconde nozze con Lino Meriggi. Lino, figlio di Aureliano, alla morte di quest'ultimo, nel 1858, era stato affidato alle cure di un parente, Carlo Bonetta, figlio di Alessandro, di cui aveva in seguito ereditato le carte familiari. Lino Meriggi, alla morte della prima moglie, ereditò tutte le carte della famiglia Carena nonché quelle delle famiglie Vitali e Rizzi, pervenute ad Amalia in seguito al suo primo matrimonio con Giuseppe Vitali Rizzi.

La famiglia Meriggi si trovò così a raccogliere l'eredità di molte altre famiglie ad essa legate da vincoli di parentela e, più spesso, da passaggi ereditari. Silvio Meriggi, padre di Maria Rosa, ultima ultima proprietaria dell'archivio, era figlio di Lino e di Sibilla Longhi.

L'archivio è oggi custodito presso la Biblioteca civica Carlo Bonetta del Comune di Pavia, contiene tutte le fondi per storia di Villanterio, dal 1191 al 1966. Guido Zanaboni ha effettuato un lungo e meticoloso studio di questo archivio, assieme alle fonti storiche su Villanterio contenute negli archivi di Stato di Pavia e Milano, pubblicando diversi volumi sulle fonti e due volumi sulla storia di Villanterio, pubblicati dal Comune di Villanterio. Una prima raccolta di scritti su Villanterio la fornisce Giacomo Bascapè nella sua Storia di Villanterio, pubblicata nel 1926 a cura dall'allora podestà di Villanterio, Silvio Meriggi.

Nel 1872 fu unito a Villanterio il comune di Monte Bolognola.

Società

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Evoluzione demografica

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Abitanti censiti[7]

Infrastrutture e trasporti

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Fra il 1884 e il 1934 la località ospitò una fermata della tranvia Pavia-Sant'Angelo Lodigiano[8].

Amministrazione

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Ha sede nel comune la società di calcio A.S.D. Union Calcio Basso Pavese nata dalla fusione delle società di Villanterio, Magherno e Atletica del Po, che ha disputato campionati dilettantistici regionali.

Dal 2016 ogni anno durante la prima domenica di novembre viene organizzata dal gruppo podistico A.S.D. Tripè di Villanterio la "Marcia del Cigno" che si snoda tra le campagne del paese e la Tenuta Relais Il Cigno. La corsa richiama ogni anno centinaia di podisti da tutte le province.

  1. ^ a b Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2021.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  4. ^ AA. VV., Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino, UTET, 2006, p. 832.
  5. ^ Rubrica delle Rarità (PDF) [collegamento interrotto], in Fasoulin, 9 novembre 1912, p. 3. URL consultato il 19 luglio 2011.
  6. ^ Monastero di Santa Maria delle Grazie, 1396 - 1782 – Istituzioni storiche – Lombardia Beni Culturali, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 28 settembre 2021.
  7. ^ Statistiche I.Stat ISTAT  URL consultato in data 28-12-2012.
    Nota bene: il dato del 2021 si riferisce al dato del censimento permanente al 31 dicembre di quell'anno. Fonte: Popolazione residente per territorio - serie storica, su esploradati.censimentopopolazione.istat.it.
  8. ^ Giovanni Cornolò, Fuori porta in tram. Le Tranvie extraurbane milanesi 1876-1980, Parma, Ermanno Albertelli Editore, 1980.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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