In Pratica Funziona Ma in Teoria

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In pratica funziona, ma in teoria?


di Antonio PASCALE
IL CLIMA DEL G2
Capitolo I
La notte. Cio, un po prima
Non posso nemmeno dire che sia colpa dei preti. Loro non centrano. Quindi,
assodato: non colpa loro. Da piccolo, a nove anni, su consiglio di don Ambro-
sio, il prete che teneva il corso di catechismo, imparai a fare il bilancio della gior-
nata. Lesame di coscienza, come si diceva. Si dice anche adesso, in verit.
Ripassa tutta la tua giornata, valuta le cose buone e separale da quelle catti-
ve. Pentiti. Rilassati. Insomma, il metodo noto, non c bisogno di dilungarsi.
Ora, per via di un inspiegabile senso di colpa, a sua volta derivante, probabil-
mente da un, a sua volta, inspiegabile senso di onnipotenza ( tutta colpa mia,
mia mia!), il bilancio risultava sempre in negativo. Per questo, credo, facevo so-
gni brutti, incubi nei quali venivo punito per le mie numerosissime colpe accu-
mulate durante la giornata. Come dicevo: non posso nemmeno dire che sia colpa
dei preti, lesame di coscienza non mica una pratica scorretta, anzi. Per, fatto
sta: facevo degli incubi. Un ragazzino pallido e delicato, spesso malato, continua-
mente sotto penicillina, che si proponeva di eliminare le scorie della giornata e
che andava incontro a brutti sogni notturni. Cera qualcosa di morboso in tutto
questo, pensavo a volte, al risveglio.
La sensazione di morbosit o, come si dice oggi, di negativit mi ha accom-
pagnato per molte notti a venire, finch un giorno ho smesso. Di fare il bilancio
della giornata. Visto che mi era difficile separare le scorie e visto che, una volta se-
parate, alla fine, queste tornavano a inquinare il mio corpo, gi malato e sotto
antibiotici, ho pensato bene, prima di addormentarmi di pensare a cose belle, co-
me si dice oggi, positive.
Cos, ora che il senso di onnipotenza si notevolmente abbassato in effetti
stato sublimato dalla scrittura prima di addormentarmi penso a modelli ideali,
immagini semplici e chiare che da sole possono illuminare la notte nera. Cio, vo-
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glio dire, un po prima della notte, io sogno, ad occhi aperti, modelli ideali. Princi-
pio di associazione, suppongo. Se penso cose belle far bei sogni. Sano ottimismo.
Quindi, giusto per fare un esempio, penso a questo modello che secondo i
miei calcoli, pre-notturni, dovrebbero per sempre risolvere il problema energetico
degli italiani. Energetico in senso lato. In senso antropologico.
Mi dico: noi abbiamo delle opinioni. Bene, fin qui. Le nostre opinioni dovreb-
bero essere lette dai nostri politici di riferimento e successivamente, analizzate e
tradotte, infine, in norme, leggi, regolamenti, circolari esplicative, azioni politi-
che, insomma quel complesso di interventi volti (come si dice oggi) a migliorare
lambiente in cui viviamo. Lambiente migliorato a sua volta migliora le nostre
opinioni. Dunque di conseguenza migliorano anche le nostre opinioni, i nostri
politici le nostre leggi eccetera inutile che mi dilungo. Modello ideale, come vi
dicevo. Ma se le nostri opinioni sono superficiali, tanto pi superficiale sar la let-
tura dei nostri politici e tanto peggio saranno le leggi. Lambiente peggiora eccete-
ra. Dunque per migliorare il mondo (e i miei sogni) essenziale migliorare le no-
stre opinioni. Per migliorare le nostre opinioni assolutamente necessario studia-
re e approfondire, ergo, per migliorare il mondo indispensabile il lavoro, con-
creto, quotidiano, serio, dellintellettuale, in senso lato. La cultura.
Questo faccio. Prima di addormentarmi frequento la dimensione pedagogi-
ca. Ossia, mi applico in metodologica critica. Sviluppare un metodo, che sia rigo-
roso ma chiaro, che solleciti il discorso pubblico e dunque la crescita culturale.
Insomma, penso a cose belle e semplici. Penso agli intellettuali. Alla cultura. Al
gusto della conoscenza.
Funziona?
Che ve lo dico a fare: per niente! Gli incubi li faccio lo stesso. Pure peggio. Mi
sveglio in continuazione ormai sono diventato insonne (tanto vale tornare al
vecchio esame di coscienza). Eppure, nonostante la delusione, e gli incubi, sento
di essere sulla strada giusta. Bisogna insistere. Con la cultura e con gli intellettua-
li. Cos penso.
Insistiamo?
Capitolo II
Ma s, insistiamo!
Gli intellettuali. Un breve cenno storico.
Qui bisogna mettersi daccordo. Sugli intellettuali. E la cultura. E su tante al-
tre cose. Ma vediamo. Ci vuole calma. E metodo. Nel mio modello ideale, quello
pre-notturno, lintellettuale che mi viene in mente, prima della notte cupa e nera,
Socrate. Il Socrate del Protagora. Quello lintellettuale ecocompatibile, come si
usa dire oggi.
Nel 433 a.C., Socrate giovane, ha 36 anni ed relativamente sconosciuto.
Un amico lo ferma per strada: da dove vieni?, gli chiede. Non aspetta, in verit,
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nemmeno la risposta di Socrate: chiaro, gli dice, sei andato a caccia della bel-
lezza di Alcibiade. Insomma Socrate di ritorno da un incontro amoroso, e il suo
amico, dopo averlo canzonato, lo avvisa che Protagora, il sofista, in citt. Socra-
te di malavoglia si avvia al conciliabolo, si presenta e si siede per ascoltare Prota-
gora. Che parla. Un magnifico, suadente discorso: la verit, le passioni. Dopo ven-
ti pagine, Protagora smette e Socrate si scuote e annota con sottile ironia: aveva fi-
nito di parlare ma era come se parlasse ancora. Socrate era vittima, dunque, di
unallucinazione sonora. Quindi, per prevenire futuri stati di incantamento, So-
crate avanza una proposta a Protagora: parliamo, discutiamo, ma usiamo di-
scorsi brevi. Come discorsi brevi?, chiede Protagora. Discorsi brevi, insiste Socrate.
Altrimenti non riesco a prendere le misure. Di cosa si discute dunque nel Protago-
ra? Di stile, per prima cosa. Poi della possibilit di usare la techne contro la tyche.
Di usare, cio, la conoscenza la techne tradotta con mestiere, arte, scienza
per tenere a bada la tyche, ovvero, ci che semplicemente accade, tutto quello che
sfugge al controllo delluomo. E si discute di una terza cosa: la commisurabilit.
La misura. Come misurare le passioni umane? Come attribuire loro un senso? So-
crate far bene o male ad andare di notte a caccia della bellezza di Alcibiade?
Compito del filosofo quello di attribuire un valore a ogni bene. Fissazione di
Socrate, quella del valore e della differenza. stato condannato per questo: aver
introdotto falsi dei ad Atene. Questa la versione ufficiale. Socrate, in realt, non
riteneva possibile che gli dei imponessero due diverse obbligazioni in contrasto tra
loro. Perch mai Agamennone deve partire per Troia perch i doveri dellospitalit
sono stati violati e contemporaneamente deve uccidere sua figlia Ifigenia per pro-
piziarsi il cammino? Quanti dei deve accontentare questo povero re? E no, a So-
crate la tragedia non lo convinceva. Gli sembrava ricattatoria. Meglio il discorso
pubblico, libero, argomentato e condiviso, meglio due contendenti intelligenti che
si danno battaglia. E che, soprattutto, alla fine della discussione, siano capaci di
valutare i singoli beni, attribuirgli un valore e dunque essere capaci di scegliere
luno o laltro. O parto per Troia o sacrifico mia figlia.
Di notte ci penso prima di addormentarmi. Alle cose belle per non incorrere
negli incubi. Anche se poi non funziona, gli incubi arrivano lo stesso. Penso che
gli intellettuali dovrebbero occuparsi della misura. E per misurare occorre stile e
strumenti. Rigore e strumenti diversi perch diverse sono le arti comprese nella te-
chne. Nel Protagora se ne elencano parecchie, ci sono le arti produttive, come lar-
te del ciabattino o la costruzione degli edifici, insomma dove il prodotto pu esse-
re specificato indipendentemente da ogni conoscenza dellattivit dellartigiano. E
poi ci sono le arti mediche e quelle rubricate sotto la voce fini interni: suonare il
flauto, la danza, latletica. Qui non c nessun prodotto, ci che importante
larte in s.
Di notte penso allo schema di partenza, al modello ideale: le nostre opinioni
lette dai politici e tradotte in leggi. E agli intellettuali. Pi serie, argomentate e
profonde sono le opinioni eccetera. Occorre misurare. Per anche vero che non
abbiamo pi dei che impongono deliberazioni in palese contrasto tra loro. Possia-
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mo scegliere, valutare, abbiamo una quantit di fonti informative. E una tale
quantit di intellettuali. Tutto pi facile, rispetto a un tempo.
O no? E mi sa di no.
Bisogna pensarci su.
Domanda: esistono da qualche parte buoni discepoli di Socrate? Intellettuali
ecocompatibili, votati al risparmio energetico? Io per esempio, di sicuro no. Altro
che discorsi brevi, con tutte queste lunghissime digressioni
Capitolo III
Inquinanti. Vari ed eventuali.
Scena: una mattina, pi di ventanni fa, alluniversit di agraria, secondo
anno, credo. Comunque, quella volta, la professoressa di fisiologia delle piante
coltivate, forse innervosita dalla frequenza bassa degli studenti, ferm la spiega-
zione (come fa lacqua a salire dalle radice fino alla chioma di una sequoia) e
disse: noi italiani preferiamo la patologia alla fisiologia. Ovvero, il dato era il se-
guente: il corso di patologia vegetale era sempre ben frequentato, quello di fisiolo-
gia, diciamo, scarsamente frequentato. Perch? La professoressa non si lanci in
indagini antropologiche, anche perch bisognava mettere a fuoco la questione ri-
salita dellacqua. Ci tenne solo a sottolineare che spesso proprio lignoranza del-
la fisiologia a produrre la patologia. Ora, non voglio dire che sono ventanni che
ci penso, anche perch senn qualcuno dei miei stretti familiari avrebbe gi chia-
mato la neurodeliri, quindi, ventanni no, ma quindici s in effetti rischio la
neuro. Mica siamo un popolo che davvero preferisce la patologia alla fisiologia?
Preferisce, per esempio commentare un danno gi fatto che prevenirlo? E per
estensione simbolica, non che la nostra categoria di intellettuali si eccita ogni
qualvolta sulla scena italiana irrompe una tragedia? Del tipo: te lavevo detto io.
O del tipo: elogio sperticato alle Cassandre. Il sapere patologico costituisce allora
un inquinante? Nel senso che inquina la capacit di misurare? E di grazia, che
cos il sapere patologico?
Il sapere patologico potrebbe fare rima con la retorica dellapocalisse. Una
delle tentazioni pi seducenti della modernit. E dellOccidente. E soprattutto, e
specificatamente, di noi italiani. Si proclama con molta facilit che la fine del
mondo vicina. Come facevano i buoni e vecchi testimoni di Geova. Avete pre-
sente i buoni e cari testimoni di Geova? Quelli che bussano di sabato mattina al-
le vostre porte con la sola intenzione di atterrirvi. E convertirvi. Quelli che forti
della loro rivista, la Torre di Guardia, o Svegliatevi, vi parlano dellimminente fi-
ne del mondo? Usavano in verit usano ancora una procedura standard.
Partivano da un modello ideale, generalmente unimmagine che raffigurava il
creato incontaminato e di seguito vi mostravano come abbiamo ridotto il mon-
do: ciminiere che sbuffano, armi nucleari in agguato, smog, inquinamento, ma-
nipolazione genetica.
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Insomma, i testimoni di Geova sono quelli che affrontano problemi complessi,
la cui trattazione richiederebbe competenza e analisi, in maniera semplice ed
evocativa. Uniscono cose distanti tra loro senza provare il nesso che dovrebbe
unirle. E funziona. Il metodo spesso ti seduce e pu capitare che per un attimo ti
senti impaurito e in balia del male. Tutto fa rima con tutto. Siamo quindi sullorlo
del baratro. Poi ti riprendi e magari fai appello alla tua coscienza laica. Chiedi
un minuto per organizzare i pensieri e valutare i singoli elementi in gioco. Ebbe-
ne, i testimoni di Geova hanno fatto scuola. Cari e vecchi testimoni di Geova. Vi
hanno superato, a sinistra soprattutto. Qua la mia professoressa aveva ragione.
Sono tanti gli intellettuali italiani che, come fossero nuovi adepti al culto di Geo-
va, proclamano con molta facilit limminente fine del mondo. Oppure, danno
retta a chi con facilit la proclama.
E c del metodo in questa tentazione. La retorica dellapocalisse predilige i
paragoni estremi e a effetto: gli ogm? Sono come la bomba atomica (Rifkin), le
multinazionali? Controllano il pianeta e ogni tuo gesto, dal pi piccolo al pi
grande. La retorica dellapocalisse, oltre a rivelare un atteggiamento vanitoso (es-
sere cos fortunati da vedere la fine del mondo), focalizza lattenzione esclusiva-
mente sulla patologia. Commentare il danno gi fatto o immaginarsene uno pros-
simo venturo inebriante, ti fa sentire superiore, del tipo suddetto: te lavevo detto
io. Di contro, pochi si interessano alla fisiologia: sapere come funzionano le cose
non suscita grande entusiasmo. Oh, del resto, quando la fine del mondo vicina,
vuoi metterti ad analizzare, spiegare: bisogna scappare per salvare la pelle. E in-
fatti lapocalisse parente stretta, quasi gemella, dellintegralismo. In pi, la reto-
rica dellapocalisse ci costringe sulla difensiva e quindi elaboriamo una sorta di
io minimo.
C unaltra questione da considerare. Chi usa e abusa della retorica della-
pocalisse preferisce esagerare con gli aggettivi, perch poi risulta pi facile propor-
re la soluzione. Nel senso che storditi come siamo dal bagliore della distruzione,
tendiamo a credere che esiste una soluzione immediata, semplice e a portata di
mano. Si tratta quasi sempre di soluzioni che fanno leva sui nostri istinti religiosi,
che ci portano a credere che basta la parola magica e tutto si risolve.
Capitolo IV
Conseguenze. Dellapocalisse.
Dunque, dicevamo, il modello ideale di intellettuale per questo breve saggio
Socrate. Caro Protagora sei bravissimo, hai fascino e affabulazione. Ma pro-
prio questo il punto: mi confondi. Discorsi brevi e senso della misura. Poche me-
tafore e pochi simboli, per favore. Poca teoria. Dimmi, in pratica, che succede?
Questo, si badi, non lo dice espressamente Socrate. solo una mia richiesta
magari mutuata dalla lettura del Protagora. La richiesta di un cittadino che vuole
migliorare le proprie opinioni. Cos poi esprime politici migliori eccetera come
mi piace questo modello, eppure continuo a fare brutti sogni la notte.
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Sar perch noi italiani non siamo mai soddisfatti dalla pratica. Tanto che
possiamo dire: in pratica funziona, ma in teoria? Mettiamo che qualcosa si speri-
menti in campo e funzioni. Non segue mica lapplauso. Eh no, segue la discussio-
ne. Teorica. La funzionalit delloggetto non si accorda con la teoria. Solo che la
teoria non la famosa teoria unificante, ma le svariate teorie di cui noi siamo so-
stenitori. Ognuno di noi non ha una vera opinione, ha una teoria. I fatti con-
traddicono le nostre teorie, non importa, peggio per i fatti.
Era dunque questo che la mia professoressa di fisiologia vegetale, stanca di
spiegare il complesso, e ancora sconosciuto, meccanismo osmotico grazie al quale
lacqua risale dalle radici alla chioma, tentava di sostenere con quella dichiara-
zione ad effetto? Preferiamo la patologia alla fisiologia, perch ognuno di noi ha
una personale opinione del danno? Ognuno di noi convinto di averlo gi detto
a tempo debito? questa la base su cui appoggia la retorica dellapocalisse? Sul
gusto dellopinione?
In effetti, commentare il danno, mettere in evidenza le scorie, far provare il
panico, terrorizzare sono gesti narcisistici, creano pure dipendenza. Oppure, al
contrario, provare piacere nel terrore, brividi, pelle doca, evidenziano sensibilit:
guarda come sono spaventato, cio, come sono sensibile e fragile, come mi com-
muovo. Niente di male. Solo che, chi prova terrore pensa a scappare, mica a stu-
diare. Chi prova terrore debole, e tende alla fuga, e chi fugge, nel panico, cerca
con lo sguardo qualcuno da seguire, magari quello che indica, per di qua, per di
qua c la salvezza. Capiamoci bene. Se la nave affonda, il panico legittimo, an-
che se sta l per l per imbarcare acqua. Meno male che qualcuno ci avvisa. Ma la
sensazione tuttaltra. La retorica dellapocalisse, il gusto della patologia, servono
non per avvisare di un pericolo, ma per lasciare le cose come stanno.
Conviene essere dei buoni retori del patologico. Si creano allucinazioni sono-
re, come quelle che lamentava Socrate. In effetti un metodo per guadagnare
tanti soldi. E soprattutto non difficile da assimilare. Basta un po di esercizio.
Questo metodo predilige, lo sappiamo, paragoni estremi e aggettivi superlativi,
proprio per evitare di constatare i fatti che spesso sono chiari. Lobiettivo indebo-
lire la nostra scala di riferimento.
Vogliamo spingerci in una tesi forse estrema? La mitologia di destra e la (si
spera, buona) amministrazione di sinistra. Almeno cos era un tempo. Evocazio-
ne di territori e figure e miti scomparsi da parte della destra e analisi analisi ana-
lisi da parte della sinistra. Ma ora? Ora tutto confuso, c la fine del mondo,
stanno arrivando gli angeli dellapocalisse.
E gli angeli dellapocalisse non hanno sesso n colore politico. Assumono stra-
ne forme mitologiche. Ora, pi limmagine semplice pi evocativa, pi evo-
cativa pi risveglia la nostra emotivit, pi siamo emotivi pi perdiamo la misu-
ra, pi perdiamo la misura pi vince Berlusconi.
Cio, possiamo quindi derivare la seconda legge: confusione (delle opinioni)
emozione (a causa della confusione) Berlusconi (non solo il gusto dellassonan-
za). Dopo il panico arriva Berlusconi che tranquillizza. Vedete, cera una volta il
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pericolo, ora ci sono io: da questa parte. Noi andiamo. Cosa possiamo fare? Siamo
ancora scossi dal panico.
Altri esempi? S, vediamo. Troviamo qualcosa nella quale sono competente
(pi o meno), cos che possa analizzare. Ma in che cosa sono competente? Mi
chiedo la notte. Forse in niente, sono un cittadino italiano. Medio. Lasciato su
unisola deserta morirebbe subito. Forse una cosa la trovo. Il settore agroalimenta-
re. L, ho sviluppato una competenza: meglio che niente.
Capitolo V
Fragole pesce. Cio, un classico esempio (apocalittico).
Una mattina, a uno mattina (che spiacevole bisticcio cacofonico), ho visto
Mario Capanna che parlava di ogm. La domanda preliminare che bisognava
porsi per evitare tutto questo capitolo e credo il saggio intero, era: perch Mario
Capanna parla di ogm? Ha sostenuto un esame di genetica, di miglioramento
genetico? (alla domanda non so rispondere). Cosa sono gli ogm? Gli chiede lin-
tervistatrice. Sono prodotti, risponde, ottenuti mediante la tecnica del dna ri-
combinante. B, ho detto, fin qui, bravo. Cio, in realt lacronimo ogm (orga-
nismi geneticamente modificati) non significa niente, tutto quello che mangia-
mo geneticamente modificato, cio, migliorato. Stavo appunto, mentre guar-
davo Capanna, mangiando una pesca, era il 30 luglio del 2007. E la pesca
un frutto geneticamente modificato. Come tutto quello che mangiamo, sono sta-
ti selezionati caratteri a noi utili, cio sono stati spostati dei geni (gene: tratto di
dna che codifica una proteina). Mica da pochi anni, ma no, da quando nata
lagricoltura.
Capanna fa notare, giustamente, che con questa tecnica davanguardia che
si chiama dna ricombinante si pu spostare un gene utile da una pianta a unal-
tra. Eh lavanguardia. Una volta per spostare un gene dovevi fare centinaia di in-
croci o usare le mutazioni, o la poliplodia, o altre svariate tecniche. I breeder, co-
me si chiamano, in gergo, quelli che migliorano le piante incrociandole, faceva-
no, detto fra noi, un casino. Cambiavano interi set genomici. Ma del resto, anche
i chirurgi di un tempo aprivano senza troppi complimenti. Ora, sono pi precisi.
Tutto cambia, spesso in meglio. Cos il miglioramento genetico. solo la nostra
predisposizione alla patologia che ci fa pensare che il miglioramento sia un peg-
gioramento.
Capanna un vecchio marxista, quindi, per un attimo, ho creduto che aves-
se saldo in mente, per antico retaggio, il gusto dellanalisi. Adesso, mi sono detto
tra me e me, mentre gustavo la mia pesca geneticamente modificata da genera-
zioni e generazioni di contadini e poi da bravi genetisti, vedrai che Capanna
far notare le enormi potenzialit di questa tecnica. E invece no. Cosa dice? Gli
ogm sono la fragola pesce. Si prende una fragola (e indica la fragola con una
mano) poi un pesce artico (lo indica con laltra mano) si mettono insieme ed ecco
la fragola pesce. Che non buona.
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E ci credo. Che schifo. Stavo mangiando la pesca e ho sentito odore di mer-
luzzo. Ora, a parte il fatto che la domanda sorge spontanea. Ma perch Capan-
na deve parlare di ogm e non per esempio i nostri grandi genetisti, ma poi, per-
ch una persona deve usare unimmagine cos semplificante e fasulla se non
per farci sentire il gusto dellapocalisse? Come i testimoni di Geova. Vedete cosa
fanno questi scienziati corrotti? La fragola pesce naturalmente non esiste. Si
pu dire che una leggenda metropolitana. In realt, quando si cominci a
studiare la tecnica del dna ricombinante, a met degli anni Ottanta, si pens
di studiare le proteine antigelo, normalmente contenute (con quantit differen-
ti) in tutti i vegetali (se mangiamo un pomodoro coltivato in montagna trovere-
mo proteine antigelo) e anche nel sangue dei pesci artici. Perch? Se si fosse riu-
sciti a trasferire queste proteine in una variet, si sarebbero evitati molti danni
da gelo. Se il prodotto non subisce danni da gelo vuol dire che la sua buccia
pi integra, non lascia passare funghi e batteri e dunque si conserva pi a lun-
go, se ne guadagna in gusto. Si pens allora di studiare queste proteine (come
agivano e successivamente: come trasferirle) usando alcune specie di pesci arti-
ci, i quali nuotando in acque notoriamente gelide possiedono nel sangue una
buona quantit di queste proteine. Quel gene utile (da trasferire) codifica una
proteina con una specifica funzione e non lessenza del pesce artico. Nemmeno
gli aromi o il gusto, non una lisca. Niente di tutto questo, una proteina utile.
Furono realizzati due prototipi di piante resistenti: pomodoro e tabacco. Ma
non funzionarono. Succede. Tutto fu abbandonato. Ma bisogna ammettere che
limmagine del pesce artico che sa di fragola o viceversa funziona, una specie
di angelo dellapocalisse che ci avvisa che la fine del mondo vicina mentre
invece pi stabile e forte la presenza di colui che suona le trombe del giudizio
per avvisare del pericolo.
Tanto vero che la fragola pesce diventata di dominio pubblico. Grillo in
un suo spettacolo sostenne che 60 persone erano state intossicate dalla fragola pe-
sce. Anzi disse che la proteina antigelo produceva un olio simile al liquido antige-
lo che si usa nei motori. Tutti risero, nessuno controll la validit di questa affer-
mazione qui il problema serio: c un comico che si batte per avere politici seri
e onesti ma non si cura di usare un metodo serio e onesto. Report parl di fragola
pesce. Io stesso ho ascoltato un agricoltore biologico che sosteneva di aver visto la
fragola pesce, era un prodotto cos schifoso che rimbalzava per terra che invidia
ho provato, volevo avere anchio un simile oggetto. Greenpeace ha usato questa
immagine e altre dello stesso tipo per finanziare sia la sua campagna contro gli
ogm sia le sue casse. Scelta simile per la Coop.
Vuoi che non versi un contributo per salvare il mondo dalle fragole pesce?
Vabb direte voi Che vuoi farci, normale ignoranza scientifica. Succede.
Non ne facciamo un dramma. Per, vedete? Per spiegare cos la fragola pesce (e
lho fatto velocemente e chiss, non con il dovuto rigore) ho impiegato un intero
capitolo. Devi ricostruire la storia, spiegare il contesto, analizzare dati, ordinarli
e interpretarli. Passano per lo meno 30 minuti. Chi mi concede questo tempo (ol-
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tre Limes, come si dice: esclusi i presenti)? I giornali? La televisione? Ma dai Il
tempo denaro. Meglio la fragola pesce. Funziona, efficace e efficiente. Buttia-
mola l, lasciamo che fondi un immaginario, poi Dio pensa. Tanto chi si mette a
controllare? E se la fragola pesce lavora di buona lena, cio prepara il terreno,
poi succede che arriva il presidente del Consiglio e dice di essere stato vittima di
106 processi. Unaltra fragola pesce. Che si fa? Bisogna aspettare il buon DAvan-
zo che con santa pazienza si mette a ricostruire la storia (non sono 106 ma 16,
la Repubblica del 20 novembre 2009). Ma intanto la frittata fatta, cio la fra-
gola pesce servita. Che spreco di energia. Insomma, va bene: la modernit si
porta dietro delle zone oscure fisiologiche. Si mangia bene, ma si piange, rim-
piange e compiange. Daccordo. Per, forse, la modernit pu essere affrontata
meglio e con pi soddisfazione solo studiando e approfondendo. Cio, prenden-
do sul serio la nostra dimensione emotiva. Socrate, no? Altrimenti lemozione che
solo un riflesso breve (secondo lo schema: azione/reazione) si trasforma in un
cattivo umore. E sugli umori cattivi spesso si fondano opinioni superficiali. Ci si
confonde, si fa casino.
Quindi io ne approfitto per ampliare il mio modello notturno: opinioni
profonde = buoni politici = buone leggi, e viceversa. Oppure: confusione, emozio-
ne, Berlusconi.
Dunque, mi sa che ci vuole un altro esempio.
Capitolo VI
Fragole pesce vs futuro.
Professor Francesco Sala. Laurea in farmacia e scienze biologiche. Questuo-
mo, si mette in testa gli scienziati sono cos: ossessivi di salvare la produzione
di mele renette, prodotto tipico della Valle dAosta. Di cosa soffrono? Sono attacca-
te da un coleottero, la Melolontha melolonta. Il coleottero ha un terribile difetto:
attacca le radici degli alberi di melo. Problema serio. La lotta chimica quasi im-
possibile, penetrare fino alle radici con antiparassitari un problema. Le reti di
protezione per impedire la deposizione delle uova sono costose. Allora che cosa si
fa? Attualmente si ricorre alla lotta manuale. Bambini ed extracomunitari scava-
no la terra alla ricerca delle larve, le chiudono in un sacchetto, vanno al comune
con la cacciagione e in cambio ricevono un po di soldi.
Francesco Sala pensa di introdurre nel portainnesto del melo una sequenza
genica presa dal batterio Bacillus thurigensis. Questo naturale organismo unicel-
lulare produce una tossina, letale solo per gli insetti, in quanto viene attivata in
ambiente alcalino e il nostro stomaco contiene acido cloridrico. E poi i villi intesti-
nali mancano dei recettori che agganciano la tossina. ritenuto dagli ecologisti
della prima ora (ah, gli ecologisti di una volta) linsetticida naturale per anto-
nomasia. Viene usato in agricoltura biologica: il settantacinque per cento degli
antiparassitari biologici fa uso delle tossine prodotte dal Bacillus. Quindi, se inve-
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ce di buttarlo in formulazione aerosol in campo, lo introduciamo direttamente
nel genoma della pianta, abbiamo una coltura che si protegge da sola. Evitiamo
cos di passare con le macchine su e gi per i campi. Risparmiamo energia, pro-
duzione di anidride carbonica, e magari evitiamo che gli insetti utili che non pre-
dano la pianta finiscano stecchiti dalle tossine di bt buttate per aspersione.
Nelle piante dette ogm in commercio (mais, cotone, colza e soia), stato in-
trodotto da tempo. Funziona e fa risparmiare. In questo caso specifico per, sicco-
me la modifica interessa il portainnesto, a rigore di logica lalbero che ne viene
fuori non sarebbe nemmeno da classificare come ogm. Il professor Sala prova e ri-
prova, finalmente riesce. Ottiene degli ottimi meli resistenti alla melolonta. Costo
delloperazione? Diecimila euro.
Cosa succede in seguito? Interpellanza comunale. Un verde blocca il progetto:
cibo di Frankenstein. Come e perch e in quale paese democratico un ricercatore
deve essere trattato come quel pazzo del dottor Frankenstein? Da dove viene que-
sto immaginario? Cattiva volont, ignoranza o luna e laltra cosa insieme? O for-
se le immagini sterili, le fragole pesce, hanno lavorato lentamente fino a impedirci
di ragionare nello specifico? Fatto sta che lalbero resistente alla melolonta sta l
ad ammuffire. Ora, se vogliamo, e giustamente, pensare alla qualit di un pro-
dotto, siccome la quantit soddisfatta, e possiamo far finta che ne vogliamo di
meno, se ci crediamo, alla qualit, chiaro che questa non nasce sugli alberi.
Mai successo che una mela sia stata buona a prescindere, perch il buon Dio ha
deciso di farci un dono.
La mela (e gli infiniti altri prodotti ortofrutticoli) vengono fuori dal lavoro di
selezione degli uomini e ora necessario intensificare gli sforzi, perch c da ba-
dare ad aggiustare un sistema complesso: non solo la mela ma lintera filiera.
Una mela buona perch stata migliorata geneticamente, perch abbiamo ab-
bassato la dose di antiparassitari e perch gli operai che lavorano nel settore non
debbono per forza curvarsi a raccogliere le larve. Per questo una mela offre qua-
lit. Non solo al singolo che ne gusta il sapore ma alla collettivit. Nel caso specifi-
co, Francesco Sala un piccolo benefattore. Soprattutto, il professor Sala crede nel
futuro. E nel progresso. Nemmeno inteso nella accezione marxista. La classe ope-
raia eccetera. No, ha fiducia negli uomini e nelle loro capacit di usare quegli
strumenti che la modernit ci mette a disposizione.
Mica facile. Bisogna essere allaltezza dei tempi. Vedere se funzionano in
pratica. Valutare caso per caso. Fare come Socrate insomma. E per farlo neces-
sario affrontare il futuro. Studiare la fisiologia e tenere a bada la patologia (lec-
cesso di) e le fragole pesce che invece abbagliano, ci fanno provare le allucinazio-
ni sonore. Noi siamo cos?
Noi, il romanzo di Veltroni. Cosa dice, in sintesi, Veltroni del futuro? Ne
spaventato. Perch? Per via della velocit. A lui non piace.
Non piace a nessuno la velocit. Noi infatti amiamo la pubblicit del noto
amaro, luomo che si ferma, butta il cellulare e si gusta il gusto pieno della vita
(altra cacofonia). Veltroni va lento, come tutti noi. Prende le cose con calma, il
IL CLIMA DEL G2
155
futuro pieno di fragole pesce, pensiamoci bene. Peccato che il professor Sala va-
da cos di fretta, perch non si ferma anche lui un po. Dovrebbe fare come Vel-
troni. Sedersi e leggere alcune pagine del suo libro alla compagna che paziente-
mente ascolta seduta sulla sedia a dondolo cos scritto nei ringraziamenti. Ma
non sar questa unimmagine un po kitsch? Perch poi le donne devono subire
questa condanna? Leggere le nostre cose gi dura, ma ascoltarle pure sulla se-
dia a dondolo.
Ehi, qui c da lavorare. Ci sono le mele da salvare. E le nostre opinioni da
approfondire. Tanto il futuro arriva sempre. Lo vogliamo accogliere bene o tor-
niamo indietro?
Pensiamoci. Se il futuro sinonimo di corruzione, se quello che ci aspetta so-
no le fragole pesce, messe in essere da scienziati venduti al potere, se agli intellet-
tuali non resta niente altro da fare che amplificare le metafore suddette per otte-
nere cos facendo consenso e visibilit, nonch ammantarsi di sensibilit e pro-
muovere un mondo pi giusto e pulito eccetera, allora, se cos stanno le cose, qual
una strada percorribile per contrastare tutto questo andazzo? Anzi la domanda
andrebbe posta meglio. Qual la strada percorribile per contrastare questo an-
dazzo, in Italia?
Risposta: la sinistra leghista. Si intende, per me la risposta sbagliata. Sono
progressista e non leghista. Ma tant. Cos va lItalia.
Dicesi sinistra leghista quel movimento di pensiero che fondamentalmente
, come dire, ma s lo dico: reazionario. Volevo trovare una definizione mi-
gliore, ma S, reazionario. Sempre nellambito dei testimoni di Geova siamo.
Dobbiamo ritrovare un mondo perduto. Vecchie mitologie, quelle s che permette-
vano di vivere bene. Contadini, dialetti, Italia perduta. Sapori perduti. Altro che
fast. Un Barolo Chinato sorseggiato assaporando una tavoletta speziata, o un Mo-
scato Passito bevuto con un gianduiotto torinese, sono esperienze che lasciano
una traccia nellanima. Chi lo dice? Bossi o Carlo Petrini (so la risposta, se volete
provarci anche voi, andate sul sito di Limes, www.limesonline.com).
Cio, se la Lega inventa un territorio che non esiste e mette sulla pagina una
narrazione grazie alla quale si passa in rassegna lenorme valore della tradizio-
ne, da Barbarossa fino al dialetto, valori questi che sono usati come arma per de-
finire in maniera stabile lidentit e dunque rigettare tutto quello che a questa
identit non pu venire associato, cos la sinistra slow si inventa un territorio
agricolo o un mondo passato che non mai esistito e dal quale siamo scappati
perch quel territorio causava lutti e dolori vari.
Ecco come Luca Simonetti, autore di un gran bel saggio sullideologia di slow
food (pubblicato sul sito www.salmone.org) ci racconta il movimento:
SF nata, sul finire degli anni Ottanta, da un gruppo di persone pervase
da un disgusto snob di quellItalia consumista e televisiva e dal desiderio di
arginare questa calata dei barbari. Essa trae la sua origine episodica da una
reazione alla comparsa in Italia dei fast food, tuttavia ha fin dallinizio rivolto
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la sua opposizione non verso un semplice modello di cucina, ma contro una in-
tera cultura: Dietro al fast food cerano una nuova cultura e una nuova ci-
vilt con un unico valore: il profitto. Il piacere del tutto incompatibile con la
produttivit, in quanto il tempo speso per la sua ricerca viene sottratto alla pro-
duzione. Cos nel manifesto programmatico di SF si sostiene che la civilt
moderna nata sotto il segno del dinamismo e dellaccelerazione, elevando la
macchina a modello per luomo stesso e la velocit ad ideale dominante. SF
propone di prevenire il virus del fast, opponendo alla vita dinamica la vita
comoda: Contro coloro, e sono i pi, che confondono lefficienza con la frene-
sia, proponiamo il vaccino di unadeguata porzione di piaceri sensuali assicu-
rati, da praticarsi in lento e prolungato godimento. Sarebbe questa la som-
messa proposta per un progressivo quanto progressista recupero delluomo, co-
me individuo e specie, nellattesa bonifica ambientale, per rendere di nuovo vi-
vibile la vita incominciando dai desideri elementari; e la prova della giustezza
di questa tesi agevole: Gli efficientisti dai ritmi veloci sono per lo pi stupidi e
tristi: basta guardarli sotto il segno della lumaca che riconosceremo i culto-
ri della cultura materiale e coloro che amano ancora il piacere del lento godi-
mento. Di questo testo sono molte le cose che saltano allocchio: ad esempio, la
banalizzazione del glorioso concetto braudeliano di civilisation matrielle (spic-
ciamente ed erroneamente identificato con i piaceri della vita); la ferma quan-
to immotivata convinzione che la produttivit sarebbe del tutto incompatibi-
le col piacere. I profili pi interessanti sono per altri. Innanzitutto, la descri-
zione del frequentatore di fast food (un barbaro, stupido e triste, espressione
di una nuova cultura e una nuova civilt con un unico valore: il profitto, ed
anzi frutto di un virus), che ricalca quasi alla lettera la descrizione delluomo
disumanizzato e volto al perseguimento di finalit basse, materialistiche, per
non dire diaboliche, che innumerevoli scrittori tradizionalisti hanno traman-
dato. Inoltre, lidentificazione della velocit anzi, della frenesia come carat-
teristica fondamentale della vita moderna (della civilt industriale), che an-
chessa un ben noto topos della critica alla modernit, risalente alle primissime
reazioni alla Rivoluzione industriale, e di cui in Italia si sono oggi fatti portavo-
ce numerosi intellettuali. Nei termini in cui questa posizione correntemente
formulata, non occorre certo un particolare impegno per confutarla. Infine, li-
dentificazione della modernit con ladorazione del modello della macchina.
anchessa un locus classicus della critica alla Rivoluzione industriale. In tutti e
tre i casi, insomma, si tratta di posizioni storicamente connotate in senso rea-
zionario.
Corruzione, velocit, noi non siamo cos Noi figli di Veltroni. Le nostre
donne ci ascoltano su sedie a dondolo. Fuori c la modernit. Che schifo. Dove
andremo a finire?
Eppure, speravamo in meglio. In intellettuali socratici che respingessero fer-
mamente le fragole pesce e si applicassero su come valutare un bene. Invece.
IL CLIMA DEL G2
157
Abbiamo intellettuali che mettono la loro intelligenza a inventare narrazioni
per ritrarre mondi ideali, nei quali si cenava con Barbarossa. O lentamente si
sorseggiava barolo e si gustava un gianduia. Tuttaltra cosa. Altro che fast food.
Omologanti.
Il fatto che funziona. Come no. Tradizioni, nonni e nonne, sapori perduti
e naturalmente al bando gli immigrati. Quelli che ne sanno. Della tradizione.
Quelli vogliono il kebab nel centro storico di Torino chi lha detto? Un leghista
o qualcuno di slow food?
Come facile la modernit. In fondo, apri il frigorifero e trovi quello che
vuoi. Centinaia di prodotti diversi, produzioni abbondanti, frutta sempre a di-
sposizione e noi l che rimpiangiamo la frutta di stagione. Il sano rapporto con
lambiente.
Ma poi scusate, mi sapete mica dire qual la stagione giusta per i finocchi,
per esempio, o i pomodori? Non lo sappiamo pi. Per questo possiamo permetter-
ci di inventare un mondo bucolico. Inoltre, meglio che non indaghiamo. Se
non era per le serre e per le produzioni intensive noi le 1.200 calorie indispen-
sabili per il metabolismo basale e le vitamine e i sali minerali, non le raggiunge-
vamo mica. Se non era per le alte rese, se non era per quelli come Norman
Bourlang (premio Nobel per la pace per aver aumentato la produzione di cerea-
li nel Sudamerica e nel Sud-Est asiatico) avremmo dovuto disboscare migliaia e
migliaia di ettari di boschi per far posto alle colture di una volta. Con la produ-
zione di una volta. Pane di ieri, dice Enzo Bianchi. Certo, in un paese di ieri.
Non erano bei tempi quando mio nonno diceva: mi sono guadagnato il pa-
ne con il sudore della fronte. Ora, dopo due minuti di lavoro hai pane in ab-
bondanza.
Sia come sia, sapete qual in campo agroalimentare il programma del Pdl
e del Pd e quello del centro? Facciamo come il gioco delle tre carte, confondo le
sigle di partito e provate a indovinare (i risultati li mandate a Limes che met-
ter le risposte sul sito, credo che la redazione vi offrir un gadget):
riduzione dei passaggi dal campo alla tavola dei prodotti agricoli, diffu-
sione di mercati gestiti direttamente dai produttori agricoli;
promuovere la buona agricoltura, incentivare la diffusione dellagricoltu-
ra biologica, dare finalmente attuazione alla legge sullindicazione in etichetta
dellorigine delle materie prime agricole trasformate, favorire la filiera corta e il
rapporto diretto tra i produttori agricoli e agroalimentari e i consumatori;
sostenere la moratoria a livello europeo per gli ogm e non consentire for-
me di tolleranza per la contaminazione delle sementi, contrastare labbandono
delle aree agricole e tutelare il paesaggio rurale, promuovere la vendita diretta
degli agricoltori e la filiera corta, sostenere con continuit lagricoltura biolo-
gica ed i prodotti tipici, e favorire limpegno dei giovani in agricoltura.
Chi ha detto cosa? E perch dovrei scegliere di votare luno o altro. O il cen-
tro?
IN PRATICA FUNZIONA, MA IN TEORIA?
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Capitolo VII
Incresciose quanto risolutive parole magiche: decrescita.
Per fermare lapocalisse?
Il futuro non va bene. Troppa produzione, troppa velocit. Ci sono pure le
fragole pesce. Gli intellettuali si fanno ammaliare dal canto di strane figure mito-
logiche. I testimoni di Geova hanno preso il sopravvento. Anche gli attivisti politici
sembrano convertiti. Vogliamo tutti tornare indietro. Decrescita. Felice natural-
mente. S, va bene, ma di quanto vogliamo decrescere? Sempre per rispetto a So-
crate. Qui, un dato ci vuole.
Quando i nostri antenati decisero di averne abbastanza di cacciare e misero
su le prime comunit agricole, permettendo cos allagricoltura di svilupparsi,
scelsero di coltivare tre tipi di cereali. In Mesopotania orzo, in Cina riso, e in
America centrale mais. Facendo una stima di massima si pu calcolare la produ-
zione media per ettaro in cinquecento chilogrammi.
E non appena i nostri antenati smisero di cacciare e competere cos selvag-
giamente per le risorse cominciarono anche a guardare le stelle. Lastronomia
nata pressappoco allunisono, in Mesopotania, in Cina e in Messico. Con la pan-
cia piena si guarda in alto?
Comunque, verso let romana la produzione cresce e si attesta intorno alla
tonnellata. Durante il Medioevo? Una tonnellata. Prima guerra mondiale? Sempre
una tonnellata. Solo dopo la prima guerra mondiale la produzione comincia a
salire: concimazione, diserbo, antiparassitari e soprattutto miglioramento geneti-
co portano la produzione a cinque tonnellate per ettaro. Il nostro fabbisogno di
calorie soddisfatto. Possiamo andare alle feste, a cavallo, mangiare (bene) nei
presdi slow food. Ne abbiamo la forza. Finalmente.
Allora, se proprio dobbiamo decrescere, perch il sistema agroalimentare non
funziona, diteci, per favore, di quanto. Sono pure daccordo con voi, ma, per fa-
vore, fornitemi una percentuale di decrescita realistica in campo agroalimentare:
invece di cinque tonnellate per ettaro va bene quattro e mezzo, quattro? Ditecelo.
Qual la percentuale di decrescita auspicabile, quella che ci porta direttamente
in contatto con il passato mitico? Quella che ci fa sentire in rapporto armonico
con la natura? 4,8, 4,5, 4 tonnellate a ettaro.
Vogliamo fare una scelta drastica? Tornare a una tonnellata. Come in alcu-
ni Stati africani. Dove il pil fermo agli anni Settanta. Sia come sia, allora, chi
comincia? Magari io, chiedo meno soldi per le mie collaborazioni professionali.
Meno soldi, meno consumi, meno produzioni, meno viaggi, meno produzione di
CO
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, decrescita. Genuina. Ma per decrescere felicemente quanto devo chiedere in
meno per una collaborazione? Suvvia, compagni, una cifra seria, un dato scienti-
fico non lo si nega a nessuno. Una percentuale. Socrate avrebbe combattuto per
ottenere una differenza. Da una differenza un valore, dal valore una scelta.
Senza una scala di misura, poi si pu dire tutto. Tutto confuso, tutto emo-
tivo. Poi arriva qualcuno e dice: alla confusione ci penso io.
IL CLIMA DEL G2
159
A proposito di intellettuali ecosostenibili. Ce n una molto citata, soprattutto
da quelli che hanno voglia di cambiare il mondo. O che provano a farlo. Vanda-
na Shiva. Quando ho letto il suo ultimo libro, prima di quello di Veltroni, Ritorno
alla terra (Fazi editore), ho avuto una visione. Niente di mistico. Ho visto Vanda-
na Shiva sotto unaltra veste, non solo come retore dellapocalisse e predicatrice,
ma come esperta in trasporti sostenibili. Vandana Shiva una che ci va gi dura.
Diciamo che piuttosto che ragionare su un singolo elemento critico e magari ana-
lizzarlo, preferisce amplificare i suddetti elementi. Usa il megafono (per dirla alla
Saunders). La donna con il megafono non vuole conquistare le nostre emozioni,
preferisce ricattarci e dunque estorcerle. Tutto nel caos. Tutto rima con tutto:
ogm e contadini suicidi, cambiamento climatico e scienziati pazzi.
Dunque che si fa? Come se ne esce da questa apocalisse? Lei, a pagina 116, fa
una proposta per spostarci in maniera sostenibile: i cammelli!
Come i cammelli?
S i cammelli. Sono animali che consumano poco e si spostano senza aver bi-
sogno di grande energia.
No, i cammelli no, anzi, approfitto di questo spazio per dichiarare che io sul
cammello non ci voglio montare. Da piccolo ho avuto uno shock al circo.
E poi per migliorare il mondo, preferisco dar fiducia a quegli scienziati e tec-
nici che studiano realistici mezzi di locomozione.
Il problema proprio nella retorica dellapocalisse, nella patologia in eccesso,
nella poca cura per la fisiologia. Il fatto che le soluzioni proposte, per esempio,
dalla Shiva richiedono atti di fede o luso di parole magiche: biologico, sano rap-
porto con Gaia eccetera. In campo, in pratica, queste parole ideali non reggono
mai. Magari in teoria va bene. Ma in pratica?
Lo so a noi funziona la versione opposta, in pratica va bene ma in teoria?
Si pu essere contro lallevamento intensivo del pollame, ma se vuoi praticare
quello biologico hai bisogno di 12 mq a capo. Moltiplica per il numero dei capi e
capisci che ci vuole tanta terra. Non ce labbiamo. Al mondo sono disponibili un
miliardo e mezzo di ettari di terre arabili. E tutti vogliamo soddisfare il nostro
fabbisogno calorico. Non ci resta che usare bene quella che ci concessa.
Puoi essere a favore dellagricoltura biologica ma non puoi dire che gli insetti
non attaccano queste coltivazioni, perch sono in armonia con il creato.
Gli insetti e i funghi non sanno leggere e non conoscono le proposte di Van-
dana Shiva: le carestie, le locuste e i parassiti distruggevano i raccolti anche
quando per forza di cosa si praticava biologico. Per questo abbiamo usato rimedi
chimici. Il progresso non processo perfetto, anzi, richiede luso di virtute e cono-
scenza. Ma non sempre cos male: pi benessere, pi cultura, pi scambi pro-
muovono la salvaguardia dellambiente.
Poi siamo daccordo, i problemi ci sono e la nostra speranza sta nel conoscer-
li a fondo (con analisi e bilanci). Solo con il buon fare (e non solo con il dire re-
torico) possiamo sperare che nuovi chimici, agronomi, ingegneri, tecnici si impe-
gnino a misurare meglio il mondo.
Va da s che in groppa a un cammello le misurazioni potrebbero risultare
imprecise.
P.S. Ho cambiato sogni e metodo. Da quando ho scoperto questa frase di Gof-
fredo Parise: Credo profondamente e dolorosamente nella democrazia in Italia,
cio nel grado di maturazione di tutti i cittadini per un discorso pubblico. Credo
nella pedagogia insieme alla democrazia, perch non c luna senza laltra. Alla
democrazia in Italia credo con la ragione, alla pedagogia con il cuore. Pedago-
gia? Cosa vuole dire? Secondo me significa metodologia. Socrate. Esaminare, va-
lutare, sperimentare, condividere i risultati, prendersi una responsabilit e quindi
decidere. Se la pratica funziona le nostre opinioni devono accordarsi alla pratica,
scusate il bisticcio. E non viceversa. Nellaccezione italiana, in pratica funziona
ma la nostra teoria si accorda alla pratica?
Da allora sogno prima di addormentarmi. Per esempio, sogno che la ricerca
pubblica sia finanziata e non sia pi costretto ad assistere a scene come questa:
15 luglio 2009, convegno scienza e agricoltura, Roma. Mariastella Gelmini, mini-
stro dellIstruzione della Universit e della Ricerca, porta avanti il suo intervento e
dice, allargando le braccia, c la crisi, non ci sono soldi per la ricerca. Situazio-
ne incresciosa, ma tant. Ascoltiamo tutti, in silenzio. C qualche mugugno in
sala. Ma il professor Edgar Krieger che ascolta lintervento in traduzione simulta-
nea guarda la cabina di regia. Si tocca la cuffia, forse c qualche problema con
la traduzione. Quando viene il suo turno il ministro andato via Krieger
chiede agli astanti: ma forse non ho capito bene, forse la traduzione non era per-
fetta. Quando voi siete in crisi tagliate i fondi alla ricerca? Rispondiamo tutti,
quasi in coro: certo. Krieger si guarda intorno, dice: se mi posso permettere, sba-
gliato. In America o in Giappone, quando si entra in una fase di recessione si tri-
plicano i soldi alla ricerca. Si investe nel futuro. Magari qualche ricerca va a
buon segno, si ottiene una nuova tecnologia, e la si introduce nel ciclo produttivo.
Poi mostra un grafico. Gli italiani producono una quantit incredibile di ricer-
che. Tutte ottime. A fronte di queste ricerche la nostra capacit di sfruttarle, in
una scala da uno a dieci pari a 1. Gli olandesi, producono, al contrario, poche
ricerche, ma la loro capacit di sfruttarle pari a sette. Chiudiamo tutti gli occhi,
sconsolati davanti a questa caratteristica italiana. E sogniamo. Tutti. Anche io. I
sogni sono desideri.
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