Ducato 6
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Agricoltura
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Flora e fauna
Lacqua
Ambiente
LEDITORIALE
lcuni anni fa una famiglia triestina decise di chiudere la propria attivit, vendere tutti i beni per cambiare vita e ambiente. Marito e moglie cominciarono a girare lItalia alla ricerca di un luogo che rispondesse ai loro parametri ideali sulla qualit della vita. Dopo aver girovagato per la penisola in lungo e in largo scelsero Urbino. Acquistarono un casolare alle Cesane, dove gettarono le nuove radici e costruirono il loro futuro. Unaltra storia simile successa a pochi chilometri da qui, nella vallata fra Mercatello sul Metauro e Borgo Pace, sulla strade verso la Toscana. Arroccato su un poggio cera un borgo diroccato (il Castello della Pieve) che chiamavano il paese dei fantasmi. Erano rimasti solo ammassi di pietre che trasudavano storia. Proprio l, sette secoli fa (il 4 ottobre 1301), fu deciso lesilio di Dante da Firenze.
C ancora una lapide che ricorda quellevento. Carlo di Valois (fratello del Re di Francia) era in Italia per muovere guerra a Federico dAragona e prendere possesso della Sicilia. Papa Bonifacio VIII, da Anagni gli aveva chiesto un aiuto per impedire il sopravvento dei Guelfi dissidenti (cio i guelfi bianchi, dei quali faceva parte anche Dante) che ostacolavano la politica del Papato. Nel Castello della Pieve, Carlo di Valiois e Corso Donati (Rettore di Massa Trabaria) decisero lesilio di Dante: il messaggio fu trasmesso con un segnale di fumo dalla torre che ancora oggi domina la vallata. Quel Castello (sette case in pietra, la torre e la Chiesetta) ora un Centro turistico: stato
recuperato da due giovani, marito e moglie con due figlie, lei architetto. Hanno lasciato Parma per una vita completamente diversa. Oggi il Castello della Pieve tornato a vivere. E un luogo daltri tempi, dominato dal silenzio, immerso nella macchia boschiva dellAlpe della Luna. Si organizzano laboratori e corsi per insegnanti, incontri con i bambini; si raccontano favole, si leggono storie di castelli, streghe, gnomi e folletti. La signora Renata una collezionista di giocattoli antichi; il marito ha un piccolo patrimonio in telefoni depoca. Il registro, messo allingresso della casa, una specie di specchio dellanima. Qui si fermato lorologio della storia.
Esempi di questo genere ce ne sono a centinaia nelle nostre Marche. Linchiesta del Ducato di questa settimana testimonia che abbiamo un altro gigantesco giacimento che valorizziamo solo in minima parte: il territorio, il paesaggio e lambiente; quel territorio che ha ispirato Raffaello e Piero della Francesca e descritto da Giovanni Pascoli, Paolo Volponi e Carlo Bo. Un valore solo apparentemente immateriale. Insomma territorio e paesaggio non sono solo unimmagine cartografica, ma un insieme di linee, colori, forme, odori e suoni che trasmettono emozioni, riflessioni e sentimenti. Come la cultura, sono luogo di identit e motore di una comunit, ma anche patrimonio da preservare e valorizzare. Rappresentano sedimenti di millenni di storie e di lavoro, giacimenti di tracce che si offrono vivi al riconoscimento e alla memoria
il Ducato
LAURA MORELLI n uomo, anziano, passa la mano sopra le spighe di grano, affacciate sulle colline delle Cesane, mentre il glio prepara il trattore per cominciare, anche questanno, il raccolto. Se si potesse fare una fotograa dellintera industria agricola nella provincia di Pesaro e Urbino limmagine sarebbe proprio questa: tante piccole e medie aziende, gestite da famiglie ristrette, che coltivano cereali ed erba medica con metodi tradizionali. Lagricoltura nellurbinate un settore che ha risentito solo in parte della crisi e che resta una delle voci pi signicative nel bilancio locale, dando lavoro a 17.647 persone. In provincia sono 9.293 le aziende agricole attive al 2010, di queste 9.171 sono a gestione familiare. Nelle Marche la provincia pesarese al terzo posto per numero di imprese agricole, subito dopo Macerata e Ancona, anche se dal 2000 ci sono 3.800 aziende in meno. A chiudere sono state le aziende sotto i 4 ettari, senza ricambio generazionale o che non hanno pi avuto la possibilit di fare investimenti spiega Maurizio Romagnoli, coordinatore ufcio CIA di Urbino anche a causa della burocrazia che impone gli stessi obblighi amministrativi sia alle grandi che alle piccole imprese ma che ovviamente non hanno le stesse capacit. Meno agricoltori sul mercato signica pi terreno agricolo disponibile. A Pesaro e Urbino la media di ettari per azienda di 12,75 ed cresciuta negli ultimi 10 anni del 32,9%. I terreni sono usati da 5.703 aziende per la coltivazione di cereali (frumento tenero e duro, orzo e mais) ma quella urbinate anche la provincia marchigiana con pi terreni coltivati a foraggiere (38.000 ettari) da quasi 4.000 aziende. Dal 2000 sono aumentati del 9,2% i terreni dedicati alle coltivazioni legnose come frutta e viti, soprattutto gli uliveti (+ 34,4%) mentre sono 2.689 le aziende specializzate nella coltura della vite su 2.019,3 ettari in totale, diminuiti dell8,9%. Quale che sia la coltivazione, le tecniche restano quelle tradizionali tramandate da generazione a generazione, sia perch le piccole aziende non possono permettersi di acquistare grandi macchine sosticate sia perch il rispetto della tradizione spesso sinonimo di genuinit. Nella nostra azienda utilizziamo ancora la rotazione delle colture, coltiviamo senza luso di concimi e diserbanti al 90% usiamo trattori e altre macchine che sono sempre le stesse dagli anni 70, spiega Leonardo Paolucci, coltivatore di cereali e produttore di miele a Fermignano. Io uso i trattori, laratro, la fresa e altri macchinari simili dal 1950 racconta Sergio Ferri di Fano e non sento lesigenza di cambiare attrezzatura. Lazienda Ferri coltiva ortaggi e frutta anti2
ca come piselli semioriginali e patata blu. I semi sono stati ereditati dai genitori. La mia fortuna quella di coltivare e vendere prodotti unici di alta qualit a ristoranti di lusso che non risentono della crisi. La qualit lunica arma che per il momento sta ancora salvando dalla crisi la maggior parte delle imprese agricole della provincia. Lazienda Frutticola di Elso Renzi produce tra le altre cose anche le pesche di Montelabbate conosciute su tutto il territorio. La nostra azienda a conduzione familiare ed nata nel dopoguerra. Siamo 2 addetti ssi pi mio glio per il lavoro stagionale e facciamo la raccolta dalle piante e la potatura tutte a mano. Non semplice con 6 ettari di terreno e 5.000 piante ma abbiamo voluto mantenere le pratiche tradizionali nella raccolta ed escludere i concimi chimici. Si dice che la duchessa di Montelabbate offrisse spesso alla duchessa di Urbino le sue pesche famose per il gusto.Il nostro raccolto ci permette di continuare a vendere sia ad aziende che alla grande distribuzione a Fano e a Pesaro con contratti di fornitura che si basano sulla qualit del prodotto e quindi per adesso ancora vantaggiosi. Oltre il prodotto, per il coordinatore CIA Romagnoli il settore agricolo tradizionale quello che va per la maggiore soprattutto grazie alla vendita diretta e alla nascita dei GAS, gruppi di acquisto solidale, elementi che consentono di dimezzare i costi del trasporto e degli intermediari. Se lortofrutta riesce a chiudere il bilancio in positivo, non la stessa cosa per molti coltivatori di ore e piante. Cenerelli Giancarlo coltiva crisantemi a Montemaggiore dal 1987, allinizio producendo per 8 - 10 mesi allanno, poi i costi troppo elevati hanno ridotto il periodo di raccolto solo a pochi giorni a ne ottobre per il periodo dei santi. Il lavoro tradizionale e fatto manualmente ma non so quanto dureremo perch oramai le grandi aziende usano macchinari industriali e producono crisantemi programmati, un tipo di ore particolare che non ha bisogno di lavorazioni durante il periodo di accrescimento. La produzione pi semplice e la manodopera meno costosa e ora se non fai cosi rischi di chiudere. La qualit ci rimette, ma oramai alla gente interessa solo il prezzo. Cenerelli spiega che per questo motivo sono 5 anni che non aumentiamo il prezzo nonostante i costi di produzione e dei macchinari siano come minimo raddoppiati. Il futuro dellagricoltura per gli addetti ai lavori tutto sommato positivo. Nei nostri territori la qualit della terra buona e c una produzione di nicchia di alta qualit che altri posti non hanno spiega Francesco Persici titolare dellazienda Le Fontane di Urbino - ad esempio nel viterbese, dove vendiamo, il raccolto non mai buono come il nostro perch loro hanno terre vulcaniche povere di humus.
Trentanni di agricoltura
Numero di aziende nella provincia 1982 17629 1990 15909 2000 15909 2010 9293 Variazioni percentuali dal 1990 1982 2000 al 1990 2000 2010 -9,8 -19,0 -27,9
1982
1990
2000
2010
Variazioni percentuali dal 1990 1982 2000 al 1990 2000 2010 -2,0 -7,6 -4,1
Le principali coltivazioni
Numero di aziende 2000 2010 Cereali Foraggi Vite Foraggi Frutta
Fonte: Istat
Superficie agricola utilizzata (ha) 2000 2010 53002,6 31456,1 2215,8 1354,8 706,7 45450,4 38131,3 2019,3 1820,6 582,5
a zappa per allontanare crisi, alzheimer e noia: una trinit che viene seguita come una sacra ricetta - coltiva la terra e vivi meglio, in sostanza. A Urbino sembrano pensarla cos i tantissimi agricoltori fai da t della zona. Che si tratti di orti domestici, comunali o sociali la sostanza non cambia. Nella citt ducale la produzione per lauto consumo di ortaggi, frutta e verdura sempre stata elevatissima e pare essere in costante aumento. Lorto non solo una necessit, ma un hobby, un vero e proprio esercizio di piacere. Giorgio Casadei e Maria Teresa Scopa parlano cos del pezzo di terra che da sempre coltivano nel loro giardino di casa. Quasi 800 metri dove veder crescere i prodotti: patate, zucche, melanzane, bietole, pomodori, fragole, lamponi, ciliegi ma anche ori e funghi. Ma vale la pena tutta questa fatica? La risposta di Giorgio e Maria Teresa affermativa: Non tanto per convenienza economica rispondono i due in coro quanto per soddisfazione personale e per un vero e proprio culto per i prodotti naturali. La coltivazione una tradizione culturale, qui; tramandata di generazione in generazione. Basti pensare che il pezzo di terra davanti la loro casa di propriet della famiglia dal 1900. E dal 1972 i due coniugi lhanno sempre curato quotidianamente. Non tutti, per, hanno il pezzo di terra da coltivare direttamente a casa. Cos, una trentina di pensionati residenti a Urbino approttano dellorto
comunale per allontanare lalzheimer e tenersi sempre attivi. Questi ragazzotti, tra i 62 e gli 86 anni, coltivano il loro lotto di terra, aVarea, ttato gratuitamente dal Comune, che inoltre fornisce acqua e qualche attrezzo. La cosa bella che nellorto non esiste pi classe sociale ci dice uno dei pensionati che ha un pezzo di terra non come nella societ normale, qui non esistono professori e operai, siamo tutti uguali. Non solo coltivazione, dunque, ma soprattutto socializzazione. Orto come occasione per tenersi in forma e per relazionarsi con gli altri, prima di tutto. La soddisfazione pi grande andare dai propri gli a portare i prodotti della terra e far vedere cosa ha fruttato il duro lavoro di un pensionato, ci ha detto un altro dei ttuari dei lotti comunali. Non solo fonte di cibo sano e naturale, ma anche motivo di vanto e soddisfazione: il risultato dei circa 30 appezzamenti da circa 40 metri luno che signori e signore di una certa et condividono anco a anco. La crisi, poi, si combatte anche con un altro genere di orti: quelli sociali, come li ha deniti il Comune. Cos, nei prossimi mesi, tutti i disoccupati o inoccupati della zona, al di sotto dei 65 anni, potranno chiedere al Comune il tto a titolo gratuito di un appezzamento di terra tra i 40 e i 60 metri in localit Canavaccio e Gadana (per informazioni ci si pu rivolgere al Servizio Politiche Sociali, telefono: 0722/309218). Chiss che lattivit sica e la buona alimentazione non possano aiutare alcune famiglie urbinati a uscire dalla crisi.
IL VECCHIO E IL NUOVO
TOMMMASO CHERICI er far fronte alla crisi, c chi a Urbino ha deciso di aprirsi ad un nuovo settore e ispirarsi ai cuscini delle streghe. Cos i contadini di una volta chiamavano le gemme dei ginepri delle Cesane, che raccoglievano e mettevano nelle loro stalle per allontanare il malocchio ci racconta Renato Mengacci che da pi di dieci anni coltiva piante ornamentali quelle gemme sono in realt dovute ad una mutazione naturale del ginepro che nei nostri boschi assume infatti un anomalo aspetto a palloncino. Per rendere unica la sua attivit, Renato ha deciso di specializzarsi nel collezionare le mutazioni naturali di diverse specie di conifere, che rimanendo di piccole dimensioni possono essere piantate anche nel cortile di casa. Ogni giorno Renato consulta internet per trovare nei giardini botanici di tutta Europa questi particolari tipi di semi e offrire ai suoi clienti un prodotto che soltanto lui nella zona di Urbino sa procurarsi. Se, per esempio, qualcuno desidera un abete nel proprio giardino io posso fornirgli una pianta che anche dopo decenni di vita non superer i 2 metri di altezza invece di arrivare ai 30 metri che gli abeti comuni possono raggiungere. Sono come dei bonsai naturali. Impiantare nel proprio cortile questo tipo di piante non una novit in Nord Europa dove Renato infatti si rivolge per comprare ci che gli serve: Cerco soprattutto in Germania ed Olanda continua il vivaista tratto soprattutto labete rosso, che troviamo anche sulle nostre alpi, labete del Colorado e labete bianco, specie che finora sono state coltivate in Italia molto raramente. Accanto a questa particolare collezione di conifere, Renato porta avanti anche la coltivazione delle pi comuni piante ornamentali: Nella mia azienda facciamo esclusivamente la propagazione per talea, cio attraverso il taglio di un ramo della pianta madre. Innestato nel terreno questo ramo porta alla nascita di un nuovo esemplare che avr per lo stesso corredo genetico della pianta che lo ha generato. Un metodo per abbassare i costi visto che Roberto utilizza da anni le stesse piante madri per rinfoltire il suo vivaio ed evita di conseguenza di viaggiare per lItalia alla ricerca dei semi che gli servono. La specializzazione e il conti-
nuo rinnovamento della propria azienda sembrano essere gli unici modi per resistere alla crisi. La pensa cos anche la famiglia Ricci, proprietaria dellomonima azienda agricola fondata esattamente un secolo fa, quando il capostipite della famiglia decise di comprare 100 ettari di terreno nei pressi di Scotaneto di Urbino. Nata come una semplice coltivazione di cereali, lazienda Ricci ha saputo rinnovarsi di generazione in generazione andando a coprire altri settori: Dal 1997 abbiamo anche un allevamento di conigli ci spiega Piergiorgio Ricci, titolare dellazienda insieme al fratello Enrico che macelliamo e consegniamo direttamente ai nostri clienti. Lazienda, che continua ad essere a gestione familiare, ha visto un rinnovamento anche nel campo delle colture dove accanto ai classici campi di grano e fieno ha aggiunto una terza coltura alternativa che varia di anno in anno. Particolarmente fiorente in questo periodo la coltivazione del coriandolo che produciamo per conto di
altre societ; queste ci consegnano il seme e provvedono poi a ritirare il prodotto finito e distribuirlo ai mercati esteri come India e Sud Est asiatico, dove c una alto consumo di questa pianta. Nelle intenzioni di Piergiorgio cera per unulteriore innovazione: Qualche anno fa abbiamo provato a costruire un impianto di biogas che ci consentisse di sfruttare i residui organici dei nostri allevamenti ma lEnel ci ha bloccato. Anche linformatizzazione, cio il ricorso al web da parte delle aziende agricole potrebbe essere una possibile soluzione per abbassare i costi e ampliare il proprio giro daffari. La provincia di Pesaro e Urbino per appare restia a questo tipo di cambiamento. Secondo i dati Istat, nel 2010 soltanto 240 delle oltre 9000 aziende del territorio erano in possesso di un sito web o di una pagina internet. Quasi nullo lapporto del commercio elettronico: appena l1% delle aziende si appoggia alla rete per vendere i propri prodotti.
il Ducato
veglia alle quattro e mezzo del mattino. Niente colazione, si scende ai capannoni dove le pecore aspettano di essere munte. Si portano fuori a pascolare per qualche ora e, nel frattempo, si cambia la paglia della lettiera, si aggiunge fieno nei vasconi e poi si riportano dentro le bestie. Alle otto, finita la prima tranche di lavoro, la colazione. Da quarantanni la giornata di Mario e Luciano Fadda, due allevatori della zona, comincia cos. Lo facciamo da una vita spiega Luciano, il pi grande dei due ma se guardassimo al guadagno oggi non lo faremmo pi. Con il prezzo del latte bloccato da cinque anni riusciamo a malapena a rientrare con i costi. Se le loro pecore potessero parlare, invece, direbbero:Viva la semilibert!. Non solo i Fadda ma quasi tutti gli allevatori della zona tengono il bestiame in regime di libert vigilata (il cosiddetto allevamento semi-estensivo): niente gabbioni inumani, nessuna distesa sconfinata di animali depressi ma neanche bucoliche scene di pascoli incontaminati sui quali candidi agnellini brucano lerba verde. Circa unora al giorno di pascolo libero e il restante tempo allinterno dei capannoni: questo il sistema pi utilizzato. Ma perch? Innanzitutto, la terra dei duchi - intesa come terreno - non di grande qualit. Quando piove impossibile portare gli animali fuori dalla stalla - spiega la moglie di Luciano Fadda - se la terra bagnata, essendo di composizione argillosa, diventa subito fango, e gli animali con le zampe la rovinano togliendole i nutrienti. Ma c un problema pi inquietante e molto pi recente: Da qualche anno i boschi si sono riempiti di lupi che attaccano i nostri animali, ha raccontato Luciano. Le stime delle associazioni animaliste non corrispondono alla realt, i lupi sono molti di pi di quanto loro dicano: lanno scorso in una notte sola mi hanno ucciso tre pecore. Unaltra notte, addirittura, ho avuto un incontro ravvicinato con uno di loro. E secondo Luciano, molti dei lupi che infestano i boschi e le campagne non sarebbero nemmeno autoctoni: Il lupo italico una bestia di circa 25-30 chili. Ho racconti di colleghi allevatori che ne hanno visti anche di 60 chili, uno addirittura ha attaccato un vitello da un quintale e lha trascinato via. Non sono specie del nostro territorio, sono originarie del nord e dellest europeo. Luciano Fadda anche presidente della Cooperativa del Petriano, una cooperativa nata per raccogliere il latte degli
LALLEVAMENTO
mezzanotte. Lattivit comincia presto: la mattina porta il gregge a pascolare, alle 9 poi o va al mercatino ad Urbino (il marted, il gioved e il sabato) oppure vende porta a porta a Pieve di Cagna o a Urbania. Tornando dal mercatino passa per Gadana e altri paesi limitro dove offre i prodotti ad alcuni clienti abituali. Una volta tornato a casa, verso le 15 si concede un riposino di mezzora per poi riprendere a lavorare. La sera deve mungere le pecore e fare il formaggio. A tutti questi compiti si aggiungono i vaccini e gli altri
controlli ai quali sottoporre gli animali (oltre alle pecore ha anche un po di maiali) e la tosatura che per viene afdata ai tosini. Tutto questo lavoro diminuisce soltanto in autunno, nei mesi tra settembre e novembre, quando le pecore sono gravide. Ma perch andare via dalla Sardegna, terra madre della pastorizia? In Sardegna c troppa concorrenza, a Villagrande ad esempio c un vastissimo terreno comunale e chiunque pu fare il pastore perch non c bisogno di acquistare un terreno. Inoltre qui
nel Montefeltro si vende molto meglio la merce. La concorrenza non si sente anche perch il signor Nieddu produce e vende ai privati principalmente ricotta e formaggi non pastorizzati. Le grosse aziende invece pastorizzano e vendono il prodotto a supermercati e negozi. I grossi produttori ci vogliono mandare via dice la signora Piroddi mentre i cittadini di Urbino ci sono fedeli anche perch vogliono cose genuine. Per accontentare tutti i clienti il signor Nieddu lavora talmente
tanto che non riesce neanche a prendersi una vacanza per tornare nel suo paese dorigine. Mentre la moglie e le glie generalmente riescono ad andare almeno per una settimana allanno in Sardegna, da diversi anni lallevatore non riesce a prendersi una pausa: Da quattro anni non vado in Sardegna, quando facevo il pastore l non apprezzavo il paesaggio, pensavo solo a lavorare. Ora tornando sembra tutto un altro mondo, riesco ad ammirare perno i sassi e mi vien voglia di rubarli con lo sguardo.
il Ducato
i della met del territorio del pesareseurbinate ricoperto da boschi che sono composti principalmente da quattro specie di alberi: la roverella, il cerro, gli ornielli e i carpini neri. Tutte tipologie di querce che prediligono i terreni calcarei. Bosco, tuttavia, non il termine pi appropriato - come ci ha spiegato Silvano Elisei, dottore in scienze forestali e dipendente di Assam, lagenzia per i servizi agroalimentari delle Marche - il termine giusto macchia, ovvero un tipo di vegetazione che possibile tagliare solo ogni ventanni per permettere il naturale rinnovamento dellhumus del suolo. Elisei ci racconta che quando questo non stato rispettato si vericato un veloce processo di afnamento del terreno che ha portato in supercie la roccia e, di conseguenza, ha reso arida la terra. In questi casi, oltre che per lequilibrio faunistico e oristico dellambiente, il rischio grande anche quello delle frane. Un esempio di queste parti la zona delle Cesane, distrutta dalledilizia sfrenata e, in parte interessata dai lavori per la costruzione della linea ferroviaria di collegamento tra Orte e Falconara. Attualmente foresta demaniale e la presenza di pini, una specie non autoctona ma facilmente adattabile ai tipi di ambiente pi svariati, il segno inconfondibile dellintervento delluomo che li ha reimpiantati per fare iniziare un nuovo meccanismo naturale di rinnovamento e stimolare la ricrescita delle specie autoctone. Le operazioni di rimboschimento sono iniziate pi o meno nel 1918 e hanno dato i loro frutti, tant che allombra dei pini delle Cesane stanno tornando a crescere i carpini, gli ornielli e le roverelle. La ora del sottobosco e delle rupi della provincia di Pesaro e Urbino caratterizzata anche dalla
FUNGHI
Tutti hanno presenti le casette dei puf, i tipici funghetti rossi a pois bianchi. Sono appartamenti carini, ma hanno il difetto di essere velenosi e allucinogeni. Molto diffusa, lamanita muscaria, il fungo di Biancaneve, facile da riconoscere: il cappello ha un diametro fra gli 8 ai 20 cm., il colore va dal vermiglio al rosso acceso, a volte giallastro, con verruche bianche. Si racconta che i Vichinghi si eccitassero con un infuso di questi funghi. Pare che queste popolazioni assieme al fungo bevessero lurina, per ridurre il contenuto tossico e salvare i principi attivi psichedelici.
TARTUFI
Mezzo fungo e mezzo tubero, il tartufo denito fungo ipogeo, che si sviluppa sotto terra. Questa prelibatezza, di cui ricca tutta la provincia, pu sopravvivere solo in simbiosi con altre piante e lo fa insinuandosi tra le loro radici e sfruttandole per nutrirsi. Si forma cos una unit biologica chiamata micorriza. La micorrizazione riprodotta in serra e a SantAngelo in Vado c il Vivaio Forestale Regionale Valmetauro, un centro sperimentale dove possibile acquistare piccole piante, come Cerro, Nocciolo e Leccio, micorrizate in laboratorio per indurre la nascita dei tartu.
LA FLORA
n piccolo Eden nascosto nel centro citt si sta preparando a fiorire con lestate: lOrto Botanico di Urbino, che ospita circa 2300 variet di piante, racchiude la flora autoctona delle Marche e alcune collezioni di piante esotiche, tra le quali una selezione di piante carnivore native dellAmerica. In origine, prima delledificazione dellOrto Botanico, esisteva un giardino di propriet del convento di San Francesco. Con la caduta del Regno Pontificio, il giardino pass al Comune e fu affidato alle cure del professor De Brigoli. Al progetto di costituire un orto botanico partecip anche il conte Giovanni Scopoli, direttore generale del Regno Italico e appassionato di scienze botaniche. Dopo alcuni passaggi di propriet dovuti ai tumulti politici del Risorgimento, lOrto Botanico fu definitivamente affidato alluniversit Carlo Bo e annesso alla Facolt di Scienze Chimiche, Fisiche e Naturali. Nella terrazza principale dellOrto Botanico, chiamata Orto dei semplici, crescono piante officinali usate gi dai monaci del medioevo per curare i malati. I frati usavano rimedi semplici, medicamenti ricavati dalla natura, come la Malva Silvestris, pianta molto utile in caso di infiammazioni intestinali e cutanee. Oppure si usava la Calendula Officinalis, fiore molto comune nella zona delle Cesane, utile per i suoi principi attivi dal potere cicatrizzante e disinfettante nelle ferite del cavo orale. Unaltra pianta tuttora molto usata il Ruscus Aculeatus, ottimo nei casi di fragilit capillare e molto diffuso a Urbino. Insieme alle piante semplici, nellOrto Botanico, trovano spazio anche piante esotiche come la Cycas Circinalis, piccola palma originaria del Madacascar e la Dionaea Muscipula (chiamata anche Venere Insettivora) pianta carnivora della California. Il 16 e 17 Maggio, la professores-
sa Giovanna Giomaro, responsabile dellOrto, ha organizzato due giorni di esperienze didattiche in cui saranno coinvolti i bambini delle scuole elementari e gli studenti di Scienze della formazione primaria. Gli Orti botanici sono strumenti di divulgazione scientifica, dice la professoressa Giomaro. E continua: lo scopo di questi incontri insegnare ai futuri maestri come usare la botanica a scopo didattico. Gioved 16 verr tenuta una lezione per spiegare la struttura interna del fiore e il meccanismo di funzionamento delle foglie. I bambini delle elementari saranno anche coinvolti nelluso di microscopi speciali in grado di dare una visione tridimensionale dellepidermide delle foglie. Venerd 17, invece, si insegner ai ragaz-
zi come costruire un erbario: una struttura dedicata alla raccolta completa e sistematica delle specie floreali di una determinata zona. Ogni pianta ha il suo giusto posto, dice un giardiniere esperto che lavora allOrto Botanico. Nella serra molto importante mettere le piante nella posizione migliore: troppa o poca luce possono causare la morte delle specie pi delicate; peccato che ha curare lorto siamo solo in due. Il problema del giardino botanico proprio la mancanza di personale: luniversit non ha pi soldi da destinare al piccolo paradiso cittadino. Per questo motivo si reso necessario cominciare a far pagare un biglietto da un euro a persona, tranne ai ragazzi sotto i quattordici anni. (S.C.)
il Ducato
Da cinquecento anni le aquile real vengono a deporre le uova nella riserva naturale della Gola del Furlo. In questo territorio ci sono tre nidi: uno storico, che si trova allinterno di una grotta ed molto difcile da vedere, uno nella Fonte dellOro e uno centrale. Proprio in questo nido, al centro della gola, sono nati due pulcini, o per meglio dire, due pulli. Il territorio permette la permanenza di una sola coppia di aquile dal momento che larea d caccia si estende dagli Appennini no al mare. Con lavvento della riserva la presenza di rapaci si consolidata e dal 2006 possibile osservare il nido di questi esemplari direttamente dal centro visite della riserva con una telecamera che si trova sul versante opposto della valle.
LA FAUNA
Nelle immagini, partendo dallalto in senso orario: il barbagianni, il riccio, il gatto selvatico, il lupo e il cerbiatto. Al centro, una tartaruga di terra centenaria. In basso, un falcone in attesa di essere lanciato.
TEODORA STEFANELLI
o e
di
uardare per una mattina il mondo degli animali con gli occhi dei bambini, ascoltare le loro domande curiose e intelligenti, accompagnati da una tartaruga bicentenaria e da due volontari con un amore infinito per la natura. Da qui parte il viaggio allinterno del Cras, il centro di recupero degli animali selvatici. Questo particolare pronto soccorso, dal 2009, si occupa della fauna selvatica, curandola e rimettendola in libert. Il centro, di competenza provinciale, rimuove anche le carcasse degli animali investiti dalle auto che, soprattutto destate, creano problemi igienici non indifferenti. Raccomandiamo dice Lambererto Feduzi, responsabile del Cras di Pesaro e Urbino - a chiunque trovi un animale selvatico ferito, di toccarlo il meno possibile. Per calmarlo bisognerebbe applicare un indumento davanti agli occhi, e poi aspettare il nostro arrivo. Sar poi il veterinario a giudicare la gravit delle lesioni. Uno dei bambini ha pronta una domanda: Che fine fanno gli animali tanto feriti? La risposta, cruda ma vera, che, se lanimale riporta lesioni gravissime verr abbattuto ma, in caso di sopravvivenza, lobiettivo del Cras quello di riabilitare gli animali, tutti, senza distinzione, dal pipistrello al lupo, purch siano selvatici. Gli uccelli recuperati, falchi pellegrini, poiane e gheppi, vengono messi prima nelle voliere pi piccole, poi in quelle pi grandi e, dopo aver attestato lo stato di buona salute, vengono finalmente liberati. Non assisto mai alla liberazione degli uccelli ammette Feduzi e non detto che lanimale riesca a volare. capitato che dopo qualche battito di ali, precipitasse pochi metri pi in l. il momento pi delicato, dopo la riabilitazione. Purtroppo, alcuni esemplari custoditi nel centro non potranno volare mai pi, e sono destinati a rimanere dietro le spesse reti delle voliere: In questo caso le escoria-
zioni sono troppo gravi e impediscono alle poiane e al falco di palude di spiccare il volo nei cieli del Montefeltro. Dal 2009 al 2012 il Cras ha recuperato pi di quattromila animali selvatici feriti, di cui quasi tremila mammiferi, come caprioli, cinghiali, daini, istrici, tassi e lupi. Millesettecento operazioni di recupero sono state praticate sugli uccelli, molti dei quali rapaci, soprattutto gheppi e poiane, ma anche, per esempio, su alcuni esemplari di germano reale, fagiano e airone cenerino. Una piccola parte dei recuperi viene fatta anche sui rettili. Nel 2011 il 3% del totale degli animali recuperati riguardava sette specie, tra cui la tartaruga palustre, la Scripta elegans, meglio conosciuta con il nome di tartaruga dalle orecchie rosse. E pensare che limportazione di questi esemplari, provenienti dalle valli del Mississipi e dellIllinois, vietata dalla Comunit Europea dal 2001. Le tartarughe dice Feduzi ci sono state date in custodia dal Cites, (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione n.r) perch messe sotto sequestro e confiscate. Se nel 2012 il Cras ha effettuato mille e trecento recuperi, fino a questanno si arrivati a mille e cinquecento. Ma quali animali sopravvivono di pi dopo essere stati recuperati? La percentuale pi alta nel 2011 ce lhanno i mammiferi, con l82% degli esemplari recuperati vivi e liberati. Poi viene il gruppo degli strigiformi come gufi, allocchi e barbagianni, con il 74% di sopravvivenza. Al terzo posto ci sono gli accipitriformi, e cio rapaci come aquile e falchi, con il 67% di successi. Al quarto posto vengono gli uccelli non rapaci, soprattutto gabbiani reali, rondoni comuni e merli, che arrivano al 60% di sopravvissuti. Infine ci sono i rettili, sopravvissuti nel 56% dei casi. No n o s t a n t e i nomi difficili,queste creature ammaliano da secoli chi le guarda e, per descrivere la loro bellezza ed eleganza, non servono di certo termini scientifici.
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rmai chiaro, le Marche sono la regione delle frane. Ad attribuirle linfelice primato stata la Coldiretti che, con i suoi dati, ha lanciato lallarme: le Marche sono la regione con il pi alto indice di franosit di tutto il Paese, quasi il 20% di tutta la superficie regionale a rischio frane. Il Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia), realizzato dallISPRA e dalle Province Autonome, ha fornito in questo senso un quadro tuttaltro che rassicurante. Linventario ha censito a oggi oltre 42.522 fenomeni franosi in tutta la Regione, 17 mila dei quali solo nel pesarese. In pratica, Pesaro e Urbino presentano, da sole, quasi la met dei fenomeni di dissesto idrogeologico di tutte le province marchigiane. La stagione autunnale appena trascorsa non stata certamente delle migliori, caratterizzata da precipitazioni ben al di sopra della media su tutto il territorio provinciale, con il mese di marzo che ha registrato il record di 21 giorni di pioggia su 31. Tale situazione ha favorito una forte saturazione del suolo, provocando numerosi dissesti su tutto il territorio provinciale e un generale innalzamento dei livelli dacqua e ci ha dato il via ai fenomeni di piena. In molti casi, ad accelerare il corso degli eventi, subentra anche lopera delluomo, colpevole di un consumo sconsiderato del suolo naturale. Le frane segnalate, infatti, si sono s verificate in seguito a precipitazioni abbondanti ma, comunque, mol-
ti degli smottamenti sono avvenuti durante giorni di pioggia scarsa o addirittura assente. Non a caso la Coldiretti ha accusato le istituzioni per la pessima gestione del suolo pubblico, affermando che sulle frane ha pesato la scomparsa di quasi 300mila ettari di terreni agricoli, di cui 55mila negli ultimi quattro anni. In pratica, un terzo dellintero territorio regionale che una volta era agricolo ha cambiato destinazione. Ma la causa di questi fenomeni, spesso, da ricercarsi anche nella particolare composizione dei vari tipi di sottosuolo.Dal punto di vista geologico, infatti, la nostra regione divisa da due zone piuttosto diverse tra loro come spiega il geologo Cesare Bisiccia nellintervista qui a fianco quella interna, pi stabile, caratterizzata da terreni rocciosi e calcarei, e quella pi vicina alla costa, maggiormente fragile perch composta da suolo a componente arenaria e argillosa. La seconda, per intenderci, quella del Colle Ardizio, interessato ormai da anni da fenomeni di dissesto che comportano crolli di pezzi di roccia che invadono pericolosamente le strade sottostanti. Lultimo smottamento, avvenuto a marzo, ha causato la chiusura al traffico della Statale Adriatica che collega Pesaro a Fano, provocando per quasi un mese lennesimo blocco della circolazione con enormi disagi per i pendolari. La frana dellArdizio, a onor del vero, un fenomeno conosciuto da decenni su cui, per, ci si trova ancora gravemente impreparati a intervenire nella fase demergenza. Il Pai
(Piano di assetto idrogeologico) denuncia gi dal 2004 la gravit della situazione afferma Enrico Gennari, presidente dellOrdine dei geologi delle Marche con rischio molto elevato R4 su tutto il versante, ma senza un adeguato sistema di monitoraggio non sar mai possibile mettere in sicurezza il territorio. Il vero nodo della questione, per, che mancano le risorse per la manutenzione delle strade, e in caso di eventi di questo tipo sempre difficile stabilire chi deve pagare. Il problema, in sostanza, legato ai vincoli del Patto di stabilit, quindi lo stato di emergenza chiesto dagli enti consentirebbe la deroga al Patto per il periodo concesso. Ma dallestate 2012, sulla gestione dello stato di emergenza, la normativa rispetto agli ultimi ventanni cambiata totalmente: adesso lo stato di emergenza viene concesso al massimo per novanta giorni ma non collegato alle risorse economiche, perci diventa ogni volta pi difficile trovare i fondi per le ricostruzioni. Per riaprire la statale sullArdizio abbiamo speso solo in questi giorni 700 mila euro afferma lassessore alla viabilit della Provincia Massimo Galuzzi - mentre negli ultimi dieci anni gli interventi di consolidamento in quella zona e in quella del S. Bartolo sono costati quasi 8 milioni di euro. Le risorse economiche sono quasi sempre insufficienti continua Galuzzi - e se non ci sar una politica mirata alla tutela del territorio sar dura riuscire ogni volta a trovare i fondi per intervenire.
Nellimmagine in alto lintervento dei Vigili del fuoco durante unemergenza frana. Qui sopra, la carta indica nei colori pi scuri il grado pi elevato di franosit del territorio nazionale, cos come risulta dagli studi dellIspra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Nel tondo il territorio del Montefeltro
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LAMBIENTE A RISCHIO
ungo il fiume Metauro i tronchi e i rami secchi scorrono lentamente. La forza della corrente li trasporta a valle. Ed l, sotto ai ponti tra Fermignano, Urbania e Acqualagna che finiscono il loro lungo viaggio: una montagna di detriti che ostruisce il flusso dellacqua e mette a rischio la stabilit stessa dei ponti. Quando piove forte e il livello dellacqua sale, c il rischio esondazione, afferma Alessandro Capucci, vice referente della protezione civile di Fermignano. Dopo la piena di fine marzo, il letto del fiume stato ripulito solo in alcuni punti. Era da tre anni che non si faceva manutenzione, continua Capucci. Anni in cui i margini sono stati erosi, i detriti si sono accumulati e la struttura dei ponti stata compromessa. Sono tanti i ponti che solcano il Metauro: quello della stazione di Fermignano si trova nella zona pi bassa della valle, dove il rischio esondazione superiore. A pochi metri, sono stati costruiti un agriturismo e alcune abitazioni. Proprio l, si accumulata la quantit maggiore di detriti che arriva a sfiorare la parte alta del ponte. Una montagna di tronchi che la pressione del fiume spinge verso i piloni centrali. Stesso scenario sul ponte delle Piangole, tra Urbino e Fermignano. Qui, un grosso albero caduto nel letto del fiume ed rimasto in bilico sulla diga davanti al ponte. Fra poco, appena lacqua aumenter, lalbero scivoler gi e si scontrer contro i pilastri del ponte. Una barriera che ostacoler il passaggio dellacqua. Il piccolo ponte del Pianello che mette in collegamento la localit Verziere con la strada provinciale, invece, interamente coperto dalla legna. A marzo i livelli dellacqua si sono alzati a tal punto da portare
a provincia di Pesaro e Urbino un territorio fortemente franoso, serve un continuo controllo delle zone a rischio. A parlare Cesare Bisiccia, geologo che presta servizio volontario alla Protezione Civile di Fermignano e che conosce bene il territorio. Perch aumentano i rischi di frane? Le frane si vericano perch la forza peso del terreno supera la forza di resistenza. Questa diminuzione delle caratteristiche del terreno dovuta o alla presenza di troppo acqua o allattivit umana. La tipologie delle frane, poi, varia in base alla composizione del territorio. Urbino sorge su un terreno marnoso e arenaceo. La marna una roccia composta da argilla e calcare, larenaria, invece, si forma per la cementazione della sabbia. Quali sono le zone pi critiche nella provincia di Pesaro Urbino? A Urbino qualche hanno fa, c stata una frana nella zona di Santa Lucia, dove adesso stanno costruendo il centro commerciale e dove prima sorgeva un parcheggio. Il materiale franato lo aveva reso inagibile. Unaltra nota area quella del Sasso, dove si costruito senza pensare ai rischi. Per fortuna, questo tipo di frana scende lentamente: avvengono dei piccoli spostamenti del terreno che si notano con il tempo. Le persone che ci abitano se ne accorgono perch improvvisamente compaiono delle crepe sui muri di casa, ma con i giusti interventi si possono evitare danni seri. Frane come quella dellArdizio, nella zona tra Pesaro e Fano, sono invece improvvise. Proprio l passa la strada statale e la ferrovia adriatica. Una scelta sbagliata fatta tanti anni fa e che ora mette a rischio la sicurezza delle persone. Anche nella Gola del Furlo, dove corre la strada Flaminia, il terreno frana spesso. Dalla collina vengono gi blocchi di roccia ed molto pericoloso per le macchine che percorrono la via. Cosa si pu fare per prevenire i danni? Lungo lArdizio sono stati fatti degli interventi di chiodatura, sono stati messi dei cavi dacciaio e delle reti di protezione. Non semplice intervenire su tutta larea anche perch i costi sono alti e gli investimenti scarseggiano. Bisognerebbe prestare continua attenzione sia alle zone a rischio e sia a quelle che non sono considerate franose, ma che potrebbero diventarlo a causa dellazione delluomo. Si devono monitorare le inltrazioni nel sottosuolo e le erosioni ed evitare leccessivo taglio degli alberi. La vegetazione, infatti, assorbe lacqua in eccesso e trattiene il terreno. Il clima sta cambiando, sono sempre pi frequenti periodi di secca alternati a precipitazioni molto intense. Stiamo andando verso un clima desertico e questo favorisce il sorgere di frane. (M.G.L.)
Nella foto in alto, il ponte di Piangole, fra Urbino e Fermignano. Qui sopra, il ponte del Pianello ingombro di tronchi portati a valle dalle acque
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LACQUA
Qui accanto, il depuratore del Sasso. In basso, il depuratore mai completato di Fosso Bracone. Nellaltra pagina, uno scorcio del Metauro
asta parlare con la gente che incontri per strada, bussare a qualche porta e guardare qualche bolletta e ti accorgi che oltre al danno, s, c la beffa. Dal primo maggio laumento delle bollette dellacqua dell1,6% che sommato al 6,5% rispetto al 2012, fa 8,1% in pi in un anno. Questo il danno, un danno che di questi tempi i cittadini della Provincia di Pesaro Urbino, la pi colpita dalla crisi secondo il rapporto Censis, non possono permettersi di pagare. La premessa alla beffa: la zona nord di Urbino, e qui veniamo a noi (Mazzaferro, zona del Braccone verso Gadana, zona Tortorine etc.), e Trasanni, non sono servite da depuratori. La gente si dota autonomamente di fosse biologiche. La beffa? La maggior parte di queste persone paga la tassa di depurazione sulla bolletta dellacqua. Una vocina tra le tante in quel pezzo di carta che arriva ogni due mesi con il logo in azzurro della Marche Multiservizi, innocua allapparenza, peccato che la depurazione non ci sia. I pi svegli o coloro ai quali in qualche modo arrivata la voce, hanno chiesto il rimborso, rimborso previsto dallo stesso gestore. Ma solo previsto (sul suo sito Internet), non comunicato, non pubblicizzato. E gli altri? E tutti quelli che ancora pagano? Certo, la Marche Multiservizi una Spa, deve fare utili, ma nelle linee guida dellAto (Autorit territoriale dambito) per la restituzione agli utenti della quota di tariffa non dovuta riferita al servizio di depurazione, al
punto 8 previsto che il gestore invii a tutte le utenze uninformativa circa le procedure da seguire per ottenere il rimborso della quota di depurazione, pagata ingiustamente, aggiungiamo. Qualcuno ha mai visto o ricevuto questinformativa? Pare di no. I signori Cesaretti, abitano a Trasanni. Sono anziani. Di quegli anziani svegli, che hanno vissuto per molti anni allestero, che hanno visto come funziona il mondo e che le regole in altri posti vengono rispettate. I cittadini informati. E da 4 anni che hanno chiesto il rimborso, ma nulla. Silenzio. Lucia, anche lei da un anno e mezzo a Trasanni, non si era mai accorta della vocina. Dalla prima bolletta ha pagato la tassa di depurazione. Stefano, di Urbino, zona Mazzaferro, ha chiesto il rimborso, glielhanno negato. In tutta questa storia potrebbe ravvisarsi una ragione per la Marche Multiservizi. Ma a guardare bene le previsioni di legge e, soprattutto, lo stato di manutenzione (o meglio, di non manutenzione, alias depuratore di via della Stazione, depuratore del Sasso, depuratore sotto i Collegi) dei depuratori di Urbino, questa ragione viene meno. La legge prevede che in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n.335 del 2008, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, la tariffa di depurazione non deve essere applicata. Tuttavia, ai sensi dellart.8 sexis della L.13/2009, gli oneri relativi alle attivit di progettazione e di realizzazione o com-
pletamento degli impianti di depurazione [] costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dallutente. Detta componente pertanto dovuta al gestore dallutenza [], a decorrere dallavvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purch alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati. E qui veniamo al dunque. Il depuratore di Fosso Braccone (a cui si arriva procedendo per Gadana, svoltando per Pieve di Cagna e prendendo Ca Franzone, dopo mille peripezie,
una segnaletica quasi nulla e strada a tratti impraticabile) in costruzione almeno dal 2006, ci dice telefonicamente Alfredo Bonelli, consigliere di minoranza del comune di Urbino. Entro un anno si sarebbero dovute terminare le opere murarie, prima fase. Poi sarebbero dovuti passare a quelle meccaniche. Poi, in seguito a contestazioni, tubature fatte male, rottura di parte della condotta che doveva arrivare al depuratore e stop. Per non farci mancare niente, si aggiunto un movimento franoso che ha spostato parte della base del depuratore conclude Bonelli, giustificando in qualche modo la Marche Multiservizi che si trovata tra le mani unopera pubblica mal cominciata dallamministrazione comunale.
Fatto sta che non si proceduto nel rispetto dei tempi programmati, che sono passati quasi dieci anni e che quindi i cittadini non devono pagare per un servizio che non c e possono chiederne il rimborso. Non dovrebbero pagare neppure una tariffazione pi alta, giudicata insufciente da Marche Multiservizi per fare nuovi investimenti su una rete idrica gi obsoleta, qual quella di Urbino. Una Spa che pochi giorni fa ha chiuso un bilancio in attivo di cinque milioni e mezzo di euro. Ma una Spa, per lappunto, non tenuta a reinvestire gli utili. E qui torna in ballo tutto il discorso sulla pubblicit del servizio idrico integrato, sullacqua bene pubblico. Ma questa, unaltra storia. (E.T. & S.P)
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n pastore riposa allombra di una quercia mentre la luce frettolosa corre dietro la sommit di un monte facendo capolino nel promiscuo strofinio delle fronde degli alberi, fasci nervosi che si sorreggono in alto. la natura che si manifesta nei colori e nel canto degli uccelli scandendo in un viavai sinfonico le lunghe giornate. Il messaggio del silenzio si stacca dal cielo per posarsi sulle colline dipinte di un verde irlandese dalla bella stagione, onde di erba e fiori di campo attraversati da stradine che collegano la campagna ai piccoli borghi medievali e rinascimentali. Questo lo spettacolo che offre nei tiepidi tramonti di maggio lentroterra marchigiano: 80.000 ettari di parchi, vigneti, uliveti, boschi, foreste. Un invito a uscire dalle mura cittadine per dedicare un po di tempo alla riscoperta del rituale della quiete o magari allo sport. Qui sono molti gli itinerari e attivit in programma per i mesi caldi: escursioni per riconoscere e utilizzare erbe spontanee e radici, grigliate sui prati, meditazione nelle riserve naturali, corsi di pittura en plein air, passeggiate sulla vetta dei monti. Appoggiando la punta di un compasso nel cuore di Urbino e disegnando un piccolo cerchio sulla mappa, lo sguardo si posa su paesi e sentieri, luoghi misteriosi e invitanti per il turista per caso o per diletto.
Un picnic ducale
Stare a contatto con la natura possibile anche rimanendo nel cuore della citt del Duca, godendosi, ad esempio, il panorama dalla Fortezza Albornoz. La rocca si trova nel parco della Resistenza che nelle giornate soleggiate diventa meta di studenti, giocolieri, amici che si incontrano per fare qualche tiro a pallone o per un picnic allaria aperta ascoltando spagnoleggianti chitarre.
in cui ci si tuffa per sfuggire al caldo, riparano i visitatori accampati sul prato con pc portatili (c il wifi gratuito) e tovaglie a quadretti. Proprio da qui partono delle escursioni gratuite, organizzate ogni domenica e durante i giorni festivi. Le guide della riserva accompagneranno i curiosi tra querceti e aceri, campanule e caprifoglio, meraviglie naturali che illuminano la gola, un canyon eroso dallazione del Candigliano che passa tra le pareti dei monti Pietralata e Paganuccio prima di sfociare nel Metauro. La vita liquida di questo fiume si abbandona pi in l, per chilometri, lungo una vallata e nel suo fluire guida i vagabondi del karma alla scoperta di paesaggi diventati celebri, luoghi di culto e studio per gli storici dellarte. Tra questi quello offerto dal monte Fron-
zoso, scelto come sfondo da Piero della Francesca per ritrarre Federico da Montefeltro.
Il posto dellanima
A ridosso del Furlo si adagia Acqualagna, centro agricolo di 4.400 anime, luogo natio di Enrico Mattei e di uno dei tesori della terra: il tartufo. Qualche curva pi in l si trova Frescina, localit nei pressi di Abbadia di Naro, dove Rossella Di Munno ha dato vita a un centro per farsi coccolare e rilassarsi. Qui, oltre a sauna, palestra e stanze dedicate ai trattamenti viso e corpo, c una sorgente naturale in cui immergersi e, allesterno, un parco circondato da colline dove si pu prendere il sole sul lettino, far giocare i bambini su scivoli e altalene, fare una partita nel campo di calcetto o tuffarsi nelle grandi pi-
scine. Tornando a Urbino, non lontano da Pieve di Cagna, si trova invece la Country House il Biroccio: un casale ristrutturato dieci anni fa con materiali di recupero dove oggi vivono Gianni, Antonella e il figlio Eugenio. Qui al calar del sole si corre nel parco territoriale provinciale S. Lorenzo in Cerquetobono tra tigli, gelsi, ginestre. Qui, lontani dalla metropoli e dalle sue colate di cemento, si organizzano corsi di Tai chi chuan sotto la guida Stefano Marchionetti. Il maestro di questa antica disciplina cinese si occupa anche di difesa personale, corso in programma per giugno. Questa oasi di tranquillit diventa invece per Silvia De Bastiani luogo dispirazione. qui che la docente di acquerello tiene le lezioni di pittura abbinate al soggiorno nella country house.
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hi si ricorda sul serio lodore del miele? Del pane caldo, del formaggio appena fatto? questa memoria dei sensi, linsegnamento del fare che la Fattoria dei Cantori vuole passare ai bambini. Dimostrare che le mucche non sono bianche e viola, come quelle della pubblicit. Unazienda biologica, nata negli anni 70 dalla famiglia Podgornik, met catalana, met triestina, che ha deciso di aprire ai piccoli alunni delle scuole primarie per spiegare come lavora la natura. Non come in un museo, ma mettendoci le mani. Montserrat, Roberto, le figlie Irene e Agnese pi Giuditta che collabora da due anni accolgono con entusiasmo le scolaresche, che tornano a casa, a fine giornata, con gli occhi pieni e stringendo al petto il proprio formaggio, il proprio pane. Questo lho fatto io, potranno dire. Sempre che non vogliano restare a vivere l. Il viso paffuto di Aurora, addolcito dalle efelidi, fa su e gi. Dalla spiga al pane, dalla smielatura al miele, e poi la storia del filo di lana. Come pu il vello di pecora diventare un maglione? E ancora pesi e misure e via
26 MAGGIO
Albornoz, si gioca
La contrada del Monte, con lassessorato alle politiche educative e giovanili, organizzano per il 26 maggio alla Fortezza Albornoz un evento in occasione della giornata mondiale del gioco. Ci si potr cimentare nel tiro con larco, osare sul ponte tibetano, sparare con gli stoppacci e da questanno nel tiro con la onda. La mattina si potr partecipare anche a un giro in mountain bike e trekking urbano per i vicoli di Urbino, alla scoperta delle bellezze della citt ducale.
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AGRICOLTURA ONLINE
er ordinare un chilo di mele, un cestino di fragole e una cassa di verdura fresca bastano ormai pochi click. Semplici operazioni per far arrivare a casa prodotti appena colti dallorto. Un orto virtuale, quello dove si scelgono frutta, verdura e prodotti di stagione senza neanche alzarsi dalla scrivania. questa la nuova frontiera dellagricoltura, il web verde. Un commercio in cui le aziende agricole coinvolte, grazie alle vendite online, permettono di acquistare su Internet, mantenendo alta la qualit e la freschezza del prodotto. Il boom di aziende agricole sul web scoppiato negli ultimi anni. In Italia al momento sono 61 mila, circa il 4% del totale, il doppio rispetto a dieci anni fa. I contadini 2.0 sono concentrati soprattutto al nord, con Lombardia e le province di Bolzano e Trento in testa. Ancora pochi invece al centro e al sud. Le aziende agricole utilizzano Internet non solo per la vendita online, ma anche per la gestione dei fornitori, delle coltivazioni e degli allevamenti, e per servizi amministrativi. Nelle Marche, secondo unelaborazione Coldiretti su dati Istat, sono circa 1.500 le aziende agricole informatizzate. Le imprese che hanno un sito web o una pagina internet sono 1.100 (il 2,4% del totale), di cui oltre trecento vendono prodotti online, dieci anni fa erano solo 60. In provincia la percentuale maggiore di agricoltori informatizzati si registra ad Ancona (il 4% del totale), davanti ad Ascoli Piceno (3,4%), Macerata (3,2 %), Pesaro Urbino (3%) e Fermo (2,6%). Numeri che secondo Giannalberto Luzi, presidente di Coldiretti Marche, potrebbero crescere, investendo sulla realizzazione di grandi infrastrutture telematiche. Molte aziende - sostiene Luzi - che operano nei piccoli centri non hanno la possibilit di sfruttare il web con tutte le opportunit che questo strumento garantisce alle imprese, dalle-commerce in avanti, per non parlare della semplice realizzazione di un
WWW AMSTERDAM: MI MANDATE UN TULIPANO? Le aziende agricole sfruttano sempre meglio il potenziale della rete, aumentando la possibilit di acquistare prodotti via Internet. In Europa la Francia a vantare il maggior numero di contadini internauti. Secondo il ministero dellAgricoltura, sono 105 mila aziende agricole utilizzano Internet a uso professionale, circa il 30 per cento del totale. In due anni il paese ha registrato una crescita di oltre il 50 per cento. In testa ci sono imprese cerealicole e viticole, seguite da aziende dedite ad allevamento-policoltura e frutticoltura. Un altro dato interessante riguarda la Danimarca, dove 84 agricoltori su 100 sono connessi a Internet e 74 lo utilizzano per attivit collegate allagricoltura. Per lOlanda, poi, il commercio online per eccellenza quello dei ori: diversi siti, nella stagione della oritura, si offrono di spedire i bulbi dei famosi tulipani in tutto il mondo.
ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente: STEFANO PIVATO, Rettore dell'Universit di Urbino "Carlo Bo". Consiglieri: per l'Universit: BRUNO BRUSCIOTTI, LELLA MAZZOLI, GIUSEPPE PAIONI; per l'Ordine: NICOLA DI FRANCESCO, STEFANO FABRIZI, SIMONETTA MARFOGLIA; per la Regione Marche: JACOPO FRATTINI, PIETRO TABANELLI; per la Fnsi: GIOVANNI ROSSI, GIANCARLO TARTAGLIA. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore: LELLA MAZZOLI, Direttore emerito: ENRICO MASCILLI MIGLIORINI. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI IL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581 - fax 0722328336 http://ifg.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] Direttore responsabile: GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI Stampa: Arti Grafiche Editoriali Srl - Urbino - 0722328733 Registrazione Tribunale Urbino n. 154 del 31 gennaio 1991
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