Ducato 6

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il Ducato

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Mensile - 10 maggio 2013 - Anno 23 - Numero 6 Ducato on line: ifg.uniurb.it

Periodico dellIstituto per la formazione al giornalismo di Urbino

Agricoltura

Terra nostra

Viaggio fra tradizione e futuro


alle pagine 2 e 3

Flora e fauna

Le meraviglie dei nostri fiori Attenti al lupo


alle pagine 6,7, 8 e 9

Lacqua

Ma potabile? S, No, Forse Vince la bottiglia


alle pagine 12 e13

Ambiente

Marche: qui il regno delle frane


alle pagine 10 e11

LEDITORIALE
lcuni anni fa una famiglia triestina decise di chiudere la propria attivit, vendere tutti i beni per cambiare vita e ambiente. Marito e moglie cominciarono a girare lItalia alla ricerca di un luogo che rispondesse ai loro parametri ideali sulla qualit della vita. Dopo aver girovagato per la penisola in lungo e in largo scelsero Urbino. Acquistarono un casolare alle Cesane, dove gettarono le nuove radici e costruirono il loro futuro. Unaltra storia simile successa a pochi chilometri da qui, nella vallata fra Mercatello sul Metauro e Borgo Pace, sulla strade verso la Toscana. Arroccato su un poggio cera un borgo diroccato (il Castello della Pieve) che chiamavano il paese dei fantasmi. Erano rimasti solo ammassi di pietre che trasudavano storia. Proprio l, sette secoli fa (il 4 ottobre 1301), fu deciso lesilio di Dante da Firenze.

C ancora una lapide che ricorda quellevento. Carlo di Valois (fratello del Re di Francia) era in Italia per muovere guerra a Federico dAragona e prendere possesso della Sicilia. Papa Bonifacio VIII, da Anagni gli aveva chiesto un aiuto per impedire il sopravvento dei Guelfi dissidenti (cio i guelfi bianchi, dei quali faceva parte anche Dante) che ostacolavano la politica del Papato. Nel Castello della Pieve, Carlo di Valiois e Corso Donati (Rettore di Massa Trabaria) decisero lesilio di Dante: il messaggio fu trasmesso con un segnale di fumo dalla torre che ancora oggi domina la vallata. Quel Castello (sette case in pietra, la torre e la Chiesetta) ora un Centro turistico: stato

Un territorio unico ma non valorizzato

recuperato da due giovani, marito e moglie con due figlie, lei architetto. Hanno lasciato Parma per una vita completamente diversa. Oggi il Castello della Pieve tornato a vivere. E un luogo daltri tempi, dominato dal silenzio, immerso nella macchia boschiva dellAlpe della Luna. Si organizzano laboratori e corsi per insegnanti, incontri con i bambini; si raccontano favole, si leggono storie di castelli, streghe, gnomi e folletti. La signora Renata una collezionista di giocattoli antichi; il marito ha un piccolo patrimonio in telefoni depoca. Il registro, messo allingresso della casa, una specie di specchio dellanima. Qui si fermato lorologio della storia.

Esempi di questo genere ce ne sono a centinaia nelle nostre Marche. Linchiesta del Ducato di questa settimana testimonia che abbiamo un altro gigantesco giacimento che valorizziamo solo in minima parte: il territorio, il paesaggio e lambiente; quel territorio che ha ispirato Raffaello e Piero della Francesca e descritto da Giovanni Pascoli, Paolo Volponi e Carlo Bo. Un valore solo apparentemente immateriale. Insomma territorio e paesaggio non sono solo unimmagine cartografica, ma un insieme di linee, colori, forme, odori e suoni che trasmettono emozioni, riflessioni e sentimenti. Come la cultura, sono luogo di identit e motore di una comunit, ma anche patrimonio da preservare e valorizzare. Rappresentano sedimenti di millenni di storie e di lavoro, giacimenti di tracce che si offrono vivi al riconoscimento e alla memoria

il Ducato

Aziende medie e piccole, gestioni familiari, colture di frumenti e foraggio

Nel segno della tradizione


Sono 17.640 gli addetti allagricoltura nellurbinate. Ma la vera nemica dei coltivatori la burocrazia

LAURA MORELLI n uomo, anziano, passa la mano sopra le spighe di grano, affacciate sulle colline delle Cesane, mentre il glio prepara il trattore per cominciare, anche questanno, il raccolto. Se si potesse fare una fotograa dellintera industria agricola nella provincia di Pesaro e Urbino limmagine sarebbe proprio questa: tante piccole e medie aziende, gestite da famiglie ristrette, che coltivano cereali ed erba medica con metodi tradizionali. Lagricoltura nellurbinate un settore che ha risentito solo in parte della crisi e che resta una delle voci pi signicative nel bilancio locale, dando lavoro a 17.647 persone. In provincia sono 9.293 le aziende agricole attive al 2010, di queste 9.171 sono a gestione familiare. Nelle Marche la provincia pesarese al terzo posto per numero di imprese agricole, subito dopo Macerata e Ancona, anche se dal 2000 ci sono 3.800 aziende in meno. A chiudere sono state le aziende sotto i 4 ettari, senza ricambio generazionale o che non hanno pi avuto la possibilit di fare investimenti spiega Maurizio Romagnoli, coordinatore ufcio CIA di Urbino anche a causa della burocrazia che impone gli stessi obblighi amministrativi sia alle grandi che alle piccole imprese ma che ovviamente non hanno le stesse capacit. Meno agricoltori sul mercato signica pi terreno agricolo disponibile. A Pesaro e Urbino la media di ettari per azienda di 12,75 ed cresciuta negli ultimi 10 anni del 32,9%. I terreni sono usati da 5.703 aziende per la coltivazione di cereali (frumento tenero e duro, orzo e mais) ma quella urbinate anche la provincia marchigiana con pi terreni coltivati a foraggiere (38.000 ettari) da quasi 4.000 aziende. Dal 2000 sono aumentati del 9,2% i terreni dedicati alle coltivazioni legnose come frutta e viti, soprattutto gli uliveti (+ 34,4%) mentre sono 2.689 le aziende specializzate nella coltura della vite su 2.019,3 ettari in totale, diminuiti dell8,9%. Quale che sia la coltivazione, le tecniche restano quelle tradizionali tramandate da generazione a generazione, sia perch le piccole aziende non possono permettersi di acquistare grandi macchine sosticate sia perch il rispetto della tradizione spesso sinonimo di genuinit. Nella nostra azienda utilizziamo ancora la rotazione delle colture, coltiviamo senza luso di concimi e diserbanti al 90% usiamo trattori e altre macchine che sono sempre le stesse dagli anni 70, spiega Leonardo Paolucci, coltivatore di cereali e produttore di miele a Fermignano. Io uso i trattori, laratro, la fresa e altri macchinari simili dal 1950 racconta Sergio Ferri di Fano e non sento lesigenza di cambiare attrezzatura. Lazienda Ferri coltiva ortaggi e frutta anti2

ca come piselli semioriginali e patata blu. I semi sono stati ereditati dai genitori. La mia fortuna quella di coltivare e vendere prodotti unici di alta qualit a ristoranti di lusso che non risentono della crisi. La qualit lunica arma che per il momento sta ancora salvando dalla crisi la maggior parte delle imprese agricole della provincia. Lazienda Frutticola di Elso Renzi produce tra le altre cose anche le pesche di Montelabbate conosciute su tutto il territorio. La nostra azienda a conduzione familiare ed nata nel dopoguerra. Siamo 2 addetti ssi pi mio glio per il lavoro stagionale e facciamo la raccolta dalle piante e la potatura tutte a mano. Non semplice con 6 ettari di terreno e 5.000 piante ma abbiamo voluto mantenere le pratiche tradizionali nella raccolta ed escludere i concimi chimici. Si dice che la duchessa di Montelabbate offrisse spesso alla duchessa di Urbino le sue pesche famose per il gusto.Il nostro raccolto ci permette di continuare a vendere sia ad aziende che alla grande distribuzione a Fano e a Pesaro con contratti di fornitura che si basano sulla qualit del prodotto e quindi per adesso ancora vantaggiosi. Oltre il prodotto, per il coordinatore CIA Romagnoli il settore agricolo tradizionale quello che va per la maggiore soprattutto grazie alla vendita diretta e alla nascita dei GAS, gruppi di acquisto solidale, elementi che consentono di dimezzare i costi del trasporto e degli intermediari. Se lortofrutta riesce a chiudere il bilancio in positivo, non la stessa cosa per molti coltivatori di ore e piante. Cenerelli Giancarlo coltiva crisantemi a Montemaggiore dal 1987, allinizio producendo per 8 - 10 mesi allanno, poi i costi troppo elevati hanno ridotto il periodo di raccolto solo a pochi giorni a ne ottobre per il periodo dei santi. Il lavoro tradizionale e fatto manualmente ma non so quanto dureremo perch oramai le grandi aziende usano macchinari industriali e producono crisantemi programmati, un tipo di ore particolare che non ha bisogno di lavorazioni durante il periodo di accrescimento. La produzione pi semplice e la manodopera meno costosa e ora se non fai cosi rischi di chiudere. La qualit ci rimette, ma oramai alla gente interessa solo il prezzo. Cenerelli spiega che per questo motivo sono 5 anni che non aumentiamo il prezzo nonostante i costi di produzione e dei macchinari siano come minimo raddoppiati. Il futuro dellagricoltura per gli addetti ai lavori tutto sommato positivo. Nei nostri territori la qualit della terra buona e c una produzione di nicchia di alta qualit che altri posti non hanno spiega Francesco Persici titolare dellazienda Le Fontane di Urbino - ad esempio nel viterbese, dove vendiamo, il raccolto non mai buono come il nostro perch loro hanno terre vulcaniche povere di humus.

Trentanni di agricoltura
Numero di aziende nella provincia 1982 17629 1990 15909 2000 15909 2010 9293 Variazioni percentuali dal 1990 1982 2000 al 1990 2000 2010 -9,8 -19,0 -27,9

Superficie agricola utilizzata (in ha)

1982

1990

2000

2010

Variazioni percentuali dal 1990 1982 2000 al 1990 2000 2010 -2,0 -7,6 -4,1

136531 133841 123621 118518


Fonte: Istat

Le principali coltivazioni
Numero di aziende 2000 2010 Cereali Foraggi Vite Foraggi Frutta
Fonte: Istat

Superficie agricola utilizzata (ha) 2000 2010 53002,6 31456,1 2215,8 1354,8 706,7 45450,4 38131,3 2019,3 1820,6 582,5

9011 5282 5486 3599 1614

5703 3807 2689 3716 933

Si moltiplicano gli orti collettivi e fai da te

Una zappa contro la crisi


STEFANO RIZZUTI

a zappa per allontanare crisi, alzheimer e noia: una trinit che viene seguita come una sacra ricetta - coltiva la terra e vivi meglio, in sostanza. A Urbino sembrano pensarla cos i tantissimi agricoltori fai da t della zona. Che si tratti di orti domestici, comunali o sociali la sostanza non cambia. Nella citt ducale la produzione per lauto consumo di ortaggi, frutta e verdura sempre stata elevatissima e pare essere in costante aumento. Lorto non solo una necessit, ma un hobby, un vero e proprio esercizio di piacere. Giorgio Casadei e Maria Teresa Scopa parlano cos del pezzo di terra che da sempre coltivano nel loro giardino di casa. Quasi 800 metri dove veder crescere i prodotti: patate, zucche, melanzane, bietole, pomodori, fragole, lamponi, ciliegi ma anche ori e funghi. Ma vale la pena tutta questa fatica? La risposta di Giorgio e Maria Teresa affermativa: Non tanto per convenienza economica rispondono i due in coro quanto per soddisfazione personale e per un vero e proprio culto per i prodotti naturali. La coltivazione una tradizione culturale, qui; tramandata di generazione in generazione. Basti pensare che il pezzo di terra davanti la loro casa di propriet della famiglia dal 1900. E dal 1972 i due coniugi lhanno sempre curato quotidianamente. Non tutti, per, hanno il pezzo di terra da coltivare direttamente a casa. Cos, una trentina di pensionati residenti a Urbino approttano dellorto

comunale per allontanare lalzheimer e tenersi sempre attivi. Questi ragazzotti, tra i 62 e gli 86 anni, coltivano il loro lotto di terra, aVarea, ttato gratuitamente dal Comune, che inoltre fornisce acqua e qualche attrezzo. La cosa bella che nellorto non esiste pi classe sociale ci dice uno dei pensionati che ha un pezzo di terra non come nella societ normale, qui non esistono professori e operai, siamo tutti uguali. Non solo coltivazione, dunque, ma soprattutto socializzazione. Orto come occasione per tenersi in forma e per relazionarsi con gli altri, prima di tutto. La soddisfazione pi grande andare dai propri gli a portare i prodotti della terra e far vedere cosa ha fruttato il duro lavoro di un pensionato, ci ha detto un altro dei ttuari dei lotti comunali. Non solo fonte di cibo sano e naturale, ma anche motivo di vanto e soddisfazione: il risultato dei circa 30 appezzamenti da circa 40 metri luno che signori e signore di una certa et condividono anco a anco. La crisi, poi, si combatte anche con un altro genere di orti: quelli sociali, come li ha deniti il Comune. Cos, nei prossimi mesi, tutti i disoccupati o inoccupati della zona, al di sotto dei 65 anni, potranno chiedere al Comune il tto a titolo gratuito di un appezzamento di terra tra i 40 e i 60 metri in localit Canavaccio e Gadana (per informazioni ci si pu rivolgere al Servizio Politiche Sociali, telefono: 0722/309218). Chiss che lattivit sica e la buona alimentazione non possano aiutare alcune famiglie urbinati a uscire dalla crisi.

IL VECCHIO E IL NUOVO

Solo 240 aziende su 9000 usano Internet

Alberi esotici e speciali conigli a chilometri zero cos cambia lagricoltore

TOMMMASO CHERICI er far fronte alla crisi, c chi a Urbino ha deciso di aprirsi ad un nuovo settore e ispirarsi ai cuscini delle streghe. Cos i contadini di una volta chiamavano le gemme dei ginepri delle Cesane, che raccoglievano e mettevano nelle loro stalle per allontanare il malocchio ci racconta Renato Mengacci che da pi di dieci anni coltiva piante ornamentali quelle gemme sono in realt dovute ad una mutazione naturale del ginepro che nei nostri boschi assume infatti un anomalo aspetto a palloncino. Per rendere unica la sua attivit, Renato ha deciso di specializzarsi nel collezionare le mutazioni naturali di diverse specie di conifere, che rimanendo di piccole dimensioni possono essere piantate anche nel cortile di casa. Ogni giorno Renato consulta internet per trovare nei giardini botanici di tutta Europa questi particolari tipi di semi e offrire ai suoi clienti un prodotto che soltanto lui nella zona di Urbino sa procurarsi. Se, per esempio, qualcuno desidera un abete nel proprio giardino io posso fornirgli una pianta che anche dopo decenni di vita non superer i 2 metri di altezza invece di arrivare ai 30 metri che gli abeti comuni possono raggiungere. Sono come dei bonsai naturali. Impiantare nel proprio cortile questo tipo di piante non una novit in Nord Europa dove Renato infatti si rivolge per comprare ci che gli serve: Cerco soprattutto in Germania ed Olanda continua il vivaista tratto soprattutto labete rosso, che troviamo anche sulle nostre alpi, labete del Colorado e labete bianco, specie che finora sono state coltivate in Italia molto raramente. Accanto a questa particolare collezione di conifere, Renato porta avanti anche la coltivazione delle pi comuni piante ornamentali: Nella mia azienda facciamo esclusivamente la propagazione per talea, cio attraverso il taglio di un ramo della pianta madre. Innestato nel terreno questo ramo porta alla nascita di un nuovo esemplare che avr per lo stesso corredo genetico della pianta che lo ha generato. Un metodo per abbassare i costi visto che Roberto utilizza da anni le stesse piante madri per rinfoltire il suo vivaio ed evita di conseguenza di viaggiare per lItalia alla ricerca dei semi che gli servono. La specializzazione e il conti-

nuo rinnovamento della propria azienda sembrano essere gli unici modi per resistere alla crisi. La pensa cos anche la famiglia Ricci, proprietaria dellomonima azienda agricola fondata esattamente un secolo fa, quando il capostipite della famiglia decise di comprare 100 ettari di terreno nei pressi di Scotaneto di Urbino. Nata come una semplice coltivazione di cereali, lazienda Ricci ha saputo rinnovarsi di generazione in generazione andando a coprire altri settori: Dal 1997 abbiamo anche un allevamento di conigli ci spiega Piergiorgio Ricci, titolare dellazienda insieme al fratello Enrico che macelliamo e consegniamo direttamente ai nostri clienti. Lazienda, che continua ad essere a gestione familiare, ha visto un rinnovamento anche nel campo delle colture dove accanto ai classici campi di grano e fieno ha aggiunto una terza coltura alternativa che varia di anno in anno. Particolarmente fiorente in questo periodo la coltivazione del coriandolo che produciamo per conto di

altre societ; queste ci consegnano il seme e provvedono poi a ritirare il prodotto finito e distribuirlo ai mercati esteri come India e Sud Est asiatico, dove c una alto consumo di questa pianta. Nelle intenzioni di Piergiorgio cera per unulteriore innovazione: Qualche anno fa abbiamo provato a costruire un impianto di biogas che ci consentisse di sfruttare i residui organici dei nostri allevamenti ma lEnel ci ha bloccato. Anche linformatizzazione, cio il ricorso al web da parte delle aziende agricole potrebbe essere una possibile soluzione per abbassare i costi e ampliare il proprio giro daffari. La provincia di Pesaro e Urbino per appare restia a questo tipo di cambiamento. Secondo i dati Istat, nel 2010 soltanto 240 delle oltre 9000 aziende del territorio erano in possesso di un sito web o di una pagina internet. Quasi nullo lapporto del commercio elettronico: appena l1% delle aziende si appoggia alla rete per vendere i propri prodotti.

Semi controllati, niente pesticidi: ma la truffa viene dallEst

La rapida espansione del biologico


B
iologico un modo di vivere, non solo di coltivare. Tutto ci che bio ha infatti lo scopo di rispettare lambiente e mantenere il naturale ecosistema della terra a partire sia dallesclusione di concimi chimici e dannosi fino alluso di vernici naturali. Nelle Marche lagricoltura biologica ha subito una rapida espansione nel giro di pochi anni; ora il 6% delle superfici agricole viene coltivato in biologico, 25.800 ettari totali. Secondo i dati Assam, lAgenzia servizi settore agroalimentare delle Marche, nella provincia di Pesaro e Urbino sono oltre 400 gli operatori nel settore biologico, sia come aziende biologiche vere e proprie ma anche come produttori, preparatori e importatori di prodotti. Il distretto biologico sul territorio di Pesaro e Urbino una forza importante in rapida espansione spiega Maurizio Romagnoli, coordinatore ufficio CIA di Urbino ci sono 3-4 realt importanti come Terra Bio, cooperativa di produzione e preparazione alla vendita, la Fondazione Girolomoni e lazienda Prometeo di Urbino che vendono di tutto, dai cereali allolio, e spesso hanno agriturismi. Un mese fa la Guardia di finanza di Pesaro ha sequestrato 1500 tonnellate di mais e 76 tonnellate di soia contaminati provenienti da Ucraina e India e spacciati come biologici. Come si fa a definire un prodotto biologico e quali garanzie deve avere il consumatore? In Italia ci sono molti criteri e molte regole da rispettare per ottenere il marchio biologico, spiega Frauke Weissang, socia Terra Bio e proprietaria di unazienda agricola e agriturismo Le Cesane, Non si possono usare fertilizzanti chimici, il seme non deve essere trattato e deve essere selezionato da apposite aziende sementiere e ad esempio obbligatorio praticare la rotazione delle colture. I controlli sono fatti una volta allanno da enti di certificazione del ministero dellEconomia e consistono principalmente nella raccolta di prove di ci che cresce nel campo e nel controllo dei magazzini per verificare la presenza di prodotti chimici. Ogni azienda deve anche preparare un programma annuale di produzione e tenere in modo obbligatorio un registro delle lavorazioni. Qui nelle Marche e in provincia siamo molto controllati, continua Weissang - se ci sono prodotti finto biologici la colpa probabilmente di enti di certificazione compiacenti o contadini che producono sia prodotti convenzionali che biologici e falsificano i registri. Insomma, attenzione: anche il biologico pu essere corrotto. (L.M.)

il Ducato

La novit il pascolo semiestensivo: met sul prato e met nella stalla

Pecore in libert vigilata


Il latte ovino indispensabile per la casciotta. Gli allevatori si lamentano: Ci sono troppi lupi e aggressivi
FRANCESCO CREAZZO FEDERICA SALVATI
allevatori della zona e fornirlo alla Trevalli Cooperlat per produrre lunico prodotto caseario Dop delle Marche: la Casciotta dUrbino. La mia cooperativa raccoglie il nostro latte insieme a quello di altri allevatori della zona continua Luciano Fadda riusciamo ad inviare in un anno circa un milione di litri di latte ovino e un milione di litri di latte bovino (la casciotta si ottiene mescolando i due latti in proporzioni del 70% ovino e 30% vaccino). Gli allevatori di pecore da latte, secondo lassociazione allevatori della provincia di Pesaro Urbino, sono solo 8. Ce ne saranno senzaltro altri che non si registrano, dopotutto far parte dellassociazione importante solo per il pedigree degli animali. Non possono fornire molti altri aiuti per via della vastit del territorio e del fatto che gli allevamenti sono molto distanti tra loro, conclude Fadda. Continuando a leggere i dati forniti dallassociazione (che ha sede a Fano) si scopre che il maggior numero di allevamenti nella provincia di bovini da carne di razza marchigiana (ne contano 235) e al secondo posto si trovano gli allevamenti degli equini (ce ne sono 67). Gli allevamenti di ovini da carne sono 21 mentre solo 3 aziende allevano bovini da latte. Ma il settore dellallevamento in crisi? S e no. No perch soltanto le attivit iscritte allassociazione sono ben 344. S p e rc h , s e c o n d o D a v i d e Caimmi, presidente dellassociazione allevatori la crisi ha fatto scendere i costi dei prodotti finiti del 20%, che a sua volta ha determinato una grossa riduzione per il reddito degli allevatori.

veglia alle quattro e mezzo del mattino. Niente colazione, si scende ai capannoni dove le pecore aspettano di essere munte. Si portano fuori a pascolare per qualche ora e, nel frattempo, si cambia la paglia della lettiera, si aggiunge fieno nei vasconi e poi si riportano dentro le bestie. Alle otto, finita la prima tranche di lavoro, la colazione. Da quarantanni la giornata di Mario e Luciano Fadda, due allevatori della zona, comincia cos. Lo facciamo da una vita spiega Luciano, il pi grande dei due ma se guardassimo al guadagno oggi non lo faremmo pi. Con il prezzo del latte bloccato da cinque anni riusciamo a malapena a rientrare con i costi. Se le loro pecore potessero parlare, invece, direbbero:Viva la semilibert!. Non solo i Fadda ma quasi tutti gli allevatori della zona tengono il bestiame in regime di libert vigilata (il cosiddetto allevamento semi-estensivo): niente gabbioni inumani, nessuna distesa sconfinata di animali depressi ma neanche bucoliche scene di pascoli incontaminati sui quali candidi agnellini brucano lerba verde. Circa unora al giorno di pascolo libero e il restante tempo allinterno dei capannoni: questo il sistema pi utilizzato. Ma perch? Innanzitutto, la terra dei duchi - intesa come terreno - non di grande qualit. Quando piove impossibile portare gli animali fuori dalla stalla - spiega la moglie di Luciano Fadda - se la terra bagnata, essendo di composizione argillosa, diventa subito fango, e gli animali con le zampe la rovinano togliendole i nutrienti. Ma c un problema pi inquietante e molto pi recente: Da qualche anno i boschi si sono riempiti di lupi che attaccano i nostri animali, ha raccontato Luciano. Le stime delle associazioni animaliste non corrispondono alla realt, i lupi sono molti di pi di quanto loro dicano: lanno scorso in una notte sola mi hanno ucciso tre pecore. Unaltra notte, addirittura, ho avuto un incontro ravvicinato con uno di loro. E secondo Luciano, molti dei lupi che infestano i boschi e le campagne non sarebbero nemmeno autoctoni: Il lupo italico una bestia di circa 25-30 chili. Ho racconti di colleghi allevatori che ne hanno visti anche di 60 chili, uno addirittura ha attaccato un vitello da un quintale e lha trascinato via. Non sono specie del nostro territorio, sono originarie del nord e dellest europeo. Luciano Fadda anche presidente della Cooperativa del Petriano, una cooperativa nata per raccogliere il latte degli

Selezionatissima, la lana del camelide preziosa. E rende

Alpaca, dalle Ande agli Appennini


E
se si potessero allevare animali che danno una lana pregiatissima a costi relativamente contenuti? Noemi Gambini ci riuscita, ha avuto lidea due anni fa e sta avviando unazienda che potrebbe diventare presto il suo unico - e remunerativo - lavoro. Sudamericani dal carattere dolce e socievole e pettinati come popstar anni 80, anche se con capelli che valgono tanto oro quanto pesano, gli alpaca, camelidi di origine andina, abitano anche un pezzetto di terra del Montefeltro. Noemi li alleva appena fuori da Urbino e ne ha 29, compresi quelli che stanno per nascere nellallevamento (7 cuccioli, attesi per fine mese) e quelli che ha comprato - per cifre considerevoli - da Belgio e Australia in allevamenti specializzati e altamente qualificati per la selezione dei capi migliori. Ogni animale ha il pedigree di un cavallo da corsa, in virt della qualit della sua lana - il cui spessore misurato addirittura in micron - e del suo colore. Un business redditizio, quello degli alpaca, anche se la giovanissima imprenditrice urbinate (26 anni) lamentava, in un vecchio servizio del Ducato, la difficolt a inserirsi nel mercato a causa dellisolamento e degli scarsi quantitativi di lana prodotta. Un problema in parte risolto perch - racconta - assieme agli altri allevatori di alpaca italiani stiamo formando un consorzio che ci consentir di fornire alle aziende che cardano la lana per noi dei quantitativi pi alti di materiale, in modo da abbassare il prezzo della lavorazione. Lobiettivo di Noemi allargare il gregge fino ad arrivare ad almeno 50 capi - preferibilmente di colore grigio, il pi raro - e avviare il consorzio in maniera tale che, dopo la filatura della lana, possa affidarla ad artigiani per realizzare prodotti gi finiti come costosi ma comodissimi calzini in alpaca. Un paio di pedalini realizzati con questo pregiato materiale pu costare da 20 euro in su, un maglione dai 300 ai 600 a meno che non sia di un brand celebre, cosa che farebbe lievitare ancora di pi il costo. Niente male per un piccolo cammello venuto dai monti peruviani. (F.C.)

LALLEVAMENTO

Pierluigi Nieddu fotografato nella sua tenuta a Pieve di Cagna

Storia di Pierluigi Nieddu, allevatore sardo, montefeltrino dal 1988

La fortuna del buon pastore


Trenta ettari, un gregge, vendita diretta dei prodotti caseari. E un segreto: 18 ore di lavoro al giorno
GIOVANNA OLITA
illagrande Strisaili un piccolo paese dellOgliastra (poco pi di 3.000 abitanti), circondato dai monti, che si affaccia sul mar Tirreno. Da qui comincia la storia di Pierluigi Nieddu, un pastore sardo che da 25 anni vive e lavora a Pieve di Cagna. Prima di stabilizzarsi nel Montefeltro, dal 1976, anno in cui ha lasciato la sua isola per cercare fortuna altrove, il signor Nieddu ha lavorato a Castrocaro Terme, un anno in Valle dAosta, cinque anni a Fiorenzuola, per qualche tempo a Monteore Conca per poi fermarsi a Pieve di Cagna dove, dal 1988, lavora e vive assieme alla moglie e alle glie di 15 e 17 anni. Una casa e una stalla che si affacciano su circa 30 ettari di terreno di loro propriet. Uno spettacolo della natura capace di far dimenticare gli straordinari paesaggi della Sardegna. O almeno questo quello che prova il signor Nieddu che ama talmente tanto il suo lavoro e la sua terra adottiva da aver riutato anni fa un miliardo delle vecchie lire (il triplo rispetto a quando l aveva acquistato) per vendere tutta la propriet. Oggi solo il terreno vale 10 mila euro allettaro ma il signor Nieddu e le due glie non hanno nessuna intenzione di lasciare la loro casa e la loro attivit. Di diverso parere la moglie, Carla Piroddi: Il riuto psicologico di restare qui mi ha fatto esplodere un sacco di allergie. E lei stessa poi per a sottolineare il fatto che sarebbe impensabile aprire oggi una nuova attivit pastorizia in Sardegna. Il lavoro qui non nisce mai dice signor Nieddu la mattina inizio a lavorare alle 6 e nisco a

mezzanotte. Lattivit comincia presto: la mattina porta il gregge a pascolare, alle 9 poi o va al mercatino ad Urbino (il marted, il gioved e il sabato) oppure vende porta a porta a Pieve di Cagna o a Urbania. Tornando dal mercatino passa per Gadana e altri paesi limitro dove offre i prodotti ad alcuni clienti abituali. Una volta tornato a casa, verso le 15 si concede un riposino di mezzora per poi riprendere a lavorare. La sera deve mungere le pecore e fare il formaggio. A tutti questi compiti si aggiungono i vaccini e gli altri

controlli ai quali sottoporre gli animali (oltre alle pecore ha anche un po di maiali) e la tosatura che per viene afdata ai tosini. Tutto questo lavoro diminuisce soltanto in autunno, nei mesi tra settembre e novembre, quando le pecore sono gravide. Ma perch andare via dalla Sardegna, terra madre della pastorizia? In Sardegna c troppa concorrenza, a Villagrande ad esempio c un vastissimo terreno comunale e chiunque pu fare il pastore perch non c bisogno di acquistare un terreno. Inoltre qui

nel Montefeltro si vende molto meglio la merce. La concorrenza non si sente anche perch il signor Nieddu produce e vende ai privati principalmente ricotta e formaggi non pastorizzati. Le grosse aziende invece pastorizzano e vendono il prodotto a supermercati e negozi. I grossi produttori ci vogliono mandare via dice la signora Piroddi mentre i cittadini di Urbino ci sono fedeli anche perch vogliono cose genuine. Per accontentare tutti i clienti il signor Nieddu lavora talmente

tanto che non riesce neanche a prendersi una vacanza per tornare nel suo paese dorigine. Mentre la moglie e le glie generalmente riescono ad andare almeno per una settimana allanno in Sardegna, da diversi anni lallevatore non riesce a prendersi una pausa: Da quattro anni non vado in Sardegna, quando facevo il pastore l non apprezzavo il paesaggio, pensavo solo a lavorare. Ora tornando sembra tutto un altro mondo, riesco ad ammirare perno i sassi e mi vien voglia di rubarli con lo sguardo.

Tolosa, inglesine, australorps: a Gadana c unarca di No

Quel favoloso mondo di Tino


U
n montone, due pecore, alberi in ore e campi coltivati: la campagna in tutte le sue forme. Ma dietro a quello che si vede, esistono dei mondi fatati, nascosti, inimmaginabili. Quello del signor Tino uno di questi. Lui esce di casa: sguardo vispo, sorriso sulle labbra e sigaretta tra le dita. Venite con me, vi porto a conoscere i miei animali!. Scortato da Frida, un piccolo cane grigio, cammina no al retro della sua villetta: ci sono due laghetti articiali e quattro cigni bianchissimi. Che belli, lei appassionato di cigni?. La mia passione sono i volatili, ne ho pi di 600 di tutte le specie del mondo, risponde. E dove li tiene? Qua!. Indica con le dita, ormai quasi bruciate dalla sigaretta, tutto il parco intorno alla casa: adendrocigni, oche barrate, codoni delle Bahamas, peposarche, inglesine, piccioni texani rossi, fagiani orecchiutie lelenco potrebbe continuare. Una voliera a cielo aperto in piena campagna, un vero e proprio paradiso infangato. Un mondo fatto di gabbie, molto grandi, rustiche e ordinate, con i galli padovani che camminano liberi e le enormi oche tolosa che si abbeverano quasi senza accorgersi degli ospiti. Ci ho messo 32 anni per costruire tutto questo, la passione della mia vita, confessa il signor Tino. Io non vendo n uccido gli animali, li allevo per passione. E mi riconoscono tutti: chi crede che gli uccelli siano animali stupidi si sbaglia di grosso. Anche lui li riconosce tutti: spiega nel dettaglio le differenze tra le specie, a volte distinte solo dal colore del piumaggio o da un ciuffo ribelle sul capo. Il signor Tino possiede una coppia di uccelli per ogni specie e mentre le mamme chiocce se ne stanno rinchiuse nei loro nidi appositamente costruiti (covano le loro uova, ma potrebbero covare le uova di qualsiasi altra razza), i pap difendono il territorio: stanno vigili sulla zampa di guerra e intimano di non avvicinarsi con tanto di linguaccia fuori dal becco. Intimano gli estranei ma non il signor Tino, che con i suoi volatili ha un legame speciale: Quando il pavone fa la ruota (di pavoni ne ha 10, quasi tutti nati nella sua tenuta) io mi posso avvicinare pizzicargli le piume, lui resta tranquillo, non si muove di un centimetro!. Proviamo ad avvicinarci noi per fare una foto: scappa a zampe levate. Alla ne del percorso tra le gabbie, un piccolo labirinto fatto di porte e piccoli cancelli, si arriva ad un campo aperto dove passeggia qualche gallina solitaria. E qui che cosa tiene? Qui vivono Gigetto e Camilla insieme al montone e alle pecore!: si avvicinano calmi, quasi emmatici, due piccoli asinelli, buoni al punto di chiedere carezze come due cani affettuosi. Ho preso questi due asinelli 3 anni faconsiderando che vivono circa 20-30 anni, spero proprio di non doverli lasciare in eredit. Vedete il montone continua Tino sta sempre attaccato allasina Camilla perch geloso di Gigio!. Le dinamiche della natura sono sorprendenti e molto pi divertenti della realt umana: gli animali non si accorgono delle differenze tra le razze. (F.S.)

il Ducato

Pi della met della provincia di Pesaro e Urbino ancora coperta di boschi

Alla ricerca della Belladonna


Allombra delle querce, ori, frutti, bacche e piante ofcinali. In certe zone, la raccolta regolamentata
MARTA CIONCOLONI STEFANO CIARDI
presenza di piccoli frutti commestibili. Se si ha occhio, pazienza e un po di fortuna, da una passeggiata nella campagna possibile tornare a casa con lamponi, fragole, cornioli, ribes alpino, olivello spinoso, sorbole e il tasso, di cui per commestibile solo la polpa mentre il seme altamente tossico. Limportante essere sicuri di conoscerne bene le caratteristiche, perch spesso sono poche le differenze con quelli tossici come la Belladonna, la Brionia, lEbbio e la Similax Aspera, in arte Stracciabraghe, anche queste molto diffuse.Quello che si rischia non sempre la lieve intossicazione, basti pensare che tre o quattro bacche di belladonna sono letali anche per un uomo adulto. Un ore molto comune nel territorio lAnemone Hortensis, il cui nome deriva dal greco anemos, vento. Questo sostantivo discende da una credenza risalente ai tempi dellantica Grecia raccontata da Plinio il Vecchio (I sec. d. C.): Il ore si apre solo quando sofa il vento. Si riproduce con facilit nei giardini, nei pascoli e negli uliveti, il suo stelo pu arrivare no a trentacinque centimetri e i suoi petali sono di colore viola. Tra le piante pi conosciute nelle Marche c sicuramente il Tarassaco ofcinale, una pianta erbacea perenne tipica nei climi temperati, che predilige gli spazi aperti e soleggiati. Il Tarassaco conosciuto n dallantichit con molti nomi, ognuno con una sua spiegazione relativa alla forma o alluso della pianta: piscialetto per le virt diuretiche, dente di leone per la forma dentata delle foglie, sofone per la caratteristica dei suoi semi volatili, ma anche lattuga di cane, cicoria selvatica, orino doro e corona di monaco. La maggior parte della gente considera il Tarassaco come unerbaccia infestante e poco attraente, ma da sempre sono note le sue virt e il suo uso nella medicina popolare. Ha propriet depurative, diuretiche, toniche, lassative, stimolanti dellappetito, digestive e fortemente antiossidanti.

i della met del territorio del pesareseurbinate ricoperto da boschi che sono composti principalmente da quattro specie di alberi: la roverella, il cerro, gli ornielli e i carpini neri. Tutte tipologie di querce che prediligono i terreni calcarei. Bosco, tuttavia, non il termine pi appropriato - come ci ha spiegato Silvano Elisei, dottore in scienze forestali e dipendente di Assam, lagenzia per i servizi agroalimentari delle Marche - il termine giusto macchia, ovvero un tipo di vegetazione che possibile tagliare solo ogni ventanni per permettere il naturale rinnovamento dellhumus del suolo. Elisei ci racconta che quando questo non stato rispettato si vericato un veloce processo di afnamento del terreno che ha portato in supercie la roccia e, di conseguenza, ha reso arida la terra. In questi casi, oltre che per lequilibrio faunistico e oristico dellambiente, il rischio grande anche quello delle frane. Un esempio di queste parti la zona delle Cesane, distrutta dalledilizia sfrenata e, in parte interessata dai lavori per la costruzione della linea ferroviaria di collegamento tra Orte e Falconara. Attualmente foresta demaniale e la presenza di pini, una specie non autoctona ma facilmente adattabile ai tipi di ambiente pi svariati, il segno inconfondibile dellintervento delluomo che li ha reimpiantati per fare iniziare un nuovo meccanismo naturale di rinnovamento e stimolare la ricrescita delle specie autoctone. Le operazioni di rimboschimento sono iniziate pi o meno nel 1918 e hanno dato i loro frutti, tant che allombra dei pini delle Cesane stanno tornando a crescere i carpini, gli ornielli e le roverelle. La ora del sottobosco e delle rupi della provincia di Pesaro e Urbino caratterizzata anche dalla

Uno sfondo delle Cesane

FUNGHI
Tutti hanno presenti le casette dei puf, i tipici funghetti rossi a pois bianchi. Sono appartamenti carini, ma hanno il difetto di essere velenosi e allucinogeni. Molto diffusa, lamanita muscaria, il fungo di Biancaneve, facile da riconoscere: il cappello ha un diametro fra gli 8 ai 20 cm., il colore va dal vermiglio al rosso acceso, a volte giallastro, con verruche bianche. Si racconta che i Vichinghi si eccitassero con un infuso di questi funghi. Pare che queste popolazioni assieme al fungo bevessero lurina, per ridurre il contenuto tossico e salvare i principi attivi psichedelici.

TARTUFI
Mezzo fungo e mezzo tubero, il tartufo denito fungo ipogeo, che si sviluppa sotto terra. Questa prelibatezza, di cui ricca tutta la provincia, pu sopravvivere solo in simbiosi con altre piante e lo fa insinuandosi tra le loro radici e sfruttandole per nutrirsi. Si forma cos una unit biologica chiamata micorriza. La micorrizazione riprodotta in serra e a SantAngelo in Vado c il Vivaio Forestale Regionale Valmetauro, un centro sperimentale dove possibile acquistare piccole piante, come Cerro, Nocciolo e Leccio, micorrizate in laboratorio per indurre la nascita dei tartu.

LA FLORA

Specie provenienti da tutto il mondo racchiuse nellOrto Botanico di Urbino

Piccolo angolo di paradiso


Le piante ofcinali del Medioevo vivono insieme alle insettivore della California e ai ori del Madagascar

n piccolo Eden nascosto nel centro citt si sta preparando a fiorire con lestate: lOrto Botanico di Urbino, che ospita circa 2300 variet di piante, racchiude la flora autoctona delle Marche e alcune collezioni di piante esotiche, tra le quali una selezione di piante carnivore native dellAmerica. In origine, prima delledificazione dellOrto Botanico, esisteva un giardino di propriet del convento di San Francesco. Con la caduta del Regno Pontificio, il giardino pass al Comune e fu affidato alle cure del professor De Brigoli. Al progetto di costituire un orto botanico partecip anche il conte Giovanni Scopoli, direttore generale del Regno Italico e appassionato di scienze botaniche. Dopo alcuni passaggi di propriet dovuti ai tumulti politici del Risorgimento, lOrto Botanico fu definitivamente affidato alluniversit Carlo Bo e annesso alla Facolt di Scienze Chimiche, Fisiche e Naturali. Nella terrazza principale dellOrto Botanico, chiamata Orto dei semplici, crescono piante officinali usate gi dai monaci del medioevo per curare i malati. I frati usavano rimedi semplici, medicamenti ricavati dalla natura, come la Malva Silvestris, pianta molto utile in caso di infiammazioni intestinali e cutanee. Oppure si usava la Calendula Officinalis, fiore molto comune nella zona delle Cesane, utile per i suoi principi attivi dal potere cicatrizzante e disinfettante nelle ferite del cavo orale. Unaltra pianta tuttora molto usata il Ruscus Aculeatus, ottimo nei casi di fragilit capillare e molto diffuso a Urbino. Insieme alle piante semplici, nellOrto Botanico, trovano spazio anche piante esotiche come la Cycas Circinalis, piccola palma originaria del Madacascar e la Dionaea Muscipula (chiamata anche Venere Insettivora) pianta carnivora della California. Il 16 e 17 Maggio, la professores-

sa Giovanna Giomaro, responsabile dellOrto, ha organizzato due giorni di esperienze didattiche in cui saranno coinvolti i bambini delle scuole elementari e gli studenti di Scienze della formazione primaria. Gli Orti botanici sono strumenti di divulgazione scientifica, dice la professoressa Giomaro. E continua: lo scopo di questi incontri insegnare ai futuri maestri come usare la botanica a scopo didattico. Gioved 16 verr tenuta una lezione per spiegare la struttura interna del fiore e il meccanismo di funzionamento delle foglie. I bambini delle elementari saranno anche coinvolti nelluso di microscopi speciali in grado di dare una visione tridimensionale dellepidermide delle foglie. Venerd 17, invece, si insegner ai ragaz-

zi come costruire un erbario: una struttura dedicata alla raccolta completa e sistematica delle specie floreali di una determinata zona. Ogni pianta ha il suo giusto posto, dice un giardiniere esperto che lavora allOrto Botanico. Nella serra molto importante mettere le piante nella posizione migliore: troppa o poca luce possono causare la morte delle specie pi delicate; peccato che ha curare lorto siamo solo in due. Il problema del giardino botanico proprio la mancanza di personale: luniversit non ha pi soldi da destinare al piccolo paradiso cittadino. Per questo motivo si reso necessario cominciare a far pagare un biglietto da un euro a persona, tranne ai ragazzi sotto i quattordici anni. (S.C.)

Lingresso dellOrto Botanico

Un paesaggio aspro e antico: merita una deviazione

Etrusco e selvaggio: il Furlo


L
a Gola del Furlo un gioiello paesaggistico incastonato fra il monte Pietralata e il Paganuccio, forgiato milioni di anni fa dalla forza erosiva del ume Candigliano. Gli etruschi furono i primi ad apprezzare la ricchezza delle sue risorse naturali e ne rimasero talmente affascinati da venerarla come espressione del fascino di Turan, la dea della bellezza. Ne intuirono poi le potenzialit strategiche di via di comunicazione, commerciale e militare, e a colpi daceto, acqua, fuoco e scalpello forarono il macigno che ne ostruiva il passaggio durante le piene del ume, creando la prima galleria. Riserva naturale dello Stato dal 2001, la Gola del Furlo un variegato vivaio naturale dove la ora pi diffusa in tutto il territorio convive fusto a fusto con le specie pi rare e particolari. Per la maggior parte dellanno le grigie pareti rocciose che cadono a strapiombo no al Candigliano sono decorate dalle piccole felci rupicole, come lasplenio grazioso e la gramigna dellAppennino. Quando tempo di oritura, si tingono dei toni indaco dei ori del giacinto dal pennacchio e della campanula di Tanfani, pianta esclusivamente italiana che cresce spontanea solo in alcune regioni del centro. Poi c il bianco dei orellini del lilioasfodelo maggiore e della rarissima Moehringia papulosa, introvabile in qualsiasi altra parte del mondo. I pini neri, i cedri e i cipressi del monte Pietralata non sono gli abitanti originari dei suoi versanti, gli alberi autoctoni si possono ammirare solo se si rivolge lo sguardo verso il Paganuccio. Qui i querceti la fanno da padroni con aceri, ornielli, carpino nero e roverella, famosa per la forte resistenza al passaggio del fuoco. Qua e l si ergono i sorbi, i cui frutti rossastri, oltre a essere apprezzati per le propriet curative, possono essere trasformati in sidro, liquori, confetture e salse. Altro albero particolare il bagolaro, conosciuto come lo spaccasassi per le radici che vincono in forza anche le rocce pi dure, inoltre utilizzato spesso in alberature stradali e parchi cittadini per la sua resistenza allo smog.Completano il quadro il corbezzolo, la llirea, lo smilace e il laurotino, insieme ad altre specie diffuse un po in tutta la regione. Ai piedi degli alti fusti anche le piante erbacee del Furlo si fanno notare per colori e particolarit: dalle dentarie, alla festuca altissima, passando per la rarissima meringia e per i bucaneve, dalletimologia del nome scientico bianchi come il latte e meglio conosciuti come stelle alpine. Poi ci sono le varie specie di orchidee spontanee, di cui le pi diffuse sono la bianca orchidea romana e lorchidea minore, che pu avere i colori pi svariati. Tra le pi rare sono da rammentare il miglio verdolino, la trabbia maggiore e la carice mediterranea. Un equilibrio di ori, alberi e cespugli che conferisce alla Gola del Furlo unatmosfera quasi mistica che rimasta intatta per centinaia di anni, anche se dopo il massimo splendore in epoca etrusca e poi romana, questi luoghi caddero in disuso. Da teatro degli scontri tra Goti e Bizantini, con lavvento dei Montefeltro la gola divenne covo di briganti e banditi, che trovarono rifugio tra le sue inaccessibili rupi. Il processo di bonica e riqualicazione inizi solo a ne Settecento, a opera dei francesi dopo lannessione allo Stato Ponticio. (M.C.)

il Ducato

Per salvare un anbio unico al mondo, costruito un sottopassaggio stradale

La strada per la salamandrina


I boschi sono ancora popolati di animali rari. Ma la sopravvivenza garantita solo da attenzione e rispetto
ILARIA BETTI
ivono nascosti nei boschi. Loro ci evitano e noi li temiamo. Ma sono i nostri vicini. Lupi, aquile, istrici e falchi sono solo alcuni degli animali che hanno trovato nel nostro territorio il loro ambiente ideale. Un habitat che andrebbe costantemente tutelato per evitare che queste specie finiscano nel registro di quelle in via destinzione. La provincia di Pesaro e Urbino molto ricca dal punto di vista faunistico e la fauna concentrata soprattutto sul Monte Nerone, i Monti del Furlo e della Cesana. Daini e caprioli corrono su queste distese erbose e sono ampiamente diffusi come i ricci, i tassi, le lepri e le volpi. Difficili da vedere, perch attivi soprattutto di notte, sono faine e donnole, insieme ai pipistrelli. Ce n uno in particolare, il rinolofo, considerato in tutta Europa una specie in pericolo, che sopravvive nelle grotte del Monte Nerone e del Monte Catria. Difficile osservare gufi, allocchi e altri uccelli notturni, ma entrando di giorno in un bosco della zona non raro ascoltare il tamburellare del picchio rosso o il verso simile ad una risata del picchio verde. Oltre a queste specie, per, ce ne sono altre che meritano particolare attenzione e che lUE ci chiede di tutelare. Una di queste laquila reale, specie protetta, inserita nella lista degli Uccelli delle Marche sotto la dicitura in pericolo. Vive nella Gola del Furlo e sembra ne siano rimaste tre coppie. Nella lista rossa dei vertebrati italiani come specie vulnerabile finiscono, invece, il gatto selvatico, localizzato a Sud di Bocca Trabaria e il lupo. La caccia indiscriminata, tra il 65 e il 75, aveva portato la specie ad estinguersi nellAppennino umbro-marchigiano ma oggi, a seguito di un naturale ripopolamento, il lupo tornato a vivere nei Monti del Furlo, della Cesana e nella zona di Bocca Trabaria. Per sfamarsi durante gli inverni nevosi si spinge a valle, arrivando fino alle porte di Urbino. Niente paura, per: fin da piccoli ci hanno insegnato a temerlo ma il lupo non pericoloso per luomo. Anzi, vicino ai centri abitati proprio questo animale a correre rischi. La gente lo vede come un nemico e tende ad ucciderlo. Gli allevatori lo incolpano di razzie nei pollai e nel gregge, quando, invece, i killer sono le volpi e le faine. Il lupo, al contrario, fondamentale per ecosistema della regione: un predatore s ma indispensabile al mantenimento della biodiversit. Le associazioni ambientaliste organizzano campagne per la sua tutela come fa il Cras (Centro Recupero Animali Selvatici) per daini, caprioli e cerbiatti. Una campagna di sensibilizzazione riuscita , invece, quella che stata fatta per la tutela della Salamandrina dagli Occhiali. Vive sul Monte Nerone, nei fossi dellAppennino e in nessuna altra parte del mondo. Un minuscolo esserino lungo appena 10 cm che sopravvive da milioni di anni ma che da circa un secolo inserito nella lista delle specie in via destinzione. Lhabitat in cui vivono questi piccoli anfibi (boschi rigogliosi, ambiente umido e sorgenti dove lacqua non smette mai di scorrere) stato modificato e non riescono a risalire il torrente se non passando per la strada provinciale 82 di Rocca Leonella. E proprio l che spesso muoiono schiacciate dalle automobili. Lassociazione ambientalista Lupus in fabula ha presentato il progetto di tutela della specie allUnione europea, che in base alla Direttiva Habitat del 1997, ha erogato un finanziamento di 7.000 euro per la costruzione di un sottopassaggio per salamandrine con una grata e un ingresso permanente, affinch gli anfibi riescano a raggiungere il torrente senza rischiare la vita. La Provincia ogni anno dona 1000 euro per il monitoraggio e la realizzazione di barriere che guidino gli animali al sottopassaggio. Il sistema efficiente: la mortalit scesa da 40 a 5 esemplari lanno. Uno sforzo che ha dato i suoi risultati e che dovrebbe essere tentato anche per altre specie animali. Perch per proteggere i nostri vicini necessario fare prima di tutto una cosa: tutelare il loro habitat.

Solo quelli di mezza et imbracciano il fucile

FIOCCO ROSA AL FURLO

Il declino del cacciatore


S
pari nella notte, a pochi metri da casa. E pensare che molti avevano abbandonato la citt per starsene tranquilli in campagna. La caccia nella provincia Pesaro Urbino sembra essere un problema non solo per gli animali, ma anche per le persone. Negli ultimi anni aumentato il numero di cittadini che si sono trasferiti in zone periferiche, spesso meta di cacciatori - afferma Andrea Pellegrini, fondatore dellassociazione ambientalista Lupus in fabula- e le regole prevedono che un cacciatore debba rimanere ad almeno 100 metri dalle case e debba sparare non prima di 150 metri dalle stesse. Ma la gente non tranquilla e ci chiede aiuto. Nonostante questo sport sia ormai regolato da rigide regole (la stagione venatoria si apre solo in determinati periodi dellanno e per determinate specie animali), le associazioni ambientaliste sono convinte che la caccia in alcune aree non si chiuda mai. Spesso per a sparare non sono i cacciatori con regolare patentino ma i bracconieri. Anche in questa zona - afferma Andrea Pellegrini - il bracconaggio un problema enorme. Il pi diffuso quello che usa le trappole. In ogni sopralluogo della Lupus in Fabula ne troviamo qualcuna. Sono stati rinvenuti lacci anche in un parco di Urbino. Cacciatori senza licenza, i bracconieri cacciano nelle riserve, uccidono specie protette, spesso utilizzando metodi illegali come esplosivi, veleni e tagliole. Il loro numero stabile nella Provincia mentre sembra in diminuzione il numero dei cacciatori con tesserino. Secondo i dati di LAC Marche (Lega per labolizione della caccia), se nel 1992 i cacciatori erano 46.799, oggi sono meno della met. In costante aumento anche let media: pi dell80% di chi pratica questo sport ha pi di 50 anni mentre solo il 3% ha meno di 30 anni. Nonostante questi dati incoraggianti, Pesaro Urbino la provincia delle Marche con il maggior numero di cacciatori. Cosa fare allora per circoscrivere il problema della caccia? Le associazioni ambientaliste concordano nel dire che dovrebbero essere organizzate pi campagne di sensibilizzazione e prevista una maggiore vigilanza. E soprattutto dovrebbero essere creati pi spazi protetti. Le oasi ci sono ma sono poche denuncia Andrea Pellegrini nelle Marche i cacciatori hanno il 70% del territorio a loro disposizione per cacciare. Di questo solo il 30% protetto. Non basta. Da anni la Lupus in fabula chiede che anche le Cesane possano divenire riserva naturale, visto che ospitano specie protette come il lupo e il gatto selvatico e altri animali presenti nella riserva del Furlo: sarebbe un arricchimento per Urbino afferma Andrea Pellegrini - e un ottimo modo per scoraggiare i cacciatori. (I.B.)

Da cinquecento anni le aquile real vengono a deporre le uova nella riserva naturale della Gola del Furlo. In questo territorio ci sono tre nidi: uno storico, che si trova allinterno di una grotta ed molto difcile da vedere, uno nella Fonte dellOro e uno centrale. Proprio in questo nido, al centro della gola, sono nati due pulcini, o per meglio dire, due pulli. Il territorio permette la permanenza di una sola coppia di aquile dal momento che larea d caccia si estende dagli Appennini no al mare. Con lavvento della riserva la presenza di rapaci si consolidata e dal 2006 possibile osservare il nido di questi esemplari direttamente dal centro visite della riserva con una telecamera che si trova sul versante opposto della valle.

LA FAUNA
Nelle immagini, partendo dallalto in senso orario: il barbagianni, il riccio, il gatto selvatico, il lupo e il cerbiatto. Al centro, una tartaruga di terra centenaria. In basso, un falcone in attesa di essere lanciato.

Con i bambini in visita al Cras

Ma voi salvate anche gli animali molto feriti?

TEODORA STEFANELLI

E una noble art, ma gli animalisti contestano

Falconieri da 3000 anni


T
anto amata dagli appassionati di rievocazioni medievali, quanto criticata dalle associazioni ambientaliste, la falconeria un modo complesso di cacciare, allevando e addestrando falchi, gu, aquile e altri rapaci. Questarte venatoria parte da un passato remoto, per la precisione dagli Assiri dellVIII secolo a.C. e arriva in Europa allepoca delle invasioni barbariche, raggiungendo il culmine della popolarit nel Medioevo, fra i sovrani e gli aristocratici, tant che Enrico I di Sassonia fu rinominato luccellatore per la sua passione di cacciare con il falcone. Oggi, grazie anche alle numerose ere e ai palii spuntati qua e l per lItalia, la parte ludica della falconeria si sta affermando sempre pi e cos, anche sulle colline urbinati, quattro anni fa, nata una scuola per aspiranti falconieri: la Girfalco. I corsi, di primo, secondo e terzo livello, partono dalla teoria, con la spiegazione delle leggi che regolano la falconeria in Italia, no alla pratica delle tecniche apprese. Gli insegnanti illustrano come accostarsi al falco per prenderlo sul pugno, come mettergli correttamente il cappuccio e quali sono i pericoli da evitare. Gli unici requisiti che bisogna possedere - si legge sul sito della scuola - sono passione, caparbiet e pazienza. Le stesse qualit che hanno portato la fondatrice della scuola, Catia Cappellato, a decidere di aprire questo centro: Ho visto i falchi per la prima volta a una era, e ne sono rimasta subito affascinata. Poi ho frequentato una scuola per falconieri, e alla ne ho deciso di aprirne una tutta mia. Tutte le informazioni per chi vuole iscriveri ai corsi sono nel sito internet della scuola di falconeria Girfalco. (T.S)

o e

di

uardare per una mattina il mondo degli animali con gli occhi dei bambini, ascoltare le loro domande curiose e intelligenti, accompagnati da una tartaruga bicentenaria e da due volontari con un amore infinito per la natura. Da qui parte il viaggio allinterno del Cras, il centro di recupero degli animali selvatici. Questo particolare pronto soccorso, dal 2009, si occupa della fauna selvatica, curandola e rimettendola in libert. Il centro, di competenza provinciale, rimuove anche le carcasse degli animali investiti dalle auto che, soprattutto destate, creano problemi igienici non indifferenti. Raccomandiamo dice Lambererto Feduzi, responsabile del Cras di Pesaro e Urbino - a chiunque trovi un animale selvatico ferito, di toccarlo il meno possibile. Per calmarlo bisognerebbe applicare un indumento davanti agli occhi, e poi aspettare il nostro arrivo. Sar poi il veterinario a giudicare la gravit delle lesioni. Uno dei bambini ha pronta una domanda: Che fine fanno gli animali tanto feriti? La risposta, cruda ma vera, che, se lanimale riporta lesioni gravissime verr abbattuto ma, in caso di sopravvivenza, lobiettivo del Cras quello di riabilitare gli animali, tutti, senza distinzione, dal pipistrello al lupo, purch siano selvatici. Gli uccelli recuperati, falchi pellegrini, poiane e gheppi, vengono messi prima nelle voliere pi piccole, poi in quelle pi grandi e, dopo aver attestato lo stato di buona salute, vengono finalmente liberati. Non assisto mai alla liberazione degli uccelli ammette Feduzi e non detto che lanimale riesca a volare. capitato che dopo qualche battito di ali, precipitasse pochi metri pi in l. il momento pi delicato, dopo la riabilitazione. Purtroppo, alcuni esemplari custoditi nel centro non potranno volare mai pi, e sono destinati a rimanere dietro le spesse reti delle voliere: In questo caso le escoria-

zioni sono troppo gravi e impediscono alle poiane e al falco di palude di spiccare il volo nei cieli del Montefeltro. Dal 2009 al 2012 il Cras ha recuperato pi di quattromila animali selvatici feriti, di cui quasi tremila mammiferi, come caprioli, cinghiali, daini, istrici, tassi e lupi. Millesettecento operazioni di recupero sono state praticate sugli uccelli, molti dei quali rapaci, soprattutto gheppi e poiane, ma anche, per esempio, su alcuni esemplari di germano reale, fagiano e airone cenerino. Una piccola parte dei recuperi viene fatta anche sui rettili. Nel 2011 il 3% del totale degli animali recuperati riguardava sette specie, tra cui la tartaruga palustre, la Scripta elegans, meglio conosciuta con il nome di tartaruga dalle orecchie rosse. E pensare che limportazione di questi esemplari, provenienti dalle valli del Mississipi e dellIllinois, vietata dalla Comunit Europea dal 2001. Le tartarughe dice Feduzi ci sono state date in custodia dal Cites, (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione n.r) perch messe sotto sequestro e confiscate. Se nel 2012 il Cras ha effettuato mille e trecento recuperi, fino a questanno si arrivati a mille e cinquecento. Ma quali animali sopravvivono di pi dopo essere stati recuperati? La percentuale pi alta nel 2011 ce lhanno i mammiferi, con l82% degli esemplari recuperati vivi e liberati. Poi viene il gruppo degli strigiformi come gufi, allocchi e barbagianni, con il 74% di sopravvivenza. Al terzo posto ci sono gli accipitriformi, e cio rapaci come aquile e falchi, con il 67% di successi. Al quarto posto vengono gli uccelli non rapaci, soprattutto gabbiani reali, rondoni comuni e merli, che arrivano al 60% di sopravvissuti. Infine ci sono i rettili, sopravvissuti nel 56% dei casi. No n o s t a n t e i nomi difficili,queste creature ammaliano da secoli chi le guarda e, per descrivere la loro bellezza ed eleganza, non servono di certo termini scientifici.

il Ducato

Il cemento ha spezzato antichi geoequilibri

Sorpresa: la regione pi franosa dItalia si chiama Marche


FRANCESCO MORRONE

rmai chiaro, le Marche sono la regione delle frane. Ad attribuirle linfelice primato stata la Coldiretti che, con i suoi dati, ha lanciato lallarme: le Marche sono la regione con il pi alto indice di franosit di tutto il Paese, quasi il 20% di tutta la superficie regionale a rischio frane. Il Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia), realizzato dallISPRA e dalle Province Autonome, ha fornito in questo senso un quadro tuttaltro che rassicurante. Linventario ha censito a oggi oltre 42.522 fenomeni franosi in tutta la Regione, 17 mila dei quali solo nel pesarese. In pratica, Pesaro e Urbino presentano, da sole, quasi la met dei fenomeni di dissesto idrogeologico di tutte le province marchigiane. La stagione autunnale appena trascorsa non stata certamente delle migliori, caratterizzata da precipitazioni ben al di sopra della media su tutto il territorio provinciale, con il mese di marzo che ha registrato il record di 21 giorni di pioggia su 31. Tale situazione ha favorito una forte saturazione del suolo, provocando numerosi dissesti su tutto il territorio provinciale e un generale innalzamento dei livelli dacqua e ci ha dato il via ai fenomeni di piena. In molti casi, ad accelerare il corso degli eventi, subentra anche lopera delluomo, colpevole di un consumo sconsiderato del suolo naturale. Le frane segnalate, infatti, si sono s verificate in seguito a precipitazioni abbondanti ma, comunque, mol-

ti degli smottamenti sono avvenuti durante giorni di pioggia scarsa o addirittura assente. Non a caso la Coldiretti ha accusato le istituzioni per la pessima gestione del suolo pubblico, affermando che sulle frane ha pesato la scomparsa di quasi 300mila ettari di terreni agricoli, di cui 55mila negli ultimi quattro anni. In pratica, un terzo dellintero territorio regionale che una volta era agricolo ha cambiato destinazione. Ma la causa di questi fenomeni, spesso, da ricercarsi anche nella particolare composizione dei vari tipi di sottosuolo.Dal punto di vista geologico, infatti, la nostra regione divisa da due zone piuttosto diverse tra loro come spiega il geologo Cesare Bisiccia nellintervista qui a fianco quella interna, pi stabile, caratterizzata da terreni rocciosi e calcarei, e quella pi vicina alla costa, maggiormente fragile perch composta da suolo a componente arenaria e argillosa. La seconda, per intenderci, quella del Colle Ardizio, interessato ormai da anni da fenomeni di dissesto che comportano crolli di pezzi di roccia che invadono pericolosamente le strade sottostanti. Lultimo smottamento, avvenuto a marzo, ha causato la chiusura al traffico della Statale Adriatica che collega Pesaro a Fano, provocando per quasi un mese lennesimo blocco della circolazione con enormi disagi per i pendolari. La frana dellArdizio, a onor del vero, un fenomeno conosciuto da decenni su cui, per, ci si trova ancora gravemente impreparati a intervenire nella fase demergenza. Il Pai

(Piano di assetto idrogeologico) denuncia gi dal 2004 la gravit della situazione afferma Enrico Gennari, presidente dellOrdine dei geologi delle Marche con rischio molto elevato R4 su tutto il versante, ma senza un adeguato sistema di monitoraggio non sar mai possibile mettere in sicurezza il territorio. Il vero nodo della questione, per, che mancano le risorse per la manutenzione delle strade, e in caso di eventi di questo tipo sempre difficile stabilire chi deve pagare. Il problema, in sostanza, legato ai vincoli del Patto di stabilit, quindi lo stato di emergenza chiesto dagli enti consentirebbe la deroga al Patto per il periodo concesso. Ma dallestate 2012, sulla gestione dello stato di emergenza, la normativa rispetto agli ultimi ventanni cambiata totalmente: adesso lo stato di emergenza viene concesso al massimo per novanta giorni ma non collegato alle risorse economiche, perci diventa ogni volta pi difficile trovare i fondi per le ricostruzioni. Per riaprire la statale sullArdizio abbiamo speso solo in questi giorni 700 mila euro afferma lassessore alla viabilit della Provincia Massimo Galuzzi - mentre negli ultimi dieci anni gli interventi di consolidamento in quella zona e in quella del S. Bartolo sono costati quasi 8 milioni di euro. Le risorse economiche sono quasi sempre insufficienti continua Galuzzi - e se non ci sar una politica mirata alla tutela del territorio sar dura riuscire ogni volta a trovare i fondi per intervenire.

Nellimmagine in alto lintervento dei Vigili del fuoco durante unemergenza frana. Qui sopra, la carta indica nei colori pi scuri il grado pi elevato di franosit del territorio nazionale, cos come risulta dagli studi dellIspra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Nel tondo il territorio del Montefeltro

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LAMBIENTE A RISCHIO

Ogni anno, umi e torrenti sono a rischio esondazione

Parla il geologo Bisiccia

Paura sulla corrente


La manutenzione dei ponti sul Metauro e sui corsi dacqua insufciente
MARIA GABRIELLA LANZA
i detriti sopra il ponte. Sono passati due mesi ma nessuno li ha ancora tolti. Intanto, i pali di protezione si sono completamente staccati e non stata messa nessuna rete di protezione. Neanche lantico ponte romano nel centro storico di Fermignano stato risparmiato. Ora il letto del fiume completamente sgombro, ma solo un mese fa un grande ammasso di tronchi e rami secchi si era accumulato sotto una delle arcate principali. I vigili del fuoco di Pesaro e Urbino, insieme al nucleo speciale alpino fluviale, sono dovuti intervenire a bordo di un gommone con corde, scale di legno e motoseghe per rimuovere i detriti. La stabilit stessa del ponte era a rischio e alcune pietre si erano staccate dalla base inferiore. Ora, tutto ripulito ma i danni non sono stati riparati. Il letto del fiume lungo i ponti del Muraglione, dei Romagnoli, di Petrella e dei tre di Urbania ora libero dai tronchi e detriti. La Provincia, dopo le nostre numerose richieste, finalmente intervenuta, afferma Alessandro Capucci. Dur a n t e l a n n o, p e r , l a manutenzione e la pulitura degli argini del Metauro viene fatta da gruppi di volontari, continua Capucci. Sono proprio loro, infatti, che armati di pazienza e buona volont puliscono periodicamente il fiume. Sulla maggior parte dei ponti, inoltre, le ringhiere non sono sicure. Con il passare degli anni - conclude Capucci - il ferro si arrugginito e le acque piovane hanno lentamente eroso la base inferiore. Andrebbero cambiate e messe delle protezioni nuove. Ma il rischio maggiore resta quello che il fiume possa esondare a causa dei detriti. Il continuo accumularsi dei tronchi sotto i ponti li pu ser iament e danneggiare. Un problema che per ora solo rimandato: al prossimo inverno, quando torner a piovere, lemergenza si ripresenter.

Marne, argille: una terra debole e molto instabile

ungo il fiume Metauro i tronchi e i rami secchi scorrono lentamente. La forza della corrente li trasporta a valle. Ed l, sotto ai ponti tra Fermignano, Urbania e Acqualagna che finiscono il loro lungo viaggio: una montagna di detriti che ostruisce il flusso dellacqua e mette a rischio la stabilit stessa dei ponti. Quando piove forte e il livello dellacqua sale, c il rischio esondazione, afferma Alessandro Capucci, vice referente della protezione civile di Fermignano. Dopo la piena di fine marzo, il letto del fiume stato ripulito solo in alcuni punti. Era da tre anni che non si faceva manutenzione, continua Capucci. Anni in cui i margini sono stati erosi, i detriti si sono accumulati e la struttura dei ponti stata compromessa. Sono tanti i ponti che solcano il Metauro: quello della stazione di Fermignano si trova nella zona pi bassa della valle, dove il rischio esondazione superiore. A pochi metri, sono stati costruiti un agriturismo e alcune abitazioni. Proprio l, si accumulata la quantit maggiore di detriti che arriva a sfiorare la parte alta del ponte. Una montagna di tronchi che la pressione del fiume spinge verso i piloni centrali. Stesso scenario sul ponte delle Piangole, tra Urbino e Fermignano. Qui, un grosso albero caduto nel letto del fiume ed rimasto in bilico sulla diga davanti al ponte. Fra poco, appena lacqua aumenter, lalbero scivoler gi e si scontrer contro i pilastri del ponte. Una barriera che ostacoler il passaggio dellacqua. Il piccolo ponte del Pianello che mette in collegamento la localit Verziere con la strada provinciale, invece, interamente coperto dalla legna. A marzo i livelli dellacqua si sono alzati a tal punto da portare

a provincia di Pesaro e Urbino un territorio fortemente franoso, serve un continuo controllo delle zone a rischio. A parlare Cesare Bisiccia, geologo che presta servizio volontario alla Protezione Civile di Fermignano e che conosce bene il territorio. Perch aumentano i rischi di frane? Le frane si vericano perch la forza peso del terreno supera la forza di resistenza. Questa diminuzione delle caratteristiche del terreno dovuta o alla presenza di troppo acqua o allattivit umana. La tipologie delle frane, poi, varia in base alla composizione del territorio. Urbino sorge su un terreno marnoso e arenaceo. La marna una roccia composta da argilla e calcare, larenaria, invece, si forma per la cementazione della sabbia. Quali sono le zone pi critiche nella provincia di Pesaro Urbino? A Urbino qualche hanno fa, c stata una frana nella zona di Santa Lucia, dove adesso stanno costruendo il centro commerciale e dove prima sorgeva un parcheggio. Il materiale franato lo aveva reso inagibile. Unaltra nota area quella del Sasso, dove si costruito senza pensare ai rischi. Per fortuna, questo tipo di frana scende lentamente: avvengono dei piccoli spostamenti del terreno che si notano con il tempo. Le persone che ci abitano se ne accorgono perch improvvisamente compaiono delle crepe sui muri di casa, ma con i giusti interventi si possono evitare danni seri. Frane come quella dellArdizio, nella zona tra Pesaro e Fano, sono invece improvvise. Proprio l passa la strada statale e la ferrovia adriatica. Una scelta sbagliata fatta tanti anni fa e che ora mette a rischio la sicurezza delle persone. Anche nella Gola del Furlo, dove corre la strada Flaminia, il terreno frana spesso. Dalla collina vengono gi blocchi di roccia ed molto pericoloso per le macchine che percorrono la via. Cosa si pu fare per prevenire i danni? Lungo lArdizio sono stati fatti degli interventi di chiodatura, sono stati messi dei cavi dacciaio e delle reti di protezione. Non semplice intervenire su tutta larea anche perch i costi sono alti e gli investimenti scarseggiano. Bisognerebbe prestare continua attenzione sia alle zone a rischio e sia a quelle che non sono considerate franose, ma che potrebbero diventarlo a causa dellazione delluomo. Si devono monitorare le inltrazioni nel sottosuolo e le erosioni ed evitare leccessivo taglio degli alberi. La vegetazione, infatti, assorbe lacqua in eccesso e trattiene il terreno. Il clima sta cambiando, sono sempre pi frequenti periodi di secca alternati a precipitazioni molto intense. Stiamo andando verso un clima desertico e questo favorisce il sorgere di frane. (M.G.L.)

Nella foto in alto, il ponte di Piangole, fra Urbino e Fermignano. Qui sopra, il ponte del Pianello ingombro di tronchi portati a valle dalle acque

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il Ducato

Nel 2011, certicata lidoneit al consumo. Ma gli urbinati scelgono la bottiglia

Acqua potabile? S, no, forse


Sul territorio, 5 potabilizzatori e sono afdabili. Per tutti ricordano la schiuma del Metauro a Urbania
SILVIA PASQUALOTTO ELISA TOMASSO
Urbino e dintorni lacqua del rubinetto la bevono in pochi. Ci accontentiamo di quello che passa il convento dicono, consapevoli che la loro acqua non buona ma potrebbe andargli peggio perch almeno lacqua c. Quando ero piccola, destate avevamo lacqua in casa solo per due ore al giorno. Io me lo ricordo bene. Ora non pi cos la situazione migliorata per io destate, onestamente, lacqua del rubinetto non la bevo, racconta Anna Maria Fabbri del dipartimento di prevenzione dellAsur Marche. Rischio siccit e problema della qualit dellacqua. Cos si potrebbe sintetizzare la situazione della rete idrica di Urbino e dintorni. Tutti i nostri umi sono a regime torrentizio racconta Stefano Gattoni dirigente del servizio 11 suolo e acque pubbliche per la provincia di Pesaro e Urbino - e questo signica abbastanza acqua dinverno e invece problemi destate, infatti negli ultimi sette anni abbiamo avuto quattro emergenze idriche estive. Continua:Il 70% dellacqua che beviamo proviene da risorse superciali e quindi soggette allandamento delle piogge. Nei periodi di siccit la qualit delle acque non buona perch aumentano i valori di inquinamento. Insomma chiaro che se necessario usare depuratori e potabilizzatori la qualit delle acque diminuisce. La storia dellacqua in questa zona corre sulle rive dei umi Metauro, Foglia e dei molti Absa che attraversano la provincia (acquisendo nomi diversi a seconda delle zone), e lungo le sorgenti e i drenaggi del monte Nerone, dei monti delle Cesane, del Furlo, di Montiego e del monte Carpegna. Da qui proviene lacqua che rifornisce normalmente gli acquedotti. Unacqua che per, negli anni, con la diminuzione delle piogge e il progressivo aumento della popolazione, non pi stata sufciente. Cos, per ovviare al problema, negli anni ottanta venne creato un sistema di potabilizzazione delle acque superciali dei umi. Per la zona di Urbino, nei periodi estivi quando il fabbisogno idrico aumenta, viene prelevata dellacqua aggiuntiva dagli invasi di San Lazzaro e Tavernelle sul Metauro. Questa viene potabilizzata e miscelata a quella dellacquedotto di Monte Nerone che rifornisce Urbino, Urbania, Fermignano e SantAngelo. Lacqua conforme ai parametri di legge, quindi bevibile dice Marche multiservizi che si occupa della gestione del servizio idrico integrato. E dice cos pure lAsur, responsabile del controllo e della tutela delle acque destinate al consumo umano, anche se, puntualizza la disinfezione comporta sempre il contatto con sostanze chimiche che lasciano tracce e alterazioni dellacqua. Alcuni composti del cloro, comunemente impiegati per tale scopo, determinano la formazione di sostanze dotate di una tossicit pi o meno elevata in funzione della loro natura e quantit, che si tende ovviamente a mantenere la pi bassa possibile e comunque entro i valori limite stabiliti dalla legge. Nel territorio controllato dallAsur ci sono 8 potabilizzatori di cui 5 attivi: Urbania (Pozzi Cioppi), Urbino (Ca Spadone, quasi mai attivo), Pole di Acqualagna (Invaso crivellini), Fermignano (San Silvestro), Sassocorvaro (Mercatale, non pi in uso), Macerata Feltria (Capriola), Mercatello (Pian Marzolino), Schieti di Urbino (Schieti, dal 2005 non pi in uso). Potabilizzare richiede strutture efcienti e costi elevati. Tanto pi lacqua sporca tanto pi il depuratore dovr essere potente per riqualicare e ottenere la certicazione di conformit. Nel 2011 (i dati del 2012 non sono ancora disponibili nel sito dellAsur) le analisi batteriologiche e chimiche hanno certicato lidoneit al consumo umano dellacqua in uscita da ogni potabilizzatore: eppure i cittadini preferiscono quella in bottiglia. Hanno sentito di quello che successo sul Metauro ad Urbania, della schiuma che usciva dal depuratore e della moria di pesci nellestate del 2012. LArpam dopo aver effettuato i controlli, certic che si trattava di inquinamento non particolarmente grave e tuttavia, nella relazione, scrisse anche che i parametri di ossigeno disciolto e azoto ammoniacale non risultano idonei alla vita dei pesci. I cittadini ascoltano, leggono, pagano lacqua ma non la bevono. A Trasanni, in zona Ca Seghetto, dove scorre lAbsa chiamato fosso urbinate, la gente assicura che a loro basta sentire la puzza che ogni tanto sale da l alla sera per farli desistere da usare lacqua pubblica. Poi c anche chi, candidamente, ammette che nellAbsa ci scarica proprio le acque reue. Di fossi e corsi dacqua naturali ad Urbino ce ne sono molti, come quello che scorre in zona Tortorina, allimbocco dei sentieri Molino del Braccone, Villa dellOrologio e Ca Staccolo. Sentieri che ormai coperti da alberi caduti e immondizia, vengono percorsi solo dai cercatori di tartu. Ci vanno con i cani ma spesso li tengono legati perch non si avvicinino allacqua, soprattutto nel ne settimana. Il sabato e la domenica vediamo uscire schiuma bianca, non sappiamo da dove provenga di preciso, ma qui sopra ci sono molti alberghi. Il umiciattolo nisce nel Foglia. Lacqua del Foglia nisce nel potabilizzatore e poi arriva nei vostri bicchieri. Vostri. Perch loro, assicurano, preferiscono quella in bottiglia.

Il silenzio di Asur e Marche Multiservizi

Ines, che convive con il giallo


C
una villetta al numero 1 di via dellOrologio di Sopra, la stradina che porta alla Torre dellOrologio, senza lancette, dove pare che il tempo si sia davvero fermato. Qui abitano i signori Mazzini, dal 62. E dal 2011 sono senza acqua potabile. Un giorno, mentre Ines stava lavando i panni nella vasca, si macchiarono tutti di giallo. Non solo i panni. Anche il bidet. Anche il water. Acqua sporca, allimprovviso. Subito una segnalazione allAsur, subito una segnalazione a Marche Multiservizi. Ines, lanziana signora Mazzini, con tutto il suo carico di anni e di fatica (ha due protesi allanca e cammina a stento) port lei stessa un campione dacqua al dipartimento di prevenzione. Da verbale, rmato dal tecnico Amatori Pasquale, lacqua risultava molto torbida. Dopodich, silenzio. Silenzio dallAsur, silenzio dalla Marche Multiservizi, se non fosse per quel piccolo e sporco ltro posto sul retro della casa, controllato lultima volta a settembre. E che non ha ovviato al problema. da tre anni che lacqua arriva cattiva, carica di ferro, giallognola, puzzolente di fogna - dice la signora Mazzini - Ambrogiani, il capo dellufcio del Sasso, ci allarm: Mi sa che si dovr fare un lavoro grosso. Ma questo lavoro, insieme alle origini di unacqua che continua ad arrivare sporca, a detta di Ines, non mai stato fatto. Intanto, Fernando, il signor Mazzini, qualche tempo fa ha avuto un ictus e ancora non si ripreso del tutto. Lo stesso Fernando va quasi ogni giorno a riempire le bottiglie dacqua dalla glia oppure le compra al supermercato. Soldi, tempo, fatica. Nei paraggi di questa villetta, sotto lorologio senza lancette, si parlava di un depuratore che non c. Ed saltata fuori questa storia. Alla Asur rispondono che si tratta di atti e procedimenti relativi a privati e che dunque i giornalisti non possono ccarci il naso. Forse il buon senso e il rispetto della legge avranno la meglio. Ines aspetta, tra le sue piante grasse e il suo dolore di una vita. Fernando lavoricchia l fuori, con le attrezzature della campagna. Forse, forse, un giorno qualcuno comune, Asur, Marche Multiservizi? Chiss - si accorger di loro. Cos, per caso. E porter un po di acqua potabile anche qui, in via dellOrologio n.1. (E.T. & S.P)

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LACQUA

Qui accanto, il depuratore del Sasso. In basso, il depuratore mai completato di Fosso Bracone. Nellaltra pagina, uno scorcio del Metauro

Aumenti dell8 per cento in un anno. Si paga la depurazione anche se non c

Leggendo la bolletta inquinata


Molti hanno chiesto gi i rimborsi, spesso inutilmente. A questo punto ci vorrebbe una class action

asta parlare con la gente che incontri per strada, bussare a qualche porta e guardare qualche bolletta e ti accorgi che oltre al danno, s, c la beffa. Dal primo maggio laumento delle bollette dellacqua dell1,6% che sommato al 6,5% rispetto al 2012, fa 8,1% in pi in un anno. Questo il danno, un danno che di questi tempi i cittadini della Provincia di Pesaro Urbino, la pi colpita dalla crisi secondo il rapporto Censis, non possono permettersi di pagare. La premessa alla beffa: la zona nord di Urbino, e qui veniamo a noi (Mazzaferro, zona del Braccone verso Gadana, zona Tortorine etc.), e Trasanni, non sono servite da depuratori. La gente si dota autonomamente di fosse biologiche. La beffa? La maggior parte di queste persone paga la tassa di depurazione sulla bolletta dellacqua. Una vocina tra le tante in quel pezzo di carta che arriva ogni due mesi con il logo in azzurro della Marche Multiservizi, innocua allapparenza, peccato che la depurazione non ci sia. I pi svegli o coloro ai quali in qualche modo arrivata la voce, hanno chiesto il rimborso, rimborso previsto dallo stesso gestore. Ma solo previsto (sul suo sito Internet), non comunicato, non pubblicizzato. E gli altri? E tutti quelli che ancora pagano? Certo, la Marche Multiservizi una Spa, deve fare utili, ma nelle linee guida dellAto (Autorit territoriale dambito) per la restituzione agli utenti della quota di tariffa non dovuta riferita al servizio di depurazione, al

punto 8 previsto che il gestore invii a tutte le utenze uninformativa circa le procedure da seguire per ottenere il rimborso della quota di depurazione, pagata ingiustamente, aggiungiamo. Qualcuno ha mai visto o ricevuto questinformativa? Pare di no. I signori Cesaretti, abitano a Trasanni. Sono anziani. Di quegli anziani svegli, che hanno vissuto per molti anni allestero, che hanno visto come funziona il mondo e che le regole in altri posti vengono rispettate. I cittadini informati. E da 4 anni che hanno chiesto il rimborso, ma nulla. Silenzio. Lucia, anche lei da un anno e mezzo a Trasanni, non si era mai accorta della vocina. Dalla prima bolletta ha pagato la tassa di depurazione. Stefano, di Urbino, zona Mazzaferro, ha chiesto il rimborso, glielhanno negato. In tutta questa storia potrebbe ravvisarsi una ragione per la Marche Multiservizi. Ma a guardare bene le previsioni di legge e, soprattutto, lo stato di manutenzione (o meglio, di non manutenzione, alias depuratore di via della Stazione, depuratore del Sasso, depuratore sotto i Collegi) dei depuratori di Urbino, questa ragione viene meno. La legge prevede che in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n.335 del 2008, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, la tariffa di depurazione non deve essere applicata. Tuttavia, ai sensi dellart.8 sexis della L.13/2009, gli oneri relativi alle attivit di progettazione e di realizzazione o com-

pletamento degli impianti di depurazione [] costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dallutente. Detta componente pertanto dovuta al gestore dallutenza [], a decorrere dallavvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purch alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati. E qui veniamo al dunque. Il depuratore di Fosso Braccone (a cui si arriva procedendo per Gadana, svoltando per Pieve di Cagna e prendendo Ca Franzone, dopo mille peripezie,

una segnaletica quasi nulla e strada a tratti impraticabile) in costruzione almeno dal 2006, ci dice telefonicamente Alfredo Bonelli, consigliere di minoranza del comune di Urbino. Entro un anno si sarebbero dovute terminare le opere murarie, prima fase. Poi sarebbero dovuti passare a quelle meccaniche. Poi, in seguito a contestazioni, tubature fatte male, rottura di parte della condotta che doveva arrivare al depuratore e stop. Per non farci mancare niente, si aggiunto un movimento franoso che ha spostato parte della base del depuratore conclude Bonelli, giustificando in qualche modo la Marche Multiservizi che si trovata tra le mani unopera pubblica mal cominciata dallamministrazione comunale.

Fatto sta che non si proceduto nel rispetto dei tempi programmati, che sono passati quasi dieci anni e che quindi i cittadini non devono pagare per un servizio che non c e possono chiederne il rimborso. Non dovrebbero pagare neppure una tariffazione pi alta, giudicata insufciente da Marche Multiservizi per fare nuovi investimenti su una rete idrica gi obsoleta, qual quella di Urbino. Una Spa che pochi giorni fa ha chiuso un bilancio in attivo di cinque milioni e mezzo di euro. Ma una Spa, per lappunto, non tenuta a reinvestire gli utili. E qui torna in ballo tutto il discorso sulla pubblicit del servizio idrico integrato, sullacqua bene pubblico. Ma questa, unaltra storia. (E.T. & S.P)

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il Ducato

Escursioni, bikes, agriturismo, animali, ori, profumi e sapori dimenticati

Campagna vuol dire libert


Ecco tutto quello che offre la provincia di Urbino per straordinari week-end antistress e rigeneranti
LORENZA F. PELLEGRINI
poi fermarsi nella vicina osteria o al bar della Baita per una bevanda rinfrescante. Per gli appassionati dei Ronzinante non finita qui. Alle porte di Fermigano c un agriturismo, Ca Maddalena, dove cavalli e cavalieri sono a disposizione per gradevoli passeggiate alla scoperta di quel senso di libert troppe volte dimenticato. La struttura offre anche un panorama che si affaccia sui campi popolati da mucche, maiali, vitellini, gatti, cani e asinelli.

n pastore riposa allombra di una quercia mentre la luce frettolosa corre dietro la sommit di un monte facendo capolino nel promiscuo strofinio delle fronde degli alberi, fasci nervosi che si sorreggono in alto. la natura che si manifesta nei colori e nel canto degli uccelli scandendo in un viavai sinfonico le lunghe giornate. Il messaggio del silenzio si stacca dal cielo per posarsi sulle colline dipinte di un verde irlandese dalla bella stagione, onde di erba e fiori di campo attraversati da stradine che collegano la campagna ai piccoli borghi medievali e rinascimentali. Questo lo spettacolo che offre nei tiepidi tramonti di maggio lentroterra marchigiano: 80.000 ettari di parchi, vigneti, uliveti, boschi, foreste. Un invito a uscire dalle mura cittadine per dedicare un po di tempo alla riscoperta del rituale della quiete o magari allo sport. Qui sono molti gli itinerari e attivit in programma per i mesi caldi: escursioni per riconoscere e utilizzare erbe spontanee e radici, grigliate sui prati, meditazione nelle riserve naturali, corsi di pittura en plein air, passeggiate sulla vetta dei monti. Appoggiando la punta di un compasso nel cuore di Urbino e disegnando un piccolo cerchio sulla mappa, lo sguardo si posa su paesi e sentieri, luoghi misteriosi e invitanti per il turista per caso o per diletto.

Paradiso dei bikers


Il Montefeltro per gli amanti delle due ruote un grande parco giochi. Gli antichi sentieri del Ducato che partono da Urbino e si allungano verso Montesoffio, Pieve di Cagna, Monte Montiego, per arrivare a toccare la vallata di Urbania sono circuiti difficili che richiedono buone gambe e una certa esperienza. Francesco, biker nellanima, apprezza questo itinerario e lo propone ad amici e clienti come parte di unimpegnativa pedalata che ha come punto di partenza Montesoffio, localit dove sorge il suo agriturismo, la Valle del vento. Un luogo dello spirito, dello sport ma anche dove concedersi qualche peccato di gola. Lodore del pane che cresce e diventa croccante quasi irresistibile quando si sa di dover affrontare una domenica di dislivelli e tornanti. Per questo lagriturismo organizza dei domenicando: tuffi nel verde preceduti o accompagnati da abbondanti colazioni o pranzetti. Ai ciclisti la struttura offre anche un garage perle bici, unofficina attrezzata e men specifici per i pi esigenti. Per variare, prendendo la strada provinciale 9, dopo aver superato Gadana, ci si trova in una localit che prende il nome dalla miniera di zolfo che un tempo si trovava in questa zona. Grazie a unopera di recupero ambientale stato edificato un agriturismo, la Corte della Miniera. I forni di fusione sotterranei sono stati trasformati in laboratori darte e le strutture esterne in centri ricreativi e di pratica sportiva. Ovviamente, il ciclismo la fa da padrone. La vera particolarit di questo luogo per il museo della stampa dove sono conservati diversi macchinari, anche molto antichi, e sono esposte incisioni originali realizzate con tecniche calcografiche, serigrafiche e litografiche.

Un picnic ducale
Stare a contatto con la natura possibile anche rimanendo nel cuore della citt del Duca, godendosi, ad esempio, il panorama dalla Fortezza Albornoz. La rocca si trova nel parco della Resistenza che nelle giornate soleggiate diventa meta di studenti, giocolieri, amici che si incontrano per fare qualche tiro a pallone o per un picnic allaria aperta ascoltando spagnoleggianti chitarre.

A cavallo per le colline


I fruscii di clorofilla e il riflesso di una miscela di azzurri, rossi e gialli colorano i saliscendi e la pineta delle Cesane che si estende su un altopiano che collega tra loro i comuni di Fossombrone, Urbino e Isola del piano. Abeti bianchi e rossi, cipressi dellArizona e pini dAleppo fanno da sfondo a piacevoli corse al tramonto, soggiorni in tenda nellarea camping ma anche a fughe al galoppo per le campagne tagliate dal passaggio dei trattori. In questo polmone verde si trova il Circolo ippico le Cesane, curato da Carla Bischi. Qui gli appassionati dellequitazione trascorrono giornate intere per

Tuffo nella biodiversit


La provincia di Pesaro e Urbino ospita tre aree protette. Una di queste la riserva naturale statale Gola del Furlo: 3.600 ettari di boschi dove laquila reale, rondoni e rondini sorvolano orchidee e prati-pascolo. I salici e i pioppi bianchi della Golena, parco pubblico lungo le sponde del fiume Candigliano

in cui ci si tuffa per sfuggire al caldo, riparano i visitatori accampati sul prato con pc portatili (c il wifi gratuito) e tovaglie a quadretti. Proprio da qui partono delle escursioni gratuite, organizzate ogni domenica e durante i giorni festivi. Le guide della riserva accompagneranno i curiosi tra querceti e aceri, campanule e caprifoglio, meraviglie naturali che illuminano la gola, un canyon eroso dallazione del Candigliano che passa tra le pareti dei monti Pietralata e Paganuccio prima di sfociare nel Metauro. La vita liquida di questo fiume si abbandona pi in l, per chilometri, lungo una vallata e nel suo fluire guida i vagabondi del karma alla scoperta di paesaggi diventati celebri, luoghi di culto e studio per gli storici dellarte. Tra questi quello offerto dal monte Fron-

zoso, scelto come sfondo da Piero della Francesca per ritrarre Federico da Montefeltro.

Il posto dellanima
A ridosso del Furlo si adagia Acqualagna, centro agricolo di 4.400 anime, luogo natio di Enrico Mattei e di uno dei tesori della terra: il tartufo. Qualche curva pi in l si trova Frescina, localit nei pressi di Abbadia di Naro, dove Rossella Di Munno ha dato vita a un centro per farsi coccolare e rilassarsi. Qui, oltre a sauna, palestra e stanze dedicate ai trattamenti viso e corpo, c una sorgente naturale in cui immergersi e, allesterno, un parco circondato da colline dove si pu prendere il sole sul lettino, far giocare i bambini su scivoli e altalene, fare una partita nel campo di calcetto o tuffarsi nelle grandi pi-

scine. Tornando a Urbino, non lontano da Pieve di Cagna, si trova invece la Country House il Biroccio: un casale ristrutturato dieci anni fa con materiali di recupero dove oggi vivono Gianni, Antonella e il figlio Eugenio. Qui al calar del sole si corre nel parco territoriale provinciale S. Lorenzo in Cerquetobono tra tigli, gelsi, ginestre. Qui, lontani dalla metropoli e dalle sue colate di cemento, si organizzano corsi di Tai chi chuan sotto la guida Stefano Marchionetti. Il maestro di questa antica disciplina cinese si occupa anche di difesa personale, corso in programma per giugno. Questa oasi di tranquillit diventa invece per Silvia De Bastiani luogo dispirazione. qui che la docente di acquerello tiene le lezioni di pittura abbinate al soggiorno nella country house.

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AMBIENTE E TEMPO LIBERO

Con i bambini nella fattoria Podgornik

Quando le mucche non sono pi viola


Visite per le scuole elementari alla scoperta degli animali
Nel Montefeltro si pu riscoprire una biodiversit particolare: quella umana. Passeggiate a cavallo, trekking, mountain bike (per esperti), visite a fattorie e allevamenti per far conoscere anche ai pi piccoli i misteri affascinanti della natura. E non mancano i pi prosaici assaggi di vini e cibi locali
MARTA MANZO
tutti insieme a calcolare chili e grammi in piedi su una bascula poi la storia della scrittura con i caratteri mobili, per scrivere come si faceva un tempo. Montserrat e le sue figlie sono pazienti e materne. Che facciano ride Irene mentre loro sfrecciano nellaia - che non vedano soltanto. Di aneddoti ce ne sono mille. Se andiamo a mungere chiede loro Irene che succede?. Tutti pronti con la mano alzata: Viene fuori il burro!. Il latte, per quasi tutti, esce gi freddo. Rimangono stupiti quando lo tirano e il secchio dacciaio intiepidisce al contatto. A maggio ancora Irene di solito scendiamo a fare un giro nel frutteto. Una volta un bambino, incantato da un grande ciliegio, ha detto alla maestra se lalbero del ciliegio cos grande, quello delle angurie com?! Bisogna spiegare loro la differenza tra le piante e, per farlo, la fantasia non manca. Un anno abbiamo creato un percorso con dei paletti di legni diversi. Il gioco era andare nel bosco qui vicino e cercare i tronchi simili al paletto che avevano in mano. Venti ettari, un frutteto, un uliveto. Poi ottanta casette per le api, le asinelle Luci e Berta, Spina e Luna le due mucche, di razza jersey, che danno un latte molto grasso. Ma per fare il formaggio mi spiega Irene lo compriamo, non possiamo usare quello che mungono i bambini, non pastorizzato. L vicino Cipolla, la gatta con locchio di vetro, che trotterella verso gli altri mici. Aleggia la forte semplicit del vivere trasformando le cose che si producono. Se vendi il grano mi racconta ancora Irene difficile sopravvivere. Ma se lo trasformi, puoi avere pi prodotti da offrire.E poi c un motivo ecologico. Siamo contro lo spreco aggiunge Montserrat - se hai pazienza, lavanzo di panna diventa burro: la parte acida finisce nel siero e la puoi riutilizzare. E se ti avanza del latte, aggiungi un po di limone e aspetta, avrai unottima ricottina. Per gli insegnanti come bussare alla porta dei ricordi. La nonna che fa lievitare il pane nel forno. Il rumore della crosta quando si spezza ancora caldo. E imparano ancora qualcosa. Una maestra mi ha ringraziata ride ancora Montserrat mi ha detto finalmente so cosa fare con la panna che mi avanza. E ai bambini? Rimane loro nel cuore lesperienza pratica dice Montserrat - molti odiano le cose perch non le hanno mai fatte. Quando facciamo il burro, alcuni inizialmente non lo vogliono toccare. Poi diventa una loro creazione e riescono ad andare al di l dei pregiudizi. Perch una fattoria didattica? Avevamo alcuni amici insegnanti mi chiarisce - noi ci occupavamo di api. Ci siamo detti: perch non raccontarle direttamente? piaciuto cos tanto che ventanni dopo ho incontrato un ragazzo durante una conferenza. Mi ha detto mi ricordo di lei, qui in fattoria cera venuto anche lui. Non sono pi abituati a certi odori. Di un miele che sa di propoli dicono che puzza. Invece bisogna tastare, annusare. Macinare a mano, trasformare la crusca in farina. Molti ci scrivono al rientro sorride Montserrat ci dicono che stata la pi bella giornata della loro vita. Arriva per un momento di tornare alla realt. Prima tutti i comuni avevano uno scuolabus conclude cos Montserrat - ora, da quando tutto nelle mani dellAmi, i costi si sono alzati e le famiglie fanno fatica a mandare i figli. Se i comuni prevedessero almeno unuscita questi bambini potrebbero fare unesperienza da ricordare per sempre.

hi si ricorda sul serio lodore del miele? Del pane caldo, del formaggio appena fatto? questa memoria dei sensi, linsegnamento del fare che la Fattoria dei Cantori vuole passare ai bambini. Dimostrare che le mucche non sono bianche e viola, come quelle della pubblicit. Unazienda biologica, nata negli anni 70 dalla famiglia Podgornik, met catalana, met triestina, che ha deciso di aprire ai piccoli alunni delle scuole primarie per spiegare come lavora la natura. Non come in un museo, ma mettendoci le mani. Montserrat, Roberto, le figlie Irene e Agnese pi Giuditta che collabora da due anni accolgono con entusiasmo le scolaresche, che tornano a casa, a fine giornata, con gli occhi pieni e stringendo al petto il proprio formaggio, il proprio pane. Questo lho fatto io, potranno dire. Sempre che non vogliano restare a vivere l. Il viso paffuto di Aurora, addolcito dalle efelidi, fa su e gi. Dalla spiga al pane, dalla smielatura al miele, e poi la storia del filo di lana. Come pu il vello di pecora diventare un maglione? E ancora pesi e misure e via

26 MAGGIO

Polmone verde e delicato equilibrio forestale

Albornoz, si gioca
La contrada del Monte, con lassessorato alle politiche educative e giovanili, organizzano per il 26 maggio alla Fortezza Albornoz un evento in occasione della giornata mondiale del gioco. Ci si potr cimentare nel tiro con larco, osare sul ponte tibetano, sparare con gli stoppacci e da questanno nel tiro con la onda. La mattina si potr partecipare anche a un giro in mountain bike e trekking urbano per i vicoli di Urbino, alla scoperta delle bellezze della citt ducale.

Il respiro delle Cesane


U
na superficie di circa 1500 ettari di foresta demaniale di propriet della Regione. Il bosco delle Cesane un vero e proprio patrimonio naturalistico delle Marche che venne acquisito per la prima volta quando ancora contava 855 ettari nel 1919 dallo Stato. Pass nelle mani della regione negli anni 80, quando, in virt della presenza delle regioni nate nel 1970 tutte le foreste demaniali divennero di loro propriet. La nascita della foresta quindi risale allinizio del 1900. Le prime opere di riqualificazione vennero effettuate durante la prima guerra mondiale quando vennero usati come mano dopera i prigionieri di guerra austriaci. Gli interventi di rimboschimento per iniziarono negli anni 30 ha dichiarato Angelo Giuliani, uno dei fondatori di Legambiente e avevano lo scopo di salvaguardare il terreno dallindebolimento delle strutture geologiche. La foresta ha un ecosistema ancora oggi in parte integro anche se nella maggior parte dei casi il rimboschimento stato fatto con specie alloctone. Oggi sono poche le specie italiane, la maggior parte provengono dal resto dEuropa, dallAmerica e dal Medio Oriente. Secondo Giuliani sarebbe necessario un restauro del bosco sostituendo alcune specie alloctone con quelle autoctone anche se egli stesso poi a dire che la presenza di alcune piante alloctone, come le conifere, hanno permesso linsediamento di popolazioni di uccelli di grandissimo pregio come il crociere, un piccolo volatile con il becco a croce utile per prendere i pinoli dalle pigne o come il biancone, un grande rapace che si nutre di rettili. Errori nelle opere di restaurazione potrebbero scombussolare un equilibrio geologico che negli anni si consolidato. Unopera di restauro con le giuste precauzioni per sarebbe necessaria, anche perch negli ultimi 30 anni, a causa delle forti nevicate e gelate, molte specie alloctone non hanno resistito a questo forte abbassamento delle temperature e sono morte. Allinterno di questo immenso polmone verde marchigiano, considerato una delle pi interessanti aree protette della regione, sono presenti anche tre piccole aree floristiche dove sono presenti specie di grandissimo valore tutelate da queste zone nelle quali non si pu raccogliere alcun tipo di pianta. (G.O.)

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il Ducato

AGRICOLTURA ONLINE

In espansione il mercato virtuale: si vende via Internet e la liera si accorcia

Alla conquista del Web verde


Le aziende agricole con il Pc sono solo il 2 per cento del totale. Servirebbero WiFi gratis e banda larga
LUCIA LAMANTEA
sito. Portare la banda larga su tutto il territorio regionale garantirebbe alla nostra economia la possibilit di non restare indietro, tanto pi in un mercato sempre pi globale. Lobiettivo di chi in rete quello di promuovere i prodotti agricoli, di ampliare il mercato e di arrivare lontano senza perdere in qualit. Il primo mercato agricolo online per la vendita e la distribuzione di prodotti artigianali locali, Cortilia, nato nel 2011. Si tratta di una piattaforma multiservizi grazie alla quale le aziende agricole, una ventina al momento, possono vendere direttamente i propri prodotti. Frutta fresca, verdura di stagione, uova, marmellate, farina e vino arrivano a casa dei consumatori che fanno la spesa online. Il software utilizzato consente di mettere in contatto domanda e offerta e di raggiungere pi utenti diminuendo limpatto ambientale delle consegne. Gi attivo nella zona di Milano e Monza, sta lavorando per diventare disponibile in tutte le principali citt italiane. A Fano, invece, sta per partire un progetto di vendita online di prodotti bio. Emporio, questo il suo nome, una cooperativa sociale nata dal progetto comune di diverse aziende della provincia di Pesaro e Urbino, gi presente sul territorio con un punto di rivendita diretta, e sta per lanciarsi anche nel commercio via web. Si potranno prenotare i prodotti e scegliere di farli arrivare direttamente a casa. Le merci spedite saranno confezionate e saranno selezionati solo alimenti che non hanno bisogno della catena del freddo - dunque niente prodotto deperibili come carne e formaggio . La vendita non destinata solo a privati- spiega Andrea Ceccarelli presidente della cooperativa- ma rivolta anche ad agriturismi, alberghi o mense. Lobiettivo prima di tutto la promozione dei nostri prodotti. La vendita online dovrebbe partire entro un mese. In questo nuovo mercato in cui sempre pi facile arrivare direttamente ai consumatori la tradizione della terra si unisce ai moderni strumenti di comunicazione grazie a questi nuovi lavoratori digitali.

er ordinare un chilo di mele, un cestino di fragole e una cassa di verdura fresca bastano ormai pochi click. Semplici operazioni per far arrivare a casa prodotti appena colti dallorto. Un orto virtuale, quello dove si scelgono frutta, verdura e prodotti di stagione senza neanche alzarsi dalla scrivania. questa la nuova frontiera dellagricoltura, il web verde. Un commercio in cui le aziende agricole coinvolte, grazie alle vendite online, permettono di acquistare su Internet, mantenendo alta la qualit e la freschezza del prodotto. Il boom di aziende agricole sul web scoppiato negli ultimi anni. In Italia al momento sono 61 mila, circa il 4% del totale, il doppio rispetto a dieci anni fa. I contadini 2.0 sono concentrati soprattutto al nord, con Lombardia e le province di Bolzano e Trento in testa. Ancora pochi invece al centro e al sud. Le aziende agricole utilizzano Internet non solo per la vendita online, ma anche per la gestione dei fornitori, delle coltivazioni e degli allevamenti, e per servizi amministrativi. Nelle Marche, secondo unelaborazione Coldiretti su dati Istat, sono circa 1.500 le aziende agricole informatizzate. Le imprese che hanno un sito web o una pagina internet sono 1.100 (il 2,4% del totale), di cui oltre trecento vendono prodotti online, dieci anni fa erano solo 60. In provincia la percentuale maggiore di agricoltori informatizzati si registra ad Ancona (il 4% del totale), davanti ad Ascoli Piceno (3,4%), Macerata (3,2 %), Pesaro Urbino (3%) e Fermo (2,6%). Numeri che secondo Giannalberto Luzi, presidente di Coldiretti Marche, potrebbero crescere, investendo sulla realizzazione di grandi infrastrutture telematiche. Molte aziende - sostiene Luzi - che operano nei piccoli centri non hanno la possibilit di sfruttare il web con tutte le opportunit che questo strumento garantisce alle imprese, dalle-commerce in avanti, per non parlare della semplice realizzazione di un

Una catena alimentare afdabile per tutti i prodotti. Tranne i deperibili

Per ordinare frutta e verdura online basta un click

WWW AMSTERDAM: MI MANDATE UN TULIPANO? Le aziende agricole sfruttano sempre meglio il potenziale della rete, aumentando la possibilit di acquistare prodotti via Internet. In Europa la Francia a vantare il maggior numero di contadini internauti. Secondo il ministero dellAgricoltura, sono 105 mila aziende agricole utilizzano Internet a uso professionale, circa il 30 per cento del totale. In due anni il paese ha registrato una crescita di oltre il 50 per cento. In testa ci sono imprese cerealicole e viticole, seguite da aziende dedite ad allevamento-policoltura e frutticoltura. Un altro dato interessante riguarda la Danimarca, dove 84 agricoltori su 100 sono connessi a Internet e 74 lo utilizzano per attivit collegate allagricoltura. Per lOlanda, poi, il commercio online per eccellenza quello dei ori: diversi siti, nella stagione della oritura, si offrono di spedire i bulbi dei famosi tulipani in tutto il mondo.

ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente: STEFANO PIVATO, Rettore dell'Universit di Urbino "Carlo Bo". Consiglieri: per l'Universit: BRUNO BRUSCIOTTI, LELLA MAZZOLI, GIUSEPPE PAIONI; per l'Ordine: NICOLA DI FRANCESCO, STEFANO FABRIZI, SIMONETTA MARFOGLIA; per la Regione Marche: JACOPO FRATTINI, PIETRO TABANELLI; per la Fnsi: GIOVANNI ROSSI, GIANCARLO TARTAGLIA. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore: LELLA MAZZOLI, Direttore emerito: ENRICO MASCILLI MIGLIORINI. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI IL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581 - fax 0722328336 http://ifg.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] Direttore responsabile: GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI Stampa: Arti Grafiche Editoriali Srl - Urbino - 0722328733 Registrazione Tribunale Urbino n. 154 del 31 gennaio 1991
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