Sinossi Misure Elettriche
Sinossi Misure Elettriche
Sinossi Misure Elettriche
PREMESSA
Questa sinossi raccoglie le lezioni svolte dal Prof. A. Abete per il Corso di Diploma in Ingegneria Elettrica del Politecnico di Torino. Sono scritte sulla base del testo: A. Abete, Misure Elettriche ed Elettroniche, vol. I e vol. II, ed. CELID 1996, per fornire agli allievi un pi agile strumento di studio. Per approfondimenti si rimanda al testo originario.
Gli Autori
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INDICE
1. CONFIGURAZIONE DI UNA MISURA_______________________________________ 1
1.1. 1.2. 1.3. Generalit ____________________________________________________________ 1 Funzione di uno strumento di misura _______________________________________ 1 Strumenti e metodi di misura _____________________________________________ 2
2.
Sistemi di unit di misura; unit fondamentali ________________________________ 4 Equazioni dimensionali e campioni delle unit _______________________________ 4 Sistema Internazionale di unit di misura ____________________________________ 5
Unit fondamentali ____________________________________________________________ 5 Unit derivate e prefissi ________________________________________________________ 6 Regole di scrittura_____________________________________________________________ 9 Unit fuori sistema SI e fattori di conversione _______________________________________ 9
2.4.
2.4.1. 2.4.2. 2.4.3. 2.4.4.
2.5.
3.
3.3.
4.
5.
5.1. 5.2.
5.2.1. 5.2.2.
5.3.
5.3.1. 5.3.2.
Risposta di un sistema a un entrata qualsiasi. Spettro in frequenza _______________ 34 Determinazione sperimentale dei parametri dinamici di strumenti del 1 e 2 ordine _ 36 Campionamento dei segnali analogici. Strumenti digitali ______________________ 37
6.
6.4.
6.4.1. 6.4.2.
6.5.
6.5.1.
7.
8.
Generalit ___________________________________________________________ 64 Amplificatori per strumenti di misura______________________________________ 64 Amplificatori operazionali ______________________________________________ 69 Strumenti analogici a deviazione _________________________________________ 73 Strumenti digitali______________________________________________________ 73
Caratteristiche e pregi dei segnali digitali__________________________________________ 73
ii
8.5.2.
Conversione digitale-analogica__________________________________________________ 81 Contatori, visualizzatori, frequenzimetri __________________________________________ 82 Voltmetri, multimetri _________________________________________________________ 84 Strumenti con microprocessori __________________________________________________ 85 Errori e dati di specifica. ______________________________________________________ 86
9.
10.
10.3.
10.4.
11.
iii
12.
12.2.
13.
13.2.
14.
14.3.
15.
iv
1.
La conoscenza di ogni fenomeno si basa sulla misura delle grandezze che lo caratterizzano. Il termine misura indica, usualmente, sia il procedimento di misurazione, che trasforma la grandezza da misurare o misurando in unaltra percepibile, sia il risultato di essa, che fornisce il valore del misurando. La misurazione richiede strumenti di misura idonei ad effettuare, sul misurando in entrata, un confronto che sia percepibile da un osservatore o da un apparecchio di percezione in uscita. Ad esempio uno strumento di misura di corrente elettrica pu sfruttare la coppia motrice agente su una bobina percorsa da corrente e immersa in un campo magnetico; il confronto di questa coppia con una coppia antagonista (data da molle, nastri, ) determina una deviazione della bobina direttamente percepibile da un osservatore. Il risultato della misurazione, ossia la misura, si esprime con un numero dato dal rapporto tra il misurando e unaltra grandezza ad esso omogenea assunta come unit di riferimento. Si valuta poi la qualit della misura determinando un intervallo di incertezza della misura in cui si garantisce il valore del misurando. Pertanto la misurazione si svolge secondo la sequenza: misurando strumento di misura misura in cui lo strumento di misura lintermediario essenziale di collegamento tra fenomeni e percezioni. In quanto alle modalit di esecuzione le misure si distinguono in dirette e indirette. Una misura diretta si ottiene dal confronto, eseguito con strumenti e metodi appropriati, del misurando con unaltra grandezza della stessa specie assunta come campione di riferimento o unit di riferimento. La misura di pesi con bilancia a piatti, la misura di resistenze elettriche con il ponte semplice sono misure dirette. Esse richiedono la disponibilit di campioni di riferimento; si evita questo inconveniente effettuando la misura con strumenti tarati per i quali il campione di riferimento servito una sola volta in sede di taratura. Sono strumenti tarati la bilancia ad indice, lohmmetro e tutti gli innumerevoli strumenti di uso comune come voltmetri, amperometri, termometri, ecc. Una misura indiretta invece fornisce il misurando X tramite la misura di altre grandezze A,B,C,, anche non omogenee con X, ma legate ad X da una relazione: X = f ( A,B,C, ) Ad esempio in corrente continua, la potenza elettrica di un bipolo data dal prodotto tra la tensione agente ai suoi estremi per lintensit di corrente che lo percorre. 1.2. Funzione di uno strumento di misura
Uno strumento di misura un apparecchio singolo o un sistema di pi apparecchi idoneo a riconoscere il misurando (entrata o ingresso) dalla sua immagine (uscita). La corrispondenza misurando - immagine stabilita dallo strumento si effettua attraverso successive elaborazioni di un segnale che deve essere funzione biunivoca del misurando. Il numero e la natura delle elaborazioni del segnale di misura dipendono dal misurando e dallo strumento di misura. Linserimento dello strumento di misura nel misurando ne provoca sempre una modifica, perci non si pu conoscere sperimentalmente il valore vero del misurando (principio dindeterminazione di Heisenberg). In pratica si deve rendere minimo il consumo dello strumento, ossia la potenza che lo
strumento preleva dal misurando per attivare il segnale di misura. Il segnale di misura nel passaggio da uno stadio allaltro dello strumento deve trasferirsi con la massima informazione. Ci pu richiedere che il segnale si trasmette con la massima tensione o con la massima potenza, per cui occorre un adattamento degli stadi interfacciati. Inoltre il segnale di misura per risultare una funzione biunivoca del misurando deve essere immune da grandezze dinfluenza di origine interna o esterna, disturbi. Questi devono quindi essere ridotti o neutralizzati con adeguate tecniche costruttive e circuitali, fino ad a contenere il loro effetto nella fascia di incertezza accettata dallo strumento. Allo scopo si impiegano componenti puri (ad esempio resistori antinduttivi), schermature, messa a terra di adatti punti del circuito di misura, ecc. La costituzione delluscita dello strumento deve tener conto della struttura percettiva che deve ricevere la misura. Nella maggioranza dei casi la misura deve risultare a noi percepibile direttamente alluscita dallo strumento, costituita da adatti visualizzatori. In questo caso si ritiene approssimativamente che lintensit delle nostre sensazioni proporzionale al logaritmo delleccitazione (legge di Fechner) ed massima in certe bande di eccitazione. Ad esempio locchio umano ha sensibilit massima per eccitazioni luminose tra il giallo e il verde, quindi tali colori sono vantaggiosi per indicatori luminosi e tracciati oscillografici. Scopo finale di uno strumento di misura fornire il valore del misurando, estraendo dal segnale in uscita un messaggio (misura). Questa espressa da un numero a cui si associa un intervallo entro il quale si garantisce il velore del misurando (incertezza) Questo assume sempre stati discreti, compresi in un intervallo che definisce la portata dello strumento. La discretizzazione effettuata dallo strumento di misura, evidente in quelli con indicazione numerica - nel seguito si utilizzer la dizione digitale molto pi impiegata -, si verifica anche negli strumenti analogici dove il numero finito di stati individuato dalla minima indicazione percepibile (risoluzione), dipendente dal tipo di scala e indice negli strumenti a deviazione, dallo spessore della traccia, negli oscillografici, ecc. 1.3. Strumenti e metodi di misura
In base alla natura del segnale di misura gli strumenti si distinguono in analogici e numerali o digitali1. Negli strumenti analogici il segnale di misura una funzione continua del misurando e alluscita, ad esempio, fa deviare un indice su una scala graduata (strumenti a deviazione), oppure descrive un grafico su schermo, carta o supporto magnetico (strumenti oscillografici e registratori). Loperazione di lettura trasforma lindicazione analogica in un numero. Gli usuali strumenti di misura di tipo analogico a deviazione consentono misure con incertezze fino a 10-3. Negli strumenti digitali il segnale di misura una funzione discreta del misurando, cio assume solo un numero finito di differenti valori in determinato campo; in uscita presentato sotto forma di numero su visualizzatore numerico, oppure di tabulato o di tracciato fornito da stampante o da registratore. Rispetto agli strumenti analogici si ha: eliminazione dellerrore di lettura perch la misura presentata direttamente sotto forma di numero; letture pi veloci e quindi maggiore capacit di misura; avendosi solo lincertezza di una unit di conteggio che pu rendersi molto piccola rispetto alla cifra totale, consentono misure con incertezze di 10-4 - 10-5. Inoltre, essendo il segnale di misura in formato digitale, possibile interfacciare direttamente questi strumenti con elaboratori digitali. Ci consente di ottenere, sia strumenti a logica programmabile (strumenti con microprocessori), sia sistemi automatici di acquisizione e controllo dati. Gli strumenti elettrici di misura possono essere classificati anche secondo altri criteri.
1
In base alla struttura si distinguono in strumenti elettromeccanici e strumenti elettronici. Negli strumenti elettromeccanici, o ad azione diretta, il misurando agisce direttamente sullequipaggio mobile dello strumento provocandone il movimento, come in uno strumento magnetoelettrico, in cui la corrente misuranda, provoca direttamente lo spostamento della bobina mobile segnalato da un indice, solidale con la bobina, mobile su una scala graduata. Invece negli strumenti elettronici, analogici e digitali, il segnale di misura subisce una o pi elaborazioni tramite dispositivi elettronici come amplificatori, convertitori analogico - digitali, , che oltre ad un aumento di risoluzione e ad una riduzione del consumo, possono portare a un aumento di precisione negli strumenti digitali. Unaltra classificazione distingue gli strumenti di misura secondo il modo di funzionamento in strumenti a deviazione, oscillografici, selettivi, integratori, derivatori, balistici e strumenti a campionamento. Anche i metodi di misura, si possono raggruppare con vari criteri. Una classificazione distingue due grandi categorie di metodi di misura: a indicazione e di confronto. Intuitivo il principio dei metodi a indicazione: la misura fornita dallindicazione di uno o pi strumenti analogici o digitali. Questi metodi sono i pi impiegati nelle misurazioni ordinarie; raggiungono precisioni fino a 10-3 con strumenti analogici, fino a 10-5 con gli strumenti numerici. Invece i metodi di confronto sono basati sul raggiungimento di una condizione di equilibrio cui corrisponde una relazione tra le grandezze in esame che consente di determinare il misurando. Nelle misure elettriche la condizione di equilibrio spesso indicata dallazzeramento di una tensione o di una corrente (metodi di zero); esempi tipici sono i ponti e i potenziometri. I metodi di confronto hanno il pregio di possedere una risoluzione propria anche superiore a 10-6, per cui la incertezza della misura pu raggiungere quella dei campioni utilizzati; si arriva a 10-5. Per contro rispetto a quelli a indicazione, richiedono un tempo maggiore per la misura, che pu essere ridotto notevolmente con dispositivi di equilibratura automatici. La scelta del metodo di misura dipende da vari fattori tra cui: la natura del misurando, il tipo di misura se statica o dinamica, lincertezza desiderata, il tempo richiesto per la misura, il costo. Si noti che le classificazioni sopra riportate non sono esenti da critiche. Ad esempio la deviazione di un indice su uno strumento analogico varia per quantit discrete pari alla deviazione minima percepibile da un osservatore (risoluzione). Pertanto, tenendo conto che si sperimenta solo il discreto, la distinzione degli strumenti in analogici e digitali diventa meno netta. Analoga situazione si verifica per la distinzione tra metodi a indicazione e metodi di confronto. Infatti gli strumenti a indicazione in ultima analisi effettuano sempre un confronto che tra coppie meccaniche negli strumenti elettromeccanici, tra tensioni elettriche nei ponti e negli strumenti digitali. Tuttavia le classificazioni possono essere utili per un inquadramento e una sintesi degli argomenti. Ci soprattutto vero in metrologia che, come interscienza che condiziona ogni altra scienza, comprende innumerevoli strumenti e metodi di misura.
2.
La misura di una qualunque grandezza si basa sulla scelta di un'altra grandezza, omogenea con quella da misurare, che si assume come unit di misura. L'insieme di unit di tutte le grandezze note o di una parte di esse riguardanti campi particolari della scienza (geometria, meccanica, elettrotecnica, ...), costituisce un sistema di unit di misura. La scelta delle grandezze e delle unit fondamentali arbitraria in specie e numero. La specie dipende dallo stato di avanzamento delle scienze e il numero dalle relazioni indipendenti tra le grandezze fisiche che si prendono in considerazione. E' sempre possibile trascurarne qualcuna e aumentare il numero di unit fondamentali. La diversa scelta delle grandezze e delle unit fondamentali porta ai diversi sistemi di unit di misura. Fra questi si preferiscono i sistemi razionalizzati in cui le unit sono scelte in modo da far comparire i fattori di 2 e 4 soltanto in formule relative a configurazioni circolari (o cilindriche) e sferiche. 2.2. Equazioni dimensionali e campioni delle unit
Stabilite le grandezze fondamentali, le dimensioni delle grandezze derivate si deducono dalla relazione che le definisce in funzione delle grandezze fondamentali. Si ottiene l'equazione dimensionale: X = [A]a [B]b... (2.1) dove X la grandezza considerata, A, B, ... sono le grandezze fondamentali e gli esponenti a, b, ... sono numeri reali. Dalla (2.1) risulta che l'unit di misura di X il valore che X stesso assume quando si dia ad A, B, ... il valore unitario. Una equazione che esprime una grandezza in funzione di altre deve essere dimensionalmente omogenea (criterio di omogeneit dimensionale); ci pu consentire il controllo e il rilievo di eventuali errori di una formula. La (2.1) per non una relazione algebrica perch varia con la scelta delle grandezze e delle unit fondamentali. Le grandezze che risultano indipendenti da quelle fondamentali diconsi invece adimensionali o numeri puri. Le unit di misura si attuano con campioni materiali che devono presentare minima incertezza e elevata confrontabilit, riproducibilit e invariabilit (nel tempo e nello spazio). I campioni primari delle unit fondamentali costituiti da determinati prototipi depositati presso un laboratorio internazionale (il metro di Sevres,...), quando possibile, sono sostituiti con campioni naturali che, sfruttando determinati fenomeni, garantiscono caratteristiche metrologiche migliori di quelle dei prototipi precedentemente impiegati. Le unit di misura e i campioni del Sistema Internazionale di unit (SI), attualmente in vigore, si basano su questo criterio; fa eccezione la massa per la quale non si ancora trovato un fenomeno che possa garantire caratteristiche migliori del prototipo (successivo 2-3.1). La costruzione, la conservazione e la miglioria dei campioni primari richiede tecniche molto
sofisticate, possibili solo presso laboratori di metrologia primari altamente specializzati. Perci partendo dai campioni primari si costruiscono per le unit fondamentali e per le unit derivate, una serie di campioni secondari o di lavoro con incertezza via via crescente. In pratica tutte le misure scientifiche, tecniche e commerciali discendono da confronti con tali campioni secondari.
2.3.
2.3.1. Unit fondamentali Il Sistema Internazionale di unit di misura, sancito da accordi tra le diverse Nazioni e indicato con la sigla SI, si basa su sette grandezze fondamentali: lunghezza, massa, intervallo di tempo, intensit di corrente elettrica, temperatura termodinamica, intensit luminosa e quantit di materia. Si riporta nel seguito, per le prime quattro grandezze del SI, la definizione data dalla Conferenza Generale Pesi e Misura (CGPM). 1) Lunghezza, unit metro (m). "E' la lunghezza del tragitto compiuto dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo di 1/299 792 458 di secondo" (XVII CGPM, 1983). Il campione del metro secondo questa definizione, attuabile con tecniche laser, consente una incertezza pari a 10-10. In Italia il depositario del campione di lunghezza l'Istituto Metrologico "Gustavo Colonnetti" (IMGC). 2) Massa, unit kilogrammo (kg). " la massa del prototipo internazionale conservato presso il BIPM, nel padiglione di Breteuil, a Svres" (III CGPM, 1901). Il campione prototipo un cilindro di platino-iridio rispetto al quale sono tarati per confronto mediante bilancia i campioni nazionali con una incertezza di 210-9. In Italia sono depositari del campione l'Ufficio Metrico (UM) e l'IMGC. 3) Tempo, unit secondo (s). "E' l'intervallo di tempo che contiene 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra due livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomo di cesio 133" (XIII CGPM, 1967). Intervalli di tempo maggiori di 100 s si misurano con una incertezza minima fino a 10-12. Il depositario in Italia del campione l'Istituto Elettrotecnico Nazionale "Galileo Ferraris" (IENGF). 4) Intensit di corrente elettrica, unit ampere (A). "E' l'intensit di corrente elettrica che, mantenuta costante in due conduttori rettilinei, paralleli, di lunghezza infinita, di sezione circolare trascurabili e posti alla distanza di 1 m l'uno dall'altro nel vuoto produce tra i due conduttori la forza di 210-7 N su ogni metro di lunghezza" (IX CGPM, 1948). Il campione dell'ampere si ottiene con una bilancia elettrodinamica, mediante la quale, nota l'accelerazione di gravit locale e con riferimento al campione di massa, si misura la forza di interazione fra una bobina fissa e una mobile e da essa si calcola il valore della corrente elettrica nelle bobine, con una incertezza di 410-6. Il campione precedente stato sostituito per gli usi pratici dai campioni internazionali legali dell'ohm e del volt (successivo 2-4). Il depositario in Italia dei campioni l'IENGF. La tabella 2-1 riporta i nomi e i simboli delle grandezze e delle unit fondamentali e supplementari del SI.
2.3.2. Unit derivate e prefissi La tabella 2-2 riporta i nomi, i simboli e le dimensioni delle grandezze derivate del sistema SI le cui unit di misura hanno un nome particolare. Il Sistema Internazionale di unit di misura un sistema coerente per cui le unit derivate si esprimono direttamente (cio con coefficiente unitario) in funzione delle unit fondamentali.
Tabella 2-2 Grandezze derivate del SI con unit aventi nome particolare
(2) In elettrotecnica la potenza attiva espressa in watt (W), la potenza reattiva in volt-amperereattivi (var) e la potenza apparente in volt-ampere (VA). La tabella 2-3 riporta le unit di misura derivate del SI.
Il Sistema SI un sistema di unit di misura sufficientemente pratico cio tale da eliminare l'uso di numeri troppo grandi o troppo piccoli. Questo risultato tuttavia non sempre raggiunto per il grande divario di grandezze adoperate nelle diverse aree della tecnica; si usano perci prefissi per esprimere sinteticamente i multipli e i sottomultipli delle unit scelte. 8
La tabella 2-4 riporta i prefissi e i simboli dei multipli e sottomultipli decimali delle unit. Tabella 2-4 Prefissi multipli e sottomultipli decimali
2.3.3. Regole di scrittura Si riportano le principali regole raccomandate dal Comitato Internazionale Pesi e Misure (CIPM) riguardanti la scrittura delle unit di misura del SI e dei relativi simboli. Le unit anche se tratte da nomi propri, ed i relativi multipli e sottomultipli, si scrivono in minuscolo e senza accento: ampere e non Ampere o ampre, megaohm e non Mega Ohm. L'unit di misura se non accompagnata dal valore numerico si scrive per esteso (non con il simbolo) ed , quasi sempre, invariabile al plurale: alcuni ohm e non alcuni o alcuni ohms. Vi sono eccezioni come: metro, secondo, radiante, candela ... . I simboli scritti con l'iniziale maiuscola se tratti da nomi propri o minuscola negli altri casi, non sono seguiti dal punto (V e non V., m e non m.) e seguono sempre il valore numerico (3A e non A3). I simboli dei prefissi (multipli e sottomultipli delle unit) si scrivono prima del simbolo dell'unit senza spazio vuoto o punto: A e non A o .A. . Una unit prodotto di due o pi unit si scrive interponendo tra i simboli delle unit componenti un punto a mezza altezza (segno di moltiplicazione), oppure uno spazio vuoto tra i simboli delle unit componenti: 1 Wb = 1 V s o 1 Wb = 1 V s e non 1 Wb = 1 V-s . I simboli di ora, minuto e secondo sono h, min, s. Gli apici ' e " indicano il minuto e il secondo di arco, cio unit angolari e non di tempo. Il simbolo del prefisso kilo k (minuscolo): kWh e non KWh. Il simbolo del kelvin K (maiuscolo), senza il segno di :K e non K.
2.3.4. Unit fuori sistema SI e fattori di conversione Si definiscono nel seguito altre unit di misura, fuori dal Sistema Internazionale, impiegate diffusamente in elettrotecnica e in elettronica. L'unit per la misura del rapporto tra due grandezze omogenee di un doppio bipolo (amplificatore, 9
attenuatore, linea, ...) il deciBel (dB) definito da: dB = 10 log P2/P1 (2.2) con P2 e P1 potenza di uscita e di entrata dal doppio bipolo. Se questo ha la resistenza di uscita R2 uguale a quella di entrata, R1 la (2.2) diventa dB = 20 log U2/U1, oppure dB = 20 log I2/I1 (2.3) con U2, I2 e U1, I1 rispettivamente tensione e corrente in uscita e in entrata. In particolare un guadagno di + 3 dB corrisponde a un raddoppio della potenza di uscita (P2/P1 = 2) e a un aumento della tensione di uscita U2 (o della corrente I2) pari a 2 (U2/U1 = I2/I1 = 2 ). Invece un'attenuazione di -3 dB corrisponde a una riduzione della potenza e della tensione (o corrente) di uscita rispettivamente pari a 1/2 ed a 1/ 2 (P2/P1 = 1/2; U2/U1 = 1/ 2 0,707). Nell'uso comune spesso si d il guadagno (o l'attenuazione) in tensione (o corrente) definito dalle precedenti (2.3), indipendentemente dalla condizione R2 = R1. Evidentemente in tal caso non possibile convertire il guadagno (o attenuazione) in tensione (o in corrente) nel corrispondente guadagno (o attenuazione) in potenza. La tabella 2-5 riporta per dati valori del rapporto U2/U1 i corrispondenti valori in decibel. Tabella 2-5 102 40 103 60 104 80 105 100
U2/U1 dB
1 0
10 20
Il decibel essendo un rapporto non d un valore assoluto a meno che non sia dato rispetto a un livello di riferimento. Ad esempio in telefonia si usa come livello di riferimento il milliwatt (10-3 W), cos un segnale di 10 mW corrisponde a + 10 dBm (cio +10 dB riferiti al milliwatt). Poich la resistenza di riferimento in telefonia 600 anche le tensioni possono essere espresse in dBm. Molti voltmetri hanno la scala tarata in dBm per tali applicazioni; una lettura di 0 dBm su tale scala corrisponde alla tensione di 0,775V (questo valore rappresenta la tensione agli estremi di una resistenza di 600 che assorbe 1mW). L'unit per la misura dell'informazione o della entropia di una sorgente d'informazione il bit. Se tra N eventi equiprobabili si verifica uno solo di essi, si ottiene un'informazione Hi data da: Hi = log2 N (2.4) Perci il bit l'informazione che si ottiene quando, dati due eventi equiprobabili, si afferma il verificarsi di uno solo di essi Hi = log22 = 1 bit (2.5) Dalla (2.4) risulta che al crescere di N in progressione geometrica l'informazione cresce in progressione aritmetica, ad esempio se N si eleva al quadrato l'informazione Hi raddoppia soltanto. La tabella 2-6 riporta per alcuni valori di N, i corrispondenti valori di bit. Tabella 2-6 32 64 5 6
N bit
2 1
4 2
8 3
16 4
128 7
256 8
512 9
1024 10
Un'altra unit per la misura dell'informazione il byte definita da: 1 byte = 8 bit (2.6) Si noti che 1 kbyte=1024 bit. La velocit di trasmissione dell'informazione si esprime in bit/s; spesso tale unit chiamata baud. Le unit logaritmiche precedentemente definite sono usate vantaggiosamente in misure che coinvolgono le nostre sensazioni che, approssimativamente, sono proporzionali al logaritmo dell'ampiezza dello stimolo (Cap. 1. legge di Fechner).
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La tabella 2-7 riporta infine i fattori di conversione in unit SI di grandezze misurate usualmente in altre unit. Tabella 2-7
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2.4.
Per le misure elettriche ordinarie si impiegano campioni elettrici secondari o di lavoro. Nel seguito si illustrano le principali caratteristiche dei campioni di: forza-elettro-motrice, resistenza, induttanza (auto e mutua) e capacit. 2.4.1. Campioni di forza-elettro-motrice Il campione di f.e.m. internazionale fornito dalla pila Weston che una pila al cadmio-mercurio costituita da un contenitore sigillato in vetro a forma di H, Fig. 2-3, contenente la catena voltaica: Hg(1)-HgSO4 (2 depolarizzante)-soluzione di CdSO4(3)-amalgama di Cd(4)
Fig. 2-3. Pila Weston. Alla temperatura di 20 C la f.e.m. compresa tra 1,01859 e 1,01865V; un certificato di taratura individuale fornisce il valore esatto. La f.e.m. indipendente dalle dimensioni del contenitore; da queste invece dipende il valore della resistenza interna normalmente di qualche centinaio di ohm. Le pile Weston non devono essere usate a temperature fuori dell'intervallo 4 40 C, devono essere maneggiate con cura, non subire urti e non devono erogare correnti superiori a qualche decimo di milliampere per qualche secondo. Dopo una momentanea variazione di una loro caratteristica, ad esempio della f.e.m., queste pile hanno il pregio di riportasi nelle condizioni iniziali dopo un tempo pi o meno lungo (anche pi giorni). Le pile Weston possono essere sature, per la presenza di cristalli di CdSO4, e non sature. Le pile sature presentano una elevata riproducibilit, una f.e.m. molto stabile nel tempo (permanenza) con un coefficiente di temperatura di circa -40V/ C; sono prevalentemente impiegate come campioni primari. Invece le pile non sature sono pi impiegate come campioni secondari perch, pur avendo una minore riproducibilit e permanenza, forniscono una f.e.m. con coefficiente di temperatura minore, intorno a -5V/C e sono pi maneggevoli. Come generatori di tensione di riferimento sono anche molto impiegati i diodi Zener. Sono diodi al silicio che polarizzati in senso diretto presentano una caratteristica corrente-tensione I=I(U) analoga a quella dei diodi ordinari, Fig. 2-4a). Sottoposti a una tensione inversa sono percorsi da una piccolissima corrente (qualche microampere), che indipendente dal valore della tensione applicata fino a un certo valore di questa. Al disopra la corrente nel diodo subisce un brusco aumento; la tensione corrispondente a questo brusco aumento di corrente detta tensione Zener. Quando il punto di lavoro del diodo si trova nella parte verticale della I=I(U) la tensione ai morsetti 12
del diodo praticamente costante e indipendente dalla corrente. Il valore della tensione Zener una costante per ciascun tipo di diodo e, secondo i tipi, va da 5 a 70V circa.
Fig. 2-4. Tensione di riferimento con diodo Zener. Il circuito di Fig. 2-4b) fornisce una tensione di riferimento stabile. I valori della tensione Uo e resistenza Ro sono tali che il diodo lavori nella zona a effetto Zener. Se varia la tensione Uo o la corrente I corrispondentemente varia la corrente Io e la caduta di tensione agli estremi di Ro, mentre la tensione U ai morsetti del diodo D si mantiene costante. Con la connessione in serie di pi diodi si ottiene una tensione di riferimento pi elevata. Invece con la connessione in cascata di pi circuiti del tipo di Fig.2-4b) si pu ottenere una tensione di uscita estremamente stabile, ad esempio che varia del 10-3% in corrispondenza a variazioni della tensione in ingresso U del 10%. I diodi Zener pur avendo una riproducibilit e una permanenza inferiore a quelle delle pile Weston sature, sono meno ingombranti, hanno un minor coefficiente di temperatura, forniscono una tensione pi elevata, sopportano meglio gli urti e un'erogazione di corrente (non sono danneggiati da corto-circuiti istantanei). 2.4.2. Resistori La resistenza R di un resistore costituito ad esempio da un filo di un dato materiale e dimensioni. In un campo di corrente uniforme : R = , con resistivit del materiale, ed S lunghezza e S sezione del filo. Il materiale per la costruzione di resistori campione deve presentare le seguenti caratteristiche: elevata resistivit per ridurre l'ingombro, minimo coefficiente di temperatura, minima f.e.m. termoelettrica rispetto al rame, elevata stabilit nel tempo, buona resistenza meccanica e buona resistenza alle ossidazioni e alle corrosioni. Per ottenere questi requisiti si impiegano adatte leghe. Tra queste la pi adoperata la manganina (86% Cu, 12% Mn, 2% Ni) che ha una resistivit di circa 0,5 m, un coefficiente di temperatura di circa 10-5 fra i 20 e 30 C, e una f.e.m. termoelettrica rispetto al rame intorno a 2 V/C. Caratteristiche simili alla manganina ha la costantana (60% Cu,40% Ni) che per ha lo svantaggio di una maggiore f.e.m. termoelettrica rispetto al rame pari a circa 40V/C. I resistori campioni per corrente continua sono costruiti sotto forma di "cassette" in cui mediante spine o commutatori si pu variare la resistenza totale dal valore zero a un dato valore massimo. Naturalmente i resistori a cassette per la presenza delle resistenze dei contatti non definite e costanti, presentano una incertezza superiore a quella dei campioni singoli. In questi ultimi sovente il conduttore che presenta la resistenza voluta contenuto in un recipiente pieno di olio, che oltre a smaltire pi facilmente il calore consente di mantenere la resistenza a una 13
temperatura ben definita. Inserendo un resistore campione in un circuito, si suppone che la resistenza dei contatti tra i morsetti e i conduttori, dell'ordine di 10-310-4 , sia trascurabile rispetto alla resistenza del campione. Qualora ci non si verifichi, come nel caso di campioni aventi una resistenza molto bassa, inferiore a un ohm, necessario usare resistori con quattro morsetti, "due amperometrici" per il collegamento della resistenza al circuito di alimentazione, e "due voltmetrici" tra i quali la tensione U=RI, con I che percorre il resistore, definisce esattamente il valore della resistenza campione R (Cap. 12.). Un resistore campione per corrente alternata deve presentare una resistenza costante al variare della frequenza e deve essere privo di componenti reattivi. Per soddisfare al primo requisito necessario evitare correnti parassite nell'interno del conduttore e nelle parti circostanti. Allo scopo il resistore si costruisce con filo sottile avvolto su supporti isolanti, anzich metallici. Invece sempre presente: una induttanza parassita L corrispondente al flusso magnetico concatenato con il conduttore stesso quando percorso da corrente; una capacit parassita C corrispondente alle correnti nel dielettrico interposto tra i vari punti del conduttore sottoposti a differenze di potenziale. Tali parametri distribuiti lungo il conduttore in prima approssimazione si possono interpretare con il circuito equivalente a parametri concentrati di Fig. 2-5.
Fig. 2-5. Circuito equivalente di un resistore campione. Con opportuni accorgimenti costruttivi, come avvolgimenti su sottili lastre isolanti o con due fili in parallelo avvolti in senso opposto, i parametri parassiti L e C nei resistori campione assumono sempre valori molto piccoli. Cos trascurando i termini di grado superiore al primo, l'impedenza complessa presentata da un resistore campione si pu esprimere nella forma: Z R + j(L - C R2) perci per tener conto dei parametri parassiti si pu considerare in serie con la resistenza R una induttanza. L' = L - C R2 positiva o negativa a seconda che prevalga l'effetto dell'induttanza o della capacit parassita. Nelle applicazioni l'effetto dei parametri parassiti di una resistenza si caratterizza con la costante di tempo . = L'/R = L/R - C R (2.7) la quale, per resistenze comprese tra 10 e 1.000 ohm pu raggiungere, nei campioni migliori, valori estremamente piccoli 10-7 10-9 s, fino a frequenze di qualche kilohertz. I resistori usati in corrente alternata sono "schermati" cio circondati da uno schermo metallico che pu essere mantenuto ad un determinato potenziale, in particolare al potenziale di terra, oppure connesso ad un estremo del resistore allo scopo di evitare che il resistore presenti verso gli oggetti circostanti, una capacit indefinita, variabile da caso a caso. Tale schermo non elimina la capacit parassita verso "massa" anzi la capacit tra la resistenza e lo schermo risulta sempre pi elevata di quella che la resistenza presenterebbe verso gli oggetti circostanti, tuttavia essa risulta ben definita, quindi possibile misurarla e tenerne conto quando la resistenza viene inserita in un circuito.
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2.4.3. Auto e mutuo-induttori Gli autoinduttori o induttori campione si costruiscono sotto forma di solenoidi corti o di avvolgimenti toroidali. Si ricorda che il coefficiente di autoinduttanza L di un avvolgimento di N spire dipende dalle sue dimensioni e dalla permeabilit magnetica del mezzo interessato dalle sue linee di flusso. In un campo magnetico uniforme : L = N2/Rm = N2S/l con Rm riluttanza del circuito magnetico di lunghezza l e sezione S. Gli induttori campione sono avvolti su supporti generalmente non magnetici, poco deformabili con la temperatura e l'umidit come ceramica o ebanite. Per evitare variazioni di induttanza e perdite per correnti parassite nella struttura dei supporti non si devono impiegare materiali conduttori come viti, chiodi, ... . Gli avvolgimenti degli induttori per frequenze ultra-acustiche fino a circa 100 kHz, devono essere di sezione tale da non risentire dell'effetto pelle, perci sono costruiti con filo costituito da conduttori, isolati e intrecciati tra di loro, connessi in parallelo (Litzen). Per costruire induttori di valore superiore ad 1 H, oppure per ridurre il numero di spire a pari induttanza e sezione delle spire, si usano nuclei di materiale ferromagnetico. In questo caso per, per ridurre la variazione dell'induttanza in funzione della corrente che percorre l'avvolgimento, conseguente alla variazione di permeabilit del nucleo, necessario usare traferri considerevoli. Inoltre per mantenere le perdite dovute alle correnti parassite entro limiti ristretti, la laminazione deve essere tanto pi spinta quanto pi elevata la frequenza di lavoro dell'induttore. Perci per frequenze elevate il materiale ferromagnetico costituito da ferro polverizzato, mantenuto compatto mediante leganti costituiti da materiali isolanti, oppure da "ferriti" che presentano anche una resistivit elettrica molto elevata. I campioni di induttanza presentano sempre elementi parassiti, costituiti dalla resistenza R dell'avvolgimento, che si pu considerare in serie con l'induttanza e dalla capacit C, dovuta ai vari tratti del conduttore a potenziale diverso, che si pu considerare in parallelo. Pertanto un induttore reale si pu rappresentare con un circuito equivalente analogo a quello di un resistore, Fig. 2-5, in cui per L il parametro desiderato e R e C sono i parametri parassiti. Per la presenza della capacit parassita, ogni induttore caratterizzato da una pulsazione di risonanza , al di sopra della quale si comporta come una impedenza capacitiva, mentre a pulsazioni inferiori, si comporta come una induttanza di valore: L' = L(1 + 2 / 2 0) Poich un induttore risulta tanto pi prossimo al campione teorico quanto pi piccola la sua resistenza, a pari reattanza, per caratterizzare la qualit di un induttore campione si usa il fattore di qualit o di merito Q definito da: Q = L/R = tan (2.8) Il fattore di qualit dipende dalla frequenza di lavoro dell'induttore e pu raggiungere valori di 50200, per induttori in aria, a una frequenza alquanto inferiore a quella di risonanza. I campioni di mutua induttanza M (mutuo-induttori) sono costituiti da due avvolgimenti affacciati, costituenti rispettivamente il primario e il secondario, di solito avvolti sullo stesso supporto costituito con materiale isolante. I campioni reali hanno caratteristiche molto prossime a quelle teoriche; la f.e.m. secondaria E = jMI risulta praticamente in quadratura con la corrente primaria I di pulsazione . I parametri parassiti sono costituiti oltre che dalle resistenze degli avvolgimenti, dalle capacit distribuite che, per comodit di calcolo, si suppongono concentrate tra i morsetti del primario, tra i morsetti del secondario, e tra i morsetti primari e i morsetti secondari.
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Per piccoli valori di mutua, si costruiscono campioni variabili con continuit o variometri, costituiti da una bobina fissa, entro la quale pu ruotare una seconda bobina, in modo da variare il flusso concatenato coi due circuiti. Si definisce coefficiente di accoppiamento il rapporto: (2.9) k = M / L 1L 2 ove L1 e L2 sono le induttanze rispettivamente del primario e del secondario. Esso risulta sempre minore dell'unit in genere compreso tra 0,5 e 0,8. 2.4.4. Condensatori I condensatori campione sono costruiti in forma cilindrica o piana. Si ricorda che la capacit C di un condensatore dipende dalle sue dimensioni e dalla permittivit elettrica del mezzo interposto tra le sue armature; in un campo elettrico uniforme C = S/d con S e d sezione e distanza tra le armature. I condensatori per piccoli valori di capacit, fino a 1000 pF possono avere quale dielettrico l'aria, che comportandosi praticamente come il vuoto, non d luogo a perdite. Per capacit pi grandi si usano dielettrici aventi una costante dielettrica ed una rigidit pi elevate, in particolare la mica e il polistirolo, che a una rigidit dielettrica molto elevata, uniscono la caratteristica di presentare piccole perdite dielettriche ed una resistivit elettrica particolarmente elevata. I campioni per tensioni elevate, quasi sempre costruiti in forma cilindrica, sono caratterizzati da dimensioni notevoli, perch gli elettrodi sono posti ad una distanza tale da sopportare la tensione voluta senza produrre scariche, e da piccola capacit, in genere 100 pF. Sovente, per aumentare la tensione massima che si pu applicare tra gli elettrodi (100500 kV) questi condensatori vengono costruiti in gas compresso, quasi sempre azoto, perch questo gas per un certo campo di pressione presenta una rigidit dielettrica crescente al crescere della pressione senza praticamente alcuna variazione della permittivit. Per evitare che ogni oggetto posto nelle immediate vicinanze del condensatore modifichi la distribuzione del campo e quindi possa alterare il valore della capacit del campione, una delle armature, se mantenuta a potenziale di massa, circonda completamente l'altro elettrodo, oppure i due elettrodi sono circondati entrambi da uno schermo mantenuto a un dato potenziale, in genere a quello di massa. In questo caso, per definire completamente le caratteristiche del campione, necessario conoscere oltre alla capacit determinata dai due elettrodi, anche la capacit che ognuno di essi presenta verso lo schermo. Si impiegano anche campioni di capacit variabile con continuit, da pochi pF fino a un valore di 1000 pF 5000 pF. Sono costituiti da due serie di lamine piane, quasi sempre in alluminio, disposte in due gruppi costituenti gli elettrodi del condensatore. Le lamine di un gruppo, mediante rotazione, possono interporsi tra le lamine del gruppo fisso costituenti il secondo elettrodo del condensatore. La massima capacit del condensatore evidentemente si ottiene quando le lamine sono completamente interposte, mentre quando le lamine mobili sono completamente estratte, il condensatore presenta una capacit residua. Questa dipende dalla forma e dal tipo di condensatore e varia da pochi pF per piccoli condensatori, a 50 100 pF per condensatori pi grandi. La incertezza di un condensatore variabile dipende soprattutto dalle caratteristiche meccaniche, in quanto da esse dipende la riproducibilit dei risultati, e naturalmente, non pu raggiungere la incertezza ottenibile coi campioni fissi. Per valori di capacit maggiori si usano cassette di capacit a decadi nelle quali, mediante commutatori rotanti o spinotti, possibile variare la capacit. Tra gli elettrodi di un condensatore esiste sempre una resistenza di isolamento, la quale pu essere 16
anche molto elevata per non mai infinita. Essa dovuta alla presenza del dielettrico solido interposto tra le armature inevitabile anche nei condensatori in aria per mantenere distanziate e fisse le armature del condensatore. L'effetto di tale resistenza R1 in parallelo alla capacit C e prevalente alla basse frequenze, circuito equivalente di Fig. 2-6. Per le alte frequenze bisogna anche tenere conto della resistenza R2 dei collegamenti e delle stesse armature, resistenza che si pu considerare in serie con la capacit. L'induttanza L di tali collegamenti pu alterare il valore della capacit, in quanto per effetto di essa il condensatore si comporta come se avesse una capacit: C' = C/(1- 2LC) C (1 + 2LC) Se il dielettrico non costituito dal vuoto, o dall'aria, bisogna inoltre tener conto delle perdite dielettriche, le quali si possono pensare come dovute ad una ulteriore resistenza, funzione della frequenza connessa in serie o in parallelo nel circuito di Fig. 2-6. Pertanto la corrente I in un condensatore reale non risulta perfettamente in anticipo di /2 sulla tensione U ai suoi estremi ma sfasata di un angolo minore, Fig. 2-7a) tale che la potenza attiva assorbita P = UIcos corrisponda alle perdite che in esso hanno luogo. Normalmente per l'angolo molto prossimo a /2 per cui si caratterizza il comportamento di un condensatore reale con il suo angolo complementare detto angolo di perdita = /2- dandone la tangente. Il condensatore con perdite pu essere rappresentato, a una data frequenza, da una capacit ideale con una resistenza Rs in serie o Rp in parallelo secondo i circuiti equivalenti di Fig. 2-7b). Risulta: tan = RsC = 1/ RpC (2.10)
Fig. 2-7. Angolo di perdita. Come ordine di grandezza tan ha i seguenti valori: condensatori in aria 10-6 10-5 in mica 10-4 10-3 in carta 10-3 10-2
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2.5.
L'organizzazione internazionale che promuove il lavoro metrologico primario la Conferenza Generale dei Pesi e Misure (CGPM). Tale lavoro si svolge su rapporti del Comitato Internazionale di Pesi e Misure (CIPM) costituito da comitati consultivi specifici per ogni area metrologica, come il Comitato Consultivo di Elettricit (CCE); sono membri di questi comitati i laboratori metrologici nazionali che lavorano nelle aree corrispondenti. Sempre sotto il coordinamento del CIPM, il Bureau International des Poids et Mesures (BIPM) con sede a Svres (Parigi) effettua il lavoro metrologico primario internazionale per determinare le costanti fisiche, conservare i campioni internazionali, confrontare i campioni nazionali, ... Gli organi di metrologia primaria italiani sono: l'Istituto Elettrotecnico Nazionale "Galileo Ferraris" (IENGF) in Torino per la metrologia elettrica, del tempo e della frequenza, la fotometria e la metrologia acustica; l'Istituto di Metrologia "Gustavo Colonnetti" (IMGC) in Torino per la metrologia di lunghezza, massa, temperatura e grandezze da esse derivate (forza, pressione, ... ); l'Istituto Superiore di Sanit (ISS) in Roma, per la metrologia delle radiazioni ionizzanti, delle grandezze nucleari e radiologiche. Invece la metrologia legale affidata all'Ufficio Metrico (UM) del Ministero dell'Industria e Commercio in Roma che, per mezzo degli uffici decentrati, provvede alla verifica dei campioni e degli strumenti di misura per uso commerciale. Tutta l'attivit metrologica poi coordinata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in Roma, attraverso la Commissione per la Metrologia. Criteri di normalizzazione internazionale sono richiesti, oltre che nella metrologia primaria, anche in moltissime applicazioni che coinvolgono interessi tecnico-economici come la verifica delle caratteristiche di una macchina, di un impianto, ... . La Commissione Elettrotecnica Internazionale (IEC) divisa in comitati formati da studiosi, costruttori e utilizzatori, dal confronto di interessi opposti, elabora norme per misure e prove relative alle varie applicazioni dell'elettrotecnica. Con riferimento a queste norme internazionali, o in modo autonomo, il Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) elabora, con le stesse modalit, Norme nazionali alcune delle quali hanno anche validit legale, ad esempio quelle che stabiliscono le caratteristiche costruttive dei contatori di energia elettrica.
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3.
La misura di qualunque grandezza presenta inevitabilmente un errore. Errore assoluto X la grandezza dimensionata data dalla differenza algebrica tra il valore misurato X e il valore esatto o effettivo X0: X = X - X0 Il valore X0 anche chiamato valore vero (true value), per il valore vero non determinabile con lesperienza (principio dindeterminazione). Quindi X0 rappresenta un valore di riferimento ottenibile da una misurazione la pi perfetta possibile, ad esempio pu essere lindicazione di uno strumento campione. Con la definizione data, un errore assoluto positivo corrisponde a un valore errato per eccesso e quindi a una correzione negativa. Errore relativo il rapporto adimensionale tra lerrore assoluto X e il valore X0: X X0 = X0 Se 0.05 lerrore relativo praticamente si determina rispetto al valore misurato X: X X0 ' = = X 1+ Lerrore relativo, secondo la sua entit si esprime, sia in percento: X 100 = X0 sia con le potenza negative del 10, ad esempio 10-3 = 0.1%, o in parti per milione (p.p.m.). A parte gli errori grossolani come inserzioni errate, strumenti non tarati, ecc., gli errori si classificano in sistematici ed accidentali. Gli errori sistematici sono quelli che si mantengono costanti in modulo e segno quando si ripeta la misura nelle medesime condizioni. Sono provocati di volta in volta sempre dalla stessa causa, ad esempio: spostamento dello zero, consumo, tempo di risposta, ecc.. Non sempre facile individuarli, talvolta si rivelano cambiando strumento, osservatore, metodo di misura. Gli errori accidentali (aleatori, fortuiti o casuali) sono quelli che variano in modulo e segno quando si ripeta la misura nelle medesime condizioni. Sono provocati da cause occasionali: attrito, interferenze, rumore, ecc., il cui singolo contributo imprevedibile e agisce ogni volta con diversa entit e segno. Di essi si pu dare una valutazione con metodi statistici.
La qualit di una misura si caratterizza globalmente con lincertezza (uncertainty) data dallerrore, assoluto e relativo, ad essa associato.
3.2. Calcolo dellincertezza nelle misure dirette e indirette
Nelle applicazioni, effettuata una misura, ha interesse determinare il modulo dellincertezza (assoluta e relativa) entro cui si garantisce il valore ottenuto. Nella sua determinazione possono intervenire gli errori di seguito specificati. Errori sistematici: o se ne tiene conto, come per gli errori di consumo (loading effect), con opportune correzioni dei risultati, o si rendono trascurabili rispetto agli altri errori presenti.
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Errori propri della strumentazione: dovuti alla precisione (accuracy) propria degli strumenti di misura impiegati, come la classe negli strumenti elettromeccanici. Errori dipendenti dalla risoluzione degli strumenti come: incertezza di apprezzamento della posizione di un indice sulla scala degli strumenti a deviazione (errore di lettura), lincertezza nella valutazione dello zero nei ponti e nei potenziometri, oppure lincertezza sullultima cifra negli strumenti numerici. Normalmente questi errori sono trascurabili. In una misura diretta su uno strumento tarato, ad esempio la misura di tensione U su un voltmetro elettromeccanico ha unincertezza assoluta: U = U consumo + U classe + U lettura
Questa formula nelle applicazioni spesso si riduce a U = Uclasse, se lerrore di consumo e di lettura sono trascurabili rispetto allerrore di classe. Invece in una misura indiretta il misurando X = f ( A,B,C,) determinato tramite la misura di altre grandezze A,B,C,, aventi rispettivamente errore assoluto A, B, C, Nellipotesi che A,B,C,, siano indipendenti tra loro e che A, B, C,, siano sufficientemente piccoli la propagazione degli errori provoca sul risultato X una incertezza assoluta X data dalla somma dei moduli: f f f A + B + C + ......... x = A B C perch non essendo noto il segno di f/A, f/B,, e di A, B,si considera la condizione pi sfavorevole. Determinato X, si ricava lerrore relativo. Per particolari forme della X = f (A,B,C,) come prodotto, quoziente, la determinazione dellincertezza relativa pi spedita facendo il differenziale del logaritmo di X, ad esempio: Cr p ln x = m ln A + ln B r ln C n
X A p B C =m + r C A n B X e sommando i vari termini si ottiene: X p X = = m A + B + r C X n
x=
A m n Bp
differenziando
Per valutare gli effetti che si hanno sulla propagazione degli errori, si esamina il caso dei pi comuni legami funzionali tra X e A, B, C,
Somma:
X=A+B
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errore relativo:
x =
X A A + B B = X A+B
Pertanto lerrore relativo di una somma di pi grandezze non supera il maggiore degli errori relativi sui singoli addendi. Se A = B si ha X = A = B. Inoltre per gli addendi piccoli si possono accettare errori relativamente pi elevati senza che lerrore relativo totale subisca notevoli variazioni.
Differenza:
X=A-B
X =A + B
x = A A + B B AB
Quindi lerrore relativo di una differenza tanto maggiore quanto pi i termini da sottrarre sono di valore prossimo. perci preferibile evitare misure indirette ottenute per differenza.
Prodotto:
X=AB
X =A A + B B Con la regola del differenziale logaritmico si ha subito: X = A + B. Cio lerrore relativo di un prodotto uguale alla somma degli errori relativi dei singoli fattori; anche se uno dei fattori piccolo rispetto agli altri si deve misurare con la stessa precisione degli altri, per evitare che lerrore relativo totale subisca notevoli aumenti. Come corollario si ricava che se: X = An
X = nA.
Cio la elevazione a potenza n-esima moltiplica lerrore relativo per n. Invece se:
X=n A
X = A /n.
Quindi nella propagazione dellerrore sul risultato, la elevazione a potenza sfavorevole invece lestrazione di radice favorevole.
Quoziente:
X = A/B X = 1 A A + 2 B B B
cio lerrore relativo di un quoziente uguale alla somma degli errori relativi del numeratore e del denominatore.
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In conclusione pu essere utile aver presente la seguente regola: nella somma e nella differenza si sommano gli errori assoluti, in un prodotto e in un quoziente si sommano gli errori relativi. Nel caso di pi misure di un dato misurando affetto da errori accidentali, metodi statistici forniscono, con un dato livello di confidenza o probabilit, lintervallo di confidenza o incertezza associata al valore del misurando. Ad esempio su un campione di pi misure sufficientemente esteso ed avente Distribuzione Normale, determinato il valore medio M e lo scarto quadratico medio , si pu affermare con il 99,7% di probabilit che il valore esatto sia compreso nellintervallo di confidenza di . Si noti che i metodi statistici valgono solo per gli errori accidentali e non per quelli sistematici. Perci gli errori sistematici devono essere adeguatamente ridotti prima delle elaborazioni statistiche. Per un approfondimento sullargomento si rimanda al testo di riferimento o a lavori specifici.
3.3. Espressione numerica e grafica di una misura
Lespressione numerica di una misura deve tenere conto della precisione con cui essa stata ottenuta per non scrivere cifre prive di significato. Ci si ottiene tenendo come ultima cifra significativa2 quella su cui si ha incertezza, arrotondata con le regole consuete. Ad esempio per misure eseguite con la precisione di 0,1% i valori ottenuti: 15 96,548 278,467 si scrivono 15,00 96,5 278,500 La misura 15,00 quindi diversa da quella espressa solo da 15. Laggiunta di due zeri dopo la virgola significa che lincertezza con cui stata eseguita la misura tale da garantire luno per mille. Scrivendo invece semplicemente 15 significa che lincertezza tale da non poter precisare le cifre che seguirebbero la virgola. Le considerazioni precedenti per non sono universalmente accettate e non prive di critiche. Pertanto per evitare ambiguit sempre consigliabile esprimere il risultato finale di una misura con il numero che la rappresenta e con lincertezza assoluta o relativa che possibile garantire. Ad esempio una misura di tensione si esprime: (300 4,5) V; oppure: 300 V 1,5%. Mentre lincertezza assoluta fornisce subito lintervallo entro cui cade il valore esatto della misura, lincertezza relativa rende agevole il confronto tra misure diverse. La rappresentazione grafica dei risultati di una misura un metodo molto utile per accertarne lattendibilit. Infatti tracciata la curva che rappresenta landamento del fenomeno esaminato in modo da avvicinarsi alla maggior parte dei punti sperimentali, si possono facilmente scartare le misure affette da evidenti errori grossolani. Una opportuna scelta delle scale (quadratica, logaritmica, ) pu migliorare lefficacia del grafico. Cos per una funzione del tipo Y = KX2 come la potenza elettrica assorbita da un resistore, conviene riportare sulle ascisse i quadrati di X; i punti sperimentali dovrebbero essere su una retta passante per lorigine degli assi. Tenuto conto delle approssimazioni che si fanno nel calcolo degli errori, normalmente lincertezza di una misura si esprime con non pi di due cifre significative (1,5 % e non 1,543%).
2
Cifre significative di un numero sono quelle che rimangono dal numero dopo aver cancellato gli eventuali zeri iniziali (cio quelli a sinistra e non quelli a destra o in mezzo al numero); cos 427, 0,0524, 0,00705, 51,0 sono numeri che hanno tutti 3 cifre significative.
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4.
Uno strumento di misura sotto lazione del misurando raggiunge la condizione di regime permanente dopo un transitorio di durata dipendente prevalentemente dalla struttura dello strumento stesso. A transitorio estinto le qualit metrologiche di uno strumento sono specificate dalle cosiddette caratteristiche statiche. In questo capitolo si presentano le pi significative di tali caratteristiche; invece le caratteristiche dinamiche sono riportate durante lesame degli strumenti nei riguardi del comportamento dinamico. Non essendo la terminologia univoca nellimpiego di ciascun termine necessario rendersi conto del significato che lAutore o il Costruttore gli attribuisce.
4.2. Caratteristica di taratura
Un qualunque strumento di misura si pu considerare come un sistema entrata uscita, con X grandezza in entrata e Y indicazione in uscita (o misura).
Fig. 4-1. Caratteristica di taratura; sensibilit. La dipendenza di Y da X, proporzionale, lineare, , cio la Y = f(X) fornita dalla caratteristica di taratura statica o di trasferimento, Fig. 4-1. Il rapporto G0 = Y / X definisce la risposta statica di uno strumento. Linverso di G0 fornisce il fattore di taratura (o costante strumentale) dello strumento, cio il fattore (dimensionale o no) per cui bisogna moltiplicare lindicazione di uscita per ottenere il valore del misurando. Una caratteristica di taratura lineare (G0 = cost.) offre le condizioni pi favorevoli per limpiego di uno strumento.
4.3. Sensibilit
La sensibilit (sensitivity) caratterizza lattitudine di uno strumento a dare un grande variazione dellindicazione delluscita corrispondente a una data variazione del misurando in entrata. Si definisce sensibilit assoluta s, in un determinato punto del campo di misura, il rapporto tra la variazione Y dellindicazione in uscita e la corrispondente variazione X del misurando: s = Y / X 23
Data la caratteristica di taratura, la sensibilit assoluta s fornita dalla pendenza di tale curva, cio: s = dY / dX Se lo strumento a risposta proporzionale (o lineare) la sensibilit s costante e coincide con la risposta statica. Con una curva di taratura non lineare la sensibilit s varia da punto a punto, Fig. 41, per cui necessario specificare le condizioni alle quali si riferisce. La sensibilit s (come G0) essendo il rapporto di due grandezze fisiche dimensionata o no, secondo che le grandezze siano di specie diversa o meno. Cos per un galvanometro magnetoelettrico a indice pu essere espressa in mm/A; invece G0 per un amplificatore elettronico un numero puro chiamato guadagno.
4.4. Risoluzione
La risoluzione (resolution) o soglia di sensibilit la minima variazione del misurando rilevabile in uscita dallo strumento, in un determinato punto del campo di misura. E data dal reciproco della sensibilit assoluta per Y tendente a zero. Si esprime sia in valore assoluto, sia in valore percentuale rispetto alla portata dello strumento; in questultimo caso talvolta detta potere risolutivo. La risoluzione dipende in uno strumento analogico a deviazione dal valore della frazione di divisione apprezzabile, in uno strumento numerico dal valore dellultima cifra significativa del visualizzatore. La risoluzione una qualit essenziale richiesta ad uno strumento; infatti condiziona la precisione (accuracy) dello strumento di misura che al massimo pu essere pari alla risoluzione. Pertanto: la precisione include la risoluzione, invece non vero il contrario.
4.5. Consumo, impedenza dingresso
Linserzione di uno strumento di misura nel mezzo misurando provoca sempre una modifica del misurando rispetto al valore che aveva in assenza di strumenti. Cio senza lo strumento non possibile la misura, invece con lo strumento la misura affetta da un errore di consumo che altera inevitabilmente il valore originario del misurando.
Fig. 4-2. Circuito equivalente di Thevenin. La misura di tensione con un voltmetro inserito tra due punti A e B di una rete elettrica lineare in regime sinusoidale pu sempre ridursi, per il teorema del generatore equivalente (Thevenin) allo schema di Fig. 4-2, in cui Eeq e Zeq sono la tensione a vuoto e limpedenza del generatore, e Zv limpedenza dingresso del voltmetro, la tensione misurata risulta perci:
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E eq ZV = Z eq Z V + Z eq 1+ ZV Se Zv = (voltmetro ideale) allora UAB = Eeq; affinch il valore di tensione misurato VAB sia il pi prossimo possibile a quello di Eeq deve essere: (4.1) Zv Zeq U AB = E eq Dualmente per la misura della corrente in un ramo di una rete elettrica con un amperometro di impedenza ZA , solo se ZA = 0 (amperometro ideale) la corrente misurata I risulta I = I0 con I0 valore della corrente prima dellinserzione dello strumento. Affinch il valore misurato di corrente I sia il pi prossimo possibile al valore I0 deve essere: ZA << Zeq (4.2) In pratica per ridurre linfluenza del consumo di un voltmetro o di un amperometro si richiede che le rispettive impedenze ZV o ZA soddisfino rispettivamente le relazioni (4.1) e (4.2); invece richiedere ZV = e ZA = 0 esageratamente restrittivo. Ad esempio un galvanometro magnetoelettrico con una resistenza interna RA di qualche centinaio di ohm pu essere utilmente impiegato per misure di corrente in circuiti con resistenza equivalente di decine di megaohm (misura di resistenza di isolamento). Il consumo proprio o autoconsumo di uno strumento di misura la potenza assorbita dallo strumento in corrispondenza alla relativa portata nominale. Il consumo di un voltmetro o di un circuito voltmetrico dato dalla corrente assorbita in corrispondenza della portata nominale. Per gli strumenti di misura elettromeccanici dellordine di 0.0510 mA e generalmente espresso in /V. Ad esempio un voltmetro di portata 150Ve consumo 1000/V, ha una resistenza di ingresso RV = 150k e alla portata nominale assorbe la corrente IV = 1mA. Correlativamente il consumo di un amperometro o di un circuito amperometrico dato dalla tensione tra i suoi morsetti in corrispondenza alla portata nominale; dellordine di 50100 mV. Per gli strumenti in corrente alternata il consumo si esprime anche in voltampere aggiungendo il fattore di potenza alla frequenza indicata sullo strumento (50Hz se non indicata). Lindicazione del consumo in VA particolarmente utile per strumenti alimentati da trasformatori di misura. Invece il consumo degli strumenti elettronici analogici e digitali, ad esempio un oscilloscopio catodico, si caratterizza con limpedenza dingresso (input impedance), normalmente costituita da una resistenza R in parallelo a una capacit C con R = 110M e C = 20100pF. In corrente continua limpedenza di ingresso data solo dalla R; in corrente alternata, per una data R, cresce con il diminuire di C. Pertanto nella scelta e nelluso di uno strumento di misura indispensabile esaminare leffetto di carico (loading effect) che esso introduce sul segnale misurando per evitare inammissibili errori dovuti al suo consumo.
4.6. Precisione
La precisione (accuracy) la qualit globale dello strumento, perch in buona parte comprende tutte le altre. Rappresenta lattitudine dello strumento a fornire la misura col minimo errore rispetto al valore esatto o al campione accettato.
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In condizioni specificate di temperatura, frequenza, ecc., la precisione espressa in modo diverso dipendente dal tipo si strumento. La precisione degli strumenti elettromeccanici data da un numero detto indice di classe. Questo fornisce in condizioni specificate, lerrore assoluto massimo costante su tutto il campo di misura, espresso in percento di un valore convenzionale che, per gli strumenti a zero laterale, la portata massima. Tale errore dipende essenzialmente dallattrito. Le norme C.E.I. 13-6, fasc. 219 classificano gli strumenti nelle classi seguenti: 0.05 0.1 0.2 0.3 0.5 1 1.5 2.5 5. Se un voltmetro di portata 300V ha una classe 0.5 ogni misura su di esso effettuata (sia essa 100, 200 o 300) affetta da un errore assoluto U = 0.5300/100 = 1.5V. Per un generico valore letto si ottiene un errore relativo di classe in percento dato da: portata classe = classe lettura Pertanto mentre lerrore assoluto costante su tutti i punti del campo di misura , lerrore relativo diventa inaccettabile allinizio di esso. Si riduce tale errore con strumenti a portate multiple allo scopo di effettuare le letture oltre la met o, meglio ancora, oltre i due terzi del campo di misura. La precisione di componenti come resistori, condensatori, ecc., e altri strumenti come misuratori di rapporto, ohmmetri e trasformatori di misura, data dallerrore relativo garantito dal costruttore. Per i campioni di resistenza e capacit si raggiungono precisioni fino a 10-6. La precisione degli strumenti elettronici a deviazione data in percento della portata e, nel caso di ohmmetri e strumenti con scala logaritmica, in percento del valore letto. Si arriva a precisioni di qualche percento. La precisione degli strumenti elettronici digitali, data come errore assoluto pari alla somma di un errore percentuale del valore letto pi un errore costante. E espressa con formule binomie del tipo: (%lettura + %portata) oppure (%lettura +1 o pi cifre). -4 -5 Si ottengono precisioni fino a 10 10 .
4.7. Altre caratteristiche
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Infatti date le dimensioni e la notevole conducibilit della terra, il potenziale della sua superficie non subisce alterazioni sensibili per variazioni di carica elettrica, perci si pu assumere come riferimento universale. La messa a terra di parti di impianti elettrici o masse di apparecchiature che accidentalmente possono andare in tensione, si effettua per motivi di sicurezza delle persone che, essendo in contatto con la terra, sono al suo potenziale. La messa a terra si effettua anche per motivi di funzionamento, come negli scaricatori di sovratensioni, e per motivi di misura, come per definire linfluenza di parametri parassiti. La Fig. 4-3 riporta i simboli dei collegamenti a massa e dei collegamenti a terra.
4.8.
L b
a) b) Fig. 4-4. a) Morsetti di ingresso di uno strumento; b) connessione di uno strumento ad un circuito.
Alcuni strumenti elettronici presentano tre morsetti di entrata come in Fig. 4-4; i morsetti H (high o +) e L (low o -) sono connessi al circuito elettrico di entrata dello strumento avente impedenza Zi. Invece il morsetto G connesso alla massa costituita per lo pi dalla struttura metallica dello strumento; la barretta metallica b serve per collegare tra loro i morsetti G ed L. Se tramite la barretta metallica b si collega il morsetto G con il morsetto L lentrata dello strumento presenta unimpedenza nulla tra uno dei morsetti e massa. Un ingresso di questo tipo si dice asimmetrico o sbilanciato (unbalanced o single ended). Gli strumenti di misura elettronici presentano normalmente un ingresso asimmetrico al quale il segnale di misura viene addotto tramite una sonda (probe) costituita da un cavo coassiale che termina con un connettore BNC per cui lo schermo esterno permanentemente connesso a massa. Usualmente la massa dello strumento per motivi di sicurezza messa a terra, per cui con un ingresso asimmetrico si mette a terra anche il punto comune del circuito di misura dello strumento. In queste condizioni possibile effettuare misure senza errori e pericolo di danno solo se il circuito completo (misurando e strumento) non presenta altri punti messi a terra. Viceversa in presenza di un 27
altro punto messo a terra come nello schema di Fig. 4-4b, nella misura della tensione UAB = R1 I fluttuante verso terra il filo BL di connessione allo strumento corto circuita la resistenza R2; pertanto la tensione misurata UAB assume un valore diverso da quello preesistente ala connessione con lo strumento e la corrente I che eroga il generatore pu assumere valori pericolosi. Ad esempio se R1 la piccola resistenza di uno shunt, praticamente si chiude in corto circuito il generatore E. Per risolvere questo tipo di problemi, se lo strumento dotato di tre morsetti, basta non collegare tra loro i morsetti L e G. Si ottiene cos un ingresso fluttuante (floating input) in cui entrambi i morsetti di ingresso sono isolati e non connessi a massa. Invece se lo strumento ha i morsetti L e G permanentemente connessi come si verifica con un cavo dingresso BNC, per evitare i problemi della precedente connessione di Fig. 4-4b, talvolta si elimina la messa a terra dello strumento la cui massa per assume verso terra il potenziale del punto B. Evidentemente tale tecnica non consigliabile perch pu essere pericolosa per la sicurezza. Altri strumenti elettronici presentano un ingresso simmetrico o bilanciato (balanced input) in cui il circuito di ingresso presenta uguale impedenza tra ognuno dei due morsetti a massa.
28
5.
Il comportamento dinamico di uno strumento di misura, considerato come un sistema entrata-uscita, descritto da equazioni differenziali a coefficienti costanti ai e b0: n d i y( t ) (5.1) a i dt i = b 0 x(t ) i=0 con x(t) e y(t) valori istantanei rispettivamente dell'entrata e dell'uscita. Sistemi fisici retti da equazioni di questo tipo diconsi lineari; per essi applicabile il principio di sovrapposizione degli effetti. Pertanto la grandezza di uscita y(t) di questi sistemi, corrispondente a un'entrata x(t) funzione qualsiasi del tempo, pu essere ottenuta dalla sovrapposizione delle risposte del sistema a grandezze di entrata opportunamente scelte. Solitamente, si sceglie la risposta al gradino e/o la risposta in frequenza che descrivono il comportamento del sistema rispettivamente nel dominio del tempo e nel dominio della frequenza. Se nella (5.1) sono diversi da zero solo i coefficienti a0 e b0, lequazione differenziale degenera nellequazione algebrica a0y(t)=b0x(t) che definisce un sistema di ordine zero. Il rapporto G0=b0/a0 fornisce la risposta statica del sistema e luscita risulta (5.2) y( t ) = G 0 x(t ) Pertanto luscita y(t) direttamente proporzionale alla grandezza di entrata x(t), cio segue fedelmente, senza distorsione e ritardo, lentrata comunque variabile. Uno strumento di misura di ordine zero presenta una caratteristica dinamica ideale. Un esempio di strumento di misura approssimativamente di ordine zero il tubo a raggi catodici a deflessione elettrostatica. Infatti in uscita sullo schermo fornisce una deviazione che proporzionale e contemporanea al valore istantaneo della tensione in entrata applicata tra una coppia di placche deflettrici.
5.2. Sistemi e strumenti del 1 ordine
Un sistema del 1 ordine definito da un'equazione differenziale del tipo: dy + y = G0x (5.3) dt con costante di tempo e G0 risposta statica. Esempi di sistemi e strumenti di misura del 1 ordine sono il riscaldamento di un corpo omogeneo (ad es. macchina elettrica), un termometro a liquido, una rete elettrica con resistenza e capacit (RC), in cui luscita sia la tensione ai capi di C o R, misurata con un voltmetro a elevata impedenza.
In generale, la risposta di un sistema al gradino e/o allimpulso determina il suo comportamento nel dominio del tempo; caratterizzata dai parametri: tempo di risposta o di assestamento Tr (settling time) entro un x%, ad es. 1%, il tempo dopo il quale luscita y(t) entra e si mantiene con uno scarto assegnato (nellesempio 1%) nellintorno 29
del suo valore finale (Fig. 5-1); tempo di salita Ts (rise time) il tempo che impiega luscita y(t) a passare dal 10% al 90% del valore finale; tempo di discesa Td (fall time) il tempo che impiega luscita y(t) a passare dal 90% al 10% del valore iniziale; sovraelongazione (overshoot) il superamento, nella fase di salita, dellampiezza nominale dellimpulso in percento dellampiezza; ciclo di funzionamento (duty cycle) il rapporto tra la larghezza dellimpulso e il periodo espresso in percento; unonda quadra ha un duty cycle del 50%. y
t Fig. 5-1. Tempo di risposta. La risposta al gradino di un sistema del 1 ordine di tipo esponenziale, caratterizzata dalla costante di tempo . Ad esempio con riferimento al circuito R-C di Fig. 5-2, alimentato con tensione costante Ui, il rapporto tra la tensione di uscita uo (valore istantaneo) ai morsetti del condensatore C e quella di ingresso Ui, alla chiusura dellinterruttore s, t uo =1 e (5.4) Ui un esponenziale crescente, con = RC costante di tempo del circuito. u0/Ui s R 1 1 + 1 e Ui uo C
1 Fig. 5-2. Risposta al gradino di un circuito RC.
t/
Il diagramma di Fig. 5-2 mostra landamento della risposta normalizzata uo/Ui in funzione del tempo normalizzato t/. La costante di tempo rappresenta il tempo dopo il quale luscita differisce dal suo valore finale di 1/e, ossia ha raggiunto il 63,2% del suo valore finale. Graficamente data dalla sottotangente alla curva di Fig. 5-2 nel punto t = 0. Per valutare in pratica la durata del transitorio, teoricamente infinito, si considera il tempo di risposta Tr. Per un sistema del 1 ordine si trova: Tr1% = 4,6 ; Tr0,1% = 7 . La Fig. 5-3 riporta la risposta al gradino in un circuito C-R in cui la tensione duscita misurata ai 30
capi della resistenza R cio u0 = Ri. In questo caso il segnale di uscita un esponenziale decrescente ancora con costante di tempo = RC. s u0/Ui C 1 + Ui uo R
t/
Si noti che gli andamenti esponenziali di Fig. 5-2 e Fig. 5-3, tipici dei sistemi del 1 ordine, possono rappresentare altre grandezze fisiche, ad es. laumento o la diminuzione di temperatura di un corpo omogeneo rispettivamente nella fase di riscaldamento e raffreddamento.
5.2.2. Risposta in frequenza. Integratori e derivatori
La risposta in frequenza determina il comportamento del sistema nel dominio della frequenza. La risposta in frequenza del circuito del 1 ordine di Fig. 5-2 si ottiene alimentandolo con tensione sinusoidale di valore efficace Ui (o ampiezza) costante e frequenza variabile. Se U0 il valore efficace della tensione di uscita si trova la risposta in frequenza normalizzata: 1 U 1 j C g( j ) = 0 = = Ui R + 1 1 + j jC Questa una grandezza complessa, definita dalla risposta in ampiezza e da quella in fase rispettivamente modulo e argomento, Fig. 5-4a) e b):
1 g ( j ) = 2 1 + ( ) = arctg( )
Lanalisi della risposta in ampiezza mostra che il circuito funziona da filtro Passa Basso (P.B.), Fig. 5-4a). Infatti per << 1 , g( j ) = 1. Per = 1 si ha g( j ) = 1 / 2 , che definisce la frequenza di taglio (cut off). Per >> 1, g( j ) 1 / . Questo circuito si comporta da integratore se >> 1 , ossia R 1/C. Infatti la tensione di uscita 1 1 in tal caso vale: u 0 = idt u i dt . C RC Analoghe considerazioni sul circuito CR di Fig. 5-3 mostrano che funziona da filtro Passa Alto du (P.A.). Se 1, ovvero R 1/C, la tensione di uscita u0 = Ri RC i cio il circuito si dt comporta da derivatore.
31
Un sistema del 2 ordine definito da unequazione differenziale del tipo: 1 d 2 y 2z dy + + y = G0x 2 2 0 dt 0 dt con 0 pulsazione propria a smorzamento nullo (rad/s), z fattore o grado di smorzamento (adimensionale) e G0 risposta statica. Esempi di sistemi del 2 ordine sono gli strumenti elettromeccanici (si veda 6.), oppure i circuiti RLC.
5.3.1. Risposta al gradino
Con riferimento al circuito del 2 ordine RLC di tipo serie di Fig. 5-5, alla chiusura dellinterruttore s, il rapporto tra la tensione di uscita ai morsetti del condensatore u0 (valore istantaneo) e la tensione di ingresso Ui (costante), ha landamento in funzione del tempo riportato in Fig. 5-6 per 3 valori tipici dello smorzamento z. R L
+ Ui C uo
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Fig. 5-6. Risposta al gradino di un sistema del 2 ordine per 3 valori tipici di smorzamento z. Per z < 1 la condizione di equilibrio raggiunta attraverso oscillazioni smorzate di pulsazione z ( 0) data dalla:
z = 0 1 z 2
detta pulsazione propria a smorzamento z. La condizione z = 1 detta di smorzamento critico perch separa il regime periodico smorzato che si ha per z < 1 dal regime aperiodico che si ha per z > 1. Infatti per z > 1 luscita tende ad unesponenziale e raggiunge lequilibrio in tempi maggiori con laumentare di z. Per z = 0 la risposta oscillatoria non smorzata (non disegnata in figura). Si noti che gli andamenti della risposta al gradino di Fig. 5-6, tipici dei sistemi del 2 ordine, possono rappresentare altre grandezze fisiche, ad es. la deviazione dellindice di uno strumento elettromeccanico.
5.3.2. Risposta in frequenza. Banda passante
La risposta in frequenza del circuito di Fig. 5-5 si ottiene alimentandolo con tensione sinusoidale di valore efficace Ui (o ampiezza) costante e frequenza variabile. La risposta in frequenza una grandezza complessa che ha un modulo (risposta in ampiezza) e un argomento (risposta in fase). La Fig. 5-7 mostra landamento del modulo della risposta in frequenza g(j)di un sistema del 2 ordine in coordinate normalizzate. Essa massima per la pulsazione di risonanza r = 0 1 2z 2 . Questo massimo diminuisce allaumentare di z e si sposta verso lorigine. Per z =
1 / 2 , la pulsazione di risonanza si annulla. Si definisce coefficiente di risonanza 1 (5.5) Q= 2z 1 z 2 il rapporto tra luscita massima in risonanza e luscita per = 0. Q aumenta al diminuire di z.
33
Fig. 5-7. Risposta in ampiezza di un sistema del 2 ordine. Si noti che un sistema del 2 ordine ha tre pulsazioni tipiche: 0 pulsazione propria per z = 0; z = 0 1 z 2 pulsazione con smorzamento z;
r = 0 1 2z 2 pulsazione di risonanza. Per z = 0 queste tre pulsazioni convergono a 0.
Nel dominio della frequenza si definisce banda passante BW (Band Width) di un sistema, ad es. un amplificatore, lintervallo di frequenza entro il quale il segnale di uscita non scende al di sotto di 1 / 2 di un valore di riferimento. Se il valore di riferimento luscita per frequenza nulla, la banda passante ha solo un limite superiore. La banda passante pu anche avere un limite inferiore, in tal caso il valore di riferimento quello a met banda.
5.4. Risposta di un sistema a un entrata qualsiasi. Spettro in frequenza
La risposta di un sistema a una grandezza di entrata x(t), funzione qualsiasi del tempo t si pu ottenere componendo le risposte alle entrate tipiche gi considerate. Spesso vantaggioso trasferire una grandezza dal dominio del tempo al dominio della frequenza, associando ad essa lo spettro in frequenza in ampiezza e fase. Se la grandezza periodica, tramite la serie di Fourier lo spettro in frequenza discreto, cio fornisce le ampiezze e le fasi delle armoniche di ordine zero (valor medio), 1a armonica (fondamentale), 2a armonica (frequenza doppia), etc. (Fig. 5-8).
Fig. 5-8. Spettro in frequenza di grandezza periodica. Se la grandezza aperiodica tramite l'integrale di Fourier lo spettro in frequenza in ampiezza e fase 34
invece continuo. La banda di frequenze occupate da tali spettri, teoricamente infinita, in pratica limitata ad una frequenza massima fM, poich trascurabile il contributo delle frequenze superiori che provocano unincertezza inferiore a quella ammessa. Lo spettro in frequenza, oltre che per via analitica determinabile sperimentalmente con strumenti selettivi accordabili (analizzatori d'onda) o accordati (analizzatori di spettro) sulle frequenze contenute nel segnale in esame. Determinato lo spettro finito dellentrata X(j) e nota G(j), risposta in frequenza del sistema, si ottiene lo spettro in frequenza delluscita Y(j) per semplice moltiplicazione, cio: Y(j) = G(j) X(j) Da Y(j) infine si ritorna al dominio del tempo, individuando la y(t) mediante somma o antitrasformata. La Fig. 5-9 illustra questo procedimento nel caso di grandezza periodica.
Fig. 5-9. Determinazione delluscita corrispondente a unentrata periodica mediante la risposta in frequenza dello strumento. Il passaggio dal dominio del tempo al dominio della frequenza presenta diversi vantaggi: facilita la determinazione della risposta perch evita la soluzione dellequazione differenziale dello strumento (o sistema); 35
rivela caratteristiche dinamiche: banda passante, risonanze, , utili per prevedere il comportamento dinamico dello strumento; fornisce informazioni su strumenti di cui non siano note le equazioni.
5.5. Determinazione sperimentale dei parametri dinamici di strumenti del 1 e 2 ordine
La determinazione delle caratteristiche dinamiche di uno strumento di misura si effettua con vari metodi sperimentali; alcuni di questi consentono di verificare la validit dei modelli assunti. Uno strumento di ordine zero non presenta caratteristiche dinamiche ed completamente definito dalla risposta statica G0 determinabile dalla curva di taratura statica. Uno strumento del primo ordine caratterizzato da un unico parametro dinamico: la costante di tempo . Questa si pu determinare applicando allo strumento un'entrata a gradino e misurando il tempo impiegato dalla uscita y a passare dallo zero al 63,2% del valore finale yf. Con questo metodo incerta la determinazione dei punti y = 0 e y = yf; inoltre non possibile verificare se lo strumento effettivamente del primo ordine. Per una maggiore approssimazione, si pu ricorrere ad una rappresentazione grafica. Dalla (5.4) posto u A = ln 1 i U0
si ha A = - t/ e dA/dt = - 1/: riportando A in funzione di t si traccia una retta la cui pendenza fornisce - 1/, fig 5-10.
Fig. 5-10. Prova al gradino di uno strumento del primo ordine. Si ottiene una migliore approssimazione per il valore di perch questo procedimento utilizza tutti i punti sperimentali e non due soltanto (y = 0 e y = 0,632 yf). Inoltre, se tutti i punti sono circa su una retta, si ha una verifica che lo strumento ha un comportamento del primo ordine. La costante di tempo si pu ricavare anche dal modulo della risposta in frequenza. Su questa curva per l'uscita y 0,707 yf=0 (tensione a frequenza nulla) si individua la frequenza di taglio ft; la 2ft = 1 fornisce la costante di tempo del sistema. La risposta in ampiezza riportata in coordinate logaritmiche presenta gli asintoti tipici a bassa ed alta frequenza rispettivamente con pendenze 0 e -1 (20 dB/decade), Fig. 5-11. In queste condizioni il valore di corrispondente all'intersezione degli asintoti, determina = 1/.
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Fig. 5-11. Risposta in ampiezza di uno strumento del primo ordine. Uno strumento del secondo ordine caratterizzato da due parametri dinamici, il grado di smorzamento z e la frequenza propria non smorzata f0. La determinazione del decremento logaritmico dalla misura dell'ampiezza delle oscillazioni fornisce il grado di smorzamento z, mentre la misura del periodo delle oscillazioni Tz fornisce la pulsazione propria 0. I parametri z e 0 si possono anche ricavare da curve di risposta in frequenza dello strumento, ricavate sperimentalmente.
Fig. 5-12. Risposta in ampiezza di uno strumento del secondo ordine. Ottenuta una curva di risposta in ampiezza con risonanza, Fig. 5-12, si ricava la frequenza di risonanza fr e la uscita yr corrispondente. Ma per la (5.5) : y 1 (5.6) Q= r = y 0 2z 1 z 2 Per ricavare z dalla (5-6), si pu porre z = sin. Quindi si ottiene: fr (5.7) f0 = 1 2z 2
5.6. Campionamento dei segnali analogici. Strumenti digitali
Un segnale analogico variabile pu essere riconosciuto dalla misura di un numero finito di suoi campioni opportunamente prelevati. L'acquisizione dei campioni del segnale in esame pu essere effettuata: in tempo reale, cio durante il tempo in cui il segnale si presenta per la prima volta per cui possibile ricostruire un transitorio singolo (single shot); in modo ripetitivo per cui occorre che il segnale sia periodico. Per effettuare il campionamento in tempo reale, la frequenza di campionamento deve essere adeguata alla banda del segnale. Allo scopo bisogna tenere presente che per il teorema del campionamento (Nyquist) un segnale analogico variabile a banda limitata riconoscibile quando sia campionato a una frequenza fc
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almeno doppia della pi alta frequenza fM contenuta nel suo spettro, ossia deve essere fc = 2 fM. In pratica il campionamento iniziato da un impulso di comando (trigger) attivato su una soglia ad un opportuno livello del segnale da catturare. Quindi si effettua il campionamento ad una frequenza maggiore di quella data dal teorema del campionamento, spesso fc = 10 fM, per ottenere una ricostruzione del segnale la pi accurata possibile. Invece se la frequenza di campionamento minore di quella di Nyquist, pu verificarsi un errore di aliasing per cui il segnale in esame si presenta come un "alias" segnale di frequenza molto pi bassa. La Fig. 5-13 riporta un esempio di effetto di aliasing.
Fig. 5-13. Effetto di aliasing. Il campionamento ripetitivo prescinde dal teorema del campionamento e opera solo su segnali periodici perch i successivi campioni sono acquisiti ad ogni periodo del segnale. Dopo un numero sufficiente di periodi, il numero di campioni acquisiti tale da permettere la ricostruzione del segnale. Il campionamento ripetitivo si attua in due modi: sequenziale e casuale.
Fig. 5-14. Campionamento sequenziale di segnale ripetitivo. Nel campionamento sequenziale, per ogni impulso di comando o trigger sincrono con il segnale, viene generato un impulso di campionamento che dista dal trigger di un intervallo di tempo crescente. Con riferimento alla Fig. 5-14 in ogni periodo T del segnale x(t) si preleva un campione x(t) rispettivamente negli istanti 0, T+t, 2T+2t, ..., nT+nt con nT T. I campioni relativi a un periodo T del segnale x(t) vengono perci rilevati complessivamente nel tempo nT. Pertanto la forma d'onda di x(t) in un periodo T viene ricostruita su una base di tempo maggiore T' = nT, ossia con una frequenza minore f' = f/n. Per il suo modo di funzionamento, il campionamento sequenziale non consente di rappresentare tratti del segnale antecedenti il trigger di sincronismo. Nel modo casuale il campionamento comandato da impulsi generati in modo casuale che ad ogni semiperiodo del segnale prelevano pi campioni, per cui la forma d'onda del segnale pu essere ricostruita dopo un numero limitato di periodi. Ad es. nella Fig. 5-15 durante la scansione 1 si 38
prelevano i campioni 1, 2 e 3 posizionati tra loro in modo casuale; durante la scansione 2 si prelevano i campioni 4, 5 e 6; e cos via.
Fig. 5-15: Campionamento casuale di segnale ripetitivo. Se per ciascuno campione prelevato si memorizza il ritardo o l'anticipo rispetto al trigger sincrono con il segnale da acquisire possibile rappresentare tratti del segnale antecedenti il trigger di sincronismo. Mediante il campionamento possibile attuare diverse tecniche di misura. Ad es. si pu lavorare in divisioni di tempo (time sharing), allo scopo di ottenere un aumento della capacit di misura di uno strumento. Infatti tra due campioni consecutivi di un segnale, si possono inserire i campioni appartenenti ad altri segnali, ottenendo un'uscita multipla corrispondente a pi grandezze di entrata. In Fig. 5-16 tra due campioni consecutivi del segnale x1(t) inserito un campione di un secondo segnale x2(t). Applicando questi segnali campionati all'asse Y di un oscilloscopio catodico, si ottiene sullo schermo l'oscillogramma contemporaneo di x1(t) e x2(t) che, se la frequenza di campionamento sufficientemente elevata, appare come linea continua anzich come una sequenza di singoli "punti" (dots).
Fig. 5-16. Duplicazione delluscita di uno strumento Secondo questo procedimento lavorano gli oscilloscopi catodici a doppia traccia nel funzionamento mode chopped; oppure i multiplexer impiegati in alcuni sistemi automatici di acquisizione dati. Mediante il campionamento ripetitivo sequenziale una grandezza periodica ad alta frequenza pu essere ricostruita a frequenza pi bassa, precedente Fig. 5-14, cos fenomeni rapidi possono essere osservati e misurati su una base di tempo pi lunga (effetto stroboscopico). Questo ultimo procedimento che rende possibile l'uso di strumenti a banda passante pi stretta, impiegato negli oscilloscopi a campionamento (sampling oscilloscope) per misure su grandezze fino a frequenze di gigahertz. Il campionamento e la successiva conversione dei campioni in formato numerico, effettuata con i cosiddetti digitalizzatori (digitizer), consente l'elaborazione digitale di segnali analogici variabili. Questa tecnica molto impiegata negli strumenti digitali. Tramite un circuito di campionamento e mantenimento SH (Sample and Hold) si prelevano i campioni del segnale analogico in ingresso che vengono mantenuti costanti durante il tempo richiesto dalla successiva conversione in formato digitale effettuata con un convertitore analogico-
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digitale. ADC (Analog Digital Converter). La Fig. 5-17 mostra il campionamento di un segnale analogico variabile e la successiva conversione dei singoli campioni in un segnale binario a quattro bit. Si vede che al segnale analogico, variabile con continuit da 0 a 14 V, corrisponde un segnale digitale discreto che assume solo 16 stati (24) corrispondenti a una risoluzione di 1 V (8.).
Fig. 5-17. Conversione di un segnale analogico in un segnale digitale. Il segnale analogico trasformato in segnale digitale pu quindi subire ulteriori elaborazioni. Ad es. pu essere: decodificato e presentato su un visualizzatore negli strumenti digitali ordinari; memorizzato ed elaborato da un microprocessore interno allo strumento stesso negli strumenti di misura a microprocessori o intelligenti; memorizzato ed elaborato da un elaboratore esterno connesso a pi strumenti nei Sistemi Automatici di Acquisizione e Controllo Dati (SAACD).
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6.
Gli strumenti di misura elettromeccanici a deviazione sono costituiti da una parte fissa e una parte mobile, libera di ruotare intorno a un asse, su cui agisce direttamente una coppia motrice funzione del misurando. Questi strumenti sulle norme CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) sono specificati come strumenti elettrici ad azione diretta. La sospensione della parte o equipaggio mobile (bobina, parte in ferro,), negli strumenti ordinari ottenuta con perni in acciaio appuntito, poggiati su pietre dure; in strumenti con pi elevata risoluzione a nastri tesi o a filo, Fig. 6-1:
Fig. 6-1. Sospensioni: a) a perni; b) a nastri tesi; c) a filo. Negli strumenti a perni lequipaggio mobile porta un leggero indice meccanico (a lancia, a coltello,) che scorre su una scala graduata in divisioni pi o meno fitte e spesso dotata di uno specchietto per ridurre lerrore di parallasse. Sullequipaggio mobile agisce una coppia antagonista fornita da molle a spirale piatta aventi un estremo connesso allasse di rotazione e laltro estremo connesso alla struttura fissa in posizione regolabile dallesterno (regolazione dello zero). Per lo smorzamento del moto si impiegano smorzatori in aria o elettromagnetici. Negli smorzatori in aria la parte mobile connessa a un pistoncino che scorre in un cilindretto, oppure a una paletta che si muove in una scatola, comprime laria contenuta nel cilindretto o nella scatola. Negli smorzatori elettromeccanici si ha un elemento conduttore, che pu essere anche una bobina mobile che, ruota nel campo magnetico di un magnete permanente. Per effetto della rotazione si generano nellelemento conduttore (o nella bobina) correnti indotte che, a loro volta, interagendo col campo magnetico provocano una coppia proporzionale alla velocit di rotazione d/dt, di segno tale da opporsi al moto che lha generata.
6.2. Comportamento dinamico
La rotazione dellequipaggio mobile degli strumenti elettromeccanici individuata, istante per istante, dalle coppie: una coppia motrice c (valore istantaneo) funzione del misurando, corrente se lo strumento di tipo reometrico, cio basato sugli effetti prodotti dalla corrente; una coppia antagonista proporzionale allangolo di rotazione , cio A con A coefficiente della coppia antagonista elastica;
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una coppia smorzante proporzionale alla velocit angolare, cio D d/dt, con D coefficiente della coppia smorzante dipendente dallo smorzamento in aria e/o dallo smorzamento elettromagnetico; una coppia dinerzia proporzionale allaccelerazione angolare, cio J d2/dt2 con J momento dinerzia della parte mobile rispetto allasse di rotazione.
In condizioni dinamiche lequazione rappresentativa del moto : d" d + A = c J 2 +D dt dt cio lo strumento elettromeccanico un particolare sistema del secondo ordine. In condizioni stazionarie essendo: d d' ' = 2 =0 dt dt la (6.1) fornisce: coppia antagonista = coppia motrice cio la deviazione dello strumento data da: c motrice A valida per qualunque strumento elettromeccanico a deviazione. Come noto, questi sistemi del 2 ordine sono caratterizzati da due parametri dinamici: = 0 (o f0) z
(6.1)
(6.2)
pulsazione (o frequenza) propria a smorzamento nullo rad/s (Hz); fattore di smorzamento (adimensionale). A D ; Per gli strumenti elettromeccanici si trova: 0 = z= J 2 AJ Il comportamento dinamico di tali sistemi nel dominio del tempo, descritto dalla risposta al gradino, dipende dallo smorzamento z, come mostrato nella precedente Fig. 5-6, qui riportata in Fig. 6-2 che mostra landamento della deviazione in funzione del tempo (0 deviazione a transitorio estinto).
Fig. 6-2. Andamento della deviazione di uno strumento elettromeccanico. Gli strumenti elettromeccanici a deviazione forniscono il valore del misurando tramite la deviazione di un indice su una scala graduata, Fig. 6-2. A uno strumento a deviazione si richiede di raggiungere la posizione di equilibrio con oscillazioni
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di ampiezza limitata e con un tempo di risposta di qualche secondo. Per ottenere queste condizioni gli strumenti a deviazione sono costruiti con: f0 = 0.22 Hz e z = 0.60.8. Essendo z < 1, la posizione di equilibrio, raggiunta con deviazione lievemente oscillatoria assicura losservatore che lindice nel suo movimento non si sia inceppato per cause accidentali. La tabella 6-1 riporta i simboli degli strumenti a deviazione. Tabella 6-1
6.3.
Strumenti magnetoelettrici
Gli strumenti magnetoelettrici sfruttano le forze che agiscono su conduttori percorsi da corrente immersi in un campo magnetico prodotto da un magnete permanente. La Fig. 6-3 riporta lo schema di uno strumento magnetoelettrico. Un magnete permanente NS a forma di barretta, in AlNiCo o altra lega speciale, dotato di espansioni polari in ferro dolce tra cui inserito un cilindro in ferro fissato alla struttura dello strumento. Nel traferro anulare tra le espansioni polari e il cilindro, si crea un campo magnetico di induzione B di valore costante e radiale in cui disposta una bobina rettangolare di N spire in rame o alluminio, di altezza h e larghezza b, libera di ruotare intorno allasse dello strumento. Se la bobina percorsa da una corrente i (valore istantaneo) addotta tramite le molle, sui lati attivi di altezza h agisce la forza F = NhBi che produce la coppia motrice istantanea: c = Fb = NBSi =Ki
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con S = bh sezione della bobina concatenata con il flusso magnetico, e K = NBS coefficiente della coppia motrice.
Fig. 6-3. Schema di uno strumento magnetoelettrico. Per ottenere lo smorzamento tipico degli strumenti a deviazione, z = 0.60.8, dato il valore elevato di induzione B nel traferro, si sfrutta lo smorzamento elettromagnetico. Infatti nella bobina in moto per azione della coppia motrice, si genera una corrente indotta che, interagendo con il campo magnetico del magnete permanente, crea una coppia che per la legge di Lenz, tende ad opporsi al movimento (coppia di smorzamento elettromagnetico). Se la corrente i che percorre la bobina continua, cio se i = I, dalla (6.2) si ottiene la deviazione in uscita: NBSI KI = = = G 0I = sI (6.3) A A con G0 risposta statica coincidente con s sensibilit dello strumento G0 = s = NBS/A. Invece se la corrente i periodica la coppia motrice la somma di una coppia dovuta al valore medio I0 pi le altre coppie dovute alle singole armoniche contenute nello spettro in frequenza della corrente. Se la frequenza f1 della prima armonica molto maggiore della frequenza propria a smorzamento nullo f0 dello strumento, luscita risulta proporzionale al valore medio I0 della corrente i ed espressa da: NBS 1 T = idt = G 0 I0 (6.4) A T 0 cio per linerzia il moto della bobina mobile non riesce a seguire la componente di coppia motrice a frequenza f1 per cui lo strumento risulta intrinsecamente sensibile al valore medio (strumenti a valore medio). In particolare se la corrente i in ingresso alternata luscita dello strumento nulla. In conclusione gli strumento magnetoelettrici ordinari presentano le seguenti caratteristiche: morsetti polarizzati per cui possibile individuare il verso della corrente; scala con graduazione uniforme se linduzione al traferro B radiale e costante; risoluzione elevata e consumo ridotto per i valori di induzione al traferro pari a B = 0.20.5T molto pi elevati di quelli che si raggiungono negli altri strumenti elettromeccanici reometrici; limitata influenza ai campi magnetici esterni per il circuito magnetico quasi tutto in ferro; minimo coefficiente di temperatura, cio minima influenza della temperatura sullindicazione dello strumento, perch allaumentare della temperatura, la diminuzione del modulo di elasticit e quindi della costante elastica A, parzialmente compensata dalla corrispondente diminuzione dellinduzione B al traferro; 44
elevata stabilit a lungo termine della classe di precisione; scarsa sovraccaricabilit perch il riscaldamento dovuto alla corrente che percorre le molle o i nastri, se supera dati limiti, provoca o la loro distruzione o la variazione della taratura conseguente alla variazione della costante elastica A.
6.3.2. Amperometri e voltmetri
Uno strumento magnetoelettrico fornisce una indicazione direttamente proporzionale allintensit di corrente, cio intrinsecamente un misuratore di corrente (strumento reometrico) Negli strumenti con sospensioni a perni la corrente misurabile non scende al di sotto del microampere, perch si riduce la coppia motrice e non risulta pi trascurabile la coppia di attrito dei perni. Invece con sospensioni a nastri o a filo si misurano correnti molto pi piccolo, 10-810-10A, che , nei galvanometri, arrivano fino a 10-12A (moti Browniani della materia). Negli strumenti a perni la corrente non super i 3050mA perch il riscaldamento delle molle, facendo variare la costante elastica A della coppia antagonista provoca una variazione della costante G0 dello strumento. Per la misura di correnti pi intense, o di correnti di ordine di grandezza diverso, si ricorre a uno shunt, che una resistenza relativamente piccola RP connessa in parallelo alla resistenza della bobina dello strumento RB (amperometro), Fig. 6-4. Se IX la corrente misuranda e I la corrente che percorre la bobina, si ha: R + RP IX = B I = mI RP con m = (RP + RP)/ RP potere moltiplicatore dello shunt. Se m costante, la deviazione dello strumento proporzionale a I anche proporzionale a IX. Per assicurare che il potere moltiplicatore sia costante, lo shunt si costruisce con materiale avente un minimo coefficiente di temperatura in modo che RP non vari apprezzabilmente con la corrente che lo attraversa. Questo materiale deve anche presentare una trascurabile f.e.m. termoelettrica al contatto con il rame delle spire della bobina, per cui si preferisce la manganina alla costantana.
Fig. 6-4. Shunt per variare la portata amperometrica Inoltre, ricordando che il rame ha un coefficiente di temperatura circa 0.4%/C, per compensare le variazioni della resistenza RB , si connette in serie ad essa, una resistenza di compensazione come in figura, realizzata in manganina di valore RC = 510 RB, in modo che la variazione con la temperatura della resistenza totale risulti trascurabile. Il milliamperometro in serie con la resistenza di compensazione RC, costituisce un millivoltmetro magnetoelettrico che misura la tensione agli estremi dello shunt. Perci uno shunt specificato dalla corrente nominale o portata e dalla caduta di tensione (10100mV) corrispondente a tale corrente. Lo shunt per correnti fino a 510 A interno allo strumento, per correnti maggiori esterno. Tale disposizione che per correnti maggiori di una decina di ampere imposta da motivi di ingombro, sottrae lo strumento allinfluenza del campo magnetico e termico concatenato con lo shunt, assicurandone la ventilazione.
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La resistenza RP dello shunt tanto pi piccola quanto maggiore la corrente misuranda, che pu arrivare fino a 105A, pertanto bisogna rendere trascurabili gli errori dovuti alle resistenze di contatto. Allo scopo gli shunt sono provvisti di quattro morsetti, due esterni amperometrici A-A di sezione maggiore e due interni voltmetrici V-V di sezione minore tra i quali si misura la tensione prodotta dalla corrente misuranda.
Fig. 6-5. Shunt a 4 morsetti. Un voltmetro si ottiene collegando in serie all bobina di un milli o microaperometro magnetoelettrico di resistenza RB, una resistenza addizionale RS, Fig. 6-6a). Tale resistenza oltre a limitare la corrente IV ammissibile dallo strumento, deve presentare un coefficiente di temperatura trascurabile per rendere la resistenza totale del voltmetro RV = RB + RS costante ed indipendente dalla temperatura.
a) b) Fig. 6-6. Voltmetro magnetoelettrico. La deviazione dello strumento, proporzionale a IV, essendo IV = U / RV e RV = cost. risulta: G = G 0 I V = 0 U = G'0 U (6.5) RV con G0 = G0/ RV. Quindi, per un dato valore di RV, la scala dello strumento pu essere tarata in modo da fornire direttamente la misura della tensione U. La resistenza addizionale RS, spesso a prese multiple per variare la portata, Fig. 6-6b), interna allo strumento per tensioni fino al migliaio di volt; per tensioni superiori esterna. Con opportuni partitori resistivi esterni si misurano tensioni fino a decine di migliaia di volt. Un voltmetro connesso in parallelo a un circuito di misura, varia il valore della tensione preesistente alla sua inserzione, tanto meno quanto pi la sua resistenza interna RV risulta RV >> Req con Req resistenza equivalente del circuito di misura (consumo o loading effect dello strumento). Il consumo di un voltmetro magnetoelettrico compreso tra 1000 e 20000/V. Ad esempio un voltmetro di portata 3V e consumo 1000/V, ha una resistenza RV = 3k e la corrente nominale IV assorbita dallo strumento in corrispondenza alla portata 1mA, ossia linverso di 1000/V. Si costruiscono strumenti multifunzione o multimetri in cui un unico strumento magnetoelettrico corredato di pi shunt e pi resistori addizionali, consente misure in corrente continua sia di correnti che di tensioni.
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Gli strumenti magnetoelettrici hanno i pregi di risoluzione elevata, consumo basso e influenza a campi magnetici esterni trascurabile. Per estenderne luso nel campo delle correnti alternate si effettua una conversione della corrente alternata in corrente continua, o con raddrizzatori (strumenti a raddrizzatori), o con convertitori termoelettrici a effetto Seebeck (strumenti a termocoppia). Un raddrizzatore reale, come noto, ha la propriet di essere percorso dalla corrente in un solo senso, ossia presenta una resistenza diretta Rd molto piccola e una resistenza inversa Ri molto grande. Il rapporto Ri/Rd (dellordine di centinaia di migliaia) varia per con la tensione applicata e con la temperatura. Un raddrizzatore reale, per una data temperatura , presenta una caratteristica corrente - tensione I(U) non lineare, come mostra la Fig. 6-7a).
a) b) Fig. 6-7. Caratteristica corrente tensione di un raddrizzatore reale. Per tensioni piccole, centinaia di millivolt, intorno allo zero la caratteristica praticamente simmetrica e leffetto raddrizzante si annulla, Fig. 6-7b). Per tensioni inverse superiori a un dato limite Ub (breakdown voltage) si ha un brusco aumento della corrente inversa che pu provocare la distruzione del raddrizzatore. I raddrizzatori metallici a ossido di rame e a ossido di selenio, precedentemente usati, sono sostituiti da diodi a semiconduttori a silicio e germanio. Questi presentano rapporti Ri/Ra pi grandi, tensioni inverse pi elevate (migliaia di volt), correnti pi intense (centinaia di ampere) e frequenze di lavoro pi estese ( fino a centinaia di megahertz). Gli strumenti magnetoelettrici a raddrizzatori utilizzano vari schemi per il raddrizzamento. Con lo schema della Fig. 6-8, si raddrizza una semionda di corrente. C
D1 I s
D2
Fig. 6-8. Schema di strumento con raddrizzatori a una semionda. Il diodo D2 connesso in antiparallelo alla serie diodo D1-strumento, riduce la tensione inversa ai capi del diodo D1 nel semiperiodo di non conduzione e permette che la resistenza R del carico sia 47
percorsa da corrente alternata. Con lo schema a ponte di Graetz di Fig. 6-9a), e a trasformatore con presa intermedia di Fig. 6-9b) si raddrizzano invece le due semionde di corrente.
Fig. 6-9. Schemi di strumenti con raddrizzatori a due semionde. In conseguenza lo strumento con gli schemi della Fig. 6-9, percorso da una corrente pulsante unidirezionale che, sviluppata in serie, somma di un valore medio pi armoniche di ordine superiore. Se la frequenza f1 della prima armonica di corrente molto maggiore della frequenza propria dello strumento f0, la deviazione dello strumento risulta proporzionale al valore medio convenzionale della corrente Im pari a: 1 T I m = i dt T 0 1 T 2 Nelle applicazioni invece interessa misurare il valore efficace: I = i dt . T 0 Ma per una data forma donda della i(t) vi un rapporto noto tra il valore efficace e il valore medio definito dal fattore di forma kf = I/Im. In particolare se la corrente sinusoidale il fattore di forma kf = 2 /4 1.11 Pertanto il costruttore tara la scala dello strumento direttamente in valore efficace nellipotesi di corrente sinusoidale. Evidentemente se la corrente non sinusoidale lindicazione in valore efficace errata. Tuttavia se tale indicazione in valore efficace si divide per 1.11 si ritrova il valore medio convenzionale. Quindi gli strumenti magnetoelettrici a raddrizzatori, intrinsecamente sensibili al valore medio, forniscono il valore efficace RMS (Root Mean Square)solo in presenza di grandezze sinusoidali. La influenza della temperatura e del tempo sulle caratteristiche dei raddrizzatori si riduce con resistenze di compensazione in serie e con invecchiamento artificiale. In conseguenza la classe in alternata sempre inferiore alla classe in continua dello strumento originario. La presenza della capacit parassita C propria dei diodi raddrizzatori, Fig. 6-8, pone un limite ala frequenza dimpiego. Se questa troppo elevata, limpedenza capacitiva Zc=-j/C lascia passare una corrente inversa che si riduce fino ad annullare leffetto raddrizzante. Questo limite di frequenza, intorno a 1020 kHz con i precedenti raddrizzatori a ossido, pu arrivare a 100200 MHz con luso di raddrizzatori a piccola superficie di contatto e quindi piccole capacit parassite (picoFarad). Per il funzionamento a frequenze elevate limitato anche da altri fattori come: induttanza propria della bobina o dei collegamenti, capacit tra fili, Gli strumenti a raddrizzatori di costruzione normale si impiegano per frequenze fino a 1050kHz. Invece il limite inferiore di frequenza 510 Hz, perch per tali frequenze non pi verificata la condizione f1 >> f0 e lindicazione risulta oscillatoria. Dato che per piccole tensioni leffetto raddrizzante diventa trascurabile, Fig. 6-7b), il valore minimo 48
Gli strumenti elettrodinamici utilizzano le forze che agiscono tra conduttori percorsi da corrente. Lo strumento elettrodinamico dello schema di Fig. 6-10a) costituito da una bobina fissa divisa in due sezioni che, quando percorsa da corrente, crea nella zona c entrale un campo magnetico sensibilmente uniforme. In questo immersa una bobina mobile, sostenuta da perni o nastri tesi, libera di ruotare intorno allasse 0.
Fig. 6-10. Struttura di uno strumento elettrodinamico. Essendo il circuito magnetico in aria, il campo magnetico della bobina fissa relativamente modesto, perci non sfruttabile lo smorzamento elettromagnetico come negli strumenti magnetoelettrici. Per avere il grado di smorzamento desiderato, per gli strumenti a deviazione z = 0.60.8, si ricorre allora a uno smorzamento a fluido; in Fig. 6-10a) lo smorzamento ottenuto col moto di uno stantuffo in un cilindretto. Linterazione fra il campo magnetico provocato dalla corrente if che percorre la bobina fissa e la corrente im che percorre la bobina mobile, genera la coppia motrice c. Si trova che la coppia motrice istantanea c = K if im (6.6) con K coefficiente della coppia motrice. Il moto dellequipaggio mobile retto da unequazione differenziale del 2 ordine, come gi esaminato per gli strumenti magnetoelettrici. Nella condizione di regime permanente luguaglianza tra coppia motrice e coppia antagonista ca = A fornisce lespressione della deviazione . Con correnti if im stazionarie If Im (correnti continue), in equilibrio si ha: K If Im = A Misurando la deviazione risulta: = K/A ( If Im ) = G0 If Im (6.7) dove G0 = K/A. Con correnti if e im sinusoidali di valori efficaci If e Im, di uguale pulsazione e sfasate tra loro dellangolo , cio con: 49
if = 2 If sint im = 2 Im sin(t-) la coppia motrice istantanea dalla (6.6) espressa da: c = K If Im cos - K If Im cos(2t-) = KIf Im cos - KIf Im sin(2t-+/2) ossia somma di un termine costante (valore medio) pi un termine sinusoidale di pulsazione o frequenza doppia 2f. Se tale frequenza molto maggiore della frequenza propria dello strumento, lequipaggio mobile avverte solo il valore medio della coppia (lo strumento funziona da filtro passabasso) e quindi lindicazione dello strumento :
= (K / A)I f I m cos = G 0 (I f I m )
(6.8)
cio dipende dal prodotto scalare delle due correnti If e Im . Le indicazioni degli strumenti elettrodinamici in generale dipendono dalla frequenza. Infatti linfluenza della frequenza si manifesta sia per la presenza di correnti parassite indotte in parti metalliche dello strumento che riducono e ritardano il flusso utile, sia per la presenza di reattanze delle bobine e delle resistenze addizionali nei voltmetri o nei wattmetri. Inoltre, per la mutua induttanza M tra le bobine, una corrente I variabile che percorre una bobina induce nellaltra una f.e.m. E = jM I di valore crescente con la frequenza. Le corrispondenti correnti indotte creano coppie perturbatrici che variano anche con la posizione dellequipaggio mobile. Pertanto gli strumenti elettrodinamici si impiegano nel campo delle frequenze industriali fino ad alcune centinaia di hertz. Con disposizioni particolari, capacit che neutralizzano in parte la reattanza induttiva delle bobine, si arriva anche a qualche decina di kilohertz.
6.4.2. Amperometri, voltmetri e wattmetri
Gli strumenti elettrodinamici, come mostrano le precedenti formule (6.7) e (6.8), sono intrinsecamente misuratori di corrente (strumenti reometrici). Se la bobina fissa collegata in serie con la bobina mobile e linsieme cos ottenuto collegato in serie al carico percorso dalla corrente i, si ha if = im = i. In corrente continua i = I; dalla (6.7) risulta: (6.9) = G0I2
Fig. 6-11. Milliamperometro elettrodinamico. Con corrente sinusoidale di valore efficace I dalla (6.8), essendo = 0, si ha: = G0I2 (6.10)
50
Si noti che mentre nella (6.9) I lintensit della corrente continua, I nella (6.10) il valore efficace della corrente alternata. Il milliamperometro di Fig. 6-11 e lamperometro e il voltmetro da esso direttamente derivati, presentano le seguenti caratteristiche: i morsetti non sono polarizzati; la graduazione della scala, tendenzialmente quadratica, si rende uniforme con opportuna disposizione e forma delle bobine; lindicazione funzione del vero valore efficace, cio indipendente dalla forma donda del misurando, per frequenze fino al migliaio di hertz (TRMS, True Root Mean Square). La portata dello strumento di Fig. 6-11 comprese tra 5-100 mA, cio lo strumento un milliamperometro. Il limite superiore imposto dalla sovratemperatura ammissibile nelle molle senza che vari il coefficiente della coppia antagonista A (e quindi G0). Per aumentare la portata del milliamperometro si collega la bobina mobile in parallelo alla bobina fissa, in modo da inviare in questa la maggior parte della corrente misuranda I e limitare la corrente nella bobina mobile ai valori ammissibili per le molle (amperometro elettrodinamico), Fig. 6-12.
Fig. 6-12. Amperometro elettrodinamico. Un voltmetro elettrodinamico si ottiene collegando in serie a un milliamperometro elettrodinamico una resistenza addizionale Rs avente coefficiente di temperatura trascurabile come nel caso del voltmetro magnetoelettrico di Fig. 6-6. Limpiego pi importante degli strumenti elettrodinamici come misuratore di potenza, cio come wattmetro. In un wattmetro la bobina fissa dello strumento elettrodinamico connessa in serie con il carico (bobina amperometrica). Invece la bobina mobile, in serie con una resistenza addizionale per limitare la corrente Im a valori accettabili dalle molle o nastri tesi, connessa in parallelo con il carico ( bobina voltmetrica). Tale bobina ha una resistenza totale RV costante per la presenza della resistenza addizionale con coefficiente di temperatura trascurabile (come nei voltmetri). Nella ipotesi di consumi trascurabili, se il circuito alimentato in corrente continua con le inserzioni di Fig. 6-4a e 6-4b, la corrente che percorre lamperometrica If uguale a quella del carico, If = I, mentre la corrente che percorre la voltmetrica proporzionale alla tensione U agente agli estremi del carico, cio Im = IV = U/RV. Pertanto dalla (6.7) lindicazione: = G 0 ( U / R V )I = G ' 0 P risulta proporzionale alla potenza P assorbita dal carico.
Sempre trascurando i consumi, in regime sinusoidale se la reattanza XV = LV della bobina voltmetrica di induttanza LV XV RV , la corrente IV nella bobina mobile ha modulo IV U/RV ed in fase con U; quindi langolo tra If = I e Im = IV (sono tutti vettori) uguale allangolo del carico. Pertanto dalla (6.8) lindicazione dello strumento U G0 I cos = G ' 0 ( U I) = G ' 0 P RV proporzionale alla potenza P attiva del carico e la scala del wattmetro uniforme. In realt con le inserzioni della Fig. 6-13 si commettono errori sistematici dovuti allerrore di consumo (in corrente continua e alternata) e allerrore di fase (in corrente alternata). Con riferimento al funzionamento in regime sinusoidale, tenuto conto che dalla (6.8) il wattmetro misura il prodotto scalare tra la tensione U agente ai morsetti della bobina voltmetrica e la corrente I che attraversa la bobina amperometrica, se RA e XA sono la resistenza e la reattanza della bobina amperometrica, con lo schema di Fig. 6-13a), voltmetrica a monte, si ha: = G ' 0 [( U + R A I + jX A I) I = G ' 0 [ U I + R A I 2 ] = G ' 0 (P + R A I 2 ) Ossia il wattmetro misura la potenza attiva P del carico pi la potenza RAI2 consumata nella sua bobina amperometrica. Con linserzione della bobina voltmetrica a valle, schema di Fig. 6-13b), nellipotesi di XV RV si ha: U U2 U2 = G ' 0 U (I + ) G'0 (U I + ) = G ' 0 (P + ) R V + jX V RV RV Ossia il wattmetro misura la potenza attiva P del carico, pi la potenza consumata nella sua bobina voltmetrica U2/RV. Pertanto in ogni caso il wattmetro, oltre alla potenza P del carico, misura in pi la potenza consumata nel suo circuito pi vicino al carico. Questo risultato valido anche in corrente continua. Quando si debba tener conto dei consumi preferibile linserzione con la voltmetrica a valle, in quanto nellespressione della correzione appare la resistenza RV, che ha un valore definito e costante, mentre tale non la resistenza LA. Con questa inserzione, se il carico si interrompe, il wattmetro fornisce direttamente la misura del suo autoconsumo. In corrente alternata la presenza della reattanza voltmetrica XV provoca un altro errore sistematico dipendente da due effetti. Il modulo della corrente IV che percorre la bobina voltmetrica minore di quella che si avrebbe se fosse XV = 0. Inoltre la corrente Iv = Im non pi esattamente in fase con la tensione U ai capi della bobina voltmetrica, ma sfasata in ritardo di un piccolo angolo V (errore dangolo), Fig. 6-14.
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Normalmente lerrore sul modulo della corrente IV trascurabile rispetto allerrore V sulla fase, quindi dalla Fig. 6-14 la potenza misurata : = G0U I cos(-V) Lerrore di fase f perci dato da: ' G ' 0 UI cos( V ) G ' 0 UI cos f = = = cos V + tan sin V 1 G ' 0 UI cos Poich V molto piccolo, cosV 1 e sinV V , si ottiene: f V tan Esprimendo langolo V in centiradianti, lerrore di fase f risulta in percento. Per f = 50 Hz langolo V in centiradianti deve risultare: V classe del wattmetro. Lerrore di fase dipende sia dalle caratteristiche del wattmetro (V) sia dalla natura dellimpedenza del carico (tan); se questo totalmente resistivo f = 0, se totalmente reattivo f = . Pertanto in misure di potenza con fattore di potenza molto basso lerrore di fase pu assumere valori inaccettabili. Lerrore di fase cresce inoltre con la frequenza (V = LV/RV); talvolta si compensa con condensatori in parallelo al resistore addizionale della bobina voltmetrica. Lerrore di fase positivo (il wattmetro indica di pi) con corrente I in ritardo rispetto alla tensione U, come in Fig. 6-14, invece negativo con corrente in anticipo. Il wattmetro uno strumento con almeno quattro morsetti (2 amperometrici e 2 voltmetrici) che hanno rispettivamente una portata amperometrica Ifs ed una voltmetrica Ufs. La portata in potenza del wattmetro dipende dalle sue caratteristiche costruttive; nei wattmetri normali tarati per cost = 1 data semplicemente dal prodotto: Pfs = Ufs Ifs Invece nei wattmetri tarati a cost < 1 (wattmetri a basso cos), la portata data da Pfs = Ufs Ifscost. In questultimo caso il cost di taratura, da non confondere con il cos del carico, deve essere indicato sullo strumento dal costruttore. La portata in potenza pu essere modificata sia variando Ufs con resistenze addizionali, sia variando Ifs con il collegamento in serie o in parallelo delle due parti cui divisa la bobina fissa; ad esempio si ottengono per Ufs 3075150300V e per Ifs 510A. Per portate pi elevate si usano trasformatori di misura, TA e TV. Un wattmetro di portata voltmetrica Ufs e portata amperometrica Ifs e cost = 1 presenta un errore relativo di classe dato da: U I classe = classe fs fs UI cos con U, I e cos tensione, corrente e fattore di potenza del circuito di misura. Per U = Ufs e I = Ifs, se il carico ha un cos < 1, la lettura non a fondo scala e lerrore di classe maggiore; ad esempio se la classe 0.2 e cos = 0.1 si ha cl = 2%. Pertanto lerrore relativo di classe inversamente proporzionale al fattore di potenza. Nel wattmetro la deviazione dellindice al di sopra dello zero dipende dal verso di avvolgimento delle bobine e dal verso delle correnti che le percorrono. Pertanto sono marcati con uno stesso segno (+,) i morsetti corrispondenti delle due bobine dai quali deve contemporaneamente entrare o uscire la corrente per ottenere la deviazione dellindice al di sopra dello zero, Fig. 6-15a) e 6-15b). Se, effettuata questa inserzione, lindice tende a deviare al di sotto dello zero, la potenza misuranda
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Fig. 6-15. Morsetti corrispondenti del wattmetro. Eventuali sovraccarichi della bobina amperometrica o voltmetrica possono non essere indicati dal wattmetro. Infatti lindicazione dipende dal prodotto scalare P = U I = UI cos , per cui tensione e corrente potrebbero superare i valori di portata senza che lindicazione ce ne renda avvertiti; caso limite = /2, sul wattmetro lindicazione nulla e lo strumento fuori uso. Pertanto, per evitare danni, buona norma inserire il wattmetro con un amperometro in serie alla sua amperometrica e con un voltmetro in parallelo alla sua voltmetrica.
6.5. Strumenti elettromagnetici
Gli strumenti elettromagnetici, o a ferro mobile, si basano sulle forze che agiscono su parti mobili in materiale ferromagnetico, immerse nel campo magnetico prodotto da una bobina percorsa da corrente. Si possono dividere in due tipi: ad attrazione e a repulsione. Negli strumenti ad attrazione o a succhiamento, la parte mobile, in materiale ferromagnetico, attratta nellinterno del campo magnetico della bobina dove il campo pi intenso. La Fig. 6-16a) riporta lo schema di uno strumento ad attrazione; in essa un dischetto in materiale ferromagnetico, libero di ruotare eccentricamente rispetto allasse, attirato nellinterno della bobina percorsa da corrente.
Fig. 6-16. Strumenti elettromagnetici. Negli strumenti a repulsione si hanno due parti in ferro affacciate tra loro, una fissa e laltra mobile intorno allasse della bobina. Esse, sotto lazione del campo magnetico generato dalla corrente, si magnetizzano nello stesso senso, nascono quindi sulle parti in ferro forze repulsive che provocano la deviazione della parte mobile. Le figure 6-16b) e 6-16c) riportano gli schemi di strumenti a repulsione con parti in ferro di forma 54
cilindrica e di forma radiale. Dal principio di funzionamento, si comprende come gli strumenti elettromagnetici siano utilizzabili in corrente continua e in corrente alternata, infatti allinversione del campo magnetico si invertono le polarit magnetiche delle parti in ferro affacciate tra loro. Dato che il circuito magnetico in aria, la corrispondente induzione assume valori modesti; perci, come negli strumenti elettrodinamici, si impiegano smorzatori in aria, Fig. 6-16a). Si noti che in questi strumenti non bisogna addurre corrente alla parte mobile; pertanto le molle o i nastri tesi, svolgono solo la funzione di creare la coppia antagonista. La coppia motrice istantanea risulta: c = K i2 con K coefficiente della coppia motrice. In regime permanente la condizione di equilibrio tra coppia motrice e coppia antagonista c = A, fornisce la deviazione . Se la bobina percorsa da corrente continua i = I, la deviazione risulta = G0 I2 con G0 circa costante nella zona utile della scala. Invece se la bobina percorsa da corrente sinusoidale i = 2 I sint, di valore efficace I e pulsazione , la coppia motrice istantanea: c = K I2 sin2t = 0,5 K I2 (1 cos2t) somma di un termine costante (valore medio) e di un termine cosinusoidale di frequenza doppia 2f. Se questa frequenza molto maggiore rispetto alla frequenza propria dello strumento, lo strumento avverte solo la coppia media K I2 = A . Quindi la deviazione : = G0 I2 con I valore efficace della corrente. Pertanto uno strumento elettromagnetico (amperometro o voltmetro) non ha i morsetti polarizzati e lindicazione, risulta rispettivamente: in corrente continua funzione del quadrato della corrente I. in corrente alternata funzione del quadrato del valore efficace della corrente I (strumento a vero valore efficace TRMS). Agendo sulla geometria della bobina e delle parti in ferro, si riesce a rendere la graduazione della scala, tendenzialmente quadratica, praticamente lineare nella zona utile. Campi magnetici di frequenza anche diversa da quella della corrente che percorre la bobina, influenzano lindicazione soprattutto per le correnti parassite indotte nelle parti ferromagnetiche. Pertanto le frequenze normali dimpiego sono quelle industriali, al massimo un migliaio di hertz. Gli amperometri e i voltmetri elettromagnetici sono molto usati come strumenti da quadro perch economici e robusti. Infatti possono sopportare un elevato sovraccarico, sia elettrico per linerzia termica della bobina, sia meccanico per la saturazione del ferro che, limitando laumento della coppia motrice, fa s che lequipaggio mobile tenda ad oltrepassare il fondo scala con limitata energia cinetica.
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7.
TRASFORMATORI DI MISURA
7.1. Uso dei trasformatori di misura
I trasformatori di misura si impiegano negli impianti elettrici a frequenza industriale per variare la portata degli strumenti di misura e per alimentare apparecchiature di controllo, di manovra e di interruzione. Sono di due tipi: trasformatori di corrente o amperometrici (TA) e trasformatori di tensione o voltmetrici (TV). I TA, connessi in serie sulla linea, lavorano a corrente primaria imposta, invece i TV, connessi in parallelo sulla linea, lavorano a tensione imposta, Fig. 7-1.
Fig. 7-1. Inserzione dei TA e TV. I trasformatori di misura negli impianti a tensione superiore al migliaio di volt si usano, in primo luogo per motivi di sicurezza del personale e delle apparecchiature. Infatti lavvolgimento secondario a cui sono connessi gli strumenti pu essere messo a terra. Ci assicura la protezione contro il pericolo di accidentali difetti di isolamento tra primario e secondario. Luso dei trasformatori di misura presenta anche altri vantaggi. Evita le difficolt di costruire: sia shunt indipendenti dalla frequenza (in misura di correnti elevate), sia partitori resistivi non reattivi e indipendenti dalle resistenze di dispersione (in misure di tensioni elevate). Permette una normalizzazione delle portate degli strumenti di misura; usualmente i secondari dei TA sono per correnti di 5A, mentre quelli dei TV sono per tensioni di 100V. Riduce il consumo degli strumenti; ad esempio la misura di una corrente di 20kA con uno shunt da 60mV (caduta di tensione in corrispondenza alla portata) richiede una potenza S = 20kA60mV = 1200VA che si riduce a 0.3VA se effettuata sul secondario di un TA con una corrente di 5A e uno shunt da 60mV. Rende agevole tramite cavetti a bassa tensione linstallazione degli strumenti, anche pi di uno, sul secondario di un unico trasformatore di misura in posti distanti anche decine di metri dal punto di misura, ad esempio strumenti in sala quadri e trasformatori di misura allesterno. Permette misure anche con precisione elevata fino all0.1%.
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7.2.
Fig. 7-2. Circuito equivalente di un trasformatore reale. Il significato degli elementi rappresentati il seguente: Trasformatore ideale, cio mutua induttanza con coefficiente di accoppiamento unitario tra due circuiti elettrici a resistivit nulla, concatenati tramite un circuito magnetico di permeabilit infinita senza perdite. Per tale trasformatore valgono le relazioni tra le: tensioni correnti impedenze potenze U1 = aU2 I1 = I2/a Z12 = a2Z2 P1 = P2
ove a = N1/N2 il rapporto tra N1 spire del primario e le N2 spire del secondario. R1 e R2 rispettivamente resistenza del primario e del secondario dovute alla resistivit non nulla dei circuiti elettrici. Xd1 e Xd2 rispettivamente reattanza di dispersione del primario e del secondario dovute al coefficiente di accoppiamento non unitario tra i due circuiti elettrici, cio alla presenza di flussi magnetici dispersi. R0 resistenza equivalente alle perdite non nulle nel circuito magnetico (perdite nel ferro per isteresi e per correnti parassite). X0 reattanza di magnetizzazione dovuta alla permeabilit non infinita del circuito magnetico. Con le convenzioni di segno adottate in figura, il comportamento del trasformatore descritto, per i due circuiti elettrici, dalle equazioni: U1 = E1 + R 1 I1 + jX d1 I1 U 2 = E 2 R 2 I 2 jX d 2 I 2 E per il circuito magnetico dalla: N1 I1 + N 2 I 2 = N1 I10
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Dove I10 la corrente di eccitazione, cio una corrente ideale che, percorrendo lavvolgimento primario genera lo stesso magnetico provocato dalle f.m.m. primaria e secondaria. Se alla corrente magnetizzante non sinusoidale si sostituisce una sinusoide di pari valore efficace si pu disegnare il diagramma fasoriale di Fig. 7-3 dove: M = flusso magnetico massimo concatenato con i due avvolgimenti, I10 = corrente di eccitazione, I = componente reattiva di I10 dovuta alla corrente magnetizzante, IP = componente attiva di I10 dovuta alle perdite per isteresi e correnti parassite.
Fig. 7-3. Corrente di eccitazione. Si distinguono due modi di funzionamento del trasformatore dipendenti dalla sua connessione sulla linea di alimentazione a frequenza costante. Se il trasformatore alimentato a tensione costante, caso degli ordinari trasformatori o dei trasformatori di tensione TV connessi in parallelo sulla linea di alimentazione, la corrente di eccitazione I10 coincide praticamente con la corrente primaria a vuoto. Infatti il trasformatore lavora a flusso magnetico (o induzione) circa costante per cui il suo punto di lavoro sulla caratteristica di magnetizzazione praticamente fisso (generalmente intorno al ginocchio). Invece se il trasformatore alimentato a corrente primaria imposta ed chiuso su unimpedenza costante, caso dei trasformatori di corrente TA connessi in serie sulla linea di alimentazione, per ogni valore della corrente primaria I1, la corrente di eccitazione I10 assume valori che provocano bellavvolgimento primario e secondario corrispondenti valori di tensione. In tal caso il trasformatore lavora a flusso magnetico (o induttanza) variabile, cio il suo punto di lavoro si sosta lungo la caratteristica di magnetizzazione.
7.3. Trasformatori di corrente: funzionamento, criteri costruttivi e modalit dimpiego
I trasformatori di corrente o amperometrici (TA) si impiegano per misure di correnti basse o elevate su linee ad alta tensione, oppure in misure di correnti elevate su linee a bassa tensione. Un trasformatore di corrente connesso con il primario in serie sulla linea percorsa dalla corrente che si vuole misurare o controllare, Fig. 7-4, perci il funzionamento di tali trasformatori diverso da quello dei normali trasformatori di potenza connessi in parallelo sulla linea.
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Fig. 7-4. Inserzione di un TA. In primo luogo la corrente secondaria I2 praticamente indipendente dallimpedenza su cui chiuso il secondario ed determinata dalla corrente primaria I1 , che a sua volta dipende dallimpedenza del carico sulla linea di alimentazione. Per una data corrente primaria I1 se limpedenza secondaria del TA aumenta (o diminuisce) deve corrispondentemente aumentare (o diminuire) la tensione secondaria. Inoltre limpedenza su cui chiuso il secondario di un TA, costituito da uno o pi strumenti connessi in serie tra loro (amperometri, bobine amperometriche di wattmetri o contatori, relais di protezione), deve essere molto bassa per far funzionare il secondario del TA in condizioni prossime al cortocircuito. Un TA ideale dovrebbe dare una corrente secondaria I2 in un rapporto assegnato con la corrente primaria I1 e in fase con essa. In realt la relazione tra I1 e I2 data da: I 1 = I 10 N 1 / N 2 I 2 = I 10 I 12 Che corrisponde al diagramma fasoriale di Fig. 7-5:
Fig.7-5. Diagramma delle correnti in un TA. Da questo, essendo langolo sufficientemente piccolo, risulta che il TA presenta un errore di rapporto : = I12 I1 I1 = OA OB OC
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E un errore dangolo con la: BC OC Con I12 = -N1/N2 I2 pari al valore misurato I2 per linverso del rapporto di trasformazione. Sia lerrore di rapporto che lerrore dangolo dipendono essenzialmente dalla corrente I10, Fig. 7-5. Per rendere minima I10 si deve costruire un circuito magnetico con minima riluttanza magnetica Rm e minime perdite (R0 massima). Allo scopo si impiegano circuiti magnetici toroidali di piccola lunghezza media l, elevata sezione S ed elevata permeabilit (Rm = l/S) con minime perdite per isteresi e correnti parassite. Quindi per ridurre gli errori di un TA il problema costruttivo essenzialmente economico perch richiede molto rame e molto ferro di buona qualit. Si costruiscono TA a barra passante impiegati normalmente in misure di correnti sufficientemente intense (centinaia di ampere). In questi TA il primario come se fosse costituito da una sola spira che attraversa lanello magnetico che porta lavvolgimento secondario, Fig. 7-6.
Fig. 7-6. TA a barra passante. Se varia la posizione del conduttore nellinterno dellanello magnetico varia la reattanza di dispersione Xd1 che per non influenza lerrore del TA che indipendente da Z1 = R1 + jXd1. Sullo stesso principio si costruiscono TA a pinza o a tenaglia per racchiudere il conduttore percorso dalla corrente misuranda. Ci rende possibile la misura di una corrente in un circuito senza richiedere la sua interruzione per linserimento dello strumento. Nel caso di tensioni elevate lisolamento mutuo tra gli avvolgimenti deve essere elevato (TA in olio). Questi TA normalmente presentano una struttura del tipo mostrato in Fig. 7-7. Si ha un unico isolatore passante dotato di un foro nel quale sono inseriti i due fili del primario tra i quali vi una piccola tensione pari alla c.d.t. primaria.
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Un TA deve essere chiuso su unimpedenza secondaria molto bassa, cio deve lavorare con unimpedenza del carico molto piccola prossima al corto circuito, perci si deve evitare di aprire il secondario. Infatti nel funzionamento normale la f.m.m. secondaria N2I2 si oppone alla f.m.m. N1I1 del primario per cui la f.m.m. risultante N1I0 agente sul circuito magnetico piccola rispetto a quelle singole primaria e secondaria. Per se il circuito secondario aperto, la f.m.m. secondaria si annulla e la f.m.m. risultante pari alla f.m.m. N1I1 imposta dal carico. Linduzione nel circuito magnetico raggiunge allora la saturazione, perci aumentano le perdite nel ferro e, se lapertura del secondario dura un certo tempo, si pu avere un riscaldamento eccessivo che pu deteriorare lisolamento degli avvolgimenti. Tra i morsetti del secondario del secondario aperto si ha poi una sovratensione che pu essere pericolosa per le persone e pu provocare scariche tra le spire dellavvolgimento. Infatti, per la saturazione del circuito magnetico, il flusso di induzione B=B(t) assume un andamento trapezoidale e la sovratensione e=d/dt ha un andamento ad impulso come indicato in Fig. 7-8.
Fig. 7-8. Sovratensioni allapertura del secondario di un TA. Pertanto buona norma non inserire fusibili di corrente sul secondario del TA, e, se il TA inserito sulla linea e non utilizzato, bene chiudere in corto circuito il secondario. Per protezione si pu inserire tra i morsetti una valvola di tensione che interviene se la tensione supera una data soglia e chiude in corto circuito il secondario. 7.4. Trasformatori di tensione: funzionamento, criteri costruttivi e modalit dimpiego
I trasformatori di tensione o voltmetrici TV si impiegano per alimentare da una linea ad alta tensione voltmetri, bobine voltmetriche di wattmetri, contatori, relais, Un TV connesso in parallelo alla linea, perci il funzionamento simile a quello dei normali trasformatori di potenza. In particolare se la tensione di alimentazione costante il flusso magnetico circa costante. Dalla teoria del trasformatore E1/E2 = N1/N2 perci se U1E1 e U2E2 risulta U1/U2 = N1/N2 = cost., ossia la tensione secondaria U2 in un rapporto assegnato con la tensione primaria e in fase con essa. Per far coincidere U2 con E2 e U1con E1 (tutti vettori), devono essere trascurabili le cadute di tensione nel primario (R1+jXd1)I1 e nel secondario (R2+jXd2)I2. Pertanto costruttivamente si deve fare in modo che le resistenze R1 e R2 e le reattanze di dispersione 61
Xd1 e Xd2 degli avvolgimenti siano minime. Ci significa elevata sezione di rame e massimo coefficiente di accoppiamento tra primario e secondario. Per ridurre la c.d.t. secondaria necessario limitare la corrente I2, perci limpedenza del carico non deve scendere al di sotto di un valore limite. La condizione ideale si ha con un impedenza del carico tendente allinfinito, cio con il secondario aperto. Per una data impedenza la c.d.t. primaria tanto minore quanto minore la I1. Per ridurre I1 = I10-N2I2, oltre a ridurre I2, bisogna ridurre la corrente I10. Ci richiede che la riluttanza del circuito magnetico Rm=l/S sia minima, ossia circuito magnetico di piccola lunghezza l, elevata sezione S ed elevata permeabilit magnetica . In conclusione il problema della precisione di un TV (come quella di un TA) solo economico di costo del trasformatore. Quando non si bada a spese si possono ottenere TV o TA con errori assolutamente trascurabili. Normalmente un TV per la misura della tensione di linea presenta al primario due isolatori passanti proporzionati per sostenere la tensione primaria secondo lo schema di Fig. 7-9.
Fig. 7-9. Schema costruttivo di un TV per tensione di linea. Un problema costruttivo preminente per un TV quello dellisolamento; per tensioni elevate (fino a centinaia di kV) occorre aumentare tutte le dimensioni del trasformatore dando a questo una potenza ridondante rispetto a quella richiesta dalla misura. 7.5. Dati di specifica
Si riportano in seguito i principali dati che specificano luso dei trasformatori di misura. Rapporto nominale di un TA (o di un TV) il rapporto tra il valore della corrente nominale primaria (o della tensione nominale primaria) e il corrispondente valore della grandezza secondaria. Ad es. per un TA 100/5, o per un TV 10000/100. Normalmente i TA sono previsti per una corrente secondaria di 5A o 1A, mentre i TV sono previsti per una tensione secondaria di 100V o 10V.
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Prestazione valore limite del carico secondario per il quale valgono le garanzie corrispondenti ad una determinata classe di precisione. espressa dalla potenza in VA erogata al secondario alla corrente nominale per il TA (o alla tensione nominale per un TV) con lindicazione del corrispondente fattore di potenza. Consente di determinare il valore massimo di impedenza secondaria per il TA (il valore minimo per il TV) al di sopra del quale per il TA (al di sotto del quale per il TV) si hanno errori maggiori a quelli garantiti dalla classe di appartenenza. Si noti che la prestazione una potenza apparente limite nei riguardi della precisione e no nei riguardi del sovra-riscaldamento ammissibile (come nelle ordinarie macchine elettriche). Perci superando la prestazione non si garantisce la precisione, ma non c pericolo di sovraccarico. Le prestazioni sono nellordine dei 1050VA. Precisione data dallindice di classe che, in date condizioni, fornisce il limite dellerrore di rapporto in percento e dellerrore di angolo in centiradianti. Si hanno indici di classe 0.1 e 0.2 o S, per misure di laboratorio, 0.5 o P per misure tariffarie, 1 o Q per misure industriali. Le condizioni per cui valgono le precisioni indicate dalla classe sono comprese per il TA tra il 10% e il 20% della corrente nominale primaria, per il TV tra l80% e il 120% della tensione nominale primaria. Esistono trasformatori di protezione per i quali si accettano errori maggiori e non si forniscono garanzie di classe. Altri dati di specifica riguardano la frequenza di lavoro e la tensione disolamento tra gli avvolgimenti. Questultima determina il costo del trasformatore, ad esempio a pari rapporto di trasformazione e prestazione, un TA per bassa tensione molto mento costoso di un TA per levata tensione. I trasformatori di misura presentano inoltre al primario e al secondario un morsetto contrassegnato ( o altri segni), che consente di prelevare una corrente secondaria nei TA (o una tensione nei TV) avente la stessa fase della grandezza primaria a meno del piccolo errore dangolo. Questa connessione importante solo in misure che coinvolgono angoli di sfasamento, ad esempio wattmetri, cosfimetri,
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8.
Gli strumenti di misura elettronici utilizzano nella loro struttura amplificatori e dispositivi elettronici soprattutto per ottenere: amplificazione o altra elaborazione del segnale di misura, tempi di risposta minimi, e automazione della misura. Limpiego di amplificatori elettronici consente di costruire strumenti con maggiore risoluzione, cui pu corrispondere maggiore precisione e con minor consumo, ossia con elevata impedenza di entrata. Altri dispositivi elettronici come: amplificatori operazionali, convertitori analogico - digitali e viceversa, microprocessori,, forniscono innumerevoli elaborazioni del segnale di misura. Molte di tali elaborazioni hanno il pregio di poter essere compiute in tempi brevissimi, fino ai nanosecondi. La minima inerzia di alcuni strumenti elettronici, tipica quella del fascetto elettronico di un tubo a raggi catodici, permette losservazione e la misura di fenomeni estremamente rapidi, come la sovratensione di un fulmine su una linea elettrica. Lutilizzazione di tecniche elettroniche consente anche di sostituire losservatore nella misurazione. Si arriva cos ai sistemi automatici di acquisizione e controllo dati, in cui, sotto la gestione di uno o pi calcolatori digitali, si ottengono tutte le misure per il monitoraggio e il controllo di un impianto, ad esempio di una centrale elettrica. Gli strumenti elettronici impiegati nelle applicazioni sono sia analogici che digitali. Entrambi presentano unimpedenza di entrata elevata, generalmente molto pi grande della impedenza equivalente del circuito di misura. Pertanto gli strumenti di misura elettronici sono di tipo voltmetrico, mentre gli strumenti di misura elettromeccanici reometrici sono di tipo amperometrico. In questo capitolo dopo un richiamo sugli amplificatori elettronici per gli strumenti di misura, si presentano i pi significativi strumenti elettronici a deviazione, e digitali a visualizzatore numerico. 8.2. Amplificatori per strumenti di misura
Un amplificatore elettronico un sistema entrata-uscita in cui, con lintervento di una sorgente esterna, un segnale di tensione o corrente in entrata, genera in uscita un corrispondente segnale amplificato e capace di erogare una potenza maggiore di quella in entrata. Nel seguito si illustra il significato dei principali parametri che caratterizzano il comportamento degli amplificatori usati negli strumenti di misura. Il rapporto tra la tensione di uscita Uo (output voltage) e la tensione di ingresso Ui (input voltage) definisce il guadagno in tensione (gain voltage) dellamplificatore:
Uo Ui
G = 20 log
Uo Ui
Il guadagno G generalmente una grandezza complessa che, come noto, in funzione della frequenza rappresentato con la risposta in modulo e fase. Un amplificatore costituito da pi stadi connessi in cascata. Se questi stadi sono connessi con accoppiamenti diretti, possibile amplificare anche segnali in corrente continua (frequenza zero) per cui il limite inferiore della banda passante BW (Band Width) zero, amplificatori DC (direct current amplifier). Invece se gli stadi degli amplificatori sono accoppiati con condensatori o con trasformatori, la banda passante presenta anche un limite inferiore di frequenza, amplificatori AC (alternating currente amplifier).
Fig. 8.1: Banda passante: a) amplificatore DC; b) amplificatore AC; c) amplificatore selettivo. Si costruiscono anche amplificatori selettivi o accordati, idonei ad amplificare segnali con frequenze comprese entro una stretta banda (tuned amplifier). Gli amplificatori DC sono pi versatili degli amplificatori AC, perch consentono di amplificare segnali in corrente continua o a frequenza molto bassa come quelli prodotti da termocoppie o da estensimetri. Tuttavia gli amplificatori DC presentano problemi di tensione di offset e di deriva pi temibili quanto maggiore il guadagno. La tensione di offset (offset voltage) una piccola tensione DC presente alluscita dellamplificatore anche con tensione nulla al suo ingresso. Per correggere questo errore di tensione, che dovrebbe essere nullo in un amplificatore ideale, necessario applicare allingresso dellamplificatore una adeguata tensione di compensazione. La deriva (drift) una lenta variazione della tensione di uscita dovuta a variazioni di temperatura, oppure a invecchiamento dei componenti dellamplificatore. Per la presenza della deriva il livello di zero di un amplificatore DC, deve essere periodicamente verificato e regolato per ottenere unuscita misurabile. Pertanto quando si richiedono elevati guadagni e non richiesta lamplificazione di segnali DC, pi vantaggioso limpiego di amplificatori AC che sono di minor costo e, per la presenza dei condensatori o dei trasformatori di accoppiamento tra gli stadi, bloccano i segnali di deriva a bassa frequenza. La misura del guadagno e della banda passante di un amplificatore si effettua alimentando, con un generatore sinusoidale a frequenza variabile, lamplificatore avente luscita chiusa su una data resistenza di carico. Il segnale dingresso e il segnale di uscita si visualizza e si misura con un oscilloscopio catodico. Per la misura del guadagno in tensione, alimentato lamplificatore con una tensione sinusoidale di data frequenza, ad esempio quella di riferimento che generalmente 100Hz o 1000Hz, si verifica che il livello del segnale dingresso sia sufficientemente basso in modo da non uscire dal campo di linearit dellamplificatore. In tali condizioni la misura della tensione di uscita Uo e della tensione
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dingresso Uo corrispondente fornisce il guadagno G. Per la misura della banda passante lampiezza della tensione dingresso dellamplificatore deve essere mantenuta in ampiezza e variata in frequenza, mentre si misura la tensione di uscita alle varie frequenze. Il guadagno dellamplificatore espresso generalmente in dB assumendo come 0 dB la tensione duscita corrispondente ad una data frequenza di riferimento. La banda passante BW dellamplificatore lintervallo di frequenze entro il quale il guadagno in tensione non scende al di sotto dello 0.707 del valore assunto alla frequenza di riferimento. Lattitudine di un amplificatore a seguire rapide variazioni del segnale dingresso, oltre che dalla banda passante BW, data dal suo tempo di salita Tsa che legato alla banda passante dalla: BW Tsa 0.35. Evidentemente la variazione del segnale i uscita a un amplificatore non pu essere pi veloce di quello imposto dal sua tempo di salita Tsa, indipendentemente da quanto sia breve il tempo di salita Ts del segnale dingresso. Tenuto conto che i tempi di salita si sommano con la regola della radice quadrata della somma dei quadrati se, il tempo di salita del segnale Ts uguale a quello proprio dellamplificatore Tsa, il tempo di salita misurato Tsm dato dalla:
Tsm = Ts 2 + Tsa 2 1.41Ts
presenta un errore maggiore del 40%. Per ridurre tale errore il tempo di salita Tsa dellamplificatore deve essere sufficientemente pi piccolo del tempo di salita Ts del segnale dingresso. Se Tsa = Ts /10 lerrore sul tempo di salita misurato Tsm minore dello o.5%. Un amplificatore si pu rappresentare con il circuito equivalente di Fig. 8.2: tra i morsetti dingresso 1-1, da unimpedenza dingresso Zi (input impedance); tra i morsetti duscita 2-2, da un generatore di tensione pilotato E0 in serie con unimpedenza duscita Z0 (output impedance).
Fig. 8.2: Circuito equivalente di un amplificatore In un amplificatore ideale Zi = , Z0 = 0, E0 = G Ui con G indipendente dalla grandezza e frequenza del segnale dingresso Ui. In un amplificatore reale per ridurre leffetto di carico sul segnale misurando, limpedenza dingresso Zi sempre molto elevata. Il valore di Zi dipende essenzialmente dalla struttura del primo stadio e pu essere aumentata con limpiega della retroazione, si raggiungono valori di 1010 1012 . Limpedenza di uscita Z0 deve essere minima per ridurre la variazione della tensione di uscita U0 con la corrente erogata. Il valore di Z0 dipende essenzialmente dalla struttura dellultimo stadio dellamplificatore; assume valori intorno a 1001000 riducibili con adatta retroazione. 66
Per ottenere il massimo trasferimento di potenza sul carico di data impedenza, si pu interfacciare tra amplificatore e carico un trasformatore di adattamento, oppure impiegare opportuni trasferitori o inseguitori di tensione. I potenziali dei diversi punti di un amplificatore sono normalmente riferiti a una massa costituita, o dal suo involucro se metallico, o da un adatto conduttore. Se uno dei morsetti di entrata e uno dei morsetti di uscita connesso a massa lamplificatore presenta una sola entrata e una sola uscita rispetto a massa, per cui si dice che ha una sola entrata e uscita asimmetrica.
Fig. 8.3: a) Amplificatore con entrata e uscita asimmetriche; b) Amplificatore differenziale. Invece un amplificatore differenziale possiede due entrate e amplifica la differenza delle tensioni applicate a queste entrate. Per un amplificatore ideale i guadagni di ciascuna delle due entrate sono uguali e di segno contrario. Il guadagno positivo per lentrata 1 (morsetto +) e negativo per lentrata 1 (morsetto invertente -). Se u0 il valore istantaneo della tensione di uscita si ha: u 0 = G d (u 'i u ' ' i ) con (ui ui) tensione differenziale in entrata e Gd guadagno differenziale. Gli amplificatori differenziali vengono impiegati in: misure di tensione tra due punti entrambi fluttuanti verso terra, ad esempio la tensione di squilibrio di un ponte avente un estremo della tensione di alimentazione connesso a terra. Negli amplificatori a reazione, allentrata viene applicato insieme al segnale di ingresso ui, un altro segnale funzione della tensione o della corrente di uscita dellamplificatore stesso. La Fig. 8-4 mostra un amplificatore di guadagno G con reazione di tensione ottenuta tramite un elemento avente funzione di trasferimento H.
Fig. 8-4: amplificatore a reazione di tensione. Questo elemento fornisce una tensione di reazione uf (feedback voltage) che si aggiunge alla tensione di ingresso ui, per cui la tensione effettiva di ingresso ui ai morsetti dellamplificatore : 67
Se 1-GH<1 si ottiene Gf >G, cio il guadagno con reazione maggiore del guadagno diretto G (reazione positiva). Al limite per GH1+j0, Gf ossia lamplificatore fornisce una tensione finita di uscita con una tensione dingresso nulla: in questo caso lamplificatore con reazione positiva funziona da oscillatore. Se1-GH>1 si ottiene Gf < G, cio il guadagno con reazione minore del guadagno diretto G (reazione negativa o controreazione). Lo svantaggio della perdita di guadagno ampiamente compensata da molti altri vantaggi che consentono un miglioramento globale delle prestazioni dellamplificatore. In particolare con la controreazione si otteene un guadagno pi stabile ed esteso in frequenza, una impedenza di ingresso pi elevata ed una impedenza di uscita pi bassa. Infatti se GH>>1 si ha che Gf = 1/H, ossia il guadagno con reazione Gf dipende unicamente dalla f.d.t. H dellelemento di reazione ed indipendente dal guadagno G dellamplificatore che pu variare per cause diverse come temperatura o invecchiamento dei componenti. Ad esempio se H un numero reale, ottenuto con componenti poco influenzabili dalla temperatura e dallinvecchiamento, si ottiene un guadagno pi stabile e costante in un campo di frequenze pi esteso, indipendentemente dalla presenza di parametri reattivi nellinterno dellamplificatore. In un amplificatore di isolamento il circuito dingresso isolato elettricamente (o metallicamente) dal circuito di uscita e dal circuito di alimentazione dellamplificatore. Allo scopo il segnale dingresso accoppiato al circuito di uscita dellamplificatore tramite un elemento di isolamento costituito da un trasformatore o da un accoppiatore optoelettronico. Inoltre la potenza richiesta per il funzionamento dellamplificatore prelevata, o da una sorgente autonoma (accumulatori), o dalla rete di alimentazione attraverso un altro trasformatore di isolamento. Un trasformatore di isolamento un dispositivo di accoppiamento in cui il flusso magnetico concatenato con gli avvolgimenti, spesso schermati tra loro, trasmette linformazione dal segnale dingresso allavvolgimento secondario in uscita, che metallicamente isolato dallavvolgimento primario, Fig. 8.5 a). Questi trasformatori presentano: buone linearit, piccola capacit C di accoppiamento tra gli avvolgimenti (inferiore a 0.1pF), frequenze di lavoro da una decina di hertz a una decina di kilohertz (cio non funzionano in corrente continua o a frequenze molto basse).
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Fig. 8-5: a) trasformatore disolamento; b) accoppiatore optoelettronico. In un accoppiatore optoelettronico, Fig. 8.5 b), un diodo emettitore di luce LED (Light Emitting Diode) posto in prossimit di un fototransistor in una singola struttura. La luce emessa dal diodo, provocata dalla corrente i1 colpisce il fototransistor che determina la corrente i2. Linformazione contenuta nella corrente i1 quindi trasferita al fototransistor senza nessun collegamento elettrico diretto. Tra LED e fototransistor si hanno capacit di circa 1pF; rispetto ai trasformatori di isolamento si ha il vantaggio di funzionamento in un campo di frequenze da 0 a una decina di kilohertz.
8.3. Amplificatori operazionali
Un amplificatore operazionale OA (Operational Amplifier) un amplificatore a elevato guadagno, ad accoppiamento diretto opportunamente controreazionato. Gli OA inizialmente impiegati nei calcolatori analogici per effettuare operazioni matematiche quali somma e integrazione, sono oggi largamente usati come dispositivi lineari e non lineari nellelettronica analogica e digitale sotto forma di circuiti integrati IC (Integrated Circuit) con elevate prestazioni e minimo costo. Un OA un amplificatore differenziale che risponde alla differenza delle tensioni applicate allingresso tra morsetto positivo e morsetto negativo o morsetto invertente. Tipicamente presenta due morsetti in ingresso e uno in uscita, schema di Fig. 8-6a), ed rappresentato dal simbolo di Fig. 8-6b), mentre la Fig. 8-6c) mostra i collegamenti dei piedini di un circuito integrato.
Fig. 8-6: a) Schema; b) Simbolo; c) Collegamento piedini. Un OA con un unico ingresso, cio con ingresso asimmetrico, corrisponde al caso particolare di ingresso positivo connesso a massa. Con limpiego di adatte reti esterne di reazione gli OA presentano numerosissimi modi di funzionamento. 69
Normalmente per lanalisi di molti modi di funzionamento si fa riferimento alle caratteristiche di un OA ideale perch quasi tutte queste caratteristiche sono molto prossime alle caratteristiche degli OA reali disponibili sul mercato. Tabella 8-1: Caratteristiche degli amplificatori operazionali Amplificatore operazionale Guadagno diretto G Banda passante BW Impedenza dingresso Zi Impedenza duscita Zo Reiezione di modo comune CMR Tensione di offset Uof Ideale 0 0 Reale 105106 10Hz 1051012 50100 80120dB 24mV
La Fig. 8-7 riporta lo schema base per lanalisi di un OA invertente. Normalmente le impedenze dingresso Zi e duscita Zo sono resistenze, cio Ri e Ro. Nella ipotesi di G = , a una tensione di uscita uo finita corrisponde una tensione dingresso ui nulla (ui = uo/G = 0), perci il punto 1 al potenziale del punto 1, cio a potenziale di massa (massa virtuale). Daltra parte essendo Ri = , la corrente dingresso ii = 0.
Fig. 8-7: Schema base di un OA invertente Pertanto: i1 + i2 = 0 e la tensione di uscita risulta: uo = R2 u i = G f u i R1 i1 = ui /R1 i2 = uo /R2
Il guadagno con reazione pari a Gf =R2 /R1 dipende solo dalle resistenze esterne R1 e R2 ed indipendente dalle caratteristiche interne dellamplificatore. Se le resistenze sono stabili e note con una data precisione, anche il guadagno noto con una corrispondente precisione come richiesto a un amplificatore per misure. Si esaminano ora alcuni schemi di OA utilizzati nella struttura di strumenti elettronici analogici e digitali presentati nel seguito. Per lOA sommatore della Fig. 8-8a) si ha:
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Fig. 8-8: modi di funzionamento: a) sommatore; b) integratore; c) generatore di rampa. i1 + i2 + i3 + if = 0 con: i1 = u 1 R 1 i2 = u2 R 2 i3 = u 3 R 3 i4 = u4 R 4 da cui: uo = - Rf (u1/R1 + u2/R2 + u3/R3). Pertanto la tensione di uscita uo la media pesata delle tensioni di ingresso; se R1=R2=R3, uo la somma delle tensioni dingresso. Con opportuni valori delle resistenze lOA sommatore utilizzato come convertitore digitale analogico. La Fig. 8-8b) mostra lo schema di un OA integratore. Si ha successivamente: i1 + ic = 0 i1 =
ic = C
u1 R1
du o dt
uo =
1 u i dt RC
Pertanto la tensione di uscita uo proporzionale allintegrale della tensione dingresso. In particolare se allistante t = 0 si applica allentrata una tensione costante ui, la tensione di uscita varia linearmente col tempo a partire da questo istante (generatore di rampa). Integratori di questo tipo sono impiegati per la misura di induzione magnetica. 71
Se in parallelo alla capacit C si collega un interruttore elettronico che si chiude quando la tensione uo ha raggiunto un dato valore, si ottiene un generatore a dente di sega che fornisce lasse dei tempi negli oscilloscopi catodici analogici. Un OA trasferitore o inseguitore di tensione (voltage follower) presenta un ingresso differenziale in cui la tensione dingresso ui applicata al morsetto positivo, mentre la tensione di uscita uo connessa direttamente al morsetto dingresso invertente. Come noto in un amplificatore differenziale: uo = G(u1 u2 ) ma: u1 = ui e u2 = uo ossia: uo = G(ui uo ) Pertanto:
uo = G ui . 1+ G
Se il guadagno diretto G risulta uo = ui, ossia la tensione di uscita insegue la tensione di ingresso e il guadagno dellinseguitore G = +1.
Fig. 8-9: inseguitore di tensione Nel caso ideale di H = 1 e G = , si trova che limpedenza di entrata dellinseguitore infinita e limpedenza di uscita nulla. Per queste propriet linseguitore pu essere utilizzato come adattatore dimpedenza tra un generatore ad alta impedenza interna e un carico a impedenza molto pi piccola. Gli OA sono anche utilizzati come elementi non lineari. Unapplicazione di questo tipo molto sfruttata negli strumenti elettronici di misura analogici e digitali data dal comparatore, Fig. 8-10a), che un dispositivo la cui uscita indica quando una tensione di ingresso ui minore o maggiore di una data tensione di riferimento uR. Per ui < uR, essendo il guadagno molto elevato sufficiente una piccola differenza di tensione, frazioni di mV, per portare lamplificatore in saturazione e la tensione in uscita assume il livello alto uH, Fig. 8-10b). Per ui > uR luscita assume il livello basso uL. Quindi luscita del comparatore pu assumere solo due stati uH e uL cio da un ingresso analogico si ha unuscita digitale.
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Fig. 8-10: a) Comparatore; b) Tensione di uscita; c) Tosatore Se uR = 0 si ottiene un comparatore di zero. Un comparatore pu anche funzionare da tosatore ( clipper), ad esempio in Fig. 8-10c) usato per convertire una sinusoide in unonda trapezia.
8.4. Strumenti analogici a deviazione
Si ricorda che il segnale di misura negli strumenti analogici una funzione continua del misurando e alluscita, negli strumenti a deviazione, fa deviare un indice su un scala graduata. Gli strumenti analogici a deviazione fondamentalmente sono voltmetri in cui il segnale di misura dopo amplificazione ed eventuale altra elaborazione, ad esempio conversione DC - AC, in uscita viene misurato da uno strumento elettromeccanico che, generalmente, uno strumento magnetoelettrico. Allamplificatore oltre a un guadagno definito e stabile si richiede: impedenza di entrata elevata, impedenza di uscita adatta a quella dello strumento alimentato; banda passante adeguata a tutte le frequenze significative dello spettro del segnale dingresso, elevata reiezione dei disturbi. Siccome la misura in ultima analisi effettuata dallo strumento magnetoelettrico in uscita, la precisione degli strumenti elettronici a deviazione sempre inferiore a quella dello strumento magnetoelettrico di partenza.
8.5. Strumenti digitali
Come noto, il segnale di misura negli strumenti digitali una funzione discreta del misurando e, in uscita, presentato sotto forma di numero su un visualizzatore numerico, oppure di tabulato o di tracciato rispettivamente su una stampante o su un registratore su carta.
8.5.1. Caratteristiche e pregi dei segnali digitali
Si richiama nel seguito il significato dei principali termini che caratterizzano i segnali digitali e si illustrano i pregi che essi presentano. Negli strumenti digitali i segnali di tensione (o di corrente) assumono solo due stati o livelli, uno alto H (High) e uno basso (Low); questi stati sono rappresentati dai simboli "1" e "O", noti come cifre binarie, ognuna delle quali detta "bit". In pratica i livelli 1 e 0 sono due bande di valori separate da una banda proibita, Fig. 8-11 a). Le ampiezze di queste bande dipendono dalla famiglia di circuito logico impiegato. Ad esempio per la famiglia TTL (Transistor Transistor Logic) lo stato 1 rappresentato dai valori compresi tra 2,4 e 5V e lo stato 0 dai valori tra 0 e 0,8V. Se il pi positivo dei due bit rappresenta lo stato 1, si parla di logica positiva Fig. 8-11 b); viceversa
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se il bit pi positivo rappresenta lo stato 0 si parla di logica negativa, Fig. 8-11 c). Ad esempio 1 = +3,4V e 0 = +O,4V una logica positiva, invece 0 = +3,4V e 1 = +O,4V una logica negativa.
Fig. 8-11: a) Stati logici 1 e 0; b) Logica positiva; c) Logica negativa. Linformazione digitale data da un numero binario di determinata lunghezza detta parola (word). La parola formata da un gruppo di 4 (nibble), 8 (byte), 16 o 32 bit; pu anche avere lunghezze diverse. Il bit pi a sinistra di una parola digitale il bit pi significativo MSB (Most Significant Bit), mentre il bit pi a destra il bit meno significativo LSB (Least Significant Bit). Un grafico che riporti la variazione dei livelli logici in funzione del tempo noto come forma donda digitale la Fig. 8-12 mostra la forma donda di una parola digitale di 8 bit espressa da 010001101.
Fig. 8-12: Forma donda digitale. Linformazione associata a una parola digitale, ad esempio la corrispondenza con i numeri decimali o con i caratteri alfabetici si ottiene tramite adatti codici. Tra questi i Pi usati sono: il codice binario diretto, il codice binario decimale BCD (Binary Coded Decimal) e il codice ASCII (American Standard Code for Information Interchange). Il codice binario diretto o naturale un codice posizionale in cui ciascun numero decimale dato dalla somma di termini aventi i valori delle successive potenze di 2 moltiplicati per un coefficiente che pu assumere solo due valori: 0 o 1. Ad esempio il numero binario 10011 equivale al numero decimale: 10011 = (124) + (023) + (022) + (121) + (120) = 16 + 2 + 1 =19 La tabella 8-2 mostra alcuni esempi di numeri binari e corrispondenti numeri decimali.
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Tabella 8-2: Codice binario diretto. 0000 0001 0010 0011 0100 0101 0110 0111 1000 1001 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1010 1011 1100 1101 1110 1111 10000 100000 1000000 10000000 l0 l1 12 13 14 15 16 32 64 128
Si vede che una parola di 4 bit rappresenta al massimo 16 numeri decimali da 0 a 15 e per rappresentare numeri decimali pi grandi bisogna progressivamente aumentare il numero di bit. Con n bit si pu al massimo rappresentare un numero decimale pari a 2n-1. Il codice BCD utilizza un gruppo di 4 bit per rappresentare ognuna delle 10 cifre decimali da 0 a 9. La posizione dei 4 bit interpretata come nel codice binario ed utilizzata solo da 0000, corrispondente a 0 decimale, fino a 1001, corrispondente a 9 decimale, tabella 8-2. Per esprimere un numero decimale maggiore di 9 si usa un altro gruppo di 4 bit e cos via per ogni ulteriore cifra decimale: si ha cos il gruppo delle unit, delle decine, delle centinaia e cos via. Ad esempio il numero decimale 193 rappresentato dai seguenti 3 gruppi di 4 bit: 0001 1001 0011 Il codice BCD ridondante perch non utilizza tutte le possibilit della parola a quattro bit che pu rappresentare 16 stati e richiede pi bit del codice binario; ad esempio il numero 39 richiede 8 bit in codice BCD (0011.1001), ma solo 6 bit in codice binario (100111). Tuttavia il codice BCD ha una larghissima diffusione perch con esso molto pi facile interpretare il corrispondente numero decimale, Il codice ASCII utilizza parole di 8 bit per codificare i numeri decimali, i caratteri alfabetici e simboli vari come +, -, % e altre operazioni di tastiera come ritorno carrello, spazio,..,. La trasmissione delle parole tra le parti di uno strumento digitale pu essere di tipo serie o di tipo parallelo. Nella trasmissione serie i bit della parola si trasmettono successivamente uno alla volta su una unica linea di collegamento. Nella trasmissione parallelo tutti i bit della parola sono trasmessi simultaneamente su un numero di linee pari al numero di bit della parola. Le grandezze reali sono in prevalenza analogiche, tuttavia nelle misure e nel controllo di processi si utilizzano sempre pi strumenti che operano su segnali digitali per i molti pregi che i segnali digitali presentano rispetto ai corrispondenti segnali analogici. In primo luogo ogni operazione effettuata con minore ingombro, costo e con maggiore affidabilit. Con la tecnica VLSI (Very Large Scale Integration) su un chip di silicio di area utile minore di 10 mm2 possibile disporre decine di migliaia di transistor, anche un intero microprocessore. Il progresso della microelettronica in tal senso in continua evoluzione. Il segnale digitale presenta una risoluzione che pu essere estremamente alta, dipendente solo dal
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numero di bit usati per descrivere il segnale. Con 20 bit si possono rappresentare 220 = 1048576 livelli con una risoluzione di circa 1 p.p.m., successiva tabella 8-3. Pertanto con 1impiego di campioni di riferimento di precisione elevata (pile Weston, diodi Zener, oscillatori al quarzo) e con componenti e strutture adatte, anche la precisione degli strumenti digitali pu corrispondentemente essere elevata e superare di gran lunga quella degli strumenti analogici; pu arrivare a 10-5. La presentazione del risultato della misura su visualizzatore numerico comporta poi un evidente vantaggio per losservatore, perch elimina 1errore di lettura. Tuttavia con un visualizzatore numerico non agevole seguire le variazioni del misurando, cio se aumenta o diminuisce. Perci molti strumenti digitali sono anche provvisti di un adatto visualizzatore analogico, come una barra di lunghezza variabile con il misurando (bar graph) per una pi facile valutazione delle variazioni del misurando. Il segnale digitale presenta una immunit al rumore (noise) molto pi elevata di quella dei segnali analogici, quindi per i segnali digitali la trasmissione pi affidabile. Infatti il ricevitore deve solo distinguere tra presenza o assenza del segnale (numero binario 1 o 0). Ad esempio se i livelli 1 e 0 per il trasmettitore in uscita sono +2,4V e +0,4V e per il ricevitore in ingresso sono +2V e +0,8V, si ottiene un margine di rumore di 0,4V, gi considerevole come mostra la zona tratteggiata in Fig. 8-13. Con particolari famiglie logiche come la HNIL (High Noise Immunity Logic) tale margine assume valori ancora pi elevati.
Fig. 8-13: margine di rumore di un segnale digitale. Altro grandissimo vantaggio degli strumenti che operano con segnali digitali la diretta interfacciabilit con i calcolatori digitali. Questi sono costituiti da strutture (hardware) che compiono operazioni aritmetiche con tempi di nanosecondi, la cui sequenza governata da un programma, cio da una serie modificabile di istruzioni (software). Pertanto adatti programmi possono elaborare i dati acquisiti per ottenere la misura di determinate grandezze come: valore efficace, potenza attiva, scarto quadratico medio. Cos il software pu sostituire uno specifico hardware presente negli strumenti di misura tradizionali. Ad esempio per linearizzare 1uscita di un sensore non lineare, come una termocoppia, basta implementare nel programma un appropriato algoritmo che sostituisce 1amplificatore linearizzante richiesto in uno strumento analogico. Con 1uso del calcolatore poi possibile aumentare enormemente la capacit di misura cio il numero di misure nellunit di tempo (migliaia al secondo), immagazzinarle in memoria e successivamente presentarle, secondo il tipo di periferica connessa allo strumento, sotto forma di numero, tabella, o grafico forniti rispettivamente da visualizzatore (display), stampante (printer) o registratore (plotter).
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Negli strumenti con microprocessore incorporato il calcolatore diventa parte integrante dello strumento e, con adatti programmi residenti (firmware), consente la misura di determinate grandezze (strumenti intelligenti o a logica programmata). Infine nei Sistemi Automatici di Acquisizione Dati un calcolatore principale esterno gestisce, secondo un programma fisso o variabile, un processo di misurazione, che pu coinvolgere, a diverso livello gerarchico, anche decine di altri strumenti digitali.
8.5.2. Conversione analogico-digitale. Circuiti di campionamento
La conversione analogico-digitale trasforma un segnale analogico in un corrispondente segnale digitale. Un convertitore analogico-digitale ADC (Analog Digital Converter) accetta in ingresso un segnale di tensione analogico costante Ux e fornisce, in uscita, una corrispondente parola binaria di determinata lunghezza. Loperazione di conversione pu essere rappresentata considerando il numero binario come numero frazionario. In questo modo la tensione in uscita da un ADC espressa come funzione di una data tensione di riferimento UR cio: Ux UR(b12-1 + b22-2+ ... +bn2-n) dove: b1, b2, ... bn sono gli n bit della parola binaria, che possono assumere solo due valori 0 oppure 1. Il valore minimo di Ux zero quando tutti i bit hanno valore zero, e il valore massimo UxM dipende dalla lunghezza della parola binaria, perch quando tutti i bit hanno valore 1, lequivalente decimale della parola binaria si avvicina a UR con laumento del numero di bit. Cos una parola di 3 bit ha un massimo pari a: UxM = UR (2-1 + 2-2 + 2-3) = 0,875 UR mentre una parola di 8 bit ha un massimo UxM = 0,9961 UR. La Fig. 8-14 mostra, per UR = 10V, che una parola di 3 bit fornisce unimmagine digitale del corrispondente segnale analogico con una modesta approssimazione.
Fig. 8-14: immagine digitale di segnale analogico con una parola di 3 bit. Infatti ogni volta che si converte una tensione analogica in una parola binaria esiste una intrinseca incertezza dovuta alla discretizzazione. Perci nella formula compare il segno di circa invece delluguale, perch la tensione a secondo membro pu variare solo per quantit discrete. Per dalla formula generale e dagli esempi precedenti si vede che, maggiore il numero di bit, minore la variazione della tensione analogica corrispondente al cambiamento di un bit nella parola binaria.
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La risoluzione, ovvero la minima variazione della tensione analogica Um fornita da un convertitore A/D avente unuscita con n bit, data dalla: Um = UR 2-n Pertanto, con laumento del numero di bit, lincertezza dovuta alla discretizzazione si pu rendere minima a piacere, ossia la risoluzione pu assumere, valori estremamente elevati, come mostra la tabella 8-2. Se richiesta una data risoluzione per la tensione analogica, bisogna scegliere un convertitore ADC con un numero n di bit adeguato. Ad esempio per ottenere una risoluzione di 2mV dalla precedente formula, se UR =2V, si ricava: n = (log2 log0.002) / log2 9,996 per cui occorre un convertitore A/D con una uscita di 10 bit. Un convertitore A/D e specificato, oltre che dal numero di bit n = 8, 16 ..., di tipo parallelo o di tipo seriale, dal tempo di conversione Tc che il tempo richiesto per ottenere 1 informazione digitale in uscita; si hanno tempi di conversione da 30300ms, fino a 102Ons.
Tabella 8-3: Risoluzione in percento di un segnale digitale bit % bit 1 50 11 2 25 12 3 12.5 13 4 6,25 14 5 3,125 15 6 1,563 16 7 0,781 17 8 0,391 18 9 0,195 19 10 0,098 20
% 0.049 0,024 0,012 0,006 0,003 0,0015 0,0008 0,0004 0.0002 0.0001
Durante il tempo di conversione Tc la tensione di ingresso a un ADC, deve essere o costante, 0 pu avere una variazione massima pari alla risoluzione. Perci la massima velocit di variazione della tensione di ingresso Ux data dalla:
du x U R 2 n = dt Tc con n numero di bit, Tc tempo per una singola conversione e UR tensione di riferimento o di fondo scala del convertitore A/D. Se la tensione di ingresso sinusoidale di ampiezza pari a UR, si ricava la frequenza massima della tensione sinusoidale che, applicata a un ADC, mantiene la sua piena risoluzione:
1 du x 2 n f= = 2U R dt 2Tc
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Ad esempio per UR = 10V, n = 12 bit e Tc = 20s si ottiene dux/dt l2O V/s e f 2Hz. Negli strumenti digitali ordinari, il segnale variabile prima di essere applicato a un ADC subisce una conversione AC-DC. In questo modo le variazioni della tensione allingresso del convertitore A/D risultano sufficientemente lente per cui la frequenza delle successive conversioni A/D corrispondentemente bassa, 11000 Hz, generalmente scandita da un oscillatore interno allo strumento. Invece in altri strumenti, come negli oscilloscopi digitali, il segnale variabile allingresso del convertitore A/D, viene campionato con una frequenza di campionamento tale da soddisfare i criteri gi esposti sul campionamento dei segnali analogici. Per effettuare la conversione A/D di tali campioni, la frequenza delle conversioni A/D deve essere pari alla frequenza di campionamento del segnale. Il campionamento del segnale si ottiene con un circuito di campionamento e mantenimento SH (Sample and Hold), inserito a monte del convertitore A/D. Questo circuito acquisisce i campioni del segnale in ingresso che mantiene di valore costante durante il tempo di conversione A/D; inoltre definisce gli istanti di acquisizione rispetto a un impulso di riferimento (trigger). La funzione di campionamento e mantenimento ottenuta con un interruttore elettronico S che, azionato negli istanti voluti, carica un condensatore C, come mostrato nello schema di Fig. 8-15. I due inseguitori di tensione, uno a monte e uno a valle, hanno lo scopo di presentare una elevata impedenza di ingresso per il segnale misurando, e una bassa impedenza di uscita per il convertitore A/D.
Fig.8-15. Circuito di campionamento e mantenimento. A tempi di conversione pi piccoli del convertitore A/D corrisponde una campionatura pi fitta del segnale analogico dingresso, si arriva a centinaia di milioni di campioni (Megasample) al secondo (MSa/s), che si possono immagazzinare nella memoria del calcolatore incorporato nello strumento. I convertitori A/D costruiti sotto forma di circuiti integrati, nelle applicazioni sono impiegati come blocchi che effettuano la conversione A/D in determinate condizioni definite dalle specifiche. Nel seguito si illustra il principio di funzionamento di alcuni ADC pi impiegati nelle applicazioni.
8.5.2.1. Convertitori A/D
La conversione A/D a rampa semplice fa corrispondere una proporzionalit tra una tensione misuranda costante o variabile entro certi limiti, e un intervallo di tempo che viene misurato con un contatore decimale. Le Figg. 8-16 e 8-17 riportano lo schema del circuito del convertitore e il diagramma nel tempo che ne illustra il funzionamento.
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Fig. 8-16: Convertitore A/D a rampa semplice Un generatore di rampa fornisce una tensione crescente linearmente nel tempo (rampa) che applicata a una delle entrate dei due comparatori A e B. Allorch la rampa raggiunge la tensione zero, Fig. 8-16, il comparatore A fornisce un impulso di "start" che apre la porta elettronica gate. Successivamente quando la rampa raggiunge il valore della tensione misuranda Ux, il comparatore B fornisce un impulso di "stop" che chiude questa porta. Pertanto il tempo tx durante il quale la porta aperta proporzionale alla tensione Ux. Durante lapertura della porta gli impulsi provenienti dalloscillatore campione (clock) sono contati e il loro numero una misura della tensione Ux. La precisione dipende essenzialmente dalla linearit della rampa e dalla stabilit in frequenza delloscillatore campione. Una tensione di rumore sovrapposto al segnale di misura Ux, Fig. 8-17, influenza il processo di conversione, perch fa variare listante di coincidenza tra la rampa e la tensione Ux. ADC di questo tipo sono impiegati per lo pi in strumenti da quadro.
Fig. 8-17: Conversione A/D a rampa semplice. Risultati decisamente migliori si ottengono con i convertitori A/D a doppia rampa (dual slope) e a rampe multiple. Convertitori di questo tipo presentano risoluzione elevata oltre i 16 bit e tempi di conversione lunghi di 30200ms; pertanto consentono precisioni elevate con decine di misure al secondo. Il principio su cui si basa la conversione A/D ad approssimazioni successive simile a quello impiegato nei potenziometri tradizionali, oppure nella bilancia a piatti. Infatti in questi DC la tensione misuranda Ux, viene confrontata con una serie di tensioni di riferimento a gradino UF, 80
UF, ,aventi incrementi decrescenti. I valori delle tensioni UF, UF, minori di Ux vengono mantenuti, mentre i valori UF, UF, maggiori di Ux vengono scartati. La somma dei valori UF, UF, , mantenuti fornisce la misura di Ux.
Fig. 8-18: Diagramma temporale delle approssimazioni successive in un convertitore A/D a 6 bit. Il diagramma temporale di Fig. 8-18 mostra come si raggiunge la condizione di equilibrio in un convertitore ad approssimazioni successive. Il tempo di conversione costante ed indipendente dalla tensione misuranda. E dato da Tc=n/f dove n il numero di bit e f la frequenza del clock che scandisce il funzionamento del convertitore A/D cio il tempo di conversione n volte il periodo del clock. Con un convertitore a 12 bit e con un clock a 12MHz si ottiene un tempo di conversione costante Tc=1us. I convertitori A/D ad approssimazioni successive presentano una risoluzione di 812 bit e tempi di conversione di 1l0s; consentono precisioni intermedie, con elevato numero di misure al secondo. I convertitori di tipo parallelo o flash effettuano la conversione nel modo pi veloce, cio con un tempo di conversione minimo intorno al nanosecondo.
8.5.3. Conversione digitale-analogica
La conversione digitale-analogica (D/A) fa corrispondere a un segnale digitale in entrata, un segnale analogico in uscita. Loperazione di conversione ancora rappresentata dalla precedente relazione, che per ora avviene nel verso da destra a sinistra, cio ad una data parola di n bit in entrata associa una corrispondente tensione analogica in uscita data da: Ux = UR (b12-1 + b12-1 + + bn2-n) In questa formula vale il segno uguale perch un segnale discreto pu essere uguale ad un segnale analogico, niente un segnale analogico non pu mai essere uguale a un segnale discreto finito. Le tecniche pi usate per effettuare la conversione D/A impiegano amplificatori operazionali la cui funzione di trasferimento determinata da adatte reti resistive. La Fig. 8-19 mostra lo schema di un convertitore digitale analogico DAC (Digital Analog Converter) ottenuto con un amplificatore operazionale che funziona da sommatore oltre che da normalizzatore di portata. La parola digitale di entrata viene impostata in parallelo sulle linee b1, b2, b3, b4. I bit bi, comandano lo stato (apertura o chiusura) degli interruttori elettronici S1, S2, S3, S4. Linterruttore S1 aperto quando b1=0, chiuso quando b1=1. Se tutti gli S sono aperti, nelle resistenze R1, 2R1, 4R1 e 8R1, non passa corrente, pertanto la tensione in uscita U0=0. Se tutti gli S sono chiusi ai capi di tutte le resistenze presente la tensione di riferimento UR:
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U0 = UR ossia:
R2 R R R + UR 2 + UR 2 + UR 2 R1 2R 1 4R 1 8R 1
U 0 = 2U R
R 2 1 ( 2 + 2 2 + 2 3 + 2 4 ) R1
Fig. 8-19: Convertitore D/A. Essendo UR costante, il rapporto 2R2/R1 viene scelto in modo che la tensione di uscita massima U0M, coincida con la portata (fondo scala), In generale: U 0 = 2U R R2 (b1 2 1 + b 2 2 2 + b 3 2 3 + ... + b n 2 n ) R1
dato che quando il generico bi a livello 1, Si chiuso e la corrispondente resistenza inietta corrente nella massa virtuale dellamplificatore operazionale, mentre a livello 0, Si aperto e la corrispondente resistenza d contributo nullo a U0. Il valore massimo (portata) U0M si ottiene per b1=b2=b3=. . .= bn=l ed dato da: R U 0 M = 2U R 2 (1 2 n ) R1 I convertitori D/A del tipo descritto presentano una risoluzione di 8-16 bit e un tempo di conversione di 50100s. I convertitori D/A sono usati nei Sistemi Automatici di Acquisizione e Controllo Dati, dove convertono luscita del sistema di controllo dalla forma digitale in forma analogica per il comando di opportuni attuatori.
8.5.4. Contatori, visualizzatori, frequenzimetri
I contatori binari e decimali sono componenti fondamentali della struttura della maggior parte delle apparecchiature digitali come calcolatori e strumenti di misura. Un contatore un dispositivo che registra e conta in forma binaria o in altro codice, ad es. BCD, il numero di impulsi che ha ricevuto al suo ingresso.
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Fig. 8-20: Decade di conteggio con visualizzatore numerico. Per ottenere, in uscita dal contatore, linformazione sotto forma di numero e necessario interporre tra memoria (data latch) e visualizzatore numerico, un decodificatore, per trasformare linformazione binaria proveniente dalla memoria in un codice adatto al visualizzatore. Tali decodificatori, costruiti sotto forma di circuiti integrati, sono circuiti logici formati da matrici di diodi che comandano dei transistor funzionanti da interruttori. I visualizzatori numerici sono di vario tipo. I tubi a gas o a incandescenza hanno lo svantaggio di richiedere tensioni e potenze relativamente elevate. Pertanto sono pi impiegati i visualizzatori a diodi emettitori di luce LED (Light Emitting Diode) e quelli a cristalli liquidi LCD (Liquid Cristals Display) che richiedono tensioni e potenze molto pi piccole, compatibili con la tecnica dei circuiti integrati. I diodi emettitori di luce LED sono costruiti con speciali semiconduttori come larseniuro di gallio, che emettono luce quando sono polarizzati in modo diretto. I LED meno costosi emettono luce rossa, ma sono utilizzabili anche LED con luce verde o gialla. Richiedono tensioni dirette di 12 V e correnti di 5l0mA, presentano i vantaggi di robustezza, piccole dimensioni e lunga vita. I visualizzatori a cristalli liquidi LCD non emettono luce e sono costituiti con materiale che, cambia stato (da opaco diventa trasparente) sotto lazione di un campo elettrico, in modo da diventare visibile in un ambiente illuminato. Assorbono correnti piccolissime, qualche microampere, solo quando il materiale cambia stato; perci sono usati in applicazioni dove importante il minimo consumo di potenza. Rispetto ai LED sono pi lenti nella risposta e per la lettura richiedono un ambiente illuminato. I contatori sono anche utilizzati per misure di frequenza come frequenzimetri. Allo scopo sufficiente contare il numero di impulsi durante un definito e noto intervallo di tempo, Ad esempio se un circuito porta mantenuto aperto per un secondo e durante questo tempo il numero di impulsi contati 19260, la frequenza 19260.
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Fig. 8-21: Misura di frequenza. La Fig. 8-21 mostra il funzionamento del frequenzimetro per una frequenza misuranda di 10 Hz e un tempo di apertura della porta di un secondo.
8.5.5. Voltmetri, multimetri
Il voltmetro digitale DVM (Digital Volt Meter) per corrente continua lo strumento base della maggior parte degli altri strumenti digitali. La Fig. 8-22 riporta lo schema degli elementi essenziali impiegati nella struttura di un tale voltmetro.
Fig.8-22: Voltmetro digitale per corrente continua. La tensione continua misuranda. attraversa prima il condizionatore in entrata dove, dopo attenuazione e/o amplificazione. assume un dato valore generalmente inferiore a 10 V, per il quale il successivo ADC effettua la conversione analogico-digitale nelle migliori condizioni. Il convertitore ADC il cuore del voltmetro digitale e, qualunque sia il procedimento di conversione sfruttato, fornisce sempre la misura mediante il confronto tra la tensione misuranda e un riferimento fornito da una sorgente interna allo strumento. Come riferimento si impiegano campioni di tensione con diodi Zener o pile Weston e campioni di frequenza con oscillatori a quarzo. Il segnale di misura convertito in formato digitale, ossia "digitalizzato" nel blocco ADC comprensivo del data latch, seguito dal contatore passa in un decodificatore per essere presentato in uscita su un visualizzatore numerico, come gi esaminato nella precedente Fig. 8-22. A volte anche presente unuscita BCD utilizzabile per connettere lo strumento ad altri dispositivi digitali come una stampante. Voltmetri digitali di questo tipo consentono misure di tensione in continua con una precisione che pu arrivare fino a l0-5, ossia dello stesso ordine ottenibile con potenziometri in corrente continua, con il vantaggio di una misurazione molto pi comoda. Gli strumenti di misura digitali normali sono costruiti sotto forma di multimetri DMM (Digital Multi Meter) in cui un unico strumento svolge molte funzioni: misure di tensione e di corrente in DC o in AC, misure di frequenza, misure di resistenze e mediante trasduttori misure di altre grandezze come la temperatura. 84
Le tecniche che si applicano negli strumenti digitali per ottenere misure di tensione in corrente alternata o misure di corrente e resistenza, sono simili a quelle, gi esaminate nei precedenti paragrafi, per gli strumenti analogici a deviazione. Infatti per misure di tensioni in AC si collega il voltmetro DC a valle di un convertitore AC-DC che, come noto, pu essere a valore medio, a valore massimo, o a valore efficace. Normalmente questi voltmetri sono tarati in valore efficace per regime sinusoidale, pertanto nel caso di convertitori ACDC a valore medio, o a valore massimo, la misura di tensioni in regime non sinusoidale non corretta, come gi notato per i voltmetri analogici in AC. Evidentemente la precisione dei voltmetri per AC inferiore a quella dei voltmetri per DC, perch si aggiunge 1errore del convertitore AC-DC. La misura di corrente data dalla misura della tensione ai morsetti di una resistenza nota che, in AC deve essere anche non reattiva (amperometri digitali). Anche la misura di resistenza ricondotta alla misura della tensione agli estremi della resistenza misuranda, percorsa da una corrente nota, fornita da un generatore di corrente interno allo strumento (ohmmetri digitali a 2 e a 4 morsetti). In confronto ai multimetri analogici tradizionali, i multimetri digitali spesso consentono anche misure di frequenza ottenibili agevolmente. Inoltre i multimetri digitali , direttamente o con opzioni, offrono altre possibilit come: indicazione della polarit; ricerca automatica della portata (autorange); interfacciabilit con calcolatori digitali; comando locale e a distanza (remote), alimentazione dalla rete o alimentazione autonoma con pile ricaricabili.
8.5.6. Strumenti con microprocessori
Come gi detto nei precedenti paragrafi, il segnale di misura negli strumenti digitali pu essere direttamente interfacciato con sistemi di elaborazione digitale. Questi sistemi, negli strumenti con microprocessori, sono parte integrante dello strumento stesso. Gli strumenti con microprocessore presentano molti pregi per le molte funzioni che possono ad esso essere assegnate. In primo luogo, tramite programmi residenti, il microprocessore pu svolgere funzioni di calcolo come: determinazione di valore efficace, potenza attiva, fattore di potenza, scarto quadratico medio, ; linearizzazione di uscite da dispositivi non lineari ad esempio da termocoppie per la misura della temperatura. poi possibile la memorizzazione e la visualizzazione dei dati misurati in tempi successivi. Inoltre il microprocessore pu svolgere funzioni di controllo su parti componenti lo strumento. Ad esempio, agendo sul condizionatore in entrata, si pu ottenere in modo automatico la messa a zero (autozero), la scelta della portata (autorange) e la compensazione degli offset; oppure, agendo sul convertitore A/D si pu variare la frequenza delle conversioni. Pertanto un multimetro con microprocessore consente misure di valori efficaci di tensione e corrente, misure di impedenza. potenza attiva, reattiva e apparente e misure di fattore di potenza, sia su circuiti monofase che su circuiti trifase a tre o quattro fili. Le misure consentite da un multimetro, in strumenti analoghi, possono essere ottenute con altre procedure di elaborazione mediante opportuni programmi implementati sul microprocessore. Ad esempio, a intervalli di tempo prefissati, tramite circuiti S/H di campionamento e mantenimento, si possono acquisire campioni dei valori istantanei di tensione u e di corrente i che, dopo conversione in formato digitale, passano nel microprocessore che calcola prima la potenza
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istantanea p = ui e poi il suo valor medio in un periodo (o potenza attiva). Analogamente si possono calcolare i valori efficaci di tensione e di corrente. chiaro quindi che misure diverse possono essere eseguite semplicemente mediante opportuni algoritmi inseriti nel programma del microprocessore. Pertanto uno strumento a microprocessore (o a logica programmata. o strumento intelligente) intrinsecamente uno strumento multifunzione, di elevatissima versatilit, in cui la misura di una grandezza fornita dalla presenza di programmi per 1elaborazione del corrispondente algoritmo di misura.
8.5.7. Errori e dati di specifica.
I contatori digitali e tutti gli strumenti di misura digitali che incorporano nella loro struttura tali contatori, presentano un errore intrinseco di pi o meno una unit di conteggio, dovuto allo sfasamento tra listante di inizio del primo impulso da contare e listante di apertura della porta principale. Ad esempio la Fig. 8-23 mostra che durante il tempo di apertura di una porta di ls possono essere contati 10 oppure 9 impulsi con un errore del 10%:
Fig. 8-23: Errore di 1 unita di conteggio. Evidentemente questo errore si riduce con laumento della frequenza degli impulsi f, oppure con laumento del tempo di apertura della porta. La base dei tempi presenta altri errori dovuti a variazioni della frequenza degli oscillatori a cristallo di quarzo, che dipendono dalla temperatura, dalla stabilit a lungo e a breve termine e dalle variazioni della tensione di alimentazione. La dipendenza dalla temperatura si rende trascurabile con cristalli aventi minimo coefficiente di temperatura in ambiente termostatizzato; si arriva a l0-10Hz/C. La migrazione di particelle nellinterno del cristallo provoca stabilit a breve e a lungo termine di rispettivamente l0-10 al giorno e l0-8 allanno. la variazione della tensione di alimentazione si neutralizza con alimentatori stabilizzati che provocano variazioni della frequenza di l0-10 per variazioni del 10% della tensione di alimentazione. La risoluzione di uno strumento digitale aumenta con il numero delle cifre del visualizzatore numerico ed data dal valore della minima cifra significativa del visualizzatore. Le specifiche forniscono oltre al numero di cifre intero anche una cifra frazionaria che spesso la mezza cifra ad esempio: strumento con 3 e 1/2 cifre, 4 e 1/2 cifre e cos via. Con mezza cifra si intende che la cifra pi significativa del visualizzatore pu assumere solo due valori 0 o 1. Ad esempio un voltmetro con 3 cifre totalizza un massimo di 1000 conteggi, invece con 3 e 1/2 cifre totalizza un massimo di 2000 conteggi. Perci una tensione di 1,753 V applicata ai voltmetro con 3 cifre fornisce lindicazione .999V, con portate scalate da 0 a 1: invece la stessa tensione applicata al voltmetro con 3 e 1/2 cifre fornisce lindicazione 1.753V con portate scalate da zero a 2. Quindi con la mezza cifra si aumenta la portata dello strumento a pari risoluzione. Tuttavia con portate diversamente scalate la cifra frazionaria, talvolta chiamata ancora 1/2 cifra, pu 86
assumere altri valori oltre a 0 e 1. Ad esempio con portate scalate da 0 a 3 la cifra frazionaria pu assumere i valori 0, 1 e 2. Cos strumenti avendo uguali numero di cifre (intera o frazionaria) possono totalizzare un numero di conteggi diverso secondo come sono scalate le portate: ad esempio uno strumento con 3 e 1/2 totalizza 2000 conteggi se le portate sono scalate da 0 a 2, oppure 3000 conteggi con portate scalate da 0 a 3. Per eliminare questa ambiguit o si da alla cifra frazionaria un nome diverso, nellesempio precedente 3/4 di cifra invece di 1/2 cifra, oppure si da il numero di conteggi (counts) o punti che lo strumento in grado di totalizzare. Si noti che un maggior numero di cifre e quindi una maggiore risoluzione non garantisce direttamente una maggiore precisione, perch, come in tutti gli strumenti di misura, la precisione, limitata superiormente dalla risoluzione, dipende anche da altri fattori: errori della base dei tempi, della tensione di riferimento ... La accuracy degli strumenti di misura digitali, data come errore assoluto somma di un addendo dipendente dalla lettura e di un addendo costante. E espressa con formule binomie del tipo: % lettura + % portata, oppure: % lettura + 1 o pi cifre.
Questa accuracy e valida per date condizioni tra cui la pi importante la temperatura. A questo riguardo una tipica specifica : temperatura di riferimento 23C1C coefficiente di temperatura 0.005% della lettura / C. Inoltre la precisione ha valori diversi secondo la grandezza misuranda e dipende dal campo di frequenza di impiego dello strumento. La accuracy pi elevata, fino a l0-5, si raggiunge in misure di tensione in DC. La misura di corrente in DC, oppure la misura di tensione e corrente in AC, presenta sempre una precisione minore per gli errori introdotti dagli shunt e dai convertitori AC-DC. Limpedenza di ingresso, costituita dal parallelo di una resistenza Ri=10M10G con una capacit Ci=10100pF, presenta valori molto elevati, per cui leffetto di carico dello strumento, ossia lerrore di consumo assume valori molto modesti. Tuttavia dato che con gli strumenti digitali si possono raggiungere precisioni elevate bene verificare che lerrore di consumo sia minore dellerrore dipendente dalla precisione propria dello strumento. In pratica questa condizione si verifica quando il rapporto tra la resistenza di ingresso dello strumento e la resistenza del misurando uguale o maggiore a 10n con n numero di cifre del visualizzatore. Ad esempio un voltmetro con 5 cifre e resistenza dingresso di 1G (109) fornisce misure di tensione con errori di consumo trascurabili per valori della resistenza del circuito di misura non superiori a 10k. Con convertitori AC-DC a valor medio lo strumento di tipo RMS. Cio fornisce il valore efficace, solo in presenza di grandezze sinusoidali. Invece con convertitori AC-DC quadratici lo strumento di tipo TRMS, cio fornisce il vero valore efficace indipendentemente dalla forma donda del misurando. La velocit di lettura assume valori intorno a una lettura al secondo che soddisfa le normali applicazioni. Vi sono anche strumenti digitali che forniscono centinaia di letture al secondo utilizzabili su dispositivi registratori interni o esterni allo strumento. Lattitudine dello strumento alla reiezione dei disturbi (rumori) di modo normale, cio in serie al segnale misurando sul morsetto "alto" dello strumento, si caratterizza con la reiezione di modo normale NMR (Normal Mode Rejection) espressa in decibel a una determinata frequenza, ad esempio 60dB (attenuazione 1000) a 50Hz. Analogamente la reiezione di disturbi di modo comune, cio contemporaneamente presenti sul morsetto alto e basso, si caratterizza con la reiezione di modo comune CMR (Common Mode Rejection) ancora espressa in decibel ad una determinata frequenza. 87
Altre specifiche riguardano la sovraccaricabilit, lindicazione della polarit la messa a zero e ricerca della portata automatica, il comando locale e remoto, linterfacciabilit con calcolatori digitali, lalimentazione dalla rete o autonoma (accumulatori).
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9.
Loscilloscopio con tubo a raggi catodici fornisce la misura sotto forma di tracciato luminoso su uno schermo e consente la visualizzazione dellandamento del segnale dingresso x in funzione del tempo t, cio della x = x(t) oppure di unaltra variabile y, cio della y = y(x). E uno strumento estremamente versatile, idoneo per misure di tensione, corrente, tempo e, con adatti trasduttori, di innumerevoli grandezze fisiche aventi spettro in frequenza da zero a centinaia di megahertz. Loscilloscopio catodico analogico costituito dai seguenti componenti fondamentali: il tubo a raggi catodici CRT (cathode ray tube), che lo strumento di misura vero e proprio; la base dei tempi (time base), formata dal generatore di scansione (sweep generator) e dai circuiti di sincronizzazione (triggered sweep); gli amplificatori di deviazione verticale (asse Y) e orizzontale ( asse X); lalimentatore (supply) che dalla rete a frequenza industriale, o da pile o accumulatori interni fornisce le tensioni richieste per il funzionamento delle parti precedenti. Componenti ausiliari di uso comune sono: il generatore a onda quadra per tarature e verifiche; il commutatore e elettronico per visualizzare due o pi tracce; la sonda per il prelievo del segnale di misura; lapparecchio fotografico per la registrazione degli oscillogrammi visualizzati sullo schermo. Altri oscilloscopi analogici presentano caratteristiche speciali come gli oscilloscopi a campionamento per lo studio di fenomeni periodici fino a frequenze di Gigahertz. I moderni oscilloscopi digitali, tramite la conversione dei segnali in forma digitale e loro successiva elaborazione nel microprocessore incorporato, ampliano molto le possibilit di misura dello strumento. Ad esempio valori dei dati acquisiti possono essere: visualizzati in forma numerica sullo schermo; immagazzinati nella memoria digitale; elaborati per ulteriori analisi; stampati direttamente su plotter o stampante.
9.2. Tubo a raggi catodici
Il tubo a raggi catodici un tubo di vetro in cui praticato un vuoto spinto contenente tre parti; il cannone elettronico, il dispositivo di deviazione e lo schermo fluorescente, Fig. 9.1. Il cannone elettronico genera un fascetto di elettroni animati di elevata velocit che, focalizzato sullo schermo fluorescente, eccita radiazioni luminose che producono un punto visibile (spot). Tale fascetto lequipaggio mobile dello strumento praticamente privo dinerzia. Il cannone elettronico costituito da un catodo K cilindrico riscaldato da un filamento (alimentato in c.a. a tensione di qualche volt). La base del cilindro rivestita di materiale a basso potenziale di estrazione (bario, stronzio) che per effetto termo-elettronico produce elettroni. Di fronte al catodo posto un elettrodo di controllo G (elettrodo di Wehnelt) che, munito di un foro per delimitare la sezione del fascio, alimentato a potenziale negativo variabile rispetto al catodo (da zero a 50100V) tramite il cursore L (intensity), Fig. 9.1. Tale comando, accessibile allesterno dello strumento, fa variare il numero di elettroni uscenti dal catodo, ossia la corrente elettronica, perci varia la luminosit della traccia. Vi sono poi gli anodi A1 e A2 di forma opportuna mantenuti a potenziali progressivamente crescenti
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rispetto al catodo, intorno a 10003000V, che forniscono sia laccelerazione degli elettroni, sia la loro messa a fuoco sullo schermo. Questa azione di lente elettrostatica si ottiene regolando il potenziale dellanodo A1 con il cursore F (focus), Fig. 9.1.
Fig.9-1: tubo a raggi catodici a deviazione elettrostatica Lo strato di grafite colloidale (aquadac) che riveste la parte conica interna del tubo, tratteggiato in Fig. 9.1, connesso al potenziale positivo dellalimentatore per raccogliere gli elettroni emessi dallo schermo per effetto dellemissione secondaria. Ci consente di chiudere il circuito della corrente elettronica ed evita la formazione di una carica spaziale negativa di fronte allo schermo. Il dispositivo di deviazione pu essere elettromagnetico o elettrostatico. La deviazione elettromagnetica ottenuta con bobine di deflessione esterne al tubo, consente di ottenere elevati angoli di deviazione e tubi corti. E usata nei tubi per televisione, radar, nei terminali video dei calcolatori e in alcuni oscilloscopi digitali. In questi tubi il fascetto elettronico effettua successive scansioni sullo schermo. Ogni scansione costituita da una riga formata da un insieme di punti pixels (Picture Elements) descritta da sinistra a destra seguita da altre scansioni analoghe che si spostano dallalto in basso in modo da coprire tutta la superficie dello schermo. La modulazione luminosa dello spot durante le successive scansioni consente di visualizzare linformazione sullo schermo sotto forma di figura, lettera, grafico, ecc. Invece gli ordinari oscilloscopi catodici per misure usano tubi a deviazione elettrostatica del tipo mostrato in Fig. 9.1. Il fascetto elettronico passa prima tra le placche Y-Y parallele ed orizzontali (placche di deviazione verticale), poi tra le due placche X-X parallele e verticali (placche di deviazione orizzontale). Applicando una tensione a una coppia di placche, si crea un campo elettrico che deflette il fascio in senso normale alle placche. La Fig. 9.2 riporta la deviazione verticale del fascetto prodotta da una tensione u (valore istantaneo) applicata alle placche Y-Y.
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Un elettrone, entrando tra le due placche distanti d, sottoposto a un campo elettrico K = u/d, che si suppone uniforme su tutta la lunghezza l delle placche e nullo allesterno. Se U la tensione di accelerazione del cannone elettronico, cio la d.d.p. tra lanodo A2 e il catodo K, nel punto O di Fig. 10-2 la velocit iniziale VX dellelettrone dotato di carica e avente massa m, :
1 mVX 2 = eU 2
dVY u =e d dt
(9.1)
Nello spazio tra le due placche, lelettrone sottoposto a una forza F verticale:
F=m
con Vy componente della velocit lungo lasse y. Se t = 1/ Vy il tempo di transito degli elettroni tra le placche di lunghezza l, si ricava: Vy = eu eul t= . md mdVy
Con riferimento alla Fig. 9.2 e alla (9.1), la deviazione y sullo schermo risulta:
y = L tan = L Vy Vx = lL u = G 0 u = su 2dU
(9.2)
in cui la costante G0, risposta statica, uguale alla sensibilit verticale s del CRT data dalla:
s= y lL = u 2dU
(9.3)
Risulta quindi dalla (9.3) che la deviazione y in uscita proporzionale al valore istantaneo della tensione dingresso u. Inoltre, essendo il fascetto elettronico praticamente privo dinerzia, tale deviazione quasi contemporanea allingresso con tempi di ritardo dellordine di 10-10 s. Pertanto il CRT presenta unuscita proporzionale e contemporanea allingresso, cio ha un comportamento che si approssima a quello di uno strumento di ordine zero (strumento ideale). Le placche verticali che provocano una deviazione orizzontale presentano una sensibilit esprimibile con una formula analoga a quella della sensibilit delle placche orizzontali; essendo per esse minore la distanza L dallo schermo, la corrispondente sensibilit orizzontale minore di quella verticale. Dalla (9.3) si nota che, a pari geometria, un aumento di sensibilit richiede una diminuzione della tensione di accelerazione U e quindi di luminosit. Questo problema si risolve con elettrodi di post-accelerazione, posti dopo le placche deflettrici, che accelerano gli elettroni senza modificarne la traiettoria. Allo scopo si pu utilizzare il rivestimento interno di grafite nella parte conica del tubo, oppure adatti elettrodi portati a un potenziale sufficientemente elevato (1020kV). La sensibilit verticale propria di un CRT di 0.20.5 divisione/volt, ossia relativamente modesta; ad esempio, se 1 div = 1 mm per uno spostamento y = 50mm, occorre una tensione di 250100V. Il limite di frequenza proprio del CRT dipende dal tempo di transito Tt impiegato dagli elettroni per attraversare le placche, che deve risultare molto minore del periodo T della tensione misuranda u. Con i CRT ordinari tale limite intorno a diverse centinaia di megahertz. Lo schermo costituito dalla base del tubo, di forma rettangolare (non pi circolare) per un 91
migliore utilizzo della superficie, internamente rivestita di fosforo. Quando gli elettroni colpiscono lo schermo, il fosforo assorbe la loro energia cinetica con emissione di radiazioni luminose, fluorescenza, che dopo lurto si prolunga per un tempo pi o meno lungo, fosforescenza. Si vede cos un punto o spot luminoso di colore dipendente dal tipo di fosforo. La durata della fosforescenza caratterizza la persistenza del fosforo. Si hanno fosfori a corta persistenza (microsecondi), a media persistenza (millisecondi), a lunga persistenza (secondi). Inoltre ai fosfori si richiede una buona resistenza alle bruciature che possono essere causate da un eccessivo aumento della luminosit o da uno spot fermo per un tempo eccessivo su una data posizione dello schermo. Gli schermi per osservazioni visive usano fosfori che producono tracce di colore giallo-verde e persistenze medio-alte, perch locchio umano presenta la massima sensibilit per lunghezze donda intorno al verde. Invece gli schermi per registrazioni fotografiche, usano fosfori con tracce sul blu a corta persistenza, radiazioni che corrispondono alle sensibilit massime delle emulsioni fotografiche. Per la visione di segnali a bassa velocit (fenomeni lenti), si usano fosfori con tracce gialle o blu a lunga persistenza. Per la lettura delle ampiezze e degli intervalli di tempo si dispone sullo schermo di un reticolo con scala graduata in divisioni normalmente di un millimetro. Il reticolo, inciso direttamente sulla superficie interna della base del tubo per evitare errori di parallasse, spesso dotato di un illuminamento regolabile. Da quanto precede risulta che il CRT uno strumento di misura analogico di tipo elettrostatico, intrinsecamente sensibile alla tensione con consumo trascurabile. 9.3. Base tempi e circuiti di sincronizzazione
La visualizzazione della forma donda di una tensione in funzione del tempo richiede che, mentre tale tensione agisce sulle placche Y-Y, lo spot si sposti periodicamente da sinistra a destra con velocit costante e ritorni al punto di partenza in un tempo praticamente nullo. Per ottenere una tale scansione dello spot si deve applicare alle placche X-X una tensione periodica che cresca linearmente nel tempo di andata Ta e, raggiunto un dato valore UM , si riporti a zero in un tempo di ritorno Tr praticamente nullo, Fig. 9-3, con una forma donda a dente di sega.
Fig. 9-3: tensione di scansione a dente di sega Se il periodo della tensione u da visualizzare 1/n del periodo della tensione di scansione, limmagine sullo schermo formata da n periodi della tensione u, Fig. 9-4. Per non avere immagini defilanti necessario che n sia un numero intero.
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Fig. 9-4: Forma donda in funzione del tempo La tensione a forma di dente di sega (o a rampa ) fornita dal generatore di scansione (sweep generator) che utilizza il fenomeno della carica e scarica di un condensatore in un circuito R-C, Fig. 9-5 a).
Fig. 9-5: Carica e scarica di un condensatore Infatti se al circuito R-C applicata una tensione costante U0 , la tensione di carica uc agli estremi di C segue una legge esponenziale con costante di tempo =RC: u c = U 0 1 e / RC . La carica viene per interrotta al valore UM, Fig. 9-5 b), dalla chiusura dellinterruttore S (switch) che deve far scaricare quasi istantaneamente il condensatore, per cui la costante di tempo nella scarica deve essere la minima possibile. Allapertura dellinterruttore il ciclo si ripete. Per ottenere che la tensione uc, cresca linearmente nel tempo, si pu caricare il condensatore con un generatore di corrente costante I, ottenendo:
uc = I 1 t idt = t C C 0
Oggi si ricorre a circuiti che integrano una tensione costante (integratore di Miller) secondo lo schema di Fig. 9-6, costituito da un amplificatore operazionale controreazionato da un condensatore C.
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Fig. 9-6: Generatore di rampa Linterruttore S, sempre elettronico a transistor, si chiude quando la tensione raggiunge il valore UM corrispondente allo spostamento dello spot a destra dello schermo e si apre quando la tensione nulla. La scarica del condensatore, per, non mai istantanea per cui una parte della tensione misuranda visibile nella scansione di ritorno, Fig. 9-7.
Fig. 9-7: a) Interruttore a transistor; b) Traccia di ritorno Per eliminare la traccia di ritorno si rende il potenziale della griglia G del CRT, sufficientemente negativo durante il tempo di ritorno, in modo da annullare la corrente elettronica. Limpulso di tensione negativa che provoca questo effetto (retrace blanking) fornito dalla base dei tempi durante la diminuzione rapida della tensione di scansione cio durante il tempo di ritorno Tr. La velocit di scansione orizzontale si varia modificando la costante di tempo RC del circuito di carica del condensatore, per esempio inserendo diversi valori di resistenza. Si ottengono cos variazioni a scatti della velocit di scansione dellasse dei tempi che vanno da s/div a s/div. Utilizzando questa taratura si possono effettuare misure di tempo con precisione del 25%. Tra due portate successive la scala dei tempi pu essere variata in modo pi fine tramite un resistore variabile; in questo casi per la taratura propria dellasse dei tempi non pi valida. Per ottenere sullo schermo la stabilit dellimmagine, si varia la frequenza del generatore di scansione fino a che diventi un sottomultiplo intero della frequenza della tensione misuranda u. Ovviamente queste frequenze possono variare per cause esterne; si pu per asservire la frequenza del generatore di scansione alla frequenza del segnale misurando con dispositivi di sincronizzazione (triggered sweep). La tensione a dente di sega parte con un impulso di comando (trigger); quando lo spot in posizione di partenza il generatore di scansione si ferma ed aspetta limpulso di comando successivo per partire. La partenza della base tempi si ottiene sia a partire dal segnale misurando (sincronizzazione interna), sia da un segnale della linea a 50Hz o da un segnale esterno. La sincronizzazione della base tempi si pu anche effettuare su un fronte in salita (derivata positiva) o in discesa (derivata negativa) del segnale di comando. Un controllo del livello di sganciamento permette di far partire la base tempi quando il segnale di comando raggiunge una data soglia di tensione. La maggior parte degli oscilloscopi prevede una sincronizzazione automatica ottenuta in assenza del 94
segnale di comando, da un generatore dimpulsi a frequenza intorno a 50 Hz, che si disattiva appena presente un segnale di comando interno o esterno. Con la sincronizzazione automatica si visualizza lasse orizzontale anche in assenza di segnale di misura. La Fig. 9-8 riporta un esempio di sincronizzazione della base dei tempi sul fronte di salita della forma donda del segnale da osservare per un dato livello di sgancio positivo (sincronizzazione interna positiva). Alcuni oscilloscopi sono dotati, oltre che della base tempi principale (main sweep), anche di una base tempi ritardata (delayed sweep). Il comando di sgancio della base tempi ritardata fornito dal confronto della tensione della rampa principale con una tensione regolabile con un comando esterno. Nellistante in cui la rampa principale raggiunge il valore della tensione continua predisposto, inizia la generazione della seconda rampa.
Fig. 9-8: Sincronizzazione della base tempi Il tempo che intercorre tra linizio della rampa principale e quello della rampa ritardata per lelevata linearit della rampa principale, pu essere misurato. Con la base dei tempi ritardata si possono effettuare: analisi di particolari tratti di oscillogrammi, misure di tempi di ritardo, misure di tempi di salita e di discesa su forme donda impulsive, ecc.
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9.4.
La Fig. 9-10 riporta gli elementi che compongono normalmente il canale di deviazione verticale o asse Y.
Fig. 9-10: Canale di deviazione asse Y. Direttamente allingresso dellasse Y e posto un selettore a tre posizioni: corrente continua (Direct Current, DC), corrente alternata (Alternate Current, AC) e massa (ground, GND). La connessione tra il segnale dingresso e il sistema di deviazione Y diretta in posizione DC; invece in posizione AC avviene tramite un condensatore C in serie che blocca una eventuale componente in continua presenti nel segnale. Questa posizione utilizzata per visualizzare una grandezza variabile sovrapposta a una continua, ad esempio la tensione di ondulazione (ripple voltage) presente alluscita di un raddrizzatore. La posizione GND connette a massa lingresso del sistema di deviazione e consente la rimozione di cariche elettrostatiche immagazzinate nellattenuatore dingresso. E cos possibile ricentrare sullo schermo lo spot luminoso senza sconnettere il segnale esterno di ingresso. Lattenuatore, Fig. 9-10, un partitore di tensione resistivo compensato (con condensatori) avente rapporto di partizione indipendente dalla frequenza e regolabile a gradini mediante un comando esterno . Essendo il guadagno dellamplificatore costante il commutatore, che varia il rapporto di partizione tarato direttamente in volt/div; si va da 10 mV/div. a 2050 V/div. con variazioni nei rapporti 1:2:5:10. Utilizzando questa taratura si possono effettuare misure di tensione con precisione del 25% su segnali di ampiezza pari alla intera altezza dello schermo. Lamplificatore verticale ha le seguenti caratteristiche: guadagno tarato; possibilit di regolazione fine del guadagno con comando accessibile dallesterno, per correggere errori di taratura; uscita simmetrica rispetto a massa per alimentare simmetricamente le placche ed evitare deformazioni dellimmagine; possibilit di aggiungere sulluscita una tensione continua regolabile, mediante comando esterno per traslare in senso verticale loscillogramma (Y shift) elevata impedenza di ingresso. Poich la frequenza limite di utilizzazione del CRT imposta dal tempo di transito sulle centinaia di megahertz, il limite della banda passante di un oscilloscopio dipende da quella dellamplificatore. Si hanno oscilloscopi a bassa frequenza con banda passante BW da 0 a 510 MHz e ad alta frequenza da 0 a 100250 MHz. Si ricorda che tra tempo di salita Ts e banda passante BW vale la relazione: Ts BW 0,35 con Ts in microsecondi e BW in megahertz. 96 (9.4)
In pratica per ridurre gli errori, il tempo di salita proprio Ts dellamplificatore dato dalla (9.4), deve essere 1/51/10 del tempo di salita del segnale in esame. Normalmente i morsetti dingresso sono asimmetrici o sbilanciati cio uno dei due collegato a massa costituita dallinvolucro metallico dello strumento. Per motivi di sicurezza, 1involucro, tramite il cavo di alimentazione dalla rete, connesso a terra per cui con lingresso sbilanciato si possono misurare solo tensioni riferite a terra. Per la misura di tensioni fra due punti entrambi fluttuanti rispetto a terra, occorre far ricorso ad amplificatori verticali con ingresso differenziale o sbilanciato. La tensioni di ingresso variano da alcuni microvolt fino a centinaia di volt. Limpedenza di ingresso costituita da una resistenza R = 110M in parallelo a una capacit G = 1050pF. Listante di inizio della tensione a dente di sega sempre successivo allistante di comando della sincronizzazione per il ritardo (decine di nanosecondi) introdotto dalla commutazione dei circuiti interposti. Per questo ritardo una parte anteriore della forma donda in esame pu non essere visualizzata. Il problema si risolve con linterposizione tra uscita dellamplificatore e placche Y-Y del CRT di un elemento di ritardo. Fig. 9-10, costituito da una linea di ritardo o da un adatto circuito. In questo modo lapplicazione della tensione in esame allasse Y-Y pu essere contemporanea o leggermente in ritardo rispetto allinizio della tensione a dente di sega che consente la scansione orizzontale. Lamplificatore orizzontale amplifica la tensione a dente di sega. oppure una tensione esterna. Negli oscilloscopi X-Y gli amplificatori per lasse X e per lasse Y sono uguali fra loro. In questo caso si specifica, nel campo delle frequenze utilizzate, la differenza di fase tra le due uscite che deve essere inferiore al grado per evitare distorsioni nella rappresentazione della X = f(Y). In alcuni oscilloscopi gli amplificatori sono a forma di cassetti estraibili per aumentare, sostituendoli, il campo di impiego della struttura principale (main frame). La Fig. 9-11 riporta lo schema base di un oscilloscopio catodico costituito dal tubo a raggi catodici connesso ai circuiti della base dei tempi e degli amplificatori dellasse Y e asse X. La Fig. 9-11 indica anche sui corrispondenti componenti i comandi, manovrabili dallesterno, che consentono le regolazioni desiderate.
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Loscilloscopio di Fig. 9-11 presenta inoltre la cosiddetta modulazione dellasse Z. In esso dal morsetto Z, tramite un condensatore, possibile inviare sulla griglia del CRT una tensione variabile per modulare la luminosit della traccia sullo schermo. Questa possibilit utilizzata, ad esempio, per misure di frequenza oppure nei tubi a deflessione elettromagnetica. 9.5. Oscilloscopi a tracce multiple e a campionamento
Gli oscilloscopi a tracce multiple consentono la visualizzazione contemporanea di due o pi tracce. Si pu utilizzare un tubo a raggi catodici con doppio fascio (dual beam) ottenuto con due cannoni elettronici, o con opportuna divisione del fascio prodotto da un unico cannone. Il tubo contiene inoltre due coppie di placche verticali che assicurano una deviazione verticale indipendente per ciascuno dei due fasci. Unaltra tecnica, pi usata e meno costosa, impiega un tubo a raggi catodici ordinario alle cui placche di deviazione verticale sono inviati i due segnali dingresso, in tempi diversi mediante un commutatore elettronico S, Fig. 9-12.
Fig. 9-12: oscilloscopio a doppia traccia. Il commutatore elettronico S preleva o il segnale y1(t) o il segnale y2(t). La frequenza con cui comandato S determina due modi di funzionamento denominati alternate oppure chopped. Nel modo alternate il commutatore spostato da una allaltra posizione al termine di ogni scansione orizzontale: in tal modo il fascetto elettronico percorre a scansioni alterne loscillogramma relativo a y1 quello relativo a y2. Se il periodo di ripetizione delle scansioni non eccessivamente lungo, per la persistenza della radiazione luminosa emessa dal materiale fosforescente, i due oscillogrammi risultano entrambi visibili a intensit luminosa costante.
Fig. 9-13: Funzionamento chopped. Nel modo chopped il commutatore S spostato a frequenza molto maggiore di quella dei due
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segnali y1 e y2 misurati (centinaia di kilohertz). In tal modo si effettua una campionatura a tratti del segnale y1(t) e del segnale y2(t), Fig. 9-13. La forma donda di ogni segnale cos somma di tanti tratti che non risultano visibili se la frequenza di campionamento sufficientemente alta. Il modo di funzionamento alternate preferibile per la visualizzazione di segnali y1(t) e y2(t) a frequenza relativamente alta perch, in questo caso, con il modo chopped parti delle curve y1(t) e y2(t) possono non essere rappresentate. Loscilloscopio a campionamento (sampling oscilloscope) consente la rappresentazione di fenomeni periodici fino a frequenze di alcuni gigahertz, superiori a quelle della banda passante propria degli amplificatori. Il funzionamento si basa sul campionamento ripetitivo sequenziale del segnale ad intervalli di tempo leggermente maggiori di un multiplo del periodo del segnale fornito da una base tempi a gradinata (staircase). Il segnale dingresso visualizzato cos formato da una sequenza di campioni della forma donda originaria ricostruita a una frequenza pari a quella di campionamento che pi bassa di quella del segnale dingresso. Ad esempio se la frequenza del segnale dingresso 1 GHz (1000 MHz) e se la frequenza di campionamento cento volte pi bassa, per lamplificatore delloscilloscopio sufficiente una larghezza di banda di solo 10 MHz. 9.6. Oscilloscopi digitali
Loscilloscopio digitale a memoria DSO (Digital Storage Oscilloscope) uno strumento a campionamento in cui il segnale analogico di ingresso digitalizzato, ossia convertito in formato digitale, dopo memorizzazione ed elaborazione, in uscita presentato in forma analogica sullo schermo del tubo a raggi catodici, oppure utilizzato in forma digitale per interfacciamento con altri dispositivi di un sistema di misura, Fig. 9-14. Per ottenere la digitalizzazione, il segnale dingresso deve essere campionato con unadatta frequenza, Se il segnale dingresso non ripetitivo (single shot) la frequenza di campionamento fc deve essere adeguatamente maggiore di quella imposta dal teorema del campionamento, ad esempio fc = 10 fM con fM frequenza massima nello spettro del segnale dingresso. Invece se il segnale dingresso ripetitivo la frequenza di campionamento, indipendente da quella del teorema del campionamento, pu essere notevolmente pi bassa di quella del segnale misurando. I campioni cos ottenuti vengono trasformati in parole digitali tramite un convertitore analogicodigitale A/D adeguatamente veloce. Allo scopo si usano convertitori A/D ad approssimazioni successive, oppure di tipo parallelo o flash; questi ultimi hanno tempi di conversione minimi (fino a decine di nanosecondi). La frequenza di campionamento ottenuta da una base dei tempi che, pilotata da un oscillatore (clock), scandisce il funzionamento del circuito di campionamento e mantenimento SH che alimenta il convertitore A/D in Fig. 9-14.
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Fig. 9-14: Oscilloscopio digitale. Il numero di bit (lunghezza della parola) e il tempo di conversione del convertitore A/D determinano rispettivamente la risoluzione e la banda passante dello strumento. I dati in forma digitale sono quindi memorizzati in una memoria a semiconduttore che deve funzionare alla medesima velocit del convertitore AID. Ad esempio se la frequenza di campionamento 200 MSa/s la memoria deve avere un tempo di scrittura di 5 ns. Invece i vincoli del tempo di lettura sono meno stretti, perch una volta memorizzati i dati dei campioni possono essere letti a velocit molta pi bassa secondo la temporizzazione imposta dal microprocessore. Allo scopo si impiegano memorie del tipo FISO (Fast In Slow Out). Si arriva a capacit di memoria di 64 kbyte per canale con possibilit di osservare contemporaneamente fino a 4 canali. Per consentire 1uso di convertitori A/D e memorie meno veloci, alcuni oscilloscopi memorizzano il segnale in dispositivi a trasferimento di carica del tipo CCD (Charge Coupled Device). I dispositivi CCD sono formati da un insieme di celle che funzionano da microcondensatori in cui le cariche immagazzinate si trasferiscono da una cella alla successiva. Quando tutte le celle sono cariche lo stato elettrico del dispositivo rappresenta una replica analogica del segnale di ingresso che pu essere letta pi lentamente per la successiva conversione in formato digitale. Si hanno i vantaggi di frequenza di campionamento elevata (superiore a 100 MSa/s) e tempi di conversione A/D sufficientemente lenti. Invece la perdita di carica delle celle provoca rumore e limita la risoluzione verticale e orizzontale. Il segnale di ingresso digitalizzato e immagazzinato nella memoria si pu conservare indefinitamente. Un microprocessore P incorporato nello strumento, Fig. 10-14, pu eseguire sui dati digitali alcuni compiti specifici, come misure di intervalli di tempo, tempi di salita e di discesa, frequenza, valori efficaci, ... , i cui valori numerici possono essere direttamente visualizzati sullo schermo (redout). Alcune di queste misure possono essere effettuate tramite cursori mobili sullo schermo del CRT. La visualizzazione della forma donda memorizzata si ottiene con una scansione ripetuta dei dati immagazzinati nella memoria che produce sullo schermo una traccia ripetuta (refreshed). In particolare il contenuto della memoria dopo conversione digitale-analogica viene presentato sullo schermo del CRT sotto forma di punti (dot) che, interpolati, nellinsieme formano il tracciato visibile della forma di onda in esame. Sullo schermo la posizione verticale di ogni punto data dal numero binario immagazzinato in ogni locazione di memoria e la posizione orizzontale data dallindirizzo binario della locazione di memoria. Il numero di punti visualizzati dipende dalla frequenza del segnale dingresso rispetto alla frequenza di campionamento, dalla grandezza della memoria, e dalla velocit di lettura del contenuto della
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memoria. Maggiore la frequenza del segnale di ingresso in confronto alla frequenza di campionamento minori sono i punti catturati nella memoria delloscilloscopio in un singolo passo e minori sono i punti utilizzati nella forma donda ricostruita. Siccome il segnale di misura viene prima memorizzato e poi visualizzato, la velocit di acquisizione del CRT svincolata dalla velocit del segnale dingresso. Perci i dati della memoria possono essere richiamati a velocit inferiore. Si possono cos impiegare CRT pi lenti di quelli impiegati negli oscilloscopi analogici ad alta frequenza con il vantaggio di maggiore durata e maggiore affidabilit. Inoltre possibile usare tubi a raggi catodici a deflessione magnetica (a scansione). Con la scansione si crea la trama sullo schermo; la modulazione dellasse Z fornisce linformazione. I tubi a deflessione magnetica presentano uno schermo di superficie maggiore che permette una maggiore quantit di informazioni, sia per messaggi alloperatore, sia per la presentazione dei dati e grafici che possono essere anche meglio evidenziati con 1uso di uno schermo a colori. Come gli altri strumenti digitali, 1oscilloscopio digitale pu essere dotato di uscita in formato digitale con interfaccia di tipo byte seriale-bit parallelo IEEE 488 o di tipo seriale RS 232 da connettere ad altri dispositivi digitali. Ad esempio il segnale di uscita in formato digitale, Fig. 9-14, pu essere inviato a una stampante oppure a un plotter, per la registrazione diretta dei tracciati sullo schermo (hardcopy), eliminando la registrazione fotografica degli oscilloscopi analogici. Questa possibilit presenta altri vantaggi come: collegare lo oscilloscopio ad un controllore in un Sistema Automatico di Acquisizione Dati; oppure registrare le forme donda su memorie di massa per un utilizzo futuro. Negli oscilloscopi digitali a due o pi tracce si impiegano canali separati per ciascun segnale in ingresso, diversamente da quelli analogici che ne hanno uno solo funzionante in modo alternate o chopped. Ci rende possibile catturare i dati simultaneamente sui vari canali. 9.7. Alimentatori, generatori di onda quadra, sonde
Lalimentatore fornisce le tensioni continue di alimentazione per i vari componenti delloscilloscopio e consta essenzialmente di una parte a bassa tensione e una ad alta tensione usata per gli elettrodi acceleratori del CRT. La tensione di rete viene trasformata, raddrizzata e stabilizzata mediante circuiti tradizionali da cui si ottengono le tensioni continue richieste che, negli oscilloscopi moderni con dispositivi attivi allo stato solido, vanno da qualche decina di volt a un centinaio di volt. Invece lalta tensione di accelerazione del CRT ottenuta per raddrizzamento di una tensione alla frequenza di alcune decine di kilohertz (per attenuare i problemi di filtraggio), ottenuta da un circuito oscillatore ed elevata mediante un trasformatore. Molti oscilloscopi sono dotati di un generatore di onda quadra avente ampiezza e frequenza nota, in genere 1V a 1000 Hz. Tale tensione, disponibile a un morsetto delloscilloscopio, usata per verificare la taratura del sistema di deviazione verticale e orizzontale e per compensare il partitore della sonda attenuatrice. Il collegamento tra il punto in cui si preleva il segnale di misura e loscilloscopio generalmente si effettua con una sonda di tensione (probe). Questa costituita da un cavo coassiale schermato per attenuare i disturbi dovuti ad accoppiamenti elettrici e magnetici, dotato in ingresso di un puntale e in uscita di un connettore a innesto (tipo BNC). Il cavo schermato presenta per una elevata capacit distribuita che riduce notevolmente la frequenza di taglio dellinsieme. Generalmente la sonda ha anche una funzione attenuatrice per cui dotata di un resistore Rs in 101
parallelo a un condensatore Cs regolabile, Fig. 9-15. Tenuto conto che limpedenza dingresso delloscilloscopio costituita da una resistenza R in parallelo a una capacit C (R = 1M e C = 1050pF), per ottenere un rapporto di partizione indipendente dalla frequenza, si varia la capacit della sonda fino a che risulta RsCs = RC. Per questa compensazione (probe adjust) si preleva con la sonda attenuatrice la tensione a forma donda quadra presente ai morsetti delloscilloscopio e si varia Cs fino a ottenere sullo schermo una rappresentazione corretta della forma donda quadra, Fig. 9-15.
Si riportano nel seguito gli ordini di grandezza dei principali dati di specifica che caratterizzano un oscilloscopio catodico. Banda passante: limite inferiore 010 Hz, limite superiore l00 kHz250 MHz. Risoluzione: arriva ai mV/div, talvolta a 10 V/div. Base dei tempi: da 10 s/div a 0,1 s/div; base dei tempi ritardata. Impedenza dingresso: R = 110M in parallelo a C = 1050 pF. Ingresso sbilanciato o bilanciato. Tensione di post-accelerazione: U = 1030kV. Asse Z: in genere accessibile nella parte posteriore dello strumento. Tipo di fosforo: verde per visione, blu per fotografia, giallo per lunga persistenza. Numero di tracce: a doppio fascio, oppure con commutatore elettronico modo alternate e modo chopped. Differenza di fase tra asse Y e asse X: minore di 1 grado. Generatore interno di onda quadra: lV, 1000 Hz. Canali X e Y con amplificatori estraibili. Tensione dingresso: valore massimo a 500V. Gli oscilloscopi digitali sono inoltre specificati da altre caratteristiche come: Banda passante per segnali ripetitivi: 100300 MHz. Frequenza di campionamento: 10250 Msa/s. Risoluzione: numero di bit effettivi inferiore al numero di bit del convertitore A/D per 1influenza del rumore interno allo strumento; 612 bit. Memoria: tanto maggiore quanto minore la frequenza di campionamento, ad esempio 1024 byte per 100 MSa/s e 4096 per 2 MSa/s. Cursori: per misure tra due punti sullo schermo con indicazione numerica. Misura di parametri di forme donda (tempo di salita, valore efficace, ecc.). Interfaccia IEEE488. 102
10.
SENSORI E TRASDUTTORI
10.1. Generalit e classificazioni
Il termine trasduttore usualmente attribuito ad un sistema a due porte (entrata-uscita) in cui il segnale dingresso e il segnale di uscita, legati tra loro da una funzione nota, sono di natura diversa. Secondo questa definizione gli strumenti di misura elettromeccanici possono considerarsi trasduttori, perch al segnale di corrente o di tensione in ingresso, corrisponde in uscita uno spostamento di un indice su di una scala. Altri chiamano trasduttori anche sistemi a due porte con segnali di ingresso o uscita della stessa natura, come partitori di tensione, trasformatori di misura. Lelemento che in un trasduttore effettua la conversione del segnale di ingresso in un segnale di natura diversa dicesi sensore; questo elemento generalmente posto allingresso del trasduttore. Ai trasduttori si applicano con le dovute modifiche, i concetti generali sulle caratteristiche e sul comportamento dinamico degli strumenti di misura. Per la misura di grandezze non elettriche come temperature, spostamenti, forze trovano larghissima diffusione i trasduttori che forniscono in uscita un segnale elettrico per i molti pregi tipici del segnale elettrico che facile generare, trasmettere, elaborare e misurare. I sensori (o i trasduttori) che presentano unuscita di tipo elettrica si distinguono fondamentalmente in sensori attivi e sensori passivi. Il misurando non elettrico nei sensori attivi provoca direttamente un segnale elettrico misurabile; invece nei sensori passivi provoca la variazione di una grandezza elettrica passiva, ad esempio una resistenza, misurabile con opportuni circuiti esterni. Questa classificazione fornisce un primo quadro di insieme degli innumerevoli sensori (o trasduttori). In pratica si impiegano molte altre classificazioni, ad esempio sulla base del principio di funzionamento, oppure sulla base delle grandezze misurate: cio sensori (o trasduttori) per misure di temperature, spostamenti, forze, . Questultima classificazione la pi vantaggiosa per lutilizzatore. 10.2. Sensori attivi I sensori attivi sfruttano una conversione diretta di energia di altra natura (meccanica, termica, luminosa, ... ) in energia elettrica. Un sensore attivo si pu interpretare con un generatore equivalente di tensione, schema di Fig. 101a, oppure con un generatore equivalente di corrente, Fig. 10-1b. La f.e.m. E0 del generatore equivalente di tensione funzione, anche non lineare, della grandezza misuranda X, cio E0=f(X); analoga considerazione vale per il generatore ideale di corrente, cio I0=g(X). Nota la f(x) (o la g(X)), la misura della tensione (o corrente) in uscita dal generatore equivalente, fornisce il valore del misurando X.
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Fig. 10-1: a) Generatore equivalente di tensione; b) Generatore equivalente di corrente 10.2.1. Elettromagnetici I sensori elettromagnetici effettuano la conversione diretta di un stimolo meccanico in segnale elettrico, sfruttando le f.e,m. indotte in conduttori che tagliano le linee di forza dl un campo magnetico. I corrispondenti trasduttori tachimetrici sono piccole dinamo o piccoli alternatori a eccitazione costante (a magneti permanenti), impiegati per la misura della velocit di rotazione di macchine e di dispositivi rotanti. Nel caso di una dinamo tachimetrica la f.e.m., generata e proporzionale al numero di giri n dellarmatura che accoppiata meccanicamente allalbero della macchina in prova. Pertanto lindicazione di un voltmetro, con elevata resistenza dingresso (per ridurre la reazione di armatura e gli errori di consumo), connesso alle spazzole fornisce direttamente la velocit di rotazione, Fig. 102a. Analogamente nel caso di alternatore tachimetrico il valore efficace della f.e.m. generata proporzionale alla frequenza f che a sua volta dipende dalla velocit di rotazione secondo la f = np/60, con n numero di giri al minuto e p numero di coppie polari Fig. l0-2b. I generatori tachimetrici in AC rispetto a quelli in DC sono pi semplici e robusti, perch sono privi di avvolgimenti rotanti e non presentano i problemi di usura. Vibrazioni, , dovuti alle spazzole e al commutatore. Per contro nella scelta del voltmetro per la misura della tensione di uscita bisogna tener conto che al variare della tensione corrisponde unanaloga variazione della frequenza.
Fig. 10-2: a) Dinamo tachimetrica; b) Alternatore tachimetrico. Altri trasduttori elettromagnetici sono i misuratori elettromagnetici di portata, impiegati per la misura della portata di liquidi elettricamente conduttori) ad esempio metalli fusi. In questi misuratori il liquido, mentre attraversa un tratta di tubo elettricamente isolante, taglia le linee di
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forza di un campo magnetico costante o variabile. Pertanto diventa sede di una forza elettromotrice indotta E disponibile e misurabile agli estremi di due elettrodi disposti perpendicolarmente alla direzione della velocit del liquido e del campo magnetico. 10.2.2. Termoelettrici I sensori termoelettrici utilizzano la conversione diretta di uno stimolo termico in un segnale elettrico sfruttando leffetto Seebeck, cio la f.e.m. E che si genera in un circuito costituito da due metalli (o semi-conduttori) diversi con i loro punti di giunzione a temperature diverse. Come gi si esaminato negli strumenti magnetoelettrici a termocoppia il riscaldamento della giunzione calda A alla temperatura 1, rispetto alla giunzione fredda B alla temperatura 2, Fig. 103, genera una f.e.m. E = (1-2) con = 1060 V/C nel caso di termocoppie metalliche. La misura di questa f.e.m. con un potenziometro oppure con un voltmetro ad elevata resistenza dingresso, consente la misura di 1 ove sia nota 2. Le termocoppie coprono un campo di. temperatura che dipende dal tipo di metallo o lega con cui sono costruite. Le termocoppie pi usate sono: rame-costantana da -200 a 350C; chromel (Ni90Cr10)-alumel (Ni94Mn3Al2Si1) da -200 a 700C, platino-platino rodio da 0 a 1600C. La giunzione calda della termocoppia normalmente inserita in una guaina di acciaio, porcellana o adatto materiale per proteggerla da azioni meccaniche o chimiche esterne. Si costruiscono sonde termometriche di questo tipo anche con diametro intorno al millimetro e costante di tempo intorno al millisecondo.
Fig. 10-3: Sensore termoelettrico. 10.2.3. Fotovoltaici I sensori fotovoltaici utilizzano la conversione diretta di un segnale luminoso in un segnale elettrico. Questa conversione si effettua tramite una cella fotovoltaica o cella solare, che fondamentalmente un diodo a semiconduttori posto tra due elettrodi, uno a forma di griglia per consentire il passaggio della radiazione luminosa, e laltro a forma di piastra Fig. 10-4 a). Il diodo formato da uno strato drogato di tipo P sul quale viene deposto uno strato di tipo N di piccolo spessore per consentire alla radiazione di penetrare nella giunzione sede, come noto, di un campo elettrico. Una parte della radiazione luminosa incidente genera coppie elettroni-lacune; le coppie di cariche elettriche che non si ricombinano, tenute separate dal campo elettrico agente nella giunzione, generano una f.e.m. e possono fornire una corrente elettrica ad un carico esterno connesso ai due elettrodi della cella.
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Fig. 10-4: a) Cella fotovoltaica; b) Caratteristica corrente-tensione I(U) La Fig. 10-4 b) mostra, nel primo quadrante la caratteristica corrente-tensione I(U) di una cella fotovoltaica al silicio al variare dellilluminamento L; risulta che la corrente di corto circuito direttamente proporzionale allilluminamento. Alimentata a tensione inversa, la cella invece che da generatore. funziona da utilizzatore, cio da foto-diodo caratterizzato da una corrente direttamente proporzionale allilluminamento. Celle fotovoltaiche e foto-diodi al germanio o al silicio, opportunamente drogati, possono essere costruiti con dimensioni ridotte e costanti di tempo intorno al microsecondo. Esempi di applicazione di celle fotovoltaiche si hanno nella misura di illuminamenti e nella rivelazione di radiazioni infrarosse. 10.2.4. Piezoelettrici I sensori piezoelettrici effettuano una conversione diretta di uno stimolo meccanico, ad esempio una pressione, in un segnale elettrico. Questeffetto si manifesta su alcuni materiali dielettrici come quarzo, sale di Rochelle, titanato di bario, che, sottoposti ad unazione meccanica in una opportuna direzione generano cariche elettriche, Fig. 10-5.
Fig.10-5: Sensore piezo-elettrico, Queste cariche dellordine dei pC/N sulla capacit C del sensore, costituito da due armature separate dal materiale piezo-elettrico, producono una f.e.m. E=Q/C misurabile con un voltmetro ad elevata resistenza dingresso. Con sensori piezo-elettrici si misurano pressioni, vibrazioni, accelerazioni.
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10.3. Sensori passivi Nei sensori passivi una variazione del misurando X provoca una corrispondente variazione di una grandezza elettrica passiva, ad esempio una variazione di resistenza R cio R=f(X). Pertanto la misura di X richiede la misura della variazione della corrispondente grandezza elettrica passiva. A questo scopo si ricorre normalmente a metodi di ponte, che presentano il pregio di elevata risoluzione, Per lanalisi dei metodi di ponte in condizione di squilibrio si rimanda allanalisi riportata nel successivo Cap.15. 10.3.1. Resistivi I sensori resistivi consentono la misura di moltissime grandezze non elettriche come spostamenti, temperature, deformazioni, sollecitazioni. Per la misura di spostamenti si impiegano partitori resistivi a rapporto variabile tramite un cursore comandato dallo spostamento del misurando. Trasduttori di questo tipo possono essere usati per la misura del livello di un liquido in un serbatoio. Per la misura della temperatura si sfrutta la corrispondente variazione della resistivit elettrica di conduttori metallici che, per intervalli di temperatura intorno a un centinaio di gradi, pu ritenersi lineare ed data dalla: =0[l+(-0)]. (10.1)
con e 0 resistivit del conduttore alla temperatura e alla temperatura di riferimento 0; a coefficiente di temperatura per i metalli puri positivo ed ha valori 0.30.4%/0C. Alla formula della resistivit corrisponde una relazione analoga tra le resistenze R e R0 alle temperature e 0 se la variazione di geometria del conduttore trascurabile, per cui la temperatura fornita dalla:
R R0 + 0 . R 0
(10.2)
Sulla base della possibile la misura della temperatura media degli avvolgimenti delle macchine elettriche (Cap. 12). La (10.2) anche utilizzata nei termometri a resistenza costituiti da piccole bobine di filo di rame, nickel (per uso industriale), o platino (per uso di laboratorio), avvolte su supporti di materiale isolante, la cui variazione di resistenza ad esempio misurata dalla tensione di squilibrio in uscita da un ponte di misura. Altri sensori resistivi sensibili alla temperatura sono i termistori costituiti da semiconduttori opportunamente drogati. Il coefficiente di temperatura dei termistori superiore (10 volte) a quello dei metalli, per ha segno negativo, cio la resistivit diminuisce con laumento della temperatura, da cui la denominazione di termistori NTC (Negative Temperaure Coefficient) In confronto ai resistori metallici, i termistori presentano maggiore risoluzione, basso costo, possibilit di essere costruiti in forme diverse (dischetti, barrette, rondelle, ) adattabili al tipo di applicazione con dimensioni ridotte. Per contro la notevole non linearit della caratteristica resistenza-temperatura, limita il loro uso a misure con accuracy non elevata. Un estensimetro a resistenza (strain gauge) costituito da un filo di nickel-cromo, costantana impiegato normalmente a zig-zag e incollato su un supporto sottile di cellulosa di area intorno al centimetro quadrato, Fig. 10-6. Questo supporto, orientato nella direzione sensibile alla deformazione, a sua volta incollato sulla struttura in prova. Pertanto ogni deformazione della struttura si trasmette al filo metallico provocando una variazione della sua resistenza R=l/D2 con resistivit del materiale, 1 e D lunghezza e diametro del filo. La variazione della resistenza con la deformazione dipende dalla variazione della resistivit, con la deformazione cio dalla
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piezoresistivit, e dalla variazione di geometria del filo (lunghezza 1 e diametro D). Nei metalli la piezoresistivit trascurabile per cui si ha:
dR d 2dD = R D
(10.3)
Fig. 10-6: Estensimetro a resistenza (strain gauge) Essendo la contrazione trasversale legata allallungamento longitudinale mediante la costante di Poisson p, ossia dD/D=-pdl/l, sostituendo nella (10.3) risulta:
dR d d . = (1 + 2p) = k R
(10.4).
La (10.4) mostra che la variazione relativa di resistenza proporzionale allallungamento relativo del filo. Il fattore di taratura dello estensimetro k normalmente compreso tra 1 e 2, con alcune leghe particolari raggiunge il valore 3. Si costruiscono anche estensimetri a strato di semiconduttori che, per la marcata piezoresistivit, presentano valori di k pi elevati (anche 100 volte) per molto meno costanti con lallungamento. Siccome le variazioni relative di lunghezza sono intorno a l0-3 le variazioni corrispondenti di resistenza devono essere misurate con metodi ad elevata risoluzione che normalmente sono metodi a ponte, evitando variazioni di temperatura che possono provocare variazioni di resistenza dello stesso ordine di grandezza di quelle dovute alla deformazione. A questo scopo spesso nei due lati del ponte si inseriscono due estensimetri uguali incollati vicino alla struttura sottoposta a deformazione in modo che siano alla stessa temperatura, Fig. 10-7.
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Tuttavia solo uno dei due estensimetri orientato in modo da essere sensibile alla deformazione mentre laltro ha solo ruolo di compensazione. Infatti una variazione di temperatura provoca una contemporanea e uguale variazione di resistenza dei due lati del ponte per cui lequilibrio non risulta influenzato dalla temperatura. IL ponte pu essere alimentato sia in DC che in AC; di solito si preferisce questultimo tipo di alimentazione che permette di annullare leffetto di eventuali f.e.m. di contatto presenti nel circuito e rende pi semplice lamplificazione del segnale in uscita dal trasduttore. Lutilizzo di questi estensimetri molto diffuso per le loro doti di semplicit e rapidit di risposta. Tuttavia la loro applicazione deve essere molto curata (supporto, tipo di collante, ) per ottenere buoni risultati. I sensori fotoresistivi sono costituiti da strati o film di semiconduttori che presentano una conduttivit elettrica che aumenta con lintensit del flusso luminoso. Queste fotoresistenze presentano un comportamento analogo a quello dei foto-diodi e fototransistor. Trovano applicazioni nella costruzione di pirometri per la misura di temperatura, nella lettura di schede perforate, nei rel sensibili alla luce, Fig. 10-8, negli accoppiatari opto-elettronici impiegati negli amplificatori disolamento.
I sensori capacitivi utilizzano una variazione di capacit per la misura della grandezza non elettrica in esame. Dato che la capacit C di un condensatore dipende dallarea S degli elettrodi affacciati, dalla distanza d tra di essi e dalla permettivit del dielettrico interposto (C=S/d) i sensori capacitivi sono idonei alla misura di grandezze non elettriche: forza, spostamento, che facciano variare uno di questi parametri. Ad esempio la Fig. 10-9 a) mostra lo schema di un dinamometro a variazione di capacit i cui funzionamento si basa su una variazione della distanza d tra le placche del condensatore sotto lazione della forza F applicata alla placca mobile
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Fig. l2-9: a) Dinamometro; b) Misuratore di spessore. Invece la Fig. 10-9 b) mostra un misuratore di spessore di una striscia di materiale dielettrico che, passando tra due elettrodi fissi provoca una variazione di capacit dipendente dallo spessore del dielettrico. I sensori capacitivi presentano unelevata impedenza di uscita e sono molto sensibili ai disturbi.
10.3.3. Induttivi
I sensori induttivi utilizzano una variazione di induttanza per la misura della grandezza non elettrica in esame. Come noto linduttanza L di un induttore di N spire data da L=N2/Rm con Rm riluttanza del circuito magnetico. Usualmente nei sensori induttivi la variazione di induttanza provocata da una variazione di riluttanza dipendente dalla lunghezza 1 sezione S e permeabilit del circuito magnetico, essendo Rm=l/(s). Pertanto i sensori induttivi possono misurare grandezze non elettriche che provocano variazioni di uno dei parametri da cui dipende la riluttanza, Ad esempio un elettromagnete la cui armatura mobile, sotto lazione di una forza F, subisce una variazione del traferro d (cio della lunghezza 1 del circuito magnetico), cui corrisponde una variazione di riluttanza e quindi di induttanza.
10.4. Scelta e uso dei trasduttori
Si riportano alcuni punti fondamentali che bene tener presente nella scelta di un trasduttore specifico: 1. Portata: deve coprire tutti i valori che il misurando pu assumere. 2. Risoluzione: deve essere adeguata alla precisione che si vuole ottenere. 3. Consumo o effetto del carico: deve essere o trascurabile, o compensabile con adatte correzioni. 4. Risposta in frequenza: deve essere tale che il trasduttore risponda alla 1. massima velocit di variazione del misurando. 5. Formato del segnale in uscita: deve essere compatibile con gli elementi della catena di misura a valle, ad esempio un segnale DC non compatibile con un amplificatore AC. 6. Impedenza di uscita: deve essere compatibile con gli elementi di misura a valle; in caso contrario bisogna impiegare opportuni adattatori di impedenza 7. Condizioni ambientali: le condizioni di temperatura, accelerazione, umidit in cui il trasduttore costretto a lavorare non devono danneggiarlo. 8. Errori: gli errori intrinseci del trasduttore e gli errori dipendenti dalle grandezze dinfluenza devono essere sufficientemente piccoli e controllabili in modo da essere contenuti entro la fascia di incertezza (o precisione) accettata. Scelto ed inserito il trasduttore nel sistema di misura, bene verificare, con un campione noto, la sua taratura nelle effettive condizioni duso. Ancora nelluso bene controllare le grandezze dinfluenza per applicare eventuali correzioni sui dati misurati. Se ci non fosse possibile, il trasduttore va impiegato in un ambiente controllato, per esempio racchiudendolo in una struttura a temperatura costante.
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11.
Un Sistema di misura e di Acquisizione Dati (SAD) costituito da un insieme di strumenti, opportunamente interfacciati, per ottenere la misura di determinate grandezze. Ogni strumento del sistema oltre a svolgere la propria funzione specifica, tramite gli elementi di interfaccia, messo in grado di lavorare insieme agli altri strumenti nelle migliori condizioni. Un SAD pu essere totalmente analogico, o analogico-digitale. In un SAD analogico, il segnale d'ingresso analogico trasmesso, elaborato e presentato in formato analogico. Invece in un SAD analogico-digitale il segnale di ingresso analogico o digitale, trasmesso ed elaborato in formato digitale; in uscita presentato in forma numerica o analogica. I SAD analogico-digitale (A/D) hanno praticamente sostituito quelli analogici per la maggiore precisione, velocit, affidabilit e immunit al rumore. Inoltre i SAD di tipo A/D hanno il pregio di poter fornire agevolmente misure automatiche, perch direttamente interfacciabili con elementi a logica programmata o con calcolatori digitali. Nel primo caso si ottengono misure ordinate secondo una prefissata sequenza; sistemi di questo tipo diconsi registratori di dati ("data logging"). Invece nel secondo caso si ottengono misure ordinate secondo sequenze dipendenti dal programma implementato sul calcolatore. Questi sistemi costituiscono i cosiddetti Sistemi Automatici di misura e di Acquisizione Dati (SAAD), noti anche con la sigla CAT (Computer Aided Test). Con la inserzione di opportuni attuatori nel sistema anche possibile agire sui valori delle grandezze misurande per mantenerli entro determinati limiti; si ottengono cos i Sistemi Automatici di Acquisizione e Controllo Dati (SAACD). I sistemi automatici di misura e di acquisizione dati risultano convenienti quando siano richieste misure ripetitive di una o pi grandezze (fino a centinaia), inquadrabili in una operazione programmata.
11.2. Configurazioni dei sistemi automatici di acquisizione dati
Un sistema automatico di misura pu assumere innumerevoli configurazioni dipendenti dalla particolare applicazione che si considera: prove di laboratorio, prove di qualit, controllo di processi. In generale un SAAD pu essere costituito con alcuni o tutti i componenti indicati nel seguito. Generatori di segnali: forniscono i segnali d'ingresso al sistema sotto forma di segnali di tensione o di corrente ottenuti, o direttamente, o tramite adatti sensori o trasduttori. Multiplexer (MPX): connettono i segnali di ingresso sequenzialmente agli elementi del sistema di misura a valle. Sono costituiti da pi interruttori (fino a centinaia) comandati sequenzialmente in chiusura. Secondo il tempo di risposta gli interruttori sono elettromeccanici (fino a qualche millisecondo), oppure allo stato solido (fino a qualche nanosecondo). Condizionatori di segnali: convertono i segnali di ingresso in formato pi adatto alle successive elaborazioni. Sono costituiti da: attenuatori, amplificatori, filtri, adattatori di impedenze. Circuiti di campionamento e mantenimento (S/H): campionano i segnali di misura mantenendoli costanti per il tempo richiesto dalla successiva conversione analogico-digitale.
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Convertitori analogico-digitale (A/D): convertono il segnale di misura dal formato analogico a quello digitale. Controllori: elaborano i dati e gestiscono il funzionamento del sistema. Sono costituiti da calcolatori digitali che spesso sono Personal Computer (PC).
La Fig. 11-1 riporta una configurazione di un SAAD ad ingressi multipli (multicanali), costituito con tutti i componenti sopra indicati. Questa configurazione pu subire molte varianti dipendenti dalle condizioni particolari in esame; con riferimento alla Fig. 11.1. si accenna ad alcune di queste.
Fig. 11-1. Configurazione di un sistema automatico di misura. Nel caso di generatori di ingresso con resistenze R's, R''s ... diverse tra loro, per ogni canale, si ottengono tempi di risposta corrispondentemente diversi. Per uniformare i tempi di risposta pu essere vantaggioso inserire il condizionatore di segnali prima del multiplexer. Questa inserzione anche preferibile con livelli dei segnali d'ingresso molto bassi (<1V), perch consente l'amplificazione di questi segnali prima che siano inquinati da rumore. Se la variazione dei segnali d'ingresso, durante il tempo della conversione A/D, minore o uguale alla risoluzione, pu essere eliminato il circuito di campionamento e mantenimento S/H. Con generatori di segnali posti in posizioni lontana dalla sezione d'ingresso del sistema di misura, preferibile effettuare direttamente sul segnale d'ingresso la conversione A/D, allo scopo di trasmettere il segnale in formato digitale, che come noto pi immune al rumore. In altre applicazioni il calcolatore, oltre alla funzione di controllore, dal confronto tra i segnali misurati e i corrispondenti segnali di riferimento ("set points"), tramite convertitore digitaleanalogico (D/A) comanda opportuni attuatori, per ottenere che le grandezze misurate siano mantenute entro limiti accettati, Fig. 11-2. Su questa base si costruiscono Sistemi Automatici di Acquisizione e Controllo Dati utilizzati per il controllo dei processi, ad esempio per il controllo di una centrale di produzione di energia elettrica. Questi sistemi in dipendenza del numero di grandezze controllate possono avere configurazioni molto estese che possono includere anche pi calcolatori, sottoposti alla gestione di un calcolatore principale.
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I segnali digitali si distinguono in segnali di dati e in segnali di controllo. I segnali di dati contengono l'informazione relativa alle misure, o relative al comando a distanza (remote) di uno strumento. I segnali di controllo non contengono dati, ma sono utilizzati nella gestione del sistema per ottenere che ogni strumento lavori insieme agli altri secondo determinate procedure, oppure per iniziare o impedire una certa azione. Ad esempio sono segnali di controllo: "start" che inizia l'operazione di misura di uno strumento; "inhibit" che impedisce a uno strumento (per esempio un multimetro) linizio di una nuova misurazione, finch un altro strumento (per esempio una stampante) non ha finito di elaborare i dati ricevuti in precedenza. I segnali digitali, come quelli analogici, possono essere trasmessi tramite cavi, linee telefoniche e onde elettromagnetiche. Un cavo per segnali digitali (bus) costituito da pi linee o fili che portano i segnali di dati e segnali di controllo. I dati sono trasmessi sotto forma di parola (word) avente un determinato numero di bit, codificata con adatti codici (BCD, ASCII, ...). Il numero di linee del cavo dipende dal numero di bit, che si vogliono trasmettere contemporaneamente. La trasmissione dei segnali digitali effettuata in uno dei tre modi di seguito indicati. 1) Totalmente in parallelo (full parallel): tutti i segnali (word e bit) sono inviati e ricevuti simultaneamente Fig. 11.3a). Il vantaggio la elevata velocit di trasmissione, lo svantaggio l'elevato numero di linee; se l'informazione costituita da N parole e ogni parola contiene P bit, il numero delle linee pari a NP. Con tale tipo di trasmissione la distanza limitata a pochi metri, perch per distanze maggiori il cavo presenterebbe costo elevato e sarebbe sede di interferenze elettromagnetiche inaccettabili. 2) Parole in serie-bit in parallelo (word serial-bit parallel): le N parole sono trasmesse una dopo l'altra in serie, mentre i P bit di ogni parola sono trasmessi in parallelo, Fig. 11-3b). Poich l'informazione non tutta inviata nello stesso tempo, lo strumento ricevitore deve essere dotato di una memoria per immagazzinare l'informazione delle N parole. Rispetto alla trasmissione totalmente in parallelo si ha lo svantaggio che per trasmettere l'informazione totale, si impiega un tempo N volte maggiore. D'altra parte si ha il vantaggio che il cavo formato soltanto con P linee, cio il numero delle linee N volte minore.
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Fig. 11-3:a)Totalmente in parallelo; b)Parole in serie-bit in parallelo; c)Totalmente in serie. 3) Totalmente in serie (full serial): la trasmissione delle N parole e dei P bit di ogni parola effettuato uno dopo l' altro, cio prima tutti i bit della prima parola, poi tutti i bit della seconda parola e cos via Fig. 11.3.c). Anche in questo caso lo strumento ricevitore deve essere dotato di memoria. Rispetto alla trasmissione totalmente in parallelo, la velocit risulta decisamente ridotta (NP volte inferiore). Per contro si ha il grande vantaggio che per collegare trasmettitore e ricevitore basta soltanto una linea. Pertanto questo tipo di trasmissione pu utilizzare come supporto linee telefoniche, oppure onde elettromagnetiche (successivo 11-6). La trasmissione dei segnali sia in parallelo, sia in serie o serie-parallelo, pu effettuarsi in modo sincrono o asincrono. La trasmissione sincrona richiede che i segnali trasferiti siano sincronizzati con un impulso di sincronizzazione (clock or strobe pulse). Nella trasmissione di segnali in parallelo, effettuata in modo sincrono, anche l'impulso di sincronizzazione trasmesso in parallelo con i dati. Si ottiene la pi elevata velocit di trasmissione dei segnali; per il costo elevato e, per ottenere un ridotto inquinamento da rumore, la distanza di 114
trasmissione limitata a qualche metr\o. Pertanto la trasmissione sincrona quasi esclusivamente impiegata per il trasferimento dei segnali all'interno dei calcolatori. La trasmissione asincrona richiede che tra i dispositivi trasmettitori e ricevitori sia stabilita una particolare procedura di handshake (letteralmente "stretta di mano"), che assicuri la validit del trasferimento dei dati. La Fig. 11-4 schematizza la procedura di handshake nel caso di trasmissione dei dati in parallelo. Il trasmettitore invia un impulso per segnalare che il dato pronto (data ready) sulla linea 1. In risposta il ricevitore replica un segnale di riconoscimento (acknowledge) sulla linea 2. Quando il trasmettitore ha ricevuto il segnale di riconoscimento sicuro che il ricevitore pronto a ricevere i dati, per cui trasmette la parola sulle n linee previste per la trasmissione parallela dei dati. Invece nel caso di trasmissione dei segnali in serie la procedura di handshake utilizza un bit di "start" (sempre nello stato "0") all'inizio della parola, e due bit di "stop" (sempre nello stato "1") alla fine della parola stessa, Fig. 11-5. Il clock del ricevitore, accordato sulla stessa frequenza dei bit in arrivo, parte sotto l'azione del bit di start, effettua il prelievo dei bit della parola e, all'arrivo dei due bit di stop si ferma. Il clock del ricevitore ripete poi questo ciclo all'arrivo del bit di start per ogni successiva parola digitale in arrivo.
Fig. 11-5. Procedura di handshake nella trasmissione seriale. Per rivelare la presenza di impulsi spuri dovuti a interferenze, dopo l'ultimo bit della parola si effettua un controllo con il cosiddetto bit di parit, Fig. 11-5. Sulla base del numero di 1 costituenti la parola il trasmettitore invia un bit di parit, che pu essere 1 o 0 in modo che il numero totale dei bit trasmessi sia sempre pari (parit pari), oppure sia sempre dispari (parit dispari).
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Perci stabilita la parit (pari o dispari) il ricevitore, sulla base del numero di "1" ricevuti, si accorge se i dati sono immuni o mascherati da rumore. In quest'ultimo caso il ricevitore pu chiedere che linformazione degradata sia ritrasmessa.
11.4. Interconnessione degli strumenti di un sistema di misura
La interconnessione dei componenti un sistema automatico di misura usualmente si effettua secondo lo schema a festoni (bus-line o partyline) di Fig. 11-6. Esso costituito da: componenti A, B, ...,N come strumenti o apparecchi di misura dotati di interfaccia attraverso cui possibile programmare le funzioni operative di ciascuno di essi, ad es. variare la portata; cavi di collegamento per la trasmissione dei segnali di dati e di controllo; controllore dotato anch'esso di interfaccia per la elaborazione dei dati e la gestione del sistema. I componenti A, B, ..., N possono avere le seguenti funzioni: parlatore (talker): capace solo di inviare dati sulla linea (voltmetri, contatori, ...); ascoltatore (listener): capace solo di ricevere dati (stampanti, registratori, ...); parlatore-ascoltatore (talker-listener): capace sia di inviare che ricevere dati (multimetri, oscilloscopi digitali, ...).
Fig. 11-6. Sistema automatico di misura con interconnessione "a festoni". Gli elementi di interfaccia garantiscono la compatibilit meccanica, elettrica e funzionale necessaria per lo scambio delle informazioni tra gli elementi del SAAD. Il cavo di collegamento permette il trasferimento bidirezionale delle informazioni tra i componenti del sistema. Il controllore, ad esempio un personal computer dotato di interfaccia, funziona da parlatore ed ascoltatore. Consente l'elaborazione dei dati e la gestione del sistema, indicando tramite indirizzo (address) i componenti che devono inviare o ricevere dati. I componenti il sistema di misura possono essere connessi anche secondo lo schema star mostrato in Fig. 11-7. In tale schema ogni componente connesso con un proprio cavo al controllore. Normalmente i cavi di connessione sono previsti per un flusso unidirezionale di informazioni per cui aumenta la velocit di trasmissione. Inoltre il sistema poco sensibile ai guasti, perch il
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mancato funzionamento di un componente non altera il normale funzionamento degli altri componenti e del controllore. L'uso di una struttura tipo star garantisce elevate velocit, per il costo rilevante perch sono necessari due circuiti di interfaccia per ogni cavo di collegamento (una per il componente ed una per il controllore
Fig. 11-7. Sistema di misura con interconnessione "star". Con questo sistema, essendo necessariamente limitato il numero di interfacce collegabili con il controllore, anche limitato il numero dei componenti del sistema. Nelle applicazioni la strutture star viene impiegata solamente quando si richiedono elevate velocit di trasmissione.
11.5. Interfaccia IEEE 488
L'interfaccia IEEE 488 la pi usata nei sistemi automatici di misura. Il bus descritto dalle norme IEEE 488 anche noto come GP-IB (General Purpose Interface Bus) o anche HP-IB (Hewlett Packard Interface Bus). Le Norme IEEE 488 definiscono una interfaccia con trasmissione byte in serie-8 bit in parallelo di tipo asincrono bidirezionale (precedenti Fig. 11-3b) e Fig. 11-4). Queste Norme stabiliscono tre tipi di specifiche: elettriche, che forniscono le ampiezze dei livelli logici di tensione per la trasmissione dei messaggi sul bus; meccaniche, riguardanti la struttura fisica del bus (numero di canali, tipi di connessioni, ....); funzionali, che determinano l'uso di ciascun segnale, le regole (protocollo) che devono essere soddisfatte per la trasmissione senza ambiguit dei messaggi attraverso l'interfaccia (inclusa la procedura handshake) e il repertorio di tali messaggi che possono essere scambiati dai dispositivi.
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Fig. 11-8. IEEE 488 bus. Il bus IEEE 488 costituito da 16 linee come mostrato in Fig. 11-8 con 8 ritorni. Otto linee DIO (1-8) ("Data Input Output") sono utilizzate per trasmettere dati di misura e dati di programma, indirizzi e comandi universali. Su queste linee la trasmissione dei dati di tipo byte seriale-bit parallelo; un messaggio completo costituito da uno o pi byte in serie. Tre linee svolgono la funzione di handshake ("handshake bus") perch la trasmissione bidirezionale dei dati di tipo asincrono. Le ultime cinque svolgono la funzione di gestione del bus("management bus") per ottenere un flusso ordinato di messaggi attraverso l'interfaccia. Sul bus possono venire connessi al massimo 15 strumenti, controllore compreso, con un cavo di lunghezza non superiore a 20 metri. La velocit di trasmissione pu essere al massimo di un megabyte al secondo, per quella effettiva dipende dalla velocit del pi lento degli strumenti connessi al sistema. I segnali trasmessi sul bus sono TTL compatibili quantunque essi impieghino la logica negativa ("0" = falso, stato alto U 2.0 V; "1" = "vero" stato basso U 0.8 V). (Cap. 8-4.1.). La codifica del formato delle parole trasmesse sulle otto linee dei dati non specificata, anche se la pi diffusa la codifica in formato ASCII, poich la maggior parte dei calcolatori si servono di tale codifica per leggere o scrivere stringhe o numeri.
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I dispositivi allacciati al bus IEEE 488 possono essere controllori, parlatori, ascoltatori, parlatoriascoltatori, Fig. 11-9. Il protocollo della IEEE 488 stabilisce che sul bus vi pu essere un solo parlatore abilitato a trasmettere dati, mentre vi possono essere contemporaneamente pi ascoltatori. Ogni dispositivo ha uno specifico indirizzo per funzionare da parlatore o da ascoltatore. Quando vi sono diversi ascoltatori il pi lento di essi, come gi detto, stabilisce la velocit con cui vengono trasmessi i dati. Questa possibilit di poter interconnettere strumenti che operano a velocit diverse una caratteristica tipica della trasmissione asincrona dei dati. Essa viene gestita dalle tre linee di "handshake" cos specificate: -DAV ("Data Valid") se "vera" indica che il messaggio inviato dal parlatore sul bus dei dati idoneo per l'accettazione; -NRFD ("Not Ready For new Data") se "falsa" indica che gli ascoltatori sono pronti a ricevere il messaggio; -NDAC ("Not Data Accepted") se "falsa" indica che tutti gli ascoltatori hanno ricevuto il messaggio. Pertanto con queste tre linee a livello "alto" o "falso" e a livello "basso" o "vero" gli strumenti abilitati tramite indirizzamento a comunicare (un parlatore e uno o pi ascoltatori) dal controllore, possono scambiarsi informazioni circa la loro condizione e riguardo ai dati sul bus. E' da notare che appena il controllore ha indirizzato gli strumenti, non interviene pi nella gestione delle linee di "handshake", ma sono i dispositivi attivati a controllare queste. Infine ci sono le cinque linee di gestione del bus, riservate al controllore, che svolgono le funzioni indicate nel seguito. -ATN ("attention"). Quando "vera" i dati sul bus devono essere interpretati come indirizzi o comandi universali per tutti gli strumenti allacciati, e solo il controllore pu parlare. Quando il controllore mantiene "vera" la linea ATN, invia contemporaneamente nelle otto linee dati l'indirizzo del parlatore e dell'ascoltatore (o degli ascoltatori). Mentre l'ATN rimane "vera" tutti i dispositivi leggono l'indirizzo nel bus, mentre quando ATN diventa "falsa" solo il dispositivo indirizzato riceve o trasmette dati. La trasmissione dei dati, come gi detto, limitata a un parlatore alla volta. -IFC ("Interface Clear"). Con questa linea il controllore interrompe tutte le attivit e i dati presenti sul bus riportandolo nello stato di acquisizione. Questa linea viene usata per inizializzare il bus o ripulirlo dopo un'operazione sbagliata. -REN ("Remote Enable"). Questa linea permette al bus di controllare il dispositivo che non pi controllabile da pannello. -SRQ ("Service Request"). Serve a un dispositivo che sia pronto a parlare o ad ascoltare, per richiedere l'attenzione del controllore. Non essendo questo un comando, pu venire ignorato se il controllore non pronto per soddisfarlo. -EOI ("End Or Identity"). Pu essere usato in due modi. Da un parlatore attivo per identificare la fine di un messaggio o dal controllore per fare un sondaggio tra gli strumenti. Nel caso che il sistema di misura sia costituito da due o pi sistemi locali con il bus IEEE 488 e questi sistemi debbano essere connessi tra loro su lunghe distanze, si pu serializzare l'informazione delle 16 linee di segnale del bus e trasmetterla con l'interfaccia seriale RS 232 con le procedure accennate nel successivo 11-6. Per quanto riguarda l'uso dell'interfaccia IEEE488, la gestione a basso livello fornito da un software dedicato, oppure da una firmware implementato sulla scheda di interfaccia. Invece la gestione a livello pi elevato fornita dal programma scritto dall'utente in linguaggio BASIC, PASCAL o C che consente, sia l'elaborazione dei dati secondo scelte procedure, sia la presentazione dei dati sotto forma di tabelle e/o grafici. Il programma pu anche prevedere una certa 119
interattivit con l'utente, al quale pu essere richiesto, tramite messaggi sul video, l'introduzione di dati da tastiera, ad esempio il numero di punti di misura per ottenere una determinata caratteristica.
11.6. Collegamenti a distanza, RS 232, modem
La trasmissione dei segnali digitali in parallelo inaccettabile per il costo e l'inquinamento da rumore, quando la distanza del collegamento supera una decina di metri (precedente 11-3.). In questo caso si ricorre alla trasmissione serie che richiede solo due fili. La trasmissione serie "simplex" unidirezionale ed impiegata con collegamenti che presentano ad un estremo dispositivi solo trasmettitori e all'altro estremo dispositivi solo ricevitori. La trasmissione "half-duplex", che sfrutta i due fili per met tempo in un senso e per l'altra met in senso contrario, consente una trasmissione bidirezionale sia pur non contemporanea. Invece con un collegamento a quattro fili si ottiene la trasmissione contemporanea in entrambe le direzioni ("full duplex"). Le velocit normalizzate di trasmissione serie vanno da 50 a 9600 bit/s (baud). Le velocit pi elevate si raggiungono con la trasmissione seriale sincrona. Invece con la trasmissione seriale asincrona, effettuata con la procedura di "handshake" illustrata nella precedente Fig. 11-5., si ottengono velocit relativamente pi basse. Le Norme RS 232 ("Recommended Standard") definiscono le specifiche elettriche, meccaniche e funzionali della interfaccia seriale pi impiegata (calcolatori, stampanti, plotter, ...). Con l'impiego opportuno di tale tipo di interfaccia e di bus si raggiungono distanze di trasmissione fino a 20003000 metri. Per queste distanze preferibile la trasmissione a "maglia di corrente". Con questa trasmissione gli stati logici "1" e "0", invece che con segnali di tensione, sono rappresentati con segnali di corrente dati dalla presenza (logica"1") o assenza (logica "0") di una corrente di 20mA ("20mA current loop"). Siccome la maglia di corrente, costituita dal trasmettitore-fili di collegamento-ricevitore, percorsa per tutta la sua lunghezza dalla stessa corrente di 20mA, si ha il vantaggio che non si ha degradazione del segnale con la distanza. Per distanze maggiori il segnale digitale in formato seriale portato ad esempio da un bus RS 232, tramite un "modem" trasmesso con una linea telefonica, Fig. 11-10. Il "modem ("modulatordemodulator") all'estremo trasmettente effettua una modulazione (in ampiezza, frequenza o fase) della portante a frequenza audio che trasmessa dalla linea telefonica. All'arrivo tramite un altro modem la portante a frequenza audio viene demodulata per rivelare il segnale nel formato digitale originario.
Fig. 11-10.Trasmissione di segnali digitali tramite linea telefonica. Il modem pu essere connesso alla linea telefonica o direttamente o con accoppiamento acustico. La connessione diretta richiede una linea telefonica dedicata alla trasmissione di segnali digitali. Invece
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l'accoppiamento acustico, che pi diffuso, consente la trasmissione dei segnali digitali su una normale linea telefonica. Evidentemente modulando e demodulando una portante a frequenza radio possibile la trasmissione senza fili dei segnali digitali, ad esempio per collegare una stazione a terra con una nello spazio.
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12.
L'inserzione degli strumenti di misura amperometri, voltmetri, ..., sui fili di collegamento tra due parti di un circuito elettrico sia in corrente continua (regime stazionario), sia in corrente alternata (regime variabile), individua la sezione di misura. Spesso una parte del circuito si considera generatrice, costituita da una f.e.m. equivalente Ee in serie a una resistenza Re o impedenza Ze equivalente, e l'altra parte si considera utilizzatrice, formata da un carico di resistenza R o impedenza Z, Fig. 12-1.
Fig. 12-1. Sezione di misura. In condizione di regime permanente (o semplicemente di regime) su un circuito in corrente continua, la misura di tutti i parametri di un utilizzatore anche non lineare, cio: tensione U, intensit di corrente I, resistenza R e potenza P, richiede l'inserzione nella sezione di misura di due strumenti: un voltmetro e un amperometro, Fig. 12-1. Questi strumenti, se elettromeccanici, sono normalmente magnetoelettrici; si possono anche impiegare strumenti elettronici a deviazione o strumenti digitali. Nell'ipotesi di consumo degli strumenti trascurabile, indicando con il pedice l le grandezze lette o determinate dalle letture sugli strumenti, risulta: I = Il U = Ul, R = Rl = Ul / Il; P = Pl = UlIl. Invece, per tenere conto del consumo degli strumenti (loading effect), bisogna riferirsi allo schema impiegato per la misura, la cui denominazione cambia con il verso dell'energia W. Se W fluisce verso destra, la Fig. 12-2 mostra lo schema con voltmetro a valle, ossia a derivazione corta. Con tale inserzione il voltmetro misura la tensione Ul uguale a quella U ai morsetti del carico, invece l'amperometro misura la corrente Il somma della corrente I da determinare e della corrente U/RV assorbita dal voltmetro di resistenza interna RV. Cio: U = Ul I = Il - Ul / RV Pertanto: R= Ul Il Ul / RV (12.2)
(12.1)
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P = UlIl U2 l / RV
(12-3)
Fig. 12-2. Inserzione con voltmetro a valle. La Fig. 12-3 mostra lo schema con voltmetro a monte, ossia a derivazione lunga. In questo schema il voltmetro misura la tensione Ul somma della tensione U da determinare e della tensione ai morsetti dell'amperometro di resistenza interna RA. Si ha successivamente: U = Ul - RA Il I = Il R = Ul/Il - RA P = UlIl RAI2 l
Fig. 12-3. Inserzione con voltmetro a monte. Gli schemi delle precedenti Fig. 12-2 e 12-3, alimentati con una tensione continua regolabile, oltre a fornire i parametri del carico, si utilizzano per ricavare la caratteristica statica corrente-tensione di un carico utilizzatore anche non lineare, ad esempio la I = I(U) di un diodo raddrizzatore. Ancora con gli schemi di Fig. 12-2 e 12-3 si pu determinare, sia la caratteristica del generatore U=U(I) al variare della corrente I del carico, sia i parametri Ee e Re del generatore equivalente supposto lineare. Per quest'ultimo scopo sono sufficienti due misure in condizioni di carico diverso, come una prova a circuito aperto (o a vuoto) e una prova a carico. Infatti, trascurando il consumo degli strumenti, la misura della tensione a circuito aperto U', fig 12-1, fornisce U'= Ee. A carico, la misura della corrente I e della corrispondente tensione U'' = Ee - ReI = U' - ReI consente di ricavare Re. Con questo metodo si pu, ad esempio, misurare la resistenza interna di un generatore o di un accumulatore, oppure la tensione e la resistenza di uscita di un amplificatore. Tuttavia la misura di Re, essendo ottenuta da una differenza, presenta unincertezza che pu essere anche notevole. La misura della potenza in corrente continua si pu effettuare direttamente con un wattmetro per ottenere una minore incertezza (uno strumento al posto di due). Per se il wattmetro impiegato insieme a un voltmetro e un amperometro, come avviene normalmente, risulta ridondante il suo uso. Invece l'impiego del wattmetro necessario qualora, nel circuito in corrente continua, siano presenti 123
componenti alternate di tensione o di corrente, come nel caso di alimentazione fornita da raddrizzatori. Occorre poi tenere presente che, in misure di resistenze di valore inferiore a qualche ohm e superiore a qualche megaohm, non sono pi trascurabili rispettivamente le resistenze di contatto e quelle di isolamento che richiedono opportune tecniche riportate nei successivi 12-2.2 e 12-2.3. 12.1.1. Incertezza con l'uso di strumenti elettromeccanici
La incertezza che ordinariamente si attribuisce a una misura data dal modulo dell'errore massimo (assoluto o relativo) entro cui si garantisce che il cosiddetto valore vero del misurando sia compreso. Tale errore dipende dal tipo di strumenti e dal metodo di misura usati. In misure con il voltmetro e l'amperometro, ad esempio con gli schemi delle precedenti Fig. 12-2 e 12-3, effettuate con strumenti elettromeccanici, nella determinazione della incertezza intervengono errori di consumo, di classe e di lettura. Gli errori di consumo sono errori sistematici che, se confrontabili con quelli di classe e/o di lettura, note le caratteristiche degli strumenti si possono correggere, come ad esempio si fatto con le precedenti (12.1), (12.2) e (12.3). Per confrontare gli errori di consumo fra loro si osserva che nello schema con voltmetro a valle, Fig. 12-2, l'errore relativo sulla corrente : I I R R = l (12.4) I = l I RV RV mentre nello schema con voltmetro a monte, Fig. 12-3, l'errore relativo sulla tensione : U U RA RA U = l = (12.5) U R Rl con Rl resistenza ricavabile dalle letture Ul e Il. La Fig. 12-4 riporta l'andamento degli errori I e U in funzione di R, a tensione di alimentazione costante.
Fig. 12-4. Errori di consumo. I due errori sono uguali per una resistenza del carico pari a R' = R A R V .
Pertanto, riguardo all'errore di consumo, pi vantaggioso lo schema con voltmetro a valle per misure di resistenze minori di R' (ossia per piccole resistenze); lo schema con voltmetro a monte per misure di resistenze maggiori di R' (ossia per grandi resistenze). Noti Rl, RV e RA con la (12.4) e la (12.5) si valuta l'errore di consumo per lo schema di Fig. 12-2 e di Fig. 12-3. Se uno di essi d un errore di consumo trascurabile rispetto agli altri errori, in particolare rispetto a quello di classe, si adopera tale schema e l'errore di consumo si trascura.
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Invece se necessario tenerne conto conviene lo schema con voltmetro a valle di Fig. 12-2, perch la resistenza del voltmetro RV, prevalentemente di manganina o altro materiale a basso coefficiente di temperatura, definita e costante, mentre tale pu non essere RA resistenza piccola e variabile con la temperatura se l'amperometro costituito solo da una bobina in rame (milliamperometro magnetoelettrico, amperometro elettromagnetico ...). Inoltre con questo schema si pu direttamente verificare, disinserendo il voltmetro, se la corrente IV = U/RV da esso assorbita avvertita dall'amperometro e, se la tensione di alimentazione costante, si ha un errore assoluto sulla corrente U/RV costante al variare della corrente del carico. Poich i consumi degli strumenti elettromeccanici sono al massimo intorno al watt, gli errori di consumo sono trascurabili in circuiti con potenze superiori a qualche centinaia di watt. Si noti che le correzioni degli errori di consumo eliminano gli errori dovuti al consumo degli strumenti, in Fig. 12-2 I = Il-Ul/RV, ma non consentono di ricavare il valore della grandezza, in Fig. 12-2 della corrente, in assenza di consumo. Quindi per ridurre le inevitabili alterazioni introdotte dagli strumenti nel circuito di misura, bene usare strumenti con minimo consumo. Gli strumenti di misura elettromeccanici hanno una precisione individuata dall'indice di classe. Come noto questo fornisce (4.), in condizioni specificate, il massimo errore assoluto in ogni punto della scala espresso in percento del valore fondo scala. In tali strumenti per un generico valore letto si ha un errore relativo di classe: portata (12.6) classe = classe val. letto Pertanto mentre l'errore assoluto costante su tutti i punti della scala, l'errore relativo diventa inaccettabile all'inizio di essa. Per ridurre tale errore si adoperano strumenti a portate multiple in modo che le letture possano essere fatte oltre la met, o meglio oltre i due terzi della scala. Gli errori di lettura sono dovuti a incertezza nell'apprezzare la posizione dell'indice sulla scala dello strumento; dipendono dall'osservatore, dal tipo di scala e dalle condizioni ambiente. In sede costruttiva si cerca di renderli piccoli rispetto a quelli di classe; generalmente sono pi temibili in misure con strumenti di classe pi elevata. In uno strumento di classe 0,2, numero di divisioni 150, se l'errore di lettura un decimo di divisione, esso confrontabile con l'errore di classe che risulta di tre decimi di divisione. Invece in uno strumento di classe 2, numero di divisioni 150, se l'errore di lettura un quarto di divisione, esso trascurabile rispetto all'errore di classe che risulta di tre divisioni. Durante la misurazione si riduce l'influenza di tali errori effettuando le letture verso il fondo scala. Il metodo del voltmetro e dell'amperometro attuato con strumenti elettromeccanici consente precisioni intermedie. Infatti con strumenti di classe 0,1 e letture a fondo scala in misure di R e P si ha gi un errore di classe dello 0,2% per cui, tenuto conto degli altri errori, nelle condizioni pi favorevoli si raggiunge una incertezza intorno all'un percento.
12.1.2. Incertezza con l'uso di strumenti elettronici
Le misure su circuiti in corrente continua con l'uso di strumenti elettronici a deviazione o di strumenti elettronici digitali possono essere soggette a errori di consumo, a errori dovuti alla incertezza propria degli strumenti e, per gli strumenti elettronici a deviazione, anche a errori di lettura. Per l'errore di consumo, come noto (4.), gli strumenti elettronici a deviazione e digitali sono caratterizzati da una impedenza di ingresso costituita da una resistenza Ri in parallelo a una capacit Ci; usualmente Ri = 110 M e Ci = 10100 pF. Evidentemente in corrente continua si considera solo la Ri; se Ri > 104 Re, con Re resistenza equivalente del circuito misurando, l'errore di consumo inferiore a 10-4.
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La precisione degli strumenti elettronici a deviazione espressa o in percento della portata, o in percento del valore letto (ohmmetri e strumenti a scala logaritmica); nel primo caso vantaggioso effettuare le letture verso il fondo scala come con gli strumenti elettromeccanici. Siccome gli strumenti elettronici a deviazione sono essenzialmente costituiti da uno strumento magnetoelettrico posto a valle di un amplificatore elettronico, la incertezza massima ottenibile, sempre inferiore a quella propria dello strumento magnetoelettrico, intorno all'un percento. Invece la precisione degli strumenti elettronici digitali, data come errore assoluto, espressa con una formula binomia del tipo: % lettura + % portata ; oppure: %lettura + 1 o pi cifre (digit). Con gli strumenti digitali la incertezza delle misure pu scendere fino a 10-5. Per l'errore di lettura sugli strumenti elettronici a deviazione valgono le precedenti considerazioni fatte per gli strumenti elettromeccanici. Con gli strumenti digitali invece l'errore di lettura nullo. Per gli errori con gli strumenti digitali bene tenere presente quanto esposto nel precedente Cap. 8.
12.2. Misura di resistenze
La misura della resistenza elettrica, di fondamentale importanza in elettrotecnica, anche la base per la misura di altre grandezze: temperature, sollecitazioni, spostamenti ... che adatti trasduttori traducono in variazioni di resistenza (Cap.10.). I metodi di misura di resistenze si possono riunire nelle due categorie tipiche per la misura di ogni grandezza elettrica: metodi a indicazione e metodi di confronto. I metodi a indicazione danno la misura mediante uno o pi strumenti indicatori sia di tipo analogico a deviazione, sia di tipo digitale. Con tali metodi la misura si pu effettuare in modo diretto con gli ohmmetri e in modo indiretto con gli strumenti indicatori. La incertezza con strumenti analogici intorno a 1%; con strumenti digitali pu scendere sotto lo 0,1%. I metodi di confronto, adoperati sotto forma di ponti o potenziometri, sono vantaggiosi perch con essi la incertezza dipende da quella dei campioni impiegati e non da quella dello strumento di misura (rivelatore di zero); si arriva a una incertezza anche inferiore allo 0,1%. La scelta del metodo dipende dalla natura della resistenza misuranda, dal suo ordine di grandezza (resistenze piccole se minori di 1, resistenze medie tra 1 e 1M, resistenze grandi se maggiori di 1M) e dalla incertezza richiesta. Normalmente la misura di resistenza si effettua in corrente continua. Per la misura diretta con gli ohmmetri magnetoelettrici e gli ohmmetri elettronici si rimanda al Cap. 6. e al Cap. 8.. Nel seguito si presentano i pi usati metodi a indicazione indiretta, le tecniche impiegate per la misura di piccole e grandi resistenze, la misura di temperatura per variazione di resistenza. La misura delle resistenze con ponti in corrente continua riportata nel Cap. 15-3 sui Metodi di Confronto. Invece la misura della resistenza in corrente alternata si effettua sia con strumenti indicatori, ad esempio con voltmetro, amperometro e wattmetro inseriti secondo gli schemi riportati nelle misure in corrente alternata monofase (Cap. 13.), sia con ponti in corrente alternata (Cap. 15.). Nella misura della resistenza in corrente alternata, bisogna ricordare che la presenza del campo magnetico nell'interno del conduttore provoca un addensamento delle linee di corrente alla superficie del conduttore stesso (effetto pelle o skin-effect). La conseguente distribuzione disuniforme della densit di corrente sulla sezione del conduttore provoca un aumento della resistenza, funzione crescente della frequenza e delle dimensioni della sezione. In corrente alternata un ulteriore aumento della resistenza equivalente di un elemento, ad esempio di una bobina con schermo, pu essere provocato dalle correnti parassite indotte in parti metalliche prossime all'elemento. 126
Si considerano resistenze piccole quelle minori di 1 ohm, ad esempio le resistenze degli shunt, degli avvolgimenti di macchine elettromagnetiche di potenza, dei provini di materiali conduttori. La misura di tali resistenze presenta difficolt perch le resistenze di contatto, da 10-2 a 10-4 ohm, non definite e non costanti, in serie alla resistenza misuranda possono irrimediabilmente falsare la misura.
12.2.1.1. Resistori a quattro morsetti
Il problema si risolve con resistori a quattro morsetti, schema equivalente di Fig. 12-5, aventi due morsetti voltmetrici V-V' disposti internamente ai due morsetti amperometrici A-A'. Con tale tecnica le resistenze di contatto amperometriche RCA e R'CA sono escluse dalla misura, mentre quelle di contatto voltmetriche RCV e R'CV non hanno influenza se trascurabili rispetto alla resistenza del voltmetro o del circuito voltmetrico cui sono connesse. Infatti le resistenze RCV e R'CV percorse dalla piccola corrente assorbita dal voltmetro (da qualche microampere a qualche milliampere) provocano una caduta di tensione trascurabile, per cui la tensione misurata tra i morsetti V e V' praticamente coincide con quella tra gli estremi 1 e 2 della resistenza misuranda R, Fig. 12-5. Invece se la misura della tensione fosse effettuata fra i morsetti A e A', e RCA e R'CA percorse dalla corrente di misura (da qualche ampere a decine di ampere) provocherebbero errori inaccettabili. Esempi di resistori a quattro morsetti gi predisposti sono gli shunt e i resistori campioni. Anzi negli shunt per correnti forti, Fig. 12-6, i morsetti voltmetrici V-V', oltre che interni a quelli amperometrici, sono posti in una zona di campo di corrente uniforme lontana dai morsetti amperometrici, ove insensibile l'influenza del modo di connessione dei cavi ai morsetti amperometrici A-A'.
Fig. 12-6. Shunt per correnti forti. Questo accorgimento anche importante nelle misure di resistivit dei materiali conduttori; infatti, Fig. 12-7, tra i piani V-V' le linee di corrente hanno una distribuzione uniforme che consente di definire la sezione S del provino di lunghezza l per cui si pu determinare la resistivit dalla: S (12.7) =R l
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Fig. 12-7. Misura di resistivit. In pratica i quattro morsetti si ottengono effettuando i collegamenti in modo da escludere dalla misura le resistenze di contatto amperometriche. Ad esempio se l'avvolgimento di cui si misura la resistenza saldato ai bulloni dei morsetti, Fig. 12-8, basta collegare a questi ultimi i puntali voltmetrici. Infatti la tensione misurata tra le facce superiori dei bulloni praticamente coincide con quella esistente tra le facce inferiori.
Spesso le resistenze piccole sono di natura induttiva, ad esempio quelle degli avvolgimenti delle macchine elettriche; in tal caso per evitare danni agli strumenti di misura provocati da sovratensioni nei transitori di chiusura e di apertura del circuito buona norma: inserire il voltmetro (o il circuito voltmetrico) per ultimo e disinserirlo per primo. Ad esempio nella misura della resistenza di un avvolgimento con il voltmetro a valle, Fig. 12-9, chiuso l'interruttore t all'istante 0+ tra i morsetti V-V' si manifesta la tensione E del generatore che pu essere maggiore della portata del voltmetro; all'apertura dell'interruttore t poi tale tensione pu raggiungere valori molto pi elevati dipendenti dalle modalit di apertura (uL = L di/dt). Si noti che nella misura di resistenze piccole conveniente l'inserzione del voltmetro a valle perch consente sia di attuare la tecnica dei quattro morsetti, sia di calcolare l'errore di consumo se necessario.
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Fig. 12-10. Riduzione delle sovratensioni di apertura con resistenza R' e diodo soppressore D. Per ridurre le sovratensioni di apertura si pu collegare in parallelo all'avvolgimento induttivo una resistenza singola oppure connessa in serie ad un diodo soppressore D come in Fig.12-10. In presenza di circuiti mutuamente accoppiati, come in un trasformatore, basta cortocircuitare l'avvolgimento sul quale non si effettua la misura. Si pu anche proteggere direttamente lo strumento di misura con una coppia di diodi al silicio connessi in antiparallelo come mostrato in Fig. 12-11. In corrispondenza all'indicazione di fondo scala la tensione agli estremi dello strumento non supera 0,1 0,3 V; per questi valori di tensione i diodi presentano una elevata resistenza e tutta la corrente passa praticamente nello strumento. Invece se accidentalmente si applica allo strumento una tensione pi elevata, il diodo polarizzato in modo diretto limita tale tensione a un valore intorno a 0,5 V ancora sopportabile dallo strumento.
Fig. 12-11. Strumento di misura con diodi di protezione. Sempre in misure di resistenze induttive bisogna tenere presente che, chiuso l'interruttore di alimentazione, per effettuare la misura in condizione di regime permanente, bisogna attendere un tempo pari a 57 con = L/R costante di tempo (L e R rispettivamente induttanza e resistenza totale del circuito di misura). L'alimentazione del circuito di misura richiede tensioni basse, decine di volt, e correnti elevate, anche decine di ampere, perci fornita da accumulatori elettrochimici. Gli accumulatori al piombo sono i pi usati; hanno: tensione di circa 2 volt per cella, resistenza interna molto piccola (decimi o centesimi di ohm), minima variazione di tensione da vuoto a carico. Siccome la resistivit funzione della temperatura (generalmente crescente per i materiali metallici), nel dare la misura della resistenza o della resistivit necessario specificare la temperatura a cui si riferisce. Per ottenere misure di resistenza (o resistivit) a temperatura ambiente, pi facilmente misurabile di quella del resistore, basta scegliere un'intensit della corrente di misura pari a 1/5 1/10 di quella nominale; conseguentemente la sovratemperatura del resistore risulta 1/25 1/100 di quella che si ha in condizioni nominali. Se il coefficiente di temperatura in percento su grado centigrado, per ottenere una misura con un errore prefissato R% si pu accettare una sovratemperatura in gradi centigradi data dalla: = R%/ % Nel caso di un resistore in rame 0,4% C-1 , quindi per misure con errore R = 1% la
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La misura di piccole resistenze richiede lo schema a quattro morsetti, perci pu essere effettuata con i metodi seguenti: ohmmetro magnetoelettrico di tipo parallelo per una incertezza di qualche percento; amperometro e voltmetro a valle, Fig. 12-2, o con voltmetro e resistore campione, Fig. 12-5, per una incertezza intorno a 1%; ponte doppio, potenziometro, oppure ohmmetro digitale, per una incertezza anche superiore allo 0,1%. La determinazione della resistivit tramite la (12.7) vuole particolare attenzione nella misura della sezione S. Infatti se il conduttore ha sezione circolare di diametro D, e lunghezza l, l'errore su risulta: = R + l + 2 D con R, l D rispettivamente errori relativi nella misura della resistenza R, della lunghezza l e del diametro D. Poich praticamente impossibile ottenere un diametro D costante su tutta la lunghezza del provino, si assume come valore di D quello medio ottenuto da pi misure in diverse sezioni, oppure si ricava D noto il peso del provino, la sua lunghezza totale, e il peso specifico del materiale di cui costituito (per il rame Cu = 8,89 kg/dm3).
12.2.2. Misure di resistenze grandi
La misura di resistenze grandi (dai megaohm in su) presenta difficolt perch in parallelo ad esse si pongono inevitabilmente resistenze di dispersione, per imperfetto isolamento, e resistenze superficiali, entrambe non definite e non costanti. Lo schema di Fig. 12-12 mostra il percorso della corrente di volume Iv che percorre la resistenza R, in parallelo alla corrente di dispersione Id e alla corrente superficiale Is.
Fig. 12-12. Correnti di dispersione e di superficie. Esempi di resistenze grandi sono quelle dei materiali isolanti, quelle inverse dei diodi a semiconduttori o dei tubi a vuoto, le resistenze d'isolamento di apparecchiature e impianti elettrici. Le difficolt si risolvono ricorrendo a piastre e/o ad anelli di guardia che drenano le correnti di dispersione Id e quelle superficiali Is in modo che non attraversino lo strumento di misura. In pratica si impiega spesso il solo anello di guardia per il drenaggio delle correnti superficiali. La Fig. 12-13 mostra la disposizione dell'anello di guardia nella misura della resistenza d'isolamento, tra conduttore interno e guaina metallica esterna, di uno spezzone di cavo elettrico. Se il cavo privo di guaina metallica, lo si immerge in una vasca di rame contenente acqua e la misura della resistenza d'isolamento si effettua tra conduttore e vasca.
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Fig. 12-13: Misura della resistenza d'isolamento di un cavo. La misura di resistenze grandi, per le difficolt precedentemente accennate, pu effettuarsi nelle migliori condizioni con incertezza di qualche percento. La misura delle resistenze di isolamento degli impianti elettrici tra conduttori e conduttori e tra conduttori e massa (o terra) si effettua direttamente con megaohmmetri elettromeccanici o elettronici. L'esperienza prova che la verifica periodica di tali isolamenti pu prevenire guasti pi gravi.
Fig. 12-14: Misura delle resistenze d'isolamento di una linea. Le Norme relative alle prove sull'impianto in esame: macchina, linea,.., stabiliscono il valore della tensione per la misurazione e il valore della resistenza d'isolamento minima ammessa. La Fig. 12-14 riporta lo schema per effettuare la misura delle resistenze d'isolamento di una linea a due fili, che deve essere sconnessa sia dall'alimentazione sia dal carico. La resistenza che si misura tra il filo 1 e la terra R1m fornisce il valore della resistenza del parallelo tra R1 e (R12 + R2). Se gi la resistenza misurata R1m risulta maggiore del valore ammesso dalle Norme, sicuramente la resistenza d'isolamento effettiva R1 tra il filo 1 e la terra maggiore del valore ammesso. Analoghe considerazioni valgono per la resistenza d'isolamento R2 tra filo 2 e terra e per la resistenza di isolamento R12 tra i due fili. In molti casi possibile dai tre valori di resistenza misurati ricavare i valori di ciascuna delle tre resistenze di isolamento.
12.2.3. Misura di temperatura per variazione di resistenza
Se la variazione di resistenza di un resistore rispetto a una condizione di riferimento funzione biunivoca di un'altra grandezza, possibile determinare questa grandezza dalla misura della variazione di resistenza corrispondente. Questo principio applicato in misure di temperature, sollecitazioni, spostamenti,... . Come gi esaminato nel precedente 10., la misura della temperatura di un conduttore si ricava dalla (10.2) che qui si riporta:
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R R0 + 0 (12.8) R 0 con R0 ed R resistenze del conduttore alla temperatura 0 e alla temperatura cercata. Questa relazione molto impiegata nelle prove di riscaldamento delle macchine elettriche, per la determinazione della temperatura media degli avvolgimenti in rame. Essendo il coefficiente di temperatura del rame alla temperatura 0: 1 = 234,5 + 0 la (12.8) diventa: R R0 = (12.9) (234,5 + 0 ) + 0 R0 = Per tale determinazione si misura, all'inizio della prova, la resistenza dell'avvolgimento RO alla temperatura ambiente nota 0. Poi, a macchina calda in condizioni di regime permanente, si misura il nuovo valore R assunto dalla resistenza dell'avvolgimento e quindi dalla (12.9) si ricava la temperatura cercata. La misura della resistenza R "a caldo" dovrebbe effettuarsi nell'istante immediatamente successivo a quello di arresto della macchina; invece, per le manovre sul circuito di misura, intercorre sempre un tempo tra questo istante e la lettura (pi lungo nelle macchine rotanti). Per ridurre tale errore, a partire dall'istante di arresto, si possono effettuare successive misure di resistenza a intervalli di tempo noti, in modo da poter ricavare per estrapolazione il valore della resistenza R nell'istante iniziale. Normalmente per la misura si ricorre al metodo volt-amperometrico; per modalit e altri metodi di misura si rimanda ai precedenti in 12-2.2.2. e 12-2.2.3. relativi alla misura di resistenze piccole. La (12.8) anche utilizzata nei termometri a resistenza, come gi visto in 10.
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13.
In condizione di regime permanente la misura dei valori efficaci di tensione U e di corrente I e della potenza attiva P, relative a un utilizzatore monofase a frequenza industriale richiede tre strumenti, cio un voltmetro V, un amperometro A e un wattmetro W. Quando non si conosca la frequenza o se ne voglia controllare il valore bisogna anche inserire tra i due fili di linea un frequenzimetro F. Con strumenti di misura elettromeccanici normalmente si impiegano un voltmetro ed un amperometro di tipo elettromagnetico o elettrodinamico e un wattmetro elettrodinamico Si possono anche impiegare strumenti elettronici: quelli a deviazione sono di uso raro, invece quelli digitali trovano un uso crescente. Quando non si sicuri della sinusoidalit delle grandezze in gioco preferibile scegliere strumenti a vero valore efficace TRMS (True Root Mean Square). Si ricorda che gli strumenti elettrodinamici ed elettromagnetici (o a ferro mobile) sono strumenti TRMS. Le inserzioni dei tre strumenti voltmetro, amperometro e wattmetro, analogamente a quelle in corrente continua, possono farsi con le voltmetriche a valle o a monte. Nella inserzione di Fig. 13-1 con le voltmetriche a valle, se il consumo proprio degli strumenti trascurabile, cio per IV = IW = 0, i valori letti sugli strumenti (con pedice 1) sono uguali a quelli effettivi dello utilizzatore (senza pedice).
Fig. 13-1: Inserzione con i circuiti voltmetrici a valle. Pertanto: U = U1 I = I1 P = P1 Nellipotesi di regime sinusoidale sulla base dei valori misurati di corrente I1, tensione U1 e potenza attiva P1, gli altri parametri del carico risultano: potenza apparente potenza reattiva impedenza equivalente fattore di potenza S = UI Q = (S2 - P2) Z = U/I cos = P/S
Dalla impedenza Z si possono ricavare le componenti resistenza Rs e reattanza Xs del circuito 133
equivalente serie: Rs = P/I2 = Zcos Xs = Q/I2 = Zsin oppure le componenti del circuito equivalente parallelo Rp e Xp: Rp = U2/P = Z/cos Xp = U2/Q = Z/sin Nota la natura del carico e la frequenza f si pu anche determinare il valore dl induttanza L o di capacit C corrispondente alla reattanza X (serie o parallelo): L = X/2f C = l/2fx Invece se necessario tener conto del consumo degli strumenti ad esempio delle correnti IV e IW assorbite dai circuiti voltmetrici in Fig. 13-1, risulta: U1 = U P1 = P + ( U / ZV )2 R V + ( U / ZVW )2 R VW P + U12 / R v + U12 / R VW I1 = I + I V + I W (13.1)
Con ZV impedenza del voltmetro di resistenza RV e reattanza XV; poich XV RV ZV RV. Analogamente per la bobina voltmetrica del wattmetro ZVW RVW. Per determinare lintensit di corrente I netta (13.1) cio effettivamente assorbita dal carico, invece della relazione fasoriale di poco agevole uso, vantaggioso utilizzare il principio di conservazione delle potenze attive e reattive che qui si ricorda. In un circuito lineare, in regime sinusoidale ed a frequenza costante, le potenze attive e reattive si sommano algebricamente tra loro (Boucherot). Questo principio, non valido per le potenze apparenti che sono grandezze fasoriali, consente di prescindere da considerazioni di fase. Si lasciano al lettore analoghe considerazioni sullinserzione di Fig. 13.2 con i circuiti voltmetrici a monte.
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Per convenzione il segno della potenza reattiva Q positivo con carichi induttivi, mentre negativo con carichi capacitivi. Ci corrisponde a misurare gli angoli di sfasamento tra i fasori U e I, a partire dalla corrente I. Nei rari casi in cui non sia nota o sia dubbia la natura del carico, il segno della potenza reattiva Q pu essere determinato sperimentalmente. Ad esempio, si pu collegare in parallelo alla impedenza Z un condensatore di capacit C che metta in gioco una potenza reattiva dello stesso ordine di grandezza di quella del carico Z, Fig. 13-3a, b. Se la corrente letta sullamperometro diminuisce, limpedenza Z di natura induttiva, perch con linserzione della capacit C si ottiene una diminuzione della potenza reattiva totale coinvolta (o della potenza apparente). Viceversa se la corrente I aumenta, il carico Z capacitivo. Questo principio sfruttato per il rifasamento della corrente di linea assorbita dai carichi induttivi industriali. Gli schemi precedenti di Figg. 13-1 e 13-2 alimentati con tensione di valore regolabile, consentono il rilievo della caratteristica corrente-tensione di un utilizzatore I = I(U) anche non lineare ad esempio prova a vuoto di un trasformatore. Con questi schemi e anche possibile ricavare la caratteristica tensione-corrente del generatore U = U(I) al variare della corrente del carico I per un dato cos.
Nelle misure su circuiti in corrente alternata con luso di strumenti elettromeccanici sono possibili errori sistematici e errori di classe e di lettura, come nelle precedenti misure in corrente continua. Gli errori sistematici sono quelli di consumo e nel wattmetro anche quelli di fase. Se ne tiene conto quando abbiano ordine di grandezza uguale o maggiore degli errori di classe; note le caratteristiche degli strumenti si possono correggere. Per la correzione degli errori di consumo conviene linserzione con le voltmetriche a valle, Fig. 131, perch pi facile valutare i consumi voltmetrici U2/RV dovuti alle RV resistenze elevate in manganina note e costanti, invece dei consumi amperometrici RAI2 dovuti alle RA resistenze piccole in rame non definite e variabili con la temperatura. Inoltre con tale inserzione il wattmetro pu misurare direttamente i consumi U2/RV; infatti basta interrompere il circuito del carico in modo che la bobina amperometrica risulti percorsa soltanto dalle correnti voltmetriche. Per una scelta tra linserzione di Fig. 13-1 e quella di Fig. 13-2, con gli strumenti elettromeccanici, bene tenere presente che per ogni strumento, in corrispondenza alla portata nominale, il consumo amperometrico di 35 VA mentre quello voltmetrico di 10+30 mA; pertanto con tensioni di qualche kilovolt, il consumo voltmetrico arriva a 10+100 VA, ossia pi grande di quello amperometrico; in tale condizione preferibile linserzione con le voltmetriche a monte. 135
La correzione dellerrore di fase fase sulla lettura del wattmetro si effettua con la nota relazione: fase = W tan (W in centiradianti).
Fig. 13-4: Errore di fase del wattmetro elettrodinamico Si ricorda che con luso di un wattmetro elettrodinamico lerrore dangolo W, in centiradianti, deve risultare: W classe del wattmetro. Con carico induttivo, per la presenza dellerrore dangolo W, Fig. 13-4 il wattmetro indica una potenza maggiore di quella effettiva, cio errore di fase positivo; accade il contrario con carico capacitivo (errore di fase negativo). Evidentemente il modulo dellerrore di fase dipende dal valore dellangolo (o del cos) che caratterizza limpedenza Z del carico; se totalmente resistiva fase = 0, se totalmente reattiva fase. Pertanto nella misura della potenza attiva P assorbita da carichi molto sfasati ad esempio di trasformatori o di macchine asincrone a vuoto (cos intorno a 0,2), si impiegano wattmetri a basso cos di taratura. Per valutare lerrore di classe di un wattmetro elettrodinamico di portata voltmetrica e amperometrica Ufs e Ifs bisogna tener conto del suo cos di taratura che pu essere minore di uno. Pertanto:
classe = classe U fs I fs cos t P
Per il corretto uso del wattmetro si rimanda a quanto esposto sulle modalit di uso del wattmetro. Con luso di strumenti elettronici digitali, a quanto gi esposto sulle misure in corrente continua si aggiungono alcune osservazioni. bene accertarsi se lo strumento o non uno strumento a vero valore efficace; nel caso dl dubbi sulla sinusoidalit del segnale di misura, oppure se il segnale di misura non sinusoidale necessario usare strumenti a vero valore efficace (TRMS). Per gli errori di consumo degli strumenti elettronici, essendo la impedenza dingresso costituita da una resistenza in parallelo ad una capacita, occorre tener presente che la capacit allaumentare della frequenza, pu aumentare leffetto di carico dello strumento sul segnale di misura. La accuracy degli strumenti digitali, sempre espressa in forma binomia generalmente assume valori diversi al variare della gamma della frequenza dimpiego.
13.1.2. Inserzioni tramite trasformatori di misura
In linee ad alta tensione si usano trasformatori voltmetrici (TV) per alimentare voltmetri e circuiti voltmetrici (di wattmetri, relais,), e trasformatori amperometrici (TA) per alimentare amperometri e circuiti amperometrici. La Fig. 13-5 riporta linserzione di un voltmetro, un amperometro e un wattmetro elettrodinamico
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Fig. 13-5: Inserzione tramite TV e TA. Invece su una linea a bassa tensione (inferiore a 400V) per portate amperometriche superiori a l020A (prove su macchine elettriche di potenza, prove in c.c. di trasformatori, ) basta solo un TA come indicato nello schema di Fig. 13-6. In questi due schemi il punto comune C tra le due bobine del wattmetro serve a renderle equipotenziali. Si noti che la messa a terra del punto C per garantire la sicurezza del personale nello schema di Fig. 13-5 sempre possibile, mentre nello schema di Fig. 13-6 possibile solo se il punto C e connesso a1 neutro a sua volta messo a terra. Evidentemente nelle inserzioni tramite trasformatori di misura la costante di uno strumento data dal prodotto della sua portata voltmetrica o amperometrica per il rapporto nominale KV o KA del TV o del TA.
Fig. 13-6: Inserzione tramite TA su linee a bassa tensione. Negli impianti dotati di trasformatori di misura gli errori di consumo sono in genere trascurabili; se fosse necessario determinarli vanno riferiti ai morsetti primari. Invece per gli errori di classe oltre a quelli propri degli strumenti, bisogna tener conto degli errori di rapporto V e A e degli errori dangolo V e A che, come noto, caratterizzano la classe di un TV o di un TA. Per ottenere lincertezza della misura di tensione o di intensit di corrente basta aggiungere agli
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errori di classe del voltmetro e dellamperometro solo gli errori di rapporto V e A (gli errori dangolo V e A non hanno influenza). Invece in misure di potenza oltre agli errori propri di classe e di fase del wattmetro bisogna tener conto sia degli errori di rapporto sia degli errori dangolo.
13.2. Misure in regime periodico non sinusoidale
Lanalisi di un circuito elettrico in regime periodico qualunque si effettua ricordando che una funzione periodica esprimibile come somma di un termine costante (valore medio o armonica di ordine zero) e termini sinusoidali (armoniche di ordine superiore). Pertanto la funzione periodica del tempo viene trasformata in funzione della frequenza ed rappresentabile con uno spettro discreto di frequenze che fornisce le relazioni di ampiezza e fase per le armoniche componenti. Molte forme donda dellelettrotecnica per la simmetria costruttiva delle elettromagnetiche presentano valore medio nullo e solo armoniche dispari. Si richiamano le definizioni dei parametri elettrici caratterizzanti un circuito in regime periodico. Valore efficace U di una tensione periodica di valore istantaneo u, e valore efficace I di una corrente periodica di valore istantaneo i:
2 2 2 U = U2 0 + U 1 + U 2 + U 3 +... 2 2 2 I = I2 0 + I 1 + I 2 + I 3 +...
ossia la radice quadrata della somma dei quadrati dei valori efficaci delle singole armoniche. Potenza istantanea: p=ui 1 T Potenza attiva o media: P = pdt = U 0 I 0 + U n I n cos n T 0 n ossia la somma delle potenze attive delle armoniche di tensione e corrente aventi lo stesso ordine. Infatti nullo il valore medio in un periodo del prodotto tra due armoniche di tensione e corrente aventi ordine diverso. Potenza reattiva: Q = U n I n sin n
n
Potenza apparente: S=UI Potenza deformante: D = S2 (P 2 + Q 2 ) ossia la radice quadrata della differenza tra il quadrato della potenza apparente e la somma dei quadrati della potenza attiva e reattiva. P Fattore di potenza: K = = K D cos S P2 + Q2 KD = con: P 2 + Q2 + D2 P cos = 2 P + Q2 ossia il prodotto di un fattore KD dipendente dalla deformazione per un fattore cos dipendente dallo sfasamento tra corrente e tensione. Nei circuiti non lineari in ogni caso K < 1. Ad esempio se:
u = 2 U1sint
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si ricava successivamente: U = U1
2 2 I = I1 + I2 3 + I5
P = U1 I1 cos1 Q = U1 I1 sin1
2 2 2 S = U1 I1 + I3 + I5
K=
Anche se f1 = 0, carico totalmente resistivo, risulta K < 1 per la presenza della potenza deformante. In casi del genere non si pu migliorare il fattore di potenza con i normali mezzi di rifasamento impiegati in regime sinusoidale. Da alcuni stato proposto il nome di potenza complementare a quella definita da: Q' = (UI) 2 P 2 = Q 2 + D 2 dipendente dai due fenomeni di sfasamento Q e di deformazione D. Spesso si assume Q uguale alla potenza reattiva dellimpianto. Ci equivale a sostituire al regime periodico un regime sinusoidale equivalente cio un regime in cui tensione e corrente sono grandezze sinusoidali di valore efficace uguale a quello delle grandezze effettive, di frequenza uguale alla fondamentale e il cui angolo di sfasamento dato dal fattore di potenza (regime equi-efficace). Su circuiti elettrici in regime non sinusoidale la misura del valore medio o efficace e della potenza attiva, effettuata con strumenti idonei, sempre corretta. Da queste si determina la potenza apparente S, il fattore di potenza K e la potenza complementare Q; tale potenza Q spesso si assume uguale alla potenza reattiva del sistema (metodo delle sinusoidi equivalenti).
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14.
La maggior parte dellenergia elettrica prodotta, trasmessa, distribuita ed utilizzata in forma trifase, pi vantaggiosa. per molti aspetti, di quella monofase. In primo luogo consente una migliore utilizzazione del materiale attivo rame e ferro, delle macchine elettriche; a pari dimensioni, frequenza e velocit, la potenza di una macchina trifase, motrice o generatrice. supera di circa il 30% quella di una macchina monofase. La potenza istantanea d un sistema trifase simmetrico ed equilibrato e costante; ci significa che la coppia elettromagnetica, motrice nei motori e resistente nei generatori, costante. Pertanto una macchina trifase e meno soggetta a vibrazioni o risonanze meccaniche. Una linea di trasmissione dellenergia trifase pi economica di una linea monofase di pari potenza. Con un sistema trifase inoltre possibile: ottenere in modo semplice un campo magnetico rotante; variare con mezzi statici il numero delle fasi. I sistemi trifasi possono essere a tre e a quattro fili. Questi ultimi sono i pi utilizzati nellultimo stadio della distribuzione dellenergia elettrica perch garantiscono lindipendenza della tensione di funzionamento delle singole utenze e consentono la disponibilit di due tensioni; una, la tensione di fase Uf pi piccola, adatta agli usi domestici, laltra la tensione di linea o concatenata U=3Uf pi grande, conveniente agli usi industriali. Un sistema trifase sinusoidale simmetrico se formato da tre tensioni di eguale valore efficace sfasate tra loro di 2n/3, in tutti gli altri casi dissimmetrico: analogamente un sistema di tre correnti che soddisfi le stesse condizioni e equilibrato; negli altri casi squilibrato. Tre tensioni o correnti che si seguono in senso orario formano una sequenza diretta (o ciclica); quando si seguono in senso antiorario formano una sequenza inversa (o anticiclica). Tre impedenze attive o passive collegate a una linea trifase possono essere, tra loro, essere, connesse a stella o a triangolo. I parametri: tensione, corrente, , relativi a ciascuna impedenza sono grandezze di fase; quelli relativi a ciascun filo conduttore di una linea sono grandezze di linea. Le grandezze di linea sono, in genere, sono accessibili e misurabili; non altrettanto quelle di fase. Se U12 , U23 , U31 , I1 , I2 , I3 indicano i valori efficaci rispettivamente delle tensioni e correnti di linea, in un sistema a tre fili comunque dissimmetrico e squilibrato si ha: per la irrotazionalit delle tensioni:
U12 + U 23 + U 31 = 0
Quindi i fasori corrispondenti, aventi risultante nulla, sono rappresentabili con fasori equipollenti, lati di un triangolo. Ad esempio le tensioni di linea di un sistema simmetrico o dissimmetrico 140
formano rispettivamente i lati di un triangolo equilatero o di un triangolo scaleno. Indipendentemente dalleffettivo collegamento del generatore o dellutilizzatore (a Y o a ) note le tensioni di linea, rappresentate dal triangolo scaleno di Fig. 13-1, si pu sempre riferire la tensione di ogni filo ad un centro stella arbitrario del sistema. ad esempio N in Fig. 14-1, si individuano cos tre tensioni stellate U1N , U2N , U3N. Qualunque sia il punto N si ha sempre:
U12 = U1N U 2 N
U 23 = U 2 N U 3 N
U 31 = U 3 N U1N
Fig. 14-1: Tensioni stellate rispetto al centro N. Pertanto qualunque sia la reale costituzione del sistema trifase si pu sempre rappresentare con una stella di impedenze equivalente il cui entro realizza il punto N. Tra gli infiniti punti del piano che possono rappresentare il centro del sistema, normalmente si assume come centro di riferimento del sistema il baricentro O del triangolo delle tensioni di linea, Fig. 14-2a).
Fig. 14-2: Centro teorico. Il punto cos definito e il centro teorico (o astratto) del sistema, gode della propriet che la terna delle tensioni stellate da esso individuata e pura, cio:
U10 + U 20 + U 30 = 0
Questo centro si pu materialmente ottenere derivando dai tre fili di linea tre impedenze (o resistenze) uguali collegate tra loro a stella, punto O in Fig. 14-2b). Infatti le tre correnti I1 , I2 , I3 che circolano nelle tre impedenze devono necessariamente dare somma uguale a 0; pertanto le tre tensioni ai capi di ciascuna impedenza:
141
U 10 = Z I1
U 20 = Z I 2
U 30 = Z I 3
U10 + U 20 + U 30 = 0
Generalmente, quando si effettuano misure su sistemi a tre fili, indipendentemente dalla effettiva costituzione del sistema, si fa riferimento a tale centro teorico, cosicch rispetto ad esso risultano univocamente definite tutte le grandezze di fase. Nei sistemi trifasi a quattro fili, comunque dissimmetrici e squilibrati, evidentemente la posizione del centro stella individuata dalle tensioni dei tre fili rispetto al neutro. Per essi sempre valida la relazione dirrotazionalit tra le tensioni di linea; invece la solenoidalit tra le correnti espressa da: I1 + I 2 + I 3 + I N = 0 Con IN corrente che percorre il filo neutro.
14.2. Misure su sistemi trifasi a tre fili
Noto il senso ciclico delle fasi e la natura del carico, un sistema a tre fili identificato, nelle sue grandezze totali e di fase riferite al centro teorico, da un numero di parametri variabili secondo il caso: sette, se il sistema dissimetrico e squilibrato, ad esempio: due tensioni di linea e langolo da esse compreso, due correnti e langolo da esse compreso e langolo che una delle tensioni Uij forma con una delle correnti Ii; cinque, se simmetrico e squilibrato; tre, se e simmetrico ed equilibrato.
Qualora si volessero le grandezze di fase riferite invece ad un centro qualunque, la (14-1) non pi valida ed i parametri indipendenti diventano nove nel caso di sistemi dissimmetrici e squilibrati, ad esempio basta aggiungere due tensioni di fase. Tuttavia nelle applicazioni ha maggiore interesse lidentificazione delle grandezze totali del sistema che al massimo richiede sette parametri indipendenti. Invece del sistema dissimmetrico e squilibrato, in pratica, il sistema simmetrico e squilibrato pu considerarsi il caso pi generale, poich negli impianti elettrici le dissimmetrie nelle tensioni sono contenute entro stretti limiti.
14.2.2. Teoremi sulle potenze
Sui sistemi trifasi a tre fili sono possibili con un wattmetro nove misure di potenza: tre potenze ternarie od a ponte in quadratura ad esempio P1(23) in Fig. 14-3 e sei potenze binarie, nellesempio P12 e P13. Il primo pedice indica il filo su cui inserita lamperometrica, gli altri due pedici indicano i fili tra cui e connessa la voltmetrica. Nel caso di potenze binarie la voltmetrica ha sempre un estremo connesso sul filo su cui inserita lamperometrica per cui, dei tre pedici, se ne possono indicare solo due, ad esempio: P1(12) = P12.
142
Le potenze binarie diconsi: a ponte minore se la bobina voltmetrica e alimentata tra due fasi a sequenza diretta, nellesempio P12; a ponte maggiore se la sequenza inversa, nellesempio P13. Con luso di wattmetri elettrodinamici, effettuate le connessioni in modo che la corrente sia contemporaneamente entrante (o uscente) dai morsetti amperometrici e voltmetrici contrassegnati, se lindice devia al di sotto dello zero necessario invertire i collegamenti di una delle bobine, (generalmente la voltmetrica), per ottenere la deviazione entro la scala.
P1(23) + + P12 + + P13 + +
Fig 14-3: Inserzione di wattmetri. Ci si verifica quando lo sfasamento tra tensione e corrente maggiore di /2 e la potenza misurata si considera negativa: pertanto le potenze attive sono grandezze algebriche. Invece non ha senso parlare di tensione negativa; Uij = -Uji. Tra le potenze di un sistema a tre fili valgono i teoremi specificati nel seguito. 1- La somma algebrica di due potenze binarie con secondo pedice uguale la potenza attiva totale del sistema. Ad esempio: P = P13 + P23 Infatti la potenza attiva totale rispetto ad un centro qualunque N espressa dalla:
quindi: P = (U 1N U 3 N ) I 1 + (U 2 N U 3 N ) I 2 = U 13 I 1 + U 23 I 2 Pertanto la potenza attiva totale P invariante rispetto al centro del sistema. Dalla (1) il sistema trifase si pu considerare come somma di due sistemi monofasi aventi comune il filo di ritorno. Questo teorema fondamentale perch fornisce la possibilit di misurare esattamente la potenza attiva totale di un qualsiasi sistema trifase, cio anche se dissimmetrico e squilibrato, purch a tre fili mediante due soli wattmetri (inserzione Aron). Analoga inserzione si usa per la misura dellenergia attiva totale di un sistema trifase a tre fili: W = Pdt purch si sostituiscano i due wattmetri con due contatori di energia attiva, strumenti integratori. 2- La potenza ternaria di una fase la differenza fra le due potenze binarie indicate da due wattmetri inseriti rispettivamente come ponte maggiore e come ponte minore sulla stessa fase.
143
U 23 = U 31 U 12 = U 13 U 12
quindi:
P 1( 23) = U 23 I 1 = U 13 I 1 U 12 I 1
Corollario: se il sistema e simmetrico le tensioni di fase (riferite al centro teorico) sono in quadratura con quelle di linea e la potenza reattiva di fase :
Q1 = U 10 /\ I 1 =
P U 23 P P I 1 = 1( 23) = 13 12 3 3 3
3- La somma di due potenze binarie aventi uguale il primo pedice tre volte la potenza di fase corrispondente al pedice uguale. Ad esempio: 3P1 = P12 + P13 Infatti ricordando che le tensioni stellate riferite al centro teorico formano una terna pura, si ha:
P 12 + P 13 = (U 12 + U 13 ) I 1 = (U 10 U 20 + U 10 U 30 ) I 1 = ( 2U 10 + U 10 ) I 1
Le nove misure possibili di potenza, per i l e 2 teorema, si riducono a quattro. Affinch siano indipendenti e necessario e sufficiente che due di esse abbiano uguale il secondo pedice il quale deve essere diverso per le altre due. A tale condizione soddisfano quattro potenze binarie del tipo P12, P32, P13, P31 nelle quali al primo posto figurano solo due dei tre pedici. Pertanto la misura pu eseguirsi inserendo le amperometriche dei wattmetri solo su due dei tre fili e misurando su ognuno di essi le potenze binarie corrispondenti (o possibili). Ad esempi inserendo le amperometriche di due wattmetri sui fili 1 e 3 le potenze binarie indipendenti sono quelle misurabili, Cio: sul filo 1 la P12 e la P13 e sul filo 3 la P31 e la P32 (metodo delle quattro letture). Le relazioni dei precedenti teoremi sono tutte algebriche e sono ancora valide se moltiplicate per un vettore costante, in particolare per loperatore vettoriale -j. Pertanto i teoremi 1, 2 e 3 sono validi anche per le potenze reattive e per le inserzioni dei varmetri. Tale risultato di scarsa importanza pratica nelle misure di potenze, perch generalmente la potenza reattiva si determina dalle indicazioni dei wattmetri invece utile nelle misure di energia dove ad esempio due contatori di energia reattiva inseriti in Aron forniscono lenergia reattiva totale del sistema. Tra le grandezze che possibile misurare (tensione, corrente, angoli di fase, potenza), normalmente si preferiscono misure voltmetriche (per il controllo della tensione di alimentazione) e wattmetriche (per limportanza della misura della potenza attiva). In pratica si impiegano anche strumenti non strettamente necessari, ad esempio amperometri per evitare sovraccarichi nelle amperometriche dei wattmetri.
144
Un sistema trifase simmetrico ed equilibrato a tre fili caratterizzato da una tensione di fase Uf, una tensione di linea U e una corrente di linea I, cio da: U10 = U20 = U30 = Uf U12 = U23 = U31 = U I1 = I2 = I3 = I Per identificare tutti i parametri di un tale sistema sono sufficienti tre misure indipendenti, ad esempio due misure di potenze binarie con il secondo pedice uguale (per ottenere la potenza totale attiva P), nello schema di Fig. 14-3 P12 e P32 e una misura di tensione di linea Uij. Da queste tre misure possibile determinare anche la corrente I, per cui gli amperometri, inseriti a tratteggio in Fig. 14-4, sono ridondanti: tuttavia la loro inserzione opportuna per evitare sovraccarichi di corrente nei wattmetri elettrodinamici. Con riferimento al diagramma fasoriale di Fig. 14-5 si ricava: P12 = U12 I1 cos( + 30) = U I cos( + 30) P32 = U32 I3 cos( - 30) = U I cos( - 30) (14-2) (14-3)
A V
Fig.14-4: Metodo dei due wattmetri e un voltmetro. Si verifica anche: P12 = P23 = P31 potenze cicliche P32 = P21 = P13 potenze anticicliche
(14-4)
Pertanto in un sistema trifase simmetrico ed equilibrato le indicazioni dei due wattmetri P12 e P32 sono in generale diverse tra loro. Per una data tensione Uij, e corrente I, al variare di le P12 e P32 variano secondo il diagramma di Fig. 14-6. Per = 0, carico totalmente resistivo, diventano uguali a 3UI/2; per =30 una indicazione UI/2 e laltra UI (cio una indicazione met de1laltra); per =60 (cos = 0,5) una indicazione si annulla; per | | > 60 (cos < 0,5) una indicazione negativa; per =90 diventano uguali e contrarie: + UI/2. Per le grandezze totali del sistema si ha successivamente: potenza attiva: P = P12 + P32 (14-5)
145
potenza reattiva:
(14-6)
Fig.14-6: Indicazioni dei due wattmetri. Cio nel caso in esame di sistema simmetrico ed equilibrato le indicazioni dei due wattmetri consentono di determinare anche la potenza reattiva Q del sistema3. Potenza apparente: Risulta quindi: corrente di linea: fattore di potenza:
I= S 3U
S = P2 + Q2
(14-7)
(14-8)
cos =
1+ x 2 x2 x + 1
(14-9)
con x = rapporto tra la minore e la maggiore delle due letture wattmetriche. La Fig. 14-7 d il diagramma della (14-9) per -1 < x < +1.
La (14-6) si pu anche ricavare dalle (14-2) e (14-3); infatti si ha: P32 - P12 = UI [cos( + 30) - cos( - 30)] = UI 2 sen30 sen = UI sen = Q/3 da cui la (14-6)
146
Fig. 14-7: diagramma di cos Si noti che la determinazione del cos si basa direttamente sulle due misure wattmetriche senza richiedere la determinazione di P e S (od I) attraverso le quali anche possibile calcolare cos =P/S. Quindi si pu determinare il circuito equivalente del carico formato da tre impedenze definite: per la connessione a stella da: Z = U/31; R = Zcos = P/3I2; X = Zsin = Q/3I2 per la connessione a triangolo da: Z= 3U/I; R = Zcos = P/I2; X = Zsin = Q/I2 Noto il senso ciclico possibile conoscere la natura del carico. Se risulta P32 > P12, Fig. 14-6, il carico induttivo; se P32 < P12 il carico capacitivo. Viceversa, nota la natura del carico si determina il senso ciclico. Infatti con carico induttivo la fase su cui si legge il valore maggiore, ad esempio P32 (filo 3) precede quella su cui si legge il valore minore P32 (filo 1) e questa precede quella su cui non sono inseriti i wattmetri, cio la sequenza 3,1,2. Le tre misure che identificano un sistema trifase simmetrico ed equilibrato a tre fili possono ottenersi anche in altri modi. Con lo schema di Fig. 14-8a, si adopera un amperometro, un voltmetro e un wattmetro; questultimo, inserito con lamperometrica su una fase qualunque, ha la voltmetrica alimentata tra questa fase e il centro teorico 0 ottenuto derivando dagli altri due fili due resistenze di valore uguale a quella totale del circuito voltmetrico stesso. Si noti che se il centro teorico si ottiene collegando ai tre fili di linea tre resistenze R (o impedenze) uguali connesse a stella e poi si collega a tale centro la voltmetrica del wattmetro, Fig. 14-8b, si provoca uno spostamento del centro teorico 0 in 0, perch la resistenza che lo collega al filo 1 risulta minore delle altre due, essendo costituita dalla R in parallelo alla Rw. Dalle letture sugli strumenti, Fig. 14-8a, si ha I1, U10 e P1 = U10 I1 cos, da cui: P = 3P1; cos = P/(3UI); Q = Ptan
147
Fig.14-8: Misura della potenza attiva con un wattmetro a) inserzione corretta; b) inserzione errata Se il carico costante si pu adoperare solo un wattmetro ed un voltmetro, schema di figura14-10, eseguendo la misura con il deviatore d prima su 2 e poi su 3. Sul wattmetro W si misura: con d su 2: P12 con d su 3: P13 = P32 (per la 14-2) Note cos due potenze binarie con il secondo pedice uguale e misurata la tensione U12 si identificano tutti gli altri parametri con il procedimento seguito con il metodo dei due wattmetri di Fig. 14-4. I metodi di Fig. 14-8b e Fig. 14-9 per sono validi se il sistema totalmente simmetrico ed equilibrato, inoltre il metodo di Fig. 14-9, essendo la misura effettuata in due tempi, richiede che il carico sia costante. In pratica e molto raro un sistema totalmente simmetrico ed equilibrato, o rigorosamente costante. Pertanto decisamente preferibile il metodo dei due wattmetri che fornisce sempre la misura esatta della potenza attiva totale, che il parametro tecnico ed economico pi importante. Eventuali squilibri o dissimmetrie influenzano solo i rimanenti parametri.
Fig. 14-9: Misura della potenza attiva con un wattmetro (in due tempi). La misura della potenza reattiva totale Q nei sistemi simmetrici ed equilibrati si pu anche ottenere direttamente con un solo wattmetro inserito a ponte in quadratura in ritardo, ad esempio come in Fig. 14-10a. Con questa inserzione la voltmetrica del wattmetro W alimentata con la tensione U23 in ritardo di 90 rispetto alla tensione di fase U10 del filo 1 su cui inserita lamperometrica, Fig. 14-10b.
Fig. 14-10: Misura della potenza reattiva. Pertanto il wattmetro misura la potenza: P 3U10 I1sin = 3Q10 1( 23) = U 23 I 1 = 3U10 I1 cos(90 ) =
148
con Q10 potenza reattiva della fase 1. Ma Q10 = Q20 = Q30, quindi la potenza reattiva totale Q risulta: Q = 3 Q10 = 3P1(23) ossia 3 volte la lettura 3P1(23) sul wattmetro W. Se il wattmetro di tipo elettrodinamico linserzione di figura14-10a va fatta con cautela perch la bobina fissa e quella mobile non sono allo stesso potenziale.
14.3. Sistemi simmetrici e squilibrati
I sistemi simmetrici e squilibrati in pratica sono il caso pi generale e frequente. Lidentificazione completa di questi sistemi richiede cinque misure indipendenti. Linserzione pi vantaggiosa si basa su una misura voltmetrica e quattro misure wattmetriche indipendenti, del tipo P12, P13, P31, P32, ottenibili inserendo le amperometriche dei wattmetri su due fili soltanto (metodo delle quattro letture). Invece di quattro wattmetri. a carico costante si pu eseguire la misurazione in due tempi e quindi impiegare un voltmetro e due soli wattmetri inseriti secondo lo schema di Fig. 14-11. Spostando poi il deviatore d da sinistra a destra si ottiene prima P13 e P32 e poi P12 e P31.
Fig. 14-11: Metodo delle quattro letture. Lelaborazione dei cinque dati sperimentali pu essere effettuata come di seguito specificato. Potenza attiva totale: P = P12 + P32 da cui P21 = P P31 ; P23 = P - P13 Note cos le sei potenze si ricavano successivamente: Potenze attive di fase: Deve verificarsi P = P1 +P2+P3 Potenze reattive di fase: Q1 = P13 P12 3 ; Q2 = P21 P23 3 ; Q3 = P31 P32 3
P1 = P12 + P13 P + P23 P + P32 ; P2 = 21 ; P3 = 31 3 3 3
Q = Q1 + Q2 + Q3 149
S1 = P1 2 + Q1 2 ; I1 =
S1 3S1 P = ; cos 1 = 1 U 10 U S1
Analoga procedura fornisce i valori di potenza apparente, corrente e cos per le fasi 2 e 3. Deve verificarsi: I1 + I 2 + I 3 = 0 La potenza apparente totale quindi data dalla:
S = P2 + Q2
Si noti che la potenza apparente totale la risultante fasoriale delle tre potenze apparenti di fase, tale risultante coincide con la somma delle tre potenze apparenti di fase solo quando i tre angoli di fase sono uguali. In questi sistemi, come in quelli dissimmetrici e squilibrati, la potenza apparente totale noi pu essere ottenuta da misure di tensione e di corrente, ma richiede la misura di P e Q. P Fattore di potenza: cos = S con angolo caratteristico del sistema. Pertanto il carico equivalente ad una stella di impedenze definite da: Z1 = U 3I1 Z2 = U 3I 2 Z3 = U 3I3
aventi rispettivamente gli angoli 1, 2, 3. Se il carico e costituito effettivamente da tre impedenze connesse a stella, esse possono avere valori del tutto diversi da quelli sopra calcolati, perch il centro da esse determinato pu essere anche molto discosto dal baricentro del triangolo delle tensioni di linea. Il metodo di Fig. 14-11 permette di vedere subito se ci sono squilibri nelle correnti dalla diversit tra le quattro letture. Infatti in assenza di squilibrio, cio per I1 = I3 e 1 = 3, passando dalla prima posizione alla seconda (in tratteggio) le indicazioni dei due wattmetri, risultano a due a due uguali fra loro, perch nella prima posizione si misurano le potenze anticicliche P12 e P32, e nella seconda posizione (in tratteggio) le potenze cicliche P12 e 31. Invece se prima si misurano le potenze P12 e P32 (una ciclica e una anticiclica) e poi le potenze P13 e P31, le indicazioni dei due wattmetri si scambiano tra loro (sempre nellipotesi di carico equilibrato). I1 metodo delle quattro letture di Fig. 14-11 non per conveniente per misure di energia, perch richiede quattro contatori di energia attiva non essendo possibile la misurazione in due tempi. Per le inserzioni dei contatori o per ridurre dissimetrie dovute alle cadute di tensione nelle amperometriche inserite soltanto su due fili (temibili soprattutto nei circuiti a bassa tensione) si impiega linserzione ABC (o Righi) Fig. 14-12. Con tale inserzione si usano tre wattmetri o tre contatori di energia attiva: due inseriti secondo lo schema Aron sui primi due fili e uno inserito a ponte in quadratura con lamperometrica sul terzo filo libero, per la misura della corrispondente potenza ternaria a sequenza diretta. Consente di determinare: P = P13 + P23 = A + B
Q= P13 P23 + 2P3(12) 3 = A B + 2C 3
150
Da cui si ricavano le altre grandezze totali del sistema S e cos. Il metodo non permette lidentificazione delle altre grandezze del sistema perch non consente di conoscere tutte le potenze binarie. Si noti che se C un contatore a induzione di energia attiva, invece per esso non esistono i problemi di coppie elettrostatiche parassite, invece presenti se C un wattmetro elettrodinamico.
1 + + A + + B
151
+
C
15.
METODI DI CONFRONTO
15.1. Generalit
Le misure elettriche con i metodi di confronto utilizzano una rete elettrica in cui il misurando si determina da una relazione tra parametri noti della rete e misurando stesso valida quando si raggiunta una condizione di equilibrio. Questa generalmente e data dallo azzeramento di una tensione o di una corrente indicato da un indicatore o rilevatore di zero. Sotto tale forma i metodi di confronto diconsi metodi di zero: si impiegano largamente sia in corrente continua che in corrente alternata come ponti e potenziometri. Richiedono: un elemento di riferimento o campione di valore fisso o variabile; uno o pi elementi di regolazione per raggiungere lequilibri; un alimentatore; un indicatore o rilevatore di zero cio uno strumento non tarato di elevata risoluzione. La condizione di equilibrio per apparentemente soddisfatta da tutti quei valori dei parametri che provocano nel rilevatore di zero uno squilibrio di tensione o di corrente da esso inavvertibile. Pertanto, in condizioni di squilibrio apparente. fondamentale conoscere la risoluzione o del ponte o del potenziometro, spesso detta anche sensibilit. Questa la variazione relativa del misurando che produce nel rivelatore di zero la minima indicazione percepibile: dipende sia dalla risoluzione del rivelatore di zero, sia dai valori dei componenti che formano la rete di misura. La risoluzione si pu sempre determinare sperimentalmente. Raggiunto lequilibrio si impone un incremento noto X al valore X del misurando; ad esso corrisponde una variazione dellindicazione sul rivelatore di zero: se d e la minima indicazione percepibile :
= d X . X
(15-1)
Con rivelatori di zero a deviazione spesso si considera d = 1, cio si fa riferimento alla deviazione unitaria. Si pu anche calcolare , noti i parametri della rete e la risoluzione del rivelatore di zero. Allo scopo si considera il circuito equivalente visto dal rivelatore di zero e si calcola la variazione di tensione u o di corrente i funzione della variazione relativa x/x capace di produrre nel rivelatore di zero (voltmetrico o amperometrico) la minima indicazione percepibile (o lindicazione unitaria). Come in tutti gli strumenti di misura la risoluzione determina la massima precisione raggiungibile. pregio delle misure con metodi di zero la risoluzione elevata, oltre a l0-6 in corrente continua, ossia per proprio conto non introducono praticamente errori per cui la precisione della misura pu arrivare allo stesso ordine di quella dei campioni impiegati. Siccome la precisione di questi campioni pu essere pi elevata di quella degli strumenti a deviazione, la precisione dei metodi di zero pu raggiungere valori pi elevati di quella ottenibile da misure effettuate con strumenti a deviazione elettromeccanici ed elettronici. Invece con gli strumenti elettronici digitali si possono raggiungere risoluzioni e quindi precisioni dello stesso ordine di quelle dei metodi di zero, con il vantaggio di una misurazione pi comoda. Pertanto in alcune applicazioni si tende a sostituire un metodo di zero con uno strumento digitale, ad esempio un potenziometro con un voltmetro digitale.
152
La rete elettrica di misura dei metodi di zero in corrente continua a ponte o a potenziometro. Lalimentazione della rete di misura deve essere a tensione continua, stabile e priva di componenti alternate. E fornita da generatori elettrochimici come pile o accumulatori (per tensioni di decine di volt), o da alimentatori elettronici (per tensioni di centinaia di volt). Il rivelatore di zero deve possedere elevata risoluzione, adatta resistenza e minima deriva dello zero; invece la sua precisione non interessa. Si usano galvanometri magneto-elettrici connessi alla rete di misura, o direttamente, o indirettamente tramite amp1ificatori in corrente continua (galvanometri elettronici). I metodi di zero in corrente continua trovano diffuse applicazioni in misure di resistenze, tensioni, correnti, tarature; con particolari accorgimenti forniscono misure con incertezze fino a l0-5.
15.2.1. Ponti per misure
Un ponte per misure schema base di Fig. 15-1 una particolare rete elettrica: ha quattro lati 1, 2, 3 e 4, costituiti da resistenze o impedenze, una diagonale di alimentazione in cui un generatore elettrico E (in continua o in alternata) collega i nodi A e B a una diagonale di rivelazione in cui uno strumento indicatore o rivelatore di tensione o di corrente G (in continua o in alternata), fa da ponte tra i nodi C e D. Diconsi ancora ponti reti pi complesse riducibili allo schema di Fig. 15-1.
Fig. 15-1: Schema base di rete di misura a ponte. La Fig. 15-2 rappresenta lo schema del ponte semplice o di Wheatstone; i lati sono rispettivamente formati dalle resistenze R1, R2, R3 e R4, lalimentazione fornita dal generatore di tensione continua E e la rivelazione indicata dallo strumento di misura G. La condizione di equilibrio, data dallannullamento della corrente nella diagonale di rivelazione CD, Fig. 15-2, richiede che la tensione UCD sia nulla cio: R1 IC = R3 ID e R2 IC = R4 ID Da cui: R1 R4 = R2 R3 ossia: in equilibrio i prodotti delle resistenze in croce sono uguali. Se R3 la resistenza misuranda e se le altre resistenze sono note, risulta:
R3 = R1 R4 R2
(15-2)
La formule sono indipendenti dalla tensione e resistenza interna del generatore E, dalla risoluzione e
153
resistenza del rivelatore di zero 0, dallo scambio della diagonale di alimentazione con quella di rivelazione.
Fig. 15-2: Ponte semplice Tale scambio, talvolta, pu migliorare la risoluzione , o ridurre i consumi in alcuni lati del ponte. Se 1, 2, 4 sono gli errori relativi sui valori delle resistenze R1 R2 e R4, e lerrore relativo 3 sulla R3 :
3 = 1 + 2 + 4 +
(15-3)
con errore dovuto alla risoluzione del ponte, in condizioni di equilibrio. Per determinare sperimentalmente con la (15-1), se non agevole dare una variazione nota X al valore x misurando, basta variare di R la resistenza R di un qualsiasi altro lato del ponte. Infatti si dimostra che, in condizioni di equilibrio, la medesima variazione relativa R/R su una qualsiasi resistenza dei lati della rete, produce il medesimo squilibrio (di tensione o di corrente) tra gli estremi C e D della diagonale di rivelazione e quindi la medesima indicazione sullo strumento G. sufficiente che la risoluzione nella (15-3) sia di un ordine di grandezza inferiore rispetto agli altri termini. Una risoluzione pi elevata, cio un errore dovuto alla risoluzione pi piccolo, renderebbe la convergenza verso lequilibrio inutilmente pi laboriosa e costosa. Altre cause di errore possono essere provocate da f.e.m. voltaiche o termo-elettriche presenti soprattutto in misure di resistenze di modesto valore, e da variazioni di resistenza dovute a sovraccarico termico (RI2) di uno o pi lati del ponte, temibili quando si aumenta la tensione di alimentazione. La costruzione del ponte semplice si effettua in due modi:
R4 costante e R1/R2 variabile con resistore a filo o a cursore, per strumenti portatili di precisione intermedia (ponti a cursore). R1/R2 costante e R4 variabile con resistori a spinotti o a decadi, per strumenti di maggiore precisione (ponti a cassette).
Il generatore di alimentazione ha una tensione E intorno a una decina di volt. Il campo dimpiego del ponte semplice interessa misure di resistenze da qualche ohm al megaohm. Per resistenze interiori allohm e superiori al megaohm non sono pi trascurabili rispettivamente, le resistenze di contatto e quelle disolamento. Con lausilio di anelli di guardia, schermature, , si pu estendere luso di tale ponte a misure di 154
resistenze grandi come quelle disolamento (megaohmetro a ponte). In Fig. 15-3 la resistenza misuranda dotata di anello di guardia per drenare le correnti superficiali (non definite e non costanti), presenta tre morsetti; la resistenza superficiale Rs non influenza lequilibrio perch in parallelo al rivelatore di zero G, mentre la resistenza Rs in parallelo alla resistenza R1 ha influenza trascurabile se molto pi grande di R1. I megaohmmetri a ponte rispetto ai ponti ordinari presentano: tensioni di alimentazione molto pi alte, 100500 V, per ottenere correnti apprezzabili: portate fino a 104 megaohm; per le difficolt sopra accennate, precisioni molto pi basse, qualche percento.
I ponti per corrente continua e alternata, oltre che in condizioni di equilibrio si impiegano anche in condizioni di squilibrio cio come strumenti indicatori per la misura di piccole variazioni di resistenza (o di impedenza) in uno o pi lati. Con riferimento alla Fig. 15-4a) relativa a un ponte in continua formato da quattro lati con altrettante resistenze R uguali, a una variazione della resistenza R di un lato, corrisponde tra i nodi C e D il circuito equivalente di Fig. 15-4b). Infatti se il generatore di alimentazione di f.e.m. E ha resistenza interna nulla, e se R R la f.e.m. equivalente E0 risulta:
E0 = E E R R 4R + 2R 4 R R R (R + R ) R + 2 2R + R
(15-4)
E la resistenza equivalente R0 :
R0 =
155
Fig. 15-4: Ponte in condizione di squilibrio. Lintensit di corrente I0 che percorre uno strumento di resistenza interna RG, connesso tra i nodi C e D, quindi:
IG = E0 E R R0 + RG 4( R + RG ) R
(15-5)
Pertanto nellipotesi di R R, la misura della tensione a vuoto tra i nodi C e D, data dalla (15-4) oppure la misura della corrente I0 (15-5), risulta proporzionale alla variazione relativa di resistenza AR/R. Se la variazione di resistenza AR si ha in pi lati, si ottiene un aumento del segnale di squilibrio. Ad esempio facile verificare che se nel ponte di Fig. 15-4 si effettua una variazione di resistenza AR nei lati 3 e 2, la tensione a vuoto tra i nodi C e D assume il valore doppio del precedente:
E' 0 E R . 2 R
Il ponte descritto pu essere alimentato anche con corrente alternata. Quando sia richiesta unamplificazione della tensione o della corrente di squilibrio, si preferisce tale alimentazione che elimina i problemi di deriva posti dagli amplificatori in corrente continua. Su questa base si costruiscono ponti per misure di grandezze non elettriche come sollecitazioni meccaniche, temperature, , che adatti sensori traducono in variazioni di resistenza elettrica AR, oppure ponti per verificare durante la produzione che i valori di resistenza abbiano una data tolleranza R. La tensione di squilibrio in modulo e segno anche utilizzata come tensione di errore in sistemi di controllo. Lo schema di Fig. 15-5 mostra un esempio di ponte impiegato per il controllo della temperatura dellambiente A, tratteggiato in Fig. 15-5, mediante un termistore posto in A. Alla desiderata temperatura A la resistenza del termistore uguale ad R, perci il ponte in equilibrio e la tensione di uscita nulla. Invece se la temperatura d varia, la corrispondente variazione R della resistenza del termistore provoca, in uscita dal ponte, una tensione di errore UCD la che, amplificata, comanda lalimentatore del riscaldatore R1 in modo da riportare la temperatura dellambiente A al valore A desiderato.
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Fig. 15-5: Ponte per il controllo della temperatura. Questo principio e molto sfruttato in molte applicazioni industriali dove la temperatura deve essere mantenuta su un dato valore con una stretta tolleranza. Nelle applicazioni precedenti spesso il lato con il componente variabile connesso al ponte tramite cavetti di notevole lunghezza, ad esempio sensori installati su strutture distanti decine di metri dal posto di misura, per cui si possono introdurre nella rete di misura disturbi raccolti dai cavetti lungo il loro percorso. Per compensare tali interferenze nello schema di Fig. 15-6, oltre ai cavetti 1 e 2 che collegano la resistenza R3 al ponte, si impiega il cavetto di compensazione 3 che, seguendo lo stesso percorso dei cavetti 1 e 2, porta direttamente lalimentazione alla resistenza R3. Eventuali disturbi raccolti dal cavetto 3 non influenzano la condizione di equilibrio, perch posti nella diagonale di alimentazione, Invece disturbi raccolti dai cavetti 1 e 2, agenti rispettivamente nei lati opposti 1 e 3, si elidono mutuamente, essendo per la (15-2) R3=(R1/R2) R4.
I ponti automatici sfruttano il segnale di squilibrio, ad esempio la tensione o la corrente, per il comando degli organi di regolazione che portano in equilibrio la rete di misura.
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