Cipollone, Barbara - La Tradizione Musicale Del Sonetto or Che'l Ciel Et La Terra. Arcadelt, Rore, Monte

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"PETRARCA IN MUSICA" 2006 (http://www.unisi.

it/tdtc/petrarca/)




BARBARA CIPOLLONE

Universit di Bologna


LA TRADIZIONE MUSICALE
DEL SONETTO OR CHE L CIEL ET LA TERRA:
ARCADELT, RORE, MONTE



Il sonetto di Petrarca Or che l ciel et la terra e l vento tace (il numero 164 del-
le rime in vita dei Rerum Vulgarium Fragmenta) ha incontrato un cospicuo favore tra
i compositori di madrigali polifonici nellarco cronologico che copre lintera vicenda
del genere. Labitudine petrarchesca a procedere per antitesi si estrinseca sia nella
macro articolazione del sonetto la contrapposizione tra la pace della natura (la pri-
ma quartina) e linquietudine dellamante (la seconda) , sia nel contesto del mede-
simo verso, ovvero della stessa proposizione, attraverso limpiego dovizioso di ossi-
mori: dolce/pena, guerra/pace, dolce/amaro, risana/punge, moro/nasco. duopo
evidenziare i quattro stati danimo in progressiva intensificazione, contenuti nel ver-
so 5: lamante veglia, nella veglia pensa, di conseguenza arde di un amore non corri-
sposto, e per questo infine piange. Una segmentazione paratattica del verso sar u-
nanimemente resa, attraverso la musica, con un procedere rotto, a singhiozzi.
Nel tracciare la tradizione del sonetto petrarchesco, vorrei assumere come chia-
ve di lettura la categoria stilistica bembiana della gravitas, cui va ricondotta una rile-
vante produzione di madrigali su testi petrarcheschi. In essi il registro stilistico si
conforma a quello del contenuto del testo poetico, ponendo in atto una serie di espe-
dienti ed artifici retorici volti ad esprimere il grave, il patetico, la potenza del lato pi
oscuro e doloroso della lirica petrarchesca. Questa indagine sulla tradizione del so-
netto 164 va dunque intesa come un primo tentativo di orientarsi in questo panora-
ma.
Non di soli madrigali polifonici quel testo fu rivestito. Si osservi la tabella:


1
frottola di TROMBONCINO nel II libro a 4 vv. (1516) e relativa intavolatura per organo di
Andrea Antico (1517)
2
madrigale polifonico di ARCADELT nel ms. I-Fn MSS Magl.XIX.122-5 e nel III libro a 4 vv.
(1539, 1541, 1543)
1
3 madrigale polifonico di RORE nel I libro a 5 vv. (1542, 1544, 1562)
4 madrigale polifonico di MENTA nei Madrigali a 4 vv. (1560)
5 madrigale polifonico di ROSSETTI nel I libro a 4 vv. (1560)
6 capriccio di RUFFO nei Capricci a 3 vv. (1564)
7 madrigale polifonico di ADRIANI nel I libro a 6 vv. (1568)
8 madrigale polifonico di CAMATER nel II libro a 4 vv. (1569)
9 madrigale polifonico di MONTE nel III libro a 6 vv. (1576)
10 composizione di ANONIMO in Aeri raccolti da Rocco Rodio a 3, 4 vv. (1577)
11 madrigale polifonico di VECCHI nelle Veglie di Siena a 4, 5, 6 vv. (1604)
12 madrigale monodico di DINDIA nel III libro della Musiche a 1, 2 vv. (1618)
13 madrigale polifonico con strumenti di MONTEVERDI nellVIII libro (1638)

Le prime attestazioni risalgono ad unepoca antecedente gli albori del genere. Si
tratta della frottola di Bartolomeo Tromboncino contenuta nel Secondo libro del 1516, e
della relativa intavolatura per organo pubblicata da Andrea Antico nel 17 (n. 1 della
tabella). Un buon numero di testi utilizzati dai madrigalisti circa una trentina era-
no gi stati musicati dai frottolisti pubblicati da Petrucci. Al Tromboncino si deve
lampliamento delluso del Canzoniere e limpiego di altre forme metriche oltre alla
canzone e al sonetto. rimarchevole che tra i 12 testi scelti nel Canzoniere, se ne an-
noveri uno tra i pi gravi, quantunque la tradizione della frottola non ebbe nulla a
che spartire con la gravitas bembiana. Per la descrizione dellassetto formale della
frottola in questione si rimanda al contributo di Rodobaldo Tibaldi contenuto negli
Atti del Convegno Internazionale Petrarca in musica del 2004.
1
Dopo lintavolatura per organo dellAntico, il sonetto stato ancora una volta il
pretesto per la composizione di un brano strumentale. Si tratta di una composizione
(n. 6 della tabella) contenuta nei Capricci in musica a tre voci di Vincenzo Ruffo (1564),
composizioni prive di testo, destinate dunque allesecuzione strumentale, costellate
di difficolt tecniche e di notazione. Sono i primi brani strumentali definiti capricci,
e lunica raccolta di composizioni strumentali del Ruffo, noto soprattutto come auto-
re di madrigali nonch di composizioni religiose su testi latini , e dunque ben av-
vezzo a muoversi fra testi petrarcheschi.
Entriamo ora nel vivo della produzione madrigalistica. Il Terzo libro di madrigali
a 4 voci di Arcadelt conobbe quattro edizioni: 1539, 41, 43 e 56. Solo le prime tre
contengono il madrigale di cui ci si sta occupando (n. 2 della tabella). Il sonetto
messo in musica per intero. La tecnica prevalente il contrappunto imitativo, ma le
frasi di apertura di ciascuna sezione (le quartine e le terzine del sonetto) sono intona-
te in modo declamatorio, accordale. Le frasi musicali sono sovrapponibili ai versi, ma
alcuni accavallamenti di frase danno luogo ad un regolare, continuo tessuto musica-
le. La seconda quartina riceve la stessa intonazione della prima. Ci indubbiamente
inibisce ogni opportunit di significazione del contenuto poetico (Es. 1, bb. 1-5, 24-
28).

1
R. TIBALDI, Il repertorio frottolistico e la poesia del Petrarca, in Petrarca in musica, Atti del Con-
vegno Internazionale di Studi (Arezzo, 18-20 marzo 2004), a cura di A. Chegai e C. Luzzi,
Lucca, LIM, 2005, pp. 101-128.
2




Es. 1

Le ripetizioni di testo sono scarse, se si eccettua la lunga porzione posta ad intonare
lultimo verso, tanto da la salute mia son lunge (ben 18 battute su 87), quasi a voler
ribadire ossessivamente lo stato di patologica alienazione del soggetto.
Il madrigale a questaltezza cronologica non insiste sul legame testo-musica,
bens sulla coerenza formale, ottenuta intessendo la composizione di un gi comples-
so costrutto contrappuntistico: la scelta di declamare retoricamente le frasi dapertura
sottolinea qui indubbiamente lintento di evidenziare, nellomogeneit della scrittura
contrappuntistica, la scansione delle sezioni.
Il I libro di madrigali a 5 voci di Cipriano De Rore (1542, ristampato nel 1544 e
poi nel 62 con il titolo di madrigali cromatici) si caratterizza, alla maniera veneziana,
per la preferenza accordata, nella scelta dei testi poetici, allintonazione dei sonetti, in
primis proprio del Petrarca. Il madrigale di Rore si connota in questi anni per
limpiego di una polifonia imitativa dalto profilo. Seguace della pratica di Willaert, e
dunque del circolo di compositori veneziani dadozione, Rore esplora in questa pri-
ma raccolta le possibilit ritmiche e combinatorie offerte dalluso del tempus imperfec-
tum la mensura C per intenderci che comporta valori ritmici pi brevi, le cosid-
dette note nere; da cui la definizione di madrigali cromatici. Una scelta operata
anche nella stesura del madrigale Or che l ciel e la terra, il secondo della raccolta
(n. 3 della tabella). Esso consta di due parti. La scrittura, esclusivamente imitativa,
assai complessa e lorganico quasi sempre al completo. La serrata, intricata conca-
tenazione delle frasi, unitamente allassenza di un momento cadenzale, tale da non
lasciare respiro. Innumerevoli le ripetizioni di versi o porzioni di verso. Lunico mo-
mento di diradamento dei valori ritmici si attua in corrispondenza del v. 5 (Veg-
ghio, penso, ardo, piango), che viene descritto con valori ampi, procedenti per gra-
do spesso per semitono e con andamento sincopato, sfasato, alle varie voci (Es. 2,
bb. 37-44).
3


Es. 2

Proprio in corrispondenza di quel diradamento di valori, ovvero a conclusione della
prima quartina del testo poetico, lunico momento di tregua dellintera composizio-
ne. Si osservi inoltre lesordio (Es. 3):


Es. 3

Rifacendosi a topoi invalsi anche in altri autori e in altre composizioni, Rore impiega
qui un soggetto costituito da un intervallo ascendente (ad intonare la parola cielo)
alle quattro voci pi acute, e lo rovescia al basso.
Anche presso compositori di mera rilevanza locale, operanti durante gli anni 60
del Cinquecento, troviamo alcune attestazioni del sonetto 164. Mi riferisco a France-
sco Menta, attivo a Napoli, Stefano Rossetti a Firenze, e Ippolito Camater a Udine. Il
madrigale di questi autori rimane ancora da studiare e parzialmente da pubblicare in
edizione moderna. Le composizioni di questi anni lasciano spazio vieppi alla resa
espressiva del testo poetico, e si caratterizzano per la compresenza di sezioni ad alto
contenuto imitativo, e di altre di andamento pi omoritmico. Ai madrigali di Menta
(n. 4), Camater (n. 8) ed Anonimo (n. 10: la raccolta di Rocco Rodio del 1577) ho po-
tuto dare soltanto uno sguardo sommario. Dei tre libri di madrigali del compositore
marchigiano Francesco Adriani restano soltanto le parti di basso. Il sonetto fu pubbli-
cato nel primo libro a 6 voci, sempre del 1568 (n. 7).
I Madrigali a quattro voci del compositore italiano di origini fiamminghe France-
sco Menta uscirono a Roma nel 1560. Cinque testi sono del Petrarca. Or che l ciel et
la terra ricorre al tempus imperfectum e, conseguentemente, a valori ritmici brevi, fino
alla croma. Lintonazione stavolta limitata alle prime due quartine del sonetto. Il
carro stellato conduce in giro la notte con valori ritmici di semiminime, ora in suc-
cessione scalare ascendente (al Canto e al Basso), ora discendente (allAlto). Anche
qui i valori si dilatano nellintento di descrivere il v. 5; va notato inoltre
4
labbassamento di semitono della nota che intona piango. Il disfacimento e la con-
citazione guerresca sono invece resi con limpiego di crome in ascesa.
Anche Ippolito Camater si colloca, per la predilezione dei testi di Petrarca e dei
petrarchisti, sulla scia di Willaert e Rore. Autore di quattro libri di madrigali a 5 voci
e di due libri a 4, il compositore romano attese a diversi impieghi in varie istituzioni
del Nord-Italia. Ben quattro sue raccolte uscirono nel 1569, durante la permanenza a
Udine, ma probabilmente erano state composte in anni precedenti. Nulla stato an-
cora pubblicato in edizione moderna. Nel Secondo libro delli madrigali a quattro voci
contenuto il madrigale, in due parti, che pone in musica il sonetto 164. La misura il
tempus imperfectum, cio il tactus alla semibreve. Appaiono ormai invalsi alcuni topoi
di commento musicale del testo: scala ascendente per le parole in giro mena e per
giunga a riva; andamento spezzato, inframmezzato da pause, e a valori lunghi per
il v. 5.
Il primo libro de madregali a quattro voci insieme alquanti madregali ariosi di Stefano
Rossetti, edito a Venezia nel 1560, contiene 36 composizioni. I testi di ben 23 brani
sono del Petrarca. Per tutta la sua esistenza il compositore conserv la predilezione
per i versi del Petrarca, uninclinazione che ancora una volta va considerata alla luce
della preferenza gi accordata al poeta da Willaert e Rore. La maggior parte dei testi
petrarcheschi di questa raccolta in effetti era gi stata intonata da altri compositori.
Rossetti definisce alcuni brani di questa pubblicazione madrigali ariosi quelli che
in genere si muovono omoritmicamente.
Cos anche il madrigale in due parti che intona il sonetto RVF 164. Si tratta di un
madrigale a note nere: i valori pi brevi sono addirittura le semicrome collocate ad
ornare le varie cadenze. Salvo alcuni passaggi, come lintonazione del primo verso,
assolutamente prevalente la scrittura omoritmica, strettamente aderente alla prosodia
del testo. Ogni verso dunque concluso da un procedimento cadenzale, a vari gradi
di perentoriet. La prima vera cadenza autentica (da Re a Sol) si ha in corrispondenza
della fine della prima quartina. Di nuovo, va ravvisata la sottolineatura del v. 5 con
una serie di incisi sincopati, procedenti per grado, inframmezzati da pause (Es. 4):


Es. 4

La figura scelta invece ad intonare limmagine della guerra che si combatte interior-
mente ascendente per grado; un esteso passaggio cromatico lAlto muove da Re a
Sol offre un efficace commento musicale del testo (Es. 5, bb. 27-29).
5



Es. 5

Di contro, la pace sopraggiunta descritta con passaggi discendenti, sempre in omo-
ritmia (Es. 5, bb. 32-35).
Esattamente analogo allincipit di Rore (Es. 3), lesordio in imitazione della pri-
ma parte del madrigale di Rossetti costituito da un intervallo ascendente (di quarta
o di quinta) sulla parola ciel. Con lavvio del madrigale di Rore, il brano di Rossetti
condivide inoltre il ritmo puntato ed il modus (Es. 6, bb. 1-5).

6


Es. 6

Tratto assolutamente connotativo del madrigale lincipit acefalo di ogni frase musi-
cale, di regola corrispondente ad un verso del testo poetico. Assieme allimpiego ge-
neralizzato della scrittura omoritmica, ci consente una scansione chiara e netta delle
frasi musicali, che non si concatenano luna con laltra, bens si accostano in s indi-
pendenti.
Anche nel secondo madrigale si ha una prevalenza della scrittura omoritmica,
salvo nellintonazione del v. 10 move l dolce e lamaro ondio mi pasco, composta
a valori molto brevi.
Il sonetto di nuovo rivestito di musica a 6 nel Terzo libro de madregali a sei voci
del fiammingo Filippo Di Monte, rappresentante dellultima generazione di grandi
compositori del Rinascimento. Monte inton pi testi del Petrarca di qualsiasi altro
compositore. Non poteva mancare il sonetto Or che l ciel e la terra, contenuto ap-
punto nel III libro del 1576 (n. 9 della tabella). Nelle composizioni di questi anni pre-
vale ancora un contrappunto elaborato, notato in tempus imperfectum diminutum. Ma a
questa altezza cronologica (siamo negli anni 70) il madrigale rinforza il legame te-
sto/musica, facendosi via via canto espressivo. Il sonetto intonato integralmente in
due parti. La quinta voce nella tessitura del Cantus; la sesta in quella del Tenore.
Dal punto di vista fonico, lequilibrio risulta garantito (Es. 7).

7





8

Es. 7

Per lesordio Monte ha previsto una condotta contrappuntistica libera, a tre parti,
nellordine: Canto, Sesto e Tenore. La sensazione quella della fissit, di una staticit
leggera, evanescente, vaporosa data la tessitura. Allaltezza del secondo verso la
trama si ispessisce (Sesto, Alto, Tenore, Quinto manca ancora il Basso), si addensa
nei valori e si fa omoritmica (bb. 5ss.). Questo lunico luogo in cui le voci procedono
in linea di massima omoritmicamente. Altrove, anche quando non si osserva un
contrappunto strettamente imitativo, la sovrapposizione non sar mai stretta. Al ter-
zo verso (notte il carro stellato in giro mena), le voci sono tutte presenti (bb. 7ss.).
Sulla parola giro, tutte tranne lAlto, fermo su una breve, eseguono un ampio voca-
lizzo di semiminime. Con lultimo verso della prima quartina, e nel suo letto il mar
senzonda giace (bb. 11ss.), il madrigale torna statico: non un contrappunto imita-
tivo, ma libero e a valori ampi. Finalmente una decisa cadenza perfetta (da Re a Sol)
chiude lintonazione della quartina (bb. 14-15).
Il verso chiave del sonetto, quello della svolta intensamente lirica, qui reso da
ripetuti cromatismi e dal raggruppamento delle voci in due compagini dalla costitu-
zione variabile, che tali cromatismi espongono sfasati del valore di una minima,
provocando lidea di un passo faticoso, angoscioso (bb. 15ss.). Altamente espressivo,
ma nellambito di una consuetudine gi diffusa in altri compositori, il cromatismo
operato tramite lintroduzione del Mib sulla parola piango, ove si d luogo ad
una cadenza dinganno. Non mancano dissonanze preparate, come la settima del Se-
sto che per ben due volte canta il vocalizzo sulla prima sillaba di piango (bb. 17 e
19).
Le frasi musicali, sovrapponibili alle linee dei versi, si accavallano in realt in
una concatenazione che non lascia tregua; la conclusione di una o pi voci rinviata.
Il procedimento dunque quello classico di procrastinare le chiusure a momenti dav-
vero essenziali: sono gli espedienti, definiti da Zarlino, del fuggir la cadenza e del-
la cadenza fuggita, ove la risoluzione cadenzale indebolita o annullata
dallintroduzione di un nuovo motivo.
In definitiva, la prevalenza della tecnica imitativa o di soggetti, in cui le voci,
nellesprimere i concetti del testo, procedono omoritmicamente a gruppi, nonch
limpiego sistematico della cadenza fuggita, sono i due tratti principali del registro
madrigalistico grave.
9
Al termine del v. 6, su pena, ancora una dissonanza preparata. Alla met del
verso sempre m innanzi il madrigale prende di nuovo movimento con le semi-
minime. Al Canto, in particolare, vengono ricamate dapprima discendenti per grado
da Sol a Do e poi, nella ripetizione, da Do# ascendenti fino a Sol. In contrasto, la
condotta su e chi mi sface e, a maggior ragione, su per mia dolce pena piuttosto
statica, a valori lunghi e ribattuti: forse lintento quello di rappresentare il disfaci-
mento della persona.
Lepisodio volto a rappresentare il contenuto guerresco del settimo verso di
carattere imitativo (Es. 8):



Es. 8

Il soggetto, costituito da intervalli di quarta discendente, esposto da cinque voci su
sei a distanza molto ravvicinata (di semiminima), a partire dal Canto (Sol Re Re Fa
Do; allAlto solo accennato).
La seconda parte del madrigale appare meno complessa nel suo assetto con-
trappuntistico. Vanno senzaltro posti in evidenza il passaggio melismatico sulla pa-
rola pasco e il Mib preso di salto al Canto, a realizzare una discesa di semitono
(Mib-Re) su punge. Finora una quasi totale simmetria governa la corrispondenza
verso/frase musicale (pi o meno 4 battute per ogni verso della terzina, ciascuno dei
quali concluso da una cadenza piuttosto asseverativa, e nessuna ripetizione di ver-
so o porzione diverso). La terzina conclusiva risulta piuttosto densa nei valori ritmici
(prevalenza di semiminime e ripetute figure di semiminime puntate con seguito di
note ribattute), e vi prevale senzaltro la scrittura omoritmica. I vv. 12 e 13, e perch
l mio martir non giunga riva, / mille volte il d moro e mille nasco prevedono in-
vece diverse ripetizioni, quasi a descrivere linsistenza, la iterazione dellatto della
nascita e della morte, e il non giungere mai alla fine.
10
Complessivamente lethos della seconda parte risulta meno angoscioso della
prima: si tratta del momento dellacquisita consapevolezza ed accettazione da parte
dellamante dello stato delle cose.
Nella prima stagione del madrigale, quando ancora il grado di aderenza musi-
cale al testo poetico era ridotto, lintento di rappresentazione della gravit
senzaltro correlato al tipo di scrittura impiegata. I madrigali tesi a sottolineare con
forza il contenuto profondo del sonetto recano in comune i tratti della scrittura imita-
tiva unitamente allespediente del fuggir la cadenza. Quelli che invece si fermano
sulla soglia della mera descrizione esteriore del testo si caratterizzano per limpiego
dellomoritmia, della stretta corrispondenza di verso poetico e frase musicale, e per la
netta scansione attraverso lutilizzo di cadenze.
Dopo il madrigale di Monte e quello della raccolta del Rodio, la tradizione del
sonetto 164 si interrompe per quasi un trentennio, per attestarsi ne Le veglie di Siena
overo i varii humori della musica modernaa 4, 5, e 6 voci di Orazio Vecchi (n. 11). Man-
ca in definitiva la stagione intermedia, quella di fine 500. Il madrigale di fine secolo
predilige testi epigrammatici, e in questa predilezione non v cittadinanza per il so-
netto, una forma poetica troppo ricca ed articolata sintatticamente. Un ampio salto ci
proietta dunque dal grave, serioso madrigale imitativo di matrice fiamminga, alla
stagione seicentesca, ove pure la gravitas trova ospitalit, ma in un contesto di ulte-
riore avvaloramento del rapporto testo/musica: una ricerca di espressivit che con-
durr il madrigale a virare verso nuovi territori: gli ideali monodici, da un lato;
larricchimento con strumenti musicali e le istanze rappresentative dallaltro.
Vale la pena di soffermarsi sulla composizione di Orazio Vecchi. La raccolta
suddivisa in due parti: la prima, cosiddetta piacevole; la seconda grave.
Questultima consiste di 14 madrigali volti ciascuno ad illustrare un diverso umor
de la musica moderna. In tal giuoco degli umori il sonetto Or che l ciel e la ter-
ra, viene a costituire, non a caso, lumor dolente. Si tratta di un brano a 6 voci,
strutturato ancora una volta in due parti. composto in tempus imperfectum diminu-
tum, con notazione a valori brevi.


11





Es. 9

Tutti gli espedienti succitati li troviamo anche in questo madrigale. Nella prima quar-
tina prevale la scrittura omoritmica, con lievi sfasamenti ritmici, dovuti in particola-
re allesposizione della figura di crome che vuole dipingere il movimento del carro
12
stellato (bb. 5ss.). A raffigurare la calma piatta del mar senzonda, invece, note sta-
tiche, ripetute. Individuiamo poi nuovamente i valori larghi e melodicamente ravvi-
cinati in corrispondenza del v. 5, sulle parole vegghio, penso piango; il concetto
dellardere per amore reso peraltro da un vocalizzo (bb. 11ss). Sono infine da evi-
denziare i cromatismi per rappresentare il disfacimento amoroso (bb. 14ss), la pena
ed il duol.
Come si diceva, negli anni del declino del genere-madrigale quando da un la-
to esso non sar pi un genere vocale a cappella, ma ricever una veste sonora arric-
chita dagli strumenti e dal basso continuo, e, dallaltro, emerger dirompente la mo-
nodia , si attester anche in una versione per ciascuno di questi generi.
Lesempio cronologicamente anteriore il madrigale monodico del palermitano
Sigismono DIndia contenuto nel III libro di Musiche a una e due voci, del 1618 (n. 12).
La produzione monodica del DIndia si articola in cinque libri pubblicati tra il 1609 e
il 1623 tutti, tranne il primo, mentre era alla corte di Carlo Emanuele I, duca di Sa-
voia. Nella prefazione al primo volume lautore esplicita la nuova prassi compositi-
va monodica, e descrive i mezzi stilistici pi adatti ad interpretare il significato del
testo; prescrive lutilizzo di intervalli non ordinari, passando con pi novit possibi-
li da una consonanza allaltra, secondo la variet de i sensi delle parole. Le fioriture
sono accuratamente notate, alla maniera de Le nuove musiche di Caccini. Si tratta di
composizioni con basso continuo e gli strumenti previsti per laccompagnamento
sono i pi vari , prevalentemente per voce di soprano, ma anche per tenore e basso,
che esemplificano ogni genere di canto coltivato in Italia allinizio del Seicento. La
forma aperta ove la musica segue dapresso il testo poetico in un continuo rinnovar-
si, senza incasellarsi in strutture formali rigide e/o iterative largamente rappre-
sentata, soprattutto applicata al madrigale: i madrigali costituiscono infatti la mag-
gioranza delle monodie (52 pezzi su 84). I testi sono pi seri e sofisticati di quelli del-
le arie strofiche.
Il madrigale Or che l ciel e la terra intona la sola prima quartina del sonetto
petrarchesco. La descrizione del mondo naturale assopito mero pretesto per
leloquio florido, lussureggiante di questo brano che nulla esprime della gravit che
connota la composizione poetica. Non per nulla la scelta caduta sulla sola prima
quartina, cui non fa da pendant lespressione dellinteriorit. Ecco che allora lintento
di significazione sonora del testo poetico si limita allillustrazione di immagini este-
riori, laddove parole come giro e onda danno al compositore lopportunit di
proporre estesi abbellimenti. Complessivamente, dunque, lobiettivo di interpretare
i sensi delle parole qui sembra applicato al solo significante, alla parola presa a s,
senza contestualizzazione: cos londa descritta con un lungo movimento ornamen-
tale, non in considerazione delleffettivo contenuto del verso 4, che descrive un mare
quieto, senzonda, appunto.
Lesempio pi tardivo della tradizione che si sta indagando il madrigale
guerriero edito nellVIII libro, i Madrigali guerrieri et amorosi, di Claudio Montever-
di (n. 13). Come fa notare Paolo Fabbri nella monografia dedicata al compositore cre-
monese, le guerre di cui si tratta [] sono pur sempre quelle galanti damore, e
lepica marzialit dei gesti sonori a volte perfino pretestuosi sinquadra non senza
una componente scherzosa nella cornice della lirica erotica.
2
E continua: il sonetto

2
P. FABBRI, Monteverdi, Torino, EDT, 1985, p. 306.
13
petrarchesco [] vi inserito assai speciosamente solo in ragione del verso Guerra
l mio stato
3
cui si riserva lesibizione dello stile concitato. Il sonetto intonato in
due parti. La tessitura a 6 voci integrata dagli strumenti: violini e b.c. Il contenuto
della prima quartina viene espresso da una declamazione corale ad accordi ribattutti,
immota dal punto di vista armonico. Un procedere statico che spezzato in corri-
spondenza del paratattico verso 5. I frammenti che intonano i quattro verbi vengono
spaziati, intercalati e sovrapposti al fluido eloquio dei due tenori che pronunciano le
parole e chi mi sface / sempre m inanzi per mia dolce pena. Monteverdi coglie
appieno il procedere petrarchesco per antitesi contrapponendo lesagitato stile conci-
tato che intona il v. 7 , ove il contenuto bellicoso si realizza nella confusa scrittura
imitativa sostenuta dalle incise note ribattute degli strumenti , al placido movimen-
to accordale conclusivo.
Il madrigale secentesco altamente evocativo del contenuto del testo poetico: il
legame testo/musica si fa strettissimo, la musica una musica dambiente. La pro-
pensione recitativa, portato dellemergente pratica monodica, assai diffusa nel Libro
ottavo: e limpiego di una struttura formale ben profilata come il sonetto, consente di
realizzare procedimenti costruttivi a blocchi nettamente scanditi, che ben si attaglia-
no alla resa fortemente espressiva dei versi petrarcheschi.
Pur nella difformit di composizioni che appartengono a stagioni nettamente
distinte della storia del madrigale, in considerazione di tutta la serie di artifici retori-
co-musicali di cui si detto, si pu senzaltro ravvisare se non una tradizione musica-
le univoca, almeno una comunione, una coerenza di intenti. Tale coerenza consisti-
ta nellindividuazione dei medesimi luoghi poetici salienti di uno dei testi pi alta-
mente evocativi della dolorosa gravitas che permea il Canzoniere petrarchesco. Le so-
luzioni di volta in volta escogitate vanno contestualizzate sullo sfondo della relativa
stagione dappartenenza. Tale recezione andrebbe senza dubbio ulteriormente ap-
profondita.
Per concludere, alcune altre tardive manifestazioni della recezione del sonetto
164. noto che alla sua morte Claudio Monteverdi lasciava una serie di pezzi mano-
scritti che dovevano fornire materiale a pubblicazioni postume. Nel 1649 lorganista
dellElisabeth-Kirche di Breslavia, Ambrosius Profe pubblicava a Lipsia, presso
leditore Ritzsch, la miscellanea intitolata Corollarium geistlicher collectaneorum, ove
sono contenute alcune spiritualizzazioni di madrigali degli ultimi due libri di Mon-
teverdi. La prima parte del sonetto Or che l ciel e la terra e il vento tace era dive-
nuto O du mchtiger Herr; la seconda, Cos, sol duna chiara fonte viva, Dein
allein ist ja.
Ancora, il compositore tedesco Johann Friedrich Reichardt (1752-1814) chebbe
un ruolo fondamentale nella seconda scuola liederistica di Berlino, preparando la via
che doveva portare fino a Schubert, music il sonetto Or che l cielo e la terra nella
sua raccolta Sonetti e canzoni di Petrarca.
Vale la pena di citare, dunque, da ultimo, il Lied di Franz Schubert Nunmehr,
da Himmel, Erde schweigt und Winde (D630) del 1818, tradotto dallitaliano dal po-
eta J. Diederich Gries. Unattestazione molto lontana nel tempo rispetto alle succitate,
ma che conferma di nuovo, in altro contesto, lattenzione di un compositore per una
poesia di alto livello letterario. Di questo e di altri Lieder di Schubert su testi di Pe-

3
Ivi, p. 307.
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trarca tradotti in lingua tedesca si occupata Mariateresa Dellaborra nel contributo
pubblicato nei gi citati atti del Convegno Internazionale Petrarca in musica
4
. Non c
da domandarsi come la scelta del Viennese sia caduta su sonetti come questo, oltre
che, per esempio, su Solo e pensoso i pi deserti campi: entrambi ci pongono in
mente il viaggiatore solitario della Winterreise. Unaffinit elettiva pare legare gli a-
nimi inquieti di Petrarca e Schubert: il mondo naturale sfondo e nel contempo me-
tafora dello stato interiore.



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M. DELLABORRA, Petrarca intonato da Schubert: i tre Lieder D 628-630 (con qualche considerazio-
ne sulla restante produzione italiana), in Petrarca in musica cit., pp. 435-453.
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