Regia Lirica Guccini
Regia Lirica Guccini
Regia Lirica Guccini
di Gerardo Guccini
Le premesse e gli effetti dellageguamento delle stagioni liriche al modello del festival sono esaminati in
Xavier Dupuis, Analyse conomique de la production lyrique, Cahier du LES, Universit de Paris I Panthon - Sorbonne,
1979. Per unesposizione sintetica di questa ampia ricerca cfr. Id., Il teatro lirico: storia di un infernale percorso economico, in
Economia della Cultura, Anno II, n. 2, 1992, pp. 40-51. Dupuis indaga gli sviluppi duna trasformazione i cui
sbocchi essenziali figurano gi chiaramente indicati, allinizio degli anni Sessanta, in una nota osservazione di
Theodor W. Adorno: Mentre nei paesi di lingua tedesca si rimane ostinatamente legati alla forma organizzativa
dellopera del secolo scorso, e cio al teatro basato su un repertorio, la rappresentazione operistica tende in realt,
sulla base della disponibilit dei teatri, al concetto della stagione. (Theodor W. Adorno, Introduzione alla sociologia
della musica, Torino, Einaudi, 1971, p. 97. Ia ed. Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1962).
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Le rege liriche sporgono, dunque, da dinamiche processuali estranee ai rivolgimenti e alle pulsioni del
mondo teatrale e in gran parte gestite da ruoli manageriali e direttivi2. Esemplare, al proposito, la carriera di
Rudolf Bing che, dopo aver creato i festival di Edimburgo e di Glyndebourne, viene nominato dirigente del
Metropolitan di New York nel 1942 e vi resta per 23 anni, approntando cambiamenti radicali come il
rinnovamento della sala, la valorizzazione degli allestimenti, laumento delle prove3. Scelte che anticipano
dun decennio le trasformazioni dei teatri europei, indicando la strada duno svecchiamento dai costi
elevatissimi e spesso incontrollabili. Paradossalmente, il teatro lirico del secondo Novecento si libera dei
retaggi ottocenteschi (tele dipinte, attrezzi di magazzino, ambientazioni convenzionali) ritornando alla
sontuosa dimensione barocca delle sue origini elitarie, che prevedevano dinamiche produttive basate sul
lusso, la sorpresa e la dispersione. Al suo interno, le interazioni con linnovazione teatrale corrispondono
alle richieste duna committenza mecenatesca e impermeabile alle crisi della contemporaneit. Eppure,
nonostante i limiti di questo sistema produttivo ancora impresariale, e cio basato sullassemblaggio
progettuale di titoli dopera e artisti, i connubi felici, i radicamenti professionali e gli spettacoli/guida (le
rege scaligere di Visconti, i Mozart di Strehler, laggiornata spettacolarit barocca di Ronconi e Pizzi, la
tetralogia wagneriane di Chreau) hanno sedimentato nel tempo esiti di portata generale, aggiornando, ad
esempio, i codici culturali di orchestrali e cantanti, integrando in senso registico e teatrale le competenze
degli scenografi e combinando alla musica le risorse del dramma recitato (organici sviluppi interpretativi,
azioni mute, serrate compenetrazioni di movimenti, spazi e immagini, reti di dispositivi segnici).
Lincontro dello spettacolo lirico con la rega teatrale a contenuto drammatico ha assestato una teatralit
bipolare (musicale e performativa) che si via via rinnovata per varianti estetiche, non potendo ovviamente
sfociare in radicali invenzioni formali o di sistema. Questa stessa teatralit, come risulta dal confronto con
le pi recenti esperienze e soluzioni, costituisce per una fase intermedia e gi conclusa. Durante il suo
svolgimento i registi teatrali hanno attivato allinterno del sistema operistico la modificabilit permanente
delle funzioni sceniche (spazi, immagini, corpi e media tecnologici), rendendo cos possibile la sua apertura
a ulteriori profili artistici e modalit performative.
In altri termini: la rega teatrale ha reso eclettiche ed adattabili le prassi spettacolari del teatro dopera,
consentendo di inquadrare nel ruolo di regista lirico anche artisti estranei alle dinamiche rappresentative
del teatro drammatico (registi cinematografici, registi davanguardia e coreografi). Possibilit, questa, che
addirittura capovolge il rapporto originario fra sistema operistico e teatro di rega.
Le strategie culturali delle fondazioni liriche-sinfoniche procedono da incastri di competenze che riguardano
il consiglio di amministrazione, il sovrintentende e il direttore artistico. Su questa dinamica istituzionale cfr. Alberto
Bentoglio, Lattivit teatrale musicale in Italia. Aspetti istituzionali, organizzativi ed economici, Roma, Carrocci, 2007, pp. 4551.
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Cfr. Rudolf Bing, 5000 nuits lOpra, Paris, Robert Laffont, 1975 (Ia ed. New York 1972).
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Mentre, a partire dal secondo dopoguerra, le successive leve della rega drammatica hanno adattato le
proprie risorse culturali ed estetiche alle esigenze degli allestimenti operistici; dagli anni Ottanta ad oggi,
sono stati gli allestimenti lirici a ricondurre verso la cultura della rega interpretativa gli sviluppi del mondo
teatrale. Attualmente, il teatro dopera un contesto di rigenerazione conservativa dello spettacolo di
rappresentazione. Qui, infatti, artisti provvisti di competenze e sensibilit postdrammatiche4 (come Robert
Wilson, Trisha Brown o la Fura dels Baus) si confrontano con quella dialettica fra prima e seconda
creazione dalla quale si storicamente emancipato il fenomeno registico5.
Questa posizione strategica non dipende soltanto da fattori interni, come le strategie combinatorie dei
committenti istituzionali e gli spettacoli che ne risultano, ma, in modo anche pi determinante ed
essenziale, dalle diacronie storiche che distinguono le trasformazioni novecentesche degli allestimenti
operistici da quelle delle altre forme spettacolari. Mentre lopera ha strenuamente combinato, anche
incorrendo in terrificanti stridori estetici, il rispetto della partitura e il rinnovamento della performance, la
storia dello spettacolo si lasciata ben presto alle spalle lidea che levento scenico fosse rappresentazione
ancorch inventiva, critica e dialettica dun drammaturgia precedentemente formalizzata. Sicch lopera
funge oggi da contesto dincontro fra gli artefici di punta del teatro postdrammatico ed esigenze di tipo
rappresentativo, che, pur superate al livello dei concetti estetici e dei processi storici dellinnovazione, non
lo sono altrettanto a quello delle pratiche correnti e delle rigenerazioni spontanee sia drammatiche che
attoriali dellistinto mimetico e narrativo.
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quale lo si pu rinvenire in qualsiasi epoca storica a partire dai sussidi meccanici e visivi della tragedia greca,
ma la ricerca di linguaggi teatrali unitari e corrispondenti alle specificit dellopera drammatica.
Indagando il dramma da interprete critico oppure come alter ego scenico dellautore, il regista teatrale
ricava dalle proprie percezioni analitiche e intuitive criteri dallestimento che scombinano le tradizionali
autonomie delle funzioni spettacolari. La sua autorevolezza su attori, scenografi, musicisti e maestranze
tecniche non soltanto una questione di metodo ma poggia su salde fondamenta estetiche, discendendo
dallidea che lo spettacolo risulta dallorganica compenetrazione di tutti i suoi elementi ad opera dun
linguaggio unitario, che, come accade per lappunto nellopera di un singolo autore, si forma a partire
dallorganismo in fieri dellopera stessa. Organismo che, nel caso della rega, risulta dallimmediata e
intuitiva messa in relazione delle impressioni suscitate dal testo drammatico (o drammatico/musicale) con
le concrete componenti della realizzazione scenica: identit attoriali, spazi, volumi, materiali, luci. Quando
Adolphe Appia fra i padri fondatori della rega, il pi attento allelemento musicale dichiara che la
luce nelleconomia della rappresentazione ci che la musica nella partitura7, non segnala soltanto le
funzioni espressive recentemente acquisite dallilluminazione elettrica, ma indica come lorganicit in fieri
dellopera scenica la sua sostanza preformale consista nellambientazione del suono (wagneriano, per
Appia) in spazi mentali che reagiscono in senso visivo e cinetico ai suoi decorsi. Infatti, la luce, come la
musica, non pu esprimere nulla che non appartenga allintima essenza di ogni visione8.
In breve: la peculiarit essenziale dellinventiva registica consiste nellaver introiettato i mezzi della
realizzazione spettacolare fino a ricavare dalla loro interazione con gli elementi strutturali ed espressivi della
composizione drammatica il germe dun linguaggio sinestetico predisposto ad assorbire le resistenze e gli
apporti del concreto processo teatrale.
A partire dagli anni Cinquanta, lavvento del Nuovo Teatro, il fenomeno dei gruppi e i valori
autoreferenziali del postmoderno disgregano, per, le funzioni interpretative dellevento scenico e la
necessit di riferirsi a un dramma formalizzato da interpretare. Tadeusz Kantor, il Living, Grotowski,
Barba, Quartucci, Carmelo Bene e Leo de Berardinis, per non citare che alcuni precursori, declinano le
molteplici possibilit duna scrittura scenica che concepisce lo spettacolo in quanto creazione prima e
lavoro sul linguaggio9. Il segno teatrale, non pi dislocato sulle coordinate di lettura dispiegate dalla vicenda
drammatica, contrae significante e significato risolvendosi in addensamenti di presenza, mentre lopera
Adolphe Appia, La musica e la messa in scena (1894-1896), in Id., Attore musica e scena. Prefazione e cura di
Ferruccio Marotti, Milano, Feltrinelli, 1981, p. 139.
8
Ibidem.
9
Con scrittura scenica si intende un sistema di scrittura che coinvolge tutti gli elementi linguistici del teatro,
non solo quelli legati alla messa in scena ma anche lattore e la drammaturgia, cfr. Lorenzo Mango, La scrittura scenica.
Un codice e le sue pratiche nel teatro del Novecento, Roma, Bulzoni, 2003.
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scenica esplicita lesistenza di un livello del reale non mimeticamente riprodotto ma concreto ed effettivo,
che interagisce costantemente [] nella creazione teatrale stessa10. Come sintetizza Lorenzo Mango: Il
problema [dei nuovi registi] sembra essere da un lato coinvolgere sempre pi da vicino la pratica della scena
con lesperienza del vissuto, dallaltro disarticolare le forme della scena ed agire creativamente dentro e su
tale disarticolazione11.
Non perci, i diversi linguaggi dellinterpretazione e della scrittura scenica si sono stabilizzati lungo fasi
storiche distinte e livelli operativi incompatibili. Anzi, sia i primi che i secondi tendono a interagire a
riprodursi gli uni dagli altri dimostrando la fondamentale reversibilit delle svolte culturali e dei
superamenti linguistici. Non solo i padri fondatori della rega hanno evoluto, a partire dalla ricerca dun
linguaggio organico allopera drammatica, pratiche e nozioni riferibili alle modalit della scrittura scenica:
le improvvisazioni di Stanislavskij, la biomeccanica di Mejerchold, lopera darte vivente di Appia, la
supermarionetta di Craig. Non solo la stessa espressione scrittura scenica nata per definire la
compattezza semantica delle mise en scne di Bertolt Brecht12, e solo in un secondo momento, ripresa da
Giuseppe Bartolucci, si piegata a significare una teatralit extra-rappresentativa e sprovvista di riferimenti
testuali formalizzati13. Ma, specie dagli anni Ottanta che vedono il progressivo ritorno della parola sulle
scene dellinnovazione , si sono anche verificati movimenti di direzione contraria: dalla scrittura scenica
a un linguaggio mediato da esigenze interpretative. Gli spettacoli realizzati su testi drammatici e
drammatico/musicali da un maestro dellavanguardia come Robert Wilson, la mirabile trilogia testoriana
(Edipus, Cleopatrs, Due Lai) interpretata da Sandro Lombardi con la rega di Federico Tiezzi (entrambi
fondatori e cardini dei mitici Magazzini Criminali), i testi di Werner Schwab e Antonio Tarantino messi in
scena da Marco Martinelli reinvestendo lesperienza accumulata come drammaturgo/regista del Teatro
delle Albe, le esplorazioni della drammaturgia anglosassone (Martin Crimp, Tim Crouch, Mark Ravenhill)
condotte dallAccademia degli Artefatti (ensemble di riferimento per linnovazione degli anni Novanta),
mostrano che i linguaggi della rappresentazione e della scrittura scenica delineano, nonostante le diverse
connotazioni pragmatiche e culturali, artisticit fondamentalmente transitive.
Il teatro contemporaneo, forse perch non dilata al proprio esterno penetranti forme dinfluenza,
nemmeno presenta al proprio interno modalit culturali egemoni e significative distinzioni fra esperienze
Hans-Thies Lehmann, Segni teatrali del teatro post-drammatico, in Biblioteca Teatrale, aprile-dicembre 2005,
pp. 23-47: 43.
11
Lorenzo Mango, La scrittura scenica cit., p. 76.
12
Cfr. Lespressione criture scenique viene coniata dal regista Roger Planchon nel corso duna
conversazione registrata nel 1961 per spiegare la lezione brechtiana che individua nella rappresentazione due scritture
(testuale e scenica) contrassegnate da pari responsabilit creative, cfr. Emile Copfermann, Planchon, Lausanne, La
Cit, 1969, p. 123.
13
Cfr. Giuseppe Bartolucci, La scrittura scenica, Roma, Lerici, 1968.
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emergenti e pratiche superate o, come si diceva allepoca delle prime avanguardie novecentesche,
passatiste. Le movimentazioni che ne increspano i livelli e i settori corrispondono piuttosto alle pulsioni
dun sincretismo dinamico e capace di sorprese.
E il sincretismo il cui etimo rimanda alluso cretese di affidare lesercito a pi capi di pari autorit ben
sadatta alle strutture del teatro lirico, dove figurano due capi il direttore dorchestra e il regista
ognuno dei quali si rapporta a unopera prodotta da due autori il librettista e il compositore. Complessit
che riguarda da vicino le poetiche della realizzazione spettacolare. Luca Ronconi, in unimportante
conversazione pubblicata nel 1982, afferma che il suo interesse per lopera dipendeva proprio dalla
duplicit delle sue forme:
nel teatro dopera di testi ce ne sono due, e quindi c la possibilit di lavorare non insieme a un testo,
parallelamente a un testo, come succede spesso nel teatro scritto, ma addirittura negli scarti fra le due
notazioni del testo, che naturalmente ti dnno delle sollecitazioni spesso anche divergenti14.
Ai giorni nostri, questa peculiarit che custodisce i germi del teatro drammatico di tutti i tempi: il doppio
e lanfibologia si forse ulteriormente dilatata; non solo la forma operistica un crocicchio di
impostazioni e svolgimenti, ma anche il teatro dopera intreccia prassi ed esperienze dissimili: lesecuzione
musicale, le interpretazioni dei cantanti, larticolazione registica delle azioni, la traduzione visiva delle
musiche, loggettivazione dei riferimenti testuali, la decostruzione degli apparati didascalici.
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consuntive si sono imposte al livello degli ensemble e delle aggregazioni sociali; i filoni del postdrammatico
hanno sviluppato autonomi processi di rifondazione linguistica proseguendo le modalit della scrittura
scenica.
Di conseguenza, nel panorama dei teatranti fra i trenta e i quarantanni troviamo agguerriti e motivatissimi
autori drammatici (Stefano Massini, Letizia Russo, Fausto Paravidino, Mimmo Borrelli), narratori (Ascanio
Celestini, Davide Enia, Mario Perrotta), registe/drammaturghe come Emma Dante e Sabrina Petyx, oppure
teatri/immagine accomunati dal recupero dei media analogici (Santa Sangre, Pathosformel, Muta Imago,
Ortograph). Certo, fra le recenti leve teatrali vi sono anche registi-di-testi-drammatici, che, per, a
considerarne i percorsi, non appaiono il pi delle volte imparentati alle prassi della rega critica e
interpretativa bens a dinamiche di gruppo (Serena Sinigaglia), alla sperimentazione multimediale (Andrea
De Rosa) oppure ed forse questo uno dei dati pi significativo a competenze dattore/autore
(Vicenzo Pirrotta, Antonio Latella).
La rega, che, specie in Italia, s imposta in quanto antidoto allautonomia dei grandi interpreti cede ora il
passo proprio ad attori/registi che incardinano lo spettacolo al lavoro sulla parte. un percorso storico
ampiamente delineato. Dapprima, i grandissimi Carlo Cecchi e Leo de Berardinis, poi, Toni Servillo, Beppe
Rosso, Walter Malosti, Arturo Cirillo, Elena Bucci, Marco Sgrosso, Enzo Vetrano e Stefano Randisi
(artefici questi ultimi duna impressionante renaissance pirandelliana) sono testimoni non isolati delle capacit
di sconfinamento delle abilit attoriali.
Nei panorami che seguono lindebolimento della rega in quanto arte della rappresentazione15, il teatro
lirico occupa una posizione particolare e propria a lui solo. E cio si configura come una scuola
permanente di seconde creazioni. Al suo interno, la centralit dellesecuzione musicale trattiene infatti il
regista dal farsi pienamente autore, inquadrandolo in una situazione di continuo confronto con il dramma
formalizzato. Gi alla fine degli anni Settanta, Luca Ronconi riconosce come il teatro lirico si distingua per
il valore archetipo delle sue drammaturgie e lassoluto rilievo delle finalit rappresentative:
il teatro dopera conserva il suo carattere di rappresentazione molto di pi di quanto oggi non avvenga con
il teatro di prosa. Mi sembra che un Parsifal e un Trovatore siano sempre attesi come delle realt ad ogni
successiva presentazione, come se esistessero il Parsifal e il Trovatore universali in giro per il mondo, che
La storiografia teatrale tende a considerare ormai esaurito il momento propulsivo della rega. Se la regia
sorta osserva Alonge nel momento in cui lautore si fatto regista, il cerchio si chiude nel momento in cui il regista si
fa autore (Roberto Alonge, Il teatro dei registi, Roma-Bari, Laterza, 2006, p. 183). Secondo Mirella Schino, la rega in
quanto arte di svolta e proposta culturale attiva coincide invece con la nascita della rega; fenomeno che si compie
nei primi trentanni del Novecento rinnovando lestetica del teatro e fornendo agli artisti uno strumento per un
riscatto sociale e culturale, pi tardi persino etico e culturale ( Mirella Schino, La nascita della rega teatrale, Roma-Bari,
Laterza, 2003, p. V). Una volta esaurita la spinta propulsiva della nascita rimase la novit della rega come
interpretazione critica e invenzione scenica dautore (Ibidem).
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Le parole che seguono costituiscono un sorprendente e illuminante indizio delle trasformazioni attraversate
dal teatro italiano a partire dal secondo dopoguerra. Prosegue Ronconi:
qualche cosa che fino a venti, trentanni fa era in profondo contrasto con quello che invece adesso si
cominciato ad aspettarsi dal teatro di prosa e sbaglio dicendo teatro di prosa, perch dovrei dire
teatro senza musica17.
Se consideriamo che questo colloquio stato effettuato fra il gennaio del 1978 e il marzo del 1979, il
periodo di venti, trentanni fa, in cui il pubblico del teatro di prosa non si aspettava ancora di venire
illuminato circa la verit drammatica del testo, corrisponderebbe agli anni Quaranta e Cinquanta: una fase
storica in cui la riforma registica ancora agli inizi e gli spettatori vanno a teatro per vedere le prestazioni
dei grandi interpreti e delle compagnie di rango. Poi, il moltiplicarsi di spettacoli critici e analitici
rinvigorisce linteresse per il testo darte rendendo attuale il dibattito sui suoi contenuti e la sua identit
formale, sicch le scelte dei registi si risolvono nella rinascita scenica di tutta una serie di autori: Ruzante,
Goldoni, Pirandello, Brecht, Shakespeare e gli elisabettiani, Checov Con gli anni Settanta, il declino della
rega critica in quanto emergenza catalizzatrice e il contemporaneo radicarsi delle possibilit del Nuovo
Teatro, riportano per le istanze rappresentative della prosa al di sotto del carattere di rappresentazione che
connota permanentemente il teatro lirico.
I trentanni passati dal colloquio fra Ronconi e Franco Quadri confermano lesistenza dun doppio
diagramma storico: mentre il teatro senza musica non contempla, conquista e supera il concetto di
spettacolo in quanto rappresentazione duna forma artistica in esso contenuta, quello operistico ribadisce e
declina nel tempo lesigenza di confronti dialettici, empatici e di mediazione fra il regista e il dramma
musicale. Questa sua funzione, tuttaltro che epigonale e puramente conservativa, arricchisce le conoscenze
e le esperienze degli artisti scenici; determina incontri, innesti e risultanze; rilancia il pensiero di maestri
attenti, come Appia e Craig, alle ricadute performative del suono musicale; contrae in elaborati progettuali
le tipologie inventive del processo teatrale; forma, insomma, nuovi artefici di seconde creazioni, fra cui, a
partire dagli anni Ottanta, registi innovatori specialmente dediti allallestimento di opere liriche. Peter
Sellars, nonostante le molteplici iniziative teatrali, acquista notoriet internazionale grazie alle riletture in
chiave contemporanea delle opere mozartiane: Don Giovanni, Cos fan tutte, Le nozze di figaro. Il canadese
Robert Carsen, dopo aver studiato recitazione presso la Boston Old Vic Theatre School e partecipato come
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aiuto regista agli allestimenti lirici dei festival di Spoleto e Glyndebourne, debutta con la Salom (Opra de
Lyon, 1990) e, generalmente apprezzato per i felici approdi musicali delle sue narrazioni parallele, spopola
nei principali teatri dEuropa e dAmerica dove affronta con appassionato e onnivoro eclettismo Richard
Strauss, Verdi, Wagner, Poulenc, Boito, Rossini, Hendel, Dvorak, Bellini. Janacek... In Italia, si affermano
in quanto registi lirici Daniele Abbado (dal 2003 anche direttore artistico della Fondazione i Teatri di
Reggio Emilia), Paolo Miccich e Damiano Michieletto. Va inoltre segnalato il ruolo di apripista svolto da
Piero Faggioni, che, dopo aver oscillato fra prosa, cinema e allestimenti operistici, si dedica quasi
interamente a questultima attivit dal 1969, firmando pi di 120 produzioni e imponendosi come il regista
italiano con pi continuit operativa nei teatri stranieri18.
Il fenomeno dunque in atto: il teatro dopera contemporaneo suscita autori di seconde creazioni con
ritmo ed esiti qualitativi decisamente concorrenziali rispetto al contiguo teatro di prosa, i cui ricambi
generazionali sono stati storicamente impoveriti dal prepotente richiamo delle esperienze davanguardia.
Vediamo, ora, di ricostruire i rapporti fra rega teatrale e rega lirica che hanno accompagnato
ladeguamento della progettualit operistica al modello del festival, dilatando le possibilit dapplicazione
degli artisti teatrali e facendo del teatro dopera un contesto di rappresentazione culturalmente aggiornato.
Cfr. Selina Cremese, Piero Faggioni e il teatro dopera, fra tradizione, regia critica e formazione del cantante/attore, Tesi
di Laurea in D.A.M.S., relatore Prof. Gerardo Guccini, Universit degli Studi di Bologna, Facolt di Lettere e
Filosofia, Anno accademico 2006-07, anche nel sito www.tesionline.com/intl/thesis.jsp?idt=26783
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Il passaggio dagli spazi della drammaturgia alla drammaturgia degli spazi esaminato in Marco De
Marinis, In cerca dellattore. Un bilancio del Novecento teatrale, Roma, Bulzoni, 2000, pp. 33-38.
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Naturalmente, occorre distinguere il profilo della rega lirica applicata alle opere del passato da quello della
rega lirica applicata alle nuove produzioni. E cio, alle forme in divenire del nuovo teatro musicale20.
Mentre queste ultime rientrano a pieno titolo nei flussi della spettacolarit contemporanea, le rege delle
opere storiche adattano al teatro lirico le innovazioni che non vi si sono prodotte. Scrive, nel 1977, Guy
Verriest:
unopera lirica non unopera completamente unopera chiusa (nel senso che Umberto Eco d a
questespressione) e cio determinata una volta per tutte da coloro che lhanno concepita, ma anche
unopera aperta suscettibile di diverse interpretazioni da parte del direttore dorchestra, dei cantanti, del
regista, che non pu daltra parte ignorare tutte le rivoluzioni che la mise en scne ha conosciuto dallinizio
di questo secolo21.
Il tema enunciato con chiarezza: le rivoluzioni dello spettacolo, filtrate dalla rega lirica, si risolvono in
strumenti dinterpretazione scenica, che alimentano i meccanismi produttivi dellopera confermandone la
stabilit di grande e solenne artigianato.
Per un teatro mondano e superbamente attrezzato quale il teatro dopera, lesigenza di riferirsi ad artisti
scaturiti da pratiche spettacolari rappresentative delle trasformazioni storiche e del costume, , ancor pi
che lesito di particolari strategie dinnovazione, la naturale conseguenza del proprio status sociale e
culturale. Sarebbe infatti impensabile che proprio la forma spettacolare pi costosa del nostro sistema
teatrale, non usufruisse delle possibilit dispiegate dagli sviluppi estetici e tecnologici dei linguaggi
performativi per ripiegare sulla ripresa dei modelli originari.
Daltra parte, le risorse della performance, venendo applicate al teatro dopera, non possono certo intaccare
il suo fattore primario lesecuzione del dramma musicale che impone la salvaguardia e lesecuzione
fedele delle partiture storiche.
La conservazione del patrimonio musicale e lapertura alle manifestazioni spettacolari del mondo
contemporaneo, sono entrambe esigenze comprensibili quanto inevitabili. Non di meno, la loro
applicazione ha prodotto un teatro particolarissimo, del quale, va affermato con chiarezza, non esiste
lequivalente in nessuna epoca e civilizzazione: Un teatro in cui linterpretazione musicale e lo spettacolo
convivono come eventi distinti, che esprimono ciascuno diverse civilt teatrali e si rapportano secondo
modalit che includono tanto il controcanto scenico al libretto (lestetica del contropelo22, come la
Una sintetica rassegna delle esperienze nate allincrocio fra invenzione registica e composizione musicale
in Sandro Cappelletto, Inventare la scena: regia e teatro dopera, in Storia del teatro moderno e contemporaneo. Diretta da Roberto
Alonge e Guido Davico Bonino, III, Avanguardie e utopie del teatro. Il novecento, Torino, Einaudi, 2001, pp. 1199-1217.
21
Guy Verriest, Esthtique et dfense de lart lyrique, La Revue Musicale, 1977, n. 300, p. 77.
22
Cit. in Daniele Martino, La messa in scena tra routine e invenzione, in Alberto Basso (a cura di), Il Teatro Regio di
Torino 1740-1990. Larcano incanto, Milano, Electa, 1991, p. 732. Commentando lespressione di Mila, che riconosce
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chiamava Massimo Mila) che la possibilit di compiute sintesi estetiche. In questi ultimi anni, inoltre,
interpretazione musicale e spettacolo hanno delineato traiettorie decisamente opposte, dimostrando che la
duplicit del teatro operistico non riguarda soltanto la concezione dellevento ma anche gli sviluppi delle
sue funzioni rappresentative e musicali. Osserva Paolo Gallarati:
Da un lato la regia operistica ha acquistato sempre maggiore autonomia []. Daltro canto, lesecuzione
musicale ha preso la direzione opposta, di una fedelt sempre pi rigorosa alla partitura []. Quindi, da
un lato si tende a un massimo di libert, dallaltro a un massimo di fedelt e di rigore filologico23.
Il paragone con le forme apparentemente vicine del teatro di prosa, che si fonda anchesso su un connubio
fra elementi storicamente differenziati (il testo e gli interpreti), conferma lunicit dellopera. Il dramma
scritto infatti un organismo infinitamente pi adattabile, duttile e ricettivo che non la partitura24, sicch la
rega teatrale, che ne guida i ritorni al presente, un fenomeno immerso nella Storia della quale riflette gli
sviluppi al punto di poterne venire superato o ridotto, mentre la rega lirica, fenomeno derivato e frutto di
commissione, tende a iterare una stessa funzione equilibratrice. Entrambe, per, discendono da una stessa
tipologia di trasformazioni storiche che, a partire dal secondo Ottocento, hanno riformulato o sostituito le
modalit e le strutture del teatro.
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incuneavano le une nelle altre, suscitando reciproche invasioni di campo dal versante dello spettacolo verso
quello della composizione drammatica, che teneva conto del sistema dei ruoli, dei singoli interpreti e del
contesto teatrale, ma anche dal versante della composizione drammatica verso quello dello spettacolo
poich, com noto, autori, compositori e i librettisti avevano spesso lobbligo di concertare le scene e
istruire gli interpreti25.
La rega intesa sia come nuovo mestiere che come teatro allo stato dinvenzione si storicamente
innestata allampliarsi delle competenze di chi (metteur en scne, capocomico, librettista o autore) coordinava
linsieme spettacolare. Tuttavia, legemonia scenica e culturale del nuovo fenomeno presuppone
trasformazioni pi radicali, di cui questi fermenti protoregistici non sono la principale sostanza ma
significativo indizio. Mi riferisco al disgregarsi dei sistemi tradizionali che avevano a lungo sospesa la ricerca
di linguaggi scenici originali e organici al testo inscenato.
Il teatro dimpresa e quello di compagnia, concependo lopera drammatica come trasposizione metaforica
dei suoi destinatari scenici e copione funzionale alla rappresentazione, non prevedevano, infatti, lazione di
mediatori culturali scenicamente inventivi. Piuttosto, le competenze formali degli autori venivano integrate
(oppure affiancate) da specializzazioni composite che riguardavano il recitare, le scene, gli effetti, i
movimenti, le attrezzature, le coreografie eccetera26.
La crisi dellintegrazione fra composizione e allestimento ha cominciato a delinearsi col recupero dei
drammi del passato e col prodursi di drammaturgie realistiche o dinvenzione non uniformate secondo
prospettive convenzionali e di genere. Sia gli uni che le altre hanno infatti presentato alle maestranze
sceniche opere risultanti da processi di composizione affatto disgregati (perch desueti, letterari o
sperimentali) da quelli diffusamente praticati. A partire da questi mutamenti, i drammi e la nuova
drammaturgia musicale (ovvio il riferimento a Wagner) hanno perso linclinazione a incardinarsi in modo
naturale e spontaneo alle pratiche teatrali, le quali, non trovando riflesse le proprie componenti strutturali e
umane nelle opere formali, si sono convertite, da destinatarie dellautore, in dispositivi dinterpretazione
scenica.
Finch il teatro dellautore e il teatro delle compagnie o delle imprese hanno condiviso le stesse
convenzioni, gli stessi riferimenti, gli stessi modelli e le stesse finalit, la composizione e lallestimento sono
state fasi dun stessa arcata produttiva che delegava il progetto dello spettacolo al testo stesso riservando,
ampi margini di autonomia creativa ai singoli attori e, nel caso dellopera, alle complementari giurisdizioni
Cfr. Gerardo Guccini, Direzione scenica e rega, in Lorenzo Bianconi - Giorgio Pestelli (a cura di), Storia
dellopera italiana, V, La spettacolarit, Torino, EDT/Musica, 1988, pp. 125-174.
26
Sulla nozione di specializzazione composita cfr. Gerardo Guccini, I due Mefistofele di Boito: drammaturgie e
figurazioni, in William Ashbrook - Gerardo Guccini, Mefistofele di Arrigo Boito, Milano, Ricordi, 1998, pp. 147-318,
con particolare riferimento al cap. Specializzazioni composite e regia, pp. 199-202.
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estetiche degli scenografi, dei costumisti, dei coreografi e dei metteur en scne, che potevano intervenire sui
movimenti delle masse, sui quadri dinsieme, sul coordinamento ritmico dei gruppi scenici e sugli effetti
speciali (tempeste, albe, incendi, esplosioni, battaglie).
Nel teatro di prosa, la disgregazione di queste unit processuali ha favorito lemergere del fenomeno
registico, mentre, nel teatro lirico, stata risarcita dallintervento di registi formatisi, dapprima, sulle scene
drammatiche e, poi, in ambito sperimentale. Di conseguenza, la rega, vista dallopera, costituisce un
sistema culturale importato e, in certa misura, colonizzatore. Il che non ha impedito il prodursi di profili
artistici corrispondenti alle esigenze dello spettacolo operistico.
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la disomogeneit delle formazioni che frammenta la realizzazione fonica delle architetture testuali,
Si tratta di elementi che, da un lato, infirmano lidentit interpretativa del regista e il persistere della prima
creazione nella seconda, mentre, dallaltro, corrispondono al contemporaneo proliferare di scritture
sceniche e drammaturgie consuntive30 cucite addosso ai performer coinvolti nel percorso compositivo.
Anche limitandoci agli ambiti teatrali, la parola regista sottende una variet di applicazioni che
saccordano solo parzialmente alle specificit storiche della rega, prassi che nasce e si precisa in quanto
messa in vita di livelli referenziali precedentemente formalizzati e persistenti nellattuazione scenica.
Producendo grandi spettacoli tecnologicamente e linguisticamente aggiornati e conservando al contempo
lintegrit delle partiture drammatico/musicali, il teatro dopera costituisce dunque un naturale induttore di
rega drammatica. Filtrate dalle sue strutture, si sono convertite a questa pratica esperienze di rega
cinematografica, di scrittura scenica, di drammaturgia collettiva e di coreografia.
Herzog, Greenaway, Bob Wilson, Christopher Marthaler, la Fura dels Baus, Bejart, Trisha Brown, Lepage,
per non fare che alcuni nomi, si sono impegnati nel campo della rega lirica sondando le sovrapposizioni e
le incompatibilit fra i propri campi dazione e le seconde creazioni commissionate dai teatri dopera. Ne
sono risultati percorsi interessati alle opere desuete o al rinnovamento dei classici, linguaggi differenziati
(improntati alladattamento delle poetiche personali o alla ricerca di sintesi inventive nel solco di Appia) e,
per quanto lo possano consentire gli scarsi tempi di prova, processi di scrittura scenica che conducono i
modi del rappresentare verso esiti diversi dalla pura e semplice rappresentazione: trasfigurazion[i] del
luogo, dello spazio e delle persone31.
Cfr. Hans-Thies Lehmann, Postdramatisches Theater, Frankfurt am Main, Verlag der Autoren, 1999, solo alcuni
brani di questimportante studio sono stati tradotti in Italiano: Id., Segni teatrali del teatro post-drammatico cit.
30
Le nozioni di drammaturgia consuntiva e preventiva indicano due distinte modalit di composizione: la
prima ricava il testo connettento consuntivamente il materiale verbale emerso dalle prove con gli attori, la seconda
previene progettualmente gli esiti scenici ponendosi a priori come norma dello spettacolo. Cfr. Siro Ferrone,
Drammaturgia e ruoli teatrali, in Il castello di Elsinore, 1988, n. 3, pp. 87-94.
31
Vale la pena riportare le osservazioni di Salvatore Sciarrino sulla rega di Trisha Brown per la sua opera Da
gelo a gelo (Opra National di Parigi, maggio 2007): Trisha lavora molto in quipe, e non esalta soltanto il lato
coreografico della messinscena. attenza alle mie indicazioni, ai processi che io scateno con le mie partiture, e ha
una sua concezione operistica e drammaturgica interessante. sempre capace di innestare il meccanismo del teatro,
quella caratteristica oscillazione tra rappresentazione e trasfigurazione del luogo, dello spazio e delle persone. (Cit. in
Ermanno Romanelli, Freddo e crudele il teatro dellamore, Il giornale della musica, a. XXII, n. 226, maggio 2006, p. 12).
Sulle rege dopera della coreografa cfr. Rossella Mazzaglia, Trisha Brown, Palermo, LEPOS, 2007, pp. 140-152.
29
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Negli anni Cinquanta, laggiornamento dello spettacolo lirico stato soprattutto suscitato dallinserimento
di registi di grande fama (folgoranti e discussi gli allestimenti di Visconti con Maria Callas protagonista),
mentre, ai nostri giorni, assorbe multiformi esperienze della contemporaneit adattandole ai formati della
rega. Nuove leve si stanno infatti formando, misurandosi con lespansione visiva e spaziale del suono
drammatico. Penso, in particolare, a Daniele Abbado e Paolo Miccich, che conciliano con linnovazione
multimediale le connaturate funzioni critiche e interpretative della seconda creazione. Oppure al regista
Damiano Michieletto e allo scenografo Paolo Fantin (poco pi di sessantanni in due) che, partiti dalla
lezione di Gabriele Vacis32, rappresentano sia nuove composizioni (come Jakie O di Michael Daugherty,
Feestival di Lugo, 2008) che opere di tradizione (Rossini, Mozart, Donizetti, Gounod) narrandone, da un
lato, le verit emozionali, dallaltro, i ludici riscontri con il mondo contemporaneo.
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un terreno di sperimentazione in cui innestare al primo dramma le risorse della teatralit postdrammatica,
non hanno bisogno di manifestare la propria identit con innovazioni forzate: inserimenti provocatori e
sistematiche sostituzioni di ambienti, gesti, figurazioni. Nei loro avvicinamenti allopera, gli elementi
innovativi (e cio non prima affrontati) non scaturiscono dal programmatico intento di pervenire a versioni
spettacolari mai prima viste ma dallesigenza di rapportarsi al dramma musicale scoprendo al suo interno le
chiavi di accesso alla concretezza scenica.
Esaminiamo ora alcuni significativi esempi di poetiche registiche applicate allopera.
Federico Tiezzi sintetizza in due movimenti essenziali il lavoro della rega lirica. In primo luogo, si tratta di
incardinare gli attori/cantanti a unarchitettura dinamica di elementi dedotti dal dramma musicale:
Un cantante deve avere poche indicazioni, ma a fuoco, una partitura di movimenti nello spazio, di gesti,
di intenzioni recitative che lo ancorino al palcoscenico, gli diano una struttura matematica equivalente a
quella musicale, alla quale appoggiarsi. [] proprio perch mi trovavo a utilizzare come attori dei
cantanti: mi trovavo a creare una architettura dinamica attraverso elementi che non erano stati decisi da
me []. Dovevo portare il cantate a farsi testo e musica in movimento, trasformarlo in
recitazione37.
Larchitettura dei percorsi recitativi non basta per a comporre linsieme spettacolare, che si completa
integrandoli a uno spazio emotivo. Esplicito, al proposito, il riferimento a Gordon Craig:
[la] definizione di spazio emotivo [] non mia ma di Gordon Craig, il pi grande regista della prima
met del 900, che ha vissuto a lungo a Firenze e che ho studiato a fondo: lo spazio deve essere in grado
di mutarsi a vista, al pari di un volto umano, per esprimere la continuit della trasformazione dei
personaggi e delle emozioni. Anche in questa Norma lo spazio muta e muove dinamicamente seguendo
la situazione drammatica. Non una questione di creare unimmagine. O almeno non solo. necessit
registica di compenetrarsi alla musica attraverso quegli elementi che sono propri alla scena38.
Analoghe le concezioni di Daniele Abbado che, parlando della sua prima rega lirica Cos fan tutte (1995) ,
incomincia col ricordare la rivelazione del recitativo mozartiano, dove bisogna dare limpressione che tutto
sia naturale come nel parlato, e poi si diffonde sulla drammaturgia degli spazi, la cui attuazione gli ha
consentito di investire in ambito operistico le conquiste e le intuizioni delle esperienze precedenti, dal
lavoro di assistente con Piero Faggioni regista lirico che gli insegna limportanza delle luci e il primato
della recitazione alle collaborazioni con Studio Azzurro, Luca Scarzella e Moni Ovadia:
stato l, in quella occasione [allestendo Cos fan tutte] che [] credo di avere imparato il Progetto del
teatro e di uno spettacolo intanto come progetto di uno spazio. Questa la cosa pi importante, lo
37
38
Ivi, p. 65.
Ibidem.
1
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vedo ancora adesso: quando vado a fare una produzione nuova: se c una intuizione che bisogna
sempre avere molto attenta, molto fresca lintuizione dello spazio.
Quando uno spazio giusto lo si sente dal primo momento, si sente fin dalle prove se lo si
progettato in modo giusto. Anzi, di pi: lo si deve capire dal primo modellino. E questo aiuta
tantissimo. Lo spazio seleziona, in modo positivo e in modo negativo.
E allora, questo spazio come deve essere? Deve essere uno spazio essenziale, uno spazio che non abbia
niente di superfluo dal punto di vista descrittivo, dal punto di vista di qualsiasi tipo di naturalismo pi o
meno facile. Perch apparentemente pi facile progettare uno spazio naturalistico, invece lo spazio
proprio il primo elemento di una drammaturgia, io credo. Forse questo gi da tempo un discorso
fuori dalla storia. Si fa del naturalismo, oggi? Ne saremmo capaci ? O forse per naturalistico si intende
semplicemente il pensiero teatrale pi generico? Istintivamente generico, vale a dire il livello minimo di
cultura teatrale? [] lo spazio drammaturgico deve contenere, a livello materico e narrativo - a livello
fisico - lindispensabile.
Tutto ci che non materialmente, matericamente, indispensabile pu essere raccontato in altro modo,
in modo pi leggero; e pi leggeri sono la recitazione stessa, i personaggi, i costumi. E possono esserlo,
quando servono, delle proiezioni, ad esempio.
Questo aiuta a togliere peso e a lasciare solo i pesi indispensabili: non so se chiaro, non mi
facilissimo formulare questo. Trovare una strada che conduca la materia a trasfigurarsi, a farsi carico
della spiritualit39.
Parlando dello spazio come duna fisionomia umana o duna materia trasfigurata che assorbe ed integra le
architetture leggere delle azioni e delle immagini, Tiezzi e Abbado descrivono poeticamente operazioni
estremamente precise e concrete. Il compito essenziale della rega lirica consiste infatti nel realizzare in
termini sensibili lintegrazione fra lazione del canto e la musica: luna esplica in forme stilizzate o realistiche il
bios del cantante/personaggio; laltra oscilla fra diversi referenti espressivi: espansioni affettive, dilatazioni
sonore della psiche (del personaggio o del compositore stesso) e auree situazionali, che intercettano il soffio
vitale fra le identit e gli elementi impersonali del dramma. Vale a dire, la zo nellevento40. Teatralmente, il
Intervista di Augusto Faggioli a Daniele Abbado, il testo, rivisto dal regista, tuttora inedito. Archivio
personale di Gerardo Guccini.
40
Ricavo da Marco Martinelli lidea di rapportare le declinazioni sceniche del suono alle nozioni di vita
elaborate dalla cultura greca. Dice questo nostro regista/drammaturgo: Cos che passa attraverso i linguaggi? I greci
usavano due parole per dire vita: usavano bios e zo. Bios la mia vita, la tua vita, la vita particolare di un
essere: un orologio a tempo, c una data in cui si spezzer. Ed la morte che la traccia. Zo invece non la vita
mia o di quel gatto o di quella pianta, ma la vita infinita, quella che non muore mai []. Cos che passa quando
noi, al bar, vediamo due persone che litigano? Se noi le guardiamo e siamo catturati da questo teatro della
quotidianeit, perch c un insieme di parole, atteggiamenti, sguardi, insomma sono attori splendidi quelli che
stanno litigando al bar, e non lo sanno. Che cos che passa fra di loro? La zo, la vita che si d una forma. E
questo il teatro. (Gerardo Guccini, Il pellegrinaggio continua. Conversazione con Marco Martinelli, in Prove di
Drammaturgia, n. 2/98, p. 21). Commentando la nozione wagneriana di silenzio sonoro, Carl Dahlhaus precisa
concetti di drammaturgia musicale che includono implicitamente la presenza della zoe nellaccezione indicata da
Martinelli. La parola scenica scrive lo studioso illumina di colpo la situazione: ma viceversa soltanto la situazione
d al discorso verbale quellevidenza e quasi fisica intensit che lo trasforma in parola scenica. La luce che la parola
getta sulla situazione il corrispettivo del potenziamento che la situazione imprime alla parola. (Carl Dalhaus,
Drammaturgia dellopera italiana, in Storia dellopera italiana, a cura di Lorenzo Bianconi e Giorgio Pestelli, VI, Teorie e
tecniche, immagini e fantasmi, Torino, EDT/Musica, 1988, pp. 77-162: 104). La forma musicale delle parole sceniche
ha dunque per oggetto situazioni che evidenziano la vita intorno e fra i personaggi e non esclusivamente, com
tipico dellopera, la vita emozionale dei personaggi. Nellestetica drammatica di Dalhaus la situazione definisce, per
39
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lavoro registico sul bios del cantate/personaggio si concreta nellimpostazione attoriale e interpretativa,
mentre quello sul dramma musicale richiede la costituzione di un contesto di svolgimento reattivo, che
consenta di mettere in scena la musica41 riflettendo e modulando performativamente le oscillazioni
espressive del suono.
Daniel Baremboin dice che il regista a differenza del direttore [dorchestra] non ha una partitura ma solo
una storia42. Probabilmente, le possibilit e le gradazioni della rega lirica sono interamente implicate nei
modi in cui il regista compone le narrazioni sottoposte alla sue facolt inventive. Durante le prima riforma
registica, Visconti, Strehler e Zeffirelli non intervengono sulla vicenda rappresentata bens sulla
rappresentazione della vicenda, che modellano attraverso la gestione e lintreccio dei mezzi spettacolari: gli
ambienti vengono stilizzati, trasposti depoca oppure riferiti alle scenografie originarie; la recitazione si fa
naturalista, di dettaglio, oppure ritrova le misure della pantomima e i valore espressivi dellimmobilit; i
segni scenici punteggiano lo spettacolo evidenziando di concerto con la musica il senso di una storia che
non ne viene comunque sostituita. Con Luca Ronconi che costituisce leffettivo momento di passaggio
fra le radicate modalit della rega critica43 e la contemporanea narrativit registica le cose cambiano: lo
spettacolo prende infatti a rappresentare pi storie coesistenti che riguardano i contesti delle vicende
drammatiche e quelli delle loro elaborazioni artistiche, le strutture del libretto e la realizzazione espressiva
del compositore, gli orizzonti dattesa del pubblico contemporaneo e di quello storico, i valori simbolici
dellopera in s e quelli della sua rilettura contemporanea. Cos, nel Faust di Gounod (Bologna, Teatro
Comunale, 1975), a grandi architetture mobili da autos sacramentales succede latmosfera postribolare e lo
stile secondo impero del sabba, mentre nel Nabucco (Firenze, Teatro Comunale, 1977) grandi quadri di
gusto risorgimentale mettono in scena la retorica della borghesia ottocentesca, concretamente presente
come spettatrice delle vicenda biblica.
La rega lirica contemporanea radicalizza queste scelte considerando lopera come un deposito di elementi
drammatici svolti ed assopiti, ricavabili, cio, come analogie con il mondo contemporaneo oppure
implicati, allusi, presenti in potenza: lo straziante onirismo del Don Quichotte di Faggioni (Teatro Regio di
cos dire, un campo despressione liminare, che include la psiche del personaggio e la vita esterna che lattraversa
connettendola anche alloscura assolutezza del suo stesso destino. Si veda, ad esempio, questaltra applicazione
del termine: Che poi affetti eterogenei si esprimano con melodie eguali o simili viene a dire, nel concertato dell'Otello
come in quello del Lohengrin, che sotto le reazioni disparate ed opposte de singoli personaggi v, in una strato pi
profondo, la coscienza comune dessere irretiti in una situazione inestricabile e senza scampo. (Ivi, p. 103, il corsivo
mio).
41
Josef Svoboda, I segreti dello spazio teatrale, Milano, Ubulibri, 1997, p. 65. Scrive il grande scenografo: I
libretti, spesso confusionari, non avevano pi motivo di pesare sulla regia, e il materiale per la scenografia lo trovavo
direttamente nella musica, alla quale mi avvicinai con timidezza e rispetto. (Ibidem)
42
Daniel Baremboin nel sito http://delteatro.it/news/2009-12/carmen-i-commenti-a-caldo.php
43
Sulla rega critica cfr. Claudio Meldolesi, Fondamenti del teatro italiano: la generazione dei registi, Firenze,
Sansoni, 1984.
1
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Torino, stagione 2002-2003), la duplicit gemellare di Don Giovanni nella realizzazione di Sellars (film per
la TV, 1990), lopprimente predominio del potere economico nella Salom di Carsen (Teatro Regio di
Torino, 2008), il nero mondo mediterraneo della Carmen di Emma Dante. Sicch lo spettacolo registico
non interpreta lopera rappresentandone la storia ma mettendo in scena una narrazione integrata e di
secondo grado, che, nei casi pi organici e artisticamente riusciti, avvalora proprio la musica dalla quale
ricava le proprie tematiche e linee di svolgimento senza passare dalla mediazione librettistica. Il regista,
come dice Baremboin, ha solo la storia; la gestione creativa di tale elemento basta per a scompaginare la
successione progetto testuale/composizione/allestimento, e a impostare in sua vece unaltra modalit
processuale, dove, fra partitura e spettacolo, si aggiunge per cos dire un libretto non scritto che sviluppa
narrativamente le impressioni suscitate dallascolto del dramma musicato.
La ragion dessere della storia registica si manifesta a mio parere non tanto nelle qualit delloriginalit e
della sorpresa, ma nel rendere nuovamente necessaria la musica, di cui lo spettacolo contemporaneo pu
maggiormente assumere e far propri gli impulsi fondamentali a governare il bios del cantante/personaggio, a
dilatare la dimensione psichica in forme sensibili e a evidenziare lenergia vitale che scorre fra le presenze
sceniche. Compiti, questi ultimi, che mal sadattano a una concezione illustrativa dellambiente
scenografico. Anche per questo, le rege fondate sulle funzioni generative dello spazio individuano filoni
particolarmente organici allesigenza duna rinnovata integrazione fra musica e teatro. I loro artefici sono
soprattutto registi/scenografi (Svoboda, Jean Pierre Ponnelle, Pier Luigi Pizzi, Hugo de Ana), registi/artisti
figurativi (Robert Wilson e PierAlli) e registi/artisti multimediali come Daniele Abbado e Paolo Miccich.
Daltra parte, a testimoniare la contraddittoria variet dopzioni che anima le scene liriche, proprio
linnovazione forzata e la sistematica decostruzione delle drammaturgie originarie sono alla base del
cosiddetto Regietheater, recente neologismo che salda i termini regie e theater e, in Germania, viene soprattutto
applicato agli spettacoli operistici, indicando la sostituzione delle modalit rappresentative tradizionali con
performance intenzionalmente provocatorie e, proprio perci, ancor pi meccaniche e soggette a
schematismi degli allestimenti di routine. I direttori dorchestra e il pubblico dei melomani rigettano le
soluzioni radicali espresse da questa tendenza. Ma non si tratta solo di loro. Il celebre regista wagneriano
Peter Konwitschny nega infatti dappartenere al Regietheatre con la motivazione che i suoi spettacoli non
sono arbitrari, non cercano effetti gratuiti, ma tornano alle radici della pice sfrondando la giungla delle
tradizioni interpretative. Dice:
Io non mi considero un rappresentante del Regietheater. Spesso questi registi presentano ununica idea,
come per esempio mettere in scena Rigoletto in una piscina vuota o in un mattatoio. Queste idee non
sono coerentemente esplorate e seguite fino in fondo, e nella maggior parte dei casi i cantanti stanno
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fianco a fianco sulla scena come se non ci fosse rapporto fra di loro, come nelle rappresentazioni
convenzionali44.
Se pensiamo al coro di api che, nel Nabucco allestito da Hans Neuenfels alla Deutche Oper di Berlino
(febbraio 2008), accompagna la cabaletta di Abigaille (Salgo gi del trono aurato) facendo oscillare
spropositati addomi imbottiti, oppure ai coristi denudati e mascherati da Topolino che agiscono nel Ballo in
maschera firmato da Johan Kesnik per lopera di Erfurt (2008), la presa di distanza di Konwitschny appare
comprensibile.
Rispetto alle interazioni storiche, culturali ed estetiche che ho qui tentato di delineare, gli aspetti
scandalistici del Regietheater costituiscono, ancor pi che una contraddizione, una parodia. Insomma: tanto
vero che il teatro dopera una sede privilegiata della rega, che i registi che vi operano, qualora non
facciano corrispondere adeguati processi di ricerca alle responsabilit del loro ruolo, esibiscono, s,
unevidente autonomia autorale, ma come storpiata, ridicolizzata, capovolta. Si infatti parlato, a proposito
del Regietheater, di eurotrash, tentando di spiegarne gli allestimenti dissociati con una sorta dostilit
edipica del regista nei riguardi del librettista e del compositore45.
Mi sembra dunque doveroso e storiograficamente necessario distinguere dalle innovazioni artificiose e
forzate la ricerca di nuovi nessi generativi fra musica, dramma e spettacolo. Questa anima i percorsi degli
artisti teatrali, suscitando leve di registi lirici nelle quali non eccessivo riconoscere una manifestazione
della peculiarit dellinnovazione teatrale, che ha continuativamente coltivato fra le proprie direttive di
sviluppo i rapporti fra la musica e le dinamiche della performance. significativo che gi nel 1987, ben
prima quindi di dedicarsi alla rega lirica con la Norma allestita per il Petruzzelli di Bari (1991), Federico
Tiezzi assimili la composizione scenica a quella musicale:
Quando si allestisce uno spettacolo, il processo di creazione molto simile a quello musicale. Cos, ci
sono leit-motiv e ritornelli, pause e silenzi e intervalli ritmici, il mio sogno uno spettacolo che
permetta una notazione musicale (o matematica, il che la stessa cosa), in modo che il testo, lattore, il
suono e lo spazio possano essere tenuti insieme allinterno di una trama armoniosa, arrangiata in motivi
che si intrecciano fra di loro46.
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Lassociazione predominante per quanto non esclusiva dellespressione Regietheater agli allestimenti
operistici non corrisponde a definizioni concettuali, ma viene empiricamente supportata dal fatto che, in
altre forme teatrali, legemonia del regista o data per scontata e non risulta allora significativa duna
metodologia contrapposta ad altre o viene sostituita da diverse tipologie di artefice. Lorigine del
fenomeno viene individuata negli spettacoli di Wieland Wagner47, che, assunta nel 1951 la direzione artistica
di Bayreuth, rinnov la dimensione spettacolare del repertorio wagneriano mettendo in atto le idee e i
principi di Adolphe Appia. Si tratta duna generica datazione post quem, che rispecchia laccezione usuale
dellespressione Regietheater che, nonostante il recente moltiplicarsi degli studi48, indica lassoluta autonomia
del regista senza implicare i percorsi storici e le peculiarit culturali della rega. Su questi aspetti la
storiografia italiana ha invece impiantato un articolato dibattito. Da un lato, Umberto Artioli, Roberto
Alonge e Franco Perrelli hanno indagato il lento costituirsi della rega in quanto sistema dallestimento e
professione darte a partire dagli sviluppi dello spettacolo ottocentesco49; dallaltro, Mirella Schino,
riprendendo limpostazione storiografica di Ferruccio Marotti che rifletteva a sua volta la lucida visione
anticipatrice dun padre fondatore come Gordon Craig, ha messo laccento sul rapido prodursi della rega
in quanto azione di rottura e rifondazione culturale50.
Fra le pieghe del dibattito sono affiorati contributi sulla rega lirica. Paolo Gallarati ha dedicato al Don
Giovanni allestito da Peter Brook una densa analisi che rileva limportanza delle prove con gli attori nella
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costituzione delle azioni e delle immagini, spesso imperniate allutilizzo di semplici strumenti51. Mentre un
mio articolo ha rintracciato nel teatro di Albert Carr, metteur en scne celeberrimo fra Otto e Novecento e
autore di storici allestimenti pucciniani, innovazioni riconducibili al naturalismo del Thtre Libre di
Antoine52, che Carr stesso, nellautobiografia, elenca fra i modelli dellOpra Comique da lui diretta.
Scrive, pensandosi nella storia del teatro:
Mon intention tait dtre, lOpra Comique, non seulement le directeur effectif mais aussi lanimateur
dont la responsabilit tait totale, comme on pu ltre dans leurs thtres Sarah Bernhardt, Antoine,
Gmier, Berstein, Guitry et, aujourdhui, les Jouvet, Copeau, Baty, Rocher, etc.53.
Moltissimo resta da fare per diramare le prospettive individuate dalla storiografia teatrale nei diversi
contesti dellopera e della rega lirica. Tuttavia, concludendo questo contributo con un suggerimento, che
anche un modo per indicare plausibili evoluzioni, vorrei segnalare lopportunit di sviluppare i confronti fra
le problematiche registiche e le conoscenze storiche sul teatro musicale. Non si tratta di distillare principi o
tanto meno sistemi, ma di confortare con linee analitiche sorvegliate e ricettive i percorsi dei nostri artisti
scenici e musicali, che, nellet dei post (postmoderno, postdrammatico, postregistico, postnovecentesco),
non si confrontano pi, allestendo opere, con modelli di spettacolo culturalmente egemoni, bens con
quellimprescindibile relazione fra la musica e le dimensioni del vivente da cui scaturita la stessa forma
dramma.
51
52
53
Cfr. Paolo Gallarati, Mimesi e astrazione nella regia del teatro musicale cit.
Cfr. Gerardo Guccini, La linea Meininger, Antoine, Carr, in Prove di Drammaturgia, n. 2/2007, pp. 26-28.
Albert Carr, Souvenirs de thtre, Paris, Plon, 1950, p. 221.
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