Lo Zarathustra Di Nietzsche
Lo Zarathustra Di Nietzsche
Lo Zarathustra Di Nietzsche
Nietzsche
Di Francesco Cardone
1. Introduzione.
Il cos parl Zarathustra indubbiamente lopera pi ricca e complessa che Nietzsche
abbia mai scritto. Ci troviamo di fronte ad unopera che gi per il suo stile crea delle
grandi difficolt. Essa infatti si presenta sia come un grande poema sia come una grande
[1]
opera filosofica. Tantissimi autorevoli filosofi hanno speso centinaia di pagine su
questopera, sviluppando interpretazioni spesso assai distanti tra loro, che ovviamente
non indicano lincoerenza dellopera di Nietzsche, ma semmai lenorme ricchezza che
questo testo porta con s, una ricchezza che non si lascia imbrigliare in ununica tesi
interpretativa, lasciando aperta la strada per infinite altre interpretazioni.
I temi che questo testo affronta sono le vie portanti dellintero pensiero di Nietzsche: la
dottrina del superuomo, La volont di potenza e leterno ritorno. Ma questi temi non
sono affrontati da Nietzsche mediante una sintassi filosofica, o con i consueti aforismi,
[2]
come nelle opere precedenti, qui ci troviamo di fronte ad un nuovo testo . Un testo
che fa suo sia il rigore del discorso filosofico sia la proliferazione semantica del testo
poetico, nel senso che i grandi temi del pensiero di Nietzsche sono per cos dire sciolti
in un tessuto poetico di grande impatto, fatte di visioni che mostrano lo strato profondo
del suo discorso filosofico. Questo significa per che il linguaggio poetico non
semplicemente labito che Nietzsche sceglie per esporre i suo argomenti filosofici,
questi argomenti sono un tuttuno con le visioni poetiche, sono per cos dire la carne di
[3]
questi temi. Esporre ad esempio il tema delleterno ritorno mediante una visione
enigmatica non per Nietzsche una scelta secondaria, ma una necessit che inerisce lo
stesso significato del tema, la visione cio un tuttuno con il senso delleterno ritorno.
Unermeneutica dellopera di Nietzsche richiede quindi questa premessa, in cui cio
forma e contenuto vengano ascoltati come un unicum. Questo unicum mostra il
tramonto dellOccidente e laurora di una nuova dimensione delluomo. Pars destruens
e pars construens sono qui intimamente inanellati, e si incarnano in visioni
straordinariamente significative.
Il nostro intento sar quindi il rilievo di questo movimento di affrancamento delluomo
dalla sua tradizione e, ad un tempo, lannuncio di una nuova aurora, che si mostra per
cenni enigmatici, rilevando come tutto il pensiero di Nietzsche ruoti attorno al pensiero
abissale dello Zarathustra: leterno ritorno delluguale.
3. Le tre metamorfosi.
La grande metamorfosi in realt tripartita, il ponte verso il superuomo pone tre grandi
mutamenti, senza i quali e il superuomo e la dottrina delleterno ritorno come anche la
volont di potenza non potrebbero essere chiariti.
Le tre metamorfosi dello spirito sono quella in cui lo spirito diventa cammello, e il
[29]
cammello leone, e infine il leone fanciullo .
Lo spirito cammello caratterizzato dalla capacit di portare su di s i pesi pi gravosi,
lo spirito della sopportazione, del dovere. Che cosa gravoso? Domanda lo spirito
[30]
paziente e piega le ginocchia, come il cammello, e vuol essere ben caricato . Il peso
che questo spirito sopporta compiaciuto, il peso della trascendenza, dellidealismo.
Questo spirito rifiuta compiti facili, vuole essere sottoposto sempre a compiti gravosi, e
vuole ubbidire a molti. In ultima analisi lo spirito-cammello vuole il suo dovere, vuole
il peso che appunto la categoria del dovere implica. Tutta la sua volont concentrata
[31]
sul dictat io devo . In questa prima metamorfosi la categoria del volere tutta
immersa in quella del dovere.
Ora, si detto che laffrancamento della volont dallo spirito di vendetta si ottiene
mediante queste tre metamorfosi. quindi paradossale che questo affrancamento debba
iniziare mediante questa prima metamorfosi, che appunto pi che affrancare attanaglia la
volont, la lega ad una servit gravissima. Forse Nietzsche ci vuole dire che la via del
superuomo una via estrema, una via che necessita di vivere la sofferenza al suo
massimo livello. Solo se cio luomo assume su di s il peso pi grande della sofferenza
del dovere, pu affrancarsi da questultimo. Questa liberazione pi accadere solo
quando luomo raggiunge nel deserto la sua pi profonda solitudine: ma l dove il
deserto pi solitario avviene la seconda metamorfosi: qui lo spirito diventa leone, egli
[32]
vuol come preda la sua libert ed essere signore nel proprio deserto . Se la prima
metamorfosi porta al massimo grado il peso della morale, con la seconda metamorfosi
si ha il capovolgimento. La tensione perci massima, in quanto lo spirito-leone
capovolge completamente lo stato in cui si trovava precedentemente, negando
completamente tutta la morale, il peso appunto che nello spirito-cammello rappresentava
il senso della sua esistenza. Ed infatti in questa nuova metamorfosi lo spirito-leone vede
nel dovere il suo ultimo nemico: Qui cerca il suo ultimo signore: il nemico di lui e del
suo ultimo dio vuol egli diventare, con il grande drago vuol egli combattere per la
vittoria. Chi il grande drago, che lo spirito non vuol pi chiamare signore e dio? Tu
[33]
devi si chiama il grande drago. Ma lo spirito del leone dice io voglio . Ecco
quindi il nocciolo essenziale della metamorfosi, io devo diventa io voglio, e di
conseguenza il pi grande nemico diventa il dovere, simbolicamente raffigurato
mediante limmagine del drago. Il drago quindi limmagine della morale, del
trascendente, che attanagliano lo spirito, e lo lega a questo mostro: tu devi gli sbarra
il cammino, un rettile dalle squame scintillanti come loro, e su ogni squama splende a
lettere doro tu devi!. Valori millenari rilucono su queste squame e cos parla il pi
possente dei draghi: tutti i valori delle cose risplendono su di me. Tutti i valori
sono gi stati creati, e io sono ogni valore creato. In verit non ha da essere pi alcun
[34]
io voglio! . Il drago mostra come la volont impotente, sancisce il divieto di
creare. Lo spirito-cammello infatti colui che incapace di creare, tutto il peso che egli
porta su di se impedisce alla sua volont di esser libera di produrre nuovi valori, tutti i
valori sono gia stati creati, egli pu solo sottomettersi a tali valori. Il tu devi
corrisponde quindi al cos fu dello spirito di vendetta. Solo uno spirito affrancato da
tale peso pu porsi nella disposizione di creare nuovi valori.
Latto creativo per non ancora compiuto. Lo spirito-leone non ancora in grado di
creare: creare valori nuovi di ci il leone non ancora capace: ma crearsi la libert
[35]
per una nuova creazione di questo capace la potenza del leone . La libert del
leone libert da, non libert di, egli per cos dire si rende libero per latto creativo,
ma non per compierlo. Crearsi la libert e un no sacro anche verso il dovere: per
[36]
questo fratelli, necessario il leone . Commenta in tal senso Fink: questa libert
del leone, che dice No, che rifiuta Dio, la morale oggettiva e la cosa metafisica in s, e le
intuisce come illusioni di una alienazione idealistica, non la libert radicale: essa
[37]
soltanto una libert negativa, libert da, non libert di . certamente un passo
essenziale nellaffrancamento della volont dai tentacoli della morale metafisica, ma non
definitivo. Lo spirito-leone in primo luogo spirito combattivo, spirito che attua un forte
attacco nei confronti del drago, eppure proprio questa tensione ad impedire lultimo
passo, quello della volont creatrice. La volont per creare ha bisogno dellinnocenza
del fanciullo: Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in
grado di fare? Perch il leone rapace deve anche diventare fanciullo? Innocenza il
fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto,
[38]
un sacro dire s . Il frammento 52 di Eraclito dice
, il tempo un fanciullo che gioca con le tessere di una scacchiera,
di un fanciullo il regno. indubbio la grande vicinanza del fanciullo di Nietzsche con
quello di Eraclito. Questo viene confermato dal passo successivo di Nietzsche: S, per
il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire s: ora lo spirito vuole la sua
[39]
volont, il perduto per il mondo conquista per s il suo mondo . importante
notare come linnocenza del fanciullo sia perfettamente compiuta nel significato della
parola gioco, che rileva come la volont pienamente affrancata crea perch gioca.
Bisogna subito dire che il gioco qui non qualcosa di ludico, non un affare per cos
dire leggero. Il gioco qualcosa di estremamente serio, indica che la volont pu creare
liberamente nuovi valori, una nuova configurazione del mondo, perch si immette nella
stessa innocenza del divenire, che appunto crea e distrugge senza perch.
lerompere del caos dionisiaco: bisogna avere ancora un caos dentro di s per
[40]
partorire una stella danzante . Il fanciullo tutto questo: in quanto volont
innocente, anche volont creatrice; in quanto creatrice, un nuovo inizio; ed ancora, in
quanto questo nuovo inizio affrancato dai lacci del cos fu, una ruota ruotante da
sola. Il fanciullo simbolicamente il compimento del superuomo e con esso laprirsi
delleterno ritorno delluguale. indubbio che nel parallelo tra la sentenza di Eraclito e il
fanciullo di Nietzsche ci sono anche delle differenze; in particolare per ci che riguarda
la volont, che nel pensiero di Eraclito sembra assente. La volont infatti un concetto
moderno, connesso alla figura del soggetto; solo che, appunto, il pensiero di Nietzsche
mette in crisi la figura del soggetto, dellindividuo. Il soggetto, a sua volta, il risultato
del pensiero metafisico, e quindi di ci di cui Nietzsche vuole sbarazzarsi. Il fanciullo
nietzschiano si pone in opposizione assoluta rispetto al soggetto moderno, e, la sua
volont, confrontata alla volont del soggetto, non-volont, non nel senso che non ha
volont, ma nel senso che questa volont affrancata dal peso della tradizione
metafisica: libera di essere, e non di dover essere (conforme alla tradizione) o di
voler essere (in contrapposizione alla tradizione, ma essendo in contrapposizione
ancora non completamente libera per creare).
La volont creatrice ed il fanciullo sono la medesima cosa. Il che ci porta al terzo dictat:
io sono. In questo io sono si comprende linnocenza della volont creatrice, del
fanciullo che giocando fa-mondo, porta allo schiudimento nuove configurazioni del
mondo, fondendosi con esso. Se infatti nella prospettiva moderna la volont del
soggetto produce la sua opera, rimanendone per separato, nel fanciullo si ha una sorta
di corto circuito tra volont creatrice ed opera. Nella dimensione cosmologica del
divenire, il fanciullo quella volont che coerente con linnocenza del flusso
diveniente, ed proprio grazie a questa compiuta adesione al divenire cosmico che il
fanciullo pu a sua volta creare, partecipare al divenire dionisiaco.
Le tre metamorfosi possono essere cos sintetizzate: io devo, io voglio, io sono.
Il super-uomo la via che compie questa triplice metamorfosi.
5. La volont di potenza.
Se la prima parte del Cos parl Zarathustra sostanzialmente dedicato allannuncio
del superuomo e della morte di dio, che come si visto rappresentano un unico
movimento; la seconda parte accenna ad un altro tema fondamentale del pensiero di
Nietzsche: la volont di potenza. Bisogna per chiarire che questo tema non il nucleo
essenziale intorno a cui gira questa seconda parte. Esso infatti verr veramente
affrontato solo nelle opere successive allo Zarathustra. Infatti, questo tema, come
ancor di pi leterno ritorno, non viene mostrato mediante una esposizione rigorosa, ma
per simboli, per cenni; questo anche perch un pensiero che voglia veramente
affrancarsi dalla tradizione, non pu parlare mediante il linguaggio della metafisica, deve
in un certo qual modo crearne un altro, un linguaggio che il gregge considera folle, ed
quello che Nietzsche tenta di fare nello Zarathustra.
La volont di potenza la medesima volont creatrice, quella appunto che vuole creare
nuovi mondi, nuove configurazioni dellessente, ma, come si ripetutamente visto,
questa volont pu adempiere il suo compito, solo se si affranca dal giogo del
trascendente; colui che crea, infatti, sarebbe limitato, circoscritto se esistessero gli di, il
suo creare sarebbe pieno di divieti, istruzioni, ordini: se vi fossero degli di, come
[60]
potrei sopportare di non essere dio! Dunque non vi sono di . Si noti che qui la
non esistenza di dio non viene dimostrata medianti argomenti di ordine metafisico, ma
semplicemente perch dio impedisce alluomo di compiere la sua essenza, fin quando
dio tiene nel suo giogo luomo, questultimo non potr liberare la sua volont creatrice,
il suo scopo ultimo. La volont veramente affrancata quella che non parla pi mediante
simboli dellEterno, dellUno, dellImperituro: invece i migliori simboli debbono
parlare del tempo e del divenire: una lode essi debbono essere e una giustificazione di
[61]
tutto quanto perituro! . La volont creatrice, per sua stessa natura, coerente con
il divenire, quale processo di produzione-distruzione dellente, anzi la sua pi nobile
espressione: il superuomo il senso della terra. Commenta in tal senso Fink: il
tempo reale, della cui esistenza non si pu non tener conto, che non si pu mai
oltrepassare, landare e il venire delle cose, il mutamento continuo, limpetuoso e
sibilante passare di tutto ci che perituro, questo soltanto la via del creatore; egli ha
la sua patria ventosa nel terreno e nel passeggero; il suo creare stesso costruire e
distruggere, progettare mete finite e superarle; il creatore, che soltanto con la morte di
Dio conquista la sua estrema libert e apre a se stesso la terra, sta espressamente e
[62]
volontariamente nel tempo, accetta la caducit e, con ci, la sua propria fine . Lo
ber-mensch esprime un continuo autosuperamento di s, ma questo possibile solo
se luomo vive completamente la propria finitezza, come anche la finitezza di tutto
lente. Il suo superamento sempre superamento di qualcosa di finito, egli continua a
costruire sopra di s, distruggendo ci che era, e cercando ci che non ancora. La
finitezza qui non pi il germe dellangoscia che luomo cerca di curare con il farmaco
delleterno, ma lo spazio esistenziale a partire dal quale la volont libera di creare. Il
suo creare in primo luogo un giocare con il tempo cosmico diveniente, ed il fanciullo
che pu compiere questo gioco: il tempo un fanciullo che gioca con le tessere di una
scacchiera, di un fanciullo il regno.
La volont creatrice, creando il proprio mondo, crea conoscenza: Anche nel
conoscere io sento solo la mia volont che gode di generare e di divenire; e se nella mia
[63]
conoscenza innocenza, ci accade perch in esse volont di generare . Al di l
del pensiero delleterno, del trascendente, la conoscenza pi essere solo frutto della
volont di colui che crea, perch essa stessa non altro che il senso dellunica realt
che per Nietzsche tutto domina: il divenire.
Il rapporto tra la volont di potenza e il divenire come motore di ogni atto creativo
affrontato da Nietzsche nel brano Della vittoria su se stessi. Vediamo in breve i
contenuti di questo brano.
Colui che crea, crea il proprio mondo, d quindi forma a tutto lessere con il proprio
pensiero: Volont di rendere pensabile tutto lessere: cos chiamo io la vostra
[64]
volont! . Tutto lessere deve anche adattarsi e piegarsi a voi! Cos vuole la vostra
volont. levigato deve diventare e soggetto alla spirito, come suo specchio e immagine
[65]
riflessa . In un aforisma della fine del 1886 Nietzsche afferma: Imprimere al
[66]
divenire il carattere dellessere questa la suprema volont di potenza . Si
comprende quindi che la volont creatrice, la volont di potenza, in primo luogo la
volont di operare attivamente al divenire dellente, essere demiurgo dellente. Questo
per non vale solo per luomo affrancato dalla tradizione, ma proprio questultima
crea i propri valori perch mossa da questa forza primigenia: Sul fiume del divenire
avete posto la vostra volont e i vostri valori; ci che dal popolo viene creduto bene e
[67]
male si tradisce a me come unantica volont di potenza . questo un punto
essenziale del pensiero di Nietzsche, egli afferma che tutto mosso dalla volont di
potenza, anche tutta la tradizione occidentale, anche il cosiddetto gregge, in ultima
analisi volont di potenza. Il punto semmai comprendere fino in fondo questo
principio ancestrale. I valori che indicano cosa sia bene e cosa sia male, sono frutti
di questa volont, ma la tradizione interpreta male la genesi di questi valori, perch li
rapporta ad un principio trascendente, che cio sta al di l del divenire. La metafisica
platonico-cristiana afferma che il bene emanazione dellente supremo, non
certamente un modo con cui la volont di potenza crea una nuova configurazione del
mondo. Ecco, allora, la grandezza del pensiero di Nietzsche, quello di mostrare la
volont di potenza nella sua terribile purezza, al di l del bene e del male; questo
al di l il vero al di qua del mondo, della terra che crea e distrugge se stessa senza
alcun principio metafisico, ma come semplice autosuperamento di s, come volont di
potenza: Non il fiume, saggissimi, il vostro pericolo e la fine del vostro bene e male:
[68]
bens quella volont stessa, la volont di potenza, linesausta volont della vita .
Vediamo adesso come si struttura la vita in termini di volont di potenza.
In primo luogo Zarathustra nota che ogni essere vivente tende allobbedienza, ogni
[69]
essere vivente un essere che obbedisce , ma anche chi comanda comanda a
colui che non sa obbedire a se stesso. Lessere vivente, o come schiavo o come
signore, tende sempre allobbedienza. Ma cosa rende possibile questa primordiale
tendenza dellessere vivente? Ogni volta che ho trovato un essere vivente, ho anche
trovato la volont di potenza; e anche nella volont di colui che serve ho trovato la
volont di essere padrone. Il debole indotto dalla sua volont a servire il forte, volendo
[70]
egli dominare su ci che ancora pi debole . Ogni essere vivente in primo luogo
mosso dalla volont di potenza, questo vale non solo per il forte, ma anche per il debole
che, mettendosi sotto la protezione servile del forte, vuole, a sua volta, dominare chi
pi debole di lui. importante anche notare che chi massimamente si dedica al
comando, con eguale grandezza arrischia se stesso, mette in pericolo la sua vita, per
amore della potenza: questa la dedizione del pi grande: temerit e pericolo, e un
[71]
giuoco di dadi con la morte . Il pericolo supremo di colui che mette in gioco se
stesso e cos si autosupera; insomma lautosuperamento a rendere la volont di
potenza in pericolo. Ma, come si detto, la vita stessa ad essere volont di potenza,
e quindi sempre in bilico: la vita stessa mi ha confidato questo segreto. Vedi, disse, io
[72]
sono il continuo, necessario superamento di me stessa . Quanto pi luomo si
approssima, al di l del bene e del male, a questa forza vitale, tanto pi egli deve
arrischiarsi. La tendenza della vita per Nietzsche non quella della sua preservazione, ma
dellautosuperamento. Essa sacrifica se stessa per qualcosa di pi grande. Non c
insomma nessuna volont di esistere: ci che non , non pu non volere; ma ci che
[73]
nellesistenza, come potrebbe ancora volere lesistenza! . Ed ancora: solo dove
[74]
vita, anche volont: ma non volont di vita, bensvolont di potenza! .
Come la stessa vita, colui che crea immola se stesso per qualcosa di superiore, bisogna
insomma essere dei distruttori se si vuole creare qualcosa di nuovo: E vada pure in
frantumi tutto quanto pu andare in frantumi per le vostre verit! Vi sono ancora case da
[75]
costruire! .
Si vede da tutto ci come la volont di potenza e lautosuperamento dello ber-mensch
siano un tuttuno; lo bermensch il senso della terra, perch questultima si manifesta
come continuo superamento di s; la volont di potenza la tensione cosmica del
divenire. Il nesso tra volont di potenza e il tempo diveniente quindi evidente: la
volont di potenza pu svolgersi solo nel tempo, e proprio nel tempo della finitezza,
altrimenti non potrebbe superare gli stadi finiti del divenire.
Il punto essenziale adesso da comprendere se questo autosuperamento sia infinito, se
cio i momenti finiti del tempo, continuamente superati, siano infiniti; se insomma il
tempo diveniente sia una linea ascendente infinita. quindi a partire da questo problema
che si instaura il pensiero delleterno ritorno delluguale. questo pensiero il pensiero
abissale di Zarathustra, che non viene espresso in modo rigoroso ma solo per cenni,
per immagini, per enigmi. Nel brano finale della seconda parte e che introduce il tema
portante della terza parte, Lora senza voce, Zarathustra atterrito da una voce invisibile
che gli chiede di pronunciare le parole del suo pensiero abissale: Tu lo sai, Zarathustra,
[76]
ma non lo dici! . Lora senza voce chiede a Zarathustra di pronunciare il suo
pensiero, ma egli non riesce a farlo: Ah, vorrei certo, ma come posso! Risparmiami
[77]
almeno questo! Ci al di sopra delle mie forze! . E la senza voce gli risponde:
[78]
Che importa di te, Zarathustra! D la tua parola e infrangi te stesso! . Si
comprende da queste poche battute quanto sia difficile per Zarathustra compiere
questultimo passo. Egli non si sente pronto per questo gravoso compito. Ed infatti
lora senza voce gli dice: bisogna ancora che tu diventi un fanciullo e senza
vergogna. Su te pesa ancora lorgoglio della giovinezza, sei diventato giovane tardi: ma
[79]
chi vuol diventare un fanciullo, deve superare anche la giovinezza . Il pensiero
delleterno ritorno richiede ancora un ulteriore superamento, quello che porta al
fanciullo, della ruota rotante da sola.
8. Bibliografia.
Opere:
Niezsche, Cos parl Zarathustra, ed. Adelphi, Milano 2000;
Niezsche, La volont di potenza, ed. Bompiani, Milano 1992.
Letteratura critica:
Fink E., La filosofia di Nietzsche, ed. Marsilio, Venezia 1973;
Heidegger M., Nietzsche, ed. Adelphi, Milano 1985;
Heidegger M., Saggio e discorsi, ed. Mursia, Milano 1991;
Deleuze G., Nietzsche e la filosofia, ed. Einaudi, Milano 1992.
[1]
Per uno studio essenziale sul Cos parl Zarathustra cfr.: M. Heidegger, Nietzsche, ed. Adelphi, Milano 1985; M.
Heidegger, Chi lo Zarathustra di Nietzsche, in Saggi e discorsi, ed. Mursia, Milano 1991; E. Fink, La filosofia di
Nietzsche, Ed. Marsilio, Venezia 1963; K. Lwith, Nietzsche e leterno ritorno, ed Laterza, Bari 1998; G. Deleuze, Nietzsche e
la filosofia, ed. Einaudi, Milano 1992.
[2]
E. Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 66: Lopera che porta il titolo Cos parl Zarathustra gia difficile da
classificare per quanto riguarda la sua forma. Essa si sottrae a classificazioni facili, troppo facili. Che cos? una filosofia
in veste di poesia, o una poesia che filosofeggia, una profezia religiosa o pseudo-religiosa oppure una visione del mondo
ricca di pathos? Si tratta di sentenze derivate dalla profondit del pensiero oppure di farse pazzesche, saturnali dello spirito?
un nuovo mito oppure unautoidealizzazione nietschiana?...Forse, un pensare che cerca di allontanarsi dai sentieri
tradizionali dellidea dellessere metafisica in un certo senso vicino al poetare; forse, lo stile dello Zarathustra
nietzschiano rappresenta il profondo imbarazzo, concettualmente non risolubile, di un pensiero ancora accecato dalla luce di
un nuovo principio dellessere.
[3]
Nietzsche, Cos parl Zarathustra, ed. Adelphi, Milano 2000, pp. 181-186.
[4]
E. Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 69.
[5]
Heidegger, Saggi e discorsi, cit., p. 66.
[6]
Ibidem.
[7]
Cos parl Zarathustra, cit, p. 253-4. Dora in poi CpZ.
[8]
Heidegger, Saggi e discorsi, cit., p. 67.
[9]
Nietzsche, La volont di potenza, ed. Bompiani, Milano 1992, p. 561: E sapete cosa per me il mondo? devo
mostrarvelo nel mio specchio? Questo mondo un mostro di forza, senza principio, senza fine, una quantit di energia fissa
e bronzea, che non diventa n pi grande n pi piccola, che non si consuma, ma solo si trasforma, che nella sua totalit
una grandezza invariabile, uneconomia senza profitti n perdite, ma anche senza incremento, senza entrate, circondata dal
nulla, come dal suo limite; non svanisce n si sperpera, non infinitamente esteso, ma inserito come unenergia
determinata in uno spazio determinato, e non in uno spazio che in qualche punto sia vuoto, ma che dappertutto pieno di
forze, un gioco di forze, di onde di energia che insieme uno e molteplice, di forze che qui si accumulano e l diminuiscono,
un mare di forze che fluiscono e di agitano in se stesse, in eterna trasformazione, che scorrono in eterno a ritroso, un mondo
che ritorna in anni incalcolabili, il perpetuo fluttuare delle sue forze, in evoluzione dalle pi semplici alle pi complesse; un
mondo che da ci che pi calmo, rigido, freddo, trapassa in ci che pi ardente, selvaggio, contraddittorio, e poi
dallabbondanza torna di nuovo alla semplicit, dal gioco delle contraddizioni torna al gusto dellarmonia e afferma se
stesso anche nelluguaglianza delle sue vie e dei suoi anni, e benedice se stesso come ci che deve eternamente tornare,
come un divenire che non conosce n saziet, n disgusto, n stanchezza. Questo mio mondo dionisiaco che si crea
eternamente, che distrugge eternamente se stesso, questo mondo misterioso di volont ancipiti, questo mio al di l del
bene e del male, senza scopo, a meno che non si trovi uno scopo nella felicit del circolo senza volont, a meno che un
anello non dimostri buona volont verso di s per questo mondo volete un nome? Una soluzione per tutti i suoi enigmi?
Una luce anche per voi, i pi nascosti, i pi forti, i pi impavidi, o uomini della mezzanotte? Questo mondo la volont di
potenza e nientaltro! E anche voi siete questa volont di potenza e nientaltro!.
[10]
Heidegger, Saggi e discorsi, cit., p. 67.
[11]
CpZ, p. 5.
[12]
Ibidem, p. 259.
[13]
CpZ, p. 18.
[14]
Ibidem, 259.
[15]
Heidegger, Saggi e discorsi, cit., p. 69.
[16]
CpZ, p. 8.
[17]
Heidegger, Saggi e discorsi, cit., p. 69.
[18]
Ibidem, p. 70.
[19]
Ibidem, p. 71.
[20]
CpZ. p. 261.
[21]
Ibidem, p. 111.
[22]
Ibidem, p. 163.
[23]
Heidegger, Saggi e discorsi, cit., p. 73.
[24]
Ibidem, p. 74.
[25]
CpZ, p. 163.
[26]
Heidegger, Saggi e discorsi, cit., p. 77.
[27]
CpZ, p. 164.
[28]
Ibidem, p. 4.
[29]
CpZ, p. 23.
[30]
Ibidem.
[31]
Crf. E. Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 76.
[32]
CpZ, pp. 23-24.
[33]
Ibidem.
[34]
Ibidem.
[35]
Ibidem.
[36]
Ibidem.
[37]
E. Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 76.
[38]
CpZ, p. 25.
[39]
Ibidem.
[40]
Ibidem, p. 10.
[41]
CpZ, p. 6.
[42]
Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 73.
[43]
CpZ, p. 8.
[44]
Ibidem, p. 67.
[45]
Ibidem.
[46]
Ibidem.
[47]
il tema della quarta parte del CpZ, quello dedicato agli uomini superiori.
[48]
Ibidem.
[49]
Ibidem.
[50]
Ibidem, p. 70.
[51]
Ibidem.
[52]
Ibidem, p. 83.
[53]
Ibidem.
[54]
Ibidem.
[55]
Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 79.
[56]
CpZ, p. 84.
[57]
Ibidem, p. 85.
[58]
Ibidem.
[59]
Ibidem, p. 88.
[60]
Ibidem, p. 95.
[61]
Ibidem.
[62]
Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 81.
[63]
CpZ, p. 96.
[64]
Ibidem, p. 129.
[65]
Ibidem.
[66]
Nietzsche, La volont di potenza, cit., p. 337.
[67]
CpZ, p. 129.
[68]
Ibidem.
[69]
Ibidem, p. 130.
[70]
Ibidem.
[71]
Ibidem, p. 131.
[72]
Ibidem.
[73]
Ibidem, p. 132.
[74]
Ibidem.
[75]
Ibidem.
[76]
Ibidem, p. 170.
[77]
Ibidem, p. 171.
[78]
Ibidem.
[79]
Ibidem, p. 172.
[80]
Ibidem, p. 181.
[81]
Ibidem.
[82]
Ibidem, p. 182.
[83]
Ibidem.
[84]
Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 92.
[85]
CpZ, p. 183.
[86]
Ibidem.
[87]
Ibidem.
[88]
Ibidem.
[89]
Ibidem.
[90]
Ibidem, p. 184.
[91]
Ibidem.
[92]
Heidegger, Nietzsche, cit., p. 249.
[93]
CpZ, p. 184.
[94]
Ibidem.
[95]
Ibidem.
[96]
Ibidem.
[97]
Ibidem.
[98]
Ibidem.
[99]
Ibidem.
[100]
Ibidem, p. 185.
[101]
Ibidem.
[102]
Ibidem.
[103]
Ibidem, p. 186.
[104]
Nietzsche, La volont di potenza, cit., p. 337.
[105]
Deleuze, Nietzsche e la filosofia, cit., pp. 72-73.
[106]
Ibidem, p. 75.
[107]
CpZ, p. 191.
[108]
Ibidem, p. 193.
[109]
Ibidem, p. 203.
[110]
Ibidem, p. 206.
[111]
Ibidem, p. 222.
[112]
Ibidem, p. 226.
[113]
Ibidem.
[114]
Ibidem, p. 227.
[115]
Ibidem.
[116]
Ibidem, p. 245.
[117]
Ibidem, p. 253.
[118]
Ibidem, p. 254.
[119]
Ibidem, p. 255.
[120]
Ibidem, pp. 255-256.
[121]
Ibidem.
[122]
Ibidem, p. 259.
[123]
Cfr. Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 110.
[124]
CpZ, p. 261.
[125]
Ibidem.
[126]
Ibidem.
[127]
Ibidem.
[128]
Ibidem.
[129]
Ibidem.
[130]
Ibidem.
[131]
Ibidem.
[132]
Fink, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 124.
[133]
CpZ, p. 344.
[134]
Ibidem, p. 382.
[135]
Ibidem.
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