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GUIDA ALLA

VALUTAZIONE

LISTING GUIDES
GUIDA ALLA VALUTAZIONE
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GUIDA ALLA
VALUTAZIONE

LISTING GUIDES
© aprile 2004 Borsa Italiana
Tutti i diritti riservati

Ai sensi della legge sui diritti d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione della
presente pubblicazione o di parte di essa con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, tramite
fotocopie, microfilm, registrazioni o altro, in tutti i Paesi.

Prima edizione: aprile 2004

La Guida è disponibile sul sito Internet di Borsa Italiana: www.borsaitaliana.it


GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Ai lavori hanno partecipato

Mario Massari (Università L. Bocconi - Milano)

BORSA ITALIANA (Nunzio Visciano, Massimiliano Lagreca)

GOLDMAN SACHS INTERNATIONAL (Francesco Mele)

JPMORGAN (Stefano Bellavita, Stefano Cera, Danilo Rippa)

Ha contribuito alla redazione del paragrafo sul metodo EVA®:

ASSI - Ambrosetti Stern Stewart Italia (Filippo Peschiera, Emiliano Spaltro)

Ha inoltre partecipato, con utili indicazioni e approfondimenti:

Franco Carlo Papa (Presidente AIAF)

Funzionari della Consob esperti nelle materie discusse hanno partecipato ai lavori

come osservatori offrendo un valido contributo alle discussioni.


GUIDA ALLA VALUTAZIONE

indice

PREFAZIONE pag. 7

1. I PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONE AZIENDALE pag. 10


1.1. Definizione di valutazione pag. 10
1.2. Obiettivo della valutazione pag. 11
1.3. Alcune considerazioni sull’utilizzo dei principali metodi
di valutazione aziendale pag. 14
1.3.1. Metodo dell’attualizzazione dei flussi di cassa
futuri (DCF) pag. 14
1.3.2. Metodo dei multipli di mercato pag. 28
1.3.3. EVA® - Economic Value Added pag. 37
1.4. La valutazione delle aziende multibusiness pag. 40

2. LA VALUTAZIONE D’AZIENDA IN ALCUNI SETTORI


SPECIFICI pag. 42
2.1. Banche pag. 42
2.2. Assicurazioni pag. 44
2.3. Società di trasporto aereo pag. 44
2.4. Società immobiliari pag. 45
2.5. Società Power ed Energy pag. 46
2.6. Società TMT pag. 47
2.7. Società biotecnologiche pag. 47

3. IL PROCESSO DI VALUTAZIONE AI FINI DELLA


QUOTAZIONE IN BORSA pag. 48
3.1. La valutazione di un’azienda coinvolta in un processo di IPO pag. 49
3.1.1. Le fasi del processo pag. 50
3.1.2. I soggetti coinvolti pag. 53
3.2. La struttura del Documento di Valutazione pag. 53
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

PREFAZIONE

La Listing Guide dedicata alla valutazione delle aziende ha alcune caratteristiche


che la distinguono dagli altri testi che trattano l’argomento. Anche se la presente
pubblicazione contiene una sintetica descrizione dei principali metodi di
valutazione in uso nella financial community, non si tratta solo di una guida
pratica alla valutazione delle imprese: l’illustrazione dei metodi DCF, dei multipli e
EVA® ha soprattutto lo scopo di tratteggiare una cornice per discutere le scelte che
possono essere adottate da esperti e consulenti nell’ambito di alcune aree critiche del
processo di valutazione di un’azienda, in particolare finalizzato alla quotazione in borsa.

A questo proposito, giova precisare che la presente Listing Guide si basa prevalen-
temente sull’analisi dei Documenti di Valutazione presentati a Borsa Italiana S.p.A.
negli ultimi sei anni: dunque contiene riflessioni che muovono da effettivi
comportamenti dei valutatori. In particolare, si è constatato che nel contesto delle
valutazioni vengono adottati con maggiore frequenza alcuni procedimenti, e che
nella loro applicazione esistono alcune aree grigie e alcuni punti sensibili. Su tali
aspetti si concentrano le considerazioni presentate nel primo e nel secondo
capitolo. Nella lettura del documento vanno pertanto tenute presenti le scelte di
fondo che hanno ispirato gli estensori. In particolare:
• alcune indicazioni possono apparire rigide perché prevale l’interesse a
lanciare un messaggio “forte” in merito alla scelta dei parametri più sensibili (ad
esempio, il tasso di crescita perpetua “g” nel calcolo del terminal value);
• gli aspetti tecnici sono trattati in forma semplificata perché prevale l’esigenza di
chiarezza rispetto all’approfondimento metodologico (il documento è
indirizzato anche agli imprenditori, che per forma mentis sono più interessati alla
sintesi e alla focalizzazione sui problemi-chiave);
• le esemplificazioni contenute nel testo hanno la finalità di far riflettere sui
problemi piuttosto che fornire indicazioni di validità generale.

La terza sezione, infine, ha lo scopo di delineare il processo dialettico che, dalla


prima indicazione orientativa di valore, conduce alla definizione del prezzo di offerta
in caso di IPO (la “piramide del valore”).

Questa parte del documento contiene alcuni importanti messaggi indirizzati


alle imprese che intendono quotarsi e ai professionisti che le accompagnano.
In particolare:
• gli atteggiamenti di tipo speculativo alla lunga non pagano e compromettono
l’immagine di mercato delle imprese che intendono accedere alla quotazione;

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GUIDA ALLA VALUTAZIONE

• i vertici aziendali devono assumere un atteggiamento critico di fronte a


valutazioni preliminari che appaiono fuori misura rispetto alle indicazioni di
buon senso e diffidare degli advisor e degli intermediari che se ne fanno portatori.

Questi richiami al buon senso, alla trasparenza e alla correttezza nei confronti del
mercato assumono particolare importanza se si pensa che i fenomeni
speculativi che hanno interessato i mercati di borsa sono stati una palestra per
molti securities analyst e anche per non pochi membri della comunità accademica,
che hanno elaborato procedimenti volti a giustificare i valori espressi dal
mercato piuttosto che a mettere in luce le aree di incertezza delle stime.

Tali comportamenti non possono essere criticati col senno di poi. Possono però
essere tratte due lezioni. La prima è che l’“esuberanza irrazionale” che ha investito
i mercati fino ai primi mesi del 2000 spesso ha fatto dimenticare alcuni dei principi-
cardine che presiedono alle valutazioni economiche: in primo luogo il legame tra
incertezza e valore.

La seconda lezione è invece la seguente: in situazioni “estreme”, ossia nel caso della
valutazione di start-up, nel caso di imprese che adottano tecnologie nuove o
operano in mercati nuovi, o, più in generale, in presenza di rilevanti fattori specifici
di rischio, la qualità di una valutazione si misura in funzione della chiarezza delle
ipotesi di base e della trasparenza del procedimento adottato.

Ciò non significa ribadire la superiorità dei metodi più tradizionali; significa, invece:
attenzione alle condizioni che stanno alla base del successo di un business;
attenzione alla compatibilità delle ipotesi di crescita assunte nel piano industriale
rispetto al mercato e ai comportamenti dei competitor; in presenza di asimmetrie
di rischio e di prospettive di sviluppo, impiego di procedimenti di stima in grado di
fornire informazioni specifiche in ordine al valore delle business unit che formano
un’impresa. Sul piano operativo, l’articolazione del processo di stima dovrebbe
dunque ispirarsi ai seguenti principi:
• l’analisi del modello di business e della sua coerenza in rapporto al contesto
competitivo e alla dotazione di risorse intangibili e di management costituisce il
momento cruciale di ogni valutazione;
• la valutazione dovrebbe essere realizzata per somma dei valori delle principali
business unit, se ciò risulta sensato e praticabile;
• il valore riferibile alle opportunità di crescita relative allo sviluppo di nuovi business
dovrebbe essere tenuto distinto dai valore-base, ossia dal valore dei business esistenti;

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GUIDA ALLA VALUTAZIONE

• il valore dei risparmi fiscali riferibili alla deducibilità degli interessi passivi
dovrebbe essere apprezzato in rapporto al realistico profilo dell’indebitamento,
in funzione della generazione di cassa del business e dei programmi di crescita;
• se gli scenari di riferimento sono caratterizzati da elevata incertezza, il processo
di valutazione dovrebbe concludersi con un’analisi di sensibilità dei risultati
della stima in rapporto alle principali ipotesi di piano industriale.

MARIO MASSARI*

* Ordinario di finanza aziendale nell’Università L. Bocconi di Milano.

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GUIDA ALLA VALUTAZIONE

1. I PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONE AZIENDALE

Nel presente capitolo vengono proposte alcune riflessioni relative ai metodi di


valutazione aziendale maggiormente diffusi nei mercati finanziari. Le considerazioni
svolte esulano dall’intenzione di approfondire la già ampia letteratura in
materia, bensì si focalizzano sulle difficoltà che tali metodi presentano in ambito
applicativo.
I primi paragrafi sono volti a sottolineare come la valutazione sia guidata da
differenti obiettivi in funzione del contesto in cui si manifesta la necessità di
stimare il valore del capitale aziendale. Il nucleo centrale del capitolo è dedicato
ad alcune considerazioni sull’utilizzo dei principali metodi, ovvero il DCF, il
metodo dei multipli e l’EVA®1. Le pagine conclusive invece affrontano il tema
della valutazione di realtà aziendali che operano con più Strategic Business Unit
(di seguito SBU)2.

1.1. DEFINIZIONE DI VALUTAZIONE

La valutazione di un’azienda consiste in un processo finalizzato alla stima del


suo valore tramite l’utilizzo di uno o più metodi specifici.
Il tema della valutazione d’azienda coinvolge operatori professionali, istituzioni
finanziarie, imprese e accademici. È ormai opinione diffusa nei mercati finanziari
che un’azienda possa essere valorizzata sulla base dei flussi di cassa che produrrà
in futuro; in Italia tuttavia, all’interno del dibattito che si è evoluto nel tempo
sul concetto di valore, si sono riscontrati storicamente approcci diversi e per
anni si è mantenuta una certa distanza concettuale dall’idea che il valore di

1
EVA®, così come FGV ® e COV ® (cfr. paragrafo 1.3.3.), è un marchio registrato di proprietà di Stern
Stewart e Co., concesso in esclusiva per l’Italia ad ASSI (Ambrosetti Stern Stewart Italia).
2
Coerentemente con quanto indicato nel QMAT (documento elaborato dall’ufficio Equity Market
Listing di Borsa Italiana, contenente informazioni relative alla strategia, agli stakeholder e al settore di
riferimento di una società quotanda), per Strategic Business Unit si intende l’unità di un’impresa che
ha la responsabilità di sviluppare la strategia in una specifica area d’affari (ASA).
Una SBU generalmente presenta:
- strategie indipendenti da altre aree di attività dell’impresa;
- strutture di costo differenti;
- presidi organizzativi autonomi e responsabilità dedicate.
Il concetto di SBU fa quindi riferimento alla realtà aziendale interna, mentre quello di ASA si riferisce
al segmento caratteristico del settore normalmente identificabile da una precisa combinazione di:
- prodotti/servizi/brand;
- tecnologia impiegata;
- canali di distribuzione;
- tipologia di clienti;
- aree geografiche di riferimento.

10
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

un’impresa fosse strettamente collegato ai flussi di cassa. Al contrario, trovavano


maggior riscontro metodi di valutazione basati sulla determinazione analitica
del valore degli asset dell’azienda (metodo patrimoniale), metodi basati sulla
determinazione del risultato economico normalizzato (metodo reddituale) e
metodi misti (patrimoniale-reddituale). Il metodo patrimoniale si basa sul
presupposto che il capitale economico di un’azienda corrisponda al patrimonio
netto rettificato, dato dalla somma del valore corrente degli asset meno il valore
del capitale di terzi. Il metodo reddituale procede invece alla determinazione di
un reddito normalizzato, attualizzato, nel modello della rendita perpetua, ad un
tasso di rendimento espressivo del rischio specifico aziendale. Il metodo misto
infine stima il valore dell’azienda sommando al patrimonio netto rettificato il
goodwill, dato dall’attualizzazione dei redditi futuri in eccesso che la società è
in grado di generare rispetto ai risultati medi del settore.
Obiettivo della presente Guida non è affrontare il tema della validità teorica e
pratica di tutti i metodi di valutazione, bensì rivolgere l’attenzione ai metodi
maggiormente diffusi nella financial community, vale a dire il metodo del
Discounted Cash Flow (DCF), il metodo dei multipli di mercato e l’EVA.

1.2. OBIETTIVO DELLA VALUTAZIONE

L’obiettivo di un processo di valutazione varia in relazione al contesto in cui si


rende necessario definire il valore di un’azienda. La misurazione del valore assume
una particolare rilevanza, tra l’altro, in operazioni di fusione e acquisizione
(M&A), quotazione nei mercati finanziari (IPO), investimento nel capitale di
rischio di società non quotate (private equity e venture capital); la valutazione
inoltre può essere utile per finalità interne (auto-diagnosi).
Di seguito vengono discussi i principali aspetti che caratterizzano gli approcci
valutativi nei diversi contesti.

I. Fusione e acquisizione di un’azienda

Nelle operazioni di fusione e acquisizione, si ricorre principalmente al metodo


del Discounted Cash Flow, al metodo dei moltiplicatori di mercato e dei multipli
di transazioni comparabili.
In tale contesto le valutazioni svolgono in genere, in una prima fase, una
funzione strumentale alla negoziazione tra potenziali acquirenti e venditori.
I prezzi effettivamente negoziati nei deal trovano invece la propria giustificazione
nel cosiddetto “valore strategico” che un’impresa può assumere per uno specifico

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GUIDA ALLA VALUTAZIONE

acquirente e nella presenza di più potenziali acquirenti interessati a concludere


l’operazione (livello di competizione nel mercato del controllo).
Il valore strategico (o di acquisizione) a sua volta è idealmente formato dal valore
stand alone dell’impresa target, dalla valorizzazione delle sinergie attese
dall’acquirente in seguito al processo di concentrazione aziendale3 e degli altri
attributi del controllo.
Una volta acquisito il controllo, infatti, l’investitore potrà dedicarsi attivamente
alla gestione dell’azienda e quindi il valore che sarà disposto a riconoscere
dipenderà dall’interesse strategico che ad essa attribuisce, dai piani futuri che
intende implementare e dalle sinergie ottenibili grazie all’integrazione delle
diverse realtà industriali. Si parla in questi casi di “premio di acquisizione”, che
corrisponde alla differenza positiva di prezzo che un investitore industriale è
disposto a riconoscere rispetto ad un investitore che assume una partecipazione
di minoranza.

II. Quotazione nei mercati finanziari

La valutazione propedeutica ad un’operazione di quotazione in borsa, come si


avrà modo di approfondire nel terzo capitolo, ha l’obiettivo di contribuire al
processo di pricing dei titoli da collocare presso gli investitori. Dalla razionalità
con cui viene condotto l’intero processo dipende il successo dell’operazione e in
gran parte l’immagine della società quotanda nei confronti della comunità
finanziaria e di tutti gli altri stakeholder (creditori, clienti, dipendenti, fornitori,
ecc.). Anche in un processo di quotazione la valutazione della società si basa
tipicamente sul metodo finanziario e dei multipli di mercato, tuttavia, rispetto
alle operazioni di M&A, presenta alcune tipiche caratteristiche:
• assenza di qualsiasi premio per il controllo, dal momento che il processo di
quotazione in borsa generalmente non prevede la cessione totale dell’impresa,
ma solo l’ingresso di nuovi soci finanziari per supportare un nuovo ciclo di
sviluppo;
• assenza di potenziali sinergie (si tratta evidentemente di un investimento
finanziario e non industriale).

Nella valutazione di un’azienda in fase di quotazione assume particolare


importanza il metodo dei multipli, che consente un confronto sintetico e agevole
fra società quotate nello stesso mercato o in mercati diversi. Gli investitori
istituzionali infatti basano tipicamente le loro scelte di investimento in un’IPO

3
La valorizzazione delle sinergie è la fase del processo più esposta al rischio di sopravvalutazioni, da
cui spesso dipende il successo dell’intera operazione.

12
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

proprio sul confronto dei multipli della società quotanda con quelli
delle principali società comparabili; l’utilizzo dei multipli rappresenta infatti il
percorso più rapido per valutare un’azienda non avendo a disposizione il relativo
piano industriale.
L’applicazione dei metodi di valutazione permette di identificare il valore stand
alone del capitale economico della società quotanda (il cosiddetto fair value), a
cui tipicamente viene applicato uno sconto, denominato IPO discount. Tale
sconto viene quantificato sulla base delle indicazioni che le banche responsabili
del collocamento ricevono da parte degli investitori istituzionali e trova giustifi-
cazione nel fatto che, in sua assenza, sarebbe preferibile acquistare titoli di una
società con caratteristiche simili o analogo profilo di rischio, ma già presente sul
mercato. In un’IPO infatti vengono offerti titoli di una società con un’equity
story nuova, che si avvale di un management tipicamente non noto alla comunità
finanziaria, mentre nel caso di una società già quotata le asimmetrie informative
sono ridotte dagli obblighi di comunicazione verso il mercato e dall’attività di
research svolta dagli analisti finanziari. La dimensione dell’IPO discount deriva
non solo dalla capacità dell’azienda di generare risultati in termini prospettici,
dalla struttura finanziaria, dalla corporate governance e dal track record del
management, ma anche dalla congiuntura del mercato azionario e del settore di
appartenenza, dalla concorrenza di altre emissioni nel periodo (scarcity value),
dall’andamento di titoli recentemente quotati in borsa, dall’entità del flottante
(il cosiddetto premio o sconto per la contendibilità), dal contesto economico
generale e dal livello di fiducia degli investitori.
In generale, una valutazione prudente può essere nel lungo periodo più proficua
di una valutazione ottenuta grazie a condizioni di mercato e di settore partico-
larmente favorevoli. Considerando che nel lungo termine il mercato sconterà
adeguatamente tutte le aspettative, è importante che la valutazione eviti di
incorporare gli effetti di una condizione favorevole di mercato di breve periodo.

III. Private Equity e Venture Capital

Le analisi preliminari delle transazioni di private equity e venture capital sono


finalizzate alla determinazione dell’opportunità e della dimensione dell’apporto
di capitale proprio, al fine di raggiungere determinati livelli di redditività
dell’investimento stesso su un orizzonte temporale limitato a pochi anni (di solito
compreso fra 3 e 5). Il processo di valutazione ha dunque come oggetto il
presumibile prezzo di realizzo della partecipazione acquisita (exit value) che
consente di ottenere un tasso di rendimento (IRR) prefissato.
Il tasso di rendimento interno viene in genere stabilito ad un livello che considera

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la remunerazione del capitale proprio che un investitore in una società di


private equity o venture capital si propone di ottenere (il cosiddetto hurdle rate).

IV. Auto-diagnosi

La valutazione assume rilevanza non solo in occasione di operazioni di finanza


straordinaria, ma anche a supporto delle scelte di gestione e dovrebbe essere
effettuata sia da società quotate che non quotate, ricorrendo ai metodi di
valutazione citati in precedenza.
In tale contesto, la stima del valore è importante soprattutto nell’ambito della
pianificazione strategica, ai fini della selezione di strategie alternative, e per
misurare il valore creato. Per le società quotate, inoltre, la stima del valore del
capitale è utile per un confronto con il prezzo espresso dal mercato e per piani-
ficare una comunicazione efficace, finalizzata alla diffusione del valore creato.

1.3. A LCUNE CONSIDERAZIONI SULL’ UTILIZZO DEI PRINCIPALI METODI DI


VALUTAZIONE AZIENDALE

Una premessa valida per l’utilizzo di tutti i metodi riguarda la necessità di garantire
razionalità e trasparenza all’intero processo valutativo, motivando adeguata-
mente le principali scelte compiute. La valutazione, inoltre, dovrebbe essere
condotta privilegiando non solo l’ottica finanziaria, ma la stima di un valore
industriale, partendo dalle ipotesi contenute nel piano.
Nel presente paragrafo vengono analizzati i principali metodi di valutazione
utilizzati nella financial community, soffermandosi su alcune considerazioni
riguardanti alcuni aspetti applicativi.

1.3.1. Metodo dell’attualizzazione dei flussi di cassa futuri (DCF)

Il metodo del Discounted Cash Flow è riconosciuto come il più accreditato dalle
moderne teorie aziendali che correlano il valore aziendale alla capacità di produrre
un livello di flussi finanziari adeguato a soddisfare le aspettative di remunerazione
di un investitore.
Secondo la prassi prevalente, il valore del capitale proprio di un’azienda è dato
dalla somma algebrica delle seguenti componenti:
• il valore attuale dei flussi di cassa operativi netti che sarà in grado di generare
in futuro (il cosiddetto Enterprise Value), scontati ad un tasso di attualizza-
zione pari al costo medio ponderato del capitale (Weighted Average Cost of

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GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Capital o WACC); in genere tale calcolo prevede la determinazione del valore


attuale dei flussi di cassa operativi attesi per un periodo di previsione esplicito
e un valore finale, corrispondente al valore attuale dei flussi successivi al
periodo di previsione analitica;
• la posizione finanziaria netta consolidata, espressa a valori di mercato4;
• il valore di mercato di eventuali attività non inerenti alla gestione caratteristica
o comunque non considerate ai fini delle proiezioni dei flussi di cassa
operativi (surplus assets).

La formula che esprime il valore dell’azienda è la seguente:

n OFCFt
E=∑ t
+Vf -D-M+SA
t=1 (1+ WACC)

dove:
E = valore di mercato del patrimonio netto o Equity;
OFCFt = flussi di cassa operativi attesi nel periodo di previsione esplicita;
WACC = tasso di attualizzazione, espresso come costo medio ponderato del
capitale;
n = numero di anni di previsione esplicita;
Vf = valore finale attualizzato dell’azienda, corrispondente al valore attuale
dei flussi relativi agli anni da n+1 in poi;
D = posizione finanziaria netta;
M = minorities (valore di mercato del patrimonio netto di terzi);
SA = surplus assets.

In particolare, il valore del capitale operativo o Enterprise Value, incluso nella


formula precedente, è così rappresentabile:

n OFCFt
EV = ∑ t
+Vf
t=1 (1+ WACC)

4
Nonostante si tratti di un’approssimazione, nella prassi spesso si utilizza la posizione finanziaria netta
risultante dall’ultimo bilancio.
15
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I principali assunti metodologici legati all’applicazione del DCF sono di seguito


presentati5.

I. Flussi di cassa operativi netti (OFCF)

I flussi di cassa attesi hanno natura operativa e sono pertanto legati all’attività
caratteristica della società. Partendo dal risultato operativo consolidato possono
essere determinati come segue:

Risultato operativo (EBIT)


- imposte sul risultato operativo
= risultato operativo al netto delle imposte specifiche
+ ammortamenti
+ accantonamenti e altre voci non monetarie
+/- variazioni negative/positive del capitale circolante
- investimenti in capitale fisso (al netto di eventuali disinvestimenti)
= Flusso di cassa operativo netto (OFCF)

II. Il costo medio ponderato del capitale (WACC)

Il tasso assunto per l’attualizzazione dei flussi di cassa attesi è rappresentato dal
costo medio ponderato del capitale, che riflette il rischio specifico dell’azienda,
sia operativo sia finanziario. Viene calcolato in base alla seguente formula:

WACC = Kd ✕ (1-T) ✕ D + Ke ✕ E
D+E D+E

dove:
Kd ✕ (1-T) = costo del debito al netto dell’effetto fiscale;
Ke = costo del capitale proprio;
D = posizione finanziaria netta;
E = valore di mercato del patrimonio netto o Equity.

5
L’attualizzazione dei flussi di cassa operativi al costo medio ponderato del capitale determina
un’implicita valorizzazione dei risparmi fiscali relativi alla deducibilità degli oneri finanziari dal
reddito sottoposto a tassazione. Un approccio alternativo, noto come Adjusted Present Value (APV), che
presenta notevoli pregi in termini di chiarezza del processo di valutazione, prevede invece la stima
del valore unlevered del capitale operativo e la valorizzazione specifica dei benefici fiscali. In base a
tale tecnica il valore è formato dalla somma di due elementi: il valore unlevered (ossia in assenza di
debiti) e il valore attuale dei benefici fiscali. Per un’analisi del metodo APV si veda, in particolare,
M. MASSARI - L. ZANETTI, Valutazione finanziaria, McGraw Italia Libri, Milano, 2003.

16
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

La struttura del capitale (o rapporto di indebitamento) è calcolata sulla base del


valore corrente del debito e del patrimonio della società; in alternativa può essere
utilizzato un rapporto di indebitamento obiettivo ottimale (raggiungibile nel
medio termine) oppure una stima puntuale anno per anno.
Il costo dell’indebitamento, Kd ✕ (1-T), è pari al costo medio dell’indebitamento
a medio-lungo termine, al netto dell’effetto fiscale.
Il costo del capitale proprio, Ke, è pari al tasso di rendimento delle attività prive
di rischio, incrementato di un premio per il rischio specifico, calcolato con
riferimento al cosiddetto coefficiente beta, che misura il rischio sistematico
dell’impresa in relazione alla volatilità del suo rendimento rispetto a quello del
mercato. Il coefficiente beta viene stimato sulla base del medesimo parametro
espresso da società quotate comparabili e di considerazioni relative alla specifica
realtà da valutare.
Il calcolo è rappresentato nella formula sottostante:

Ke = Rf + beta ✕ (Rm - Rf )

dove:
Rf = tasso di rendimento risk free, pari al rendimento delle attività prive
di rischio e stimato sulla base del rendimento garantito da obbligazioni
a medio-lungo termine emesse dallo Stato;
beta = coefficiente di volatilità o rischio sistematico, assunto come media dei
beta di mercato di un campione di società comparabili;
(Rm - Rf) = premio per il rischio di mercato, misurato come maggiore rendimento
che gli investitori richiedono a fronte dell’investimento nel mercato
azionario rispetto ad attività prive di rischio.

III. Calcolo del valore finale (Vf)

Il valore finale è una grandezza di sintesi che rappresenta il valore attuale dei
flussi di cassa operativi previsti per il periodo successivo all’orizzonte temporale
esplicito di proiezione. È determinato sulla base di due variabili principali: il
flusso di cassa operativo normalizzato del primo anno dopo il periodo di previsione
analitica e il tasso di crescita di tale flusso atteso in perpetuo (denominato “g”).
Il valore finale viene in genere calcolato secondo due approcci, ciascuno dei
quali conta numerose formule di calcolo (di cui per semplicità si segnalano
quelle maggiormente utilizzate):
• il primo calcola tale valore attualizzando, secondo la formula della rendita

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GUIDA ALLA VALUTAZIONE

perpetua, il flusso di cassa dell’anno n-esimo (ultimo anno di previsione espli-


cita), incrementato di un tasso di crescita perpetua “g”. Il valore ottenuto
viene attualizzato alla data di riferimento della valutazione:

OFCFn ✕ (1 + g )
WACC - g
Vf =
(1 + WACC)n

• il secondo, di natura più empirica, consiste nel moltiplicare una quantità


economica (fatturato, cash flow, EBITDA, EBIT, ecc.), prevista per l’anno
n-esimo, per un valore derivante dal confronto con il mercato, replicando la
logica sottostante al metodo dei multipli di mercato. Come nel caso precedente,
il valore ottenuto deve essere attualizzato alla data di riferimento della stima.

Successivamente verranno esposte alcune riflessioni sulle modalità di calcolo


dell’ultimo flusso di cassa e del fattore “g”, afferenti il primo approccio (che, tra
l’altro, è il più diffuso nella pratica).

IV. Posizione finanziaria netta (D)

La posizione finanziaria netta è calcolata come totale dei debiti finanziari, sia
a breve sia a lungo termine, al netto della cassa e delle attività finanziarie in
portafoglio e facilmente liquidabili. Laddove possibile (per esempio in caso di
obbligazioni quotate), i debiti dovrebbero essere espressi a valori di mercato.

V. Altre componenti di valore (surplus assets)

Comprendono il valore complessivo di eventuali attività che la società detiene,


ma che non concorrono alla determinazione dei flussi di cassa operativi e che
pertanto occorre considerare separatamente.

1.3.1. Segue - Problemi di applicazione

A fronte di una validità teorica ineccepibile del metodo dei flussi di cassa,
esistono tuttavia alcune difficoltà applicative, di seguito affrontate.

18
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

I. Attendibilità dei dati finanziari prospettici

La bontà dei risultati che si possono ottenere da un DCF dipende dagli input e
quindi dalla capacità di individuare flussi di cassa futuri attendibili; i flussi dei
primi anni di previsione si basano sui dati prospettici tratti dal piano industria-
le della società, che deve risultare coerente, attendibile e sostenibile finanzia-
riamente6. Per i successivi esercizi si dovrebbe procedere ad una stima pruden-
ziale del tasso di crescita del fatturato e dell’incidenza percentuale dei margini
operativi. Come si avrà modo di approfondire successivamente, tali considera-
zioni sono coerenti con il modello del “ciclo di vita” del settore.
Per le aziende operanti in settori ciclici, l’applicazione del metodo presenta
evidenti limiti correlati all’incertezza del ciclo economico, che possono essere
parzialmente superati stimando i dati finanziari prospettici per l’intera lunghezza
del ciclo (definita in base a trend storici) e formulando delle ipotesi sull’evolu-
zione delle diverse fasi. A tale proposito, un esempio di rilievo può essere
rappresentato dal settore cartario, fortemente influenzato dall’andamento del
ciclo economico nei suoi driver fondamentali (dinamiche di prezzo della cellulosa,
prezzi di vendita, grado di utilizzo della capacità produttiva, livello degli investi-
menti, ecc.). La capacità di realizzare previsioni attendibili sul ciclo economico
rappresenta pertanto un elemento fondamentale per la corretta determinazione
dei flussi prospettici; la Figura 1.1 illustra come si evolvono, fra una fase e
l’altra del ciclo, alcune variabili chiave del settore cartario (in Europa e Nord
America), quali la capacità produttiva, il suo grado di utilizzo e i margini operativi.

Figura 1.1 Trend dell’EBITDA e capacità produttiva nel settore cartario

Trend del margine EBITDA (%) Capacità produttiva


Capacità produttiva in Europain Europa
(milioni di tonnellate)
15,000 Capacità Grado di utilizzo 100%
25%
12,500
Europa 90%
20%
10,000
15% 80%
Nord America 7,500
10%
5,000 70%
5% 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03E 04E 05E

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 % crescita 4.7% 8.6% 6,1% 4.7% 8,8% 8,5% 6,8% 5.7% 5.9% 4.5% 3,1% 1,6% 3,8%

Fonte: rielaborazioni JPMorgan su dati tratti da bilanci e research di settore

Considerazioni analoghe valgono per il settore delle costruzioni, dove la lunghezza


del ciclo è correlata all’andamento dell’economia e della spesa pubblica.
Particolare attenzione deve essere prestata alle aziende soggette a processi di
ristrutturazione, le cui strategie di turnaround e i conseguenti investimenti

6
Si veda al riguardo la “Guida al Piano Industriale”, pubblicata da Borsa Italiana.

19
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

rendono i dati storici poco utili per interpretare quelli prospettici e determinano
flussi di cassa negativi per i primi anni di previsione; in tali società si riscontra
inoltre un significativo declino dei margini operativi, associato al sostenimento
di costi straordinari per finanziare il processo di ristrutturazione (riorganizzazione
produttiva, riduzione del personale, ecc.). In queste situazioni la credibilità dei
dati prospettici risulta particolarmente problematica, pertanto, più che in altri
casi, occorre mantenere un approccio prudenziale, con particolare riferimento
ai costi stimati rispetto ai benefici ipotizzati e agli assunti alla base della crescita
del fatturato (nuovi prodotti, riorganizzazione della struttura distributiva, ecc.);
a tale proposito è utile confrontare le variabili più significative individuate nel
piano industriale con quelle di società attive nello stesso settore e non soggette
a processi di ristrutturazione (il cosiddetto benchmarking).

II. Definizione di un beta coerente

Un’altra problematica ricorrente riguarda la necessità di disporre di una misura


significativa del rischio, indispensabile per determinare il tasso di attualizzazione;
la difficoltà è particolarmente evidente per le società non quotate, in cui non esiste
un coefficiente beta espresso dal mercato e il parametro dedotto da società quotate
comparabili presenta limiti correlati alla difficoltà di trovare una o più società
con analogo profilo di rischio.
Per la definizione di un corretto coefficiente beta, oltre all’esperienza del valutatore,
è necessario considerare la dimensione della società (coefficiente più elevato per
società di dimensioni inferiori), la posizione concorrenziale all’interno del settore
di riferimento (società leader presentano coefficienti beta inferiori a società
follower) e il grado di leva finanziaria (ad un maggior livello di indebitamento
corrisponde un coefficiente beta più elevato). La tavola successiva illustra i beta
medi stimati per alcuni settori, ipotizzando un livello di leva finanziaria medio di
settore e differenziando fra società leader e follower.
Tavola 1.2 Beta medi di settore

Beta
Settore Leader Follower
Energia - petrolio - gas 0.6 0.8
Alimentare 0.7 0.8
Farmaceutico e biotecnologico 0.6/2.0 1.0/2.5
Trasporti 1.1 1.3
Media 1.1 1.3
Bancario 1.1 1.5
Beni d’investimento (ciclico) 1.2 1.4
Automobili e componentistica 1.3 1.5

Fonte: JPMorgan M&A Research, dicembre 2003

20
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Talvolta può risultare utile estendere le informazioni di riferimento per la deter-


minazione del beta ad altri parametri, quali i beta di settori differenti ma con
dinamiche di crescita simili (settori ciclici rispetto ai non ciclici, settori del lusso
rispetto ai settori mass market) o in generale con situazioni competitive paragonabili.
Infine, la stima del beta si complica in presenza di società start-up o in fase
di turnaround, di società con una forte presenza in mercati emergenti e
di società con rilevanti progetti di lancio di nuovi prodotti, entrata in nuove
ASA o aree geografiche; in questi casi il valutatore dovrebbe tenere conto
della maggiore rischiosità insita in tali situazioni, riflettendola nella scelta di un
beta sensibilmente più alto7 (si veda al riguardo anche il successivo punto V.
del presente paragrafo).

III. Orizzonte temporale

In linea generale, l’orizzonte temporale esplicito dovrebbe coincidere con il CAP,


ovvero il Competitive Advantage Period; l’ultimo anno di previsione pertanto
dovrebbe essere quello in cui la società perde i benefici differenziali, in termini di
vantaggio competitivo, e allinea i suoi risultati alle performance dei concorrenti.
Nella pratica valutativa l’orizzonte temporale, generalmente compreso tra 6 e 10
anni, varia a seconda del settore di riferimento e può essere esteso in circo-
stanze specifiche. Un fattore che influenza la lunghezza del periodo temporale
è la durata del ciclo economico e la fase in cui si trova il settore cui l’azienda
appartiene. Altri casi in cui è possibile estendere l’orizzonte temporale sono
riscontrabili quando la società sostiene elevati investimenti che produrranno
i propri benefici su un orizzonte temporale più prolungato, oppure quando
l’attività della società sia legata ad una licenza con una lunga durata temporale
(ad esempio una società titolare di una concessione per l’esercizio autostradale).
Orizzonti più estesi sono talvolta utilizzati per società in fase di start-up, per le
quali si ipotizza il raggiungimento di una stabilità della situazione economico-
finanziaria, ai fini del calcolo del valore finale, solo dopo un periodo più lungo
rispetto a società già attive nello stesso settore.
L’utilizzo di orizzonti temporali più brevi è invece raro nella prassi valutativa;
tuttavia, per aziende che operano in settori in cui i trend futuri siano difficil-
mente stimabili, è possibile considerare un periodo temporale più ridotto.

7
Si tratta peraltro del medesimo approccio seguito dai venture capitalist, che, nel valutare società
start-up, applicano beta sostanzialmente più alti rispetto a società appartenenti al medesimo settore
ma presenti sul mercato da diversi anni.

21
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

IV. Presenza di surplus assets

La problematica dei surplus assets si presenta nel caso in cui un’azienda detenga
immobilizzazioni che non producono flussi di cassa operativi o, in misura più
ridotta, in presenza di asset sottoutilizzati, il cui valore in un processo di attualiz-
zazione potrebbe risultare trascurato o semplicemente sottostimato.
In questi casi la valorizzazione di tali asset può trovare migliore espressione
nel valore di liquidazione ed essere inclusa in una voce specifica. Tipico esempio
è fornito da una società con un patrimonio immobiliare rilevante (ad esempio
sedi di prestigio), il cui valore non trova riflesso nel DCF. Analoghe
considerazioni valgono per società che detengono partecipazioni non consolidate
in società quotate e non quotate. Un’ulteriore situazione potrebbe essere rappre-
sentata da società industriali che abbiano, nell’attivo immobilizzato, impianti di
produzione di energia elettrica non pienamente sfruttati per l’autoconsumo; in tal
caso si potrebbe includere fra i surplus assets il valore di tali impianti, inserendo fra
le voci di costo del piano industriale le spese di approvvigionamento dell’elettricità
attualmente autoprodotta, al fine di evitare duplicazioni di valore.

V. Presenza di rilevanti progetti di crescita relativi a nuove iniziative strategiche

Per le aziende che presentano rilevanti progetti di crescita, legati al lancio di


nuovi prodotti, entrata in nuove ASA o aree geografiche, è necessario, più che
in altri casi, un approccio prudenziale, sia per quanto riguarda la stima dei flussi
di cassa sia per l’incorporazione di un adeguato livello di rischio.
In linea con quanto precisato nella “Guida al Piano Industriale”, i flussi di cassa
attesi dovrebbero essere coerenti (con le intenzioni strategiche e l’Action Plan),
attendibili e non incorporare gli effetti di scelte strategiche non del tutto
delineate, di cui non si riescono a quantificare gli economics, senza scontare
elevati livelli di aleatorietà.
Nell’applicazione del DCF, diventa utile identificare il valore attribuibile alle
nuove iniziative e la relativa incidenza sul valore totale della società. Questo
significa, da un lato, distinguere i flussi di cassa relativi ai nuovi progetti
strategici da quelli che verosimilmente saranno prodotti all’interno dell’attuale
ambito gestionale8 e, dall’altro, utilizzare dei beta differenti per il calcolo dei
WACC. A tale riguardo, come evidenziato nel punto II. del presente paragrafo

8
A tal proposito, un adeguato sistema di controllo di gestione dovrebbe stabilire le logiche di selezio-
ne e aggregazione dei dati e delle informazioni, in modo da consentire al management di compiere
scelte oculate e funzionali alla misurazione del valore creato. Si veda in proposito la “Guida al Sistema
di Controllo di Gestione”, pubblicata da Borsa Italiana.

22
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

(“Definizione di un beta coerente”), il WACC dei nuovi progetti strategici dovrebbe


essere calcolato utilizzando un beta sostanzialmente più alto. La Figura 1.3 mostra
l’evoluzione del flusso di cassa totale di una società (linea tratteggiata) generato
rispettivamente dal base business (linea continua) e dai new projects (area
delimitata), con la rappresentazione del relativo contributo al valore totale.

Figura 1.3 Valore del base business e valore dei new projects
150
Flusso di cassa
totale Valore dei
100 Flusso di cassa new projects
dei new projects (27%)

50

Flusso di cassa
del base business
0 Valore del
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
base business
(73%)
-50

-100

Valore totale
Fonte: T. COPELAND - T. KOLLER - J. MURRIN, Valutation, John Wiley & Sons, U.S.A., 2000

VI. Valore finale

Una serie di approfondimenti si rende necessaria per il calcolo del valore


finale (terminal value), vista l’incidenza che spesso ha sul calcolo dell’Enterprise
Value9 e per le difficoltà insite nella stima degli elementi che concorrono alla
sua entità. L’attenzione è rivolta in particolare alla determinazione del flusso di
cassa dell’ultimo anno di previsione esplicita (con particolare riferimento alle
ipotesi alla base del fatturato, dei margini operativi e degli investimenti in capitale
fisso e circolante) e al tasso di crescita perpetuo “g”. Le considerazioni svolte
sui singoli aspetti sono strettamente correlate ed è quindi importante che i
diversi elementi siano definiti in modo coerente.
La premessa di fondo è che nella maggior parte dei settori industriali risulta
difficile poter sostenere una crescita del fatturato per un periodo indefinito.
Sembra invece molto più realistico ipotizzare che, dopo un’eventuale crescita
a ritmi sostenuti nei primi anni, nel medio e lungo periodo il mercato, e di
conseguenza l’impresa, entri in una fase di maturità con tassi di crescita vicini
allo zero, se non addirittura negativi. Tale affermazione trova riscontro sia in
settori a bassa tecnologia, dove il declino è fisiologico, sia in settori high-tech,

9
Il terminal value può rappresentare una porzione molto rilevante del valore dell’azienda.

23
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

dove la rapida saturazione della domanda e il lancio di tecnologie alternative


conduce ai medesimi risultati.
Non sono inoltre da trascurare, sempre nel medio e lungo termine, le dinamiche
concorrenziali, che possono influire negativamente sulle performance di
un’azienda. Questo aspetto riguarda tutti i contesti concorrenziali in cui il
vantaggio competitivo di cui gode un’azienda viene progressivamente eroso
da società concorrenti, incumbent o new entrants, che, attratte da profitti
consistenti, alimentano la competizione con aggressive strategie di pricing,
efficientamento dei processi, innovazioni incrementali, ecc.. Da ultimo, non va
trascurata la possibilità che il declino del settore possa essere accelerato da
fattori legati all’evoluzione tecnologica (materie prime, prodotti e processi) o da
cambiamenti normativi.
È possibile che il valutatore si trovi di fronte a realtà aziendali o settoriali che
non rientrino negli ambiti appena delineati: in questo caso, trattandosi di situazioni
particolari, è importante giustificare tutte le scelte compiute con la massima
trasparenza.
Nelle pagine successive vengono proposte alcune riflessioni riguardanti la stima
del valore finale e in particolare la crescita del fatturato nel medio-lungo termine,
i margini operativi, gli investimenti negli ultimi anni di previsione esplicita e
infine gli assunti alla base del tasso di crescita perpetuo “g”.

a) Crescita del fatturato

Le considerazioni precedenti inducono a non ipotizzare, negli ultimi anni di


previsione esplicita, tassi di crescita del fatturato positivi, in modo da non generare
effetti distorsivi sul flusso di cassa che verrà utilizzato per determinare il terminal
value. Questa scelta è peraltro compatibile con il ciclo di vita dell’impresa e vale
per la maggioranza dei settori.
In generale, mentre nei primi anni di previsione analitica è sostenibile, sotto
certe ipotesi, una crescita del fatturato, nel medio e lungo periodo si presume
che, a causa della saturazione della domanda di mercato e dell’accentuarsi delle
dinamiche competitive, si manifestino necessariamente segnali di declino; in
tale contesto pertanto non è giustificabile che il fatturato cresca all’infinito,
bensì è più corretto assumere un progressivo rallentamento nella crescita fino a
raggiungere tassi tendenti allo zero.
Il Grafico 1.4 mostra, a titolo esemplificativo, l’andamento del fatturato, negli
ultimi vent’anni, di tre società americane appartenenti a diversi settori10.

10
Si evidenzia che, data la diversa dimensione delle società in termini di fatturato, le scale di valore
in “ordinata” sono differenti e pertanto le curve non sono fra loro confrontabili in termini assoluti.

24
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Grafico 1.4 Andamento del fatturato di Ford Motor, Coca Cola e Walt Disney

1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

Ford Motor Co Coca Cola Co The Walt Disney Company

Fonte: rielaborazione dati Thomson Financial

Le conclusioni precedenti possono essere attenuate in presenza di realtà aziendali


particolari, in cui è possibile sostenere che il vantaggio competitivo non si
esaurisca durante il periodo di previsione esplicita, o quando l’orizzonte di
proiezione dei flussi sia breve (3-5 anni).

b) Andamento dei margini operativi

Parallelamente a quanto affermato per la crescita del fatturato, e in linea con la


teoria dei rendimenti marginali decrescenti, alcune riflessioni meritano di essere
svolte anche sull’andamento dei margini operativi.
Risulta difficile infatti ipotizzare che l’incidenza dei margini sul fatturato cresca
durante l’intero periodo di previsione esplicita (soprattutto quando l’orizzonte
non è breve): piuttosto, al di fuori di casi particolari, tale incidenza dovrebbe
stabilizzarsi, se non addirittura ridursi. Anche in questo caso, le dinamiche
competitive modificano, nel medio e lungo periodo, la performance che la
società può raggiungere nei primi anni; in effetti, mentre è ragionevole assumere
inizialmente un’incidenza percentuale crescente dei margini operativi (ad esempio,
grazie alla minor incidenza degli overhead, al miglioramento dell’efficienza dei
processi, al raggiungimento di economie di scala negli acquisti, all’aumento
dei prezzi, ecc.), negli anni successivi, a seguito dell’esaurirsi del vantaggio
competitivo, è verosimile che la competizione si orienti soprattutto sul prezzo,
con un inevitabile effetto negativo sui margini.
Di conseguenza, è ragionevole ipotizzare una stabilizzazione o una contrazione
dell’incidenza percentuale dei margini operativi negli ultimi anni di previsione (con

25
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

il conseguente effetto sul flusso di cassa dell’ultimo anno e quindi sul valore finale).

c) Investimenti in capitale fisso (capex) e circolante

Riguardo agli investimenti in capitale fisso, è importante che durante tutto


l’arco temporale considerato le ipotesi siano coerenti con la crescita del fatturato e
con l’incidenza dei margini operativi.
Un presupposto di fondo del modello del DCF, quando il periodo di previsione
esplicita non è breve, è che la società raggiunga il cosiddetto steady state nell’ultimo
anno di previsione; per questa ragione è prassi diffusa ridurre gradualmente il livello
degli investimenti, in modo da ottenere nell’anno n-esimo una sostanziale parità
con il livello degli ammortamenti. Tale approccio, che sottintende una crescita
nulla degli investimenti netti, non può ritenersi coerente con un’ipotesi di crescita
del fatturato all’infinito, né tantomeno con l’assunzione di margini operativi in aumento.
Non è realistico infatti ipotizzare che la società possa sostenere il proprio vantaggio
competitivo indefinitamente, senza ulteriori investimenti, accrescendo il fatturato
e i margini. Conseguentemente, il mantenimento di un livello crescente delle
vendite lungo l’intero periodo e/o l’assunzione di margini percentualmente
in aumento rende necessario investire più di quanto sia assorbito dagli ammorta-
menti; ciò comporta un parziale assorbimento del flusso di cassa operativo dell’ulti-
mo anno e pertanto una riduzione del terminal value.
Il grafico seguente mostra, a titolo esemplificativo, l’andamento del fatturato (asse
di destra, in mln $), degli investimenti e degli ammortamenti (asse di sinistra, in
mln $) di Ford Motor Co negli ultimi vent’anni.

Grafico 1.5 Andamento del fatturato, degli investimenti e degli ammortamenti


di Ford Motor Co

20.000 180.000

18.000 160.000

16.000
140.000
14.000
120.000
12.000
100.000
10.000
80.000
8.000
60.000
6.000
40.000
4.000

2.000 20.000

0 0
1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

Investimenti Ammortamenti Fatturato

Fonte: rielaborazione dati Thomson Financial

26
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Il grafico successivo evidenzia le medesime variabili per la società McDonald’s Corp.

Grafico 1.6 Andamento del fatturato, degli investimenti e degli ammortamenti


di McDonald’s Corp

3.500
16.000

3.000 14.000

2.500 12.000

10.000
2.000
8.000
1.500
6.000
1.000
4.000

500 2.000

0 0
1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

Investimenti Ammortamenti Fatturato

Fonte: rielaborazione dati Thomson Financial

***

Riguardo alla dinamica del capitale circolante, l’ipotesi di steady state prevede che
esso sia mantenuto costante, con un conseguente impatto nullo sul flusso di cassa
dell’ultimo anno. Anche in questo caso valgono le medesime considerazioni svolte
sinora, dal momento che la crescita del fatturato (a parità di condizioni relative al
pagamento dei clienti, dei fornitori e ai giorni di rotazione del magazzino) implica,
nella maggior parte dei casi, un incremento del capitale circolante e un assorbimento
del flusso di cassa generato dalla gestione operativa.
Infine, per verificare la coerenza fra la crescita del fatturato e il livello di capitale
investito nel medio-lungo termine, è opportuno controllare che il tasso di rotazione
(il cosiddetto turnover, ovvero rapporto tra fatturato e capitale investito) non
raggiunga livelli talmente elevati da non trovare giustificazione nell’efficienza operativa.

d) Il tasso di crescita perpetuo “g”

Le riflessioni esposte, relative al flusso di cassa dell’ultimo periodo di previsione,


suggeriscono un approccio prudente nella stima del tasso “g”, che dovrebbe
essere scelto tendenzialmente pari a zero. Tale scelta dovrà comunque raffrontarsi
con un’ottica settoriale e aziendale ed eventualmente orientarsi verso tassi
differenti in casi particolari o qualora l’orizzonte di previsione esplicita fosse
particolarmente breve. In ogni caso, l’adozione di un tasso diverso da zero

27
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

dovrebbe essere sempre adeguatamente motivata.


Queste conclusioni potrebbero apparire penalizzanti, tuttavia si ritiene rappresentino,
in un’ottica di lungo periodo, delle ragionevoli scelte per un approccio raziona-
le alla stima del valore del capitale aziendale.

***

La tabella seguente riassume le considerazioni svolte sugli elementi che hanno


impatto sul valore finale.

ALTERNATIVE CASI DI APPLICAZIONE IMPATTO SUL Vf


Valido per la maggior parte
=0 =
delle società/settori
a) Crescita del fatturato
>0 Casi particolari o orizzonti temporali brevi M

Valido per la maggior parte


= 0 (< 0) = (◗)
b) Crescita dei margini delle società/settori
operativi (% fatturato)
>0 Casi particolari o orizzonti temporali brevi M

Quando la crescita del fatturato e dei


=0 =
c) Investimenti al netto margini operativi è pari a zero
degli ammortamenti Quando la crescita del fatturato o dei
>0 ◗
margini operativi è maggiore di zero

Valido per la maggior parte


=0 =
delle società/settori
d) Tasso “g”
>0 Casi particolari o orizzonti temporali brevi M

1.3.2. Metodo dei multipli di mercato

Il metodo dei multipli di mercato presuppone che il valore di una società si


possa determinare assumendo come riferimento le indicazioni fornite dal
mercato per società con caratteristiche analoghe a quella oggetto di valutazione.
Il metodo si basa sulla determinazione di multipli calcolati come rapporto tra
valori borsistici e grandezze economiche, patrimoniali e finanziarie di un
campione selezionato di società comparabili. I moltiplicatori così determinati
vengono applicati, con le opportune integrazioni, alle corrispondenti grandezze
della società oggetto di valutazione, al fine di stimare un intervallo di valori,
qualora la società non sia quotata, o verificare se essi siano in linea con quelli
espressi dal mercato, qualora sia negoziata su mercati borsistici. L’applicazione
di tale criterio si articola nelle fasi di seguito descritte.

28
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

I. Determinazione del campione di riferimento

Data la natura di tale metodologia, risulta fondamentale l’affinità (da un punto


di vista industriale e finanziario) tra le società incluse nel campione di riferimento
e la società da valutare. L’impossibilità pratica di identificare società omogenee
sotto ogni profilo induce a determinare i tratti più significativi per la definizione
del paniere di confronto e a selezionare di conseguenza le aziende comparabili
in relazione agli attributi prescelti.

II. Scelta dei multipli significativi

I principali multipli impiegati nella valutazione d’azienda sono di seguito elencati:


• EV/EBITDA: rapporto tra Enterprise Value (capitalizzazione di mercato più
posizione finanziaria netta) e margine operativo lordo;
• EV/EBIT: rapporto tra Enterprise Value e reddito operativo;
• Price/earning (P/E): rapporto tra prezzo dell’azione e utile netto per azione;
• EV/OFCF: rapporto tra Enterprise Value e flusso di cassa operativo;
• EV/Sales: rapporto tra Enterprise Value e fatturato dell’azienda.

I multipli costruiti utilizzando grandezze contabili più influenzate da politiche


di bilancio e fiscali sono soggetti al rischio di distorsione e possono condurre a
risultati fuorvianti; fra tutti, il P/E risente maggiormente di tali fattori (oltre a
risentire del diverso livello d’indebitamento). Per questa ragione, nella prassi
vengono effettuate alcune rettifiche e normalizzazioni o in alternativa si ricorre
a multipli calcolati con poste meno discrezionali (ad esempio, EV/EBITDA
rispetto a EV/EBIT). L’utilizzo dell’EV/Sales, invece, è sempre meno frequente
ed è confinato a casi di società con margini negativi o in fase di turnaround.

III. Calcolo dei multipli prescelti per le società rappresentate nel campione

In genere i multipli vengono calcolati sulla base dei dati finanziari dell’anno
corrente e di quello successivo, tuttavia è possibile scegliere periodi temporali
diversi, in funzione della specifica realtà aziendale e del contesto di valutazione.

IV. Identificazione dell’intervallo di valori dei multipli da applicare alla


società oggetto di valutazione

La scelta dell’intervallo da applicare avviene in base a considerazioni qualitative


e quantitative circa la comparabilità delle società che compongono il campione.

29
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

V. Applicazione dei multipli

I ratio così ottenuti sono applicati alle quantità economiche, patrimoniali e


finanziarie della società oggetto di valutazione, al fine di determinare un
intervallo di valori.

***

1.3.2. Segue - Problemi di applicazione

L’utilizzo dei multipli di mercato è ritenuto dai sostenitori del DCF un semplice
metodo di controllo. Come già evidenziato in precedenza, nella prassi finanziaria
gli operatori ricorrono sempre più spesso al metodo dei moltiplicatori per
validare i risultati dei metodi finanziari, soprattutto quando l’obiettivo della
valutazione è l’individuazione di un prezzo, e non solo di un valore.
Anche il metodo dei multipli presenta una serie di limiti, che dipendono
prevalentemente dalle difficoltà insite nella scelta del campione di società
comparabili e del moltiplicatore da utilizzare. I prossimi punti saranno dedicati
ad una serie di approfondimenti relativi a questi ultimi aspetti.

I. Scelta del campione di riferimento

La prima e fondamentale scelta nell’ambito di una valutazione con i multipli è


la selezione delle società comparabili, necessaria al fine di costituire un
campione omogeneo rispetto alla società da valutare. A tal proposito viene
presentata una serie di parametri significativi per la costruzione di un paniere
razionale, classificati in base a tre livelli di confrontabilità:
• confronto infrasettoriale nazionale;
• confronto infrasettoriale internazionale;
• confronto intersettoriale.

Il primo livello, ovvero la ricerca di società all’interno dello stesso settore e


appartenenti al medesimo mercato di quotazione, è sicuramente il più semplice
e immediato e conduce a risultati migliori. Ciò significa che, laddove attraverso
tale ricerca si riesca a costruire un campione congruo e accurato, è possibile
non estendere l’analisi ai successivi livelli. Purtroppo la situazione descritta si
verifica molto di rado, soprattutto nel mercato borsistico italiano, in cui talvolta
non esiste alcuna realtà comparabile.
Il confronto infrasettoriale nazionale dovrebbe orientarsi lungo due direttrici

30
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

di analisi, basate sull’indagine di elementi sia quantitativi che qualitativi.


Il campione individuato dovrebbe essere rappresentato dalle società che presentano
affinità con la realtà oggetto di valutazione secondo entrambe le direttrici.
Fra le variabili di confronto di tipo quantitativo rientrano in primo luogo i dati
economici e finanziari storici e prospettici. Senza dubbio la capacità di creare
valore (RoCE), espressa dai risultati operativi (incidenza percentuale dei margini
operativi sul fatturato e relativo tasso di crescita nel breve-medio termine)
e dalla rotazione del capitale, assume un’ampia rilevanza ai fini dell’analisi
comparativa. Tali indicatori non devono essere considerati separatamente, in
quanto un confronto fondato unicamente sul margine operativo tende ad omettere
fattori correlati alla struttura del business model11 e agli impieghi di capitale
investito. Si pensi, a tal riguardo, a società operanti nel medesimo settore che
abbiano compiuto scelte diverse in termini di make or buy di alcune fasi del
processo produttivo o di gestione dei canali distributivi (ad esempio, punti di
vendita di proprietà, in franchising o punti di vendita di terzi); in situazioni come
quella descritta, un confronto che non tenga in considerazione l’incidenza
del capitale investito conduce a risultati fuorvianti, a favore della società con
un turnover più basso, che tuttavia può essere meno profittevole in termini di
creazione di valore.
Tra i parametri quantitativi, occorre inoltre considerare: la dimensione, la crescita
e la composizione del fatturato, la configurazione dell’attivo e la struttura finanziaria.
Relativamente al fatturato, due società di dimensioni fortemente differenti,
seppur simili in termini di portafoglio prodotti e composizione delle vendite,
non sono generalmente valutate allo stesso modo dal mercato: la società di
maggiori dimensioni è di solito più apprezzata, in quanto, oltre ad essere più
liquida, viene percepita come più solida e meno soggetta a rischi di disequilibrio
finanziario. Queste ultime considerazioni sono da ritenere valide a condizione
che non ci siano rilevanti differenze nella capacità di creare valore e nelle
prospettive di crescita.
Analogamente, pur in presenza di confrontabilità in termini di dimensione del
fatturato, l’azienda con migliori prospettive di crescita, probabilmente giustificate
da un piano di investimenti considerevole, presenta in genere multipli più alti.
Sempre in tema di confronto sul fatturato, differenti apprezzamenti da parte del
mercato si possono verificare nel caso di imprese che, pur operando nella medesima
arena competitiva, rispondano ai bisogni del mercato con un portafoglio di
attività sostanzialmente diverso, a cui corrispondono differenze in termini di

11
Per business model si intende la serie di funzioni o processi necessari per concepire, produrre e distribuire
il prodotto/servizio della società al cliente finale. Il business model varia in funzione della singola
business unit, della società e del settore.

31
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

marginalità e profilo di rischio (anche in questo caso sono valide le considerazioni


svolte in tema di creazione di valore). Valga a titolo di esempio il confronto fra
due utility che, pur operando nel medesimo settore, si distinguono in quanto la
prima svolge solo attività di distribuzione, mentre la seconda è impegnata anche
nella produzione di energia.
Per concludere il confronto su parametri quantitativi, si rammenta che possono
influire sulla scelta del paniere anche la composizione dell’attivo (in termini di
rapporto fra capitale circolante e fisso) e la struttura finanziaria, che ha un
impatto diretto sul costo medio ponderato del capitale (WACC).
Per quanto concerne il confronto basato su elementi qualitativi, si ritiene
importante, quando si selezionano società comparable all’interno del settore,
prendere in considerazione anche aspetti che riguardano il posizionamento
competitivo, la capacità di innovare (misurata dal track record) e soprattutto la
formula imprenditoriale (ovvero il business model).
Come già evidenziato, i criteri qualitativi dovrebbero essere utilizzati in stretta
correlazione con quelli quantitativi, al fine di individuare un campione coerente
sotto entrambi i profili.
Senza entrare nel dettaglio di tutte le possibili analogie e differenze qualitative che
si possono rintracciare fra società operanti nello stesso settore, si ritiene corretto,
per quanto attiene al posizionamento competitivo, nel caso in cui la società da
valutare non abbia una quota di mercato rilevante, escludere nella determinazione
del campione le società leader di settore. Lo stesso dicasi per il confronto in termini
di business model: è necessario infatti privilegiare realtà che, all’interno dello stesso
settore, svolgano le proprie attività secondo una formula imprenditoriale simile. Il
confronto sul business model viene raramente considerato nella scelta del campione
di riferimento, tuttavia si ritiene che sia un aspetto di fondamentale importanza,
da cui dipendono gran parte dei fattori, quantitativi e non, che identificano le
caratteristiche distintive di un’impresa, anche in termini di profilo di rischio.
Per tale ragione, come si vedrà in seguito, il confronto sulla formula imprenditoriale
è utile anche per società appartenenti a settori diversi.
Infine, una volta considerati tutti i possibili elementi di confrontabilità, sia
qualitativi che quantitativi, un possibile approccio, raramente utilizzato nella
pratica, potrebbe essere quello di ponderare i fattori finora descritti in termini
di peso da attribuire alla singola società che compone il paniere di confronto.

***

Il secondo livello di indagine, vale a dire il confronto infrasettoriale internazionale,


implica l’individuazione di società comparabili anche in mercati finanziari diversi

32
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

da quello domestico; certamente un paniere composto da società quotate sullo


stesso mercato permette di ottenere risultati migliori (soprattutto per le small
e medium cap), tuttavia la debole confrontabilità sul fronte domestico o
l’appartenenza a settori che possono essere considerati globali (telecomunicazioni,
automotive, biotecnologie, media, ecc.) richiede l’ampliamento del campione
includendo realtà estere. In genere l’attenzione è rivolta a società europee e
statunitensi e a tutti i mercati finanziariamente evoluti, con livelli di liquidità
significativi: sono dunque da escludere le società quotate su emerging market o
in mercati caratterizzati da multipli di mercato e/o profili rischio-rendimento
degli investitori fondamentalmente diversi, come il Giappone.
Nel confronto internazionale, le differenze relative alle politiche di bilancio e al
trattamento fiscale portano ad utilizzare multipli che siano depurati da tali com-
ponenti (ad esempio, un multiplo come l’EV/EBITDA attenua il problema della
diversa tassazione e allo stesso tempo riduce la distorsione derivante dalle diver-
se politiche di ammortamento).

***

Il terzo livello di analisi è relativo al confronto intersettoriale, che si rende


necessario laddove la comparabilità non sia rintracciabile in società apparte-
nenti allo stesso settore e pertanto non si ravvisino elementi di somiglianza tali
da costituire un paniere significativo. Il presupposto del confronto intersetto-
riale risiede nella convinzione che alla base della comparabilità debba esservi
l’effettiva possibilità di attribuire a imprese simili lo stesso profilo di rischio e
rendimento: ciò rende possibile anche un confronto con realtà che operano in
settori sostanzialmente diversi, a condizione che il binomio rischio-rendimento
sia analogo a quello dell’impresa da valutare. Situazioni come quella descritta si
possono verificare qualora due società, pur operando in settori differenti, abbia-
no una formula imprenditoriale analoga e risultati influenzati da medesimi
value driver. Ad esempio, può essere più efficace confrontare imprese che pro-
ducono auto di lusso con aziende operanti nel settore luxury (appartenenti al
settore delle imbarcazioni di lusso o addirittura della moda) piuttosto che ad
altre imprese automobilistiche, dal momento che la tipologia di clienti, i buying
factor e i driver alla base della formazione dei ricavi sono molto simili. Un altro
esempio riguarda la comparabilità che esiste tra società aeroportuali e imprese
che gestiscono stazioni ferroviarie o portuali, così come società di gestione di
spazi adibiti ad eventi fieristici.

***

33
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

La tabella successiva riassume le alternative percorribili per la scelta delle


società comparabili.

MERCATO PARAMETRI PARAMETRI


CONFRONTO DI QUOTAZIONE QUANTITATIVI QUALITATIVI

• RoCE, livello e crescita dei


margini operativi, turnover • Posizionamento
• Fatturato (dimensione, competitivo
Nazionale crescita e composizione) • Track record
• Attivo (dimensione innovazioni
INFRASETTORIALE e composizione) • Business model
• Struttura finanziaria

• Parametri del confronto nazionale


Internazionale • Necessità di depurare i dati dagli effetti dovuti a
differenti politiche di bilancio e trattamento fiscale

Nazionale • Business model


INTERSETTORIALE
e internazionale • Value driver

II. Scelta dei multipli significativi

La seconda fondamentale scelta da compiere nell’applicazione del metodo dei


multipli riguarda l’individuazione del moltiplicatore da adottare per la valutazione
dell’impresa target.
Il metodo dei moltiplicatori ha come presupposto l’idea che il valore di una
società possa essere posto in relazione ad una variabile significativa e che tale
relazione sia valida anche per le società comparabili: la variabile in oggetto può
essere scelta fra un’ampia rosa di alternative, purché capaci di sintetizzare il
valore dell’impresa target e la sua capacità di creare valore.
Nella maggior parte dei casi, più di un multiplo può adattarsi alla valutazione
della società, ciascuno presentando i propri vantaggi e svantaggi applicativi;
tuttavia la scelta viene quasi sempre indirizzata su un unico moltiplicatore, vale
a dire quello che tendenzialmente presenta il migliore trade-off. Ogni qualvolta
viene condotta un’analisi con i multipli è necessario che ci sia la consapevolezza
dei motivi che hanno indotto a selezionare un determinato moltiplicatore,
evitando di utilizzare in modo acritico coefficienti che, nel caso in esame,
potrebbero non essere i più appropriati o dover essere affiancati da multipli più
adatti allo specifico contesto. Ciò significa non considerare esclusivamente i
rapporti che trovano maggior applicazione nella prassi, ma cercare, laddove
significativo, altri indicatori che meglio sintetizzino il valore di una società e la
sua capacità di creare valore.
Valgano a titolo di esempio i settori industriali in cui i competitor si differenziano
per le strategie di make or buy, presentando quindi diversa marginalità (dovuta

34
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

al mark-up riconosciuto ai terzisti) e rapporti di turnover (grazie all’eliminazione


di alcune fasi del processo produttivo e del corrispondente investimento in
capitale fisso); in questi casi, sebbene il multiplo EV/EBITDA sia uno dei
principali rapporti considerati, potrebbe essere utile tenere conto anche
dell’EV/CE (Enterprise Value/Capital Employed), che rapporta il valore
dell’azienda al capitale investito.
Nella pratica valutativa vengono talvolta utilizzati dei coefficienti che danno
rilevanza alle potenzialità di crescita delle società. Ad esempio, al P/E
e all’EV/EBITDA si affiancano rispettivamente il PEG (P/E diviso tasso di
crescita degli utili nei successivi 3-5 anni) e l’EV/EBITDAG (EV/EBITDA diviso
tasso di crescita dell’EBITDA nei successivi 3-5 anni). In tal modo l’analisi
viene arricchita da considerazioni riguardanti le prospettive di crescita, fonda-
mentali ai fini della creazione di valore.
In aggiunta ai multipli maggiormente utilizzati, in alcuni settori è possibile valutare
una società anche attraverso moltiplicatori che fanno riferimento a voci extra-
contabili, che abbiano una forte relazione con i value driver (i cosiddetti
business multiples). Un esempio significativo riguarda le società che gestiscono
spazi aeroportuali, il cui fatturato (ma anche la marginalità) dipende fortemente
dal numero di passeggeri che transitano all’interno della struttura; tale variabile
può essere utilizzata per costruire il multiplo EV/passenger, che talvolta affianca
i moltiplicatori tradizionali. Un altro esempio è rappresentato dalle società Asset
Gatherer, le cui prospettive di crescita dipendono dalle dimensioni e dall’efficacia
della rete distributiva e che pertanto vengono valutate anche sulla base di un
multiplo del numero dei promotori finanziari.
Infine, possono essere menzionati il settore cartario e del cemento, in cui, in
aggiunta ai rapporti EV/EBITDA e P/E, si può fare riferimento a multipli della
capacità produttiva (ad esempio, EV/tonnellate di capacità installata), fattore
determinante per il successo nel medio e lungo termine; in tali settori infatti
l’estrema ciclicità rende fortemente variabile l’EBITDA, che talvolta non
permette di “catturare” le potenzialità reddituali associate ai recenti investimenti
e alla qualità degli impianti in essere.
Si rende necessario sottolineare che il ricorso indiscriminato a quest’ultimo
approccio può indurre a valutazioni soggettive e irrazionali, che in passato
hanno alimentato l’insorgere di bolle speculative12. Per questa ragione il ricorso
a voci extra-contabili, utile in alcuni contesti, deve avvenire sempre con estrema
attenzione, e solo nel caso in cui esista un’effettiva e diretta relazione tra la
variabile extra-contabile e la capacità della società di creare valore (in genere il
ricorso a tali moltiplicatori è comunque di mero supporto ai multipli tradizionali).

12
Si veda in proposito anche il paragrafo 2.6., relativo alla valutazione delle società TMT.

35
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Nella ricerca dei multipli più adatti, infine, può essere utile avvalersi di un
riscontro empirico che manifesti la loro capacità di “spiegare” il valore della
società target; è possibile infatti comprendere se il mercato attribuisce implici-
tamente ad un indicatore l’idoneità a stimare il prezzo di una società, svolgendo,
su un campione di comparable, un’analisi di correlazione fra il multiplo stesso
e la variabile di riferimento. Tanto maggiore è la correlazione, tanto meglio il
multiplo è in grado di sintetizzare il prezzo espresso dal mercato13. Il Grafico 1.7
mostra che, per le società appartenenti al settore del lusso, esiste una buona
correlazione fra il multiplo EV/EBITDA e la crescita dell’EBITDA, mentre è
assente fra l’EV/Sales e la rispettiva variabile sottostante: questo suggerisce che
la grandezza cui il mercato presta attenzione, nel definire il prezzo delle società
luxury, è il margine operativo lordo e pertanto il multiplo EV/EBITDA è da ritenere
più significativo.

Grafico 1.7 Analisi di correlazione nel settore luxury

F G
EV/Ebitda anno t0

H J
7 30
EV/sales anno t0

G H
6 25 D
B B
5 20 A
C J E
A I
4 15
D F
C
3 I E 10

2 5
5% 10% 15% 20% 10% 15% 20% 25%

Crescita sales anno t1 vs t0 Crescita ebitda anno t1 vs t0

***

Per concludere, si riconferma la necessità, quando si svolge una valutazione con


i multipli, di conferire razionalità alle scelte effettuate, evitando di applicare tale
metodo in maniera meccanica, senza coglierne tutte le sfumature e implicazioni;
quanto detto vale sia per la scelta delle società comparabili che per la selezione
dei multipli, in cui è fondamentale essere consapevoli dei vantaggi e degli svantaggi
di ogni indicatore, sostenere la scelta con un’analisi di correlazione e soprattutto,
se significativo, ampliare lo spettro dei multipli con quelli che risultano più
spiccatamente in relazione con la capacità di creare valore.

13
È importante che tali analisi, affinché possano avvalorare l’applicazione del metodo dei multipli,
vengano svolte ricorrendo ad un campione costituito da un adeguato numero di società e siano sottoposte
a test di significatività statistica.

36
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

1.3.3. EVA® - Economic Value Added

Un metodo di valutazione di particolare interesse, che offre una diversa rappre-


sentazione del valore rispetto al DCF, è l’EVA (Economic Value Added).
L’EVA è una metodologia di determinazione della performance d’azienda correlata
all’obiettivo di massimizzazione del valore per gli azionisti; viene utilizzata per
misurare il valore creato, ossia “il profitto che residua dopo aver dedotto il costo
del capitale investito utilizzato per generare quel profitto”14.
L’esigenza di sviluppare un metodo di misurazione del valore creato deriva dal
presupposto che la determinazione della performance di un’azienda, attraverso
la lettura dei meri risultati contabili, presenti numerosi limiti impliciti, dovuti
principalmente alla natura prudenziale e all’incompletezza del sistema contabile,
che non consentono di riflettere il reale andamento dell’attività gestionale.
L’Economic Value Added si fonda sull’assunto per cui un’azienda crea valore
laddove i profitti sono superiori al costo delle fonti complessive di finanziamento.
La misura del valore generato o distrutto annualmente dall’azienda è data dal
profitto operativo, al netto delle imposte, dedotto un costo figurativo espressivo
della remunerazione del capitale investito. La formula è la seguente:

EVA = NOPAT - (WACC ✕ CE)15

dove:
NOPAT (Net Operating Profit After Tax) = risultato operativo netto d’imposta;
WACC (Weighted Average Capital Cost) = costo medio ponderato del capitale
investito;
CE (Capital Employed) = capitale investito netto, risultante
dall’ultimo bilancio.

In modo del tutto equivalente, si può ottenere l’EVA utilizzando una modalità
di rappresentazione che espliciti la differenza tra il rendimento e il costo del
capitale investito (cosiddetta formula del value spread):

EVA = ( NOPAT
CE
- WACC) CE ✕

14
Così come viene definito in J. M. STERN - J. S. SHIELY, The EVA Challenge, John Wiley & Sons,
New York, 2001.
15
Alle componenti dell’EVA possono essere apportate delle rettifiche volte ad individuare un NOPAT e
un CE legati esclusivamente alle attività operative, ovvero depurati dalle poste che non riguardano la
gestione caratteristica dell’impresa.

37
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

La versatilità di utilizzo dell’EVA dipende anche dalla relazione che ha con tre
importanti aree di decisione manageriale:
• decisioni operative (scelta delle ASA in cui operare, efficienza, pricing, ecc.);
• decisioni di investimento;
• decisioni di finanziamento (leverage, tipologia di strumenti finanziari, tassi di
interesse, ecc.).

I tre livelli decisionali indicati impattano direttamente sulla creazione di valore,


e quindi sull’EVA.
Per questa sensibile correlazione tra il valore dell’impresa e le aree di decisione
manageriale, l’EVA viene utilizzato, oltre che per la valutazione delle aziende,
per una serie di finalità gestionali, quali:
• il supporto alla pianificazione strategica nella valutazione di strategie alternative
(capital budgeting, capital allocation, ingresso/uscita da aree d’affari, ecc.);
• la strutturazione di un sistema di rewarding basato sulla creazione di valore;
• la valutazione di operazioni di finanza straordinaria (fissazione del pricing in
operazioni di M&A, IPO, restructuring, ecc.);
• la comunicazione con gli investitori.

Dalla determinazione dell’EVA annuale si giunge al calcolo del valore dell’impresa


attraverso una grandezza intermedia definita MVA (Market Value Added),
che matematicamente è equivalente al valore attuale di tutti gli EVA futuri.
La relazione fra il valore di mercato della società (EV) e il MVA è illustrato dalla
seguente formula:

∞ EVAt
EV=CE + ∑ t
t=1 (1+ WACC)
EV=CE + MVA

Il MVA è una grandezza che funge da legame fra il prezzo di un’azione e l’EVA
ed è utile calcolarlo ex ante (per una società quotanda) in modo da poter
stimare un fair value della società da proporre al mercato, oppure ex post (quando
l’impresa è già quotata) come differenza fra l’EV e il CE. In questo secondo caso
il MVA è da interpretarsi come il goodwill che il mercato attribuisce alla società,
in relazione alle prospettive di risultato future.
La figura successiva chiarisce la relazione esistente fra EVA, MVA e prezzo di mercato,
e consente di apprezzare la validità dell’EVA sia come strumento di valutazione
sia come benchmark di confronto con il valore espresso dal mercato, ovvero il prezzo.

38
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Figura 1.8 Relazione fra EVA, MVA e prezzo di mercato

Calcolo ex post Calcolo ex ante

EVA t+n
perpetual

Mkt EVA t+n


Cap MVA MVA EVA t+3
(E) EVA t+2
EV
EVA t+1

Net CE
Debt

***

Un’ulteriore modalità di rappresentazione del valore fornita dall’EVA ripartisce


l’Enterprise Value in due componenti, direttamente legate alla gestione operativa:
• il Current Operations Value (COV);
• il Future Growth Value (FGV).

Il COV rappresenta la misura del valore di un’impresa nell’ipotesi in cui il risultato


dell’ultimo anno storico rimanga costante nel tempo. Operativamente il calcolo
avviene sommando al Capital Employed la valorizzazione della performance, in termini
di EVA risultante dall’ultimo esercizio chiuso, con la formula della rendita perpetua.
Il FGV invece è la sintesi della maggiore o minore creazione di valore futura che
ci si attende da una determinata realtà imprenditoriale. È dato dalle aspettative
di miglioramento dell’EVA di partenza, sia a medio termine (incluse tipicamente
nel piano industriale dell’azienda) che di lungo periodo e si calcola come il valore
attuale degli EVA futuri incrementali rispetto all’EVA risultante dall’ultimo
bilancio disponibile. L’utilità di tale componente si può comprendere pensando
ad essa come ad una sintesi dei miglioramenti (o peggioramenti), in termini di
creazione di valore, in relazione alla situazione attuale (Figura 1.9).

Figura 1.9 La scomposizione del valore di un’impresa

∞ ∆ EVAt
FGV

EVA t 0
FGV
} ∑
t=1 (1+ WACC)
t

Enterprise WACC

Value
COV
Capitale
Investito
(CE)

39
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

A ben vedere, questa scomposizione, pur conducendo a risultati analoghi, offre


una diversa rappresentazione del valore aziendale rispetto ai metodi tradizionali,
come il DCF. Il metodo dei flussi di cassa attualizzati, come già è stato evidenziato,
si fonda esclusivamente su risultati futuri e il terminal value rappresenta una
parte rilevante del valore d’impresa. L’EVA invece spiega una porzione considerevole
del valore aziendale sulla base della performance conseguita fino ad oggi e delle
aspettative di crescita a medio termine, calcolate partendo dal piano industriale.
Con questa formulazione, l’area al di fuori del controllo del management, per
quanto attiene alla valorizzazione dell’azienda, viene sensibilmente ridotta e il
valore è espressivo non solo dei risultati che l’impresa sarà in grado di raggiungere
in futuro, ma anche dei risultati conseguiti fino ad oggi.

1.4. LA VALUTAZIONE DELLE AZIENDE MULTIBUSINESS

Nel caso in cui la società da valutare sia multibusiness, si ritiene più corretto
misurare il valore aziendale di ogni singola SBU, ricostruendo il valore complessivo
per “somma delle parti”16 (Figura 1.10); in particolare, la necessità di una
valutazione per singola business unit è particolarmente forte nel caso in cui le
singole SBU presentino un profilo rischio-rendimento diverso.

Figura 1.10 Valore di una società multibusiness

SBU 3

SBU 2
Posizione
finanziaria
netta
SBU 1

Equity

Valore delle business unit Corporate Enterprise Distribuzione


overhead Value del valore

16
Il medesimo approccio viene adottato per la valutazione di società holding di partecipazioni.

40
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Nell’applicazione del DCF è necessario stimare l’EV di ogni SBU attualizzando


i rispettivi flussi di cassa operativi ad un costo del capitale che ne rifletta il
rischio specifico. Ciò richiede, per il costo del capitale proprio, una stima ad hoc
del beta di ogni area di business, nonché, per il costo del debito, l’utilizzo di un
tasso corporate17. L’Equity della società si ottiene sottraendo dalla somma degli
Enterprise Value di ogni SBU il valore attuale dei corporate overhead e la posizione
finanziaria netta consolidata. Solo in situazioni particolari (project financing,
utilities, ecc.), in cui sono attribuibili ad ogni area di business non solo i risultati
operativi e il capitale investito, ma anche il livello di debito, è possibile calcolare,
oltre al valore delle attività operative (EV), anche l’Equity Value per ogni SBU.
Per quanto riguarda il metodo dei multipli, è opportuno costruire, per ogni SBU,
un campione di società comparabili e scegliere i moltiplicatori più appropriati.
Analogamente a quanto avviene per il DCF, l’EV totale si ottiene dalla somma degli
EV di ogni area di business, da cui poi, sottraendo la posizione finanziaria netta cor-
porate, è possibile derivare l’Equity.
In ottica manageriale, l’utilizzo di una valutazione per “somma delle parti” risulta
agevolato dalla disponibilità di informazioni presenti nel piano industriale.
Diversamente, gli investitori professionali, in mancanza di una completa disclosure
dei dati necessari allo sviluppo di un DCF per area di business (non solo dati
economici, ma anche patrimoniali e finanziari), troveranno più agevole
l’utilizzo dei multipli, calcolati sulla base dei dati economici previsionali tipica-
mente comunicati al mercato (ad esempio il fatturato o il margine operativo lordo).
Un’alternativa percorribile, al fine di ottenere una valutazione per singola area
d’affari, è procedere alla stima del valore di ogni SBU prescindendo da tutte le
ipotesi sul livello del debito e attualizzando i relativi flussi al costo del capitale
proprio unlevered (calcolato sulla base di un beta unlevered). Tale approccio,
noto come APV (Adjusted Present Value), consente di calcolare il valore per cia-
scuna SBU come se fosse interamente finanziata da mezzi propri (si veda in pro-
posito la nota 5). Di conseguenza, l’Enterprise Value della società è pari alla
somma dei NPV (Net Present Value) dei flussi operativi di ogni SBU e del valore
attuale dello scudo fiscale associato al debito complessivo della società. Il valo-
re del patrimonio netto è a sua volta rappresentato dalla somma algebrica
dell’EV, della posizione finanziaria netta e di eventuali surplus assets.

17
Per il calcolo del WACC solitamente si utilizza un rapporto d’indebitamento (D/D+E) corporate.

41
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

2. LA VALUTAZIONE D’AZIENDA IN ALCUNI SETTORI


SPECIFICI

Il presente paragrafo è dedicato alla valutazione di società appartenenti a settori


dove non sempre trovano agevole applicazione i metodi tradizionali, ovvero il
loro utilizzo presenta alcuni aspetti caratterizzanti meritevoli di approfondimento.
I settori analizzati non esauriscono la totalità dei casi in cui è possibile valutare
un’azienda ricorrendo ad approcci diversi da quelli tradizionali, né i metodi
proposti rappresentano le uniche alternative percorribili.

2.1. BANCHE

La valutazione di imprese che svolgono attività bancaria viene svolta tipicamente


secondo due approcci, di seguito esposti.

I. Criterio dei dividendi attualizzati

Secondo questa variante dei metodi finanziari (Dividend Discount Model, o


DDM), il valore di una banca è pari al valore attuale dei flussi di cassa disponibili
in futuro per gli azionisti, ipotizzati pari al flusso dei dividendi distribuibili
mantenendo una struttura patrimoniale adeguata (in base alla normativa vigente)
e considerando la necessità di sostenere lo sviluppo futuro atteso. La formula è
la seguente:
n Dt
Ve = ∑ t
+Vf
t=1 (1+ Ke)

dove:
Ve = valore economico della banca;
Dt = dividendo annuo massimo distribuibile dalla banca;

[ ]
Dn ✕ (1+g)
Vf = valore finale della banca Ke - g
Vf = n ;
(1+Ke)

n = numero di anni di proiezione analitica;


Ke = tasso di attualizzazione dei dividendi, espressivo del costo del capitale
proprio dell’azienda;
g = tasso di crescita perpetua del dividendo distribuibile a partire dall’anno n+1.

42
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

II. Criterio della regressione

Il criterio della regressione consiste nell’analisi della relazione esistente fra la


redditività (Return on Average Equity, o RoAE) e il rapporto tra capitalizzazione
di mercato e valore del patrimonio netto (Price/Book Value) di una banca, con
riferimento ad un ampio campione di banche comparabili quotate. Tale approccio
permette di valutare il posizionamento e il valore di ciascuna banca sulla base
delle rispettive caratteristiche reddituali attuali e prospettiche.
In particolare, la relazione fra le due variabili può essere approssimata tramite
una retta di regressione in un sistema di assi cartesiani, dove in ascissa si trova
il RoAE e in ordinata il rapporto Price/Book Value: se la correlazione è alta
è possibile derivare il valore di mercato implicito della banca in esame.
L’applicazione del metodo della regressione si articola nelle seguenti fasi:
• determinazione del campione di banche su cui effettuare l’analisi di regressione;
• determinazione dell’arco temporale di riferimento per il RoAE;
• calcolo del RoAE e del rapporto Price/Book Value per le società incluse nel
campione;
• scelta del tipo di regressione statistica da applicare;
• determinazione del RoAE e del patrimonio netto della banca oggetto di valutazione;
• applicazione, se statisticamente significativi, dei parametri della regressione ai
fini della determinazione del teorico valore di mercato per la banca oggetto di analisi.

Nel grafico successivo viene proposta un’analisi di regressione esemplificativa,


che permette di tracciare la cosiddetta Value Map del settore bancario.

Grafico 2.1 La Value Map del settore bancario

Banche sopravvalutate

2,5

2,0

1,5
P/BV
1,0
Banche sottovalutate
0,5

0,0
2,5% 5,0% 7,5% 10,5% 12,5% 15,0% 17,5% 20,0%

RoAE

43
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

2.2. ASSICURAZIONI

La determinazione del valore di una società di assicurazione presuppone innan-


zitutto l’identificazione del valore attuale del flusso reddituale derivante dal
portafoglio di polizze in essere. L’Embedded Value, definito come somma del
valore di tale flusso reddituale e del patrimonio netto rettificato della società a
valori di mercato, rappresenta il valore della società a “portafoglio chiuso”, ovvero
qualora cessasse di collocare nuove polizze.
La prassi valutativa nel settore assicurativo prevede inoltre la stima
dell’Appraisal Value, definito come somma tra Embedded Value e goodwill, dove
quest’ultima componente, espressiva della capacità della società di vendere
nuove polizze, viene solitamente stimata pari a “n” volte il valore della nuova
produzione di un anno (in genere l’ultimo).

2.3. SOCIETÀ DI TRASPORTO AEREO

Le società di trasporto aereo sono valutate principalmente con il metodo dei


multipli di mercato, utilizzando un indicatore specifico, l’EV/EBITDAR, che
ben si adatta a rappresentare alcune peculiarità dell’industry. L’EBITDAR
rappresenta il margine operativo lordo prima dei canoni di leasing per gli
aeromobili e consente una rappresentazione omogenea fra le diverse società,
indipendentemente dalla decisione in merito alla proprietà/leasing della propria
flotta (la “R” rappresenta i costi sostenuti per i canoni di leasing). Per le società
che hanno la proprietà degli aerei, infatti, le quote di rimborso del debito e gli
interessi passivi non vengono inclusi nel margine lordo (EBITDA) e pertanto
non è possibile un confronto con player titolari di contratti di leasing.
Per il calcolo del multiplo in esame, l’EV delle società del campione deve essere
calcolato utilizzando una posizione finanziaria netta che include sia i valori di
bilancio sia il valore attuale della quota capitale degli eventuali canoni di leasing
(la stessa logica dovrà essere seguita per la stima della posizione finanziaria
netta della società da valutare).
Il metodo dei flussi di cassa, applicato alle società di trasporto aereo, risente
della natura ciclica del business (e quindi dei cash flow), che, come visto in
precedenza, rappresenta un limite alla proiezione dei flussi futuri. Inoltre, nel
caso in cui la società abbia la proprietà degli aeromobili oppure utilizzi il metodo
“finanziario” per la contabilizzazione dei contratti di leasing, la tempistica di
imputazione degli investimenti relativi ai nuovi aerei potrebbe produrre effetti
distorsivi sulla stima dei flussi di cassa.

44
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

2.4. SOCIETÀ IMMOBILIARI

La determinazione del valore di una società immobiliare può essere svolta con
diversi approcci: il metodo del Net Asset Value (NAV), il DCF e il metodo dei
multipli di mercato.
Il metodo del NAV presuppone in primo luogo l’identificazione del valore di mercato
del portafoglio immobiliare, determinato solitamente in base alle caratteristiche
e alle condizioni degli immobili, alla localizzazione, alle destinazioni d’uso e
ai contratti di affitto in essere. A tal fine si fa generalmente ricorso al metodo
comparativo o di mercato, al metodo reddituale e al metodo dei flussi di cassa:
• il metodo comparativo o di mercato è basato sul confronto tra il bene in
oggetto e altri simili, recentemente interessati da operazioni di compravendita
o correntemente offerti sullo stesso mercato o su piazze comparabili;
• il metodo reddituale è basato sul valore attuale dei risultati potenziali futuri
di una proprietà, ottenuto capitalizzando il reddito ad un tasso di mercato,
rappresentativo delle caratteristiche dei flussi e delle aspettative di redditività
degli investitori (l’incertezza è attribuibile ai redditi attesi dall’immobile, alla
localizzazione e alla destinazione d’uso dello stesso);
• il metodo dei flussi di cassa si presta maggiormente alla valutazione di immobili
da trasformare o ottimizzare per un migliore utilizzo.

Il valore di mercato degli immobili così determinato, componente principale


dell’attivo di una società real estate, rappresenta la base per la valutazione della
società nel suo complesso. In particolare, alla stima di tale valore si sommano
algebricamente le altre attività e passività e si sottrae l’indebitamento finanziario
netto; in tal modo si determina il valore della società in ipotesi di liquidazione
del portafoglio immobiliare, senza dunque identificare un valore di goodwill.
Il valore del NAV è tipicamente al lordo dell’effetto fiscale e può essere rettificato
sulla base del regime fiscale cui la società è sottoposta.
In alternativa al metodo del NAV possono essere utilizzati i seguenti metodi:
• il metodo dei multipli di mercato (il più utilizzato dagli analisti), che richiede
l’identificazione di un campione di società comparabili - in termini di attività
immobiliare svolta, caratteristiche del portafoglio posseduto o gestito,
profilo finanziario e fiscale - e il calcolo del relativo sconto medio rispetto al
NAV. Quest’ultimo viene utilizzato per identificare lo sconto da applicare al
NAV della società target;
• il metodo dei flussi di cassa attualizzati, che si basa sulla stima dei flussi
operativi al netto delle imposte, e consente la valorizzazione del goodwill della
società stessa.

45
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

2.5. SOCIETÀ POWER ED ENERGY

Per le società Power ed Energy si applicano sia i metodi tradizionali, come il


DCF, l’EVA e i multipli, sia altri criteri che forniscono importanti benchmark di
valore.
Per comprendere questi criteri alternativi è utile suddividere la catena del valore,
rispettivamente, dell’industria elettrica e di quella energetica (oil & gas), in
diverse fasi (generazione/estrazione, trasmissione/distribuzione e vendita),
ognuna delle quali richiede uno specifico approccio valutativo in aggiunta al
metodo principale.
Per valutare le società che operano nella fase della generazione di energia
elettrica o dell’estrazione di gas e petrolio, è frequente il ricorso a multipli che
pongono il valore in relazione a variabili fisiche18. Valgano a titolo di esempio,
per l’industria elettrica, la capacità installata e la quantità di energia prodotta
(misurate rispettivamente in MW, MWh o KW) e, per l’industria dell’estrazione
del petrolio, la consistenza delle riserve e la produzione (misurati rispettivamente
in boe - barrels of oil or equivalent - e in b/d - barrels per day -).
Per valutare le società di trasmissione di energia elettrica o distribuzione di gas,
è necessario considerare l’importante impatto regolamentare che tali attività
hanno subito in questi ultimi anni e la conseguente influenza sui metodi di
valutazione adottati. A tal proposito, ha trovato affermazione il cosiddetto metodo
basato sulla RAB (Regulatory Asset Base), che rappresenta il valore degli asset
aziendali definiti dall’Autorità (nella fattispecie, il valore dei tubi per la distri-
buzione del gas o la rete elettrica per la trasmissione di energia). È inquadrabi-
le come una sorta di metodo misto, che considera sia elementi patrimoniali che
flussi di risultato, e consiste nell’assumere il valore riconosciuto della RAB, ret-
tificato da un fattore di correzione, come il valore indicativo per l’Enterprise
Value della società; il fattore di correzione riflette sia la capacità della società
di generare un livello di redditività maggiore o minore della remunerazione
riconosciuta dal Regolatore sul capitale investito sia indicatori di efficienza nel
controllo dei costi.
Per valutare, infine, le società che svolgono attività di vendita, soprattutto nel
contesto di Paesi ad avanzata liberalizzazione del mercato, si utilizzano multipli
che prendono in considerazione il numero di clienti che formano il bacino
d’utenza finale.

18
Si veda a tale proposito il Capitolo 1, paragrafo 1.3.2., relativo alla scelta dei multipli significativi.

46
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

2.6. SOCIETÀ TMT

La valutazione delle società di telecomunicazioni ha subito profondi cambiamenti


nel corso degli ultimi anni, soprattutto a seguito della bolla speculativa legata
alle nuove tecnologie, alla diffusione della telefonia mobile e Internet.
Le società di telecomunicazioni sono state considerate tradizionalmente delle
utility, tuttavia, alla fine del decennio scorso, la deregolamentazione e l’avvento
di nuove tecnologie non solo hanno modificato le prospettive delle società già
presenti sul mercato, ma hanno anche determinato la nascita di nuovi concorrenti
dal profilo economico-finanziario profondamente diverso da quello delle società
esistenti. La comunità finanziaria ha di conseguenza adeguato le tecniche di
valutazione.
Il metodo dei flussi di cassa attualizzati è da sempre stato considerato il fonda-
mento teorico per determinare il valore economico delle società TMT, tuttavia,
nel periodo di sviluppo della New Economy, gli analisti finanziari hanno utilizzato
criteri alternativi, non basati sulla performance finanziaria delle aziende, bensì
su quella operativa. Multipli calcolati sul numero di clienti di telefonia mobile,
degli utenti o delle pagine visitate di un sito Internet, sui chilometri di fibra ottica
installata e su altre cosiddette proxy, sono diventati punti di riferimento nelle
scelte di portafoglio di investitori focalizzati sul settore TMT.
Di recente, si è registrato, da un lato, il ridimensionamento o il fallimento di
molte aziende high-tech che si erano finanziate sui mercati del capitale di
rischio e di debito grazie a prospettive poi non concretizzatesi, peraltro a livelli
di valutazione elevatissimi giustificabili solo da metodi “non tradizionali”;
dall’altro, la maggiore avversione al rischio degli investitori ha di fatto riportato
l’attenzione sulla capacità di generare profitti ed ha spostato l’orizzonte valutativo
dal lungo al breve termine. Multipli basati su proxy e ricavi sono ormai ritenuti
poco significativi e la valutazione con il DCF viene spesso utilizzata solo a fini
di controllo. Contemporaneamente, si è assistito ad una maggiore sofisticazione
delle tecniche di valutazione, che oggi affiancano a multipli come l’EV/EBITDA
criteri di stima e calcolo più complessi, spesso dal valore informativo superiore,
come i multipli del flusso di cassa disponibile per l’impresa (Operating FCF) e
del flusso di cassa disponibile per gli azionisti (Equity FCF).

2.7. SOCIETÀ BIOTECNOLOGICHE

Le società biotecnologiche rappresentano una particolare realtà aziendale da


valutare, in quanto una serie di caratteristiche tipiche del settore e del business

47
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

model rendono di difficile applicazione i metodi tradizionali. Tali società si


caratterizzano per un’elevata aleatorietà dei risultati e un altrettanto elevato
assorbimento di risorse impiegate nella ricerca e sviluppo. L’orizzonte temporale
di riferimento per poter apprezzare risultati positivi, dalle prime fasi di sviluppo
fino al lancio di un nuovo prodotto, può essere anche decennale e si articola
lungo una serie di fasi fra loro collegate, al cui raggiungimento corrispondono
ricavi sotto forma di milestones o royalties. Per il profilo industriale e di rischio
che le caratterizza, le società biotech presentano per un numero significativo di
anni risultati in perdita e flussi di cassa negativi.
In base a quanto descritto, l’applicazione di metodi come il DCF e l’EVA non è
percorribile, né tantomeno il ricorso al metodo dei multipli.
I fattori critici di successo, di forte impatto sul valore, che vengono normalmente
considerati per una società biotech, sono:
• la pipeline di prodotti in portafoglio e le relative fasi di sviluppo;
• le attività immateriali, che risiedono nella qualità della ricerca, nella
professionalità delle risorse umane, nello standing e nell’esperienza del
management, nella proprietà intellettuale, ecc.;
• le partnership di R&D e commerciali con altri player di settore.

Un tentativo per apprezzare le caratteristiche menzionate e attribuire un valore


alle società biotecnologiche si è diffuso negli Stati Uniti a partire dagli anni ‘80
ed è conosciuto come metodo del “valore tecnologico”: l’Enterprise Value della
società viene derivato dal confronto con l’EV di società simili per area terapeutica,
tecnologie impiegate e portafoglio prodotti.

3. IL PROCESSO DI VALUTAZIONE AI FINI DELLA


QUOTAZIONE IN BORSA

Nel presente capitolo vengono descritti gli aspetti più importanti che caratte-
rizzano il processo di valutazione e fissazione del prezzo19 di una società prossima
alla quotazione in borsa e i ruoli di tutti i soggetti coinvolti.

19
A tal riguardo è utile segnalare il documento pubblicato nel maggio 2003 dal “NYSE/NASD Advisory
Committee”, nominato su richiesta della U.S. Securities and Exchange Commission, contenente una
serie di raccomandazioni sull’intero processo di collocamento in un’IPO, con particolare riguardo alla
fissazione del prezzo finale e all’allocazione dei titoli. Tali raccomandazioni dovrebbero permettere di
ovviare ad una serie di comportamenti fraudolenti che si sono verificati nel mercato statunitense
soprattutto durante la cosiddetta “IPO bubble”.

48
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Presupposto di fondo è che la valutazione debba essere considerata parte


integrante dell’intero processo di due diligence ed essere svolta dallo sponsor o
dal global coordinator dopo un’approfondita analisi del business model, del
posizionamento e dei vantaggi competitivi, dei dati finanziari della società
quotanda e dei management system (incluso il Sistema di Controllo di
Gestione).
Il capitolo si chiude infine con una proposta in merito alla struttura del
documento a supporto della valutazione, previsto dalle Istruzioni ai
Regolamenti di Borsa e Nuovo Mercato, ai fini dell’IPO (di seguito, il
Documento di Valutazione).

3.1. IL PROCESSO DI VALUTAZIONE DI UN’AZIENDA COINVOLTA IN UN PROCESSO DI IPO

Un processo di valutazione dovrebbe essere affrontato in maniera non


meccanica in qualsiasi contesto e necessita di una base informativa adeguata,
principalmente rappresentata da valori contabili storici, dati previsionali,
informazioni gestionali e dati sul sistema competitivo.
La valutazione di un’azienda nell’ambito della quotazione in borsa, in particolare,
è frutto di un processo continuo di analisi e verifica, che parte dalla preliminare
stima del valore condotta quando ancora non sono disponibili al valutatore tutti
i dati relativi alla società (il momento del cosiddetto pitch) fino alla determina-
zione del prezzo a cui l’azione viene effettivamente venduta agli investitori.
Il processo valutativo si arricchisce progressivamente di sostanza e contenuto
durante le fasi preparatorie alla quotazione, quando la società mette a
disposizione dati e informazioni dettagliate sull’attività e sulle prospettive
future. La valutazione è quindi parte integrante dell’attività di due diligence e
dovrebbe essere condotta privilegiando l’ottica industriale e la ricerca di
un valore di business. Per queste ragioni il piano industriale rappresenta lo
strumento principale per avviare l’intero processo.
Partendo dalla stima di un fair value, la valutazione dovrebbe tenere progres-
sivamente conto delle indicazioni fornite dagli investitori durante l’attività di
pre-marketing (una sorta di sondaggio svolto prima del lancio dell’offerta),
dell’andamento dei mercati borsistici, delle dimensioni dell’offerta e della
potenziale liquidità del titolo. Queste ultime considerazioni portano in
genere a definire un’IPO discount, che ha la funzione di massimizzare il
livello di domanda e aumentare, per coloro che durante il collocamento
hanno deciso di investire nell’azienda, la probabilità di ottenere un buon
rendimento dall’investimento. In tal modo, si giunge a definire un range

49
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

indicativo di prezzo e un “prezzo massimo”, quest’ultimo da pubblicare entro


il giorno antecedente l’inizio dell’offerta pubblica20. Il “prezzo di offerta” è
infine determinato in base ai risultati dell’offerta istituzionale.
Di seguito si descrivono le fasi che tipicamente caratterizzano un processo di
valutazione e i principali soggetti coinvolti.

3.1.1. Le fasi del processo

Il processo di determinazione del valore di una società quotanda si articola in


diverse fasi che, come indicato in precedenza, implicano approfondimenti e
aggiornamenti successivi fino a pervenire, partendo da un intervallo ampio, alla
determinazione del prezzo di offerta, ovvero il prezzo al quale sono collocate le
azioni. La Figura 3.1 rappresenta le fasi che generalmente caratterizzano una
valutazione finalizzata alla quotazione in borsa.
Tale processo è da intendersi senza soluzione di continuità e, come mostra il
grafico, si articola in quattro momenti, che ripercorrono l’intero iter valutativo,
dall’intervallo di valori più ampio definito nelle fasi iniziali fino ad un range più
ristretto che si ottiene man mano che i parametri di riferimento assumono un
maggiore grado di visibilità.

Figura 3.1 La Piramide del valore

Fissazione
prezzo offerta 2-3 giorni dalla quotazione
Pricing

2 settimane dalla quotazione


Bookbuilding

Pre-marketing,
determinazione di un intervallo 1 mese dalla quotazione Pre-marketing
Tempo

indicativo di prezzo

Determinazione del fair value 1-3 mesi dalla quotazione


della società
Due
diligence
Processo di due diligence e revisione 2-4 mesi dalla quotazione
della valutazione preliminare

1º incontro con
Valutazione preliminare la società Pitch

Valore
Fonte: JPMorgan

20
Nella maggioranza dei casi, nel prospetto informativo viene inserito un range di prezzo indicativo
o non viene fornita alcuna indicazione puntuale di prezzo, rinviando a successivi avvisi pubblici la
definizione del range e del “prezzo massimo”; in alternativa, il prospetto informativo può contenere un
range di prezzo “vincolante”.

50
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Di seguito si riportano le principali fasi del processo:


• valutazione svolta al momento del pitch da parte della banca;
• valutazione svolta in fase di due diligence;
• pre-marketing e individuazione dell’intervallo indicativo di prezzo;
• pricing.

I. Pitch

Il pitch è il momento in cui la società seleziona l’intermediario che la affiancherà


durante la quotazione. In tale fase le banche d’affari presentano una proposta
per ricevere l’incarico di sponsor/global coordinator, che include generalmente
una valutazione preliminare della società quotanda. Tale valutazione viene
generalmente presentata quattro o cinque mesi prima della conclusione del
processo e rappresenta il valore meno accurato fra tutti quelli determinati
successivamente. Esso infatti prescinde dalla conoscenza dettagliata del piano
industriale e dai risultati della due diligence effettuata dalla banca una volta
ricevuto l’incarico.
Nella scelta dello sponsor/global coordinator, la società dovrebbe dare molta più
importanza alla qualità dell’intermediario, piuttosto che basarsi esclusivamente
sul valore proposto, poco significativo prima della due diligence e soprattutto del
confronto con il mercato.

II. Due diligence

Nella fase di due diligence, la banca, dopo aver analizzato il piano industriale,
generalmente presenta alla società una prima ipotesi di fair value (in genere un
range di valori). Con tale espressione, si intende la stima del valore del capitale
economico della società in ottica di quotazione, che non tiene conto dell’IPO
discount e delle indicazioni provenienti dall’attività di pre-marketing.
L’attività di due diligence permette al valutatore di comprendere in dettaglio il
business dell’azienda e soprattutto di svolgere un’analisi approfondita del piano
industriale. Quest’ultimo documento, come già evidenziato, consente di valutare
le prospettive future dell’emittente sia in termini di coerenza con l’assetto
strategico-organizzativo e con le tendenze del mercato di riferimento, sia in
termini di sostenibilità e ragionevolezza delle principali ipotesi sottostanti.
Durante questa fase viene normalmente predisposto il Documento di
Valutazione, che costituisce parte integrante della domanda di ammissione alla
quotazione da presentare a Borsa Italiana.

51
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

III. Pre-marketing

Durante la fase di pre-marketing, la banca d’affari effettua un’indagine presso


gli investitori istituzionali, che porta alla definizione di un intervallo indicativo
di prezzo. Quest’ultimo viene anche influenzato dalle valutazioni preliminari
indipendenti21 contenute nelle ricerche pubblicate dalle banche del consorzio
istituzionale e dalle condizioni del mercato in tale momento.
Solo a questo punto la banca, in possesso di riscontri sul prezzo che gli investitori
istituzionali sono disposti a pagare, può confrontarsi con la società emittente e
con gli eventuali azionisti venditori e giungere alla definizione del range indicativo
e del “prezzo massimo”. Questo prezzo è il riferimento per la fase successiva,
ovvero la raccolta degli ordini da parte degli investitori istituzionali
(il cosiddetto bookbuilding) e retail.

IV. Pricing

L’attività di marketing vera e propria (successiva alla pubblicazione del prospetto


informativo), che nei confronti degli investitori istituzionali si concretizza in un
roadshow nelle principali piazze finanziarie e verso il pubblico indistinto si
traduce in una campagna promozionale, fornisce indicazioni fondamentali ai
fini della determinazione del prezzo finale.
In questa fase gli investitori istituzionali inviano delle manifestazioni d’interesse
all’acquisto, ad un prezzo che tiene conto non solo dei fundamental della
società, ma anche di elementi soft: corporate governance, rapporti con parti
correlate (descritti nel prospetto informativo), sistemi manageriali (SCG,
compensation, pianificazione), ecc..
Il prezzo di offerta viene individuato considerando sia il numero di azioni richieste
e il prezzo che gli investitori istituzionali sono disposti a pagare, sia analizzando
la qualità della domanda degli investitori istituzionali (misurata dalle caratteristiche
degli investitori in termini di politica di investimento e di gestione del portafoglio,
dimensione del portafoglio, mercati e settori d’interesse, ecc.). Il prezzo finale,
in linea generale, è determinato in modo da allocare effettivamente il numero
di azioni agli investitori istituzionali e retail (secondo priorità definite dalla
società e dalla banca d’affari), lasciando, allo stesso tempo, che una parte della
domanda non venga soddisfatta, così da alimentare l’interesse all’acquisto e
supportare l’andamento del titolo nell’aftermarket.

21
Tali valutazioni si ritengono indipendenti in quanto gli analisti (inclusi quelli del dipartimento di
ricerca del global coordinator) non hanno accesso ai dati previsionali contenuti nel piano industriale.

52
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

3.1.2. I soggetti coinvolti

Il processo valutativo in un’IPO coinvolge essenzialmente lo sponsor/global


coordinator e la società oggetto del collocamento.
Il contributo dell’intermediario si articola normalmente in diverse attività che
fanno riferimento ad aree di responsabilità diverse all’interno della banca:
• l’area di corporate finance, che svolge l’attività di valutazione in senso stretto,
ovvero l’applicazione di metodologie e la costruzione di modelli finanziari.
Collabora inoltre nella predisposizione di tutta la documentazione di supporto
alla valutazione, compreso il piano industriale;
• il dipartimento di capital market, che si occupa di includere nella valutazione le
considerazioni di mercato, nonché le indicazioni derivanti dall’attività di
pre-marketing e di bookbuilding. Generalmente, tanto più ci si avvicina al momen-
to del collocamento, tanto più il ruolo dell’area capital market diviene significativo;
• il dipartimento di research, che fornisce indicazioni indipendenti relative
alle prospettive del mercato di riferimento, al posizionamento della società e
alle sua strategia di sviluppo, e predispone stime autonome sull’andamento
prospettico della società22.

La società oggetto del collocamento interagisce con la banca nel corso


dell’intero processo valutativo. Oltre al top management, che è coinvolto in tutti
i passaggi chiave del processo di valutazione, rivestono un ruolo particolare l’area
pianificazione (per ciò che riguarda la predisposizione del piano industriale) e
l’area finanza.

3.2. LA STRUTTURA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE

Nelle operazioni di quotazione, le “Istruzioni al Regolamento dei Mercati


Organizzati e Gestiti da Borsa Italiana S.p.A.” e le “Istruzioni al Regolamento
del Nuovo Mercato Organizzato e Gestito da Borsa Italiana S.p.A.” (di seguito,
le Istruzioni) prevedono che alla domanda di ammissione alla quotazione sia
allegato il Documento di Valutazione23.

22
Lo IOSCO (organismo internazionale che riunisce 168 Securities Regulator), in data 25 settembre
2003, ha emanato una serie di principi per guidare le Authority nazionali sul tema del conflitto
d’interesse riguardante gli analisti finanziari (sell-side analyst).
23
È importante precisare che il Documento di Valutazione presentato a Borsa Italiana non dovrebbe
includere eventuali sconti sul prezzo né tantomeno i proventi derivanti dall’IPO (valutazione
pre-money). In questo modo peraltro il leverage, negli anni di previsione futura, viene prudentemente
sovrastimato, in quanto tutte le iniziative incluse nel piano industriale si intendono finanziate facendo
ricorso al capitale di debito, oltre che all’autofinanziamento.

53
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Il Documento di Valutazione riassume il percorso valutativo svolto, i principali


risultati ottenuti e fornisce indicazioni in merito all’intervallo nell’ambito del
quale si intende posizionare il prezzo di offerta24.
Tra il momento in cui viene presentata la domanda di ammissione a quotazione
e la data del Provvedimento di Ammissione intercorre un certo periodo di
tempo, pertanto il Documento è inevitabilmente soggetto ad aggiornamenti o
cambiamenti, inerenti soprattutto il range di prezzo.
Tenuto conto del contenuto previsto dalle Istruzioni, si riassume di seguito
un’ipotesi di struttura del Documento di Valutazione, suddiviso nelle seguenti sezioni:

I. Executive summary
II. Premesse valutative
III. Mercato di riferimento
IV. Equity story
V. Considerazioni sulla Valutazione
• Metodo dei multipli di mercato
• Metodo del DCF
• Sensitivity
VI. Conclusioni

È importante sottolineare che la struttura proposta è da ritenersi puramente


indicativa e che il Documento dovrà essere sempre predisposto considerando le
caratteristiche specifiche della società e del settore in cui opera, potendo pertanto
assumere, con medesimo grado di razionalità e coerenza, una struttura alternativa
rispetto a quella qui indicata. In ogni caso non si potrà mai prescindere dal fornire
il contenuto minimo richiesto dalle Istruzioni.

I. Executive summary

La prima sezione del Documento di Valutazione dovrebbe essere dedicata alle


premesse e alle finalità, circoscrivendone l’utilizzo allo specifico contesto della
quotazione. Tenuto conto della necessità di integrare il Documento in prossimità
dell’ammissione a quotazione, viene di norma segnalato il carattere preliminare
del documento stesso e indicata la probabile tempistica di aggiornamento della
valutazione. Nell’Executive Summary può essere utile indicare l’intervallo di
valore all’interno del quale sarà posizionato il prezzo di offerta (pre-money e
pre-IPO discount); tale intervallo non è da intendersi vincolante per la società,
né rappresenta un impegno per la banca, in quanto, come evidenziato nel

24
Tale intervallo può essere anche sensibilmente diverso dal range individuato in fase di pitch.

54
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

paragrafo 3.1.1., il processo di valutazione e di pricing si conclude con le fasi di


pre-marketing e bookbuilding.

II. Premesse valutative

Nel Documento di Valutazione è importante segnalare le principali linee che


hanno guidato l’approccio valutativo, oltre che la data di riferimento e tutte le
fonti di informazione utilizzate (bilanci storici, piano industriale, stime del
management, informazioni pubbliche, ecc.).
Di maggiore interesse è senz’altro la presentazione dei metodi di valutazione
adottati e soprattutto l’attribuzione ad essi di maggiore o minore significatività,
in relazione al contesto e alla specifica realtà oggetto di valutazione. È utile
peraltro che siano messi in evidenza i vantaggi e gli svantaggi di un metodo
rispetto agli altri, in relazione alla specifica realtà da valutare.

III. Mercato di riferimento

In alcuni casi potrebbe essere interessante prevedere una sezione dedicata al


mercato di riferimento, in cui vengono sintetizzate le principali caratteristiche
del settore di appartenenza, al fine di illustrare le aspettative di crescita e di
redditività della società; a tale scopo potrebbero essere riprese alcune informa-
zioni presenti nel QMAT, in modo da avere una sintesi delle principali caratte-
ristiche in termini di:
• dimensioni e aspettative di crescita della domanda di mercato;
• fattori critici di successo;
• dinamiche competitive;
• caratteristiche e posizionamento dei principali competitor.

IV. Equity story

In tale sezione vengono generalmente riassunti i principali aspetti qualitativi


(caratteristiche specifiche ed elementi distintivi, posizionamento competitivo,
fattori critici di successo, ecc.) e quantitativi (dati finanziari, aspettative di
crescita e redditività, track record, ecc.) che determinano l’appetibilità della
società per un potenziale investitore; si tratta degli stessi messaggi che dovrebbero
essere comunicati al mercato in fase di analyst presentation e roadshow. È utile
che la storia della società e il valore proposto siano fra loro coerenti, in quanto
è proprio dall’equity story che derivano le prime indicazioni di valore da parte
degli investitori.

55
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

In linea generale, il paragrafo sull’equity story può essere elaborato ripercorrendo


i principali aspetti analizzati nella fase di due diligence, che rappresenta non
solo un momento di comprensione del business, ma anche di screening e
affinamento della valutazione individuata nelle fasi preliminari. Come già
sottolineato in precedenza, il piano industriale e le intenzioni strategiche in esso
contenute costituiscono gli elementi maggiormente significativi nel determinare
il valore dell’azienda e, in ultima istanza, il prezzo a cui le azioni possono
essere cedute al mercato. L’intero processo valutativo è infatti fondato sull’analisi
del business dell’azienda, del suo posizionamento, delle principali opzioni
strategiche riguardanti i progetti di crescita e sviluppo, di valorizzazione e
ampliamento della gamma dei prodotti, di diversificazione in nuovi business, di
penetrazione in nuovi segmenti di mercato e/o aree geografiche, di interventi
sulla struttura dei costi, nonché sull’analisi delle condizioni patrimoniali, reddituali
e finanziarie, sia attuali che prospettiche. Per tale ragione, in questa sezione, il
piano industriale viene generalmente sintetizzato nelle principali voci di conto
economico e stato patrimoniale, oltre che nei ratio più significativi. Ove
rilevante, le proiezioni possono essere presentate per singola SBU, così da poter
successivamente individuare il valore di ogni singola area d’affari (si veda in
proposito il Capitolo 1, paragrafo 1.4.). Di norma, come precisato nella “Guida
al Piano Industriale”, tali proiezioni vengono presentate in ipotesi di scenario
pre-money, ovvero prima del contributo delle risorse finanziarie rinvenienti da
un eventuale aumento di capitale connesso all’operazione di collocamento (e
senza considerare i costi di quotazione).
Può essere utile infine riassumere il posizionamento competitivo e le prospettive
della società attraverso una SWOT analysis, ovvero un’analisi dei suoi punti di
forza (Strength) e di debolezza (Weakness), nonché delle opportunità
(Opportunity) e dei rischi (Threat) che ne caratterizzano lo sviluppo. Con particolare
riferimento ai rischi a cui la società è soggetta, dovrebbero essere esposte
non solo le principali criticità, ma anche le iniziative specifiche avviate dal
management per farvi fronte; allo stesso modo è utile identificare in maniera
chiara i punti di forza dell’equity story, tali da giustificare il prezzo proposto.

V. Considerazioni sulla Valutazione

La presente sezione è la più importante del Documento di Valutazione,


dal momento che in essa si descrivono le ipotesi assunte per ogni metodo e i
principali risultati delle analisi svolte. Le metodologie adottate dovrebbero
riflettere la migliore prassi valutativa, relativamente al settore di appartenenza e
le caratteristiche specifiche della società stessa.

56
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Le Istruzioni, a tal fine, richiedono esplicitamente lo sviluppo del metodo dei


multipli di mercato e del metodo dei flussi di cassa attualizzati.
Per quanto riguarda il metodo dei multipli di mercato le Istruzioni forniscono
alcune indicazione sulla sua applicazione, prevedendo che “il campione di
società comparabili deve essere composto almeno da società italiane ed europee,
ove presenti, e deve essere opportunamente suddiviso in gruppi di società omogenee.
Devono essere, inoltre, specificati i criteri utilizzati per valutare la confrontabilità,
i multipli ritenuti più opportuni per il confronto e l’anno di riferimento.
Relativamente alle società comparabili occorre fornire i principali dati economico-
finanziari consuntivi e prospettici, una descrizione del settore di appartenenza e
della formula imprenditoriale (business model), evidenziando le analogie e le
difformità rispetto all’emittente”.
Come già esposto nel Capitolo 1, l’applicazione del metodo dei multipli di
mercato richiede una serie di scelte su alcuni aspetti, quali la costituzione del
campione e l’individuazione degli indicatori più adatti, che dovrebbero essere
esplicitate nel Documento. Questo significa, per la scelta del campione di
riferimento, analizzare le difformità e le somiglianze rispetto alla società oggetto
di valutazione, mentre in relazione ai multipli significa segnalare i vantaggi e gli
svantaggi derivanti dall’utilizzo di un indicatore rispetto ad un altro.
La tabella seguente rappresenta un prospetto di sintesi esemplificativo
dell’applicazione del metodo dei multipli di mercato.

EV/ EV/ EV/ EV/


P/E
EBITDA EBIT OFCF Sales
Stima Stima Stima Stima Stima
Società t+1 t+2 t+1 t+2 t+1 t+2 t+1 t+2 t+1 t+2
A 7.7x 7.2x 11.2x 10.3x 16.1x 15.3x 13.2x 9.6x 0.73x 0.66x
B 10.4x 9.6x 13.8x 12.5x 16.5x 15.7x 21.3x 13.1x 0.90x 0.85x
C 7.6x 7.0x 11.2x 10.1x 10.6x 9.6x 13.6x 12.7x 0.60x 0.57x
D 7.5x 7.2x 10.0x 9.5x 16.8x 15.5x 16.0x 17.3x 0.43x 0.45x
Minimo 7.5x 7.0x 10.0x 9.5x 10.6x 9.6x 13.2x 9.6x 0.43x 0.45x
Media 8.3x 7.7x 11.5x 10.6x 15.0x 14.0x 16.0x 13.2x 0.66x 0.63x
Mediana 7.7x 7.2x 11.2x 10.2x 16.3x 15.4x 14.8x 12.9x 0.66x 0.62x
Massimo 10.4x 9.6x 13.8x 12.5x 16.8x 15.7x 21.3x 17.3x 0.90x 0.85x

Per quanto concerne il metodo dei flussi di cassa attualizzati, è parimenti


importante che nel Documento di Valutazione vengano evidenziate le ipotesi
alla base dello sviluppo dei flussi di cassa operativi della società, come la
crescita del fatturato, l’andamento dei margini operativi, il livello di investimenti
e ammortamenti, la variazione del capitale circolante netto, nonché le ipotesi e

57
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

le modalità di calcolo delle componenti determinanti il costo medio ponderato


del capitale e il tasso di crescita perpetuo “g”.
Di seguito è riportata una tabella esemplificativa che mette in evidenza le modalità
di calcolo dei flussi di cassa operativi.

Dati in mln € Anno


data t+1 t+2 t+3 t+4 t+5 t+6 t+7 t+8 t+9 t+10
Flussi di Cassa
Risultato Operativo 100 120 130 140 142 145 147 149 149 149
Imposte (49) (55) (59) (63) (64) (65) (67) (69) (69) (69)
Ammortamenti 86 95 106 115 120 125 123 120 120 120
Investimenti (140) (145) (140) (130) (128) (126) (124) (121) (120) (120)
Variazione CCN (38) (28) (30) (27) (10) (5) (2) (1) (1) (1)
Flussi di Cassa (41) (13) 8 35 60 74 77 78 79 79
g% 0%
WACC 7.5%

Per passare dal calcolo dei flussi di cassa alla stima del valore del capitale, sono
necessari ulteriori passaggi, illustrati nella tabella seguente.

(mln €) % dell’EV
Valore Attuale dei Flussi di Cassa 242 32 %
Valore finale 1.053
Multiplo implicito EBITDA t+10 3,9x
Valore attuale del Valore finale 511 68 %

Enterprise Value (EV) 753 100 %


Multiplo implicito EBITDA t+1 4,0x

Posizione Finanziaria Netta (254)


Equity (E) 499
Numero di Azioni (mln) 100
Valore per Azione (€) 4,99

Per concludere, la presente sezione dovrebbe essere accompagnata da un’analisi


di sensitività. Tipicamente tale analisi viene svolta sui risultati del DCF, ponendo
come variabili il costo medio ponderato del capitale e il tasso di crescita perpetuo.

58
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

Al fine di fornire maggiore significatività all’analisi sarebbe utile indicare quali


sono le ipotesi sottostanti la variazione del tasso “g” e del costo del capitale, da
cui dipende l’intervallo di valori della società. Inoltre, potrebbe essere opportuno
lo sviluppo della sensitivity sulla base dei principali value driver, come il tasso di
crescita del fatturato, il margine operativo, il livello di investimenti e qualsiasi
altra variabile che abbia un significativo impatto sul valore della società (per
restringere l’ambito di applicazione e semplificare il calcolo, la sensitivity si
potrebbe condurre sul valore finale, dal momento che rappresenta la percentuale
più alta del valore totale ed è peraltro più agevolmente modificabile con la variazione
di una sola variabile sottostante).
La tabella successiva mostra un esempio di analisi di sensitività basata su due
value driver.

Valore del Capitale Economico (mln €)


Value driver 1
-7 % -2 % +0% +5% +10 %
10 % 86 76 67 59 52
12 % 101 88 77 68 60
Value driver 2 15 % 123 106 91 79 69
16 % 158 132 112 95 82
19 % 221 176 144 120 101

Come già evidenziato in precedenza, è importante esplicitare le ipotesi alla base


delle variabili utilizzate per la sensitivity analysis.
Un’ultima considerazione riguarda la possibilità di estendere l’analisi di sensitività
anche al metodo dei multipli; così come nel caso del DCF, anche il valore della
società, calcolato con l’ausilio di indicatori di mercato, può essere oggetto di
variazione in base all’oscillazione di una o più delle variabili sottostanti. A tal
proposito, potrebbe essere utile elaborare scenari di previsione, che contemplino
differenti livelli di Sales, EBITDA, EBIT o altre variabili, in relazione al modificarsi
di determinate condizioni. Anche in tal caso la variazione dei fundamental potrà
essere fatta risalire ad una modifica, rispetto alla situazione più probabile, dei
value driver sottostanti.

VI. Conclusioni

Da ultimo, è utile che i risultati ottenuti e le ipotesi definite siano riepilogate in


una sezione conclusiva, che, oltre a proporre il range di valori individuato

59
GUIDA ALLA VALUTAZIONE

per ogni metodo e l’intervallo preso in considerazione, consenta un immediato


confronto con il mercato, in modo da vagliare la ragionevolezza dei valori
individuati. A tal fine può essere interessante costruire una “matrice di valutazione”,
ovvero una tabella che, in relazione all’intervallo di prezzo prescelto e quindi al
variare del prezzo ipotizzato in sede di IPO, calcoli i principali multipli impliciti
della società, così da consentire un immediato confronto con i corrispondenti
multipli delle società comparabili presenti sul mercato.
La tabella seguente fornisce un esempio di “matrice di valutazione”.

Prezzo per Azione (€) 5,3 5,6 5,9 6,3 6,7 7,0 7,4 7,8 8,3 8,7 9,1
Equity (€ mln) 210 224 237 252 266 282 297 313 330 347 365
Posizione Finanziaria Netta (€ mln) 240 240 240 240 240 240 240 240 240 240 240
Enterprise Value (€ mln) 450 464 477 492 506 522 537 553 570 587 605
Multipli impliciti
EBITDA t+1 stimato 62,3
EV/EBITDA 7,2x 7,4x 7,7x 7,9x 8,1x 8,4x 8,6x 8,9x 9,2x 9,4x 9,7x

EBIT t+1 stimato 46,4


EV/EBIT 9,7x 10,0x 10,3x 10,6x 10,9x 11,2x 11,6x 11,9x 12,3x 12,7x 13,0x

Utile t+1 stimato 13,5


P/E 15,6x 16,6x 17,6x 18,6x 19,7x 20,9x 22,0x 23,2x 24,4x 25,7x 27,0x

60
I principi indicati nel presente documento costituiscono una guida di ausilio alla
quotazione, diretta principalmente alle società emittenti, agli intermediari che le
assistono, nonché alle società di revisione e ai consulenti esterni che partecipano
al processo di quotazione.
Obiettivi della guida sono la definizione di principi in linea con le migliori pratiche,
l’adozione di comportamenti riconosciuti e condivisi dalla comunità finanziaria e
la diffusione di un linguaggio omogeneo fra le parti. L’uso della guida potrà
pertanto contribuire al miglioramento e alla semplificazione delle procedure di
quotazione, innalzando al contempo la qualità del mercato e delle sue prospettive
di sviluppo.
La presente guida non è da considerarsi esaustiva e i principi in essa contenuti
hanno valore indicativo. Borsa Italiana non deve essere ritenuta responsabile per
eventuali imprecisioni ed errori che dovessero verificarsi nell’applicazione di
quanto contenuto nella medesima.
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