Percorso Monografico Proust
Percorso Monografico Proust
Percorso Monografico Proust
PERCORSO MONOGRAFICO
l’uomo e l’autore
Dal romanzo L’opera di Marcel Proust rappresenta un punto di svolta nella letteratura di fine Ottocento
naturalistico e del primo Novecento: segna il trapasso dal romanzo naturalistico al romanzo psicologi-
al romanzo co. Da un lato, è innegabile il debito che Proust contrae con la letteratura del XIX secolo:
psicologico la sua opera ha un marcato carattere autobiografico e risente del modello del “romanzo
di formazione”, tipico del Romanticismo; riecheggia anche il modello della grande rap-
presentazione d’epoca sperimentato da Honoré de Balzac (1799-1850) nel ciclo di
romanzi della Comédie humaine (“Commedia umana”), una sorta di immenso affresco di
un intero periodo storico. Dall’altro, tuttavia, l’analisi introspettiva che caratterizza l’ope-
ra di Proust è una componente nuova rispetto all’esperienza letteraria precedente. Se è
vero, infatti, che A la recherche du temps perdu (“Alla ricerca del tempo perduto”), il suo
capolavoro, offre al lettore un ritratto della società del tempo, al centro della narrazione si
colloca però non il dato storico-descrittivo, ma quello intimo e introspettivo, che fa del
romanzo un chiaro esempio di romanzo psicologico.
Una nuova Nell’opera di Proust, la descrizione dei personaggi e delle vicende che li coinvolgono fa
concezione da cornice alle riflessioni e alle memorie del narratore. L’elemento cronologico viene stra-
del tempo volto: la vicenda non si articola attraverso uno sviluppo temporale lineare, ma in base ad
narrativo una scansione regolata sui ritmi della memoria della voce narrante. Attraverso questo
“tempo interno” si delinea il profilo psicologico dei protagonisti, di cui è possibile osser-
vare le dinamiche del pensiero e le diverse sfaccettature della coscienza. Oltre al tempo,
si scompone ed articola dunque anche l’unità psicologica del protagonista, di cui si osser-
va il frammentarsi della personalità. Contrariamente ai personaggi della precedente pro-
duzione letteraria, infatti, quelli messi in campo da Proust mutano ed evolvono continua-
mente. Ed è questa la vera novità, la cifra originale dell’opera proustiana: riscoprire la real-
tà attraverso i mutamenti che essa opera, nel tempo, sulle persone e sulle cose.
La caduta Il nuovo modo proustiano di descrivere l’ambiente e i personaggi è il riflesso della crisi
degli dèi storica dell’aristocrazia e della borghesia francesi a cavallo tra l’Otto e il Novecento.
L’aristocrazia, con la fine della monarchia francese, è delegittimata e priva dei tradiziona-
li fondamenti istituzionali; la borghesia si allontana dalle idee progressiste che aveva
appoggiato al tempo della Rivoluzione e nel corso dell’Ottocento. La classe media si ada-
gia ora sulle posizioni di privilegio acquisite, preoccupandosi unicamente di mantenere il
primato sociale raggiunto. La saga romanzesca di Proust ha come sfondo proprio il “bal-
letto della sopravvivenza” di queste due classi al tramonto, delle quali offre una spietata
analisi dei valori così come dei limiti storici.
Il periodo che comprende gli ultimi anni del XIX e l’inizio del XX, fino alle soglie della Prima Guerra Mondiale, è deno-
minato Belle Époque: “bella epoca”, in francese.
Nelle grandi città europee, infatti, si conduce una vita agiata e brillante; i non pochi benestanti, in particolare, trascor-
rono molto tempo al ristorante, a ballare e a far festa nei propri palazzi o nei locali pubblici. Parigi, detta ville lumière
(“città luce”) per il suo moderno sistema di illuminazione, è la “capitale delle capitali”. Al Moulin rouge, un locale della
città, si può assistere, tutta la notte, alle sfrenate danze di can-can di famose ballerine, immortalate nei manifesti del
pittore Henry de Toulouse-Lautrec (1864-1901). L’atmosfera allegra e spensierata dei locali pubblici parigini è il simbo-
lo di un periodo della storia dell’Europa durante il quale tutto sembra andare nel segno del progresso in ogni campo.
Dal 1870 non si verificano guerre nel vecchio continente. La scienza e la tecnologia conoscono progressi straordinari:
la seconda rivoluzione industriale, basata sull’elettricità e sulla chimica, è in pieno sviluppo; nell’ultimo decennio del
secolo i fratelli Lumière inventano il cinematografo, mentre sorgono le prime fabbriche di automobili (nel 1899 la Fiat
di Torino); iniziano le prime prove di comunicazione senza fili, dopo gli esperimenti di Guglielmo Marconi, premessa
alla nascita della radio. Si diffondono le esposizioni universali; a Parigi, in occasione dell’Esposizione Universale del
1889, l’ingegnere Eiffel progetta la costruzione della torre che ne porta il nome, per la cui realizzazione sono usate
7500 tonnellate di acciaio.
La predominante concezione positivista, certa del progresso dell’umanità garantito dalla scienza, ritiene il Novecento
un secolo di sicura pace, di crescente benessere, di rapidissimo sviluppo tecnologico: il passaggio al nuovo secolo rap-
presenta il punto culminante della Belle Époque.
Anche molti intellettuali, artisti e scrittori sono contagiati dall’ottimismo: ne sono testimonianza fenomeni come il
Modernismo artistico o Art Nouveau, che si propone di avvicinare il mondo dell’arte alla vita di tutti i giorni attraver-
so la diffusione di oggetti artistici destinati all’uso quotidiano, e, per certi aspetti, lo stesso primo Futurismo, fautore di
una alleanza fra arte e industria, nel nome del culto della tecnologia e della modernità.
La poesia I primi scritti di Proust presentano un carattere “celebrativo” che investe anche la sua pro-
di Proust duzione in versi. L’esordio poetico è rappresentato da due serie di ritratti di musicisti e
pittori suoi amici. I versi di Proust non raggiungono mai le vette di eleganza della produ-
zione in prosa, neppure quelli che l’autore scrive nella fase matura della propria vita e
che invia a molte personalità del suo ambiente. Fra queste, Reynaldo Hahn, giovane
musicista di Caracas che diverrà nel 1945 direttore dell’Opera, ed il poeta e drammatur-
go Jean Cocteau (1889-1963), leader del movimento surrealista. Nella poesia di Proust
dominano il sarcasmo e l’humor nonché una spiccata leggerezza. Un esempio ci è dato
da una poesia incentrata sulla figura di Robert de Montesquiou.
Rigido come un palo, secco come una pietra, dov’è la sua grazia?
Sotto la palpebra sua mai si vedrà una lacrima.1
La caratura dei versi è modesta e il contenuto frivolo. Le poesie sono puri “divertimenti”,
alquanto ricercati nello stile ma troppo spesso intrappolati in una sintassi complessa e
nella forzata ricerca di immagini:
È là; secondo spiri Euro, Aquilone o Zéfiro, l’onda che abbiamo
eletta infrange il suo smeraldo o getta lo zaffìro sulle rocce
di porfido e lascia nella fuga mille perle di Ophir.2
Se la produzione poetica proustiana soffre di una evidente fragilità delle tematiche e di
un’eccessiva ricercatezza formale, in essa emerge tuttavia un’apprezzabile inclinazione
all’analisi intimistica.
Chopin, mare di lagrime, di sospiri e singhiozzi che una nube di farfalle
traversa senza posarsi, giuoco sulla tristezza o danza sulle onde.3
La lucidità di giudizio e l’acume descrittivo caratterizzano la raccolta Pastiches et mélan-
ges (“Imitazioni e miscellanee”, 1919). L’ironia dei primi comportamenti lascia sempre
più il posto all’indagine critica dei personaggi. Si iniziano a intravedere i volti e gli
ambienti che rappresentano i riferimenti stabili dell’universo proustiano. È proprio questo
l’aspetto più rilevante della poesia di Proust: rappresentare un terreno di prova, l’abboz-
zo del grandioso dipinto della élite ottocentesca ritratta qualche anno più tardi nelle pagi-
ne del suo grande ciclo romanzesco.
1 Da Chanson sur Robert (“Canzone su Robert”), Marcel Proust, Poesie, trad. a cura di F. Fortini, Einaudi, Torino, 1983.
2 Da A. Antoine Bidesco (“A Antoine Bidesco”), ibidem.
3 Da Chopin, ibidem.
Jean Santeuil Proust ha un rapporto controverso con l’alta società parigina: ne fa il proprio ambiente
elettivo, ma al contempo, con la sua sagacia critica, ne scopre i limiti e gli aspetti più
grotteschi. Les plaisirs et les jours ben rappresenta questi sentimenti. Ancora più signifi-
cativo, in questo senso, è il suo primo romanzo, Jean Santeuil, scritto tra il 1895 ed il
1904 (pubblicato postumo nel 1952), dopo il tentativo fallito di realizzare un grande
romanzo a carattere autobiografico. Lo stesso Jean Santeuil è una sorta di diario in cui
Proust ripercorre gli eventi della propria vita antecedenti il 1895. Nel romanzo prendo-
no vita gli ambienti e le figure che animano l’esistenza reale dello scrittore e che rivivran-
no nella Recherche. Attraverso le vicissitudini adolescenziali del protagonista – il roman-
ziere C., alter ego letterario dell’autore – Proust rievoca le atmosfere dell’amata Auteuil;
o ancora, nelle parole di M. Sandré, echeggia la preoccupazione del nonno Weil per le
inclinazioni letterarie del giovane protagonista; M. Beulier cela l’identità di Alphonse
Darlu, sotto la cui guida Proust ha compiuto gli studi filosofici; più avanti, la sfortunata
parentesi militare è descritta in alcuni capitoli della Settima Parte, mentre l’amicizia pro-
fonda con Reynaldo Hahn rivive nel rapporto fra il protagonista ed il giovane Henri de
Réveillon.
L’Affare Dreyfus: Unica eccezione all’autobiografia della narrazione è l’attenzione che Proust dedica al cele-
una ferita sociale bre Affare Dreyfus, nei capitoli V-IX della Parte Quinta. Alfred Dreyfus è un capitano del-
l’esercito, di origine ebrea, accusato e condannato per spionaggio a favore dei tedeschi. Il
governo, l’esercito e la Chiesa si oppongono alla revisione del processo, che considerereb-
bero un pericoloso segnale di deriva a sinistra della politica interna. Socialisti ed antimili-
taristi si coalizzano invece nella schiera dei dreyfusardi. Anche l’alta società si spacca sulla
questione: i salotti aristocratici monarchici e filo-cattolici sono in contrasto con quelli pro-
gressisti e borghesi. Gran parte degli intellettuali aderisce all’iniziativa dello scrittore Emile
Zola (1840-1902, principale esponente del Naturalismo). La sua lettera al presidente della
Repubblica, pubblicata nel celebre articolo intitolato J’accuse, prende posizione a favore
del capitano e solleva un grande movimento di opinione che culmina con la revisione del
processo. Nel corso di esso viene dimostrato che Dreyfus altro non è che il capro espiato-
rio utilizzato per insabbiare le torbide manovre di alti esponenti dell’esercito. L’apparente
estraneità del caso di cronaca all’interno della trama del Jean Santeuil si spiega facilmente:
funge da pretesto per illustrare, attraverso uno spaccato di cronaca, le dinamiche sociali di
un’intera epoca, colte significativamente in un momento di forti contrapposizioni.
Jean Santeuil, Lo spirito critico col quale Proust descrive la vita dei salotti parigini non equivale ad un
spartiacque atteggiamento di completo distacco da essi. Proust è parte integrante di questa realtà, si
della produzione muove con essa. Ha piena coscienza del suo declino, ma non lo vive in modo doloroso.
proustiana Non ha ancora un “tempo da ritrovare”, ma un “tempo da vivere”, nel cui flusso si lascia
trasportare. Solo quando la percezione della perdita irrevocabile del passato agiterà il suo
animo, in concomitanza con i lutti familiari e il sopraggiungere della maturità, avrà inizio
il cammino “alla ricerca del tempo perduto”. Nascerà allora nello scrittore l’esigenza di
ritrovare i volti e le immagini che rispecchiano il passato personale e, al contempo, quel-
lo di un’intera epoca e società. Il passaggio dalla descrizione di una realtà percepita come
attuale e viva alla ricerca di un tempo ormai trascorso segna dunque il vero discrimine fra
l’opera prima di Proust e la sua produzione matura.
La cognizione Nel 1990 Proust inizia la sua collaborazione con “Le Figaro”, con una serie di articoli
del dolore incentrati sulla vita dei salotti parigini e che, a partire dal 1903, appaiono nella rubrica
Salon. Al contempo studia l’opera dell’esteta e critico inglese John Ruskin (1819-1900),
fondamentale per lo sviluppo della propria poetica. Sono gli anni più dolorosi della vita
di Marcel, che tra il 1903 ed il 1905 perde entrambi i genitori. A opprimere lo scrittore è
soprattutto la perdita della madre. La prostrazione che ne deriva si traduce in un biennio
di silenzio letterario. Proust torna a comporre solo nel 1908, col saggio critico Contre
Saint-Beuve ( “Contro Saint-Beuve”, pubblicato postumo nel 1954), incentrato sulla figu-
ra del critico Saint-Beuve (1804-1869), di cui Proust non condivide la concezione “ludi-
ca” della letteratura, relegata da questi al ruolo di semplice “svago culturale”. Nel saggio
si fa strada il primo abbozzo della poetica matura di Proust, soprattutto là dove identifica
la missione della letteratura nel fare emergere la personalità profonda dello scrittore, l’io
sotterraneo che si cela dietro la finzione narrativa. Il saggio anticipa alcuni temi e perso-
naggi che vivranno nella produzione successiva. Ormai i tempi sono maturi per il capola-
voro. Si fa strada quel sentimento di “perdita” che Marcel vive in prima persona sia sul
piano degli affetti (in relazione alla perdita dei propri cari e, con essi, delle proprie ideali
origini), sia su quello del tramonto del dorato mondo dell’aristocrazia.
Signore,
finalmente un lettore che intuisce che il mio libro è un’opera dogmatica e struttu-
rata. E che gioia per me che siate voi quello. […] Come artista, ho trovato più one-
sto e delicato non rivelare, non proclamare che quel che mi prefiggevo era la ricer-
ca della verità, e in che cosa essa consisteva per me. A tal punto detesto le opere
ideologiche nelle quali la narrazione un continuo tradimento delle intenzioni del-
l’autore, che ho preferito non dire nulla. È solo alla fine del libro […] che il mio
pensiero si paleserà.
Gli ultimi anni L’epistolario, fra l’altro, tradisce tutta l’amarezza di Proust per le resistenze che gli editori
oppongono alla pubblicazione della Recherche. Gallimard, Olendorf e Fasquelle rifiutano
il manoscritto. Solo Grassé, nel 1913, dà alle stampe, a spese dell’autore, Du coté de chez
Swann (“La strada di Swann”), la prima parte del romanzo. Dal 1919 al 1922 sono editi
da Gallimard altri volumi, fra cui A l’ombre des jeunes filles en fleurs (“All’ombra delle
fanciulle in fiore”), che vale all’autore il premio Goncourt e la definitiva consacrazione let-
teraria. Premiato nel 1920 con la Legion d’Onore, Proust lavora alla Recherche fino alla
morte, sopraggiunta nel 1922 a seguito di un attacco di asma bronchiale. Tra 1923 e 1927
escono postumi gli ultimi tre volumi del ciclo, curati dal fratello dell’autore, Robert, e dal
critico letterario Jacques Rivière. La fortuna di Proust, affermatasi negli ultimi anni della
sua vita, prosegue e si amplia dopo la sua morte, anche grazie all’insistente battage pub-
blicitario promosso dall’editore Gallimard, che allo scrittore scomparso dedica anche il
fascicolo Hommage a Marcel Proust (1923).
Ideologia e poetica
I fondamenti Il secondo Ottocento segna l’affermazione dell’ideologia positivistica, basata sulla fede
del pensiero incrollabile nella possibilità per l’uomo di interpretare razionalmente la realtà attraverso i
proustiano: la principi della scienza. Sempre attraverso la scienza si creano i presupposti della nuova
teoria di Bergson morale borghese, fondata sul primato della tecnica e sui valori della produzione e del pro-
fitto. Proprio dalla scienza, però, giungono inaspettatamente le teorie che contribuiscono
a smantellare l’universo oggettivo del Positivismo (in particolar modo gli studi che antici-
pano la teoria della relatività di Albert Einstein). Ne deriva una ridefinizione del concetto
di tempo, che coinvolge inevitabilmente anche il pensiero filosofico. In particolare, il filo-
sofo Henri Bergson sostituisce al concetto di tempo “cronologico” quello di tempo “inter-
no”, costituito dalla memoria. Bergson, nel definire la sua concezione di tempo, opera
però una netta distinzione tra la conoscenza che nasce da un atto volontario di ricordo e
quella che invece agisce mediante l’intuito. Solo quest’ultima è la memoria in grado di rie-
vocare i passaggi più significativi della vita di un individuo, quella capace di illustrare e
portare alla coscienza le fasi della crescita psicologica e dei mutamenti intervenuti nel
corso del tempo.
La memoria Proust viene fortemente influenzato dalle teorie di Bergson. Concepisce il tempo come
come unica una successione di eventi che emergono da diversi livelli della memoria e che vengono
salvezza recuperati e ordinati tramite il ricordo improvviso. Tale successione non segue la scansio-
ne cronologica tradizionale, bensì si articola in base all’ordine con cui i ricordi accedono
alla coscienza del narratore. La memoria è l’unico strumento con cui l’uomo può osser-
vare i cambiamenti della realtà che lo circonda, tramite il raffronto tra ciò che era e ciò
che è. La memoria dunque “salva” l’uomo, in quanto lo rende cosciente della vera natu-
ra di sé e delle cose, sostituendo ad una vaga aspettativa extra-terrena il profondo e since-
ro legame con la vicenda esistenziale sua e del suo mondo. Come nel pensiero di Bergson,
la memoria di Proust è una memoria involontaria, che opera repentina e inattesa, attivata
da improvvise associazioni e inaspettati riflussi del passato. Il ricordo volontario, invece,
agisce su un piano più materiale e viene inevitabilmente corrotto dalle aspettative gene-
rate dalla mente che lo esprime.
Origine Nel 1900 Proust inizia una dettagliata analisi dell’opera del critico ed esteta inglese John
di una poetica Ruskin (1819-1900), peraltro già conosciuta negli anni degli studi universitari. Ne traduce
due opere, La Bible d’Amiens (“La Bibbia di Amiens”, 1904) e Sesame et les lys (“Sesamo
e i gigli”, 1906), attraverso le quali approfondisce la propria conoscenza dell’architettura,
della pittura e della scultura. Nel saggio John Ruskin (1900), Proust fa proprie le teorie
estetiche del critico. Lo scrittore diviene per Proust un sacerdote della natura. L’artista non
è creatore, bensì pittore, tramite di raffigurazione del mondo reale, che egli deve rappre-
sentare senza arricchirlo o alterarlo. In tale concezione si ravvisa già l’elemento fondante
della poetica matura di Proust: la realtà comunicata tramite la scrittura non può essere un
semplice parto della fantasia. In altre parole, essa non va inventata, ma piuttosto percepi-
ta, semplicemente raccolta e rappresentata. Quando le teorie di Bergson faranno definiti-
vamente breccia nell’animo di Proust, allora il suo vago concetto estetizzante di percezio-
ne si tradurrà nel potere evocativo della memoria, nel suo esclusivo ruolo di “raccontare”
la realtà.
La poetica La concezione soggettiva del tempo, propria della fase matura della produzione di Proust,
matura si fonda su un’idea di letteratura come il più efficace strumento di cui l’uomo dispone per
cogliere le trasformazioni che il tempo reca con sé. La scrittura, come l’arte in generale,
ha il compito di superare la visione del mondo per cui le cose che si sperimentano nel
presente sono fisse e immutabili. Al contrario, attraverso improvvisi lampi di memoria,
brani di passato tornano a rivendicare il proprio ruolo fondamentale nella costruzione del
presente. Lo scrittore, nel raffronto tra la realtà passata e quella presente, può così pren-
dere coscienza dell’evoluzione e delle stratificazioni della propria personalità e dell’am-
biente esterno.
PERCORSO MONOGRAFICO
Alla ricerca del tempo perduto
Un’opera Un giorno Proust confida alla governante Céleste Albaret: Vedete, Céleste, io voglio che,
“cattedrale” nella letteratura, la mia opera rappresenti una cattedrale. Ecco perché non è mai comple-
ta. Anche se già innalzata, occorre sempre d’ornarla di una cosa o l’altra, una vetrata, un
capitello, una piccola cappella che si apre, con la sua piccola statua in un angolo.
L’autore inizia la stesura della Recherche nel 1906 e da questo momento fino al 1922,
anno della morte, dedica ogni istante della propria vita ad ampliarla. Egli paragona la sua
opera alla costruzione di un immenso edificio, una cattedrale, il cui impianto fondamen-
tale viene via via arricchito da parti accessorie rispetto al nucleo centrale. Tuttavia, nono-
stante la sua complessità, la Ricerca segue un percorso ben definito. In essa, infatti, Proust
ripercorre le proprie esperienze biografiche attraverso gli avvenimenti della vita del prota-
gonista. Come questo, giunge alla conclusione che rivivere il passato attraverso la memo-
ria non è il vero scopo del ricordare. Rievocare il passato è solo un mezzo per capire i
propri cambiamenti nel tempo e quale sia, infine, la propria collocazione nella realtà. E
poiché i ricordi emergono in modo occasionale e frammentario, anche la trama del
romanzo non è sempre lineare, ma caratterizzata da ampie digressioni che prendono
spunto dai ricordi improvvisi del protagonista.
La strada Nel 1913 Proust pubblica a proprie spese Du coté de chez Swann (“La strada di Swann”o
di Swann “Dalla parte di Swann”). Il manoscritto non incontra l’interesse degli editori ed anche il
pubblico riserva al romanzo un’accoglienza piuttosto fredda. Nel romanzo si avvia la
vicenda autobiografica di Marcel, narratore e protagonista, che rievoca la propria fanciul-
lezza nella cittadina di Combray, luogo di villeggiatura della famiglia. Qui Marcel ha
modo di conoscere i Guermantes, gli antichi feudatari del luogo, della cui nobiltà sente
fortemente il fascino, e Swann, uno stimato gentiluomo, compagno della nota cocotte1
Odette de Crécy. Marcel narra la vicenda amorosa dei due, da quando Swann viene spin-
to dalla propria passione a seguire Odette nel mondo a lui poco congeniale della borghe-
sia degli affari, fino al matrimonio, che interviene tuttavia quando la passione amorosa è
ormai spenta.
Il Marcel Fin dalle prime pagine del romanzo, appare evidente che l’autore ripercorre le proprie
della Recherche, esperienze di vita. L’intento autobiografico si realizza col parallelo tra Marcel-autore e
“doppio” Marcel-protagonista. La narrazione fornisce a Proust il pretesto per descrivere i personag-
letterario gi che lo circondano nel mondo reale e, al contempo, per raccontare la ricerca della pro-
dell’autore pria identità attraverso la memoria. Così, tramite l’ambientazione a Combray, vengono rie-
vocati i soggiorni dei Proust ad Auteuil e Illiers, i luoghi e le atmosfere dell’infanzia. Anche
il protagonista regredisce nel tempo, sul filo dei ricordi dei primi anni di vita. La sensazio-
ne legata a un sapore da tempo non gustato (nel celebre episodio della madeleine) gli fa
rivivere l’infanzia trascorsa a Combray. Ad accomunare autore e narratore, oltre l’ansia di
ritrovare il passato, sono anche il carattere e le inclinazioni. Entrambi provano una forte
attrazione per il mondo aristocratico, incarnato dalla nobile famiglia dei Guermantes;
entrambi esprimono uno spiccato snobismo nei confronti dei parvenus, i nuovi ricchi, gli
esponenti della classe borghese arricchitasi nel corso del XIX secolo attraverso le imprese
commerciali ed industriali.
All’ombra Nel Bois de Boulogne, a Parigi, Marcel incontra Gilberte, la figlia di Swann e di Odette, e
delle fanciulle se ne invaghisce. La storia di questo amore giovanile, tenero e tirannico al contempo,
in fiore occupa gran parte di A l’ombre des jeunes filles en fleurs (“All’ombra delle fanciulle in
fiore”). Il romanzo, pubblicato nel 1919, ha decisamente maggior fortuna del primo e vale
a Proust il premio letterario Goncourt. In esso si assiste alla irresistibile ascesa sociale di
Odette ed al contemporaneo declino di Swann che, da fine gentiluomo, va progressiva-
1 Dal francese, letteralmente gallina, cocca (linguaggio infantile), per estensione donna di facili costumi; qui, nel roman-
zo, “mantenuta”.
e commentatori dell’opera di Proust sono infatti stati attratti più dalla struttura e dallo stile
della Recherche che dal suo percorso poetico. Solo i critici più attenti hanno colto il legame
profondo tra lo stile e la visione della realtà dell’autore. In particolare, Leo Spitzer è il primo
a sottolineare il legame intenzionale tra il periodare ostico della Recherche e il lavorio spiri-
tuale dell’autore, elevando Proust al ruolo di modello di teoria letteraria.
L’influsso L’esordio della Recherche è estremamente difficoltoso. Diversi grandi editori rifiutano il
della Recherche manoscritto come si è visto, e, anche quando Proust riesce a pubblicarne a proprie spese
sugli scrittori la prima parte, l’accoglienza del pubblico è piuttosto fredda. Diverso è l’esito dei succes-
del Novecento sivi episodi, che valgono all’autore i primi riconoscimenti anche presso il mondo lettera-
rio. Il successo, anche di critica, di All’ombra delle fanciulle in fiore agevola l’uscita degli
altri volumi del romanzo. Tutto questo consente alla fama dello scrittore di oltrepassare i
confini della Francia, come testimonia, ad esempio, l’interesse del drammaturgo irlande-
se Samuel Beckett (1906-1989), espresso nel celebre saggio Proust (pubblicato nel 1931).
Acclamato dai propri contemporanei, Proust esercita un’influenza assai rilevante anche
sulle successive generazioni di scrittori. Tracce della sua personalità si scorgono nell’ope-
ra di diversi autori della prima parte del XX secolo, come l’inglese Virginia Woolf (1882-
1941) e l’americano Henry Miller (1891-1980). Questi tendono però a recuperare di
Proust l’aspetto meno originale, quello del “romanzo di formazione”, e ad assimilarne la
tecnica narrativa piuttosto che le tematiche.
La melodia dell’esistenza
Il brano descrive una serata trascorsa da Marcel nel salotto dei Verdurin, famiglia di ricchi borghesi. Nel corso
della serata è prevista l’esibizione di un pianista, la cui performance diventa per Swann il pretesto per un tuffo
nella memoria. Le note della composizione, infatti, gli rievocano un brano per pianoforte e violino ascoltato
qualche tempo prima. La melodia che ha aperto l’anima di Swann in quell’occasione ritorna ora, dapprima
non completamente distinguibile, nei contorni imprecisi del ricordo, poi via via più chiara. Il modo in cui
opera la memoria involontaria è evidente. La frase musicale è inizialmente irriconoscibile, ma attraverso il
confronto col resto della sonata si distingue e si rende visibile. Lo stesso accade alla coscienza del protagoni-
sta, che nel corso del romanzo, tramite continue digressioni nella memoria, può osservare separatamente le
evoluzioni della propria personalità e poi, confrontandole, individuare la propria natura originaria.
Un concerto in casa Proust
Questo episodio, a differenza di altri nel corso della Recherche, non è autobiografico. Non avendo vissuto
personalmente una simile esperienza di ricordo, Proust la ricrea artificialmente nel proprio appartamento pari-
gino. Qui, nell’acustica perfetta di una stanza completamente foderata di sughero, lo scrittore assiste a diver-
se esibizioni del Quartetto Poulet, specializzato in musica da camera e da lui pagato perché esegua a domi-
cilio celebri componimenti di Mozart, Schumann, Ravel, Fauré. L’autore ha voluto inserire questo episodio per
meglio chiarire il meccanismo della memoria sotto l’influsso delle sensazioni fisiche, già descritto nell’episo-
dio della madeleine.
L’anno precedente, a una serata, aveva ascoltato un pezzo di musica eseguito dal
pianoforte e dal violino. Dapprima non aveva goduto che della qualità materia-
le dei suoni secreti1 dagli strumenti. Ed era stato già un grande piacere quando,
sotto l’esile linea2 del violino, tenue, resistente, densa e direttiva3, d’un tratto
5 aveva veduto cercare di elevarsi uno sciagottio liquido, la massa della parte per
pianoforte, multiforme, indivisa, piana e contrastante come il tumulto viola dei
flutti che incanta e bemolizza la luna4. Ma, in un certo momento, senza poter
1. secreti: emessi. Il termine attribuisce una qualità quasi 3. direttiva: si fa riferimento alla linea melodica del violino
liquida al suono, iniziando la sequenza di sinestesie con le e alla sua funzione di guida nell’ambito del brano.
quali Proust descrive la sonata; si vedano, poco dopo, le 4. bemollizza la luna: il bemolle è un’alterazione della nota
espressioni densa, sciagottio (ondeggiare) liquido, tumulto che si ha quando questa diminuisce di mezzo tono, gene-
viola dei flutti. rando un suono intermedio e “triste”, sospeso, “pallido”
2. linea: melodia come il chiaro di luna.
5. odori di rose: sinestesia che lega il suono della musica ne tra la musica e una sensazione tattile, in questo caso
alla scia incerta di profumo lasciata dalle rose. quella propria di un liquido.
6. ordine d’impressioni: le diverse sensazioni provate dal 11. facsimili: copie simili all’originale.
protagonista all’ascolto della melodia. Questa non stimola 12. frasi: passaggi musicali.
solo il suo udito, ma ne coinvolge ogni capacità di percezio- 13. sommaria e provvisoria: approssimativa. Il ricordo vo-
ne, così che ogni singolo senso rielabora la musica in base lontario non riesce a fissare e richiamare a comando la sen-
alla propria funzione, generando le immagini (sinestesie) con sazione del ricordo spontaneo.
cui Marcel descrive la melodia: cfr. note 1, 5, 7, 9, 10. 14. aggruppamenti… grafia… valore espressivo… ricorda-
7. sine materia: dal latino, “senza materia”, in riferimento re la musica: riferimenti alla scrittura musicale, ai gruppi di
alla natura impalpabile del suono. note ed ai segni grafici che suggeriscono e fissano l’inter-
8. altezza e quantità: tono e volume di una nota. pretazione del brano.
9. superfici di dimensioni varie: immagini fisiche, ricondu- 15. inintelligibile e precisa: non spiegabile dalla ragione,
cibili al tatto, che esprimono la melodia udita dal protago- eppure capace di raggiungere e sorprendere l’animo del
nista. protagonista.
10. la sua liquidità ed il suo “fluido”: ennesima associazio- 16. voluttà: piacere.
Quell’amore per una frase musicale parve per un momento suscitare in Swann
la possibilità d’una specie di ringiovanimento.
Ora, dalla signora Verdurin, qualche minuto appena dopo che il piccolo pianista
aveva cominciato a suonare, d’un tratto, dopo una nota alta tenuta a lungo per
55 due battute17, vide avvicinarsi, sfuggendo di sotto a quella sonorità prolungata e
tesa come una cortina sonora per celare il mistero della sua incubazione18, e
riconobbe, segreta, sussurrante e distaccata, la frase aerea e odorosa19 che egli
amava. Essa era così singolare, aveva un incanto così individuale e a cui nessun
altro avrebbe potuto supplire20, che per Swann fu come avesse incontrato in un
60 salotto amico una persona che avesse ammirata per via e disperasse di ritrovar
mai. Alla fine, essa s’allontanò, indicatrice, diligente, tra le ramificazioni del suo
profumo, lasciando sul volto di Swann il riflesso del suo sorriso. Ma ora egli
poteva domandare il nome della incognita (gli dissero che era l’andante21 della
Sonata per pianoforte e violino di Vinteuil), la possedeva, l’avrebbe potuta avere
65 presso di sé così spesso come avesse voluto, e tentare di apprendere il suo lin-
guaggio e il suo segreto.
da Alla ricerca del tempo perduto, trad. a cura di N. Ginzburg, Einaudi, Torino, 1961
17. battute: la battuta è l’unità di misura nella partitura mu- 20. supplire: sostituire.
sicale. 21. andante: movimento o parte di un componimento mu-
18. incubazione: periodo di sviluppo pre-natale. sicale, caratterizzato da un ritmo moderatamente sostenuto.
19. aerea e odorosa: inafferrabile e profumata (cfr. nota 5).
La Sonata di Vinteuil
La Sonata di Vinteuil, citata nell’episodio, è frutto della fantasia dello scrittore, ispirata da diversi modelli.
Su tutti sembrano dominare le atmosfere crepuscolari e marine di Claude Debussy (1862-1918), che nel
primo movimento del poema sinfonico La mer propone un “canto” di sette note affatto simile alla frase del
fantomatico Vintueil, che tanto incanta Swann. Una fonte più remota si può inoltre trovare nelle frasi deli-
cate del Quintetto per pianoforte di César-Auguste Franck (1822-1890), richiesto da Proust proprio in occa-
sione dei concerti a domicilio.
Le parole dell’estasi
A differenza di quello che accade in altri episodi generati dal ricordo, in quello della Sonata di Vinteuil
non v’è traccia di dolore o angoscia esistenziale. Prevale anzi un sentimento di pace interiore, quasi di
estasi. Il piacere grande procurato dall’ascolto si amplifica e si allarga agli altri sensi. Si generano sineste-
sie: l’armonia diviene, nelle parole dell’autore, come certi odori di rose, vagando nell’aria umida della
sera. Il suono assume quasi un carattere fisico, dilatandosi fino a coprire... superfici di dimensioni varie, a
tracciare arabeschi, dando sensazioni di vastità, di tenuità. La musica assume la qualità dell’acqua, quan-
do il suono del violino cerca di emergere e si solleva in uno sciagottio liquido. Diventa colore quando
ricorda il tumulto viola dei flutti, o quando i suoi toni “bemollizzano” la luna. Il ritmo lento della prosa si
fonde con quello del brano musicale, esprimendo un languido e piacevole abbandono, dolcemente malin-
colico, incessante e dolce.
PERCORSO MONOGRAFICO
avoro sul testo
Analisi testuale
1. Come dimostra questo brano, Proust richiama alla mente sensazioni uditive, olfattive, visive, ricorren-
do spesso alla figura retorica della sinestesia;
a. annota di seguito le sensazioni rievocate nel brano:
…………………………………………………………………………………………………………………….……………….....………
b. commenta per iscritto (max. 15-20 righe di foglio protocollo) l’effetto che esse producono.
2. Sottolinea gli aggettivi presenti nel brano; distingui quelli con funzione attributiva da quelli con fun-
zione predicativa e inseriscili opportunamente nella seguente tabella:
L’ideologia svelata
La vicenda di Marcel e quella del suo creatore, simmetriche e speculari, infine si incontrano. Parlando del pro-
tagonista del proprio romanzo, l’autore spiega se stesso, nonché l’origine ed il significato della sua creazione.
Celato per tutta la narrazione, esso può ora esprimersi appieno. Il protagonista-autore ha trovato il suo “tempo
perduto” e ne afferra la reale importanza. Il ricordo non gli appare più come una nostalgica fuga nel passato,
bensì come l’unico mezzo per comprendere il proprio percorso esistenziale e i propri cambiamenti nel tempo.
In tale crescita, e solo in essa, consiste tutto il possibile significato dell’esistenza.
E io potei vedermi negli occhi dei vecchi, che, secondo loro, erano rimasti giova-
ni, così come credevo d’esser rimasto tale anch’io, e che, quando mi dichiaravo
vecchio davanti a loro (per riceverne una smentita), non avevano nei loro sguar-
di, con i quali mi vedevano come non vedevan se stessi, e come io vedevo loro,
5 il minimo segno di protesta1. Ché ognuno di noi non vede la propria immagine,
la propria età, ma, come uno specchio contrapposto, quella degli altri. [...]
1. il minimo segno di protesta: l’obiezione che Marcel vor- re invecchiato, per sentirsi in realtà dire il contrario (per
rebbe avere dagli altri, quando egli stesso ammette di esse- riceverne una smentita).
da Alla ricerca del tempo perduto, trad. a cura di G. Caproni, Einaudi, Torino, 1961
16. un posto… prolungato a dismisura: l’autore svela infi- ze e in esse ritrovare l’unico elemento costante della vita,
ne la vera natura dell’uomo e spiega la finalità del ricorda- la propria vera identità.
re: riconoscersi come il risultato di tutte le proprie esperien-
Jean Santeuil rappresenta il primo tentativo di Proust di scrivere un grande romanzo autobiografico. L’opera
descrive le varie fasi della crescita del protagonista, dal rifiuto adolescenziale delle origini borghesi, motivato
dall’attrazione per il mondo aristocratico, fino al graduale riavvicinamento ai genitori e al mondo da cui pro-
viene. Jean Santeuil rimane incompiuto (sarà pubblicato postumo), ma fornisce il materiale per i primi volu-
mi della Recherche.
Per la sua trama – il percorso di maturazione personale e sociale del protagonista – il romanzo sembrerebbe
un tipico esempio di Bildungsroman (romanzo di formazione). Tuttavia, l’eccessiva frammentarietà della nar-
razione e la mancanza di un legame solido tra la vicenda personale di Jean e la contestualizzazione storica
impediscono una completa collocazione di Jean Santeuil nell’ambito di questo genere.
Il romanzo si apre con un’ampia introduzione, redatta nel marzo 1896, che
dovrebbe fornire all’opera una sorta di cornice. Vi figura un giovane narratore
anonimo che, nel corso di una vacanza a Beg-Meil, in compagnia di un amico,
incontra un romanziere, indicato a volte come C., a volte come B., e osserva con
5 curiosità l’alternarsi in lui di felici momenti di ispirazione e di paralizzanti acces-
si di snobismo. Qualche anno più tardi, il romanziere gravemente ammalato
manda a chiamare i due giovani conosciuti in Bretagna e affida loro il manoscrit-
to della sua ultima opera, presumibilmente in gran parte autobiografica, benché
narrata in terza persona da un narratore esterno: la storia di Jean Santeuil.
10 Alla cornice introduttiva succede la narrazione dell’infanzia e dell’adolescenza di
Jean […], illuminata dall’amicizia di un compagno di scuola, Henri de Réveillon.
Aristocratico, sportivo, più amante della botanica che della letteratura, Henri sem-
bra offrire a Jean, di cui riconosce la superiorità intellettuale, il solido appoggio
di una serenità e di un equilibrio senza inquietudini e cedimenti. […]
15 Nel mondo dei Réveillon Jean compie il suo apprendistato mondano; conosce
umiliazioni e trionfi, impara a decifrare le leggi non scritte che regolano l’ascesa
degli snob, le finzioni universalmente accettate, i rapporti di forza tra individui e
tra gruppi. La sua “educazione” si completa attraverso diverse esperienze amoro-
se: le cieche ossessioni della gelosia lo riportano all’angoscia infantile della tene-
20 rezza negata, all’impossibilità di un amore che sia quieta beatitudine, certezza
senza ombre.
Nel frattempo, i suoi genitori sono invecchiati: il padre ha deposto le orgogliose cer-
tezze del suo “positivismo irragionato”, la madre il moralismo suscettibile di un
ambiente dagli orizzonti ristretti. Entrambi, non più sostenuti dalla rigidità dei pregiu-
25 dizi che per tanto tempo hanno opposto all’irrequietezza del figlio, perdono terreno
davanti al mondo che si trasforma, davanti all’incalzare del tempo e della morte, men-
tre Jean, lungi dal godere del proprio trionfo, soffre del tramonto di quegli ideali e di
quei valori che pure hanno pesato in modo soffocante sulla sua giovinezza.
Nelle pagine sulla vecchiaia dei genitori – che segnano la punta estrema, il
30 momento più avanzato della cronologia del racconto – non si parla della voca-
zione di scrittore di Jean; anzi, si dice che Jean è così assorbito dalla vita monda-
na da non trovar più, come in passato, il tempo di scrivere. Noi sappiamo tutta-
via dall’introduzione che Jean diverrà il romanziere C.; il romanzo però si inter-
rompe senza che la maturazione affettiva di Jean, che lo porta a riconciliarsi con
35 i genitori, si saldi in qualche modo con la sua maturazione artistica, che si profi-
la nel momento in cui, davanti al riemergere del ricordo involontario, egli impa-
ra ad ascoltare la voce dell’“ispirazione”, dell’“immaginazione”.
Benché critici e commentatori abbiano insistito da sempre sul carattere informe e
magmatico di questo primo tentativo romanzesco proustiano – contrapponendo-
1. Johann Wolfgang Von Goethe (1749-1832), poeta e romanziere tedesco, scrisse L’apprendistato di Wilhelm Meister tra
il 1795 ed il 1829. Infanzia (1851), Adolescenza (1852-1854) e Giovinezza (1855-1856) sono romanzi autobiografici dello
scrittore russo Lev Nicolaevic Tolstoj (1828-1910). L’Educazione sentimentale (1843-1845) è una delle opere più note dello
scrittore francese Gustave Flaubert (1821-1880). I libri citati rientrano nel genere del “romanzo di formazione”, così defi-
nito in quanto incentrato sulle fasi di maturazione (sociale, ideologica, ecc.) del protagonista.
2. Letteralmente: “sentimento di una vita continua”. L’espressione fa riferimento alla concezione proustiana della memoria,
secondo la quale la personalità e la coscienza dell’individuo non sono il riflesso della sola realtà presente, bensì sono deter-
minate dallo stratificarsi nel tempo delle esperienze vissute. Così l’identità di un individuo non è determinata soltanto dalle
condizioni contingenti, ma è la risultante del recupero del passato attraverso la memoria involontaria. La vita è “continua”,
dunque, in quanto passato e presente vivono nella coscienza come due piani coincidenti e simultanei.
Il saggio John Ruskin (1900) testimonia l’ammirazione di Proust nei confronti della dottrina del critico d’arte
inglese. La sua idea dell’artista come tramite neutro fra la realtà e la sua percezione da parte degli uomini rap-
presenta il nucleo centrale della prima poetica proustiana. Tuttavia, col passare del tempo e con la propria
maturazione, l’autore della Recherche si allontana dalle idee di Ruskin (è questo uno problemi più dibattuti
dalla critica proustiana).
La principale differenza tra Ruskin e Proust sembra consistere nel contrasto tra l’ideale di contemplazione este-
tizzante, passiva e languida del primo, e l’ideale della ricerca attiva e tormentata del secondo. Proust, nono-
stante la grande raffinatezza stilistica che lo caratterizza, rifiuta l’approccio estetico e compiaciuto alla scrit-
tura. Solo il sentimento creativo e sofferto che muove l’indagine attraverso l’animo umano è degno di riempi-
re le pagine di un’opera letteraria. Non la fuga nella “bella malinconia” del ricordo.
4. Swann, Bergotte ed Elstir sono personaggi della Recherche. In particolare, gli ultimi due rappresentano figure di pittori
nei quali si riflette la personalità del critico John Ruskin.
5. George D. Painter, traduttore e responsabile della sezione libri a stampa del British Museum di Londra, è autore della
biografia Marcel Proust, edita in Italia da Feltrinelli nel 1966.
6. Opera letteraria che combina temi, linguaggi e stili differenti.
7. Parola francese che significa “schizzo”, “bozzetto”. Ricorda l’abitudine di Ruskin, e dunque del suo alter-ego letterario
Bergotte, di chiosare i suoi libri con schizzi che raffigurano opere d’arte.
8. Joseph Mallord William Turner (1775-1851), pittore paesaggista inglese.
9. James Abbott McNeill Whistler (1834-1903), pittore americano.
10. L’espressione punto zero indica il proposito del protagonista-narratore di scrivere un resoconto della propria esisten-
za, realizzando di fatto un romanzo strutturato come la stessa Recherche. In questo modo il narratore si identifica con l’au-
tore, nel momento in cui questo inizia la stesura del proprio monumentale lavoro.