Packard Vance - I Persuasori Occulti
Packard Vance - I Persuasori Occulti
Packard Vance - I Persuasori Occulti
Uno degli studi più interessanti condotti dalla Weiss e Geller fu una analisi
psichiatrica sul ciclo mestruale della donna e sugli stati emotivi che si accompagnano
ad ogni fase del ciclo. Scopo della indagine, come ho detto, era di individuare il tipo di
messaggio pubblicitario che ha maggiori probabilità di suggestionare le donne
durante le varie fasi della mestruazione. In una fase (detta alta) la donna tende a
sentirsi creativa, sessualmente eccitabile, propensa al narcisismo, alla generosità,
all’amore, e a uscire di casa. Nella fase «bassa”, essa ha invece bisogno, e pretende
di essere al centro d’ogni attenzione, esige manifestazioni d’amore e sollecitudine.
Uscirà poco di casa, la sua immaginazione lavorerà meno. Weiss spiega:
“È evidente che, per raggiungere la massima efficacia, il messaggio deve far presa in
entrambe le direzioni. Ad esempio, lo stesso richiamo che reclamizza una polvere
“istantanea” per dolci può attrarre sia la donna che si trova in uno stato d’animo
creativo ed è tentata di provare qualcosa di nuovo, sia la donna le cui esigenze
emotive, in quel particolare momento, sono invece soddisfatte da un dolce che
promette “niente lavoro, niente preparazione, niente ricetta”.
Così, dunque, i fabbricanti dei più diversi prodotti cominciarono a considerare i loro
clienti potenziali sotto una luce completamente nuova, e alquanto bizzarra. I segreti
desideri, i bisogni e gli impulsi irrazionali del pubblico vennero accuratamente
scandagliati per trovarne i punti più vulnerabili. Tra i fattori inconsci che compongono
il profilo emotivo di quasi tutti gli uomini si scoprirono, ad esempio, la tendenza al
conformismo, il bisogno di stimoli orali, e di sicurezza. Non appena tali punti deboli
furono individuati, gli ami psicologici furono innescati e calati nel mare del commercio:
gli ignari clienti avrebbero certamente abboccato.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 38
Secondo alcuni psicologi, l’occhio della donna è attratto immediatamente dai prodotti
contenuti in involucri rossi; mentre lo sguardo dell’uomo corre d’istinto agli involucri
blu. Gli specialisti del ramo hanno tentato di spiegare in vari modi la predilezione
delle donne per il rosso. Un grafico pubblicitario, Frank Gianninoto, ha una sua
curiosa teoria. Egli afferma che la maggior parte delle donne lascia gli occhiali a
casa, o meglio, preferisce non portare gli occhiali in pubblico se non in casi di
assoluta necessità; per aver successo, una scatola deve quindi spiccare nettamente
“dalla nebbia”.
Tuttavia, secondo altri esperti, il fattore fondamentale che, nella giungla del
supermarket, determina l’acquisto impulsivo, è la posizione del prodotto sullo
scaffale. I venditori più accorti procurano infatti che i prodotti più costosi (sui quali il
margine di profitto è più alto) vengano collocati al livello dell’occhio.
Entro il 1955, in quasi tutti i supermarket le merci e i reparti erano disposti secondo
un piano preciso, destinato a mettere in evidenza i prodotti maggiormente suscettibili
di “acquisto impulsivo”. In molti empori essi erano stati collocati lungo la prima o
unica corsia che il cliente potesse infilare.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 117
Nella analisi di Warner, la Signora Maggioranza è una creatura relativamente infelice,
che si sente un po’ sola, un po’ isolata, per cui, quando si volge alla televisione, spera
di trarne l’immagine di un mondo più allegro di quello in cui trascorre le sue giornate.
La Social Research osservò che, ove produttori e finanziatori di programmi televisivi
sappiano comprendere le sue aspirazioni profonde, ne saranno ampiamente
ricompensati sul terreno delle vendite. Secondo le parole dell’agenzia “essa soffre di
un senso di estraniazione dal mondo, che la spaventa e le riesce incomprensibile; e
di un senso di solitudine mentre accudisce alle faccende di casa. I programmi
pomeridiani devono perciò offrirle il calore di una presenza simpatica”. Sarà forse per
questo che dai personaggi che compaiono al pomeriggio sugli schermi televisivi
americani (Arthur Godfrey, Garry Moore, Bert Parks, ecc.) emana perennemente una
straordinaria giocondità? Secondo gli esperti che hanno studiato il programma di
Godfrey per conto della Weiss e Geller, questo attore-presentatore “incarna tutti i
sogni fondamentali del ventesimo secolo... ed è il più formidabile venditore del nostro
tempo”.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 126
«I bambini sono magnetofoni viventi di ciò che noi gli diciamo ogni giorno”.
Gli analisti motivazionali vennero invitati a studiare i mezzi più efficaci per un
completo condizionamento dei bambini. La Social Research considerò il problema in
un apposito studio, da cui risulta che i due fattori fondamentali da tenere presenti in
un programma televisivo sono: soddisfare i «bisogni segreti “ del bambino e garantire
l’«accettabilità” del programma stesso (e cioè tranquillizzare la mamma, che in
qualsiasi momento potrebbe proibire al bambino di assistere alla trasmissione). Lo
studio forniva un certo numero di suggerimenti psicologici.
Una trasmissione può «attrarre “ il bambino, ad esempio, senza necessariamente
procurargli piacere o divertimento: così, può aiutarlo a esprimere, in maniera agevole
e diretta, le sue fantasie e le sue tensioni interne. Può farlo andare in collera, o
confonderlo, o spaventarlo, per offrirgli il modo di liberarsi dell’ira, della confusione o
dello spavento. Dosare l’elemento paura è oltremodo difficile, poiché uno stesso
spettacolo può essere spaventoso quanto occorre per gli spettatori di Otto anni, ma
troppo spaventoso per quelli di sei anni, e non abbastanza tale per quelli di dieci anni.
La Social Research esaminò le ragioni dell’enorme successo di una trasmissione per
bambini intitolata “Howdy Doody “, e accertò la presenza di elementi che offrivano ai
bambini assai più di un infantile divertimento. Clarabelle, l’indiavolato clown che è
uno dei protagonisti, ha, ad esempio, tutte le caratteristiche dei bambini ribelli;
secondo gli autori della relazione “egli rappresenta la resistenza dei bambini
all’autorità degli adulti e in genere riesce a passarla liscia”. La relazione continuava:
“In generale, la trasmissione fa leva su sentimenti di ostilità repressa per prendersi
gioco degli adulti o presentarli in una luce sfavorevole. I personaggi “cattivi sono tutti
adulti, e appaiono caratterizzati o da un enorme potere o da un’enorme stupidità”.
Quando i personaggi adulti vengono mostrati in situazioni ridicole, impigliati
inestricabilmente nei loro stessi abiti o messi nel sacco dalle marionette, i bambini
che recitano nello spettacolo hanno agio di dare prova della loro netta superiorità. “In
altri termini, — spiegava la relazione, — si verifica un completo capovolgimento di
posizioni; «gli adulti si comportano in maniera infantile” e sciocca, mentre i bambini si
dimostrano «adulti e capaci”.
Questa subdola azione di cecchinaggio contro i simboli dell’autorità dei genitori si
svolge mentre Mammina, incapace di leggere attraverso le pur trasparenti
trasmissioni, continua a chiacchierare al telefono sicura che in quel momento i suoi
figli stanno godendosi gli innocui e puerili scherzetti proiettati elettronicamente dal
prezioso “pacificatore di famiglia”.
Passando poi ad analizzare i programmi di avventure spaziali, gli psicologi della
Social Research accettarono che lo stampo comune a questi spettacoli, siano essi
ambientati nel ventunesimo o nel ventiquattresimo secolo, è: «Contrasto “bravi tipi”
versus «uomini cattivi con apparato di modernissimi strumenti scientifici e meccanici”.
Non è un caso che si parli non già di tipi cattivi, ma di uomini cattivi.
I bravi tipi, scoprirono gli investigatori, erano tutti giovanotti sulla ventina, organizzati
in gruppo e con un fortissimo senso di solidarietà. Il capo veniva presentato come
una specie di fratello maggiore (non un simbolo paterno). E i malvagi o i vigliacchi
erano uomini più anziani tali da poter «rappresentare” il padre. Costoro erano
immancabilmente o cattivi o deboli.
Tutto ciò si può in gran parte interpretare come una presa in giro indiretta dei genitori,
che offre ai bambini un mezzo eccitante, e non rischioso, di sfogarsi contro di loro.
«Per i bambini, — precisava la relazione, — gli adulti costituiscono una “classe
dominante” contro la quale non hanno speranza di ribellarsi”.
La relazione suggeriva inoltre ai produttori di programmi televisivi taluni accorgimenti
per tranquillizzare i genitori: prendere, ad esempio, le parti dei grandi in situazioni di
scarsa importanza per l’intreccio (un personaggio “adulto “ che, incidentalmente, inviti
il “piccolo “ a finir di mangiare quel che ha nel piatto); oppure, “aggiungere una
inzuccherata educativa. Chiamare un film di cow-boys «Storia americana” e
un’avventura spaziale «uno spettacolo scientifico” si è rivelato un modo efficacissimo
per evitare le lagnanze dei genitori”. E il consiglio finale era: «Abbiate sempre una
parola anche per i genitori... L’idea che i bambini possono essere persuasi a
comprare qualsiasi cosa... irrita notevolmente i genitori. Lievi modifiche in questo
senso tolgono alla trasmissione ciò che può avere di offensivo per i grandi senza farle
perdere credito presso i bambini”.
Talune ditte sollecitano il favore del pubblico infantile procurando che i loro prodotti
offrano, di per sé, uno sfogo all’aggressività dei piccoli. Il consulente di public-
relations E. L. Bernays, notoriamente seguace della ricerca motivazionale, dichiarò
che i cereali di maggior successo (corn-flakes, pop-corn, rice-crisps ecc.) sono quelli
che permettono una masticazione rumorosa, smorzando in tal modo l’ostilità e
offrendo uno sfogo agli istinti aggressivi. (Bernays è stato consulente di varie ditte
alimentari). Un cibo che promette di scoppiare e crocchiare offre evidentemente ai
piccoli qualcosa di più che un certo numero di calorie.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 175
Gli specialisti studiarono, come caso tipico, il successo, appunto, di Davy Crcokett, e
lo attribuirono alla presenza dei tre ingredienti essenziali senza i quali una voga non
può affermarsi: simboli, veicolo di diffusione, e appagamento di un bisogno inconscio.
Il veicolo di diffusione, e gli esperti lo definirono concordemente di primissimo ordine,
era la canzone La ballata di Davy Crockett, la quale veniva ripetuta sotto vari
arrangiamenti in tutti i film di Walt Disney. I simboli erano numerosi e di grande
suggestione: berretto di pelliccia, giubba frangiata, fucile ad avancarica. «Tide “
spiegava: “Tutti i movimenti molto popolari, dalla croce cristiana, aIla svastica nazista,
hanno avuto i loro simboli distintivi”.
Quanto all’appagamento di un bisogno inconscio, il dottor Dichter si espresse in
questi termini: “I bambini cercavano il mezzo di esprimersi in termini di tradizioni
nazionali. Crockett offrì loro questa opportunità. Al limite, ognuno di essi si sentiva
veramente Davy Crockett... “
Come si spiega il crollo subitaneo di una voga? Gli esperti affermano che una delle
cause è il supersfruttamento. Ma vi sono anche ragioni sociologiche. Politz osservò
che una voga si diffonde dall’alto verso il basso. Quando si tratta di adulti, ciò
significa il passaggio dagli strati colti e abbienti ai ceti più bassi. Quando si tratta di
bambini Politz spiegò: “A dare il via sono i più grandicelli, i quali scoprono la voga e in
seguito la vedono propagarsi tra i piccoli, una “classe” con la quale non desiderano
identificarsi. Allora deliberatamente l’abbandonano”.
Sia Politz che Dichter si dissero certi che non soltanto era possibile pianificare e
controllare il corso di una voga per trarne maggiori profitti, ma che addirittura si
potrebbero creare dal nulla delle infatuazioni collettive lucrosissime. «Tide” definì tale
possibilità «affascinante”. Il dottor Dichter afferma che, applicando le tecniche della
ricerca motivazionale, si potrebbe perfino lanciare una voga di ampiezza pari a quella
di Davy Crockett, solo che i promotori riescano a identificare un bisogno inconscio
della clientela infantile e ad accordarvi la loro campagna.
Politz, dal canto suo, dichiarò che gli esperti sono perfettamente in grado di stabilire
le leggi generali cui obbedisce una voga di grande successo. Inchinandosi ai tecnici
pubblicitari, aggiunse che, una volta stabilite tali leggi, occorre però «il tocco
creativo”. Entrambi gli studiosi affermarono che a questo stimolante compito —
create delle voghe di prima grandezza per i nostri figli — devono concorrere insieme
il ricercatore puro e il tecnico pubblicitario d’ingegno.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 178
«il più grave pericolo” che minaccia la nostra economia, il pericolo che la produzione
superi il consumo.
Ma la più ricca e affascinante delle terre vergini su cui i persuasori posarono gli occhi
fu quella del riposo (relaxing). Era questo un campo che, adeguatamente sfruttato,
poteva rendete non milioni ma decine di miliardi di dollari. Come notava la rivista
«Tide”: «è incredibile la quantità di denaro che un uomo può spendere mentre si
riposa”.
Ciò che metteva i persuasoti in uno stato di frenetica eccitazione era il fatto che, a
causa dell’automazione e di altri fattori, l’orario settimanale di lavoro andava
continuamente riducendosi. Secondo un consulente dell’agenzia pubblicitaria di New
York, Batten, Batton, Durstine e Osborn, il lavoratore medio se ne stava lontano dalla
fabbrica o dall’ufficio per 125 giorni all’anno, durante i quali disponeva di più denaro
che in passato. Entro il 1960 l’orario di lavoro sarebbe sceso a una media di 3 ore
settimanali, e entro il 1980 a non più di 30 ore. Questa porzione sempre più larga di
tempo libero, convennero i persuasori, era un fenomeno di enorme importanza. A
saperlo sfruttare, osservava la rivista “Tide “, si sarebbero potuti “risolvere
innumerevoli problemi”. Un professore di Yale affermò che il tempo libero era forse in
grado di dissipare «il più grave pericolo” che minaccia la nostra economia, il pericolo
che la produzione superi il consumo. Un altro giornale economico scrisse che il
mercato degli svaghi poteva diventare la componente dinamica di tutta l’economia
americana. E «Tide” dedicò un dibattito in quattro puntate alla situazione — e al
miglior modo di trarne profitto.
I persuasori non tardarono a scoprire una particolarità del carattere americano che,
dal loro punto di vista, era altamente encomiabile: l’americano medio non sa starsene
senza far nulla. L’idea di abbandonarsi completamente al riposo, lasciando da parte
ogni preoccupazione, gli riesce assolutamente intollerabile. Gli europei hanno avuto
modo di notare che i turisti americani non sono capaci di andarsene a spasso,
godendosi pigramente le bellezze locali; essi devono seguire un programma
rigorosissimo, di cui potranno poi vantarsi una volta tornati in patria. Questo orrore
dell’otium offriva la possibilità di persuadere milioni di americani a dedicate le loro
giornate “di riposo “ agli hobbies più svariati e dispendiosi.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 186
Vari commentatori politici (fra i quali Reston, Dorothy Thompson, Doris Fleeson)
rilevarono nel 1956 la crescente importanza del fattore “personalità “ nella vita politica
americana. Dorothy Thompson lo definì addirittura il “culto della personalità”. Il
sociologo David Riesman, notando lo stesso fenomeno, lo considerava una prova di
più del fatto che la vita americana è entrata nella fase etero-diretta. Consumatori
accaniti, gli americani considerano ormai perfino la politica come un genere di
consumo. Ciò li induce sempre più a preferire il candidato che “si presenta “ meglio; e
la scelta di un “contenuto “ politico dipende in misura crescente dalla “forma “ che
esso prende in pubblico. Ne La folla solitaria Riesman osserva: “Come, in campo
commerciale, la suggestione esercitata dalla confezione e dalla pubblicità di un
prodotto si sostituisce alla convenienza del prezzo, cosi in campo politico, la
suggestione esercitata dalla confezione” del candidato o mediante una tendenziosa
manipolazione dei mezzi di diffusione di massa, si va sostituendo alla ricerca
dell’interesse personale che determinava la scelta del tipo auto-diretto”.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 196
Le difficoltà democratiche erano aggravate dal fatto che sebbene avessero stanziato
almeno 8 milioni di dollari per la propaganda radiotelevisiva, non riuscivano a trovate
una agenzia pubblicitaria disposta a curare i loro interessi. I grossi persuasori erano
per lo più orientati verso l’altra parte. La cosa assunse le proporzioni di uno scandalo
negli ambienti pubblicitari tra la fine del 1955 e l’inizio del 1956: i mesi passavano e i
democratici continuavano a cercate invano di interessate un’agenzia ai loro milioni. Il
periodico commerciale “Printer’s Ink “ riconobbe che i democratici incontravano
difficoltà in tal senso “perché, a quanto si afferma, le grandi agenzie non vogliono
alienarsi gli uomini d’affari repubblicani che sono alla testa di molte industrie loro
clienti. In taluni circoli pubblicitari si definisce un’idea simile ridicola”. Anche
«Advertising Age “giudicava alquanto ridicolo il sospetto, ma ammetteva:
L’affermazione secondo la quale i repubblicani avrebbero una scelta potenziale molto
più ampia contiene probabilmente quel minimo di verità che basta a renderla
imbarazzante “. La rivista proseguiva dicendosi lieta che 1e agenzie e i metodi
pubblicitari trovassero una sempre più larga applicazione in campo politico. “un fatto
molto positivo”. Meno positiva, secondo la rivista, era “la discussione attualmente in
corso circa l’importanza della pubblicità in campo politico “ e l’impressione, sempre
più diffusa tra i cittadini, che per un partito o candidato abbia grande importanza il
colore dell’agenzia pubblicitaria prescelta. (Una indicazione delle simpatie politiche
dei circoli pubblicitari la si trova nella relazione sul finanziamento dei partiti presentata
dal Senato al termine della campagna elettorale: risulta da essa che i dirigenti di
trentasette grandi agenzie di pubblicità sottoscrissero 51 mila dollari per il partito
repubblicano, e non un solo dollaro per il partito democratico).
Mentre la ricerca dei democratici si faceva sempre più affannosa si cominciò a
parlare di fate intervenire in loro aiuto una “squadra di soccorso”, sotto forma di un
pool anonimo di tecnici pubblicitari reclutati dalle varie agenzie. Taluni avanzarono
anche la proposta di creare una sorta di speciale “agenzia di salvezza “ cui avrebbero
potuto ricorrere i partiti in mancanza di una regolare agenzia.
Le acque si calmarono quando infine una piccola, ma attiva agenzia, la Notman,
Ctaig e Kummel, accettò di prendere in mano la campagna democratica. Si tratta
della stessa ditta cui si deve la celebre serie di manifesti: «Ho sognato che fermavo il
traffico col mio reggiseno Maidenform “. Il rapporto di forze con la BBD & O era quello
tra Davide e Golia, ma, a prescindere da ogni considerazione politica, gli ambienti
pubblicitari attesero il confronto con estremo interesse.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 211
L’uomo eterodiretto
Nelle industrie, che qui soprattutto ci interessano, la dottrina del gioco di squadra
coincise con l’ingresso in fabbrica e negli uffici di psicologi e di altri social engineers.
Costoro applicarono ai problemi del personale le tecniche della dinamica di gruppo,
del sociodramma, della psicoterapia di gruppo, della fisica sociale. Come ebbe a
scrivere «Fortune”: «Uno sbalorditivo arsenale di tecniche e discipline sono state
prese a prestito dalle scienze sociali per scatenare una grande offensiva contro
l’imprevedibilità dell’uomo”. La rivista faceva notate che le cosiddette riunioni di
gruppi si erano a tal punto diffuse che in talune aziende i dirigenti «non hanno
letteralmente un solo minuto per starsene soli”. Se un impiegato si mostra scontento
dell’azienda o dell’ambiente in cui lavora, i social engineers ritengono loro dovere
aiutarlo a liberarsi della sua insoddisfazione psicologica. «Fortune” citava le parole di
uno di questi specialisti: «Gli psicologi hanno ottenuto grandi successi nella cura e
nella manipolazione di individui inadattati. Pare a me che nulla ci impedisca di
raggiungere risultati altrettanto brillanti applicando le stesse tecniche ai dirigenti
d’azienda”.
La crescente richiesta, da parte delle aziende, di quadri dirigenti idonei al «gioco di
squadra”, contribuì alla formazione di una classe di funzionari dalle caratteristiche
personali ben distinte. Una prova indiretta si trova nelle risultanze di uno studio
condotto da Lyle Spencer, presidente della Science Research di Chicago, sulla
Associazione dei Giovani Presidenti. Si tratta di uomini che sono diventati presidenti
delle loro società prima dei quarant’anni. Necessariamente, o per lo meno
conseguentemente, la maggior parte di costoro sono alla testa di aziende
relativamente piccole, non di grandi complessi. A proposito della personalità di questi
giovani presidenti Spencer scriveva:
«Non sono molto portati al gioco di squadra. Una cosa sola impedisce loro di essere
a capo della Generai Motors: non hanno imparato ad essere dei pazienti conformisti.
Hanno agito troppo a lungo di testa propria”.
La tendenza delle società a discriminare il personale a seconda della maggiore o
minore idoneità al gioco di squadra si è palesata in mille modi. Nel febbraio del 1954
la «Dun’s Review and Modem Psychiatry” scriveva: “Prima di procedere a
un’assunzione o a una promozione occorre accettate se il candidato sia un buon
“giocatore di squadra”... La capacità di inserimento dell’individuo nel complesso
aziendale ha assunto tale importanza sia per la direzione che per l’individuo stesso,
che tutto ciò che la psichiatria può rivelate sul conto dell’individuo diventa di estrema
importanza per il gruppo”.
«Iron Age”, in un articolo intitolato Le domande di assunzione al vaglio della
psicologia, riferiva come le acciaierie Atmco si fossero convertite alla psicologia, che
il giornale definiva “termine eufemistico per indicate una tecnica che solleva il “sipario
di ferro” dietro il quale gli esseri umani cercano spesso riparo... “ Grazie a questi
nuovi metodi di selezione, scriveva il giornale, la Armco era riuscita a ridurre dal 5
all’1 per cento il numero dei nuovi assunti che in seguito risultavano avere
caratteristiche personali indesiderabili o al limite della norma. Fra l’altro, la Atmco
sottoponeva i candidati a una serie di test sulla loro “socievolezza “. L’articolo
affermava che 20 mila dipendenti erano stati «intervistati” per stabilite in base alla
loro personalità avanzamenti e nomine a posti di maggior responsabilità.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 219
Situazioni sindacali
Gli psicologi aziendali estesero le loro attività anche al settore sindacale. Uno di essi,
Robert McMurry, percepiva dai datori di lavoro i 25 dollari l’ora per diagnosticare e
risolvere le più difficili situazioni sindacali. È opinione generale che gli operai
aderiscano ai sindacati per ottenere salari più alti, maggiore sicurezza sul lavoro, e
altri benefici tangibili. Ma il dottor McMurry, in base alla documentazione raccolta
nelle 100 e più aziende in cui aveva prestato la propria consulenza, giunse alla
conclusione che quelle suddette, in molti casi, non sono affatto le ragioni
determinanti. La ragione più importante, egli affermò, stava nell’inconscia aspirazione
degli operai a migliorare il clima emotivo del lavoro, sicché spesso la lotta sindacale
altro non sarebbe che un mezzo per sfogare impulsi aggressivi non risolti.
McMurry riassunse i risultati della sua inchiesta «psicodinamica “ sulle cause di tanti
conflitti aziendali cui aveva assistito con queste memorabili parole: «Là dove la
direzione non ha saputo assumersi il ruolo del padre bonario e protettivo, il sindacato
è diventato una madre affettuosa che strappa concessioni a quell’avaraccio di padre”.
McMurry scopri che circa il 5 per cento di tutti i lavoratori era composto di insoddisfatti
cronici. Per costoro non si poteva più far nulla. Ma per il restante 95 per cento egli era
persuaso che si potesse far molto modificando il sotto-fondo emotivo del loro
ambiente di lavoro e creando un clima di armonia.
Una agenzia specializzata nell’appianare le vertenze aziendali con metodi psicologici
cita il caso seguente: un industriale dell’Ohio venne informato, con sua grande me-
raviglia, che gli impiegati suoi dipendenti erano sul punto di iscriversi in massa al
sindacato operaio della fabbrica. Si affrettò allora a chiedere l’intervento dell’agenzia,
sperando che quegli psicologi scoprissero le ragioni dello scontento e trovassero il
modo di impedire un cosi grave tradimento. Una pattuglia formata da due psicologi e
da un sociologo sottopose tutto il personale a una minuziosa inchiesta. Risultò che
una buona parte degli insoddisfatti erano donne che lavoravano in un’ala buia e
isolata, dove si sentivano trascurate. Il loro morale risali di colpo non appena
ottennero più ampie finestre, migliore illuminazione, e un certo numero di privilegi.
Altri impiegati si sentivano sperduti e infelici in uffici troppo affollati e anonimi.
Quando furono suddivisi in squadre riacquistarono la loro identità e tranquillità
d’animo.
Devo sottolineare che questa manipolazione dei dipendenti dell’industria ha di solito
lo scopo, innegabilmente costruttivo, di render loro più gradito il lavoro. Molto spesso
ciò si ottiene semplicemente concedendo un riconoscimento e una attenzione
individuali, o tenendo conto del fatto che i simboli di prestigio possono assumere
un‘importanza enorme agli occhi di chi lavora in una azienda fortemente stratificata.
Tipico è a questo proposito il caso di un funzionario che godeva, apparentemente,
dello stesso prestigio e degli stessi privilegi dei suoi pari-grado, e tuttavia continuava
a mostrarsi profondamente afflitto. Un’inchiesta permise di appurarne il motivo: la sua
scrivania aveva soltanto tre cassetti, mentre quelle dei suoi colleghi ne avevano
quattro. Non appena gli venne concessa una scrivania con quattro cassetti il suo
risentimento scomparve.
La moglie
Presso molte aziende, anche la vita privata dei dirigenti è ormai sottoposta a un
attento scrutinio, per stabilire se essa sia conforme ai superiori interessi della
“squadra “o azienda. Un giornalista del “New York Herald - Tribune “ illustrava in un
lungo articolo apparso intorno al 1950 un nuovo tipo di accanitissima caccia all’uomo,
condotto da agenzie specializzate nel reclutamento di dirigenti d’azienda qualificati.
Dopo aver elencato i principali requisiti di cui i soggetti dovevano essere in possesso,
il giornalista aggiungeva: “Un altro punto non meno cruciale è rappresentato dalla
moglie. È un aspetto del problema al quale si attribuisce una importanza sempre
maggiore. L’ambiente familiare agli occhi dei “caccia tori d’uomini” rappresenta un
elemento essenziale per la qualifica di un candidato. Tutte le agenzie del ramo sono
concordi su questo punto. Un funzionario di primissimo ordine può essere escluso da
un posto di maggior responsabilità perché sua moglie è troppo civetta, o perché è
troppo sensibile all’effetto dei cocktails, o perché è una pettegola incorreggibile. Gli
accertamenti in proposito vengono condotti con estrema severità”.
Un consulente psicologico, James Bender, mi ha detto di essere stato invitato da un
grande cotonificio ad elaborare un piano di selezione del personale basato
interamente sulla valutazione delle mogli. Prima di assumere un impiegato o un
venditore, la società, come ultima misura precauzionale, lntervista la moglie del
candidato. Si tratta, spiegò il mio interlocutore, di una valutazione reciproca. La
moglie viene messa al corrente dei vari inconvenienti che il posto può comportare per
la famiglia, quali traslochi, prolungate assenze del marito, ecc. In alcuni casi la
moglie, dopo l’intervista, aveva convinto il marito a non accettare il posto. «E in alcuni
altri casi noi abbiamo deciso — dopo aver vagliato la moglie — di non assumere il
marito”.
Alcune società sono inclini a vedere nella moglie una possibile rivale, che contende
loro le attenzioni del marito. La rivista «Fortune” dedicò, nell’ottobre 1951, un acuto
articolo alla crescente importanza che la figura della moglie ha assunto agli occhi
dell’industria. La rivista aveva interrogato un gran numero di dirigenti in tutto il paese;
uno di essi aveva riconosciuto tristemente: «Noi abbiamo il controllo sull’ambiente di
lavoro di un uomo, ma lo perdiamo completamente non appena egli varca la soglia di
casa. La direzione ha perciò l’arduo compito, e il dovere, di indurre nella moglie un
atteggiamento favorevole e positivo, che permetta al marito di dedicarsi al lavoro con
tutte le sue energie “.
Quali sono i più importanti requisiti di una moglie, dal punto di vista dei datori di
lavoro? “Fortune “ proseguiva:
“La direzione sa perfettamente che tipo di moglie le occorra. Con una significativa
identità di termini, i dirigenti da noi intervistati da un capo all’altro del paese, hanno
tracciato questo profilo ideale: la moglie dev’essere 1) molto adattabile, 2) molto
socievole, 3) consapevole che suo marito appartiene all’azienda”.
Una inchiesta condotta su 8300 dirigenti d’azienda da Lloyd Warner e James
Abegglen, pubblicata sulla “Harvard Business Review “, definisce in termini ancora
più specifici le esigenze dei datori di lavoro. Oggi, la moglie di un dirigente americano
«non deve pretendere per sé una percentuale troppo alta del tempo o dell’attenzione
del marito. Poiché questi è interamente assorbito dal lavoro, perfino la sua attività
sessuale è relegata in una posizione secondaria”.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 227
Il dottor Bryson, docente di antropologia sociale, disse ai convenuti: «Se voi siete dei
social engineers, tengo ad avvertirvi che è indispensabile una analisi preliminare dei
tre livelli in cui, in una società come la nostra, si manifesta l’assenso”.
Il primo, egli disse, è la natura umana; e aggiunse che qui ben poco si poteva fare
per «manipolare” la gente.
Il secondo livello è quello culturale, dove si formano, e si modificano, le idee del
pubblico.
Il terzo livello è la zona in cui l’individuo opera le sue scelte le quali sono spesso
determinate da impulsi che non hanno alcun fondamento razionale.
A questo livello, «è relativamente facile manipolare gli uomini”. Se, invece, intendete
modificare le loro idee, «dovete operare sui secondo livello”, ricorrendo «a pressioni
psicologiche, a tecniche e a ritrovati del tutto diversi da quelli impiegati per il terzo
livello”.
Sempre nel 1953, la stessa rivista dedicò due lunghi articoli a un congresso nel quale
erano stati esaminati “gli stretti legami che apparentano le public-relations alle
scienze sociali”. Le due relazioni venivano presentate dalla rivista nei seguenti
termini: «Le scienze sociali hanno trovato la soluzione — e ora non ci resta che
impadronircene — a molti dei problemi coi quali stiamo da tempo lottando senza
successo”.
Due eminenti studiosi, il dottor Rensis Likert, direttore dell’Istituto degli Studi Sociali
dell’Università del Michigan, e il dottor Samuel Stouffer, direttore del Laboratorio di
Relazioni Sociali dell’Università di Harvard, si incaricarono di insegnare agli
interessati il modo di “impadronirsi “ di queste soluzioni. Stouffer esordì affermando
che era per lui un grande onore parlare a un pubblico di «professionisti delle human
relations “, e prosegui enunciando un postulato fondamentale: il comportamento degli
uomini si controlla più facilmente attraverso le loro emozioni che attraverso il loro
intelletto.
Aggiunse che al laboratorio di Harvard «erano in corso studi particolareggiati sul
problema della paura in relazione alla teoria dell’apprendimento”. E promise che negli
anni avvenire gli esperti di PR avrebbero trovato nel materiale raccolto «preziose
indicazioni pratiche”. Il dottor Likert intrattenne invece i convenuti sui moventi, e sul
modo di influenzare il comportamento del pubblico «ritoccando le forze motivazionali
che operano sugli individui”.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, 1958, Einaudi, pag. 233
Le donazioni