Inni Del Rgveda - Anonimo
Inni Del Rgveda - Anonimo
Inni Del Rgveda - Anonimo
del
RGVEDA.
a cura di
Valentino Papesso.
Nota introduttiva
alla presente edizione
di
ICILIO VECCHIOTTI
Nota introduttiva alla presente edizione
di
ICILIO VECCHIOTTI
1. Molti anni sono ormai trascorsi da quando il Papesso cur� la sua edizione
italiana, sia pure in forma parziale e del tutto antologica, del grande corpus
vedico; e sebbene di solito lavori del genere faccian presto a datarsi, la
traduzione che qui si presenta conserva ancora la sua importante funzione. N� certo
possiamo rimproverare agli studiosi di un tempo quanto proveniva dal loro ambiente,
dalla loro cultura, dalla societ� che li produsse. In questa sede pertanto nostro
compito sar� di tratteggiare concretamente il modo in cui oggi si pu� presentare il
corpus vedico sulla base di una logica che venga dalle cose e alle cose ritorni.
2. per questa ragione, � possibile sole seguire una linea diversa da quella
che era tra le poche possibili diversi anni or sono. Questa linea che noi seguiamo
� poi praticamente quella di una storia, di cui l'orientalismo ufficiale, di marca
idealistico-borghese, ha creduto, e in parte crede tuttora, di poter fare a meno,
con il risultato di buttar tutto in uno stesso minestrone. E` invece lo stesso
schema generale che deve in continuazione variare proprio in rapporto al variare
delle cose. Si ha, a leggere certa letteratura 'critica', la stessa impressione che
si avrebbe, se si leggesse una interpretazione di un filosofo americano come
Emerson o santayana redatta cogli stessi canoni interpretativi con i quali si
leggono (e si devono leggere) filosofi del Medioevo alto o basso come l'Eriugena o
Eckhart, i quali del resto rappresentano a loro volta stadi varianti e funzioni
storico-logiche del tutto diverse. Quando gli uomini che costituiranno la societ�
che sar� chiamata vedica sono scesi dal passo Khyber con l'impeto di chi vuole
assoggettare ogni societ� sostanziale al proprio dominio, non c'� dubbio alcuno che
essi si opponessero anche a quel particolare tipo di societ� sedentaria nella quale
i loro discendenti avrebbero finito con l'essere coinvolti: e questa forma di
antitesi prende corpo proprio attraverso i mezzi che dovranno usare e valorizzare e
ai quali faranno ampio riferimento in quegli inni nei quali questo modo di vivere,
di credere e quindi di pensare, si esprime. Questi mezzi, anche se ai vecchi
metodologi ne vien tanto la voglia, non possono essere identificati, proprio per la
differenza di funzione, con i mezzi e i sistemi di vita della societ� indoeuropea
protostanziale e quindi essi non potranno in alcun modo coincidere; anche se
apparentemente si identificheranno (un bue certo � sempre un bue, come un cavallo �
un cavallo), con i mezzi e i sistemi dell'economia di villaggio, con quelli del
villaggio gerarchizzato e con quelli del sistema feudale atipico, che
caratterizzer� da ultimo per molti secoli il modo di produzione e il modo di vivere
del subcontinente indiano (cd. Modo di produzione asiatico). E tutto ci� si ricava
non da una pretesa intuizione materialistica come ridicolmente ci obiett� una volta
un 'critico' in vena di amenit� oggettiva e soggettiva, bens� dalla necessit�
stessa di un variare storico, che non ammette una storia univoca, che eternamente
ripeta o riproponga se stessa: se nella mia civilt� uso un animale per la preda,
non lo uso se non in quella determinata forma come strumento di lavoro.
3. Tutto questo non vuol dire affatto che la prassi nullifichi l'emergenza
teorica, come se questa fosse un suo puro effetto meccanicisticamente inteso. Se si
deve intendere la storia per quello che �, non c'� alcun rinvio della teoria come
non c'� alcun rinvio della prassi. E` proprio per questa ragione che possiamo
tranquillamente partire da un momento preteso 'mistico', ma che ha in realt� una
sua valenza teorica, come quello della realizzazione, ben sapendo che i momenti
teorici ridondano su quella prassi dalla quale emergono e della quale comunque
continuano a far parte. La dialettica storica consiste anche, in uno dei suoi
aspetti, nell'azione reciproca di soggetto ed oggetto, nessuno dei quali pu� essere
effettualmente disancorato dall'altro.
4. possiamo intanto stabilire alcuni punti fermi. Il principio della
realizzazione � un principio che si basa su una visione compatta monistica,
antitrascendentistica della realt�, ossia su un principio energetico unico ed
attivo: la fonte dell'essere e di tutti gli esistenti, uomo compreso, � vista in
questo principio. Per l'uomo quindi realizzazione significa ritorno al centro,
ossia arrivare a dimensionarsi in questo principio ed attingerlo in se stesso e
quindi sentirsi come questo principio, reimmettersi al centro del reale, dopo
essere stato proiettato in periferia (nel mondo degli esistenti). Questo non vuol
dire quindi sopprimere il mondo, bens� attingersi come principio del mondo. In
questo senso la realizzazione � conquista di tutta la propria realt�, cosa che in
nessun caso pu� lasciare posto ad alcuna sala da fumo teologica. E` noto che la
filosofia indiana ha elaborato tutta una tecnica di questa conquista. Questa
tecnica nei suoi successivi sviluppi � quella che si chiamer� costante yogica della
filosofia indiana. Ma se questa tecnica � una costante, � chiaro che c'� tutto un
movimento continuo di cangiamento dei termini del processo. Dire che questi termini
sono l'uomo e l'energia originaria non pu� bastare. Perch� � un pur vero che da un
lato la tematica della realizzazione si sviluppa come storia, nella sua espressione
teorica, come sviluppo del modo di concepire l'uomo e l'energia originaria, e
questa tematica � una parte importante della filosofia indiana; ma, per altro
verso, non potrebbe neanche porsi un divenire teorico di questo rapporto, se al di
sotto di questo rapporto non corresse l'effettiva storia dell'uomo come storia del
trasformare, del produrre e quindi del vivere. E` proprio per tutte queste ragioni
che gli sviluppi di questo tema sono intrinsecamente legati a una tematica che �
quella degli aspetti socio-economici del movimento verso la societ� castale. Il
significato di questo movimento � senza dubbio assai grande. Non va del resto perso
di vista il fatto che all'interno della tematica, alla quale si alludeva prima,
opera tuttavia una logica interna con la quale si devono fare i conti; ed � logica
diversa da quella europea ed intellettual-borghese: questa infatti tende a
considerare i diversi sistemi speculativi prodotti come disposti in un filo
continuo di stretta connessione. Anche quando non si raggiungono le prospettive
dello storicismo idealistico, rimane in questa prospettiva Occidentale necessario
il fatto che un determinato sistema non pu� non venire dopo un allo o dopo altri,
che insomma presuppone. Nella filosofia indiana assistiamo al formarsi di una
prospettiva variamente bivalente. La collocazione verticale si presenta in modo non
residuale e del tutto necessario in due casi o dimensioni: in quello del
commentario, sub-commentario, subsubcommentario e cos� via e in quello della
necessaria posterit� di tutte le scuole al Veda. Per altro verso, esiste nel filone
ortodosso (ossia rigorosamente brahminico) di queste filosofie una tendenza
all'integrazione unidimensionale, la quale, se arbitraria dal punto di vista
storico-filosofico, � per� funzionale e funzionante dal punto di vista degli
'ideali religiosi', ossia degli interessi socio- economici consolidati. Avverr�
allora non solo che ad esempio vari elementi delle scuole di tipo yoga. come
filosofia) entrino in un'unica dimensione astoricizzata del sistema o visione yoga,
ma inoltre che i vari elementi delle diverse visioni siano visti come elementi di
costruzione integrativa dell'unica (pretesa tale) 'visione' tradizionale.
Naturalmente, per i sistemi che escono dalla tradizione queste pretese non
allignano pi�. Ma intanto questo assunto teoretico di collateralizzazione ha gi�
una sua funzione storica (� del resto attraverso questo processo di elastico
assorbimento che opera la classica 'tolleranza' indiana) della quale bisogna tener
conto, se si vuole fare seriamente della storia della filosofia indiana, senza le
fumose ridicolaggini di certo 'orientalismo' pi� o meno ufficiale. Questo assunto
teoretico � infatti soprattutto vedantino, ma risulta costituire poi una mentalit�
a dimensione ideologica, nel senso della accettazione diffusa delle prospettive
diverse. Ma in realt� poi queste prospettive sono legate alla storia per due versi:
per essere espressione di particolari ambienti e per essere costruite via via con
elementi mutuati dall'esterno o nati in polemica o antitesi con insegnamenti
provenienti dall'esterno. Di fatto � cos�, e tutte le affermazioni pi� o meno
interessate relative a una filosofia indiana come dimensione unitaria sono
destinate a infrangersi contro una realt� che � realt� di discussione e di eresia.
Di tutti questi elementi e soprattutto del santo principio dell'eresia non si pu�
non tener conto, come d'altra parte del fatto che il momento socio-politico non �
stato affatto studiato. E un lavoro del genere � tanto pi� difficile perch� non si
possono utilizzare che gli assai scarsi elementi finora offerti dalla critica
storica e quindi non si pu� che muovere dalla base dei testi. Il discorso logico �
a questo punto relativamente pi� semplice, perch� si evince in parte dal carattere
stesso delle polemiche e delle antitesi. Per quanto riguarda il Veda in questa
sede, potremo soltanto complessivamente enucleare qualche elemento.
5. Vediamo allora in che modo si potrebbe dare una pi� concreta impostazione
del problema storico. Tutta la produzione vedica corre per qualche secolo, in un
periodo in cui un popolo nomade sta diventando popolo sedentario, e reca con s�
tutta la tematica di questo passaggio. Dire questo per� � ancora dire troppo poco,
perch� non se ne determinano le basi economiche. Schematicamente, queste non sono
del tutto chiare. Quelli che si possono determinare con sicurezza sono alcuni punti
di passaggio: da una economia basata sulla caccia e sulla preda si passa a
un'economia pastorale, da questa all'economia di villaggio ancora disarticolata, da
questa alla vera e propria economia di villaggio organizzata, da questa infine a
quello che si suol chiamare, dietro suggestione marxiana, modo di produzione
asiatico e quindi al vero e proprio sistema feudale atipico. Descrivere e
'dimostrare' queste fasi potr� essere oggetto di altro lavoro di ben pi� ampio
respiro. Possiamo dire per ora che i vari passaggi sono pressoch� insensibili e poi
evidentemente diversi da zona a zona, da gruppo etnico a gruppo etnico e la realt�
delle cose non sempre pertanto facilmente schematizzabile. Si devono distinguere
senza dubbio sia diverse forme dell'economia pastorale e del modo di produzione
primitivo, sia del modo di produzione asiatico che non pu� essere stabilito subito
come una struttura parafeudale, ma che prima di essere tale si realizz� come
economia di villaggio non accentrata ma autonoma e tale rimase a lungo nelle zone
pi� fortunate, che erano poi quelle in cui l'irrigazione e fertilizzazione della
terra non costituiva un grosso problema. Possiamo per l'intanto formulare una prima
ipotesi di lavoro. Il primo passaggio � dato da un'economia mista in cui si gettano
le basi del grama: nulla come questo tipo di 'villaggio' era in realt� favorevole a
questa economia. Il villaggio indiano non � un 'paese' nel senso 'architettonico'
del termine; certo in epoca pi� vicina a noi sar� una vera e propria unit�
circoscrizionale minima: ma in origine ci da il senso di una comunit� chiusa in se
stessa, con base etnica e familiare, le cui dimore sono sparse per tratto assai
largo. Le case sono funzionali alla terra e questa alle case. Gli armenti sono
funzionali alla prima e alla seconda e del resto, presumibilmente, alla comunit�
tutta. D'altra parte, anche la terra � ovviamente funzionale agli armenti. Quel che
importa notare � che qui non c'� un vero e proprio principio di organizzazione. Il
villaggio � per� pi� un punto di unione e reciproco soccorso, del testo fino ad un
certo punto eccezionale, che non un punto di organizzazione: � questa che nasce da
quello e non il contrario. Il passaggio dall'economia pastorale a quella di
villaggio non si pu� intendere, se si intende il villaggio stesso come una forma di
subitanea rinuncia alla indipendenza originaria del pastore. La cosa � naturalmente
graduale e una prima forma di rinuncia alla propria indipendenza si ha soltanto
nella forma del legarsi pi� stretto alla terra e ai prodotti di questa. Ma questa
dipendenza non � sentita in modo diverso da quella che legava l'uomo agli animali
nell'economia pastorale: se si pensa che in sanscrito il termine go nella sua
storia si riferisce radicalmente tanto alla terra quanto alla vacca si capisce che
fra questi due tipi di economia non sia avvertita una reale frattura. Tuttavia si
comincia a porre un tipo di organizzazione familiare che � passibile di ulteriori
sviluppi. Una struttura sostanzialmente atomistica non pu� essere durata a lungo
per il carattere stesso della produzione agricola, in cui la richiesta di lavoro
non � sempre misurabile, sia per le condizioni di clima e di suolo che pongono di
fronte a problemi di non facile soluzione senza un minimo di collaborazione e
soprattutto di reciproco aiuto, a problemi che quindi impongono il principio
dell'organizzazione, sia per lo sviluppo stesso della divisione del lavoro. Gli
schemi della divisione del lavoro come li vediamo riprodotti nel villaggio
organizzato sono stati la conseguenza della riduzione al servizio dell'uomo di una
natura assai spesso non troppo benigna. La considerazione vale per le steppe del
nord, soprattutto quindi per le terre povere d'acqua, ma vale anche dovunque (e
cio� dappertutto) il moltiplicarsi delle calamit� naturali ha imposto un lavoro in
comune. Ancora alla radice di questa esigenza del lavoro comune � la produzione
degli strumenti di lavoro e dei mezzi necessari per vivere. Certo in un primo tempo
ogni gruppo familiare pot� relativamente bastare a se stesso: per ulteriori bisogni
valeva lo scambio dei beni: ma in una comunit� del genere vi erano anche strumenti
in comune ed inoltre soccorreva il fatto che le unioni rafforzavano legami e
dipendenze in una comunit�, sia pur nuova, in cui i bisogni erano quelli
elementari, ma proprio per questo pi� pressanti. Una organizzazione atomistica �
una contraddizione in termini: per quanto in modo non regolare la primitiva
giustapposizione di elementi fu ben presto rotta e si dette luogo a una reale
diversificazione di funzione e a una differenziazione di attivit�. Con ci� era nata
l'organizzazione di villaggio, prima nelle zone naturalmente pi� povere, quindi
nelle pi� ricche: il fabbisogno d'acqua e di conseguenza la fertilit� del terreno
rappresentano qui una parte determinante. Il tempo dei veda arriva presumibilmente
fino all'organizzazione del villaggio, ma si prolunga soltanto appena nei tempi in
cui questa organizzazione comincia a degenerare e diventa gerarchica, dando luogo
al tempo delle prime upanisad alle prime forme del modo di produzione asiatico.
6. Esaminiamo allora i valori di base di questo periodo: si tratta di una
economia basata sul cavallo, sulla vacca, sulla terra, sull'acqua e sul vento, su
tutto ci� insomma che in questa economia risponde al principio di produzione e di
sopravvivenza. Gli inni vedici sono l'espressione a livello ideologico di questa
realt�. Alla base c'� la madre terra che tutti nutre e quindi una stessa energia
che si manifesta in molte forme. Il cantore vedico si pone di fronte alle forme di
questa energia (in dipendenza, tali sono anche le forme animali) e le esprime
diversamente a seconda delle diverse situazioni storiche.
Possiamo ora passare alle chiave metodologica che ci sembra (l'unica) corretta
per una lettura dei veda, avvertendo per� che questa lettura solo nelle ultimissime
fasi di sviluppo di questa civilt�-cultura consente una chiave di lettura diversa
da quella di una societ� ancora (relativamente) naturale. Gli uomini che in una
prima fase almeno vi si esprimono non fanno parte di una societ� repressiva
(vogliamo intendere, repressiva al proprio interno). La funzione dell'officiante
non � quella del mediatore. La mediazione � considerata presente nell'uomo stesso,
in qualsiasi uomo. Tuttavia gi� in questa societ� che � stata inizialmente una
societ� guerriera (i Veda hanno una zona di ambientazione elettiva nel Kasmir, zona
nord Occidentale vicina al punto di passaggio delle grandi orde) si rivela il
formarsi di una categoria di individui che, se non aspira al privilegio, ne pone
per� le premesse. Che cosa vediamo in effetti in questi inni? L'esistenza di un
linguaggio a pi� livelli. E` stato osservato che questi testi non sono testi
semantizzati, ossia che si tratta di testi che non possono essere letti (soltanto)
immediatamente per quello che dicono, bens� contengono delle proposizioni che hanno
vari significati, per cos� dire a simboli sovrapposti. Ci� significa che si ha la
creazione di un linguaggio a pi� dimensioni, che parla a coloro che sono in grado
di intenderlo. Noi sappiamo che quella che sar� la casta brahminica utilizzer� a
fondo le possibilit� strumentali nascenti dalla funzionalizzazione di un
linguaggio, che si avvia a essere linguaggio per iniziati. Questo non era ancora
possibile al tempo dei veda (cronologia bassa o corta: XIV-X sec.) e quindi era
necessario un linguaggio a valore multiplo. Gi� questa situazione ci d� la
testimonianza di una notevole capacit� astrattiva a partire da questa fase, la
quale acquista pertanto il carattere di una autentica fase speculativa. Questa
interpretazione � corroborata dalla riflessione sul tipo di linguaggio che vi �
adoperato. Si tratta di una forma indiana arcaica sulla cui natura i linguisti non
concordano anche perch� fanno difetto le testimonianze sulla lingua parlata. Taluni
pertanto sostengono che questo idioma fosse molto vicino al parlato, altri invece
sono dell'opinione che la lingua dei Veda fosse molto discosta, almeno per lo
stile, dalla lingua parlata. Bisogna per� considerare che il materiale lessicale �
senza dubbio comune e che la differenza riguarda la forma dell'espressione, anche
sulla base della seconda interpretazione. E` invece proprio sul materiale lessicale
che si andr� determinando la distinzione fra lingua culta e lingua parlata. La
differenza qui non � a livello di materiale verbale, bens� a livello di materiale
espressivo e di portata semantica. Questo perch� gli inni dovevano avere anche un
significato popolare, non limitatamente rivolto ai loro formulatori e manipolatori.
Questo linguaggio pertanto nel materiale verbale non pot� essere troppo discosto
(differenze dialettali a parte) dalla lingua d'uso, non pi� almeno di quanto lo
fossero i dialetti di quelle composizioni, pur esse a pi� livelli semantici, che
furono i canti trobadorici. Quindi la possibilit� stessa di diversi livelli
semantici ed interpretativi non � concepibile se non sulla base che il primo di
essi, il pi� elementare, fosse introdotto da un materiale linguistico alla portata
di tutti. I successivi livelli sono resi possibili dalla presenza di una
contraddizione, ossia dalla presenza di uomini, che, accanto che, accanto alle
altre attivit�, avevano anche quella di officianti e di interpreti. L'inizio della
speculazione indiana � gi� in questa frattura semantica, che non � ancora una
frattura sociale, bench� si stiano ponendo le premesse perch� lo diventi.
7. � importante a questo punto osservare che proprio per le ragioni suesposte
non � possibile confondere la speculazione vedica con quella upanisadica, proprio
perch� al tempo delle upanisad (cronologia corta: IX secolo in poi) la frattura di
cui parlavamo non solo � avvenuta, ma si � gi� vistosamente approfondita. Quando si
commentano i Veda con le Upanisad si commettono due arbitri insieme: 1) si
interpreta un testo arcaico per mezzo di uno pi� recente; 2) lo si interpreta
secondo il livello interpretativo pi� alto e quindi si valorizza un unico livello
semantico, senza considerare che gli altri livelli hanno un valore storico pi�
concreto, perch� meno ristretto, dandosi poi al livello pi� alto un senso che
ancora non ha in modo pieno. E` vero che nelle upanisad pi� antiche persiste un
doppio valore semantico, ma questo ha storicamente un significato diverso, in
quanto si riferisce a una societ� che si � gi� trasformata. Avremo allora due
diverse zone di significato che sono senza dubbio fra loro strettamente
apparentate, nel senso che l'una � la derivazione storica dell'altra, ma che non
possono essere identificate senza residuo. Nelle upanisad le idee vengono a
chiarirsi e a separarsi, nei veda si procede invece come in un solo blocco, con
tutti i livelli di significato: questo naturalmente vale per i Veda come si
presentano nel loro testo ufficiale o ultimo, che rappresenta il risultato di una
lunga evoluzione assai complessa. E` stato sostenuto che quando si leggono le
upanisad, non si dovrebbe dar luogo a una interpretazione stratigrafica, a una
sovrapposizione di strati, come quando si trovino brani con riferimenti 'magici' o
di religiosit� grossolana insieme con passi di contenuto altamente speculativo,
perch� per gli autori non c'era differenza fra i due momenti. Il ragionamento vale
in realt� solo in qualche caso - evidente - per le upanisad, ove cio� un formulario
rinvii all'altro, e in questo caso � inutile pensare a incrostazione, ma � assai
pi� valido per i Veda, e quando si dice assai pi� valido, non si vuol dire che
questo criterio, anche in questo caso, sia valido in senso assoluto. Quando ci si
trovi di fronte a inni dalle formulazioni assai astratte, � pressoch� impossibile
pensare che si tratti dei primi anni. La soluzione pi� logica sar� invece che si
tratti di inni in cui il livello interpretativo e semantico pi� alto ha finito col
prevalere e questo, naturalmente, non pu� essere avvenuto se non in fase di
avanzata frattura culturale, quando cio� la cultura pu� cominciare ad ostentare con
naturalezza l'acquisito carattere aristocratico, ricacciando indietro ogni forma
diversa di cultura. A questo punto si pu� porre un'obiezione dall'apparenza
radicale e cio� quella che punti su di una effettiva distinzione di forma e
contenuto. Anche se la forma � diversa ai vari livelli semantici - si pu� osservare
- il contenuto � per� lo stesso: si tratta di una stessa verit� per l'appunto
espressa a vari livelli. Se si adotter� un criterio del genere - il quale non si
vede perch� non debba essere generizzato - si dovranno ammettere le conseguenze pi�
aberranti, per esempio che l'enoteismo aristocratico tardo-greco e il teismo
tomistico siano la stessa cosa espressa in forme diverse. E` chiaro che invece si
tratta (anche) di contenuti diversi. Una cosa � mettere una 'verit�' in immagini e
un'altra metterla in termini speculativi: quella che sembra essere la stessa cosa
acquista un diverse carattere nello stesso senso in cui un individuo cui si
attribuisca il carattere di persona, acquista un modo di essere completamente
diverso, in quanto basato su un diverso tipo di universalizzazione, da quello che
attribuivo all'individuo. E se io mi arrogo il potere di proporre un nuovo
significato, vuol dire che mi assumo una funzione diversa da quella che mi assumevo
in precedenza e che penso di avere il potere sociale e politico di proporre. Queste
cose vanno dette per sottrarre anche i Veda oltrech� le upanisad ad un clima
paradisiaco che non esiste. Tutto ci� che si pu� ammettere � che nel lungo periodo
la successione dei mutamenti non port� a sconvolgimento improvvisi. Se ne ponevano
per� le basi rispetto alla lunga, lenta e tormentata storia dell'India.
8. Bisogna quindi considerare una base generale ed impreteribile di
interpretazione per la quelle ogni livello semantico-interpretativo segue una
variazione strutturale, ossia nel modo di vivere, nel rapporto socio-economico, nel
rapporto di produzione. Solo su questa base profondamente storicizzata si potranno
porre i diversi livelli interpretativi e le complesse mediazioni che vi sono legate
complicatamente intersecandosi e coinvolgendosi. Soltanto con questo costante
riferimento si potr� parlare di vari contenuti interpretativi a vario livello,
dacronico e sincronico, che possono anche coincidere, purch� se ne intendano le
forme mediative, non aspetti enucleati dalla ricerca tradizionale Occidentale. Cos�
si potr� porre un primo livello interpretativo abbondantemente mediato da tutta una
tradizione 'religiosa' asiatica, su base strutturale analogica, in cui magismo e
miti della 'creazione', della natura e della vegetazione, si uniscono e si
confondono. Uno studio analitica di questi elementi interessa propriamente la
storia delle religioni e ci interessa in questa sede solo nei limiti in cui essi
acquistano un significato filosofico, pur denotando a chiare note la propria
provenienza. Un secondo livello interpretativo � quello in cui si affronta
direttamente il mio cosmogonico, ossia la cosmogonia in termini vedici. Altri
livelli sono pi� o meno possibili in fase intermedia.
9. E` tutto un processo che si viene operando all'interno del Veda e gli inni
ne danno il documento pi� ampio. Certo, stabilire una cronologia su questa base �
comunque pericoloso; ma � pericolosi, si badi, non per insufficienza del criterio,
bens� per la ragione assai semplice ed assai drammatica, che quel che � vero per
una non � vero per un'altra zona dell'India e il Veda funge da espressione
ideologica di una zona troppo larga (almeno il Kasmir e le zone adiacenti) per
poter essere espressione univoca in senso culturale. Solo tenendo conto di questo
grosso problema si pu� compiere un tentativo di suddivisione diacronica e
sincronica.
Con queste note non abbiamo toccato che alcuni dei problemi preliminari. Non
possiamo per� concludere questi accenni, forzatamente brevi, senza un pur minimo
riferimento alla fondamentalmente errata prospettiva teoretica ed esegetica,
secondo la quale il monoteismo e l'enoteismo sarebbero dei punti d'arrivo necessari
ed assoluti. Nulla di meno vero per la speculazione indiana, nulla di pi� falso per
la speculazione questa prospettiva � in realt� una vecchia mistificazione
ideologica che serve soltanto a coonestare i vecchi miti della trascendenza. Un
criterio del genere - l'abbiamo gi� in parte provato, ma lo dimostreremo meglio in
pi� specifica sede - potr� soltanto servire a non capire pi� nulla e a mistificare
ancora peggio la speculazione upanisadica e postupanisadica.
ICILIO VECCHIOTTI
Prefazione
Nello scegliere gli inni, che qui presento tradotti, ho cercato soprattutto
questo, che essi offrissero la maggior parte di quei dati su cui si fonda la nostra
conoscenza della religione vedica, quale � rispecchiata nel Rgveda. Perci� ho
tenuto conto, oltre che del pregio estetico degli inni, anche, e pi�,
dell'interesse del loro contenuto.
La traduzione � fedele fin quanto la consente la nostra lingua: essa mira a
rendere insieme col senso della frase originale anche il colore e l'atteggiamento
di essa, col riprodurne i giri di parole, le espressioni caratteristiche, le
singolari metafore, anche se possano riuscire strane per noi.
Tradurre dal Rgveda � interpretare. Parole di valore incerto, costrutti
difficili, allusioni oscure a miti, leggende, atti del culto sono frequenti
ostacoli alla piena intelligenza inni, che gli sforzi degli dei dotti non hanno
potuto ancora rimuovere; il significato di molti e molti passi continua a rimanere
enigmatico o assai dubbio. Non � questa la sede adatta per esporre principi
ermeneutici; quali criteri generali mi siano stati di guida, quali preferenze io
abbia avute nei singoli casi, quanto debba agli studiosi che hanno lavorato nel
campo dell'esegesi rgvedica, scorgeranno (ed appare del resto anche dalle note) i
competenti; ai quali � superfluo io dica che la mia traduzione � per numerosi versi
difficili provvisoria anche per me.
Le note sono di solito limitate al i chiarimenti necessari per intendere il
testo. Questioni filologiche o di altro genere sono tutt'al pi� accennate, ch�
discuterle qui era, per ovvie ragioni, impossibile; per esse ho rimandato, quando
era del caso, alle opere che ne trattano di proposito. Ho pi� volte ricordato
interpretazioni diverse dalle mie, ma, di regola, soltanto quelle che mi parvero
originale o aventi una certa probabilit�.
VALENTINO PAPESSO
Introduzione*
Sommario
I. - Il Rgveda
1. Il termine Veda significa 'sapere, scienza, cio�: sacra scienza. Con esso
viene designata una lunga serie di libri di contenuto religioso racchiudenti quella
scienza, che costituiscono, dai suoi inizi e per il corso di molti secoli, tutta la
produzione letteraria dell'India. Circondati, per il loro contenuto, di grande
venerazione, in un paese profondamente religioso e scarsamente dotate di senso
storico, essi apparvero opera non umana. Il Veda � rivelazione (sruti), � una forma
del divino manifestarsi, e, come tale, � infallibile ed esiste da sempre e per
sempre. In questa seconda credenza tutto il Brahmanesimo con le sue molteplici
sette, con i suoi vari sistemi filosofici, divergenti tra di loro - talvolta anche
profondamente - su parecchi punti essenziali, rimase fermo, e la difese
risolutamente contro i vivaci attacchi degli avversari (quali i Giaina e i
buddhisti). Anche oggi l'appartenenza all'Induismo - in cui il Brahmanesimo si
continua - � condizionata dal riconoscimento del Veda come verit� rivelata:
comprensivo sistema religioso-sociale, piuttosto che vera e propria religione,
l'Induismo ammette le pi� disparate forme di credenza e di culto, purch� esse
possano, direttamente o indirettamente, trovare la loro sanzione nei libri santi.#
Secondo la credenza indiana dell'et� post-vedica i sacri testi, manifestazione del
brahman, furono 'visti' dai veggenti del passato, i rsi, nelle loro meditazioni,
merc� le loro soprannaturali facolt�.
Cronologicamente il Veda, vale a dire la letteratura vedica, si divide in pi�
strati. Il pi� antico di essi � formato dagli inni e dalle formule conservate in
quattro grandi raccolte (samhita), alle quali si d� pure il nome di Veda, inteso in
un senso pi� ristretto. Esse sono il Rgveda, il Samaveda, il Yajurveda e
l'Atharvaveda. Che a questi testi fosse assegnata fin dai tempi pi� antichi
un'origine soprannaturale, � provato da un tardo inno dello stesso Rgveda, dove
essi sono chiaramente rappresentati come emanati dalla divinit� insieme con
l'universo; si dice infatti che dal sacrificio del Purusa, l'uomo originario,
nacquero le rc e i saman, i chandas e il yajus (vedi x 90, 9 e nota ivi).
Le quattro raccolte anzidette sono state fatte per servire a vari scopi
liturgici. La raccolta del Rgveda, o veda delle rc (versi laudativi) � fatta di
poesia lirica, essendo costituita da inni che cantano nella grandissima maggioranza
le lodi degli dei. Questo Veda �, per cos� dire, il manuale di uno dei preti
ufficianti nei grandi sacrifici, del hotar - l''invocatore' - e dei suoi
assistenti, cui spettava d'invitare gli dei a prendere parte al sacrificio e
d'accompagnare con la recitazione di inni le varie offerte. La raccolta del Veda
dei saman, o delle melodie, contiene versi - quasi tutti occorrenti anche nel
Rgveda# - che servivano di testo ai preti cantori (udgatar), che accompagnavano
cio� col canto i riti. Il Veda dei yajus (formule sacrificali) � il libro
dell'adhvaryu, del prete che compiva le varie operazioni manuali del sacrificio e
contemporaneamente mormorava opportune parole; contiene formule e preghiere in
prosa e in versi (in buona parte presi dal Rgveda), raggruppate secondo le varie
specie di sacrifici e disposte nell'ordine in cui venivano usate in questi. Il
Yajurveda � tramandato nelle redazioni di pi� suole; esse si dividono secondo la
loro affinit� in due gruppi designati come il bianco e il nero Yajurveda. Il primo
di questi contiene solo i versi e le formule, mentre il secondo aggiunge anche una
esposizione dei riti che hanno luogo durante il sacrificio. Questi tre Veda
costituiscono la 'triplice scienza', la trayi vidya. Accanto ai ricordati,
esercitava le sue funzioni nel sacrificio un quarto prete, il brahman. Egli aveva
la direzione dell'insieme della cerimonia, doveva osservare che tutto procedesse
secondo la regola e nel caso correggere - da quel 'medico del sacrificio' che era -
con opportuni riti e formule gli errori degli altri preti. Al brahman occorreva la
conoscenza di tutta la triplice scienza, ma egli non aveva in origine un proprio
Veda. Solo pi� tardi fu messa - pi� o meno artificialmente# - in relazione con lui
la quarta raccolta, l'Atharvaveda. Questo, pi� recente quanto a redazione ed
inferiore per considerazione agli altri tre, ha un carattere profondamente diverso;
il suo contenuto, per gran parte in versi, � soprattutto magico: incantesimi per
ottenere buona fortuna, per guarire malattie, per vincere nemici, per scacciare
demoni. Riflettendo usi, credenze, superstizioni popolari, esso offre un materiale
prezioso - e certo un larga misura antichissimo - per la storia religiosa non solo
dell'India, ma dell'umanit�.
Formano il secondo strato della letteratura vedica voluminose opere, che si
connettono direttamente con i Veda: i Brahmana. Ivi si descrive la tecnica delle
varie operazioni sacrali e nello stesso tempo se ne ricerca l'origine, se ne spiega
il significato. L'importanza del sacrificio � straordinariamente esaltata, intorno
ad esso viene fatta gravitare la vita degli uomini, degli dei, dell'universo
intero. Nei brahmana ci sono aggiunte, di et� pi� recente, costituite da testi che
dovevano essere studiati dagli uomini ritirati nella solitudine della foresta: sono
gli Aranyaka, i 'libri della foresta'. In essi non pi� descrizioni del sacrificio,
ma interpretazione simboliche di esso, fantastiche allegorie di impronta teosofica.
L'indagine sull'atto rituale (karmakanda) ha ormai ceduto il posto all'indagine
metafisica (jnanakanda) negli 'arcana insegnamenti' delle Upanisad, le pi� antiche
delle quali si trovano in parte inserite, in parte poste come appendice degli
Aranyaka. Con esse il Veda � giunto al suo fine (vedanta). La identificazione del
principio dell'universo, il brahman, col principio dell'individuo, l'atman, la
legge che l'azione compiuta (karman) determina le condizioni di vita avvenire di
cui l'ha compiuta, la dottrina della metempsicosi, del giro delle esistenze
(samsara), hanno la loro prima affermazione nelle Upanisad: la via � ormai aperta a
tutta la speculazione filosofica e religiosa dell'India nel suo meraviglioso
sviluppo che arriva fino ai nostri giorni.
2. Questa secolare letteratura vedica, che qui � stata compendiata in poche
parole, si conchiude con le pi� antiche Upanisad circa il 500 a. C. Al principio di
essa sta il Rgveda, il documento letterario pi� antico dell'India e dei popoli
Indoeeuropei. Esso comprende in s� i prodotti letterari di pi� generazioni di
cantori appartenenti a trib� diverse: � una vera letteratura, spaziante entro i non
larghi confini che le furono segnati dallo scopo per cui i poeti prima la crearono
e poi i raccoglitori la riunirono: � una letteratura specializzata in inni di lode
agli dei. L'unicit� di questo contenuto (si intende col complesso, che p. es. inni
magici vi sono anche nel Rgveda, a quel modo che anche nell'Atharvaveda ci sono
inni di lode) e la maggiore antichit� rispetto agli altri Veda - i quali, tra
l'altro, conoscono un territorio geografico pi� esteso e una organizzazione sociale
pi� recente - danno al Rgveda caratteristiche tutte proprie. Gran parte degli dei
che accorrono all'invito degli i cantori rgvedici si trover� anche nei testi
posteriori; ma di molti, per l'aggiungersi o il togliersi di questo o
quell'attributo, sar� trasformato, anche profondamente, l'aspetto. Vecchie figure
d'un passato gi� remoto per il Rgveda, gi� in questo poste in ombra, scompariranno
poi del tutto; nuove deit�, destinate in seguito a grande fortuna, vi si affacciano
appena. Nuove forme di pensiero e di vita gi� appaiono; ma tra il nuovo che si fa
avanti e il vecchio che si dilegua la massa degli inni � compatta: niente credenza
nella trasmigrazione delle anime,# niente karman, ma ancora l'antico concetto del
rta; un sacerdozio consapevole e geloso della sua preponderanza, ma ancora niente
caste; non si conosce la tigre, appena l'elefante; il riso non � mai nominato:
tutto ci� insomma che ci sovviene come caratteristico quando pensiamo all'India -
territorio e civilt� - ed ancora estraneo al Rgveda.
Questa particolare posizione del venerando monumento favor� come � noto, gli
entusiasmi dei primi studiosi Occidentali che vi si accostarono; si credette
sentire nei suoi inni la fresca ingenua espressione dei sentimenti poetici di un
popolo ancora bambino, estatico davanti ai fenomeni della natura, lo si avvicin�
all'epoca dell'unit� indoeueuropea, si arriv� a proclamarlo indoeuropeo.# Una
critica pi� fredda, ma poggiante su fatti meglio accertati pot� facilmente
respingere come poetiche illusioni le affermazioni di quel genere; ma con ci� i
problemi intorno al Rgveda si moltiplicarono: l'et� e il luogo in cui i suoi inni
furono composti, la sua mitologia, il culto che vi � rappresentato offrirono
argomenti d'indagine senza fine. In molti campi non si � ancora arrivati - ne �
probabile che si arrivi presto - a conclusioni definitive.
3. il Rgveda consta di 1028 inni (dei quali 11 supplementari, valakhilya, i
49 - i9 del 1. VIII), distribuiti in dieci libri detti mandala o 'cerchi cicli'.#
I dieci libri hanno rispettivamente 191, 43, 62, 58, 87, 75 , 104, 103,
114 , 191 inni. Il numero identico di inni del I e al X libro rende evidente il
carattere artificiale di questa distribuzione. Costituiscono, generalmente
parlando, la parte pi� antica e pi� omogenea del Rgveda i 11. II- VII, assegnati
ciascuno a un'unica famiglia di poeti, e detti perci� libri di famiglia. In questi
gli inni sono raggruppati in tante serie quante sono le divinit� a cui sono
rivolti: prima c'� la serie ad agni, poi quella ad Indra, seguono quelle agli altri
dei secondo il numero di inni rispettivo, in ordine decrescente, o, se gli inni
sono di numero eguale, secondo il numero di versi del primo inno di ciascuna serie.
Nell'interno della serie la posizione degli inni � regolata dal numero decrescente
dei versi.
La seconda parte del 1. I (inni 51 - 191), con le sue nove collezioncine,
ciascuna assegnata a una famiglia di poeti, � analoga al i libri di famiglia.
Criteri differenti, che qui non � il caso d'esporre, hanno determinato la
distribuzione degli inni, riuniti per divinit�, nelle sei piccole collezioni che
formano la prima parte del 1. I (inni 1 - 50). Anche il 1 VIII, affine per molti
riguardi alla prima met� del I, � suddiviso in numerose piccole collezioni, in seno
alle quali vale, in genere, la norma che le serie si succedono, indipendentemente
dal numero di inni, secondo il numero di versi dell'inno pi� lungo d'ognuna; Agni e
Indra non hanno nel 1. VIII la preferenza loro accordata nei libri di famiglia. Il
1. IX, in cui sono raccolti, con un fine nettamente liturgico, soltanto inni a
Soma, non ha collezioni per autori, ma gli inni sono ripartiti in sette gruppi
corrispondenti a sette metri diversi e succedentisi secondo il numero di inni di
ciascuno in ordine decrescente. Il 1. X- che � in buona parte il pi� giovane della
raccolta e che contiene, oltre al solito materiale, inni di vario carattere:
cosmogonici, filosofici, magici, appartenenti al rituale del matrimonio e della
sepoltura - ha un grandissimo numero di collezioni per autori, disposte secondo il
numero di inni e, al caso, il numero di versi del primo inno di ciascuna, sempre in
ordine decrescente. Ad alcune poche formate da un numero d'inni maggiore seguono
collezioni di tre, poi di due inni: a partire dall'inno 85 si succedono inni
isolati, ordinati in massima secondo il numero decrescente di versi. Le eccezioni
alle regole qui accennate dipendono da pi� ordini di fatti perturbatori:
spostamenti a cui fu sottoposto il materiale, riunione di pi� inni in uno,
inserzione di inni o di versi in un tempo in cui il corpo della raccolta era gi�
costituito. A qualcuno di questi fatti si deve per esempio se la norma del numero
progressivo ascendente, secondo la quale � verosimile che fossero disposti i 11,
II- VII - come anche le piccole collezioni della seconda parte del 1 - I � violata
per i 11 - III e V.#
4. La lingua degli inni rappresenta una fase arcaica del sanscrito, con
differenze non tanto nella costituzione fonetica, che � pressoch� eguale, quanto
nella morfologia. Il vedico ha un gran numero di forme casuali e verbali che poi
sono scomparse. Anche una grande quantit� di parole vediche si sono perdute o hanno
alterato il loro significato, il che costituisce per l'interprete una tra le
maggiori difficolt�. Non ostante il numero grande di poeti, appartenenti a trib� e
ad et� diverse la lingua � essenzialmente la stessa; non vi appaiono differenze
dialettali. E` una lingua letteraria, elaborato prodotto della classe sacerdotale,
nell'interno della quale veniva trasmessa; rimase propria delle classi superiori,
dei preti e dei principi, e si and� a poco a poco modificando finch� non
intervennero i grammatici a fissarla con le loro rigide regole. Rispetto
all'insieme del Rgveda, solo il 1. x e qualche inno disperso negli altri mostrano
una lingua meno arcaica, o meno arcaicizzante, e pi� vicina a quella della gran
parte dell'Atharvaveda. Non possiamo dire quanto questa lingua ieratica differisse
dalla parlata tra il popolo; quest'ultima si and� trasformando nei dialetti
medioindiani per naturale processo e per il contatto con le favelle degli indigeni,
le quali influirono anche su tutta la lingua dei Arii, se � vero che ad esse si
devono i suoni cacuminali e un certo numero di parole che non hanno riscontro nelle
altre lingue indoeuropee.#
5. Anche la metrica degli inni differisce dalla classica, che non conosce pi�
molti metri vedici e ha dato a quelli che conserva un andamento assai pi� regolare.
I versi (rc) sono formati da pi� linee (e per questo i nostri studiosi li chiamano
anche strofe o stanze), le quali, poich� nella metrica classica sono generalmente
quattro, vengono chiamate dai metrologi indiani, con metafora presa dai quadrupedi,
pada 'piede'.
6. Il Rgveda fu tramandato a voce. Quando sia stato scritto per la prima volta
non � dato sapere: il problema � connesso con quello dell'introduzione della
scrittura nell'India (probabilmente verso l'800 a. C.) e con l'altro del tempo in
cui si cominciarono a scrivere i testi religiosi (da principio la scrittura serv�
solo a scopi pratici e profani). Ma la soluzione di siffatti problemi non ha
l'importanza che si potrebbe credere, poich� anche quando la scrittura - e poi la
stampa - divenne di uso comune, il Rgveda, come gli altri testi, continu�, e
continua ancora, a essere tramandato oralmente ed appreso a memoria.#
Lo scopo dei redattori della raccolta deve essere stato quello di conservare
l'insieme di poesia religiosa che circolava tra i sacerdoti e di mantenere questa
poesia immune da quelle alterazioni a cui la esponeva il fatto di non essere pi�
chiaramente capita, fissandola in un testo preciso, cos� che non avesse a
commettere errori chi se ne doveva servire nelle sacre cerimonie. Quando fu fissato
il testo che ci � pervenuto? Il suo attuale aspetto fonetico � dovuto a una
uniforme applicazione di rigorose leggi sui suoni - che solo in poco differiscono
da quelle del sanscrito classico -, applicazione che ne ha modificato, come spesso
rivela l'analisi metrica, l'aspetto originario. Ora, nelle discussioni che fanno i
Brahmana nelle loro speculazioni sul rituale e ci� che vi si connette, e quindi
anche sui versi impiegati nei riti, non vi � accenno a dottrine fonetiche, vi sono
invece espliciti richiami a tali dottrine negli Aranyaka e nelle Upanisad: � dunque
verisimile che il nostro testo sia stato fissato tra i due periodi letterari
rappresentati dalle due serie di opere ora ricordate e cio� circa il 600 a. C.
Anche prima della sua costituzione definitiva il testo degli inni non deve aver
subito gravi alterazioni: le citazioni di passi rgvedici contenuti negli altri Veda
e nei brahmana mostrano, nel complesso, che i compilatori di queste opere dovevano
conoscere gli inni in un testo press'a poco identico al nostro.
La recensione del Rgveda che conosciamo � quella del 'ramo' (sakha), cio�
scuola, dei sakala. Secondo la tradizione vi furono altri quattro 'rami', per� con
poche differenze tra loro. Accanto alla 'recitazione' (patha), in cui le parole
sono unite secondo le leggi fonetiche (samhita - patha), la preoccupazione della
perfetta conservazione del testo fece costituire un'altra 'recitazione' nella quale
le parole (pada) si succedono separate nelle loro forme indipendenti (pada -
patha). Quest'ultima � attribuita a Sakalya, il fondatore tradizionale del 'ramo'
dei sakala: essa � in effetto pi� giovane, anche se non di molto.#
7. La tradizione# assegna i libri dal II al VII ciascuno a una famiglia di
poeti: il II ai Grtsamada, il III a Visvamitra, il IV ai Vamadeva, il V agli Atri,
il VI ai Bharadvaja, il VII ai Vasistha. Ho adoperato il plurale: in realt� la
tradizione assegna ciascun inno ad un poeta determinato, che � Grtsamada stesso,
Visvamitra stesso etc., cio� il capostipite della famiglia, oppure un discendente
di questo. Ma che i capostipiti possano essere gli autori � inverosimile, perch� la
loro figura, quando ad essi viene fatta allusione negli anni, � quella di un savio
del passato leggendario; l'assegnazione a questo o quel discendente � il pi� delle
volte erronea, perch� poggia su false interpretazioni di dati forniti dagli inni.
Per� l'esame diretto degli inni mostra che essi veramente provengono da
appartenenti alle sue menzionate famiglie di cantori: i poeti nominano talvolta se
stessi col nome di famiglia (pi� spesso al plurale, pi� di raro al singolare p.
es.: Vasistha, ed allora � da intendersi: il Vasitha). Valore anche pi� scarso
hanno le indicazioni tradizionali circa gli autori degli inni dei libri non di
famiglia: troviamo qualche nome femminile, p. es. Apala Atreyi (VIII 91), spesso
dei o esseri mitici - specie per il 1.x-, p. es. Trita Aptya (x1 - 7), due Apsaras
(IX 104), Manyu 'la Collera' (x 83), Yajna 'il sacrificio' (x 130). Nella prima
met� del libro I prevalgono i Kanva e Kanvidi e Angirasidi sono pi� spesso nominati
come autori del 1. VIII, affine, come gi� si � detto, a 1 1- 50. Il il IX,
ritornano, com'� da aspettarsi, i nomi dei poeti degli altri libri.#
8. Staccatesi dalle consorelle iraniche, trib� arie attraverso i passi
Occidentali dell'Hindu Kush entrarono nell'India e e scesero nel 'paese dei cinque
fiumi' (Panjab). Che l'immigrazione sia avvenuta non gi� un un'unica invasione, ma
per incursioni successive, anche a grandissima distanza di tempo, � assai
probabile. Irresoluto � il problema dell'epoca della prima invasione dei arii
nell'India; se debba porsi verso la met� del secondo millennio a. C. - forse in
relazione con quelle migrazioni di popoli che nell'Asia Occidentale
caratterizzarono il XVIII secolo -, o prima. L'iscrizione in cui compare il re di
Mitanni (vedi � 12) non decide, come alcuni studiosi hanno creduto, il problema.
Nella tradizione indiana non c'� ricordo dell'immigrazione, e gli Ind� si credono
autoctoni dell'India.# Neppure conosciamo finora quali fossero le condizioni e le
vicende delle civilt� nel paese in cui discesero gli Arii. Su ci� � sperabile che
presto portino luce gli scavi iniziatisi nel 1924 in Mohenjo-Daro nel distretto di
Larkana (sindh) e in Harappa nel distretto di Montgomery (Panjab meridionale). Nei
due luoghi distanti tra loro circa 400 miglia inglesi, sono venute alla luce
antichit� che hanno lo stesso carattere e mostrano di apprtenere allo stesso
periodo, che ci pone intorno al 3000 a. C. Furono trovati tra avanzi di massicce
costruzioni oggetti d'uso di terra cotta e di pietra, gioielli, braccialetti, dadi,
e - interessantissimi per le leggende in scrittura ideografica e per le incisioni
di animali che portano - sigilli di pietra, di argilla, di avorio; furono anche
scoperti notevoli avanzi di un sistema di drenaggio. Tutto ci� presenta notevoli
affinit� con antichit� analoghe sumeriche. Non � qui possibile esporre le varie
ipotesi cui pu� dare luogo questa affinit�. Si tratta di una civilt� anteriore alla
venuta dei arii; ma non � per ora possibile dire in che rapporti i portatori di
essa fossero con i popoli pre-arii dell'India, n� quale influenza possa esserne
venuta alla civilt� degli Arii.#
I pi� antichi stanziamenti, a cui si riferisca la tradizione, sono nel paese
bagnato dall'Indo e dai suoi affluenti. I ricordi di luogo sono nel Rgveda sopra
tutto, per non dire esclusivamente, nomi di fiumi. Nell'inno x 75 � enumerata la
maggior parte dei fiumi noti al Rgveda. Quest'enumerazione ci conduce dalla Kubha
(Kabul) alla Yamuna (Jumma) e dalla Ganga (Gange). La Ganga � ricordata solo in x
75 (indirettamente anche in VI 45, 31), la Yamuna un allo paio di volte. Pi�
ricordata � la Sindhu (Indo) e i suoi affluenti di sinistra (Vitasta- Jhelum,
Asikini-Chenab, Parusini-Rawi, Sutudri-Sutlej, Vipas- Bias), che dal loro numero
diedero pi� tardi al paese bagnato il nome di PanCanada ('Cinque-fiumi', Panjab). I
poeti parlano di 'sette fiumi' e designano con questa espressione anche la regione
che questi attraversano: � verosimile che 'sette', numero mistico, indichi una
quantit� indeterminata; a voler intendere proprio sette si dovr� probabilmente
aggiungere alla Sindhu e ai cinque affluenti ricordati la Sarasvati (Sersut), il
celeberrimo fiume sacro, gi� assai esaltato anche nel Rgveda. Taluni# hanno negato
che la Sarasvati della maggior parte degli inni sia l'attuale Sersut, e hanno
ritenuto invece che sia tutt'uno con la Sindhu; quest'opinione � soprattutto dovuta
alla preoccupazione di non spostare troppo ad est i confini del paese in cui
s'erano stanziati gli Arii degli inni.# Ad est per� ci portano le imprese dei
personaggi storici o semistorici del Rgveda (vedi III 33; VII 18; 33). Inoltre le
condizioni climatiche e di paesaggio del Panjab orientale rispondono bene a quelle
che la lettura degli inni - di quelli specialmente diretti a Indra e ai Maruti -
fa supporre: qui i monsoni gi� violenti portano abbondanti pioggie periodiche, qui
ci sono favorevoli condizioni alla fertilit� del suolo, dalle rive della Sarasvati
sono visibili le vette dell'Himalaya; scarse invece sono le pioggie nel Panjab
proprio, un'immensa distesa pianeggiante, arida e sterile, dalla quale non sono
visibili o difficilmente sono visibili le montagne.# E` pertanto probabile che nel
Panjab orientale, la penetrazione nel quale � per i poeti gi� un ricordo del
passato, si sieno venuti formando i maggiori centri dei arii nell'et� del Rgveda.
Di monti si parla spesso, ma solo una volta (x 34, 1), ed indirettamente, si
allude ad un monte determinato, il Mujavant.# Non si trova nessun nome di luogo
abitato.
E` disputato se gli Arii degli inni abbiano conosciuto il mare; nel Rgveda
non ci sono indizi, almeno diretti, che comprovino questa conoscenza; la parola che
si traduce con 'mare', samudra, vale propriamente 'raccolta d'acque' e poteva
riferirsi anche solo all'ampia distesa d'acqua che forma l'Indo dopo avere ricevuto
gli affluenti (il viaggio nel samudra � immaginato di solito come un viaggio da una
riva all'altra vedi p. es. I 116, 5). Non bisogna per� dare valore assoluto alle
prove negative desunte dal Rgveda, la cui poesia � cos� lontana dalla vita.
9. Gli Arii (arya: 'appartenente ai fidati, ai leali (arya)' o 'onorato,
nobile') si trovarono in lotta con un popolo autoctono, o almeno prima di essi
stanziato nel paese, delle cui caratteristiche fisiche gli mettono quasi
esclusivamente in rilievo il colore scuro della pelle,# tanto che la parola
significante 'colore', varna, assunse poi il significato di casta. Si ritiene
comunemente che i Dravida fossero questo popolo, che era verosimilmente al tempo
dell'invasione in possesso di un certo grado di civilt�. Gli Arii chiamavano i
vinti dasa o dasyu: il 'colore arya' s'impossess� delle greggi e delle ricchezze
del 'color dasa', combattendo lungo i fiumi, minor alle rocche (pur). Della
religione di questi popoli vinti non sappiamo nulla; un tratto di essa conservatoci
dagli inni � il culto del fallo,# che gli invasori poi adottarono e praticarono nei
riguardi del Dio Siva.
Si leggono negli inni nomi di principi arii; tra i pi� ricordati sono i re dei
bharata Divodasa, elogiato specialmente nel 1. VI dei bharadvaja) e il figlio o
nipote di lui Sudas, nel 1. III (dei visvamitra, come gi� suppose il Roth, alla
corte dei principi Bharata), e il re dei puru Trasadasyu. Ma poche notizie e in
gran parte di sapore leggendario raccogliamo intorno ad essi.
Poco anche conosciamo delle condizioni e delle vicende politiche e sociali dei
popoli arii. Li sappiamo divisi in numerose comunit� (vis), ciascuno col suo re,
ereditario o elettivo, assistito - pare - da una assemblea (samiti); abitavano in
villaggi di legno, aperti, ma in caso di pericolo si rifugiavano in recinti
fortificati (pur), posti in qualche luogo elevato.
Erano sopra tutto allevatori di bestiame; in grande pregio avevano la vacca, i
cuoi prodotti erano tanto utili all'alimentazione; essa serviva da termine di
confronto per tutto ci� da cui viene utilit�, benessere, ricchezza. Grandemente
apprezzato era pure il cavallo, che si attaccava al carro da guerra, e dalla cui
celerit� e bravura dipendeva il successo nelle imprese guerresche e nelle gare.
Anche l'agricoltura era praticata; si conosceva tra l'altro l'arte di irrigare i
campi artificialmente per mezzo di canali. Dei mestieri esercitati conosciamo
qualche cosa indirettamente dalle comparazioni, buon numero delle quali � preso
dalle arti del tessitore, del fabbricatore di carri - alla cui abilit� i poeti
paragonano la propria -, del fabbro, del conciatore di pelli. Vi � anche qualche
raro accenno al commercio. I divertimenti erano costituiti dal gioco dei dadi,
dalla danza, dal suono e dalle corse dei carri, le quali ultime, che dovevano
essere uno sport molto in uso (da esse i poeti hanno preso molte similitudini),
erano probabilmente una prerogativa dei principi e dei grandi. Non questi soltanto
ci mettono direttamente in contatto gli inni. Ma anche dei loro munifici patroni i
poeti ci dicono ben poco e in maniera assai generica. Ce li fanno vedere bramosi di
vittorie, avidi di ricchezze, miranti al bottino nelle guerre o nelle razzie di
bestiame, oppure al premio nelle corse. spesso non si sa bene se si tratti di preda
o di premio, essendo la parola usata unica: vaja), astiosamente rivali tra loro. E
sempre, monotamente, si chiedono per loro agli dei successi ed abbondanza di
alimenti e beni materiali e lunga vita - una vita intera, cento anni -, e, poich�
figli ci vogliono per mantenere ed accrescere le conquiste, maschi figli (vira).
Gioia di vivere, brama di godimenti terreni sembrano i sentimenti pi� forti di
questi uomini rgvedici.#
10. I signori incaricavano i loro preti-poeti di comporre gli inni che
dovevano essere recitati o cantati durante i grandi sacrifici che essi offrivano.
Si pu� dire che la quasi totalit� degli inni del Rgveda deve la sua origine al
bisogno di avere nuovi inni per il sacrificio e precisamente, nella grandissima
maggioranza dei casi, per il sacrificio del soma. Pi� tardi non si composero pi�
inni nuovi, ma furono utilizzati i gi� composti, i quali vennero a prendere un
posto stabilito nel rituale brahmanico, essendo messi in relazione con determinati
riti del sacrificio, di molteplici e complicati riti ricchissimo.
Chi offriva il sacrificio mirava al conseguimento di beni (materiali) per s�:
il poeta mirava a distogliere gli dei dai sacrifici offerti da altri e ad attirarli
a quello del suo patrono. A questi fini risponde il contenuto Dell'inno; ci� che fa
parte della vita comune, che � fuori dell'ambito della religione e del culto non ha
nessun interesse ed � tenuto lontano. Il poeta esalta la potenza degli dei, perch�
pensa che la sua 'bella lode' sia un'ottima allettatrice; domanda agli dei che
favoriscano il sacrificatore, cos� generoso d'offerte verso di loro; n� dimentica
se stesso: poich� sua � la preghiera che cattiva la divina benevolenza, egli ne
abbia largo e ben meritato compenso. Su questo schema � composta la maggior parte
degli inni, donde una persistente uniformit� di colore e di movimento.
Le lodi al Dio consistono nel porre in rilievo qualche tratto della sua
figura, nel far menzione delle sue gesta. Una ricca messe di miti e di leggendari
racconti � a disposizione del poeta; il quale per� non si compiace - n� � ufficio
suo - di sceglierne qualcuno e a suo modo ricantarlo nella sua interezza; egli si
accontenta - e ci� basta al suo scopo - di brevemente accennare. Dall'insieme del
racconto vengono trascelte le linee pi� significative, le essenziali, e di queste
si compone la rapida rievocazione. Siffatto procedimento aumenta la possibilit� di
pi� rievocazioni di miti nel corso di un solo inno (ed infatti ci� che preme al
poeta � che le lodi sieno molte), ma non serve certo a dare al canto largo respiro,
anzi lo spezza in brevi periodi. I pochi tratti, a cui si riduce il ricordo
dell'impresa divina, sono sempre quegli stessi, e tende naturalmente a diventare
uniforme anche la maniera con cui essi sono espressi. Tutto questo � a danno della
variet�; nel caso poi di indi a grandi dei, come Indra, la ripetizione delle solite
cose diventa davvero fastidiosa. Al posto dell'invenzione, che i temi quasi
obbligati incoraggiavano poco, entra facilmente la composizione meccanica. Ma
quando il poeta sa staccarsi dalle formalit� del rito, il suo canto � illuminato da
sprazzi di vera poesia; i vari aspetti della natura trovano anche nel Rgveda, come
poi in tutta la letteratura indiana, efficaci e felici descrittori. Non comune
nobilit� ed elevatezza di parola e di concetto accompagnano quasi tutti gli inni a
Varuna: anche se non molti, ci sono inni a Indra animati da un tono epico. Certo,
accanto a inni di innegabile bellezza o ammirabile profondit� di pensiero, aventi
anche non di rado il pregio di una elocuzione relativamente chiara, molti ce ne
sono - come � del resto inevitabile, dato il grande numero di inni alla stessa
divinit�# - che sono poco pi� o niente pi� di modeste ripetizioni, ed altri il cui
scarso valore artistico � anche diminuito da volute oscurit�. Il gusto
dell'espressione ricercata ed enigmatica, delle sottigliezze astruse, dei giochi di
parola , di cui molto si compiace la letteratura posteriore, ha trovato largo campo
gi� nel Rgveda.#
Singolare vivacit� hanno gli inni in cui, in qualche verso o in tutti, uno o
pi� personaggi di una determinata azione mitica o leggendaria vengono fatti
direttamente parlare o dialogare. Ci sono inni in cui la forma dialogica � perfetta
(p. es. III 33); in altri versi dialogati sono interrotti da versi narrativi, che
riprendono o concludono indirettamente il racconto e che sono pronunciati da
persona estranea all'azione, da un supposto narratore (vedi p. es. IV 18) o dal
poeta stesso (vedi p. es. I 165). In questi inni si hanno gli inizi della poesia
narrativa, sia che si vedano in essi brani di racconti di cui si sono fissati in
versi solo i momenti centrali, i discorsi - mentre il resto, rimasto in prosa, era
lasciato in certa misura all'arbitrio del narratore# -, sia che questi inni si
ritengano compiuti in s�, formanti delle specie di ballate.# Vi � in essi movimento
drammatico, ma non sono, come taluni sostengono, dei drammetti cultuali;# di tali
presunti drammi la tradizione non conosce assolutamente nulla.
Non c'� traccia nel Rgveda di poesia popolare;# origine popolare hanno gli
indovinelli, forma di divertimento gradita ai popoli antichi e ai popoli primitivi;
ma nel Rgveda � stata impresso ad essi carattere ieratico (vedi I 164); indovinelli
di contenuto religioso (brahmodya 'questione teologica) furono usati nel rituale.#
11. Per molte e molte generazioni il materiale mitico e poetico fu tramandato
nelle varie famiglie di cantori; esso fu via via rimaneggiato ed adattato alle
circostanze: gli inni che possediamo sono il risultato di tale lavorio. Spesso i
poeti si vantano di comporre poesia nuova; gi� dal primo inno (I 1, 2) agli antichi
poeti sono contrapposti i nuovi. Quando per� si cerca di distinguere nel Rgveda
materiali pi� antichi e pi� recenti, l'impresa si presenta assai ardua, perch�, se
si eccettuano molti inni del 1. X e alcuni altri contraddistinti da evidenti
caratteristiche di lingua, di metro, di soggetto, la massa degli inni manca di
segni positivi che valgano a determinare l'et� relativa. Nessun indizio pu� offrire
l'accenno a personaggi di fondo storico (vedi � 9), perch� � ignota la cronologia
di questi.# A una minuta analisi metrica, accompagnata con l'investigazione dei
fenomeni fonetici, grammaticali, lessicali, ha sottoposto il Rgveda l'Arnold,# ma i
risultati a cui � giunto sono lungi dal lasciarci persuasi. Come base d'indagine ha
posto il Bloomfield# le ripetizioni; egli ha calcolato che ci sono non meno di 2400
pada ripetuti o interamente o parzialmente; poich� sono ripetuti in media due volte
e mezza, si ha un totale di circa 6000 ripetizioni. Esiste dunque un notevolissimo
materiale poetico, divenuto di propriet� comune, che ci d� modo di studiare la
tecnica seguita dai poeti vedici nel comporre i loro inni. Il contenuto e l'arte
del Rgveda presuppongono una lunga elaborazione anteriore, durante la quale si �
andato sempre pi� accentuando quel fenomeno di assimilazione dei vari elementi che
caratterizza gli inni, i quali sono dunque "largamente epigonali": il Rgveda �
l'espressione finale del suo peculiare tipo di composizione.
12. Quando cominci� e quanto dur� quell'attivit� letteraria di cui gli inni
sono il risultato? Il problema si connette naturalmente con quello, insoluto, nella
venuta degli Arii nell'India (� 8). In mancanza di dati evidenti Max Muller aveva
fin dal 1859# tentato di calcolare la durata dello sviluppo di tutta la
letteratura vedica muovendo a ritroso dalla prima data in senso proprio che si
incontra nella storia dell'India, la morte del Buddha (480 a. C.). Egli assegn� ai
sutra (trattati ausiliari del Veda) un lasso di tempo dal 600 al 200 a. C., poi
assegn� 200 anni all'et� dei brahmana (800-600), altri 200 ai veda pi� giovani
(1000-800), altri 200 al formarsi della poesia rgvedica (1200-1000). E` troppo
evidente, e il Muller stesso lo riconosceva,# quanto ci sia di arbitrario in questo
calcolo; nessuno infatti pu� dire quali fattori storici politici, psicologici
possano avere accelerato o ritardato il passaggio da una fase all'altra. Pure, lo
schema cronologico del Muller incontr� favore. Presentemente la data che si
attribuisce al Rgveda pi� antico oscilla tra il 1500# e il 1200 a. C. I sostenitori
della data pi� bassa seguono questo ragionamento: le parti pi� antiche dell'Avesta
non possono risalire pi� in l� dell'800 a. C., la lingua dell'Avesta � cos� vicina
a quella del Rgveda che si deve ritenere gli Irani e gli Indiani fossero divisi da
non pi� di 500 anni, cio� dal 1300 circa: gli inni non possono dunque che essere
posteriori.# La data bassa resterebbe comprovata dalle famose tavolette di Boghaz-
Koi (1400 a. C. circa),# se gli dei ricordati Mi- it- ra, U - ruw- ha, in- dar, Na-
sa- at- ti - ia (Mitra, Varuna, Indra, Nasatyau) rappresentassero, come alcuni
sostengono,# un periodo in cui gli Arii erano ancora uniti e durante il quale essi
si spinsero nella Mesopotamia. Ma quest'ipotesi non � la pi� accettata e le altre
formulate da vari studiosi# non decidono nulla di preciso circa l'et� del Rgveda.
Una remotissima antichit� suppose per il Rgveda il Jacobi, il quale in base a
calcoli astronomici stim� che la cultura vedica abbia abbracciato un periodo di
tempo che va dal 4500 al 2500 a. C., alla seconda met� del quale egli ascrisse la
nostra raccolta. Contemporaneamente e indipendentemente dal Jacobi l'indiano B. G.
Tilak# partendo anch'egli da computi astronomici riport� il primo periodo della
cultura vedica ancora pi� in l�, tra il 600 e il 4000 e pose la composizione dei
nostri inni tra il 4000 e il 2500. Questi due studiosi si sono accostati cos� alla
data della tradizione indiana, che pone il Rgveda al principio del Kliyuga, la
quarta et� del mondo, cominciata nel 3102 a. C. Le loro conclusioni hanno in genere
trovato scetticismo; sembra infatti eccessivo, se si fa il confronto con gli altri
sviluppi culturali e letterari, assegnare millenni alla civilt� vedica;
bisognerebbe inoltre mettere troppo in alto la venuta degli Arii nell'India.#
Ho ricordato solo alcune delle ipotesi intorno all'et� del Rgveda. I vari
tentativi che si sono fatti, muovendo da diversi punti di partenza, per risolvere
la questione, sono stati di recente passati in rassegna da A. Hillebrandt,# il
quale conclude che, se si deve ritenere che tutta la letteratura vedica era
compiuta al sorgere del buddhismo, cio� circa nel 500 a. C. Il termine a quo rimane
nel buio; future scoperte archeologiche potranno portare aiuto.
13: La religione del Rgveda � ben lungi dall'essere qualche cosa di ingenuo o
di primitivo. Essa ci si presenta anzi in una fase di progredito sviluppo, che �
non solo prodotto di naturale evoluzione, ma anche effetto della speculazione e
della sottigliezza sacerdotale esercitantisi ormai da un pezzo. Di pi�, quella che
si rispecchia nel Rgveda � la religione delle classi elevate, dei preti e dei
principi, e ha il suo centro nei grandi sacrifici. Le forme e le credenze popolari
ed umili erano naturalmente destinate a essere escluse dalla poesia degli inni;
l'esclusione di esse non � vero assoluta, ch� qua e l� entrano anche nel Rgveda, ma
il posto che vi occupano � ristretto ed affatto secondario. Perci� non dobbiamo
aspettarci di conoscere attraverso la nostra raccolta tutta quanta la religione
vedica, ma quello soprattutto di essa che pot� entrare nell'ambito del sacrificio
del soma.
La religione vedica � schiettamente naturistica. I fenomeni naturali, gli
oggetti del mondo esterno sono pensati come animati, come forze capaci di operare
sull'uomo e di influire, in bene o in male, sulla sua vita. Gli enti e le
apparizioni luminose del cielo, il cielo e la terra, le montagne, le piante, le
acque, determinati animali sono potenze superiori all'uomo, alle quali l'uomo si
sente subordinato. Lo stesso � di oggetti fabbricati dall'uomo, con i quali egli si
viene a trovare in particolari rapporti, per esempio gli utensili che adopera nel
sacrificio e gli arredi del posto sacrificale (che sono adorati negli inni apri),
il palo a cui viene legata la vittima (vedi III 8), oppure - in altri campi
dell'umana operosit� - l'aratro, la tromba di guerra, etc. Accanto alle visibili
esistono forze invisibili, pensate anche esse come sostanze o fluidi, come quella
che si dispiega dal brahman (vedi sotto � 34), come la malattia, la morte etc. a
seconda che a forze di queste varie specie � attribuita una natura benigna o
maligna, esse sono invocate come dei o allontanate come demoni. Questo sentimento
verso gli elementi della natura � nei Veda vivo e presente e capace di nuove
formazioni. Esso contraddistingue non solo la religione dell'et� vedica, ma tutta
la religione indiana fino alle varie forme dell'attuale Induismo.#
I grandi fenomeni della natura sono rappresentati dalle divinit� superiori,
alle quali soprattutto sono diretti gli inni del Rgveda. Gli dei sono
personificazioni dei fenomeni naturali, ma il processo di personificazioni non �
per tutti arrivato allo stesso grado. Nel caso di divinit� come Usas- Aurora, Surya
- Sole, Vata - Vento la potenza naturale adorata come Dio traspare in modo
evidente. Aurora, sole, vento nomi comuni e sono nomi propri: questo stesso fatto
imped� un distacco del Dio dal fenomeno, cio� una netta personificazione. Anche le
grandi divinit� sacrificali Agni - Fuoco, Soma-il sacro liquore, vanno ascritte a
questa classe di dei. La loro personalit� divina, per�, la loro unicit� di fronte
alla pluralit� dei corrispondenti fenomeni sono pi� nettamente stabilite che non,
per esempio, nel caso dell'Aurora; ma anche qui Dio e sostrato naturistico si
compenetrano a vicenda. In altri dei la persona divina si � staccata dalla sua base
naturale e si muove indipendente. Ma mentre il significato originario di alcuni
dei, come Pusan o Visnu, � ancora discernibile, quella di altri dei, come Varuna o
Indra, si � oscurato sotto gli attributi umani che si sono accumulati intorno alla
loro figura.
Epiteti riferentisi a speciali attivit� di questo o quel Dio, espressi da nomi
in - tar (suffisso dei nomina agentis) sono diventati anche nomi di dei
indipendenti: quest'� l'origine di Tvastar 'il Costruttore',# di Savitar 'lo
Stimolatore' (il sole), di dhatar 'il Creatore', di Vidhatar 'il Distributore', e
di qualche altro pi� raramente nominato. La possibilit� di nuove formazioni perdura
sempre: particolari concetti danno origine a particolari divinit�, come
Brahmanaspati 'il Signore del Brahman', Prajapati 'il Signore delle creature',
Visvakarman 'il Fattore di tutto l'Universo: nomi anche questi che furono da
principio semplici epiteti divini. Tra i minori c'� qualche altro pati: Vastos
pati' il Signore della dimora', Ksetrasya pati 'il Signore del campo'.
Personificazione di un concetto astratto � Aditi, � cos� alcune divinit�
minori come Manyu 'la Collera', Sraddha 'la Fede', Tapas l'Ardore della
penitenza', Nirrti 'la Dissoluzione' e qualche altra. Le deit� astratte sono, in
massima, pi� giovani.
14. Gli dei non esistono ab aeterno, ma anch'essi sono nati. Tra i vari
epiteti con cui si designano gli dei vi � quello di 'mai invecchiante' e spesse
volte essi sono contrapposti al 'mortale' come 'gli immortali'. Ma l'immortalit�
divina non � concepita come originaria: in IV 54, 2 e in VI 7, 4 � detto che
essa fu loro concessa rispettivamente da Savitar e da Agni, altrove (IX 106, 8;
109, 3) � Soma il largitore dell'immortalit�, in altro passo (x 167, 1) il Tapas.
Poco sappiamo del tenore di vita degli dei. Abitano nel cielo, che � la loro casa.
Se ne vivono in tranquilla concordia; solo Indra rompe talora la pace. Indra
combatte da solo contro tutti gli dei tremanti dinnanzi a lui (IV 30, 5). La sua
arma � il vajra, lo folgore; anche altri dei, ai quali si attribuiscono qualit�
guerriere, ci sono descritti come armati e sentiamo parlare di asce, di archi, di
frecce, di corazze e di elmi divini ai quali si attribuiscono qualit� guerriere, ci
sono descritti come armati e sentiamo parlare di asce, di archi, di frecce, di
corazze e di elmi divini.
Ad eccezione di alcune divinit� femminili (Ida 'l'Abbondanza d'alimenti',
Aditi, Prsni madre dei maruti), che han figura di vacca, l'animale simbolo della
prosperit�, e di qualcuna tra le maschili minori (Ahi Budhnya 'il Serpe che abita
il profondo [delle acque]', Aja ekapad 'il Capro da un solo piede'), che hanno -
al pari degli esseri demoniaci - sembianze d'animali, gli dei hanno aspetto umano.
Ma in genere i loro tratti personali sono scialbi ed indistinti: cos� indeterminati
- anche quelli delle divinit� pi� antropomorfiche - che una figura divina si
confonde e trapassa facilmente in un'altra. Gli attributi fisici delle varie deit�
si compendiano in quelli dello splendore e della forza, gli intellettuali e morali
in quelli della sapienza e della munificenza verso il devoto. Vi � negli inni una
tendenza a far partecipi gli dei delle stesse qualit� e delle stesse azioni,
tendenza a cui dove' contribuire, in notevole misura, la vicinanza nel culto delle
varie divinit�. Per esempio, Indra � l'uccisore di Vrtra; ma perch� Agni, il Dio
sacrificale, � messo in rapporto con Indra, viene anche a lui attribuita la stessa
azione. La tendenza in parola � naturalmente favorita quando - come avviene in modo
caratteristico nel Rgveda - due divinit� sono cantate in coppia.
Nella mitologia vedica non esiste una gerarchia divina, non c'� un Dio
supremo, come Zeus. Si ha l'impressione che iddio supremo sia di volta in volta
ritenuto quello che il poeta canta in un dato momento; in questo fatto Max Muller
credette di scorgere la prova che nel Rgveda si rispecchia una fase speciale dello
svolgimento della religione vedica, che egli chiam� enoteismo o katenoteismo: ogni
singolo Dio "�, indipendentemente da tutti gli altri, come la sola divinit�
presente alla mente dell'adoratore nel momento della sua adorazione e preghiera":
in questo 'enoteismo' Max Muller vedeva la forma primitiva dell'idea di Dio, da cui
poi si sarebbe svolto tanto il monoteismo quanto il politeismo. Ma ci sono inni che
celebrano insieme due divinit� ed altri che celebrano 'tutti gli dei'. Si pensi
inoltre che colui che cantava quel determinato Dio [o dei] sapeva bene che lo
cantava perch� a quel Dio spettava in quel dato momento di essere onorato nel
sacrificio, come prima era spettato ad altri dei, come ad altri sarebbe spettato
dopo. Ciascun Dio veniva in prima linea secondo il suo turno nel sacrificio; se a
ciascuno erano rivolte le stesse lodi ed attribuite le stesse qualit�, ci� era
favorito da quell'indistinta personalit� degli dei a cui si � poco sopra
accennato.#
Non si pu� forse negare che a ci� abbia anche concorso quella tendenza al
panteismo (non al monoteismo) che si osserva in alcuni passi - non molti a dir vero
- nel Rgveda: Agni � successivamente identificato con Varuna, Mitra, 'tutti gli
dei', Indra, Aryaman in V 3, 1 - 2 e con tutta una serie di dei e dee in II 1, 7
- 11. Pu� darsi che l'osservazione che il fuoco si manifesta molteplicemente in
terra, in ciclo, nelle acque (vedi sotto � 32) abbia, in un pi� maturo pensiero
religioso, contribuito alla credenza che i vari dei sono in ultima analisi
manifestazioni di un'unica essenza divina. Vedi quel che si dice di aditi in I 89,
10 o dell'Uno in I 164, 46. La ricerca Dell'Uno � il tema intorno al quale si
esercita la speculazione degli inni filosofici.
Gli dei - ora questo ora quello - hanno creato il sole, la terra, l'universo;
ma l'opera divina e il prodotto di essa si conformano a una legge suprema, che vige
all'infuori e al di sopra della volont� degli dei: il rta,# l'Ordine cosmico, dal
quale � governato non solo il mondo fisico, ma anche la vita morale e il corso del
sacrificio.
15. Le attuali figure divine sono il risultato di un lungo e per noi oscuro
sviluppo; cos� pure i miti che intorno a quelle si sono intessuti. Alcuni sono in
relazione e trovano la loro spiegazione nel fenomeno naturistico che il Dio
rappresenta; in altri, e pi� spesso in alcuni tratti di miti, questo rapporto non
c'�: elementi di provenienza disparata si sono venuti sovrapponendo. Quando il Dio
fu umanizzato, fu reso passibile di tutte le vicende umane, fu fatto partecipe
delle azioni degli uomini. I miti che si riflettono nel Rgveda ci sono in genere
mal noti, perch� esposti, per le ragioni accennate sopra (� 10), in modo troppo
frammentario.
16. A ben poco si riduce ci� che nella religione vedica risale
dimostrabilmente al periodo indoeuropeo. Il sanscrito deva- s 'Dio' ha
corrispondenti in pi� lingue indoeuropee - p. es. nel latino deivus, deus -, i
quali attestano la preesistenza di un comune deivos, da una radice deiv
'splendere'. Da questa radice deriva la parola significante 'ciclo' djeus,
verosimilmente pensato anche come Dio, per lo meno a giudicare dall'indiano Dyaus,
dal greco Zeus da (Djeus) e dal latino Ju Piter.#
Numerosi sono invece gli elementi che risultano risalire al periodo dell'unit�
indoiranica. Ricorder� i pi� notevoli. Al culto indiano del soma corrisponde, in
territorio iranico, quello del haoma 'che cresce sui monti'; anche nell'Iran il
fuoco ha una grande importanza nel culto, per� i nomi sono diversi agni nell'India,
atar nell'Iran; al hotar, uno dei preti celebranti, corrisponde il zaotar
dell'Avesta. Nella mitologia si ha Apas 'Acque' nel Veda, apo nell'Avesta, l� Yama
figlio di Vivasvant e qui Yima figlio di Vivanhvant, l� Vayu, Vata e qui Vayu,
Vata, la Aryaman e qui Airyaman, Mitra e Mithra, apam napat ed apam napat, druh,
yatu e druj, yatu. Anche Indra compare un paio di volte nell'Avesta (Vendidad x9;
XIX 43), ma come un demone, mentre il suo epiteto vrtrahan 'uccisore di Vrtra' �
diventato il nome di un Dio a s� stante, Verethraghna, il Dio della vittoria. Ad un
unico demone, Naonhaithya, si sono ridotti nell'Avesta i due Nasatyau. A Trita
Aptya rispondono due distinte figure, Thrita e Atwya. Del pi� grande interesse �
l'identit� dei due termini asura ed ahura; l'essere supremo, il creatore di tutto
ci� che � buono � nell'Avesta Ahura Mazda, il grande esura del Veda � Varuna;
malgrado la differenza del nome, Varuna e Ahura Mazda sono la stessa divinit�, la
maggiore divinit� della religione indoiranica. Concordano anche nei particolari:
come Varuna � signore del rta, Ahura � signore dell'asa (areta = rta); alla coppia
Mitra - Varuna fa riscontro la coppia Mithra - Ahura (in cui Ahura � certamente
Ahura Mazda). Il dualismo avestaico pone di fronte a Ahura, il creatore del bene,
Anra Mainyu, il creatore del male; il primo � a capo dei sette (lui compreso) Amesa
spenta, 'i santi immortali', il secondo di un'infinita schiera di esseri malvagi
detti daeva. Quest'ultimo termine � identico al sanscrito deva 'Dio': nell'Avesta
il significato � dunque capovolto. Anche nell'India si compie un consimile processo
per il vocabolo asura, il quale, qua e l� nei passi pi� tardi del Rgveda stesso,
sempre nella letteratura posteriore, passa a significare 'demone'.#
17. Quanti sono gli dei? Secondo ripetute affermazioni del Rgveda il loro
numero � di 33, che in un passo famoso, I 139, 11, sono distribuiti 11 nel cielo,
11 sulla terra e 11 nelle acque. Questa divisione � implicita, se non espressa, nei
luoghi in cui gli dei sono connessi con i tre elementi (VII 35, 11; x 49 2; 65,
9). In I 35, 11 gli Asvini sono invitati insieme con i 3 volte 11 dei, ed anche
in qualche altro luogo (I 45, 2; VIII 35, 3; 39, 9) altri dei sono nominati
accanto ai 33: segno che questo numero non era assoluto; secondo III 9, 9 gli dei
sono in numero di 3339.
18. Il Cielo, Dyaus, � nel Rgveda un Dio del tutto secondario, non ha per s�
nessun inno intero. Quando il poeta pensa al cielo come Dio, gli sta soprattutto
dinanzi la sua qualit� di 'grande padre'. E` molto spesso chiamato asura, in
qualche passo anzi questo epiteto da solo designa il Cielo. Anche meno del Cielo la
Terra, Prthivi, 'la larga', ha rilievo come divinit� a s� stante (ha un unico inno,
v 84): �, per contrapposto al 'padre', la 'madre'. Invece le due divinit� sono in
sei inni cantate in coppia (Dyavaprthivi), spesso pensate come entrambe femminili,
rodasi, 'le due parti del mondo'. Sono i Genitori primordiali.
19. Un inusitato tono lirico anima la ventina di inni diretti a Usas- Aurora,
la bella giovinetta che dischiude le porte del cielo, apportatrice di vita. Essa,
'la sorella della Notte', la 'figlia del Cielo' � la 'donna' del Sole; qualche
volta � anche pensata - in quanto precede l'apparire del sole - come la madre del
Sole. Ad eccezione dell'oscuro mito in cui Indra rompe il carro della dea (vedi �
26, in fine), non troviamo nessun altro di cui essa sia oggetto.
20. Nella perenne vicenda del suo sorgere e tramontare Surry- Sole# misura
agli uomini i giorni. Sale nel cielo sul suo carro fiammeggiante che la fantasia
dei poeti vede trascinato ora da uno stuolo innumerevole di cavalli e di cavalle,
ora da sette cavalle color giallo, ora da un unico corsiero, Etasa. Dal cielo egli
vede ogni cosa, � l'occhio di Varuna e degli Aditya in genere. Vi � del Sole anche
un aspetto femminile, Surya.
21. Tra le pi� giovani divinit� dell'Olimpo vedico � Savitar,# che significa
'l'Incitatore' (da su 'smuovere, incitare'); il poeta ha sempre presente questo
significato originario e si compiace di indicare, con continui giochi di parole,
l'attivit� del Dio mediante vocaboli affini etimologicamente al nome di questo.
Comunemente si ritiene che savitar da epiteto del sole, come suscitatore di vita,
sia divenuto Dio indipendente.# Il carattere solare del Dio emerge evidente dalla
descrizioni dell'aspetto di lui.
22. Una ipostasi del Sole, del sole in quanto vede tutte le vie e per tutte
conduce, � probabilmente# Pusan.# E` Barbuto, ha i capelli intrecciati a
conchiglia, porta in mano un punteruolo, un bastone munito di corregge per guidare
il bestiame. E` guardiano di bestiame; � soprattutto colui che conosce tutte le
strade, che per tutte sa andare; egli stesso � nato nella strada. Gli animali che
tirano il suo carro sono capri; il capro � anche la sua bestia sacrificale (vedi I
162, 2 - 3).
23. Una divinit� scialba nel Rgveda, dove ha appena cinque inni, e Visnu,
destinato a diventare una delle tre persone della trinit� indiana. Quel che gli
inni dicono di lui � quasi esclusivamente esclusivamente, questo, che egli compie
con tre passi, imprimendo tre orme, il suo cammino sulla terra (vedi VII 100, 3 -
4), oppure 'l� dove gioiscono gli dei' (VIII 29, 7), oppure su tutto l'universo
(vedi I 154, 2 - 4). Caratteristica � l'amicizia di Visnu con Indra: i due dei sono
cantati insieme un numero considerevole di volte; Visnu � colui che non abbandona
Indra quando tutti gli altri dei fuggono davanti a Vrtra (vedi IV 18, 11). Incerto
� il significato di Visnu; pi� comune opinione � che sia anch'egli un'ipostasi del
sole; i tre passi alludurebbero in origine alle tre divisioni dell'universo: terra,
aria, cielo;# divenuti i 'tre passi' indissolubili dalla figura del Dio, gli
vennero fatti compiere anche solo sulla terra o solo nel cielo. I caratteri di Dio
solare sono nel Rgveda dileguati, e per ci� taluno# ha ritenuto che non gli sieno
mai appartenuti.
24. Dopo Indra, Agni e Soma gli dei pi� cantati sono i due Asvin - i
'possessori di cavalli' - essendo ad essi dedicati 54 inni interi. Formano una
coppia sempre unita. Fisicamente sono giovani, belli, veloci; sono chiamati i
'rossi' e 'quelli dalle belle mani', epiteto specifico delle divinit� della luce.
Sul loro carro, che � triplice, con tre sedili e tre ruote, percorrono la loro via
'rossa', 'aurea', 'in un sol giorno' (espressione che s'usa per i cavalli del Sole
e dell'Aurora). Appaiono quando la notte cede il posto all'aurora; sul loro carro
sale Surya, chiamata anche la 'figlia del Sole' (� - vedi � 20 - il sole stesso
pensato come donna); sono evidentemente divinit� mattutine che rappresentano un
fenomeno che precede il sorger del sole. Impersonano verosimilmente la stella del
mattino e la stella della sera, i due aspetti di Venere; nell'immaginazione le due
stelle furono unite insieme e collocate entrambe al mattino.# Gli Asvini sono ormai
pienamente umanizzati: sono i salvatori, i 'miracolosi' (dasra) apportatori di
aiuto in ogni circostanza, in ogni luogo. Con questi dei � messo in stretta
relazione il miele: � probabile che anticamente l'offerta sacrificale loro propria
fosse appunto il miele. Viene dato ad essi frequentemente l'epiteto di Nasatya di
oscuro significato.#
25. La figura divina pi� elevata del Rgveda � Varuna.# E` il 're' degli uomini
e degli dei. Ha creato l'universo valendosi del suo misterioso potere (maya) e ha
provvisto alle molteplici vicende della terra e del cielo con leggi immutabili. E`
onnisciente o onniveggente, nulla sfugge al suo occhio, n� l'orma dell'uccello
volante nell'alto dei cieli, n� il solco che apre la nave sul mare, n� il pensiero
celato nel profondo dei cuori. E` colui che mantiene la suprema armonia del mondo,
� il guardiano per eccellenza del rta, dell'ordine (v. � 14 in fine). Come � il
sorvegliatore del naturale succederci dei fenomeni, cos� � il custode della legge
morale; sta attento alle azioni degli uomini, ha delle spie che guardano per lui;
ha per occhio il sole. E` l'inesorabile punitore dei peccatori. Il peccato �
pensato come una forma di malattia e, come questa, � concepito concretamente come
una sostanza malefica che occupa, che impaccia, che lega il corpo. Ond'� che si
prega Varuna di sciogliere dal laccio (pasa) il fedele, di scogliere la colpa.
Nel maggior numero di inni Varuna � invocata insieme con Mitra (Mitravaruna);
ai due degli accoppiati vengono date le stesse qualit� e caratteristiche. Come Dio
a s� stante Mitra non ha quasi rilievo, il solo tratto suo proprio � contenuto
nell'unico inno (III 59) a lui diretto.
Pi� volte Varuna e Mitra sono supplicati come largitori di pioggia (V. 63), e
sono spesso messi in particolare relazione con i fiumi e le acque in genere; questa
relazione va sempre pi� accentuandosi nella mitologia posteriore; gi�
nell'Atharvaveda le funzioni di Varuna sembrano limitate a quelle di reggitore
delle acque e nell'et� classica diventa una specie di Dio del mare.
Varuna e Mitra sono a capo di un piccolo gruppo di dei chiamati
complessivamente i 'figli di Aditi' (aditya). A questi dei quando sono cantati
insieme sono attribuite le qualit� di Varuna: luminosit�, imperio, purezza,
osservanza dell'Ordine. Nominati singolarmente, sono figure poco significanti:
Aryaman 'l'amico, il camerata' (vedi X 825, 23), Bhaga 'il distributore' (vedi X
85, 23 e 36), Daksa 'il destro', l'abile', Amsa 'la porzione, la parte'
personificata. I sei Aditya sono enumerati in II 27, 1; in VIII 18, 3 compaiono
come Aditya Bhaga Savitar, Varuna, Mitra, Aryaman; di sette si parla senza farne il
nome in IX 114, 3, otto sono detti in X 72, 8 - 9; otto o cinque sono nella
letteratura vedica posteriore, ma gi� in questa il loro numero comincia a fissarsi
in dodici. Taluno ha ritenuto che il numero originario degli Aditya fosse di sette
e ha confrontato questi sette con gli Amesaspenta dell'Avesta.#
Aditi, divinit� certo antica, ma sorta in territorio indiano, personifica
l'idea dell'assenza di legami (a privativo + diti da da 'legare').# Non ha nessuno
inno.
La caratteristica unione di Mitra e Varuna � sicuro indizio che i due dei
rappresentavano in origine due fenomeni in istretto rapporto tra loro: il sole
Mitra, il cielo - che tutto avvolge# - Varuna; cos� secondo i pi�; per taluno# il
cielo diurno Mitra, il cielo notturno Varuna; il cielo diurno si identific� poi
facilmente col sole. Varuna - e, se si accetta la seconda ipotesi, anche Mitra - �
verosimilmente il successore del pi� antico Dyaus-Cielo; come questo, ha in modo
caratteristico l'epiteto di asura.# Come degli iningannabili, a cui nulla sfugge,
poterono diventare Mitra il protettore dell'amicizia e del contratto,# Varuna il
custode del giuramento;# il processo inverso non � verosimile.#
26. Varuna, il Dio degli attributi etici pi� eminenti, � relativamente poco
celebrato e va sempre perdendo terreno assai pi� invocato, anzi il pi� invocato fra
tutti gli dei (gli sono dedicati 250 inni), � Indra,# del quale sopra tutto si
esaltano le qualit� fisiche di destrezza e di forza, la grande poderoso
corporatura, l'impetuoso spirito battagliero. Nacque - e nacque in modo non
naturale, come sentiamo in IV 18. (vedi) - nella pienezza della sua forza, e gli
dei ne ebbero paura; anche i saldi monti, il cielo e la terra tremarono. Appena
nato volle bere il soma (vedi III 48), il liquore inebriante ed eccitante, del
quale il Dio si mostra sempre ghiotto, anche smodatamente. Sul carro trascinato in
da due cavalli bai (hapri, impugnando la folgore, vajra, sua arma, trascorre gli
spazi, avendo per compagno il carro Vayu, il Vento.
La grande impresa di Indra � la sua lotta vittoriosa con Vrtra -
'l'avvolgitore, l'ostruttore' -, il serpe, figlio della demone Danu, che giace
sulle acque avvolgendole, che le tiene chiuse nei monti. Quando il serpe lancia il
suo fischio, si ritraggono gli dei pieni di paura e lasciano solo Indra, intrepido;
anche i fedeli Maruti, secondo qualche passo, abbandonano Indra (vedi I 165), che �
allora assistito soltanto da Visnu (vedi IV 18). La folgore del Dio squarcia le
montagne, fuori ne escono le acque liberate. Ma dopo l'uccisione del mostro Indra
fugge per paura di un vendicatore di questo. Con la liberazione delle acque �
connessa la conquista della luce, del sole, dell'aurora. La tradizione indiana
spiega le montagne come nubi, i fiumi come piogge; in realt� molti dati del mito
s'accordano con questa spiegazione, che � anche accolta dai pi� degli studiosi
Occidentali. Indra � il Dio del temporale, o del fulmine, che lotta contro il
demone, che trattiene nella nube le acque. E` per� verisimile che il poeta vedico
abbia visto nei metaforici monti e fiumi anche monti e fiumi reali e abbia ascritto
al beneficio di Indra non solo le acque celesti, ma anche le terrestri (vedi quel
che dicono di s� i due fiumi di III 33).#
L'altra grande prodezza di Indra � la conquista delle vacche,# tenute
rinchiuse da avari demoni, i Pani, in una caverna - vale, che � anche nome del
demone di essa - di l� dal mitico fiume ricingente la terra, la Rasa; invano i Pani
erano stati prima invitati a consegnare le vacche da Sarama, la cagna messaggera
degli dei (vedi x 108). Le 'vacche' sono per quasi tutti i mitologi le aurore o le
rosee luci dell'aurora, che Indra libera dalle tenebre; il Dio che fa splendere la
luce dopo l'oscurit� del temporale, fa anche ritornare la luce dopo l'oscurit�
della notte;# le due nozioni si confondono tra loro e con i racconti che fanno di
Indra il ritrovatore d'ogni luce, indipendentemente dai miti ora descritti.
Alle imprese di Indra sono fatti partecipare - e qualche volta son fatti agire
per proprio conto - gli Angiras, mitici sacerdoti, Brhaspati, Agni, soma - le
divinit� del sacerdozio e del sacrificio -: si vuole porre cos� in evidenza
l'efficacia del sacrificio.
Il Dio vittorioso � il protettore dei guerrieri Arii nelle loro lotte contro
gli indigeni e tra loro; � il 'liberale', maghavan, che molto dona ai suoi
protetti. Gli uomini ascrissero le loro vittorie, le loro conquiste al Dio; nel
gran numero di dasa, vinti dal Dio, ci sono certo dei personaggi reali; ma ormai li
copre il velo della leggenda ed appaiono come demoni.
Un mito curioso � quello in cui Indra spezza il carro dell'Aurora con la
folgore; la dea fugge tremando, lasciando il suo carro.# Di altri miti frammentari
(contenuti specialmente in IV 30) non � qui il caso di parlare.
27. Fratelli, tutti eguali di et� e di aspetto, grandissimi, sempre giovani,
i Marut# costituiscono una schiera compatta. Sono figli di Rudra e di Prsni 'la
screziata', avente forma di vacca. Tutti splendidi e rilucenti nelle loro armi e
nei loro ornamenti - caratteristici sono i khadi, sorta di anelli da mettersi ai
polsi e alle caviglie -, correndo impetuosi e fragorosi sui carri, tirati pi�
spesso da animali femminili screziati (prsati, antilopi certo), svellono coi
cerchioni delle raute i monti, divorano le foreste, fanno uno strepito che � come
quello del vento. "Disseminano nebbie, fanno tremare i monti quando fanno la strada
coi venti" (VIII 7, 4); "anche il giorno fanno oscuro con la nube che porta acqua.
Allo strepito dei maruti ogni sede terrena (trema), tremano gli uomini" (I 38, 9
- 10): qui come altrove � chiaramente accennata la funzione principale di questi
dei, far piovere. Non hanno miti propri, svolgono la loro attivit� accanto a Indra,
del quale sono i fidi compagni (vedi per� I 165). Sul loro carro sale Rodasi, pari
ad uno splendore; � forse la loro sposa, ma la sua figura (� ricordata in tutto 5
o 6 volte) ci � poco conosciuta.
I Maruti impersonano i temporali, quelli specialmente dei monsoni d'autunno.#
28. Una singolare posizione ha nelle religione vedica Rudra: il sentimento che
domina nelle preghiere a lui rivolte � quello di paura; si teme la sua presenza
nociva.# Spaventoso � nel sembiante, � rossiccio, porta i capelli attorti a
conchiglia; � fiero, distrugge come una belva; � il 'rosso cinghiale del cielo'; il
grande asura del cielo. Tutto abbagliante siede sul sedile del suo carro; rifulge
come oro, come sole. Sono temute specialmente le sue mari, che portano morte e
rovina tra gli uomini e il bestiame. Ma la sua figura ha anche un altro aspetto:
egli possiede anche i farmaci salutari; � il siva (x92, 9), 'il propizio';
quest'epiteto diventa poi il nome del Dio che deriva da Rudra, Siva.
Rudra � pi� comunemente ritenuto un Dio della tempesta, considerata nel suo
duplice aspetto di distruttrice con le sue folgori e di benefattrice con le sue
acque fertilizzanti.# Certo per� che la figura impropizia del Dio deve essere stata
passibile di sempre nuove attribuzione odiose; di tutti i pericoli e le insidie del
clima fu incolpata la malevolenza di Rudra.#
29. Nelle vive e fresche descrizioni dei tre inni diretti a Parjanya, traspare
evidentissimo il fenomeno della pioggia e del temporale che il Dio impersona.
30. Anche il Vayu e, pi� ancora, in Vata,# il cui nome � anche nome comune, il
sostrato naturale, il vento, � chiarissimo.
31. Geni dell'aria, divinit� minori, sono i tre Rbhu: Rbhu - men
frequentemente Rbhuksan 'il capo dei Rbhu'm-, Vaja, Vibhavan, figli di Sudhanvan,
il 'bravo arciere'. In origine 'mortali', ottennero l'immortalit� per la loro
bravura d'artefici. Ammessi tra gli dei hanno parte al sacrificio del soma nel
terzo savana (vedi Introd. � 43), al quale si recano in compagnia di Indra, con
cui appaiono in istretta amicizia. Cinque sono le maggiori prove di abilit� che i
fratelli hanno dato. Hanno fabbricato i due cavalli bai per Indra. Hanno fatto un
carro che "nato senza cavalli, senza redini, triruote, gira intorno allo spazio"
(IV 36, 1), - per gli Asvini secondo I 161, 6. Hanno fabbricato una vacca datrice
di nettare, non � ben chiaro come: si dice vagamente che l'han fatta uscire fuori
da una pelle; come accessorio a quest'opera � detto che hanno riunito la madre col
vitello; da I 161, 6 la vacca parrebbe destinata a Brhaspati. Hanno ringiovanito i
loro genitori. In fine, maggior meraviglia hanno fatto dell'unica tazza in cui
bevevano gli dei quattro tazze, attirandosi l'invidia di Tvastar. In un mito oscuro
� narrato che essi, dopo avere - veloci come il vento - molto errato, vennero alla
casa di Savitar, l'Agohya, 'l'incelabile' (vedi I 110, 3); qui riposarono
dormendo dodici giorni, e ricambiarono l'ospitalit� facendo il terreno bello di
erbe ed irrigato di acque.
La scarsit� e frammentariet� delle notizie offerte dai testi impediscono la
determinazione del significato originario di questi dei.#
32. Tra le maggiori divinit� e nello stesso tempo tra le meno antropomorfiche
� agni, il Fuoco, che ha circa 200 inni. Nelle descrizioni dell'aspetto fisico del
Dio � ritratto, o direttamente o in forma assai trasparente, il fenomeno
naturistico, le fiamme guizzanti, sibilanti, divampanti per il burro fuso (ghi) che
vi si versa sopra. Si tratta nel Rgveda quasi esclusivamente del fuoco sacrificale.
Agni � nutrito tre volte al giorno con legna e con burro strutto; non per s� egli
mangia le offerte, ma per gli dei, dei quali si dice che � la bocca e la lingua (p.
es. II 1, 13).
Scarsi sono i miti di Agni, e in parte venutigli dall'unione nel culto con
altre divinit�. In compenso l'interesse destato dalla meravigliosa natura del
fuoco, mezzo essenziale del sacrificio, promosse la speculazione sulla origine di
esso. La terra non � la sola sede del Dio: "Dal cielo la prima volta � nato Agni,
da noi la seconda il Jatavedas; lui (nato) la terza volta nelle acque, lui
inestinguibile risveglia attentamente (il prete) che pensa agli uomini,
accendendolo" (X 45, 1); triplice dunque il manifestarsi di Agni: nel cielo,
nelle acque, sulla terra. Questa trinit�, intorno alla quale tanto lavorarono la
fantasia, il misticismo, la sofisticheria, � spesso richiamata negli inni da
espressioni o da parole composte in cui entra il numero tre.
L'Agni terrestre � il fuoco, la latente energia che prorompe dalle legna in
cui abita e precisamente dalle due arani (un legno pi� largo con un'incavatura nel
lato superiore, nella quale si faceva girare a m� di succhiello un altro legno pi�
stretto), che sono le 'madri', i 'genitori' del Dio; probabilmente perch�
bisognava per avere la scintilla strofinare legno sull'altro con una certa forza,
Agni � chiamato il 'figlio della forza'. Ogni giorno avviene la nascita del Dio, al
venire dell'Aurora; perci� nel suo continuo rinnovarsi egli � sempre 'il pi�
giovane' Dio, pur essendo vecchio per la perpetua identit� della forma. L'Agni
celeste �, conforme a una sicura credenza vadica, il sole. In Agni nelle acque la
maggior parte dei mitologi vede la folgore nella nube; � per� certo che in molti
luoghi del Rgveda le acque in cui sta Agni sembrano essere proprio le acque
terrestri; ma dev'essere stata l'osservazione che il fuoco usciva, appunto come
folgore, dalle acque delle nubi e dar origine alla credenza del fuoco nelle acque e
a tutto quell'ordine di concezioni che poi si sono sviluppate.# Con queste idee �
collegato il mito di Agni che fugge nelle acque e nelle piante contenuto negli inni
x 51 - 53, ai quali rimando.
Agni � dappertutto, come alcuni passi accentuano (III, 1; I 70, 3). Accanto a
questo modo di pensare il Dio come capace di manifestarsi dovunque, vi � la
credenza, d'ordine assai diverso, che Agni sia stato portato di cielo in terra da
un altro essere, da Matarisvan. Questi rivel� il fuoco agli uomini, lo fece
manifesto, lo port� da lontano, dagli dei, lo accese per gli uomini; nulla
aggiungono gli inni che dia una fisionomia al personaggio. Nel quale �
verosimilmente rappresentata la folgore che precipita sulla terra.# Matarisvan
porta gi� il fuoco, i Bhrgu - leggendari sacerdoti - lo distribuiscono nelle case
degli uomini: i due miti sono paralleli e distinti, ma talora sono confusi insieme.
Agni � il Dio pi� vicino all'uomo, � "l'immortale che vive col mortale";
nessun altro � come lui messo in cos� stretto e confidente rapporto con la casa e
con l'uomo. E`, in quanto fuoco sacrificale, il 'messaggero' (duta) tra uomini e
dei; � anche un prete ufficiante - hotar o adhvaryu - o domestico cappellano,
purohita.
E` il savio tra i savi; ben 120 volte ricorre per lui solo l'epiteto di
Jatavedas, che il poeta di VI 15, 13 spiega come: "colui che conosce tutte le
generazioni", tutti gli esseri. Onniveggente, non vede senza compensarli gli
omaggi del suo adoratore: lo preserva dalle malattie, dalle conseguenze di ostili
esorcismi, lo assiste in battaglie; abbatte invece, come folgore pianta, i
malevoli. Accanto all'ufficio di sacrificatore Agni ha l'altro, pi� antico, di
'uccisore dei demoni' (raksohan) (vedi IV 4).
Per Agni Vaisvanara, Tanunpat, Narasamsa vedi le note a I 13 e a VI 7.
L'altra grande deit� sacrificale � Soma, la bevanda sacra divinizzata. Soma,
da su 'spremere', vale propriamente 'succo' e designa anche la pianta da cui si
estraeva. Quale fosse questa pianta non sappiamo, nessun ragguaglio ce ne danno i
120 inni dedicati a Soma.# E` spesso detto che la pianta cresce sui monti;
particolarmente rinomato � il soma del Mujavant (vedi x 34, 1), probabilmente un
monte nella parte Occidentale dell'Himalaya. Il liquido che cola gi� dallo stelo -
come latte da una mammella -, la 'goccia' (indu), � di color rosso o rosso scuro
o, come pi� spesso vien detto, giallo. Lucente � il giallo liquore; i raggi che ne
emanano come quelli del sole, riempiono di splendore il cielo e la terra.
Il soma quand'� bevuto fa ardere come fuoco, d� un'ebbrezza entusiastica
(mada), che eccita al canto, che muove la voce come il rematore la nave (IX 92, 2).
Ispirazione poetica, sapienza, eroismo nelle battaglie: questi sono i doni del
soma; ma egli � anche la medicina dell'ammalato (VIII 72, 17), il guardiano del
corpo (VIII 48, 9), concede lunga vita (id. id. 4 - 7) ", copre quel che � nudo,
sana quel che � ferito; il cieco vide, lo storpio si fece avanti" (VIII 79, 2).
Il soma � chiamata madhu 'miele', forse perch� questo nome era prima quello di
una pi� antica bevanda inebriante a base di miele, l'idromele,# di cui dovettero
servirsi gli Indoeuropei nelle loro feste, e pass� poi, nel periodo indoiranico, al
soma, che di tale bevanda prese il posto,# - o forse perch� il termine, che
designava la sostanza dolce per eccellenza, divenuto sinonimo di dolcezza, fu
adoperato dai poeti rgvedici nei loro elogi del sacro liquore, al quale non poteva
mancare, nell'elogio, la qualit� eminente per un liquido, la dolcezza; il termine
madhu infatti non � adoperato solo per il soma, ma anche per l'acqua, il latte, il
ghi.#
Si pu� dire con certezza che nell'et� del Rgveda il soma era bevanda solo
d'uso sacro e non profano.# Di uso comune era la sura, una specie di acquavite, che
si insinu� anche nel rituale.
Il soma spremuto dal prete era per il credente l'aspetto terrestre di una
bevanda celeste. L'assegnazione di una patria celeste al soma non � semplice
prodotto della speculazione dei cantori rgvedici, ma appartiene ad un ordine di
idee molto antico. Che esistesse una bevanda inebriante di cui usavano gli dei era
probabilmente credenza indoeuropea,# come l'altra affine che ci fossero delle
piante e delle acque capaci di dare immortalit�.# Immortale � ripetutamente
chiamato il succo-Dio, ambrosia (amrta) � la bevanda in quanto � misticamente
considerata come celeste.
Con la credenza nel celeste nascimento del soma � congiunto il mio
dell'aquila, o avvoltoio (syena), che lo rapisce per portarlo a Indra. Piena di
paura l'aquila port� via il soma: "essa tenne stretto il dolce liquore tutta
agitata, con l'animo paventante l'arciere Krsanu" (IX 77,2). Forse questo arciere �
un gandharva, un essere celeste, cui era commesso custodire per gli dei la preziosa
bevanda.# Guardiano del soma � anche il Tvastar, che Indra uccide.
Accanto al Dio personificazione della bevanda fa capolino in qualche passo
del Rgveda# un'altra concezione, estranea alla massa degli inni, secondo la quale
il Dio Soma � la luna (vedi X 85). Nella letteratura posteriore Soma � sempre la
luna, pensata come cibo e bevanda, che dei e mani consumano e fanno perci�
decrescere, finch� il sole non la reintegra.# Il processo per cui Soma � arrivato a
identificarsi con la luna � forse questo: la somiglianza della luna, celeste goccia
natante nelle acque atmosferiche, con la goccia di soma nei recipienti (VIII 28, 8)
port� a immaginare la luna come un ammasso di soma celeste. Per A. Hillebrandt#
Soma � sempre stato il Dio - luna e centro, come tale, del culto vedico.
34. Alle grandi divinit� sacrificali si collega Brhaspati o Brahmanaspati,#
cio� il 'Signore del brahman', della parola o formula sacra, piena di magica
potenza,# preghiera o incantesimo operante sugli dei e su ogni essere. Il Signore
della preghiera � il celeste prototipo del sacerdote, esercita il suo Ministero
presso gli dei, specialmente presso Indra, come il prete terreno esercita il suo
presso un principe. Brhaspati rappresenta la sacra formula e la classe di persone
che di essa potevano fare uso; nell'esaltazione delle capacit� del prete celeste i
preti della terra cercano l'esaltazione delle proprie capacit�.
35. Accanto alle ora descritte ci sono alcune divinit� minori, di cui si
trover� qualche menzione negli inni; tra queste vanno citate le consorti degli dei,
Indrani, Varunani, Agnayi, figure senza vita e pochissime volte ricordate.
Come divinit� sono adorati i monti, le acque, le piante. Con le acque sono
collegate le Apsaras, le ninfe 'Che si muovono nelle acque' non solo terrestri ma
anche celesti (X 123, 5). Di solito sono le amanti dei Gandharva. Nel Rgveda si
parla quasi sempre (20 volte contro 3) di Gandharva al singolare; pare che sia un
genio dell'aria o del cielo, ed anche delle acque (vedi x 10, 4). E` il geloso
custode del soma, per questo Indra lo colpisce (VIII 77, 5).
l'uomo � circondato da forze occulte, che insidiano la sua salute e i suoi
beni. I demoni della terra sono i raksas, contro i quali sono diretti due inni (VII
104; x 87). Gli spiriti maligni: devono essere allontanati o propiziati con
pratiche che entrano nel campo della magia e delle quali si occupa l'Atharvaveda.
36. Il quando l'uomo � morto e la fiamma del rogo l'ha purificato, egli
riacquista nell'al di l� una nuova persona, a formare la quale concorrono due
elementi - ricordati separatamente negli inni -: l'asu, il principio fisico, il
soffio vitale, e il manas, il principio psichico, la sede delle facolt�
intellettive; a questi si aggiunge una specie di corpo sottile. I poeti promettono
ai loro patroni il godimento dopo morte di ogni bene# nel cielo,# nel regno di
Yama, il 're' dei trapassati, il primo che mor� e che trov� le vie per l'al Di l�.
Per il poeta Yama � un uomo, � "il mortale che per primo si prov� del suo corpo" (x
13, 4), e nulla ci autorizza a credere che fosse pensato come un Dio.# Per
maggiori notizie intorno a Yama e alla vita ultraterrena rimando agli inni funerari
e alle note che li accompagnano.
Qua e l� (come in pi� versi di I 164), e specialmente in una dozzina di inni
di contenuto filosofico, sono impostati, non di rado con profondit�, i grandi
problemi sull'origine dell'universo e ne � cercata la soluzione all'infuori delle
comuni credenze religiose rispecchiate nel Rgveda. Anche per le notizie su questa
incipiente filosofia deve rimandare agli inni tradotti.
B. - IL CULTO.
BIBLIOGRAFIA
Opere generali:
Sulla religione:
Traduzioni:
a) Complete: Traduzioni complete del Rgveda basate su criteri scientifici
(la antecedente traduzione di H. H. Wilson, London 1850-88 era calcata sul commento
di Sayana#) sono quelle di:
H. Grassmann, Rig Veda, Leipzig 1876, 2 voll. (in versi).
A. Ludwig, Der Rigveda, oder die heligen Hymnen der Brahmana I-II [in prosa],
Prag 1876; III Die Mantra Litteratur, 1878; IV- V Commentar 1881, 1883; VI
Register, Glossar 1888.
Ralph T. H. Griffth, The Hymns of the Rivgeda translated [in versi] with a
popular commentary, I-II, Benares 1889, 1920.
K. F. Gerdner, Der Rgveda ("Quellen der Religion-Geschichte"), Gottingen
1923, I (Libb. I-IV).
b) Parziali: M. Muller, SBE, 32 (Inni ai Maruti, a Rudra, a Vayu e Vata).
H. Oldenberg, SBE, 46 (Inni ad Agni dei libb. I-V)
K. Geldner und A. Kaegi, Siebenzig Lieder der Rigveda, Tubingen 1875.
A. Hillebrandt, Lieder des Rgveda ("Quellen der Rel. Gesch."), Gottingen
1913.
A. A. Macdonell, Hymns from the Rigveda ("The Heritage of India Series"),
London 1922 (in versi).
E. J. Thomas, Vedic Hymns ("Wisdom of the East"), London 1923 (in prosa).
Molti inni e passi del RV sono tradotti da K. F. Geldner in Vedismus und
Brahmanismus, Religionsgeschichtliches Lesebuch hrsg. von A. Bertholet, 2 Aufl., 9
Hft., Tubingen, 1928.
Primo ciclo
1.
Madhuchandas Vaisvamitra1
Ad Agni
13.
1. Bene acceso a noi conduci gli dei, o Agni, per colui che ha l'offerta
sacrificale, o hotar, o purificatore, e compi il sacrificio.
2. O Tanunapat,1 il nostro sacrificio ricco del dolce liquore [madhu]2 tra gli
dei, o savio, oggi poni, per il loro convito.
3. Narasamsa,3 il caro, qui, in questo sacrificio invito, il preparatore della
offerta dalla lingua di miele.
4. O Agni, su carro con ottimo mozzo, (ora che sei) adorato gli dei qua
conduci; tu sei il hotar istituito da Manus.4
5. Distendete nel giusto ordine il barhis, con il dorso [la superficie]
cosparso di burro fuso, o voi dai pensieri devoti, dove � la vista dell'immortale.5
24.
1. Di che Dio ora, di quale tra gli immortali pensiamo il bel nome? Chi noi
alla grande Aditi1 di nuovo dar�, perch� io possa il padre vedere e la madre?
2. Del Dio Agni, primo tra gli immortali, noi pensiamo il bel nome. Egli noi
alla grande Aditi di nuovo dar�, perch� io possa il padre vedere e la madre.
3. O Dio Savitar, a te signore dei beni preziosi, (a te), che sempre
proteggi, ricorriamo per (averne) la nostra parte.
4-5. Bhaga infatti, che2 per te affaccendandosi veramente, al sicuro da
biasimo (e) da ostilit�, ha preso nelle sue mani (la ricchezza) -, della sua
ricchezza, distribuita da Bhaga, possiamo noi, col tuo favore, ottenere di
afferrare il vertice.
6. Invero n� il tuo dominio, n� la tua potenza, n� la tua collera neppure
quelli uccelli che volano hanno raggiunto, n� queste acque che scorrono senza
chiudere occhio, n� quelli che rendono vana la forza mostruosa del vento.3
7. Nello (spazio) senza suolo il re Varuna dal puro intendimento sostiene
diritta la cima dell'albero. All'ingi� scesero, in alto � il loro suolo: i raggi
sian posti fra noi.4
8. Infatti il re Varuna vasta al sole ha fatta la strada, perch� la percorra.
Al senza-piedi fece due piedi perch� vi si sostenga. Ed � colui che bandisce
chiunque trafigge il cuore.5
9. Cento, o re, sono i tuoi farmachi, mille. Ampia, profonda sia la tua
benevolenza. Caccia via la distruzione lontano. Ogni colpa commessa sciogli da noi.
10. Quegli orsi6 che, in alto collocati, di notte si vedono, sono andati di
giorno in qualche luogo. Iningannabili sono le leggi di Varuna. Risplendendo la
luna di notte va.
11. Per questo a te vengo con la preghiera [brahman] onorandoti; questo
domanda il sacrificatore con le sue offerte: non incollerito, o Varuna, qui sii. O
ampiamente celebrato, non rubarci la vita.
12. Ci� di notte, ci� di giorno a me hanno detto, ci� considera questa mia
volont� dentro al cuore: colui cui invoc� Sunahsepa legato, quel re Varuna noi
sciolga.
13. Sunahsepa infatti legato, avvinto ai tre pedali d'albero, invoc� l'Aditya.
Lui re il Varuna lasci libero; il conoscitore, l'infallibile sciolga i legami.
14. Deprechiamo la tua collera, o Varuna, con inchini; la (deprechiamo) con
sacrifici, con offerte. Tu che ne hai il potere, o asura, o intelligente, o re, da
noi disciogli le colpe commesse.
15. Il legame di sopra, o Varuna, e quello di sotto e il mediano disciogli da
noi. E che noi, o Aditya, nella tua legge incolpevoli possiamo essere per Aditi.
25.
Sunahsepa Ajigarti
A Varuna
1. Qualunque tua legge noi, come trib� [come sudditi], o Dio Varuna, ogni
giorno violiamo.
2. Non ci abbandonare all'arma esiziale di te sdegnato, n� all'ira di te
incollerito.
3. Che noi possiamo, come il conducente di caro (slega) il cavallo attaccato,
slegare (dall'ira) il tuo animo alla compassione mediante i nostri canti, o Varuna.
-1
4. Infatti i miei (canti) che placano l'ira, volano via in cerca di benessere,
come uccelli verso i nidi.
5. Questo (principato) in comune hanno ottenuto (Mitra e Varuna); essi, che vi
stanno attenti, non trascurano l'offerente che osserva la legge. -
6. Questo (principato) in comune hanno ottenuto (Mitra e Varuna); essi, che vi
stanno attenti, non trascurano l'offerente che osserva la legge. -
7. Colui che conosce l'orma degli uccelli che volan per l'aria, conosce
(quella) della nave, egli, il marino.
8. Conosce egli, che mantien ferma la legge, i dodici mesi con la loro
progenie, conosce quello che nasce dopo [l'intercalare].
9. Conosce la via del vento ampio, alto, grande; conosce quelli vi siedono
sopra. -2
10. Varuna, che mantiene ferma la legge, si � insediato nelle sue dimore, per
(esercitare) la sua sovranit�, il molto capace.
11. Di l� osservando, tutte le cose misteriose contempla, le compiute e le da
compiersi.
12. Questo molto capace Aditya a noi tutti i giorni buone vie faccia;
prolunghi le nostre vite. -
13. Portando un manto d'oro, Varuna vest� splendido abito. Intorno han preso
posto le spie.
14. (E` colui) che non desiderano ingannare gli ingannatori, n� i perfidi tra
gli uomini, n� gli insidiatori;
15. e che si procur� tra gli uomini fama non dimezzata (e) fra i nostri
ventri. -3
16. I miei (pii) pensieri vanno via, come vacche ai pascoli, cercando
l'ampiveggente.
17. Noi due dobbiamo ancora insieme parlare, poich� tu il mio dolce liquore
qua portato assaggi, il gradito, come hotar.4
18. Che io veda l'a tutti visibile, che io veda il suo carro sulla terra. Goda
egli di questi miei canti. -
19. Questo mio invito, o Varuna, ascolta e sii oggi misericordioso; io cerco
te, della tua grazia desideroso.
20. Tu, o sapiente, ogni cosa e il cielo e la terra reggi. Ascoltami nel tuo
viaggio.5
21. Quello di sopra scioglici, rompi il legame di mezzo, via (togli) quelli di
sotto, affinch� io viva.
28.
1. Dove la pietra dal largo fondo1 si fa dritta per spremere, gi� trangugia, o
Indra, i (succhi) spremuti dal mortaio.
2. Dove come due pudende sono fatte le due parti per spremere,2 gi� trangugia
etc.
3. Dove la donna impara lo spingere avanti e lo spingere indietro, gi�
trangugia etc.
4. Dove legane (corde) al frullo,3 come redini per guidare, gi� trangugia etc.
5. Bench� tu, o mortaretto, sia aggiogato [messo in opera] in ogni casa,4 qui
quanto pi� chiaramente risuona, come timballo di vincintori.
6. E a te, o albero, il vento sventola la cima,5 quindi a Indra, perch� beva,
spremi il soma, o mortaio.
7. I due sacrificanti,6 che guadagnano premi in abbondanza, in alto si
spalancano, divorando, come due (cavalli bai, gli steli del soma.
8. Oggi, o voi due alberi,6 alti con gli alti spremitori per noi spremete a
Indra il melato (succo).
9. Fuori il rimasto nei due vasi porta; fa passare il soma sul filtro metti
sulla pelle (di bue).7
32.
40.
Kanva Ghaura A
Brahmanaspati
42.
Kanva Ghaura
A Pusan
50.
64.
Nodhas Gautama Ai
Maruti
65.
Parasara Saktya
A Agni
89.
92.1
1. Ecco, queste aurore hanno fatto il (loro) segnale; nella met� d'oriente
dell'aere si spalmano di luce. Preparatesi, come arditi (guerrieri preparano) le
armi, vengono incontro le rosse vacche, le madri.
2. In alto sono balzati i rossi splendori, in un momento. Esse hanno
raggiogato le rosse vacche,2 facili ad aggiogarsi. Come anticamente, le vie
stabilite hanno compiuto; lo sfavillante splendore hanno fatto salire, le rosse.
3. Cantano3 come donne operose nei lavori, lungo il comune cammino da lontano
(venendo); nutrimento conducendo al pio, al generoso, tutti i giorni, al
sacrificatore che spreme il soma.
4. Si mette addosso vesti variopinnte, come una ballerina; discopre il seno,
come una vacca la mammella. Luce a tutto l'universo creando, l'Aurora ha aperto
l'oscurit�, come le vacche la stalla.
5. Il suo radioso splendore � apparso; si diffonde, caccia via il negro
orrore. Come (il prete) che nei sacrifici spalma il palo, variopinto ornamento, la
figlia del cielo ha innalzato la chiara sua luce.
6. Siamo passati alla riva di l� di questa tenebra. Risplendendo l'Aurora
compie le vie stabilite. Per bellezza ride brillando, come un corteggiatore; bella
d'aspetto essa ha risvegliato alla benevolenza.
7. (Qual) luminosa conduttrice di liberalit� � lodata dai gotama la figlia del
Cielo. Compartisci(ci) (guadagni) costituiti da prole, da prodi, (guadagni) in cui
oggetto d'attenzione sieno i cavalli, vertice i buoi, o Aurora.
8. O Aurora, che io raggiunga questa gloriosa (ricchezza) consitente in bravi
figli, ricchezza consistente in schiere di dasa (assoggettati), nella quale oggetto
d'attenzione sieno i cavalli. (O tu), che con gloria di meravigliose imprese
risplendi, stimolata a (concedere) ricompensa, o propizia, (che io raggiunga)
grande (ricchezza).
9. La dea riguardando tutti gli esseri, rivolta a (ogni) occhio risplende.
Ogni vivente al camminare svegliando, ha trovato la voce di ogni meditante.
10. Antica, sempre di nuovo nascente, adornantesi (sempre) dello stesso
colore, (dea) che fa diminuire (i giorni dell'uomo) come un giocatore, che sa fare,
le poste dell'avversario, dea che fa invecchiare l'et� del mortale.
11. Discoprendo i confini del cielo si � svegliata; lungi respingendo la
sorella [la Notte]. Diminuendo la durata della vita degli uomini, la giovane
risplende con l'occhio dell'amante [del Sole].
12. Come animali (i suoi raggi) diffondendo la lucente, la propizia, come
corrente (che diffonde) la sua onda, ampiamente risplende. Essa, che non infrange
le divine prescrizioni, � comparsa con i raggi del Sole mostrandosi.
13. O Aurora, quella mirabile (ricchezza) porta a noi, a ricca di ricompense,
con la quale ci procuriamo figlio e nipote.
14. O Aurora, oggi qui, o ricca di buoi e di cavalli, o luminosa, in noi con
la ricchezza risplendi, o piena di liberalit�.
15. Attacca dunque, o ricca di ricompense, i rossi cavalli oggi, o Aurora, e
portaci tutte le felicit�.
16. O asvini, (fate) dalla nostra parte il giro che porta buoi ed oro, o
miracolosi. Qua rivolta il vostro carro d'accordo fermate.
17. (Voi) che veramente il grido (di sveglia) dal cielo (e) la luce all'uomo
avete fatto, a noi ristoro conducete, o Asvini.
18. Qua i due dei deliziatori, miracolosi, dalla via d'oro, i (preti) che si
svegliano all'aurora conducano a bere il soma.
110.
Kutsa
Ai Rbhu
113.
Kutsa A Usas
[l'Aurora]
114.
Kutsa
A Rudra
116.
L'inno contiene - caratteristica degli inni agli Asvini - una lunga serie di
accenni ad atti prodigiosi ed interventi provvidenziali dei celesti salvatori. A
molti di essi anche negli altri inni a due troviamo allusioni; mettendole nazionale
si pu�, ma non sempre, ricomporre alcune poche linee centrali italiane leggende che
dovevano essere presenti alla mente del poeta. Interessanti sono comunque questi
scarni frammenti, perch� ci permettono di gettare uno sguardo sopra una produzione,
certo ricca, di racconti aventi per protagonisti gli a., sopra un lato di quel
vasto mondo di narrazioni di cui il Rgveda ci lascia, qua e l�, vedere qualche
pallido riflesso. I racconti, a cui si riferisce, nel commentare questi inni,
Sayana, con possono naturalmente pretendere di essere considerati come vedici. Ecco
qui le gesta che il nostro inno attribuisce agli Asvini: Condussero a Vimada, amico
di Indra, la moglie, Kamadyu secondo X 65, 12, "la bella fanciulla di Purumitra (I
117, 20; x 39, 7)". Secondo Sayana la moglie, che lo aveva preferito in uno
svayamvara, gli era contesa dai rivali (v. 1). Riuscirono vincitori con l'asino
alla giostra di Yama (oltre i cavalli e gli uccelli, l'asino � bestia da tiro degli
A., I 39, 9; VIII 85, 7) (v. 2). Salvarono Bhujyu, figlio di Tugra, abbandonato da
cattivi amici (VII 68, 7). Nel mezzo dell'oceano o nella nube d'acqua, o gettato
nell'oscurit�; in I 182, 7 il pericolante � descritto come aggrappato ad un albero
posto nel mezzo del mare; come mezzi di salvataggio, oltre quelli menzionati nel
presente inno, sono ricordate quattro navi, una barca, i cavalli, i carri degli dei
(vv. 3 - 5). Diedero a Pedu un cavallo, chiamato, dal nome del padrono, Paidva,
veloce, forte, bianco, stimolato da Indra, confrontato una volta (I 119, 10) con
Indra e detto, come questo Dio, 'uccisore del serpe' (v. 6). Concessero a
Kaksivant della famiglia di Pajra, che altrove si dice ringiovanito dagli A. (X
143, 1), favor� in abbondanza, facendo scorrere dalle unghie di un cavallo, come da
un filtro, cento vasi di sura o (come in I 117, 6) di miele (v. 7). Soccorsero il
savio Atri Saptavadhi, che insieme con i suoi compagni era affondato in un pozzo
ardente, lo ristorarono e lo rinfrescarono. Altrove si dice che lo liberarono
dall'oscurit� (v. 8). Capovolsero un pozzo per Gotama "assetato" (cos� in I8 i, 11,
dove il miracolo � per� ascritto ai Maruti) (v. 9). Sciolsero dal suo corpo
decrepito il savio Cyavana, e ne fecero un giovane caro alla moglie e alle
fanciulle (v. 10). (Una storia di Cyavana si legge nel Satapatha Brahmana IV 1, 5,
1 e nel Mahabharata III 122, 1 segg.). Liberarono Vandana da una trappola per
antilopi, dove giaceva come morto; lo ringiovanirono (v. 11). Diedero una testa di
cavallo al savio Dadhyanc figlio di Atharvan, che indic� allora ad essi il posto
del 'miele', col quale termine qui � designato il soma, perch� in I 117, 22 si
parla del 'miele di Tvastar', e questo Dio � il noto custode del soma (v. 12). [Con
questa curiosa figura di Dadhyanc, che l'Oldenberg annovera tra le divinit�
inferiori, i demoni semiferini (ORV, 70), � in connessione anche Indra, delle
quale si dice in I 84, 13 che uccise con le ossa di D. 99 nemici, e, nel verso
seguente, che, quando cercava la testa del cavallo nascosta nei monti, la trov� nel
Saryanavat, e in X48, 2 che don� stalle a D. a e a Matarisvan. In IX 108, 4 (v.
trad.) vediamo D. Aprire le stalle con l'aiuto di Soma. Quest'essere appare dunque
in relazione col soma nascosto; gli studiosi che hanno voluto cercarne la
spiegazione mitica hanno espresso opinioni assai differenti: il soma stesso per il
Bergaigne, che s'appoggiava all'etimologia del nome: "inclinato verso il latte
cagliato"; la folgore per altri (MVM, 41)]. Gli A. Diedero un figlio chiamato Mano-
d'oro (anche Syava 'Bruno') alla moglie di un enunco (v. 3). Liberarono dalle
mascelle d'un lupo una quaglia. Ridiedero la vista ad un cieco (v. 14).
Sostituirono la gamba spezzata di Vispala, cavalla da corsa (PVS, I 171) con una
di ferro (v. 15). A Rjrasva accecato dal padre in punizione di averdato 100 o 101
montoni da divorare a una lupa, ridiedero la vista, dietro intercessione della lupa
stessa (v 16). Sposarono la 'figlia del Sole', Surya (v. 17). Andarono da Divodasa,
i cui preti erano i Bharadvaja, e lo assistettero quand'era in lotta col demone
Sambara (v. 18). Beneficarono Jahnavi non altrimenti conosciuta (v. 19).
Trasportarono in salvo dal luogo dov'era Jahusa (v. 20). Assistettero il loro
protetto Vasa, purohita del Prthusravas (v. 21). Fecero salire su dal pozzo l'acqua
per Sara. Fecero produr latte alla vacca di Sayu, che aveva cessato di farne (v.
22). Fecero ritornare il figlio Visnapu a Visvaka, figlio di Krsna (secondo Sayana)
(v. 23). Salvarono Rebha gettato legato nell'acqua, secondo X 39, 9 gi� morto
nell'acqua (v. 24).
1. Ai due Nasatya io distendo (le lodi) come un barhis; innalzo le mie lodi,
come il vento (alza) le nubi; (ad essi), i quali al giovane1 Vimada condussero la
moglie sul carro veloce come schiera (lanciata avanti).
2. Negli (uccelli) dal volo possente o nei (cavalli) dal a spinta veloce e
negli impulsi degli dei avevate riposto sicurezza (di vittoria):2 l'asino, o
Nasatya, questo, migliaio ha guadagnato alla giostra di Yama nella gara per il
premio.3
3. Tugra lasci�, o Asvini, Bhujyu nella nube d'acqua,4 come chi � morto
(lascia) la ricchezza. Costui l'avete trasportato con navi animate, balzanti nel
cielo, impermeabili all'acqua.
4. Con i vostri volatili che andarono per tre notti, tre giorni, o Nasatya,
avete trasportato bhujyu all'asciutto del mare, dell'umido (mare) alla riva di l�,
su tre carri con cento piedi e sei cavalli.
5. Nell'oceano, in cui n� sostegno vi � n� stabilit� n� appiglio, questa
prodezza compiste, che avete trasportato a casa, o Asvini, Bhujyu, salito sopra una
nave a cento remi.
6. O Asvini, il bianco cavallo che avete dato a chi aveva un cattivo cavallo
(per suo) duraturo benessere, questo fu il vostro dono grande e famoso. Il
(cavallo) Paidva guadagnatore di bottino ha da essere sempre invocato dal Signore.6
125 .
126.
Si ringrazia il re Svanaya Bhavya dei doni da lui fatti alla fine di una
grande sessione sacrificale.
1. Presento con devozione lodi non fiacche del Bhavya che abita sulla sindhu;
il quale cont� per me mille pressature di soma,1 insuperabile re aspirante alla
gloria.
2. Cento pezzi d'oro [niska] del re, che (me ne?) pregava, cento cavalli
offerti ricevetti in un giorno; cento buoi dell'asura2 io Kaksivant (ricevetti).
Egli ha disteso nel cielo una gloria mai invecchiante.
3. A me bruni (cavalli) donati da Svanaya, dieci carri con femmine3 sono
venuti; sessanta e mille bovini seguirono. (Questo) guadagn� Kaksivant al finire
delle giornate (sacrificali).
4. I quaranta sauri dei dieci carri guidano la sfilata in testa al migliaio
[di bovini]. I Kaksivant, i Pajra4 hanno governato per s�5 i briosi corsieri,
ornati di perle.
5. Dopo il primo regalo ho ricevuto per voi tre (carri) attaccati, otto vacche
che fanno molto latte. Buoni parenti sono i Pajra, che, come schiere di una trib�,
con i loro carri da trasporto cercano la gloria.6
6.7 "Colei che avvinta, allacciata, si tiene stretta, come una donnola, mi d�,
libidinosa, cento godimenti di abbracci".
7. "Da me, da me tocca; non credere pochi i miei (peli), io sono tutta pelosa
come una pecoretta dei Gandhari".8
134.
154.
Dirghatamas Aucathya A
Visnu
161.
Dirghatamas Aucathya Ai
Rbhu
1. [I Rbhu] : "A che il pi� bello, a che il pi� giovane a noi � venuto?1 Per
qual ambasciata si affretta? Che � ci� che abbiamo detto? Non abbiamo biasimato la
tazza, che � di nobile genere; o fratello Agni, abbiamo parlato della natura del
legno".
2. [Agni]: "Di una tazza fatene quattro: questo vi hanno detto gli dei, per
questo a voi sono venuto. Se voi, o figli di Sudhanvan, farete cos�, diventerete
meritevoli del sacrificio insieme con gli dei".
3.2 Ci� che al messaggero Agni diceste: "c'� da fare un cavallo, e un carro
c'� da fare, una vacca c'� da fare, ci sono due da far giovani;3 dopo aver fatte
queste cose, o fratello, dietro voi4 veniamo",
4. fatto che aveste ci�, o Rbhu, domandaste: "dove � andato colui che venne a
noi messaggero?". Quando mir� fatte le quattro tazze, Tvastar si unse5 tra le
donne.
5. Da quando Tvastar disse: "uccidiamo coloro che hanno biasimato la tazza che
serve agli dei per bere", essi si fanno altri nomi nel (sacrificio del) soma; sotto
altri nomi la fanciulla6 li salv�.
6. Indra attacc� i due bai, gli Asvini il carro, Brhaspati spinse via la
(vacca) onniforme. (Come) Rbhu, vibhvan, Vaja andaste tra gli dei; voi, bravi
artefici, otteneste la porzione sacrificale.
7. Fuori dalla pelle faceste uscire, con le vostre ingegnosit�, la vacca;7 i
due invecchianti faceste giovani. O figli di Sudhanvan, da un cavallo fabbricaste
un (altro)8 cavallo; attaccato il carro, andaste dagli dei.
8. "Quest'acqua bevete" diceste voi (dei),9 "oppure bevete quest'infuso di
munja.10 O figli di sudhanvan, se in ci� non trovate piacere, inebriatevi nella
terza spremuta".
9. "Le acque sono pi� importanti" disse uno;" Agni � il pi� importante" disse
un altro; la (nube) scaglia-colpi a preferenza di molte altre cose nomin� un altro.
Giuste parole pronunciando ritagliarono le tazze.11
10. Uno spinge gi� nell'acqua la vacca zoppa; uno taglia la carne portata in
un canestro; fino al tramonto un altro ha portato via lo sterco. In che cosa mi
hanno i genitori aiutato i figli?12
11. Nelle alture faceste per lui l'erba, nelle bassure le acque mediante la
vostra industria, o prodi, quando dormiste nella casa di Agohya.13 Questo oggi, o
Rbhu, non eseguite pi�.
12. Quando voi chiudendo gli occhi strisciaste intorno agli esseri dove mai
erano i vostri teneri genitori? Malediceste colui che prese il vostro braccio.
Avete parlato a colui che parl�.14
13. Dopo aver dormito, o rbhu, questo domandaste: "O Agohya, chi ci ha qui
svegliato?" il becco nomin� il cane (come) risvegliatore.15 Oggi nel termine
nell'anno avete guardato questo (universo).
14. Per il cielo vanno i Maruti, per la terra Agni, questo Vento per il cielo
va; per le acque del mare Varuna va: tutti desiderando voi, o figli della forza.
162.
Il sacrificio del cavallo � tra gli elementi pi� antichi del rituale. La forma
della sua celebrazione ne faceva uno dei sacrifici pi� splendidi e fastosi; non era
perci� concesso di celebrarlo se non ad un re potente. Non v'erano per esso
ricorrenze stabilite, ma aveva luogo solo in occasioni straordinarie: prima
dell'entrata in guerra, dopo una vittoria ottenuta. In ogni caso non aveva mai il
carattere di atto di ringraziamento; il fine per cui si celebrava era questo: che
il re potesse appagare tutti i suoi desideri di potenza e di ricchezza. Nel suo
significato primitivo il sacrificio del cavallo era probabilmente un rito magico
inteso ad ottenere potenza e fecondit�.
Nelle linee essenziali ecco il suo svolgimento. Dopo una preliminare cerimonia
di consacrazione, un cavallo scelto, di pregio, viene lasciato in libert� per lo
spazio di un anno sotto numerosa ed eletta custodia di giovani armati. Durante il
corso dell'anno nella casa del sacrificatore si ripetono speciali offerte, canti al
suono del liuto, recitazioni di antiche leggende. Alla fine dell'anno, preceduta da
giornate di cerimonie preliminari, ha luogo una grande festa del soma della durata
di tre giorni. Durante questa, tra centinaia di altre vittime, viene ucciso,
soffocato tra panni, il cavallo. La prima moglie del re si pone a giacere accanto
all'animale morto; su entrambi viene distesa una coperta; la regina mette sul suo
grembo il membro del cavallo [� chiaro il significato di quest'atto: promuovere la
fecondit�]). I preti s'intrattengono con le donne regali; con partecipazione del
seguito di queste vengono scambiate frasi oscene.1 Poi il cavallo viene tagliato ed
arrostito, il suo sangue � raccolto e conservato in tre recipienti. Prima e dopo
l'uccisione dell'animale i preti si propongono indovinelli (brahmodya) e li
sciolgono. Alla fine di ciascun giorno, o alla fine del terzo, si fa un bagno che
purifica da ogni colpa il sacrificatore.2
L'inno qui tradotto si riferisce a una forma di sacrificio pi� semplice di
quella ora descritta; infatti al posto delle innumerevoli vittime, figurano due
sole, il capro e il cavallo; pure la menzione dell'oro, delle due vesti (v. 16),
dei pinda (v. 19) mostra che la cerimonia era gi� ricca di particolari. Che essa
fosse gi� strettamente collegata col rituale del soma appar chiaro
dall'enumerazione dei preti del v. 5. Non v'� accenno all'anno di libert� del
cavallo dell'inno, che si riferisce agli atti immediatamente precedenti e seguenti
l'uccisione dell'animale. Secondo ogni apparenza gli inni I 162 e 163 appartengono
al periodo pi� recente del Rgveda.
1. Non ci trascurino Mitra, Varuna, Aryaman, Ayu,3 Indra, Rbhuksan, i Maruti,
quando del vittorioso4 corsiero, nato dagli dei, proclameremo le prodezze
nell'adunanza.
2. Quando davanti ad esso, coperto di Gualdrappa e di ricchezza,5 (i preti)
conducono il dono sacrificale (da essi) preso,6 bene incedendo il capro onnicolore
[pezzato] si dirige belando verso la cara dimora di Indra e Pusan.
3. Questo capro, che appartiene a tutti gli dei, viene condotto insieme col
vittorioso cavallo, davanti,7 (quale) porzione di Pusan. Quando esso (come) gradita
profferta insieme col corsiero (conducono), lo incita Tvastar a grande gloria.
4. Quando il cavallo destinato all'offerta, andante agli dei, a tempo debito
tre volte conducono intorno8 gli uomini, l� se ne va per primo, (quale) porzione di
Pusan, il capro, annunziante agli dei il sacrificio.
5. Hotar, Adhvaryu, Avayaji, Agnimindha, Gravagrabha e Samstar, Suvipra:9 con
questo sacrificio ben preparato, bene offerto riempite i ventri.10
6. Quelli che squadrano il palo e quelli che portano il palo e quelli che
fabbricano la corono per il palo11 del cavallo, e quelli che per il corsiero
raccolgono gli utensili per cuocere, anche l'approvazione di questi ci stimoli.
[dopo l'uccisione ]
163.
164.
6. Io che non capisco i savi che capiscono qui interrogo, per sapere, io che
non so. Che mai � l'Uno in figuro del Non - nato [aja, con gioco di parola: di
capro], che ha puntellato separatamente questi sei spazi?
Chi � la increata unica causa di tutte le cose. I sei spazi, sono al solito, i
tre cieli e le tre terre.
Sono adombrati, in disordine, i vari momenti del formarsi delle nubi e delle
piogge, secondo la nota teoria indiana: il sole assorbe col piede, coi raggi,
l'acqua dalla terra; dal sole traggono l'acqua le nubi ('le vacche') e si rivestono
cos� del loro involucro.
10. Tre madri, tre padri sostenendo, l'Uno diritto sta; non lo stancano essi.
Pronunciano sul dorso di quel cielo la parola onnisciente, che non tutti eccita.
Il Sole pensato come l'Uno, che sostiene i tre cieli e le tre terre (vedi v.
8). Gli dei, o i savi, parlano la parola della sapienza, che non � per tutti.
11. Questa ruota dell'Ordine dai dodici raggi, non (destinata) a consumarsi,
gira intorno al cielo. Qui, o Agni, stanno sette cento venti figli a coppie.
20. Due eccelli, stretti amici, hanno abbracciato lo stesso albero. Uno di
essi mangia la dolce bacca, senza mangiare l'altro riguarda.
Il giorno e la notte (GrRV, Deussen; oppure potil sole e la luna, HL) intorno
all'albero del mondo. Pi� attraente la soluzione di GRV: quelli che bramano il
sapere e l'ottengono e quelli che no, intorno all'albero della scienza; il frutto �
la conoscenza del padre universale.
21. Dove gli uccelli verso una porzione di ambrosia, verso le adunanze
sacrificali, senza chiudere occhio, gridano, (l�) il forte guardiano di ogni
essere � entrato, egli assennato, in me sciocco.
22. L'albero nel quale gli uccelli, mangiando il dolce (frutto) abitano e
procreano: sulla cima di quest'albero dicono (che ci sia) una dolce bacca; non pu�
raggiungerla chi non conosce il padre.
Dell'albero del mondo gli uomini godono frutti, ma il frutto pi� alto, la
conoscenza suprema, raggiunge solo chi ha conosciuto il padre universale. Questa �
in massima l'interpretazione di GRV.
Con questo v. Si chiude la prima parte dell'inno, come � provato dall'Atharva
Veda, che qui finisce il suo inno IX 9.
29. Sbuffa costui, dal quale la vacca � circondata; essa mugge il suo muggito
posta sul (fuoco) sprizzante. Essa con i suoi scoppiettii ha avvilito il mortale.
Facendosi folgore strapp� via il suo involucro.
L'anima ('la vita' 'il vivo' 'l'immortale') e il corpo ('le case', 'il morto',
'il mortale'): (GRV). Altri: Agni. HVM I 336: la luna.
31. Vidi il pastore che senza mai coricarsi qua e l� cammina per le (sue) vie.
Egli vestendosi nelle raccoglientisi e nelle separantisi s'aggira tra gli esseri.
Sayana e quasi tutti gli interpreti: il sole nelle sue luci. GRF: lo spirito
vitale tra i liquidi del corpo; con doppio senso: il vento tra le acque.
32. Chi lo ha fatto, questi non sa di esso; (da colui) che lo ha visto, da
questi � sparito. Esso dentro la matrice della madre si � nascosto; avendo molta
progenie � entrato nella distruzione.
33. Il cielo � mio padre, il (mio) generatore, qui [in lui] � il mio ombelico.
Mio vincolo (di parentela), mia madre � questa grande terra. Entro a queste due
distese e la mia matrice, qui il padre depose il feto della figlia.
L'uomo nelle sue relazioni col cielo e con la terra (GRV). I pi� seguendo
Sayana: il Sole, o Indra, o Parjanya.
165.
[Indra:]
1. "Di quale splendido abbigliamento comune i Maruti, eguali di et�, uni di
nido, si sono rivestiti?3 Con quale intenzione, di dove sono venuti costoro?
Cantano la loro forza i tori desiderosi di beni".
2. "Le formule sacre di chi hanno gradito i giovani? Chi ha volto i Maruti al
suo sacrificio? Essi come sparvieri trascorrenti nell'aere con quale potente
pensiero possiamo fermare?".
[I Maruti o il loro capo: ]
3. "Di dove tu, o Indra, tu che sei un grande, vieni solo, o vero signore? Che
cosa hai proprio? Tu discuti incontrandoti coi (Maruti) splendidamente abbigliati.
D� quel che hai con noi, o possessore dei bai".
[Indra:]
4. "Le formule sacre, gli inni sono la mia gioia (e) i succhi (del soma). Si
solleva la mia forza. E` messa a posto per me la pietra (del torchio), (Me) lodano,
(me) accolgono volentieri gli inni. L� vicino mi portano questi due bai".
[I Maruti:]
5. "Per questo (stesso motivo) noi, unitici con i nostri intimi [compagni]
signori di s�, avendo splendidamente abbigliato i nostri corpi, abbiamo con
magnificenza attaccato i daini. Tu, o Indra, hai invero seguito la nostra
inclinazione".4
6. "Dove era, o Maruti, codesta vostra inclinazione, quando lasciaste me solo
nella lotta col serpe? Io infatti, possente, poderoso, gagliardo piegai con le mie
armi (le armi) di ogni nemico".
7. "Molto tu hai fatto con i compagni tra noi, merc� i comuni eroismi, o toro.
Molte cose invero faremo, o fortissimo, o Indra, con la nostra capacit�, quando
vogliamo, o Maruti".5
[Indra: ]
8. "Uccisi Vrtra, o Maruti, con la mia forza di Indra; poderoso sono stato
nella mia collera. All'uomo io queste tutte scintillanti acque ho fatto
accessibili, io che imbraccio la folgore".
[I Maruti:]
9. "Tu non hai mai ceduto, o liberale; non si trova nessun Dio pari a te. N�
chi ora nasce n� chi � nato ti eguaglia. Quelle cose che han da essere fatte,
falle, o forte".
[Indra:]
10. "Anche se son solo, la mia forza dev'essere straordinaria, le cose che io
ho osato, che io le compia secondo il mio pensiero; possente infatti mi si trova,
o Maruti. Delle cose che ho messo in moto, io Indra sono padrone".
11. "Mi fece piacere, o Maruti, il vostro inno di lode,6 allorquando la
formula [magica: brahman], degna d'essere udita, avete fatto, per Indra, per il
toro, per il bravo guerriero, per me amico voi amici per la mia persona con le
vostre persone".
12. "Eccovi cos� verso di me risplendenti (quale) irreprensibile (schiera),
possedenti gloria ed alimento.7 Nel guardarvi, o Maruti, voi mi siete nel vostro
fulgido colore piaciuti ed anche ora mi piacete".
[Il Cantore:]
13. "Chi vi ha qui glorificato, o Maruti? venite amici agli amici? Inspirando,
o luminosi, i miei pensieri, state attenti a queste mie opere pie".
[I Maruti (e Indra):]
14. "Come un poeta per fare omaggio, noi con l'omaggio8 ha invitato
l'intelligenza del Manide.9 Bene volgetevi, o Maruti, al sapiente [prete]. Il
cantore per voi intoni queste sue formule sacre".
[Il Cantore:]
15. "Per voi � quest'inno di lode, o Maruti, questa parola del prete Mandarya
Manide. Possa questi mediante l'alimento ottenere vigore (?) al suo corpo.10 Che
noi possiamo trovare cibo e la schiera (?)11 dalla rapida pioggia".
179.
E` un contrasto tra il rsi Agastya e Lopamudra, sua moglie come appare dal v.
4 e come vuole la tradizione, che fa di lei una figlia del re del Vidaroha (vedi
Sieg. Die Sagenstoffe des RV, 125). La donna � stanca nella continenza a cui da
tanti anni la costringe il marito, che pratica l'ascetismo, ed invita questo ad
accostarsi a lei (v. 1), ricordando che altri asceti dell'antichit� non toccarono
il fine della loro penitenza (v. 2). Agastya risponde che nessuna fatica � vana
quando gli dei proteggono ed incita la moglie a combattere con lui la battaglia
contro gli stimoli dei sensi (v. 3). Dal verso 4 � chiaro che la donna ha vinto;
nel seguente Agastya recita una formula espiatoria rivolta al sacro liquore del
soma, in riparazione dell'infrazione commessa. Nel verso finale una persona
estranea al dialogo (nella tradizione uno scolaro di A.) narra le liete conseguenze
del peccato del savio. Come giustamente ha rilevato il von Schroeder (mysterium,
160) questo sesto verso, che non dice di collera e punizioni divine, ma del favore
accordato dagli dei, indica chiaramente l'origine e il significato dell'inno; il
quale si riconnette certamente ad antichissimi riti ed atti magici compiuti
nell'intento di ottenere fecondit�. Eguale connessione ha, nel rituale, lo scambio
di oscenit� tra un brahmacarin (brahmano studente ed esercitante la castit�) e una
donna pubblica, e l'accoppiarsi di appartenenti alle varie caste in un luogo
chiuso, fuori della vedi, durante il mahavrata, particolare giornata sacrificale,
che ha la sua base in nantica festa popolare del solstizio invernale (vedi
citazioni di testi in von Schroeder o. c. 161 e sg., cfr. Hillebrandt
rituallitteratur, 157. Per oscenit� aventi, in origine, rapporto con la magia della
fertilit� vedi sopra la descrizione dell'asvamedha).
[Lopamudra: ]
1. "Per molti autunni [ anni ] io ho penato, sera e mattina, attraverso le
aurore [ i giorni ] che fanno invecchiare. La vecchiezza altera la bellezza dei
corpi; eppure vengano i tori alle lor mogli".
2. "Infatti tutti quegli antichi zelatori dell'Ordine che insieme con gli dei
parlarono dei santi ordini, essi tutti desistettero, non arrivarono infatti alla
fine. Si uniscano dunque le mogli con i tori".
[ Agastya: ]
3. "Non invano � la pena che gli dei proteggono. Dobbiamo superare tutte le
lotte. Qui dobbiamo vincere la corsa di cento maniere,1 purch� vogliamo correrla
(come) una coppia concorde".
[ Lopamudra: ]
4: "Entr� in me voglia del toro che stringe (a s�); essa � sorta di qui, di
l�, da dovunque. Lopamudra fa eiaculare il toro. La dissennato succhia l'assennato
che ansima".
[ Agastya: ]
5. "Questo soma che � nel mio cuore,2 che ho bevuto, da vicino invoco. Quel
peccato che abbiamo commesso lo perdoni bene; infatti il mortale � soggetto a molte
voglie".
[ Il Cantore: ]
6. Agastya, scavando con le pale,3 desideroso di progenie, di figli, di forza,
ha fatto, il savio possente, prosperare ambo i colori.4 I suoi desideri ha ottenuti
realizzati presso gli dei.
Secondo ciclo
12.
A Indra
1. Colui che appena nato, come primo fornito d'intelletto protesse, Dio, gli
dei non la sua capacit�, all'impeto del quale cielo e terra ebber paura per la
grandezza del suo valore, questi �, o genti, Indra.
2. Colui che la terra vacillante consolid�, che gli oscillanti menti1 ferm�,
che pi� vasta misur� l'atmosfera, che puntell� il cielo, questi �, o genti, Indra.
3. Colui che, ucciso il serpe, fece scorrere i sette fiumi, che le vacche
spinse fuori col levar di mezzo Vala, che tra due pietre gener� il fuoco, (che �)
il conquistatore nelle battaglie, questi �, o genti, Indra.
4. Colui dal quale tutte queste [ terrene ] cose furono fatte mobili, che il
color dasa rese soggetto e (rifugiato) in nascondiglio, che, come giocatore
vincente la posta,2 prese le sostanze del signore rivale, questi �, o genti, Indra.
23.
A Brahmanaspati
(Contro i concorrenti del poeta)
27.
Agli Aditya
1. Questi inni, il cui dorso scorre burro,1 io libo col cucchiaio agli Aditya,
ai re da antico tempo. Ci ascolti Mitra, Aryaman, Bhaga, Varuna nato forte, Daksa,
Amsa.
2. Questo mio inno di lode eguali di capacit� Mitra, Aryaman, Varuna oggi
gradiscano, puri, chiari come un getto (di soma), privi di falsit�, irreprensibili,
illesi.
3. Gli Aditya vasti, profondi (nelle loro facolt�), iningannabili (e)
desiderosi di ingannare (il peccatore), con molti occhi, vedono frammezzo al falso
e al retto. Tutto, persino le cose pi� lontane, sono vicine ai re.
4. Gli Aditya, sostenendo ci� che si muove e ci� che sta fermo, sono
guardiani, essi dei, di tutto il mondo, rivolgendo lontano il loro pensiero,
custodendo la loro potenza di asura, riscuotendo i debiti [ punendo le colpe ],
osservatori dell'Ordine.
5. Che io conosca, o Aditya, quella vostra grazia, la quale, o Aryaman, anche
nel pericolo d� sollievo. Sotto la vostra guida, o Mitra e Varuna, possa io evitare
i traviamenti come i crepacci.
6. Facile � infatti, o Aryaman, o Mitra, la vostra strada; senza spini, o
Varuna, e diritta. Su questa difendeteci, o Aditya, concedeteci la vostra
imbattibile protezione.
7. Ci faccia passare Aditi, che ha per figli i re, (ci faccia passare) Aryaman
al di l� delle inimicizie per facili vie. Sotto la grande protezione di Mitra e
Varuna possiamo noi essere con molti figli maschi illesi.
8. Essi sostennero le tre terre e i tre cieli. Tre sono i comandamenti2 di
essi nella adunanza (sacrificale). Per mezzo dell'Ordine, o Aditya, � grande la
vostra grandezza; essa � cara, o Aryaman, Mitra Varuna.
9. Sostennero i tre spazi risplendenti del cielo essi aurei, puri, chiari come
un getto (di soma). Non dormono, non chiudono occhio, iningannabili sono gli
ampiamente celebrati un pro' del giusto mortale.
10. Tu sei re, o Varuna, di tutti quanti sono dei e mortali, o asura. Dacci
cento autunni da vedere; che noi raggiungiamo et� prospere, antiche.3
11. N� a destra io distinguo, n� a sinistra, n� davanti n� a tergo, o Aditya.
Sia nella mia ingenuit� che nella mia accortezza, o buoni, io possa, da voi
condotto, raggiungere la luce che ha pericoli.
12. Colui che ha donato ai re che guidano l'Ordine, (colui) cui ingrandiscono
le continue prosperit� (che vengono da essi), questi, ricco, muove per primo col
carro, � lodato nelle sacre adunanze (come) datore di beni [ di larghi onorari ].
13. Puro (di mente), non ingannato abita le acque dai bei prati, con
accresciuta vitalit�, con molti figli: n� da vicino uccidono, n� da lontano colui
che � sotto la guida degli Aditya.
14. O Aditi, Mitra e Varuna, siate benigni se abbiamo commesso verso di voi
qualsiasi peccato. Che io possa raggiungere, o Indra, la vasta luce che non ha
pericolo; non ci incolgano le lunghe tenebre.
15. Entrambi (i semimondi) insieme uniti fanno per lui4 gonfiare la pioggia
del cielo; � fortunato, realmente prosperoso. Anche le dimore5 conquistando va
nelle battaglie; ambo le meta6 diventano utili per lui.
16. I vostri poteri magici contro l'insidiatore, o degni del sacrificio, i
lacci, o Aditya, aperti contro il furfante, che io li sorpassi, come col carro un
conducente di cavallo. Illesi possiamo noi essere sotto la vostra ampia protezione.
28.
A Varuna
1. Questo [ inno, oppure, sacrificio ] per il savio, l'Aditya, il sovrano
indipendente, sia superiore in grandezza a tutti, quanti ve ne sono. Egli � il Dio
sopra (a tutti) piacevole ad onorarsi col sacrificio: io domando la lode del
multipotente Varuna.
2. Che noi siamo felici nella tua legge, noi che pieni di devozione, o Varuna,
(ti) abbiamo lodato, al sopraggiungere delle aurore ricche di buoi cantando1 come i
fuochi, ogni giorno.
3. Che noi siamo sotto la protezione di te, che hai molti eroi, che sei
largamente rinomato, o Varuna condottiero. Voi, o iningannabili figli di Aditi,
siate propensi alla alleanza con noi, o dei.
4. Li fece scorrere l'Aditya, distributore di essi: secondo l'ordine di Varuna
i fiumi vanno. Non si stancano, non staccano2 essi. Come uccelli sono volati
rapidamente nel loro corso.
5. Via da me slega come corda la colpa. Che noi possiamo accrescere la fonte
dell'Ordine, o Varuna. Non si rompa il filo mentre io intesso l'inno, non si rompa
la misura dell'opera prima del tempo.
6. Bene distacca da me, o Varuna, la paura. O sovrano, osservatore
dell'Ordine, accettami. Come dal vitello la corda, slega (da me) l'angoscia. Invero
lontano da te non sono neppure padrone di chiudere occhio.
7. Non ci (percuotere), o Varuna, con le tue armi, che al tuo comando
colpiscono, o asura, chi commette la colpa. Che non dobbiamo andare in bando dalla
luce. Bene sciogli da noi i detrattori, affinch� viviamo.
8. Omaggio a te per lo innanzi, o Varuna (esprimemmo) ed anche ora, anche in
seguito, o nato fonte, esprimeremo, poich� in te, come sopra un monte, si sono
piantate incrollabili le leggi, o difficile da ingannare.
9. Manda via i debiti [ i peccati ] da me fatti; che io non paghi, o re, il
fio per quello commesso da altri. Le aurore che non ancora splendettero sono le pi�
numerose: destinaci a (essere ) vivi in esse, o Varuna.
10. Quel mio congiunto, o re, oppure amico, che nel sogno a me pauroso ha
detto cosa paurosa, o quel ladro o lupo che ci vuole insidiare: da esso, o Varuna,
difendici.
11. = II 27, 17.
35.
Nell'ultimo verso del presente inno il 'figlio delle acque', � invocato come
Agni e in pi� luoghi � chiaro il suo rapporto con questo Dio. Come abitante o
celantesi nelle acque � a sua volta raffigurato Agni, che � chiamato 'feto - e in
qualche passo, vedi III, 9, 1 - figlio delle acque'. E` ovvia la conclusione che
il 'Figlio delle acque' sia una forma di Agni. (N� pu� fare seria difficolt� il
fatto che A. n. e Agni sono distinti e messi uno accanto all'altro in VI 13, 13,
dove si dice che Agni insieme con A. n. Incita all'uccisione di Vrtra). Che il
vedico Apam napa risalga al periodo indoiranico � provato dal sussistere nella
mitologia avestaica di un omonimo ente, un genio che vive nel profondo delle acque,
circondato da donne.1
38.
A Savitar
9.
Visvamitra Gathina
A Agni
1. Da amici noi mortali te Dio abbiamo scelto a nostra protezione, (te) figlio
delle acque, fortunato, assai risplendente, che facilmente avanzi, incontrastato.
2. Quando tu, che trovi piacere nelle legna, sei andato nelle acque tue madri,
questo tuo ritorno [ il tuo ritorno qua ] non devi, o Agni, dimenticare, perch� tu,
che (ora) sei lontano, eri (prima) qui.1
3. Su ci� che � scabroso sei cresciuto e sei proprio buono d'animo. Altri2 uno
dopo l'altro s'avanzano, altri intorno (a te) siedono, nell'amicizia dei quali tu
resti.
4. Lui, che � passato oltre le difficolt�, oltre i continui intoppi,
ritrovarono gli attenti, i senza malizia,3 nelle acque rifugiato come un leone.
5. Agni, che era come di propria voglia fuggito, che cos� si era nascosto,
ricondusse Matarisvan da lontano, dagli dei, dopo che fu acceso mediante la
confricazione.
6. Te i mortali presero, o tu che porti le offerte agli dei, affinch� sorvegli
tutti i sacrifici, o appartenente agli uomini, con la tua capacit�, o giovanissimo.
33.
[ Visvamitra: ]
1. "Gi� dal seno dei monti bramose, come sciolte cavalle a gara correnti, come
lucide vacche madri leccanti (un vitello),1 la Vipas e la Sutudri s'affrettano con
le loro acque".
2. "Da Indra incitate, chiedendo il suo comando,2 verso il mare muovete, come
due che vanno su carro.3 Confluendo, gonfiandosi delle vostre onde, l'una di voi
entra nell'altra, o lucenti".
3. "Sono venuto alla pi� materna corrente [ la Sutudri ]; siamo arrivati alla
larga fortunata Vipas: le quali, come (vacche) madri insieme leccanti un vitello,
corrono insieme in un letto comune".
[ Le Correnti: ]
4. "Noi di quest'acqua gonfiandoci, per il letto che il Dio ci ha fatto
corriamo. Non bisogna trattenere la nostra corsa, ora che � entrata in pieno
slancio. Che cosa desiderando il cantore chiama le correnti?".
[ Visvamitra: ]
5. "Alla mia parola che sa di soma, o voi osservatrici dell'Ordine, sostate un
momento con le vostre corse. Alla fiumana (va) una grande preghiera; bisognoso
d'aiuto vi chiamo io, il figlio di Kusika".
[ Le Correnti: ]
6. "Ci scav� la via Indra che imbraccia la folgore, togliendo di mezzo Vrtra,
attorniatore delle correnti. Il Dio Savitar dalle belle mani ci guid�; noi
all'incitamento di lui larghe moviamo".
[ Visvamitra: ]
7. 'Da elogiarsi in perpetuo � (quell') eroismo, quell'impresa di Indra, per
cui fece in pezzi il serpente. Con la folgore abbatt� egli le barriere; camminarono
le acque desiderose di cammino".
[ Le Correnti: ]
8 "Questa parola,4 o cantore, non dimenticare, che di te ricanteranno le
generazioni future. Nei tuoi inni, o poeta, compiaciti di noi, non abbassarci tra
gli uomini. Onore a te".
[ Visvamitra: ]
9. "Ascoltate bene, o sorelle, il poeta. E` venuto a voi da lontano col carro
da trasporto e da guerra. Piegatevi bene in gi�, divenite di facile passaggio,
tenetevi sotto l'assile, o correnti, con i vostri flutti".
[ Le Correnti: ]
10. "Vogliamo, o poeta, ascoltare le tue parole; sei venuto da lontano col
carro da trasporto e da guerra. Io mi voglio a te chinare come una donna gonfia (di
latte al bambino). - Io5 mi voglio piegare a te come fanciulla a garzone".
[ Visvamitra: ]
11. "Quando te abbiano passato i Bhrata, trib� predatrice di buoi, incitata,
stimolata da Indra, fluisca pure il tuo corso entrato nel suo pieno slancio. Io
scelgo la benevolenza di voi degne di sacrificio".
12. Sono passati i Bharata predatori di buoi; si � accattivato il cantore la
benevolenza delle correnti. Gonfiatevi voi che date ristoro e molti doni; riempite
i vostri ventri; andate velocemente.
13.6 "La vostra onda spinga fuori i cavicchi (del giogo); o acque, slegate le
tirelle. I due buoi i, che niente hanno fatto di male, che sono senza colpa, non
vadano perduti".
48.
1. Tosto che nacque il giovane toro and� che gli offrissero il succo della
pianta del soma. Del buono bevi secondo il tuo desiderio, come � il tuo desiderio,
bevi prima1 del liquore somico misto con latte.
2. Quel giorno che nascesti, nel desiderio di esso, bevesti il latte della
pianta che sta sui monti.2 Esso a te la madre, la giovane donna tua generatrice,
nella casa del gran padre3 vers� da principio.4
3. Accostandosi alla madre domand� cibo; guard� la poppa (di lei) per
(cercarvi) l'acre soma. Tenendo lontano gli altri, l'accorto se ne and�; grandi
imprese comp� egli ne ha molteplici aspetti.
4. Possente, vincitore dei forti, di soverchiante gagliardia, egli secondo la
sua volont� ha foggiato [ ha mutato ] il suo corpo. Indra per secondo la sua stessa
nascita avendo soverchiato Tvastar ed avendo rubato il soma, ne beve nei recipienti
camu.5
5. Possiamo noi per il nostro successo chiamare Indra, il liberale, in questa
battaglia, il pi� bravo (dei bravi) nella lotta per il bottino, (chiamare) in aiuto
nelle mischie lui che ascolta, possente, uccisor dei nemici, conquistator delle
prede.
59.
62, 10.
A Savitar
E` il pi� famoso e il pi� sacro dei versi vedici, ripetuto dagli appartenenti
alle tre prime caste nelle loro devozioni. Si chiama savitri o, dal nome del metro,
gayatri.
Questo desiderabile splendore del Dio Savitar possiamo noi ricevere; che egli
stimoli i nostri pensieri.
Quarto ciclo
4.
1. F� della tua fiamma come un ampio laccio, vieni impetuoso come un re col
suo seguito.1 Dietro l'avido laccio correndo tu sei saettatore; squarcia con le tue
pi� brucianti (frecce) gli stregoni [ raksas ].
2. Le tue roteanti fiamme rapidamente volano, tienti vicino (ad esse)
arditamente, risplendendone tutto. Mediante il cucchiaio,2 o Agni, le vampe, le
alate, (e) i tizzoni disfrenati lancia in tutte le parti.
3. Tu velocissimo manda fuori le spie; sii iningannabile custode di questa
trib�. Chi lontano parla male di noi, chi vicino, nessuno sfidi il tuo incespicante
cammino.
4. Alzati, o Agni, tenditi contro, abbrucia i nemici, o tu che hai acute
saette. Chi ha praticato la malizia contro di noi, o acceso, lui brucia gi� come
sterpame secco.
5. Alzati diritto, scaccia a colpi (i nemici) da noi, palesa le tue divine
qualit�. Allenta le saldezze3 di quelli che sono incitati dai maligni spiriti.
Parente o non parente, i nemici annientali.
6. Conosce la tua benevolenza, o giovanissimo, colui che a una preghiera
[ brahman ] come questa ha aperta la via. A lui tutti i buoni giorni, le ricchezze,
gli splendori del signore rivale, dischiudendo la porta (della casa di questi),
irraggia.4
7. Colui solo, o Agni, abbia molta fortuna ed abbondanza, che te con offerta
continua e con inni cerca di soddisfare durante la sua vita, nella sua casa. Tutti
i buoni giorni a lui: questo sia l'augurio.
8. Io canto la tua benevolenza, alto essa risuoni5 verso questa parte. Questa
mia parola, (quale) tua amata, canti insieme (con te). Che noi, ricchi di cavalli e
carri, possiamo adornarti; che tu mantenga a noi, tutti i giorni, i nostri domini.
9. Qua a te (il pio) egli stesso frequentemente s'accosti, o tu che risplendi
nella tenebra, a te che tutti i giorni brilli. Scherzando, con lieto animo che noi
ti possiamo curare, noi che sopravanziamo gli splendori delle (altre) genti.
10. Di colui, che ricco di cavalli e di oro, o Agni, a te s'accosta con un
carro pieno di beni, di colui tu sei salvatore, di colui amico che nel darti
ospitalit� gode come si conviene.
11. In virt� della (mia) discendenza dal grande (padre) con le parole io
infrango (i nemici, o, i demoni): questo a me � venuto dal padre Gotama. Tu fa
attenzione a questa parola, o hotar giovanissimo capacissimo, tu che sei di casa.
12. Insomma, perseveranti, benigni, indefessi, allontanatori dei lupi,
instancabili: questi tuoi custodi,6 o Agni, riuniti sedendo ci custodiscano, o
assennato.
13. Quei tuoi custodi, o Agni, che avendo visto (Dirghatamas), figlio di
Mamata,7 cieco, lo salvarono dal pericolo - (con essi) ha salvato Visvavedas [ Agni
'che possiede tutte le ricchezze, o, tutti i saperi'] gli autori di opere buone. I
furfanti volevano ingannare, ma non hanno ingannato.
14. Noi tuoi compagni d'avere, da te protetti, che possiamo sotto la tua guida
ottenere guadagni. Entrambe le lodi8 condisci [ rendi efficaci ], o verace; f�
(questo) immediatamente, o senza paura.
15. Con questa legna ti abbiamo da adorare, o Agni; accetta l'inno di lode che
ti � recitato. Gli stregoni, che ci maledicono, brucia; proteggici dall'insidia,
dal biasimo, dall'ignominia, o tu dall'amica grandezza.
18.
(Nascita ed infanzia prodigiosa di Indra)1
[ la Madre di Indra: ]
1. "Quest'� la via sperimentata, antica, donde nacquero tutti gli dei. Di qui
anch'egli, che � gi� maturo, deve nascere. Non faccia in quel modo perire la
madre".
[ Indra: ]
2. "Non voglio uscir per di qua, quest'� un passaggio difficile; voglio
passare di traverso, per il fianco. Molte cose non ancora fatte debbo fare, con
questo voglio combattere, non quello discutere".
[ Il narratore: ]
3. La madre che se ne andava egli guard�: "non voglio non seguirla, ma la
voglio seguire". Nella casa di Tvastar bevve il soma, che valeva cento (vacche),
(bevve) dello spremuto nelle nulle camu.5
[ Qualcuno domanda: ]
4. "Perch� essa vuole segregare6 (lui), che mille mesi ha portato e molti
autunni? Eppure non c'� chi possa misurarsi con lui tra i nati n� tra i nascituri".
24.
A Indra
1. Quale bella lode avr� il potere di volgere verso di noi il figlio della
forza, Indra, a farci doni? Poich� l'eroe � donatore di beni al cantore; egli �
guardiano dei nostri proventi, o uomini.
2. Lui bisogna chiamare nella battaglia, lui adorare, quest'Indra, (se) ben
lodato, fa veri doni. Il liberale nel suo viaggio1 concede sicurezza al mortale che
prega, che offre soma.
3. Lui chiamano da opposte parti i guerrieri nella battaglia, avendo esposto
i propri corpi lo hanno fatto loro salvatore, quando i guerrieri di ambo i partiti
son venuti a gettare (la vita) a vicenda nel far conquiste per il figlio e il
nipote.
4. I popoli mettono tutta la loro capacit� nell'impresa, o possente, a vicenda
incitandosi nella conquista dell'acqua.2 Quando le trib� bellicose si volsero una
contro l'altra, allora nella mischia desiderano Indra gli uni,
5. allora gli altri onorano col sacrificio la forza di Indra; allora la pakti
si lasci indietro il purolas,3 allora il soma distingua quelli che lo spremono (da
quelli che non lo spremono); allora hanno4 trovato piacere a far sacrificio al toro
[ Indra ].
6. (Indra) Procura sicurezza a colui che a Indra, che appunto lo desidera,
spreme il soma; con tutto il suo animo, con contro voglia, lo fa, nelle battaglie,
suo amico.
7. Chi oggi spremer� per Indra il soma, cuocer� la paakti, arrostir� le dhana:
in costui Indra, aggradendo gli inni del poeta, infonder� taurino vigore.
8.5 Quando il violento esaminava la battaglia, quando osservava la lunga lotta
del rivale, grid� la moglie verso il toro, il quale in casa era stimolato dagli
spremitori del soma.
[ Indra: ]
9. "Per cosa di maggiore valore6 egli offr� un prezzo inferiore. Sono stato
contento di ritornare (a casa) invenduto. Egli non super� con una maggiore
l'(offerta) inferire. Gli spiriti meschini smungono del tutto la canna (?)".7
[ Il poeta Vamadeva: ]
10. "Chi compra questo mio Indra per dieci vacche da latte? Quando avr� ucciso
i nemici, allora me lo ridar�".
11.8 Ora (che sei) lodato, o cindra, e cantato, fa per il cantore gonfiare
come fiumi l'alimento. Una nuova preghiera fu composta per te, o signore dei bai.
Che noi possiamo per il nostro inno essere sempre vittoriosi conduttori di carro.
27.
Lode
dell'aquila
[Aquila: ]
1. "Quando ero ancora nell'utero io conobbi tutte le schiatte di questi dei.
Cento cittadelle di bronzo mi custodivano, allora io aquila volai fuori
velocemente".
[ Soma: ]
2. "Non mi ha portato via facilmente, (ma) � stata superiore in forza (e) in
bravura. La generosa1 lasci� indietro le demoni malevole e con tutta la sua possa
attravers� i venti".
[ Il narratore: ]
3. Quando l'aquila dal cielo verso il basso stridette, o quando di l� (i venti
[ o: gli dei ]) trasportarono la generosa, quando tir� contro di essa e fece
scattare la corda dell'arco l'arcere Krsanu2 eccitato nell'animo,
4. (allora), come un (bene) piacevole dalla regione di Indra,3 l'aquila veloce
port� quello [ il soma ] gi� dall'alta volta celeste, (allora) vol� frammezzo (il
cielo e la terra) una penna alata di essa, dell'uccello lanciatosi nel suo cammino.
5. La bianca tazza, unta con (il latte de) le vacche, il lucido succo
ringonfiantesi, il primo sorso del dolce liquore offerto dagli adhvaryu prenda il
liberale Indra per bere a fine di ebbrezza, prenda l'eroe per bere a fine di
ebbrezza.
42.
[ Varuna: ]
1. "La sovranit� � doppiamente (?) mia, (di me) principe che governo ogni
vita, (cos�) come tutti gli dei (sono nostri. Il volere di Varuna seguono gli dei.
Io regno sul popolo della copertura pi� alta".2
2. "Io Varuna sono re. Per me si mantennero fermi questi primi poteri di
asura. Il volere di Varuna seguono gli dei. Io regno sul popolo della copertura pi�
alta".
3. "Io Varuna sono Indra. Nella mia grandezza questi due vasti profondi spazi
ben costruiti, il cielo e la terra, produssi e mantenni, come l'abile Tvastar tutti
gli esseri".
4. "Io feci gonfiare le acque irriganti. Nella sede dell'Ordine3 sostenni il
cielo. Secondo l'Ordine il figlio di Aditi osservatore dell'ordine distese
triplice4 la terra".
[ Indra: ]
5. "Me i prodi dai buoni cavalli, quando vanno a far bottino, me, quando sono
circondati nella battaglia, invocano. Promuovo l'agone io Indra liberale. Sollevo
la polvere con la mia forza soverchiante".
6. "Io feci tutte queste cose. Nessuna forza divina trattiene me
irresistibile. Quando i soma, quando gli inni mi inebriarono, (allora) entrambi i
due spazi infiniti hanno avuto paura".
[ Varuna: ]
7. "Tutti gli esseri questo sanno di te. Queste cose tu le annunci a Varuna, o
sapiente. Tu sei famoso come uccisore dei vrtra [ nemici ]; tu facesti scorrere, o
Indra, i fiumi rinserrati".
[ Il Poeta:]
8. I nostri padri qui erano i sette savi quando Daurgaha5 era legato. Essi per
lei ottennero mediante sacrificio Trasadasyu, un superatore di vrtra [ nemici ]
come Indra, un semidio.
9. Purukutsani infatti voi due regal� di offerte e di omaggi, o Indra e
Varuna. E perci� a lei avete dato il re Trasadasyu, uccisore di Vrtra, un semidio.
10. Che noi possiamo, dopo essercerla guadagnata, inebriarci della ricchezza;
gli dei (s'inebrino) dell'offerta, i buoi del pascolo. O Indra e Varuna, voi
concedeteci tutti i giorni la vacca da latte che non recalcitra.
57.
57.1
1.
32.
46.
Pratiksatra Atreya
A tutti gli dei
58.
1. O guardiani dell'Ordine, voi salite sul carro nel sommo del cielo, o dai
veraci statuti. Chi, o Mitra e Varuna, voi qui proteggete, per lui la pioggia,
dolce cosa, scende gonfia dal cielo.
2. Da sovrani quest'universo voi governate, o Mitra e Varuna, nell'adunanza
(sacrificale), simili a sole. La pioggia, vostro dono, l'immortalit� domandiamo. I
tornanti [Maruti]1 percorrono terra e cielo.
3. I due sovrani, i possenti, i tori, Mitra e Varuna, sono attivi signori del
cielo e della terra. Con le nubi scintillanti vi appressate al grido.2 Fate piovere
il cielo mediante la magia dell'asura.3
4. La vostra magia, o Mitra e Varuna, � stabilita nel cielo: il sole cammina,
luce, scintillante arma; voi con la nube, con la pioggia lo nascondete nel cielo. O
Parjanya, le dolci gocce sono in moto.
5. I Maruti attaccarono l'agevole carro per far pompa, come un eroe nelle
razzie di buoi, o Mitra e Varuna. I tonanti percorrono gli spazi scintillanti;
bagnateci, o sovrani, con il latte del cielo.
6. O Mitra e Varuna, Parjanya parla la sua parola ristoratrice, scintillante,
veemente. I Maruti si rivestirono di nubi mediante la loro magia. Fate piovere il
cielo, rosso, senza macchia.
7. Per vostro statuto, o Mitra e Varuna, o conoscitori degli inni, voi
custodite le leggi mediante la magia dell'asura. Con l'Ordine voi reggete tutto il
mondo. Nel cielo collocate il sole, scintillante carro.
77.
Atri Bhauma
Agli Asvini
81.
Syavasva Atreya
A Savitar
83.1
Atri Bhauma A
Parjanya
84.
1. In verit� porti il peso2 dei monti, o Terra, tu che nella tua potenza, o
ricca di corsi d'acqua, ravvivi il suolo, o potente.
2. Gli inni di lode, o tu che d'ogni parte ti distendi, lodano con i (loro)
splendori te, che mandi avanti la (pioggia [ o: la nube ]) rigonfiantesi, come un
bottino stimolante, o biancolucente,3
3. che salda sostieni con la tua forza gli alberi sul suolo, quando (scendono)
le folgori della tua nube (e) piovono le piogge del cielo.
85.
Atri Bhauma A
Varuna
7.
28.
A Indra e alle
vacche1
39.
A Indra (e a
Soma)1
26. O Signore del bosco [ albero =carro ], tu, che hai invero salde membra,
sii nostro amico, vincitore, portatore di eroi. Sei tenuto insieme da corregge di
pelle bovina: sii saldo, possa chi ti monta vincere il vincibile.
27. La sua forza fu presa al cielo e alla terra, la sua possanza fu estratta
dai signori del bosco [ alberi ]: sacrifica con oblazioni al Carro, vigore delle
acque, coperto con corregge di pelle bovine, folgore di Indra.
28. Folgore di Indra, volto dei maruti, germe di Mitra, ombelico di Varuna:
gradendo questo (nostro) dono di oblazioni, o Dio Carro, accetta le oblazioni.
29. F� riecheggiare la terra e il cielo; in molti luoghi ti intenda il vasto
mondo. Tu, o Tamburo, unito con Indra e con gli dei caccia i nemici pi� lontano del
lontano.
30. Risuona gagliardia, metti forza in noi. Tuona cacciando i pericoli. Soffia
via di qui, o Tamburo, le avversit�. Tu sei il pugno di Indra: sii saldo.
31. Quelle (vacche)1 conduci qua, fa ritornare queste. Come un segnale il
Tamburo rimbomba. I nostri bravi, che hanno per ali i cavalli, s'avanzino insieme:
i nostri guerrieri sul carro, o Indra, vincano.
53.
A Pusan
1. Noi te, o signor della strada, come un carro per la conquista del bottino,
attaccammo, o Pusan, per il nostro inno.1
2. Guidaci a una nobile ricchezza, ad un eroe che elargisce l'onorario a un
amabile padron di casa.
3. Anche chi non vuol dare, o ardente Pusan, stimola a dare. Intenerisci
l'animo anche dell'avaro [ pani ].
4. Sgombra le strade alla conquista del bottino, caccia via i nemici. Sieno
soddisfatte, o possenti, le nostre preghiere.
5. Fora col punteruolo i cuori degli avari, o savio, ed assoggettali a noi.
6. O Pusan, colpisci col punteruolo, cerca ci� che � caro al cuore dell'avaro
ed assoggettalo a noi.
7. Incidi, infrangi i cuori degli avari, o savio, ed assoggettali a noi.
8. Con quel punteruolo, stimolatore della preghiera,2 che tu porti, o ardente
Pusan, con esso incidi, infrangi il cuore d'ognuno.
9. Di quel tuo bastone che � fornito di un ciuffo di strisce di pelle bovina,
che guida il bestiame, la benevolenza di esso non supplichiamo.
10. E f� la nostra preghiera guadagnatrice di buoi e di cavalli e di
ricompense perch� ne godiamo come s'addice a uomini.3
58.
A Pusan
61.
Alla
Sarasvati
64.
All'Aurora
[ Usas ]
1. Per far pompa le luminose aurore salirono, scintillanti come le onde delle
acque. (l'Aurora) fa tutte le vie agevoli, le vie ben percorribili. La liberale �
divenuta un buon compenso.1
2. Fausta ti sei mostrata, ampiamente risplendi; la tua luce, i tuoi raggi su
al cielo volarono. Discopri il seno facendoti bella, o dea Aurora, luminosa nelle
tue magnificenze.
3. Rossi tori lucenti trasportano la fortunata, che si diffonde ampiamente per
essa caccia via (la tenebra), come un eroe arcere i nemici, respinge la tenebra
come un agile cavallo da tiro.2
4. Vie ben percorribili, vie agevoli sono a te sui monti; senza venti3
attraversi le acque, o di per te radiosa. Tu (che sei) tale, o dal largo cammino,
o eccelsa, a noi porta ricchezza, o figlia del Cielo, per nutrici.
4. Vie ben percorribili, vie agevoli sono a te sui monti; senza venti
attraversi le acque, o di per te radiosa. Tu (che sei) tale, o dal largo cammino, o
eccelsa, a noi porta ricchezza, o figlia del Cielo, per nutrirci.
5. Porta(la) tu, che con i tuoi tori invincibile, o Aurora, porti il bene
secondo il desiderio. Tu, o figlia del Cielo, che sei dea, nel primo invito (al
sacrificio) ti sei fatta vedere con la tua generosit�.
6. Anche gli uccelli sono volati su dal loro nido, e gli uomini che si
guadagnano il vitto (sono usciti dalla loro dimora) al tuo risplendere. A chi
resta in casa tu porti, o Dea Aurora, molteplice bene, al mortale che offre.
66.
Ai Maruti
1. Oggetto di meraviglia anche per l'intelligente deve essere ci� che prende
il comune nome di 'vacca' [ duenu].1 Tra i mortali l'altro [ ente = la vacca ] si �
inturgidito per dare il latte; Prsni una sola volta ha munto la sua chiarolucente
mammella.
2. Come fuochi accesi risplendettero, quando diventarono grandi due volte e
tre i Maruti: i loro) carri) senza polvere, aurei si accompagnarono con le bravure
e le prodezze.
3. I quali (Maruti) sono figli di Rudra generoso, i quali la mdre fu capace di
portare (nel suo seno). Questa madre � infatti riconosciuta grandemente grande,
questa Prsni pose il feto2 per il forte (Rudra).
4. I quali non recedono dal nascere per questa via,3 essi che mentre erano
ancor dentro si purgarono da (tutti) i motivi di biasimo.4 Quando i risplendenti
poppano a lor piacere, cospargono di bellezza il loro corpo.
5. Essi, tra i quali presto non (fu pi� in grado) di dar latte la (madre)
instancabile, assunsero l'ardito come di Maruti; essi, che non stanno mai fermi
(?),5 instancabili nella loro grandezza, non li respinga mai, i possenti, il
generoso (sacrificatore).
6. Sessi possenti nel loro vigore, aventi ardite schiere, unirono entrambi il
cielo e la terra [ rodasi ] ben costrutti. Allora Rodasi, di per s� splendente,
sal� come una luce6 tra gli impetuosi.
7. Senza daini (e) senza cavalli, o Maruti, sia il vostro viaggio, che nessun
auriga fa procedere, senza fermate, senza redini, attraversante l'atmosfera; esso
va per il cielo e la terra percorrendo le vie.
8. Non v'� chi faccia volgere indietro, n� chi superi colui, o Maruti, che vi
proteggete nella conquista del bottino; chi (voi proteggete) nel figlio, nei buoi,
nel nipote, nelle acque, egli � quello che infrange la stalla nel momento decisivo
del giorno.
9. Porgete un fulgido inno alla (schiera) cantatrice, veloce, di per s�
robusta dei maruti, i quali le forze con la forza forzano. La terra trema, o Agni,
davanti ai guerrieri.
10. Scintillanti come la fiamma del sacrificio, moventisi avidamente come i
cucchiai (sacrificali) di Agni,7 conclamanti come eroi rumorosi, i Maruti dallo
sfavillante nascimento sono incontrastabili.
11. Attiro col mio invito questa ingagliardentesi figliolanza di Rudra, i
Maruti, dalle sfavillanti lance. Per la schiera del cielo i brillanti inni hanno
gareggiato, come monti (e) acque possenti.8
Settimo ciclo
Vasistha Maitravaruni Ad
Agni
1. Agni vostro1 iddio insieme con gli agni [ i fuochi ] fate messaggero nel
sacrificio, lui il miglior sacrificante; il quale tra gli uomini si � stabilito,
osservatore dell'Ordine, dal capo ardente, cibantesi di burro strutto,
purificatore.
2. Sbuffava, come un cavallo bramoso di pastura, quando eruppe dal grande
ricettacolo. Il vento spira secondando la fiamma di lui. E tosto nero � il tuo
cammino.
3. S'innalzano, o Agni, le tue (fiamme) accese, mai invecchianti, di te toro
appena nato. Verso il cielo va il fumo rossastro; tu vai infatti, o Agni,
messaggero degli dei.
4. La tua vampa si diffuse sulla terra, quando avidamente avvilupp� i cibi coi
denti. Come una schiera lanciata avanti, procede il tuo laccio. Tu distruggi, o
portentoso, (i cibi) come orzo con il tuo cucchiaio [ con la tua fiamma ].
5. Al crepuscolo, all'aurora il giovanissimo Agni come un corsiero governarono
gli uomini, sollecitando [ attizzando ] l'ospite nella sua sede: ha risplenduto la
fiamma del toro cosparso di oblazioni.
6. O bello di volto, bello � il tuo aspetto, quando come oro dappresso riluci.
Come tuono del cielo vien fuori la sua forza, come il sole luminoso fai risplendere
la tua luce.
7. Che alla vostra (esclamazione) svaha2 noi offriamo a Agni alimenti ed
offerte accompagnate da burro strutto. Mediante, o Agni, quelle tue
incommensurabili potenze proteggici con centro bronzee cittadelle.
8. O (con le cittadelle) inattaccabili che tu hai per l'offertore o (con
quelle) mediante le quali assicuri la libert� alle preghiere degli uomini prodi,
con queste, o figlio della forza, custodisci noi, patroni e cantori, o Jatavedas.
9. Quando lucido come ascia forbita � uscito fuori [ dai due legni ], in se
stesso splendente per la sua bellezza, egli, che desiderato nacque dalle sue madri
per sacrificare agli dei, capacissimo, purificatore,
19. queste fortune, o Agni, o noi irraggia;3 che noi otteniamo un giudizioso
intelletto. Tutte (le fortune) sieno ai cantori e al (tuo lodatore. Voi (o dei)
proteggeteci sempre con i benesseri.4
41.
A
Bhaga
46.
A
Rudra
1. Questi inni offrite a Rudra, che ha saldo l'arco e veloci le frecce, al Dio
signore di s�, all'invicibile, al vincente, all'esperto, che ha l'arma appuntita.
Che egli ci ascolti.
2. Egli infatti, merc� la sua (alta) dimora, (sorveglia) la schiatta terrena,
nella sua qualit� di sovrano universale la (schiatta) celeste. Favorevole vieni
alle nostre porte (a te) favorevoli [ bene accoglienti ]; senza malattie sii, o
Rudra, tra i nostri figli.
3. Quella tua freccia, che, lanciata gi� dal cielo, gira sulla terra, ci
eviti. Mille, o molto desiderato (?), sono i tuoi farmachi; non ci ledere nei figli
e nei nipoti.
4. Non ucciderci, o Rudra, non tradirci. Che non capitiamo nel laccio di te
irato. Lasciaci aver posto sul barhis (e) nel discorso dei viventi.1 Voi, o dei ,
proteggetici sempre con i benesseri.
54 .
61.
A Mitra e
Varuna
1. In alto sale, o (Mitra e) Varuna, l'occhio dalla bella apparenza di voi due
dei, il sole dispiegante la sua luce. Egli, che guarda tutti gli esseri, ha scorto
il sentimento (che c'�) tra gli uomini.
2. Questo prete osservante dell'Ordine, o mitra e Varuna, lungi- conosciuto,
manda a voi i suoi inni: favorite le sue preghiere, o molto capaci, acciocch�
riempiate come di capacit� i suoi autunni.
3. Dalla vastit� della terra, o Mitra e Varuna, dal cielo alto e grande, o
generosi donatori, voi avete disposto nelle piante e nelle abitazioni le vostre
spie, che s'aggirano separatamente, voi che vigilate senza battere occhio.
4. Celebra lo statuto di Mitra e Varuna, la loro potenza urge per la sua
grandezza sul cielo e sulla terra. Passino senza (portar) figli i mesi degli uomini
che non fanno sacrificio; chi pensa al sacrificio, allarghi la sua cerchia.
5. Tutte accorte,1 o tori, sono queste vostre (druh), nelle quali n� segno
appariscente si � reso visibile, n� forma portentosa; le Druh tengono dietro alle
malvagit� degli uomini; non ci furono per voi misteri che non abbiate conosciuto.
6. Che io esalti il vostro sacrificio con i miei omaggi. Insistentemente vi
invito, o Mitra e Varuna. Nuovi inni a voi (sono mandati) per cantarvi; queste
preghiere (da me) composte vi tornino gradite.
7. Questo (mio) compito di prete, o dei, fu assolto nei sacrifici per voi, o
Mitra e fateci passare al di l� di tutti i pericoli. Voi, (o dei), proteggeteci
sempre con i benesseri.
63.
Al Sole
[ Surya ]
71.
Agli Asvini
77.
All'Aurora [
Usas ]
86.
A Varuna
88.
A
Varuna
100.
A Visnu
103.
Alle rane
Questo curioso inno � stato ritenuto una specie di satira contro i preti, con
i quali vengono paragonate le rane, che cominciano a gracidare con l'iniziarsi
della stagione delle piogge, dopo un lungo silenzio; ci fu anzi chi (GK) ,
basandosi sull'ultimo pada del v. 10, che � verbalmente eguale all'ultimo del v. 7
di III 53 (inno di un Visvamitra), e che pu� sembrare essere stato preso di qui
maliziosamente, ha creduto il nostro inno diretto contro i Visvamitra. E` per�
difficile che l'inno sia una satira. Nell'India le rane sono gli animali
annunciatori della stagione delle pioggie e come tali non sono oggetto di scherzo,
ma di venerazione (vedi HL, 105). La rana, che � immaginata come fornita di potere
magico sulla pioggia, � il simbolo di questa. Il presente � per ci� pi� che altro
un inno magico inteso ad ottenere pioggia.1
104.
14.
1. Se io, o Indra, fossi, come te, unico padrone delle ricchezze, il mio
inneggiatore avrebbe vacche per compagni [possederebbe vacche ].
2. Farei il possibile per lui, vorrei far doni, o signore della forza
[ saci ],1 al poeta, se io fossi padrone di vacche.
3. Vacca da latte � la tua generosit�, o Indra, per il sacrificatore che
spreme il soma; essa, ben turgida, d� bue e cavallo. -
4. N� Dio n� uomo, o Indra, impedisce il tuo donare, quando tu, (da noi)
lodato, vuoi fare un regale.
5. Il sacrificio corrobor� Indra, quando egli srotol� la terra facendosi il
ciuffo nel cielo.
6. Di te, che, dopo che ti sei corroborato, hai guadagnato tutti i bottini,
l'aiuto (di te) noi, o Indra, scegliamo. -
7. L'atmosfera allarg�, gli spazi lucenti nell'ebbrezza del soma, quando
Indra infranse Vala.
8. Spinse fuori le vacche per gli Angiras, portando all'aperto esse che erano
nascoste. Egli ha rovesciato verso questa parte [ in gi� ] Vala.
9. Da Indra i luminosi spazi del cielo furono consolidati e rafforzati, saldi
da non essere abbattuti. -
10. Come vivace onda delle acque agilmente si muove il nostro canto. Per te
scintill� il liquore inebriante.
11. Tu invero, o Indra, sei colui che d� forza ai canti, che d� forza agli
inni e fa la fortuna dei cantori.
12. I due bai dalla (grande) criniera conducano Indra a bere il soma, al
nostro sacrificio il ricco di doni. -
13. Con la spuma delle acque, o Indra, torcesti via la testa di Namuci,2
quando vincesti tutti i nemici.
14. Con arti magiche, o Indra, volevano arrampicarsi su, volevano salire al
cielo:3 li scrollasti gi� i dasyu.
15. L'accolta dei non spremitori, o Indra, hai da ogni parte disperso, (quale)
bevitor di soma riuscendo superiore.
47.
48.
Pragatha Kanva
A Soma
1. Assai assennato, io gustai del dolce alimento, che suscita buoni pensieri,
ottimo ritrovatore della serenit�; intorno al quale tutti gli dei e i mortali
convengono, chiamandolo 'miele'.
2. E dentro (di me) sei penetrato: Aditi divieni,1 stornatore della collera
divina. O Indu ['Goccia'], che ti compiaci dell'amicizia di Indra, come
obbediente (cavalla) adattati al timone del carro2 per (procurarci) ricchezza.
3. Bevemmo il soma, divenimmo immortali, arrivammo alla luce, trovammo gli
dei. Che ci pu� fare ora l'inimicizia, che la malvagit� del mortale, o immortale?
4. Salute divieni nel nostro cuore, (ora che sei) bevuto, o Indu; sii benigno,
o Soma, come padre al figlio, come amico all'amico tu che sei savio, o ampiamente
celebrato; allunga la nostra et�, o Soma, affinch� viviamo.
5. Queste (gocce) bevute, gloriose e liberatrici, mi hanno tenuto insieme
nelle giunture, come corregge di pelle bovina (tengono insieme) un carro. Queste
gocce mi preservino dalla rottura della gamba e mi tengano lontano dalla slogatura.
65.
75.
Virupa Angirasa Ad
Agni
1. Aggioga i cavalli che meglio invitano gli dei, o Agni, come un auriga.
Collocati qui tu primo hotar.
2. E presso di noi, o Dio, chiama gli dei tu che meglio sai. Garantiscici
tutti i beni desiderabili.
3. Poich� tu, o giovanissimo, o figlio della forza, o cosparso di oblazione,
divenisti osservatore dell'Ordine, degno di sacrificio. -
4. Questo Agni � signore di bottino millecuplo, centecuplo; il savio � il
vertice delle ricchezze.
5. Come gli artefici [ rebhavah ] (piegano) il cerchio della ruota, lui [ Agni
] piega [ attira ] con i comuni inviti pi� vicino al sacrificio, o Angiras.
6. A lui che tende al cielo ora con voce ininterrotta, o Virupa, innalza un
inno, al toro. -
7. Con la schiera (delle fiamme) di lui, di Agni che vede da tergo, qual
dunque pani1 abbatteremo nella lotta i i buoi?
8. Le trib� degli dei non ci lascino, come vacche che si stanno bagnando,2
come vacche (lasciano) il (toro) estenuato.
9. Non ci colpisca l'angheria d'un qualche male intenzionato odiatore, come
onda la nave. -
10. Onore alla tua forza, o Agni, cantano i popoli, o Dio. Annienta con i tuoi
assalti il nemico.
11. Non ci hai tu, o Agni, da fornire ricchezza per la conquista dei buoi? O
fattor di larghezza, larghezza f� per noi.
12. In questa grande battaglia non abbandonarci, come uno che porta in carico
(abbandona il suo carico). Insieme afferrandola guadagna la ricchezza.
13. Un altro da noi questo malanno perseguiti per (fargli) paura. Accresci la
nostra forza impetuosa.
14. Di chi riverente ed indefesso l'opera sacrificale grad�, lui Agni
favorisce con la prosperit�.
15. Da una lontana regione passa a questi qui vicini; favorisci coloro tra i
quali io sono. -
16. Noi infatti conoscemmo, o Agni, nel passato il tuo favore, come di un
padre; perci� la tua benevolenza supplichiamo.
91.
Apala Atreyi
A Indra
3.
Sunahsepa Ajigarti
1. Questo Dio immortale vola come un alato a posarsi nei recipienti drona.1
2. Questo Dio, preparato con l'inno, corre oltre gli ostacoli (del filtro)
mentre si purifica [ pavamana ], inviolabile.
3. Questo Dio, che si purifica, dagli inneggiatori che osservano l'Ordine, �,
baio (cavallo), deterso2 per la conquista.
4. Questo, come un eroe che viene con i prodi, vuole, purificandosi,
guadagnare tutti i beni desiderabili.
5. Questo, come un eroe che viene con i prodi, vuole, purificandosi,
guadagnare tutti i beni desiderabili.
6. Questo Dio, lodato dai preti, si tuffa nell'acqua, concedendo tesori a chi
offre sacrificio.
7.3 Questo corre attraverso il cielo, per gli spazi, in un getto, mugghiando
mentre si purifica.
8. Questo flu� attraverso il cielo, per gli spazi, incontrastato, ottimo
compitore di sacrifici quando si purifica.
9. Questo Dio spremuto, conforme all'antico suo nascimento, per gli dei,
giallo fluisce nel filtro.
10. Questo con molti compiti generato, alimenti generante, (ora che � stato)
spremuto in un getto si purifica.
72.
Harimanta Angirasa
108.
Gauriviti Saktya (- 2), Sakti Vasistha (3, 14 - 16), Uru Angirasa (4, 5), Rijisvan
Bharadvaja (6, 7), Urdhvasadman Angirasa (8, 9), Krtayasas Angirasa (10, 11) ,
Rnamcaya (12, 13).
112.
Sisu Angirasa
113.1
Kasvpa Marica
10.
14.
Yama Vaivasvata A
Yama
1. Lui che se ne � andato lungo i grandi declivi,4 che per molti ha scoperto
la via, il figlio di Vivasvant, l'adunatore dei popoli, Yama re, onora con
l'offerta.
2. Yama a noi ha trovato per primo il cammino (per l'al di l�); non pu�
esserci portato via questo pascolo. Per dove i nostri antichi padri se ne sono
andati; per di l� (se ne sono andati) i nati (dopo), (ciascuno) per le sue vie.5
3. Matali6 con i Kavya,7 Yama con gli Angiras, Brhaspati che prende vigore
con i Rkvan, (quelli) al i quali hanno dato vigore agli dei8 e quelli che hanno
dato vigore agli dei; gioiscono gli uni del grido svaha, gli altri dell'offerta
funebre (svadha).
4. Su questo strato (d'erba) assiditi, o Yama, trovandoti insieme con gli
Angiras, con i padri. Qua te conducano le formule [ mantra] recitate dai savi. Godi
di quest'offerta, o re.
5. Con gli Angiras degni di sacrificio, o Yama, coi figli di Virupa qui godi.
Io invito Vivasvant, che � tuo padre, (o godere) in questo sacrificio sedendo sul
barhis.
6. Gli Angiras, padri nostri, i Navagva, gli Atharvan, i Bhrgu,9 amanti del
soma: nella benevolenza di questi degni di sacrificio, nella lor fausta benignit�
possiamo noi essere.
7. [ Al morto: ] Avanzati, avanzati per le antiche vie, per dove i nostri
antichi padri se ne sono andati. Vedrai Yama e il Dio Varuna, entrambi i re che
gioiscono a lor voglia.10
8. Unisciti coi padri, con Yama, con ci� che hai offerto e donato,11 nel cielo
supremo. Avendo lasciato ogni difetto, v� di nuovo a casa;12 unisciti, pieno di
splendore col (nuovo) corpo.
9. [ Ai demoni: ] Andatevene, allontanatevi, strisciate via. A costui i padri
hanno preparato quel luogo; Yama gli d� un sito di riposo distinto per giorni,
acque, notti.
10. [ Al morto: ] Corri per la via dritta al di l� dei due cani figli di
Sarama, dai quattro occhi, maculati. E v� dai padri, buoni donatori, che godono di
comune banchetto con Yama.
11. [ A Yama: ] A quei tuoi due cani, o Yama, guardiani, dai quattro occhi,
custodi della via, che osservan gli uomini, affida costui, o re Yama; a lui concedi
benessere e sanit�.
12. [ Ai vivi: ] I due (cani) dal largo naso, che si pascono dell'(altrui)
spirito vitale bruni (?), messaggeri di Yama, s'aggirano tra gli uomini. Qui oggi
essi restituiscano a noi il (nostro) fortunato spirito vitale, affinch� vediamo il
sole.
13. [ Ai preti: ] A Yama spremete il soma, a Yama versate la libazione. Il
sacrificio, che ha per messaggero Agni, va, ben preparato, a Yama.
14. A Yama versate la libazione ricca di burro strutto ed avanzatevi. Egli ci
accordi lunga vita tra gli dei,13 affinch� viviamo.
15. Al re Yama versate la libazione dolcissima. Quest'omaggio sia ai veggenti
nati in antico, agli antichi preparatori della vita.
16. Con i tre recipienti kadruka vola per le sei vaste (regioni del cielo)
l'unico grande (brhat); la tristubh, la gayatri, i metri, tutti sono posti in
Yama.14
15.
Sankha Yamayana
Ai Padri
1. Si alzino gli inferi, i superi, i Padri mediani, amanti del soma. Essi che
hanno raggiunto la (nauva) vita,1 inoffensivi, conoscitori dell'Ordine, ci
favoriscano i Padri nei nostri inviti.
2. Questo omaggio sia oggi ai padri, (a quelli) che per primi e che per ultimi
se ne sono andati, (a quelli) che hanno stanza nella regione terrestre o che ora
sono fra le trib� ben recinte.2
3. Ho trovato i Padri, buoni donatoli, e il nipote3 e il (supremo) passo di
Visnu. Essi, che, assidendosi sul barhis, han da godere a lor voglia4 della bevanda
spremuta, vengono qua nel modo migliore.
4. O Padri che vi sedete sul barhis, a questa parte (volgetevi) col vostro
favore. Vi abbiamo preparato queste offerte, gustatele. Venite qua con la vostra
assai benefica protezione e a noi concedete salute e felicit� senza malanno.
5. I Padri amanti del soma sono stati invitati alle care imbandigioni che
stanno sul barhis. Vengano qua essi, qui ci ascoltino essi, ci difendano, ci
soccorrano essi.
6. Piegando le ginocchia, assidendovi a sud, approvate tutti questo
sacrificio. Non fateci male in nessun modo, o Padri, se contro di voi, per causa
della nostra umana natura, noi possiamo commettere qualche colpa.
7. Voi che sedete nel seno delle rosee (aurore), concedete ricchezza al
mortale che offre sacrifici. Di questo bene accordate al i vostri figli, o Padri;
qui (in noi) ponete forza.
8. Quei nostri antichi Padri amanti del soma, i Vasistha, che furono ritenuti
degni della bevuta del soma: con essi dividendole Yama mangi a piacer suo le
offerte, egli desideroso con essi desiderosi.
9. Quelli che presso gli dei hanno avuto sete, spasimando, i conoscitori
dell'offerta, i celebrati (?)5 con i canti: con (questi) buoni donatori qua vieni,
o Agni, con i veraci savi, con i Padri, che siedono presso il latte bollito
[ gharma ].6
10. Quelli che sono veraci, che mangiano l'offerta, che bevono l'offerta, che
si mettono sullo stesso carro con Indra e con gli dei; con (questi) mille adoratori
degli dei qua vieni, o Agni, con i remoti antichi padri, che siedono presso il
latte bollito.
11. O Padri consumati dal fuoco, venite qua, sedete ciascuno al suo seggio, o
buone guide. Mangiate le offerte portevi sul barhis e concedeteci ricchezze insieme
con un numero completo di figli.
12.7 Tu, o Agni Jatavedas, (a ci� da noi) supplicato, hai trasportato le
offerte dopo averle rese beneodoranti. Le hai date ai padri; essi se ne cibarono a
lor voglia. Mangia (anche) tu, o Dio, le offerte presentate.
13. I Padri che sono qui e quelli che non sono qui, e quelli che abbiamo
conosciuto e quelli che non abbiamo conosciuto, tu conosci quanti essi sono, o
Jatavedas. Gusta secondo le tue voglie il sacrificio ben preparato.
14. Quelli che bruciati dal fuoco e quelli che non bruciati dal fuoco a lor
voglia gioiscono nel mezzo del cielo: insieme con questi, (come sovrano
indipendente, tu (o Ahi) appresta quest'accompagnamento dello spirito (del morto
nell'al di l�) e un corpo,8 conforme la tua volont�.
18.
Samkusuka
(Inno
funerario)
1.1 O Morte, vattene via per un'altra strada, quella che ti � propria,
diversa dal cammino degli dei. A te che hai occhi e che odi io dico: non nuocere
alla nostra progenie n� ai nostri maschi.
2.2 Quando voi venite, cancellano l'impronta della morte, pi� lunga protraendo
la vostra vita, fiorenti prole e di ricchezza, siate puri e mondi, o voi degni di
(partecipare) al sacrificio.
3. Questi vivi si sono separati dai morti; fausta � stata oggi per noi
l'invocazione agli dei. Avanti siamo proceduti, verso la danza e lo scherzo, pi�
lunga protraendo la nostra vita.
4. Questa barriera3 io pongo per i vivi. Non raggiunga un altro di costoro una
tale meta. Vivano cento autunni pieni; coprano col monte [ con la pietra ] la
morte.
5. Come i giorni tengon dietro al precedente, come le stagioni si alternano
regolarmente con le stagioni, come il susseguente non lascia il precedente, cos�, o
Creatore, ordina le vite di costoro.
6. Salite la vita, scegliendo la vecchiaia, mettendovi in fila dopo il
precedente, quanti siete. Qui tvastar, dalle belle creazioni, vi faccia, concorde
con voi, una lunga vita, perch� viviate.
7. Queste donne non vedove, aventi un buon marito si adornino con unguento e
con burro strutto. Senza lacrime, senza malattie, con bei gioielli, le donne
salgano per prime il posto.4
8. [ Alla vedova: ] Levati, o donna, al mondo degli avevi. Sei giaciuta
vicino a costui il cui spirito vitale se ne � andato; vieni. Sei entrata nella
condizione di moglie dello sposo5 che ti ha preso la mano e desidera averti.
9. [ Al morto: ] Prendo dallo mano del morto l'arco, di dominio, di splendore,
di potenza per noi. L� tu (sei), qui noi, ricchi di bravi figli; che possiamo
vincere tutte le inimicizie e le insidie.
10.6 Penetra in questa madre terra, nella terra ampiodistesa, assai benigna.
Una giovane morbida come lana essa � per chi ha dato onorari (ai preti; essa ti
protegga dal seno di Nirrti [ della Distruzione ].
11. Inarcati, o Terra, con premer(lo), sii di facile accesso per lui, di buon
ricovero. Come madre il figlio con il lembo della veste, lui ricopri, o Terra.
12. La Terra, inarcatasi, sia ben ferma. Mille pali stieno piantati. Queste
case scorrano burro fuso,7 sieno di riparo a lui tutti i giorni.
13. Per te io puntello la terra sopra di te. Ponendo gi� questa zolla che io
non incontri male.8 Questa colonna sostengano i Padri per te. Qui Yama ti misuri la
dimora.
14. Nel giorno che volge indietro [alla fine ] hanno messo me, come penna di
una freccia. Ho trattenuto la mia parola volgente indietro [ alla fine ], come (si
trattiene) un cavallo con la redine.9
30.
34.
51.
Agni Saaucika (2, 4, 6, 8), gli Dei (1, 3, 5, 7, 9) Agni e gli dei
[ Varuna:2 ]
1. "Grande e solido era quell'involucro, del quale rivestito tu sei entrato
nelle acque. Un solo Dio scorse, o Agni Jatavedas, tutti i tuoi corsi (dispersi) in
molti luoghi".
[ Agni: ]
2. "Chi mi ha visto? Chi � questo Dio che abbracci� con lo sguardo i miei
corpi (dispersi) in molti luoghi quaggi�? Dove dunque, o Mitra e Varuna, giacciono
tutte le legna di Agni, che vanno agli dei?".
[ Varuna: ]
3. "Te cercammo in molti luoghi, o Jatavedas, te entrato, o Agni, nelle acque
e delle piante. Di te si � avveduto Yama, o chiarolucente, (di te) che risplendevi
a una distanza di dieci tappe".
[ Agni ]
4. "Io, o Varuna, fuggii l'ufficio di hotar temendo: 'che non si aggioghino
[impieghino ] in esso gli dei'. Cos� i miei corpi penetrarono in molti luoghi; di
quell'ufficio io Agni non no voluto sapere".
[ Varuna: ]
5. "Vieni qua. L'uomo ama gli dei e desidera sacrificare; mentre egli ha
apprestato (il sacrificio) tu te ne rimani, o Agni, nella tenebra. Rendi facili le
vie che vanno agli dei; porta, divenuto benevolo, le offerte".
[ Agni ]:
6." I fratelli maggiori di Agni hanno compiuto quell'ufficio, come un
conducente (compie) la sua via. Per paura di esso, o Varuna, fuggii lontano; tremai
come un bufalo davanti alla corda dell'arco".
[ Varuna: ]
7. "Noi ti facciamo una vita senza vecchiaia, affinch� tu non abbia, o
Jatavedas, a soffrir danno, quando sei aggiogato; porta tu dunque, divenuto
benevolo, la lor parte d'offerto agli dei, o bennato".
[ Agni: ]
8. Accordatemi come mie esclusive le oblazioni preliminari [prayaja] e le
oblazioni consecutivi [ anuyaja ] e la parte sostanziosa dell'offerta e il burro
fuso tra le acque [ tra i liquidi] e il maschio tra le piante.3 E sia lunga la vita
di Agni, o dei".
[ Varuna ]:
9. "Tue esclusive sieno le oblazioni preliminari e le oblazioni consecutive e
le parti sostanziose dell'offerta. Tuo, o Agni, sia questo sacrificio intero. A te
s'inchinino i quattro punti cardinali".
52.
[ Agni:1 ]
1. "O dei tutti, insegnatemi come e quale cosa io, eletto qui hotar, devo
pensare [ curare ] quando mi assido. Ditemi come (devo portarvi) la vostra parte,
per qual via devo portarvi l'offerta".
2. "Io mi assisi come hotar, come il miglior compitore del sacrificio; mi
sollecitano tutti gli dei, i Maruti. Ogni giorno, o Asvini, (ha luogo) il vostro
ufficio di adhvaryu;2 il prete [brahman],3 la legna c'�, questa � la vostra
libazione".
[ Qualcuno (gli dei? Yama?): ]
3. "questi che � hotar chi �? E` egli (hotar) di Yama? Chi riconosce degno (di
sacrificio) quando gli dei lo ungono (con burro strutto)? E` generato ogni giorno,
ogni mese;4 perci� gli dei lo hanno istituito conduttore dell'offerta".
[ Agni: ]
4. "Gli dei hanno istituito conduttore dell'offerta me, che mi nascosi, che
passai molte pene, (poich� hanno pensato): 'Agni, che sa, per noi compia il
sacrificio dalle cinque vie, triplice, dai sette fili '".5
5. "Io voglio ottenervi mediante il sacrificio immortalit� insieme con bravi
figli, affine di procurarvi, o dei, ampia libert�. Nelle braccia di Indra voglio
mettere la folgore, perci� egli vincer� in tutte queste lotte".
[ Il cantore: ]
6. Trecento, tre mila, trentanove dei, hanno onorato Agni; lo aspersero di
burro fuso, gli distesero il barhis, lo fecero sedere come hotar.
53.
[ Gli dei: ]
1. "Quello che cercammo con ansia � venuto, l'esperto del sacrificio, che ne
conosce il tempo (?). Egli, il miglior compitore del sacrificio, sacrifichi a noi
nel servizio divino; si assida vicino, davanti a noi".
2. "Fu guadagnato il hotar, il miglior compitore del sacrificio, col (farlo)
assidere (al sacrificio); egli infatti guard� gli alimenti ben preparati (e
pens�): 'sacrifichiamo dunque ai degni di sacrificio, gli degli adorandi adoriamo
con burro fuso '".
3. " Egli ci rese oggi profittevole il banchetto divino; ritrovammo la
nascosta lingua dal sacrificio [Agni ]. Egli qua venne rivestito di vitalit�,
profumato. Fausto ci rese oggi l'invito agli dei".
[ Agni: ]
4. "Come prima cosa della mia recitazione io devo oggi escogitare ci�,
mediante cui possiamo superare gli asura noi1 dei. O (dei ) mangiatori di
nutrimenti e degni di sacrificio, o cinque popoli,2 compiacetevi del mio servizio
di hotar".
5. "I cinque popoli si compiacciano del mio servizio di hotar, e gli (dei)
nati dalla vacca3 e i degni di sacrificio. La terra ci protegga dall'angoscia
terrena, l'atmosfera ci protegga dall'(angoscia) celeste".
[ Il cantore:4 ]
6. Distendendo il filo, segui la luce dello spazio (aereo), custodisci le
fulgenti vie fatte dalla preghiera. Senza nodi [errori ] tessete l'opera dei
cantori. Sii Manu: genera il popolo divino.
7. Stringete le (corde) fissate all'asse (del carro), o amanti del soma;
mettete in ordine le redini ed ornatele. Trascinate qua il carro dagli otto sedili,
sul quale gli dei ci portarono quel che ci � caro.
8. La (corrente) sassosa5 scorre; sostenetevi a vicenda, state dritti,
attraversatela, o amici. Lasciamo qui quelli che ci furono sfavorevoli: noi
vogliamo passare a guadagni propizi.
9. Tvastar, il pi� bravo degli artefici, conosceva le magiche arti, quando
port� le assai benefiche tazze di cui bevon gli dei.6 Egli ora affila la scure di
ottime bronzo, con la quale il veloce Brahmanaspati taglier� (i demoni?).
10. Allo stesso modo ora, o savi,7 affilate le asce, con le quali foggiate (le
tazze) per l'ambrosia. Voi che conoscete le segrete impronte, fate, ci�, con cui
gli dei hanno ottenuto l'immortalit�.
11.8 Nel ventre posero la donna, nella bocca il vitello con misterioso
pensiero e con la lingua. Egri tutti i giorni � benevolo verso le opere
(sacrificali). L'inno desideroso di guadagno ottiene la vittoria.
71.
Brhaspati Angirasa Alla Sapienza [ jnana ]
72.
81.
Visvakarman Bhauvana A
Visvakarman
La tendenza - che compare qua e l� nel Rgveda (vedi Introd. � 14) - a vedere
nella pluralit� degli aspetti l'unicit� dell'essenza ha portato naturalmente
all'affermazione che vi � un solo Dio alla ricerca di questo Dio. Con ci� �
strettamente collegata la preoccupazione, che si � gi� vista in x 71 , di trovare
il nesso causale tra Dio ed universo. Quest'ordine di pensieri, con cui si uniscono
e si confondono elementi mitici e ritualistici, trova voce in alcuni inni tra i pi�
recenti. Nei quali l'unico ente appare ora sprovvisto di personalit�, come l'Uno di
x 129, ora provvistone al modo dei vecchi iddii, come il Dio ignoto di x 121 e
quello a cui � dedicato il presente inno, Visvakarman. 'Colui che fa tutte le opere
' oppure 'Colui la cui opera � il tutto': il nome da s� rivela la concezione
astratta che sta a base del Dio. E` notevole che nel verso 1 la creazione viene
raffigurata concretamente come un atto ritualistico: l'opera del Dio � quella di un
sacrificante. Creato il mondo, il Dio entra in esso.
83.
85. Vv. 23 - 47
Nei versi 1-5 si canta Soma celeste, quello che solo i brahmani conoscono
("Uno si crede di bere il soma quando pestano la pianta. Di quel Soma che i
brahmani conoscono non gusta nessuno" v. 3): questo Soma celeste � qui identificato
con la luna (vedi introd. � 33. Nei seguenti vv. 6 - 17 sono riferite le nozze di
Soma (Luna) con Surya (aspetto femminile del sole); sole e luna formano una coppia
inseparabile (18 - 19). A partire dal 20 i versi contengono formule in relazione
con i vari momenti del rito nuziale; i vv. 20 - 22 si riferiscono al momento in
cui la sposa sale sul carro per recarsi alla nuova casa.1
23.2 Senza spine diritte sieno le vie, per le quali gli amici vengono al
nostro sposalizio. Insieme Aryaman, insieme bhaga ci conduca. Facile a condurci sia
la nostra condizione di capi di casa, o dei.
24. Io ti sciolgo dal legame di Varuna, col quale ti leg� l'assai benevolo
Savitar.3 Nel ricettacolo dell'Ordine, nel mondo della buona opera te illesa metto
col marito.
25. Di qua la sciolgo, non di l�;4 la voglio far ben legata l�, affinch� essa,
o generoso Indra, abbia molti figli e molta felicit�.
26. Pusan ti conduca via di qua prendendoti per mano; gli Asvini ti conducano
sul loro carro. V� a casa per essere la padrona di casa. Come signora che tu possa
parlare all'adunanza.
27.5 Gioia qui ti tocchi con figliolanza; in questa casa vigila sul fuoco
domestico [ garhapatya ]. Con questo marito unisci il tuo corpo. E vecchi possiate
parlare all'adunanza.
28.6 Bluastra e rossa diventa (la camicia); vi si � spalmata la stregoneria,
infezione. Prosperano i parenti di lei; il marito � legato nei legami.
29. D� via la camicia di lana [ samulya]; distribuisci un buon regalo ai
brahmani. Questa stregoneria, messi i piedi, s'insinua (come) moglie nel marito.
30. Il (suo) corpo splendente diventa brutto per quella cattiva (stregoneria),
quando il marito vuole indossare sul proprio corpo la veste della moglie.
31.7 I malanni, che, (venendo) dalla loro stirpe, tengon dietro allo splendido
corteo nuziale della sposa: di nuovo li conducano gli dei degni di sacrificio l�
donde sono venuti.
32. I grassatori, che stanno in agguato, non trovino i due sposi. Per facili
vie schivino la via pericolosa. Le ostilit� [ arati ] fuggano via.
33. Segni di buon auspicio ha questa sposa; venitele incontro, guardatela.
Auguratele buona fortuna e tornatevene a casa.
34. Questo8 � ruvido, questo � pungente, ha uncini, � velenoso, questo non �
da mangiare. Il brahmano che conosce Surya, egli solo merita l'indumento della
sposa.
35. Tagliare, staccare, sminuzzare: guarda le forme di Surya; ma le fa belle
il brahmano.9
36.10 Io ti prendo la mano per la (nostra) felicit�, affinch� con me per
marito tu raggiunga la vecchiaia. Bhaga, aryaman, Savitar, Puramdhi, gli dei, ti
diedero a me per (attendere al) fuoco domestico.
37. Qua, o Pusan, f� venire assai propizia colei nella quale gli uomini
versano il seme; la quale allarghi a noi di buona voglia le cosce: nella quale noi
di buona voglia cacciamo la coda.
38. Intorno a te dapprima condussero Surya [la sposa ] insieme col corteo
nuziale: ai mariti, o Agni, rid� la moglie insieme con prole.
39. Agni ridiede la moglie insieme con vigore vitale e con splendore. Longevo
(sia) chi � marito di lei, viva cento autunni.
40. Soma ti ha trovata per primo, il Gandharva per secondo; Agni � il terzo
tuo marito, il quarto � il nato dall'uomo.
41. Soma la diede al Gandharva, il Gandharva a Agni; Agni diede a me ricchezza
e figli e inoltre lei.
42. Qui state, non separateci, raggiungete la vita completa, scherzando coi
figli e coi nepoti, godendo in casa vostra.
43. Prajapati prole ci faccia generare. Fino all'estrema vecchiaia nazionale
ci saldi Aryaman. Senza cattivi auspici entra nel mondo del marito. Porta fortuna
al nostro bipede e quadrupede.
44. Senza aver sguardo cattivo, non uccidendo il marito, sia propizia alle
bestie, benevola, assai splendente (d'aspetto). Procreatrice di maschi, amante
degli dei, piacevole, porta fortuna al nostro bipede e quadrupede.
45. Costei tu, o generoso Indra, f� ricca di figli
e di fortuna. Metti in lei dieci figli e fa undicesimo il marito.
46. Diventa sovrana sul suocero, diventa sovrana sulla suocera, diventa
sovrana sulla cognata, sovrana sui cognati.
47. Tutti gli dei saldino insieme, le Acque (saldino) insieme i nostri cuori.
Insieme Matarisvan, insieme Dhatar, insieme ci tenga Destri.
90.
1. Il Purusa ['Uomo'] aveva mille teste, mille occhi, mille piedi; egli avendo
circondato da ogni parte la terra, le sovrast� ancora di dieci dita.
2. Il Purusa � tutto questo (universo), ci� che fu e ci� che sar�. Ed �
signore dell'immortalit� [ degli dei ] che cresce sempre pi� mediante il cibo
(sacrificale).
3. Tanta � la grandezza di lui, ed anche pi� grande di cos� � il Purusa: un
quarto di lui sono tutti gli esseri, tre quarti di lui � l'immortale2 nel cielo.
4. Per tre quarti il Purusa alto sal�, un quarto di lui si riprodusse qui [ in
questo mondo ]; di qui si � disteso in tutte le direzioni, in ci� che mangia e in
ci� che non mangia.
5. Da lui nacque Viraj,3 da Viraj il Purusa. Egli come nacque sorpass� la
terra di fronte e da tergo.
6. Quando gli dei distesero [ apprestarono ] il sacrificio col Purusa come
offerta, la primavera fu il burro fuso, l'estate la legna, l'autunno l'oblazione.
7. (Come) sacrificio il Purusa, nato nel principio, aspersero sul barhis; lo
sacrificarono gli dei, i Sadhya4 e i veggenti [ rsi ].
8. Da questo sacrificio completamente offerto fu raccolto il burro fuso,
spruzzato (con latte acido): ne fecero gli animali dell'aria, della foresta e del
villaggio.
9. Da questo sacrificio completamente offerto nacquero le rc e i saman, da
questo nacquero i chandas, da questo il yajus.5
10. Da questo nacquero i cavalli e le bestie che da entrambe le parti [ sopra
e sotto ] hanno i denti (incisivi); da questo nacquero i buoi, da questo nacquero
le capre e le pecore.
11. Quando divisero il Purusa, in quante parti lo fecero? Che cosa (�
chiamata) la sua bocca, che le braccia, che cosa sono chiamate le cosce e i piedi?
12. Il brahmana fu la sua bocca, le braccia divennero il rajanya [ il
guerriero ], le sue cosce il vaisya, dai piedi nacque il sudra.
13. La luna nacque dalla mente, il sole nacque dall'occhio; dalla bocca Indra
e Agni, dal respiro nacque Vayu.
14. Dall'ombelico origin� l'atmosfera, dalla testa il cielo, dai piedi la
terra, dall'orecchio i punti cardinali: cos� formarono i mondi.
15. Sette furono i legni recingenti (il fuoco) [ paridhi ], tre volte sette
legni da bruciare furono posti, quando gli dei distendendo il sacrificio legarono
il Purusa (come) bestia sacrificale.
16. Col sacrificio gli dei sacrificarono al sacrificio: questi furono i primi
usi. Questi potenti tennero dietro nel cielo, dove sono gli antichi sadhya, gli
dei.
95.
Pururavas Aila (1, 3, 6, 8 - 10, 12, 14, 17), Urvasi (2, 4, 5, 7, 11, 13, 15, 16,
18 ).
Pururavas e Urvasi
Della bella leggenda, che tanta fortuna ebbe nella letteratura posteriore,1
l'inno ci presenta solo il momento del colloquio tra l'uomo e la ninfa che precede
il distacco. Gli avvenimenti anteriori sono accennati in modo assai oscuro.
Sentiamo che Urvasi visse sotto altro aspetto - il che significher� come donna e
non come dea - tra gli uomini (v. 16) e che dimor� - certo in questo periodo di
tempo - in casa di Pururavas, ove stette bene e ebbe da lui ampie attestazioni
d'amore (vv. 6 ed 5 ). Rammaricandosi dell'abbandono, Pururavas accenna con parola
di sdegno, come a causa di esso, sembra, ad un bagliore provocato ad arte, ad un
finto belare di pecora fatto udire 'dai musici'(v. 3); la ninfa rimprovera all'uomo
di non avere ascoltato un ammonimento che essa gli aveva dato e l'abbandono appare
essere una conseguenza della mancanza di Pururavas (v. 11). Gli scarsi dati
dell'inno possono fortunatamente essere integrati dal racconto che della leggenda
dell'inno possono fortunatamente essere integrati dal racconto che della leggenda
fa il Satapathabrhmana, il qual racconto, se pure ha evidenti varianti e tratti di
origine pi� recente, verosimilmente, non differisce nella linea essenziale, da
quello che doveva essere presente alla mente del poeta dell'inno e dei suoi
ascoltatori. Secondo il nominato Brahmana (XI, 5 , 1 sgg.) l'apsaras Urvasi
innamoratasi di Pururavas, come ottenne l'oggetto del suo amore fece questi patti:
"Tu mi devi battere tre volte al giorno con la verga,2 ma quando io non voglia non
devi giacere vicino a me; minore non ti voglio vedere nudo: quest'� la norma presso
di noi". Visse a lungo con lui e rest� gravida. Allora i Gandharva escogitarono un
mezzo per far pecora e due Agnelli. I Gandharva (mentre essa giaceva con Pururavas)
rubarono uno degli Agnelli; allora Urvasi grid� che le si rubava il figlio, come se
l� non ci fosse nessun uomo, e ripet� il grido quando fu rubato l'altro Agnello;
punto dalle parole di lei. Pururavas balz� nudo per far presto. Allora i Gandharva
produssero una folgore; Urvasi visto nudo lo sposo scomparve. Delirante di passione
Pururavas s'aggir� per il Kuruksetra, finch� arriv� ad uno stagno di loti detto
Anyatahplaksa. In questo nuotavano le apsaras in forma di cigni. Urvasi vide lo
sposo e si fece riconoscere da lui. Egli la scongiur� con le parole del v. 1
dell'inno ed aggiungendo: "rimani, parliamoci"; la ninfa rispose col v. 2,
aggiungendo "tu non hai fatto quel che ti ho detto, ora non sono pi� raggiungibile
per te; torna a casa". Pururavas si lament� con le parole del v. 14 dicendo in pi�:
"Il tuo amante oggi si appender� o si getter� in un abisso; lo divorino i lui o i
cani". Essa rispose col v. 15 ed aggiunse: "Non affliggerti di ci�; non v'�
amicizia con le donne; torna a casa e recit� minore il v. 16. Urvasi ebbe poi
compassione e disse a Pururavas di ritornare dopo un anno, egli avrebbe giaciuto
presso di lei una notte, intanto il figlio sarebbe nato. Venuto il tempo egli
torn�: c'era un palazzo d'oro; entratovi si trov� con lei e per consiglio di lei,
essendogli dai gandharva offerto di scegliere una grazia, chiese di diventare uno
di loro. - la scena del dialogo che segue la possiamo immaginare sulle rive d'un
laghetto, come nel brahmana; Urvasi � accompagnata dalle sue compagne, che ad un
tratto fuggono (v. 6) lasciandola sola con l'uomo. - Il motivo del non vedere lo
sposo (rispettivamente la sposa nuda) o di non chiederne il nome, ha riscontri
numerosi sia presso i primitivi che nelle letterature colte: v. R. Pettazzoni, la
Mitologia Giapponese (Testi e Documenti, I), Bologna, 1929, 115.
[ Pururavas: ]
1. "Ors�, o moglie! con riflessione - fermati crudele - scambievoli parole
facciamo ora. (Se rimarranno) inespressi, questi nostri pensieri non ci
procureranno gioia neppure nel pi� lontano giorno".
[ Urvasi: ]
2. "Che ho da farne di questa tua parola? Io passai via come la prima delle
aurore. O Pururavas, ritorna a casa; io sono difficile da raggiungere, come il
vento".
[ Pururavas: ]
3. "(Difficile da raggiungere) come un dardo, proiettile (preso fuori) dalla
faretra per la vittoria, come corsa che guadagna buoi a centinaia. In un proposito
indegno d'un uomo [ = vile] vi fu come un lampeggiare, come una pecora i musici
[Gandharva ] fecero sentire un belato".3
4. "Essa che porta al suocero cosa buona, quando egli (tutte) le mattine
desidera alimento dalla casa adiacente,4 essa � arrivata alla dimora, nella quale
giorno e notte si diverte battuta dalla verga".
5. "Tre volte al giorno mi hai battuto con la verga e a me anche non volente5
hai dato con pienezza. O Pururavas, io assecondai la tua volont�; tu fosti allora,
o prode, re del mio corpo".
[ Pururavas: ]
6. "La schiera assai ardente, stretta in amore, come un occhio nel lago [?
Come un loto? ], intrecciantesi, mobile:6 esse7 come rosei unguenti [ splendori
dell'aurora ] sono fuggite; a gara, come vacche da latte, strillarono".
[ Urvasi: ]
7.8 "Quando egli [ tuo figlio ] nacque, gli stettero intorno le donne divine [
le apsaras ] e lo crebbero le correnti che lodano se stesse, perch�9 te, O
Pururavas, gli dei crebbero alla grande lotta, allo sterminio dei dasyu".
[ Pururavas: ]
8.10 "Quando mi volevo intrattenere io uomo con queste (donne sovrumane, che
avevano lasciato la loro vostre, da me sono fuggite trasalendo come una gazzella
tarasanti in calore (?), come cavalle che urtan nel carro".
[ Urvasi: ]
9.11 "Quando un mortale, accarezzando queste immortali, si unisce con (esse),
le donne dell'acqua (?), come secondo le sue volont�, esse fanno bello il loro
corpo come uccelli acquatici,12 come cavalle per giuoco mordentisi".
[ Pururavas: ]
10. "La donna dell'acqua che (apparendomi ora) sfolgor� come un lampo
guizzante, apportandomi desiderate gioie - � nato dall'acqua un nobile maschio
figlio - procuri, Urvasi, (a lui) lunga vita".
[ Urvasi: ]
11. "Tu sei nato per (assicurare) protezione, (invece) questa tua forza, o
Pururavas, l'hai posta in me.13 Io che sapevo ti ammonii in quel giorno, (ma) tu
non mi hai ascoltato; perch� parli ora inutilmente?".
[ Pururavas: ]
12. "Quando il figlio (che m') � nato cercher� il padre? come chi si lamenta
(?) verser� lagrime, sapendo (tutto)! Chi ha separato i coniugi concordi, mentre
ancor brilla il fuoco presso i suoceri?".
[Urvasi:]
13. "Gli risponder� [sapr� rispondergli] quando verser� lagrime; come chi si
lamenta (?) si lamenter� per(ch� sia appagato) il suo desiderio gentile.14 Ci� che
di tuo � presso di noi [il figlio] ti voglio mandare. Va a casa; o pazzo, non mi
raggiungerai".
[ Pururavas: ]
14. "Il tuo idolo (d'un tempo) oggi corra via senza ritorno, per andare
nell'estrema lontananza, e giaccia in grembo a nirrti [ alla Distruzione ], e lo
divorino i rabidi lupi".
[Urvasi: ]
15: "O Pururavas, non morire, non correr via, non ti divorino i lupi infesti.
In verit� amicizie di donne non esistono, questi (loro) sono cuori di iena".
16. "Quando sott' altro aspetto m'aggiravo tra gli uomini, abitai (l�) nelle
notti per quattro autunni [ anni ]; mangiavo una goccia di burro fuso una volta al
giorno. Di ci� sazia (ora) qui m'aggir�".
[ Pururavas: ]
17.15 "Urvasi che attraversa l'aere, che misura lo spazio, io bravissimo16
tento. A te si diriga il dono del sacrificio. Ritorna. Il cuore mi brucia".
[Urvasi: ]
18.17 "Cos�, o figlio di Ida,18 gli dei ti hanno detto, che tu sei qui un
compagno della morte [ mortale ]. Possa la tua progenie sacrificare con l'offerta
agli dei; possa goderne anche tu nel cielo".
97.
1. (De) le erbe, che nacquero nell'et� primitiva, tre evi prima degli dei,
delle scurricce, io voglio ripensare le cento forme e sette.
2. Cento, o madri, sono le vostre forme e mille i vostri germogli. O dalle
mille capacit�, fatemi voi dunque costui libero dalla malattia.
3. Rallegratevi delle erbe ricche di fiori e di frutti. Come cavalle
vittoriose, le erbe conducono al successo.
4. 'Erbe': cos� (chiamandovi), o madri, di questo vi prego, o dee: che io
possa guadagnare cavallo, bue, veste3 e il tuo spirito [ vita; atman ], o uomo.
5. Nell'Asvattha [ Ficus religiosa ] la vostra sede, nel parna [ Butea
frondosa ]4 � stata preparata la vostra abitazione. Sarete partecipi di buoi, se
guadagnerete [ salverete ] (quest') uomo.
6. (Colui) presso il quale sono convenute le erbe, come i re nell'assemblea
[ samiti ], quel prete � chiamato medico, uccisore dei demoni, fugatore delle
malattie.
7. La ricca - di - cavalli [ asvavati ], la ricca di soma [ somavati ], la
rinforzante [ urjayanti ], l'ultrapotente [udojas ]:5 tutte le erbe trovai a costui
per la sua guarigione.
8. Come buoi dalla stalla, prorompono le virt� delle erbe, desiderose di
guadagnare ricchezza, e il tuo spirito, o uomo
9. Guarigione [ iskrti ] ha nome vostra made, perci� voi siete rimozioni
[ niskrti ] (dei mali). Siete come alate correnti; rimovete [ niskrtha ]6 ci� che
fa star male.
10. Passarono oltre tutti gli ostacoli, come ladro (passa oltre) la chiusura;7
le erbe hanno cacciato fuori tutto ci� che era malanno del corpo.
11. Quando io, mirando alla vittoria, ho preso in mano queste erbe, lo spirito
della malattia si dilegua, come (se si dileguasse) prima che lo si prenda vivo.
12. Da colui, su ogni membro, su ogni giuntura del quale, voi, o erbe,
strisciate, cacciate la malattia, come un potente che sta in mezzo (caccia via gli
altri).8
13. Vola lontano, o malattia, insieme col casa o col kikidivin,9 (dileguati)
insieme con la folata del vento, dileguati insieme con la nihaka.10
14. L'una di voi aiuti l'altra, soccorrete l'una l'altra; tutte d'accordo
soccorrete questa mia parola.
15. Le provviste di frutti e le senza frutti e le senza fiori e le provviste
di fiori, queste (erbe), stimolate da Brhaspati, ci sciolgano dall'angoscia.
16. Mi sciolgano dalla conseguenza della maledizione e dal (laccio) di Varuna
e dal ceppo di yama e da ogni colpa verso gli dei.
17. Volando gi� dal cielo dissero le erbe: l'uomo, che noi raggiungeremo vivo,
non patir� male.
18. (Di quelle) erbe, che hanno Soma per re, numerose, dai cento aspetti, di
esse tu sei la pi� alta, pronta al desidero, salutare al cuore.
19. Voi erbe, che avete Soma per re, distribuite sulla terra, stimolate da
Brhaspati, conferite la vostra forza a questa qui.11
20. Non patisca male il vostro scavatore, n� (colui) per il quale io vi scavo.
Il bipede, il quadrupede (che appartiene) a noi sia tutto senza malattia.
21. Quelle (di voi) che questa (mia parola) ascoltano e quelle che sono andate
lontano, riunendovi tutte, o erbe, conferite la vostra forza a questa qui.
22. Le erbe dicono col re Soma: (colui) per il quale opera il brahmano, lui, o
re, salviamo.
23. Tu sei la pi� alta, o erba; sono tuoi sottoposti gli alberi.12 Sia nostro
sottoposto colui che ci avversa.
108.
I Pani asura (1, 3, 5, 7, 9), Sarama cagna degli dei1 (2, 4, 6, 8, 10, 11)
Sarama e i
Pani 2
[ I Pani: ]
1. "Cercando che cosa Sarama giunse qua? invero questa via si perde
lontanissimo nella distanza. Qual commissione per noi? Che giro fu (il tuo)? Come
passasti le acque della Rasa?".
[ Sarama: ]
2. "Io vengo inviata messaggera di Indra, cercando i vostri grandi tesori, o
Pani. Questo mi aiut� nella mia paura di saltare al di l�, cos� passai le acque
della Rasa".
[ I Pani: ]
3. "Come � Indra, o Sarama? Che aspetto ha colui messaggera del quale corresti
da lontano? Se verr� qua, vogliamo stringere amicizia con lui, diventer� allora
padrone delle nostre vacche".
[ Sarama: ]
4." Io so che non pu� essere raggirato, (ma che) pu� raggirare colui,
messaggera del quale qua corsi da lontano. Non lo nascondono profonde correnti.
Uccisi da Indra, o Pani, giacerete".
[ I Pani: ]
5. "Ecco le vacche, o Sarama, che cercasti volando intorno ai confini del
cielo, o fortunata. Chi te le lascer� senza combattere? E le nostre armi sono
aguzze".
[ Sarama: ]
6. "(Sieno pure) le vostre parole, o Pani, invincibili agli eserciti,3 sieno
(pure) i vostri corpi invulnerabili alle frecce, sia inaccessibile la via per
venire da voi: Brhaspati non sar� in ogni caso benigno con voi".
[ I Pani: ]
7. "Questo � il deposito fondato sulla roccia, o Sarama, zeppo di vacche, di
cavalli, di beni. Lo guardano i Pani, che sono buoni custodi. Invano tu sei venuta
in un luogo vuoto (per te)".
[ Sarama: ]
8. "Qui verranno i veggenti eccitati dal soma, ayasya, gli Angiras, i Navagva.
Essi si spartiranno questa caverna delle vacche. Allora i Pani, vomiteranno questa
parola".
[ I Pani: ]
9. "E tu sei venuta cos�, o Sarama, costretta da forza divina: ti voglio fare4
(nostra) sorella; non ritornare, ti daremo parte delle nostre vacche, o fortunata".
[ Sarama: ]
10. "Non so che cosa sia fratello, n� che cosa sia sorella; Indra e i
terribili Angiras sanno (ci�). Quando venni qua mi sembravano desiderosi di vacche;
andatevene via, o Pani, a grande distanza".
[ Qualcuno:5 ]
11. Andate lontano, o Pani, a grande distanza. Vengano fuori le vacche,
secondo l'Ordine deludendo (i Pani), (le vacche), che brhaspati,6 Soma, le Pietre,
i veggenti, i preti ritrovarono nascoste.
119.
121.
Nelle acque cosmiche il sommo Dio divent� un germe d'oro - il germe del mondo,
prototipo dell'uovo primordiale della cosmogonia posteriore. Come sia avvenuto ci�
e in che forma il Dio precedentemente esistesse, il poeta non dice; a lui interessa
affermare che il Dio, come nacque, fu l'unico signore di tutto ci� che esiste.
L'inno somiglia nella struttura e in alcune espressioni a II, 12, a Indra il Dio
oggetto della sua ansiosa ricerca.2 L'ultimo verso, in cui alle domande contenute
nei precedenti si risponde che il Dio cercato � Prajapati, 'il Signor delle
creature' - personificazione della forza creatrice della natura -, � certo una
seriore aggiunta.3
8. Colui che per la sua grandezza abbracci� con lo sguardo le acque, recanti
in s� la capacit� creativa [ daksa ],8 generanti il sacrificio; il quale fu unico
Dio tra gli dei: a qual Dio..?
9. Non ci faccia male colui che � stato il generatore della terra, il quale ha
generato, egli i cuoi statuti sono veraci, il cielo; il quale ha generato le acque
scintillanti, grandi: a qual Dio...?
11. O Prajapati, nessun altro da te ha abbracciato tutte queste cose generate.
Ci�, di cui desiderosi noi sacrifichiamo a te, ci� sia a noi. Che noi siamo signori
di ricchezza.
124.
127.
129.
Ci� che era nel principio non si pu� in nessun modo pensare ricorrendo ai
concetti di essere, di non essere, di atmosfera etc.; non era niente di tutto
questo: tale definizione negativa � la sola possibile (vv. 1 - 2).1 Lo stato
originario dell'universo era tenebra e 'ondeggiamento indistinto': era oscuro
caos. In questo indistinto c'era solo l'Uno, indicato, oltre ad ogni determinazione
personale, come neutro. Cos� il poeta, con questa dichiarazione
dell'imperscrutabilit� e dell'indescrivibilit� delle origini prime, con la quale
egli si mette molto al di sopra degli altri indagatori ed anticipa idee poi svolte
nelle Upanisad, comincia questo breve inno, che � certo il prodotto pi� alto della
speculazione filosofico dell'et� rgvedica.
1. Allora non c'era il non essere, non c'era l'essere; non c'era l'atmosfera,
n� il cielo (che �) al di sopra. Che cosa si muoveva? Dove? Sotto la protezione di
chi?2 Che cosa era l'acqua (del mare) inscandagliabile, profonda?3
2. Allora non c'era la morte, n� l'immortalit�; non c'era il contrassegno
della notte e del giorno. Senza (produr) vento respirava per propria forza
quell'[ Tad4 ] Uno [ ekam (neutro) ]; oltre di lui non c'era nient'altro.
3. Tenebra ricoperta da tenebra era in principio; tutto questo (universo) era
un ondeggiamento [salila ] indistinto. Quel principio vitale5 che era serrato dal
vuoto, gener� se stesso (come l'Uno mediante la potenza del proprio calore
[ tapas].6
4. Il desiderio [ kama ]7 nel principio sopravvenne a lui, il che fu il primo
seme [ manifestazione ] della mente. I saggi trovarono la connessione dell'essere
nel non - essere8 cercando con riflessione nel loro cuore.
5. Trasversale fu tesa la loro corda: vi fu un sopra, vi fu uno sotto?9 Vi
erano fecondatori, vi erano potenze:10 sotto lo stimolo,11 sopra l'appagamento.12
6. Chi veramente sa, chi pu� qui spiegare donde � originata, donde questa
creazione? Gli dei sono al di qua [ posteriori ] della creazione di questo (mondo);
perci� chi sa donde essa � avvenuta?13
7. Donde � avvenuta questa creazione, se l'ha prodotta o se no, colui, che
di questo (mondo) � il sorvegliatore 14 nel cielo supremo, egli certo lo sa,
seppure con lo sa.
146.
161.
165.
166.
1. (Fa)mmi toro fra i miei pari, vittorioso dei rivali; fa(mmi) uccisore dei
nemici, signore, padrone delle vacche.
2. Io sono l'uccisore dei rivali, intangibile ed invulnerabile come Indra.
Tutti questi rivali sono stati messi sotto ai miei piedi.
3. Qui1 io vi lego forte, come le due estremit� dell'arco con la corda. O
Signore della parola, abbassa costoro, affinch� parlino sommessamente in mio
confronto.
6. (come) conquistatore io venni con la mia forza che tutto compie. Mi sono
impadronito del vostro pensiero, del vostro compito, della vostra adunanza.
5. Impadronitomi della vostra attivit� e del vostro riposo, possa io essere (a
voi) superiore. Io camminai sulla vostra testa. Stando sotto ai miei piedi parlate,
come rane dall'acqua, come rane dall'acqua.
168.
1. La grandezza del carro di Vata [Vento ] (io celebro).1 Fracassando egli va.
Tonante � il suo strepito. Toccando il cielo egli avanza, i rossi (colori)2
facendo, e va sulla terra sollevando polvere.
2. Dietro (di lui) precipitano insieme le folate3 di Vata, esse vanno a lui
come giovani donne ad una riunione (festiva). Unito con esse sullo stesso carro
s'affretta il Dio, re di tutto questo mondo.
3. Nell'atmosfera per le sue vie affrettandosi, non posa neppure un giorno.
L'amico delle acque, il primonato, l'osservatore dell'Ordine, dove � nato mai,
donde � sorto?
4. Anima [ atman ] degli dei, feto del mondo, secondo il suo volere s'aggira
questo Dio. Si odono gli strepiti di lui, non (se ne vede) l'aspetto. A questo Vata
rendiamo omaggio con l'oblazione.
* In una nota all'edizione originale del presente volume (Zanichelli 1929-1931) V.
Papesso avvertiva che, per ragioni di spazio, era stato costretto a omettere due o
tre Inni a cui vien fatto riferimento nella sua introduzione [N.d.E.]
#Vedi H. v. Glasenapp, Der Hinduismus, 6 sgg., 176 segg.
# Di 1810 versi (1549, se si levano le ripetizioni) solo 75 non occorrono nel
Rgveda.
#Vedi Bloomfield, The Atharvaveda, in "Grundriss der indo-arischen Philologie", 29
sgg.
# Vedi nota a x 14, 2.
#M. Muller, Essays, I 2.
#Secondo un'altra divisione, puramente esterna, l'insieme degli inni � distinto in
otto astaka, 'ottavi', dei quali ciascuno comprende otto adhyaya, 'lezioni',
ciascuna a sua volta divisa in minori varga, 'porzioni', di circa cinque versi
ciascuna.
#Si cerc�, eliminando questi elementi perturbatori, di conoscere quelo che era il
RV primitivo: fondamentali sono sempre le opere di A. Bergaigne, Recherches sur
l'histoire de la Samhita du Rig-Veda, 1886-87 e H. Oldenberg, Die Hymnem des
Rigveda 1, Metrische und textgeschichtliche Prolegomena, 1888. Numerose discussioni
su quest'argomento in ORVN, passim.
#Vedi sopra tutto Wackernagel, Altindische Grammatik, I IX sgg.
#Vedi Buhler, Indische Paleographie, In Grundriss d. indo-ar. Phil., 3 sg.; 17 sg.
#I due patha sono stati pubblicati, insieme col commento di Sayana (seconda met�
del XIV sec. dopo C.) da Max Muller in una monumentale edizione (1849-1875 in 6
voll. 2a edizione, 1880-92, London, Henry Frowde). Senza commento e in trascrizione
� l'altra edizione europea, a cui pi� spesso ci si riferisce, dell'Autrecht (1861-
63, 2a edizione 1877, Bonn, A. Marcus). Vi sono anche edizioni indiane. - La cura
della preservazione del testo ha suggerito altri patha pi� complicati.
#E' rappresentata dalle citazioni di autori che si incontrano sparsamente nei
Brahmana e compiutamente nella Sarvanukramani, un'opera che contiene un elenco
degli inni con l'indicazione delle divinit�, dei poeti e dei metri.
#Per quest'argomento vedi specialmente LRV III, 100 sgg. e Oldenberg, Ueber die
Liederverfasser des RV in ZDMG, 42, 1888, 199-247.
#Anche uomini di studio: ma fantastico � Abinas Chandra Das quando scrive nel suo
libro Rig-Vedic India I (1921), a pag. 557: "There is also geological evidence to
show that man flourished in the Globe and in India in the Miocene ad Pliocene
epochs. Hence there can be no improbability in the fact that the primitive Aryans
lived in that epoch in Sapta-Sindhu, attaining a comparatively high state of
culture" e a pag. 562: "As the Aryans were autochtoonous in Sapta-Sindhu, their
gradual evolution as a race took place in that region".
#Le prime notizie degli scavi furono date da S. Marshall negli "Illustrated London
News" 20, IX, 1924; i primi apprezzamenti comparvero nei numeri del 27 IX (A. H.
Sayce) e del 4 X (C. I. Gadd e Sidney Smith). Cfr. "Corriere della Sera" 1 IV
(Della Seta) e 11 IV 1926. Vedi anche S. Konow, Zur Frage nach den Asuras in
"Festgabe H. Iacobi" (1926), 261, ove cita lo scritto di Suniti Kumar Chatterji in
"The Modern Review" dicembre 1924, pag. 665 sgg. Per le varie ipotesi vedi H. von
Glasenapp, Brahma und Buddha (1926), 41 sgg. e W. Wust, Ueber die neuesten
Ausgrabungen im nordwestlichen Indien ZDMG, N. F. 6, 1927, 259 sgg. - Per l'India
preistorica vedi anche "Revue Archeologique 9 s�rie, tome XXIV, juil sept. 1926, p.
78.
#Vedi Zimmer, Altindisches Leben, 1-10.
#H. Hillebrandt VM I, 83-116; III, 372-377, in armonia con le sue teorie sulle
trasmigrazioni delle trib� vediche e sulle localit� in cui sorsero gli inni,
ritiene che nel 1. VI la S. sia da identificarsi con l'iranica Haraquiti
dell'Avesta, nei 11. III e VII col fiume odierno. S'accosta a quest'opinione J.
Hertel, Indogermanische Forschungen, 41, 1923, 188, 200; per questo studioso non �
possibile che il Veda pi� antico sia sorto in India, ma deve piuttosto essere stato
composto nell'Iran.
#Per questo vedi W. Hopkins, The Punjab and the Rig-Veda in Journal of the American
Oriental Society 19. 1898, 19 sgg.
#Forse i '(monti) nevosi' (himavanth) di X 121, 4 (vedi) sono una indicazione
dell'Himalaya.
#In V 29, 10 si dice che Indra uccide i dasyu anasah: chi intende questa parola
come 'senza naso' crede che si alluda alla forma schiacciata del naso dei Dasyu; ma
la spiegazione non � sicura. Al loro linguaggio, un balbettio per orecchie arie,
ritengono alcuni che si riferisca il termine mrdhravac, ma anche questo �
tutt'altro che sicuro.
#Se � giusto intendere il composto sisnadeva (VII 21, 5; X 99, 3) come: 'che ha
per Dio il fallo'.
#Per le condizioni sociali, politiche, culturali rappresentate dal RV � sempre
fondamentale l'opera citata dello Zimmer. Una breve descrizione si ha anche in The
Cambridge History of India, I, Ancient India 1922, ch, IV (Keith), 79 sgg.
#Questo osserva giustamente il Macdonell, A History of Sanskrit Literature, 66 sg.
#Questo gusto trionfa nella brahmanica: si afferma che gli dei stessi amano ci� che
� oscuro, vedi ORV 4 e 592 e Oldenberg, Die Lehre der Upanishaden, 63.
#Cos� l'Oldenberg, ZDMG 37, 1883, 54 sgg., id. 39, 1885, 52 sgg., e pi�
recentemente Zur Geschichte der altindischen Prosa (1917), 58 sgg. Anche il Geldner
si accost� in un primo tempo a questa teoria, vedi spec. VS, I (1889), 284;
ispirato dal Geldner � E. Sieg, Die Sagenstoffe des Rigveda (1902).
#Cos� K. F. Geldner, Die indische Balladendichtung, in "Festschrift der Universitat
Marburg fur die Philologenversammlung 1913", 93 sgg.
#M. Muller, Rigveda Samhita, the Sacred Hymns of the Brahmans translated, 1. 1869,
172 sg. (Sacred Books of the East 32, 183); S. Levi, Le Theatre Indien (1890),
spec. pag. 307; J. Hertel, WZKM 18. 1904, 59 sgg. e 137 sgg; cfr. id. 23. 1909, 273
sgg: L. von Schroeder, Mysterium und Mimus im Rigveda (1908), cfr. WZKM 23. 1909, I
sgg.: Winternitz WZKM 23. 1909, 102 sgg.; Hillebrandt, Lieder des Rgveda spec. p.
43 e Ueber die Anfange des indischen Dramas (1914), 28 sgg.
#Secondo HVM I 143 sg. ci sono forse appena due o tre versi d'impronta popolare:
VIII 69, 8-10.
#Vedi nota introduttiva a I, 162.
#Vedi Oldenberg ZDMG 42, 1888, 204 sgg.; 212: egli ha, p. es. "l'impressione" che
VII 18 (vedi) sia tanto vicino agli avvenimenti che celebra da doversi ritenere
composto da Vasistha stesso. Ma impressioni di questo genere sono troppo
soggettive.
#E. Wernon Arnold, Vedic Metre, Cambridge 1905; divide la produzione degli inni in
cinque periodi: arcaico, strofico, normale, eretico, Rgveda popolare.
#Rigveda Repetitions, Harvard Oriental Series, 20-21. Anche i risultati che il B.
raccoglie nelle pagine 640-650 non sono nel complesso molto larghi. Il RV ha circa
40.000 pada.
Cercano criteri per giudicare dell'et� relativa movendo dallo studio della
sintassi e dello stile degli inni W. Porzig, Hypotaxe im Rigveda, Indogermanische
Forschungen 41, 1923, pagg. 210 sgg. e W. Wust, Stilgeschichte und Chronologie des
Rgveda, Leipzig 1928.
#In A History of Ancient Sanskrit Literature.
#In Physical Religion ha espressamente detto che un termine a quo non � possibile
stabilire. Cfr. LRV III, 183 sg.
#Vedi p. es. ORV I (1500-1000), Oldenberg, Die Literatur des Alten Indien, 6 (1400-
900); tra i pi� recenti H. von Glasenapp, Brahma und Buddha (1926), 50.
#Cos� il Macdonell, A History of Sanskrit Literature, 12 e Hymns from Rigveda
(1922) 7. Vedi anche Keith, Veda of Black Yajus School, Harvard Oriental Series 18,
19 (1914), CLXVI e The Religion and l'hilosophy of the Veda, 6 sg.; cfr. 614 sgg.
#Si tratta di tavolette cuneiformi scoperte nel 1907 da Hugo Winckler a Boghaz-Koi
(l'antica Pteria in Cappadocia), contenenti patti di alleanza tra il re degli
Hittiti Subbiluliuma e il re dei Mitanni (Mesopotamia NO) Mattiuaza; nel trattato
sono invocate le divinit� di entrambi i paesi e tra gli dei di Mitanni figurano
quelli citati nel testo.
#Keith, JRAS 1909, p. 1105 sgg., Veda of Black Yajus School CLXVI e ch. IV pag. 111
in The Cambridge History of India, I, 1922; in quest'ultima opera vedi anche il ch.
III (P. Giles), p. 72 sg. e ch. XIV (W. Jackson) pag. 320 (qui la questione �
lasciata indecisa).
#Gli dei, la forma fonetica del cui nome sembra vedica, sono realmente vedici e
sono stati portati da trib� iraniche provenienti dall'Iran orientale, dove avevano
adottati quei nomi sotto l'influenza della civilt� vedica (H. Jacobi, JRAS 1909, p.
721 sgg. e 191 p. 456 sgg.); oppure - assai meno verosimilmente - sono stati
portati direttamente da indiani vedici in qualche spedizione militare (Winternitz,
Geschichte der indischen Litteratur III 621). Ovvero gli dei in questione sono
iranici o meglio protoiranici, attesterebbero cio� un'epoca in cui la mitoogia
iranica, non ancora profondamente alterata, era affine alla vedica, e in cui la
lingua non aveva subito le vicende dell'iranico storico, per le quali nasatya
dovrebbe essere diventato nahatya (Oldenberg, JRAS 1909 p. 1099, p. 1099 sgg.;
1910. p. 1910 sg.; egli s'accosta a Meyer, Kuhn's Zeitschrift 42. 1908, 1 sgg.).
Oppure ancora quelle divinit� sono di un terzo ramo indoiranico, parlante un
dialetto affine, ma distinto dall'iranico (ORV, 25. Vedi anche Griswold, The
Religion of the Rigveda (1923), 74 e von Schroeder, Die altarische Religion I, 342
n. 1). Gi� il Bloomfield, The Religion of the Veda (1908), 12 aveva definito
iranoidi i nomi d'aspetto iranico di re tributari della Siria e regioni contermini,
che si leggono nelle lettere dirette a faraoni contenute nelle tavolette di Tell-
el-Amarna, Alto Egitto (circa 1400 - secondo il BI. 1600); tra i quali ci sono i
seguenti nomi di re di Mitanni: Ar-ta-ta-a-ma, Su-ut-tar-na figlio del precedente,
Ar-ta-as-su-ma-ra, f. del prec., Du-us-rat-ta, fratello del prec. Per le questioni
che questi nomi sollevano vedi E. Mever, Die altesten datierten Zeugnisse der
iranischen Sprache in Kuhn's Zeitschrift 42. 1908, I segg. e spec. 16 sgg. 24 sgg.;
J. Kennedy, The prehistoric Aryans and the Kings of Mitani in JRAS 1909, p. 1107
sgg.; A. H. Sayce JRAS 1909, p. 1106 sgg. (non sono nomi indiani). Molto diversa
dalle accennate � la soluzine proposta da E. J. Thomas, Vedic Hymus (1923), 20: per
lui gli dei in questione non sono n� irani n� indiani, ma presi a prestito dagli
indoirani; ci� sarebbe provato dal fatto che il significato di essi � sempre stato
un rebus per gli Indiani e gli studiosi occidentali e che il loro nome non si
spiega col sanscrito n� con le lingue affini.
#H. Jacobi, Ueber das Alter des Rgveda in "Festgruss an R. von Toth" 1893 e ZDMG
49, 218 sgg.; JRAS 1909 p. 721 sg., id. 1910, 460 sgg. - Tilak, The Orion or
Researches into the Antiquity of the Veda, Bombay 1893. - Gli studiosi indiani sono
naturalmente disposti ad assegnare al RV la pi� alta antichit�.
#Il principio delle migrazioni dei popoli indoeuropei non si pone tanto in alto.
Nel gi� citato ch. III (Giles) della Cambridge History of India, I, esso � posto
intorno al 2500.
#Die Anschaungen uber das Alter des Rgveda in ZMDG N F 6. 1927, 46-77. Gi� il
Winternitz o. c. I 258, cfr III 621, us� la formula x-500 a.C.
#Vedi H. v. Glasenapp, Der Hinduismus, 39 sgg.
#E' un dio oscuro: � verosimile che si sia sviluppato da un epiteto denotante una
peculiare qualt� di un qualche dio; secondo alcuni � collegato in origine con un
fenomeno (il sole?).
#Vedi Hopkins, Henotheism in the Rigveda in "Classical Studies in honour of H.
Drisler", 75-83 e The Religions of India, 139 sgg. Anche ORV 102, n. 1 e MVM 16.
#Rta pu� derivare da ar 'mettere e mettersi in moto' o da ar 'adattare,
aggiustare'; il significato originario quindi pu� essere: 'ci� che va, che procede
regolarmente' o 'l'aggiustato, il fissato'.
#Gli Asvini hanno probabilmente riscontro nei Dioscuri; Parjanya ricorda il lituano
Perkunas e lo scandinavo Fjorgynn. Meno accettata � l'equazione Varuna. E' dubbio
se le divinit� del temporale dei vari popoli indo-europei sieno derivate, malgrado
la differenza del nome, da un unico culto.
#Si capisce come per effetto della riforma di Zarathustra gli antichi daeva da dei
sieno diventati demoni. Oscuro � il cambiamento di significato di asura. Forse le
lunghe guere sostenute con gli indigeni, con le loro conseguenze morali, distolsero
la devozione degli Indiani dagli asura Mitra e Varuna, austeri dei della giustizia,
e la rivolsero ai deva, a capo dei quali � il forte e battagliero Indra, finch� gli
asura finirono per essere considerati nemici dei deva (Sten e Konow, Zur Frage nach
den Asuras in "Festgabe H. Jacobi" 1926, 259 sgg.). L'Oldenberg RV 158 sgg. ritiene
che si tratti di un semplice processo linguistico: come in relazione con gli asura
era usato anche il termine maya 'forza misteriosa' e come tale forza possedevano
anche esseri cattivi, l'epiteto di asura venne dato anche a questi esseri e fin�
per essere loro specifico. Per altre ipotesi vedi anche LRV IV, XIX; BRV spec. III
84, HVM III 437 sgg.; Torgny Segerstedt, Revue de l'histoire des Religions 57.
1908, 157 sgg. e 293 sgg. (per questo studioso gli dei chiamati particolarmente
asura - e come tali egli considera Varuna, Rudra, i Maruti, Pusan sono presi da
religioni non arie); von Schroeder, Altarische Religion I 318, n. 1. In queste
opere si trover� la bibliografia pi� antica. - Per il rapporto tra i culti di
Varuna e di Indra vedi nota a IV 42. - L'etimologia di asura � incerta: il voc. �
stato connesso con asu 'spirito vitale'; da altri confrontato col latino erus e con
l'antico norvegese ass. Comunemente si traduce con 'potente, potente signore'
(Oldenberg: 'signore miracoloso').
#Ha 10 inni.
#Ha 11 inni.
#L'Oldenberg, che cerca quando pu� di negare alle divinit� vediche l'origine
naturistica, crede che il dio sia stato creato per rispondere a una domanda come
questa: chi � il suscitatore dell'universo? ORV 63 sgg.
#Non tutti l'ammettono per l'Oldenberg � un dio della strada ORV 234 sgg.
#Ha 8 inni, di quali 5 nel 1. VI. L'ipotesi solare avrebbe una riprova se Pusan
derivasse da pus 'far prosperare', ma alcuni lo negano, p. es. PVS I 193.
#Cos� BRV II 414 e MVM 38. Altri altrimenti.
#Oldenberg, RV 233; per lui V � in origine il dio 'camminatore', ma vedi HVM III
355. - I pi� derivano il nome del dio da vis 'essere attivo'; il Bloomfiel, Rel. of
the Veda, 168 da vi-sanu (snu) 'che va attraverso il dorso (della terra)', cfr. ORV
230, n. 2.
#Tra i pi� recenti sostenitori di quest'ipotesi sono ORV 209 sgg. e L. von
Schroeder, Die altarische Religion, II 445, cfr WZKM 9, 129 sgg. La spiegazione
degli A. fu indovinelo fin da Yasaka (Niruka, 12, I) che riferisce quattro
soluzioni: il cielo e la terra; il giorno e la notte; il sole e la luna; due pii
re; alcune di queste soluzioni furono sostenute anche da studiosi occidentali, vedi
p. es. GVS II 31 (accoglie la quarta).
#Anche gli interpreti indiani sono incerti, dividono na-asatya 'non falso, verace',
oppure derivano da nasa 'naso', la prima spiegazione � stata accolta anche da
studiosi europei, alla seconda � incline BRV II 434 e 508. Il Brunnhofer, Vom Aral
bis zur Ganga, 99, derivava da una radice nas 'salvare' e confrontava col gotivo
nasyn.
#Varuna ha 10 inni; Mitra-Varuna 23; Indra-Varuna 9; Mitra 1; gli Aditya 6.
#Vedi ORV 178: per l'Oldenberg i sette avrebbero rappresentato in origine il sole,
la luna (vedi p. 45 n. 5) e i cinque pianeti. Vedi contro HVM III 97 sg. Per i
sette dei dell'Avesta vedi B. Geiger, Die Amesha Spentas, Ihr Wesen und ihre
ursprungliche Bedeutung. Sitzungsberichte Wien. Akad, 1916.
#Per alcuni Aditi rappresenta la luce eterna del cielo (Roth ZDMG 6. 1851, 68 sgg.;
nel Dizionario Petropolitano la spiega come l'illimitatezza del cielo), oppure la
luce del giorno nella sua eternit� (Hillebrandt, Aditi 17 sgg. e HVM III 105 sgg.).
Per il Muller "Sacred Books of the East" 32. 241 � l'infinito. Altri altrimenti.
#Varuna da vr 'coprire, avvolgere'. L'equazione col greco, fu posta fortemente in
dubio (vedi Meillet, Journal Asiatique 1907, II 156 sgg.); ma c'� anche chi inclina
a ritenerla ammissibile (vedi Brugmann in Grundriss, II 154 e cfr. quel che aveva
detto Bloomfield in Relig. of the Veda, 1908, 136). Contro Varuna=cielo vedi
Oldenberg ZDMG 50, 62.
#Vedi Pettazzoni, La religione di Zarathustra, 1921, 41 e pag. 62 n. 15.
#VediL. von Schroeder, Die altarische Religion, I 319, cfr. 330 sg.
#Questo sarebbe il significato originario per Meillet, Journal Asiatique, 1907, II
143 sgg. Mitra come nome comune significa 'amico'.
#Il giuramento fin da tempo antico si faceva nell'India presso l'acqua: Varuna (che
� - come si � visto - in rapporto con le acque) avrebbe rappresentato dapprima
l'acqua per cui si giura, vedi H. von Glasenapp, Brahma und Buddha, 61. - Per
l'Oldenberg, RV 189 sgg., Varuna sarebbe la luna contrapposta al sole (Mitra): i
due dei sarebbero stati importati, insieme con gli altri cinque Aditya (vedi p. 44
n. 1) da un popolo semitico, il babilonese. Alla stessa conclusione, Varuna = luna,
giovandosi soprattutto di dati desunti dal rituale, arriva Hillebrandt VM III 1-52.
#Vedi Pettazzoni, o. c. 45.
#L'etimologia del nome � oscura: alcuni lo fan derivare da indh 'bruciare' e
confrontano con indu 'goccia' (vedi BRV II 166); il Bezzenberg, Bezz, Beitrage I
342, confronta con avestico andra, pehlvi andar, anglo-sassone ent 'gigante'; il
Jacobi Kuhn's Zeitschrift, 31. 316 fa derivare il nome da un enro 'uomo'.
#Per l'Oldenberg, RV 137 sgg., si tratta quasi sempre di monti e fiumi reali della
terra. Hillebrandt, VM III 173 sgg., ritiene, come anche altri, che Indra
rappresenti il sole primaverile che scioglie il gelo invernale: il mito
rispecchierebbe allora condizioni climatiche di paesi pi� freddi. Ma con questo non
si adatta il contenuto del mito.
#Secondo ORV 141 SG. questo mito sarebbe appartenuto in origine a Trita aptya.
#Anche qui l'Oldenberg RV, 145 sgg. preferisce vedere simboleggiati nelle 'vacche'
i beni terreni, tenuti dai prototipi degli avari. Per HVM III 260 sgg. si tratta s�
delle aurore, ma delle aurore primaverili.
#Generalmente si vede in questo mito raffigurato l'oscuramento dell'aurora da parte
di un temporale mattutino.
#Hanno 33 inni.
#Secondo gli interpreti indiani i M. sono i venti (nel sanscrito classico marut �
divenuto sinonimo di vento). - Per alcuni, cito per tutti il von Schroeder,
Mysterium und Mimus im Rigveda, 123 (gi� in WZKM 9, 248), i M. sono le anime dei
morti erranti nel vento, cfr. HVM III 317 sgg., ma vedi ORV 226 N. 2.
#Forse per questo gli sono dedicati appena tre inni interi.
#Vedi MVM 77.
#Per HVM II 192 sgg. R. rappresenta il principio dell'autunno tropicale, l'epoca
delle malattie. Per il von Schroeder, op. cit. in nota 72, pag. 19, 55, 121 R. � un
dio delle anime e della fecondit�. L'Oldenberg, R. V. 221 sgg., tenendo conto della
relazione in cui � messo R. negli altri Veda coi monti e le selve, suppone che egli
sia un parente dei Fauni e dei Silvani.
#Entrambi i nomi derivano da va 'soffiare'. Vayu ha due inni; 6 o 7 la coppia
Indra-Vayu; 2 Vata.
#Secondo LRV III 335 e HVM III 135-154 i R sono i geni del tempo, in istretto
rapporto con l'antica partizione dell'anno in tre stagioni; per il Hillebrandt le 4
tazze alluderebbero alla successiva partizione in 4 stagioni. Il Kerbaker "Atti R.
Acc. Scienze e Lett. di Napoli" 1891, vol. 2, pag. 38, pensava il cielo notturno e
ai quattro aspetti del ciclo lunare. - I 12 giorni sarebbero per i due primi
studiosi citati i 12 giorni intercalari alla fine dell'anno lunare di 354 giorni;
ma vedi ORV 240, n. 2.
#Per ORV III sgg. le acque in cui sta A. sono le terrestri, dalle quali le piante
assorbono quell'ignea potenza che poi sprigionano come fuoco, in seguito alla
confricazione. Complicata e assai meno convincente � la spiegazione che d� HVM II
59 sgg. e 127 sgg.
#Secondo la tradizione indiana M. � il Vento. Questo ritiene anche HVM II 151 sg.
L'etimologia � incerta: alcuni (GrW, MVM, 72) spiegano: 'che cresce (-svan da su)
nella madre'; Wackernagel, Altindische Grammatik II 125 suppone un matrrisvan 'che
nutre la madre'. Altri altrimenti.
#Dubbio assai � quello che HVM I 14 sgg., II 241 sgg. crede di poter raccolgiere
circa la forma della pianta da III 53, 14; IX 50. 1; x 42, 8. Dove ai nostri tempi
il soma � ancora in uso s'adopera una pianta ritenuta una variet� di sarcostemma o
un'asclepias acida. Ma � verisimile che l'attuale pianta non sia l'originale. Vedi
per la questione E. B. Hawell in JRAS 1920, 349 sgg.: sarebbe il comune ragi,
miglio; ma vedi l'opuscolo di N. B. Pavegee, The indigenous far famed soma, Poona
1921, 5 sgg. Di altre identificazioni non� qui il luogo di trattare.
#Cfr. antico alto tedesco metu, nuovo alto tedesco meth 'idromele'. Vedi von
Schroeder, Die altarische Religion II 384 sgg.
#Fa dubitare che sia cos� il fatto che nell'Avesta con madhu, nei pochi passi in
cui la parola si trova, non � mai indicato il soma, HVM I 238.
3 Da ovest e da est.
1 L'inno, bench� costituito di versi di metro diverso (I, 5, 8, 10 tristuhb, 2-4
jagati, 9 anustubh), � unico (vedi Oldenberg, Prolegomena, 152 sg. e ORVN).
2 Il poeta invita se stesso.
3 Le nubi o i Maruti secondo Sayana: li spinge avanti.
4 Vedi I 64, 6.
5 Cfr. Atharva Veda IV 15, 12; Parjanya � invocato con termini (asura senz'altro e
'padre') propri di Dyaus-Cielo, datore esso pure di pioggia, suo 'seme' (cfr. v.
63, 3 e 7).
6 Cos� con GK; altri con GrRV: esaudisti la mia preghiera (manisa); altri con
Sayana: avesti l'inno di lode da parte degli uomini; HL: desti senno agli uomini
(rianimandoli).
1 E' questo l'unico inno dedicato alla Terra. Gli attributi della dea sono quelli
della terra fisica; la sfera d'azione della Terra si estende alla regione delle
nubi. Secondo Sayana la terra ha due forme: � questa terra visibile ed � la deit�
dell'atmosfera; in quest'inno sarebbe celebrata la seconda.
2 khidram, Sayana (cui seguono LRV e GrifRV) spiega: ci� che fende i monti.
3 La traduzione del passo � ipotetica; il significato di peru � incerto; vedi PVS I
45 sgg., 85, 89 (per il Pischel peru � il germe, vedi per� la 'tua nube' del v. 3),
LRV, IV, 175 (peru � il lampo), ORVN I, 44 sg., GG sotto le voci peru, vaja 5 (le
nubi sono le 'ali' della Terra) e hes, GRV, 195.
1 samitar: � colui che ammazza, nel sacrificio animale, la vittima, la fa a pezzi,
la scuoia.
2 Per Sayana sono i Maruti; egli intende che i M. sciolgano le nubi, ma meglio, e
in modo pi� corrispondente alla natura dei M., � intendere: i M. sciolgono, cio�
scuotono i monti (cfr. GrifRV: "und mude werden selbst die starken Wandrer".
1 Ad Agni Vaisvanara, quasi a figura a s� stante, sono dedicati alcuni inni come il
presente. L'epiteto vaisvanara vale 'l'appartenente a tutti gli uomini'; si vuole
forse con esso significare il caratere universale del dio Agni. Negli inni ad A. V.
si parla volentieri delle sedi terrestre e celeste del dio (vedi vv. 1 e 2 del
nostro inno, cfr. MVM, 99). Tenendo conto di questo e pi� traendo partito da alcuni
dati offerti dal rituale (p. es. l'offerta ad A. V. consiste in purodasas messi su
12 cocci: allusione ai 12 mesi; la coppa del dhruvagraha a A. V. nell'Agnistoma
[vedi GHA, 167 sg.] � posta su un piatto d'oro e custodita da un figlio di re:
allusione al sole; il fuoco Ahavaniya � collegato con Vaisvanara ed � d'altra parte
identificato col sole) il Hillebrandt, VM II, 112 sgg., conclude che A. V. � l'Agni
celeste, il sole acceso dagli dei (era il sole anche per i yajnika, di cui Nirukta
VII, 23) e che esso � rappresentato in terra dal fuoco Ahavaniya.
2 Attraverso Agni gli dei ricevono le offerte degli uomini.
3 A. V. � come un secchio che versa libazioni.
4 I due legni; Sayana: il cielo e la terra.
5 Il sole, come spiega Sayana.
6 Il sole, come appare da I 115, 1 (il sole � "l'occhio di Mitra, di Varuna, di
Agni").
7 Anche questa � qui designazione del sole. In III 61, 3 'segnale dell'immortalit�,
� detto dell'Arurora, per questo il Bergaigne, Quarant hymmes du RV, 17,ritiene che
anche qui, e probabilmente anche nel v. 5, (il B. traduce: tu as trouv�,
conformement aux regles, l'etendard des jours), si alluda all'aurora.
8 Visruhab � di incerto significato, il Bergaigne l.c. traduce: "comme sept
rejetons" e spiega: "les sept mondes".
1 Vedi Introd. � 38. L'ultimo verso accompagnava una somministrazione di acqua
salata contro le malattie e in favore di una buona riproduzione (vedi Kausikasutra
XIX, 1. 2: Caland, Altindisches Zauberritual, 47; Henry, La magie dans l'Inde
antique, 102).
2 khilya: � una striscia di terreno marginale separante due propriet�: questa
striscia di confine sia per il pio non interrotta dall'altrui propriet�, sia cio�
molto vasto il podere del pio. Per PVS II, 204 sgg. si tratterebbe non gi� di una
semplice striscia, ma di uno spazio di terreno di una certa estensione, non
coltivato e adibito a pascolo del bestiame [con 'pascolo' traducono GrRV, GG, HL],
situato tra due terreni coltivati; ma vedi ORVN.
3 Si allude evidentemente a razzie di bestiame: le vacche del pio non sono uccise
da predoni. Diversamente, e mi pare forzatamente, ORVN.
4 Le vacche sono considerate come divinit�.
1 E' celebrato Soma come colui che d� ad Indra il vigore per le sue imprese (vedi
Introd. � 26). Nei vv. 3 e 4 viene esaltata l'attivit� creatrice di Soma.
2 Gli Angiras, i mitici prototipi del sacerdozio.
3 Soma � chiamato Indra (se pure non si debba leggere indra, "o Indra", come nel v.
sg. anzich� indrah, vedi ORVN). L'arma di Soma, la grande deit� sacrificale, sono
le preghiere ('le parole', cfr. v. 1).
4 'La goccia', cio� Soma (vedi Introd. � 33). H. Hillebrandt, VM I, 313, trova in
questo e nel seg. verso una notevole testimonianza in favore della sua teoria che
soma gi� nel RV fosse la luna; egli confronta con x 85, 19, in cui la luna
(candramas) � detta 'segnale dei giorni'. Anche LRV, v, 116 riteneva che qui Indu
fosse la luna.
1 'Quelle' sono le vacche del nemico, 'queste' sono le vacche rubate dal nemico.
1 Perch� il dio prti l'inno del poeta presso uno splendido patrono.
2 brahmacodanim: si potrebbe anche intendere 'stimolatore del brahman', ma cfr. VI
58, 2.
3 nrvat, secondo Sayana = nrvatim (cos� anche GG, GK), allora: e trovante un nobile
signore.
1 I vv. 3 e 4 contengono frammenti di miti non conosciuti (vedi PVS I, 14 sgg.; HVM
III, 367).
1 Terza pers. nel testo. Il passo � difficile e sono stati suggeriti emendamenti
(avasam per avasam HL); ORVN intende: "Die Gottin zerbeisst den pani und erbeisst
so die Nahrung". Il vitto � costituito dalle vacche (cfr I 93, 4: "Voi [Agni e
Soma] rubaste al pani il suo vitto, le vacche").
2 Seguo LRV, cfr. ORVN.
3 Con la siccit�.
1 daksina: l'onorario, che il prete riceve per la prestazione dell'opera sua nel
sacrificio, � qui messo in relazione con l'aurora, in quanto � appunto l'aurora che
apre la giornata sacrificale.
2 Attaccato al carro da guerra.
3 Quando tu passi i venti propiziamente posano; oppure: passi le acque anche se non
soffiano venti (ORVN).
1 Enti diversi prendono il nome di 'vacca': tutto ci� che si chiama con questo nome
� meraviglioso. La vacca d� latte tutti i giorni, Prsni (vedi Introd.� 27) diede
latte solo quando nacquero i Maruti.
2 Cio�: rimase incinta; l'espressione garbham adhat, usata sempre in relazione a un
maschio fecondatore, � qui strana (vedi ORVN, che per una concezione di Prsni come
toro-vacca cita I, 160, 3 e rimanda a BRV, II, 397 sg.); il Geldner in Vedismus und
Brahmanismus, 18 dividendo il pada in due proposizioni, traduce: "Essa � Prsni.
Alla turgida di forza (Rudra) ha dato il feto".
3 aya = aya (con l'accento sulla a) (per il senso cfr. IV, 18, 1), ma ci� � incerto
(vedi SBE 32, 371 e ORVN).
4 'Senza biasimo' sono detti i M. (I 71, 8), 'senza macchia' (I 64, 2).
5 staunah?
6 Cfr. I 64, 9.
7 I cucchiai di Agni, confrontato con un prete, sono le sue fiamme.
8 Gli inni sono paragonati ai monti - forse: saldi come i monti - e alle acque:
possenti come le acque. Per le varie interpretazioni di questa non chiara
comparazione vedi ORVN.
1 Si riferisce, come nel v. 7, agli altri preti.
2 Formula di benedizione usata nei sacrifici agli dei.
3 Solito passaggio dalla terza alla seconda persona.
4 L'ultima proposizione � un frequente ritornello del VII ciclo.
1 E, per il doppio significato di bhaga: "della (mia) parte".
2 Il posto sacrificale.
3 Il mitico celeste corsiero.
1 Cio�: lasciaci vivere.
1 Il "Signore della dimora" (Introd. � 38) � cos� identificato con Soma.
1 Leggo amura(h) visva(h) contro il padapatha, vedi per� ORVN. Le o i Druh, vecchie
concezioni - risalenti al periodo indoiranico (druj nell'Avesta) - ormai non pi�
vive, sono pensate vagamente come spiriti nocivi.
1 I pi� intendono: sempre eguale; oppure: tutta eguale, perfettamente rotonda; HL:
eguale per tutti, comune a tutti gli esseri.
2 Altri (LRV, GrRV, HL) intendono: "Questo dio Savitar mi � piaciuto".
1 sithire: si esprime con questo vocabolo la condizione opposta a quella di
'assediato' tra le montagne, in cui si trova J. in I 116, 20 (vedi).
1 Si tratta del fuoco sacrificale riattizzato al mattino.
1 Incerto � il significato di dvita, lett.: 'doppiamente', GK (diversam. GVS III,
4) spiega: verso ovest di giorno all'incontrario di notte. E' per� possibile che
qui, come altrove, il vocabolo abbia significato semplicemente rafforzativo.
2 Bevanda inebriante (vedi Introd. � 33).
1 Cio�: V. splende come fuoco.
2 Il poeta prega Varuna, 'supremo guardiano' della notte, di fargli vedere il sole
celato, durante la notte, nella caverna, asman, lett.: 'pietra' (cos� con GK e
ORVN, anche Macdonell, Hymns from the RV, 21; i pi�, vedi special. HL, 78 nota 9 e
Neisser WRV, 134, ritengono invece che nel presente passo asman significhi 'cielo',
allora: "mi conduca al sole nel cielo e alla tenebra").
3 La nave stessa. Varuna � rappresentato come dio del mare.
4 Prete, viprah, 'l'spirato', per eccellenza � Varuna.
5 Nel tempo del sacrificio, cfr. III 8, 5.
6 Cio� da Aditi stessa.
1 ORVN ricorda i "cento, mille inneggiatori" che lodano Indra in VI 34, 3.
2 kiri (vedi PVS I, 216 sgg.).
3 Il verso allude a un mito per noi ignoto. Neppure il significato dell'epiteto
Sipivistah ci � conosciuto; LRV IV, 153, che accostava sipi a sepa, coda, membro
virile, riteneva che con quell'epiteto si rappresentasse il dio come generatore,
che si avesse insomma un accenno al culto del fallo (linga); similmente il
Johannson e il Charpentier. Per Visnu Sip. nel rituale vedi HVM III, 356, nota 2.
4 E' l'esclamazione fatta dal hotar, che accompagnava una libazione dell'adhvaryu.
1 Le parole della preghiera ['tre' verosimil. per mistica allusione al cielo,
all'aria, alla terra, in ciascuna delle quali divisioni dell'universo vi � una
particolare forma di Agni] sono precedute dalla luce del fuoco sacro, come le
parole, cio� i tuoni, di Parjanya sono precedute dalla luce del lampo.
2 Il piccolo del toro, cio� di Parj., � Agni che scende sulla terra nelle acque
della pioggia e penetra nelle piante (Sayana spiega: 'Agni fulgureo').
3 Probabil.: la terra.
4 Il padre � Parj. stesso al quale il suo liquido ritorna sotto forma d'offerta
(GrRV nota al passo Bergaigne 40 Hymnes, 79, nota 10, ove si richiama I, 164, 51);
il figlio � Agni, il fuoco.
1 Vedi von Schroeder, Mysterium und Mimus im RV, 395.
2 La regola (vrata) �l'insieme delle varie prescrizioni sulla condotta da tenersi e
sull'astensione da certe parole e opere da osservarsi prima del sacrificio, come
preparazione ad esso.
3 Anche, dando altro significato a parvan,: "come lezioni [o: brani melodici]
(recitate) in accordo..."
4 Nel testo vi � un brusco passaggio dalla 3 alla 2 persona.
5 L'atiratra, un sacrificio di soma della durata d'un giorno, a cui si aggiunge una
vegli notturna.
6 Il giorno peno di pioggia � arditamente confrontato con un recipiente pieno di
soma.
7 gharma: designa l'oferta di latte caldo fatta agli Asvini e il recipiente in cui
veniva scaldato il latte. Ilsacrificio di latte caldo � detto pravargya, vedi per
esso Hillebrandt, Rituallitteratur, 134 sgg., ORV 446 sgg. e specialmente 448, nota
5: detti paioli sono in relazionecon la vampa del sole della stagione calda.
8 Il senso, che quest'ultimo pada ha qui, � diverso che in III 53, 7. Secondo HL si
allude qui a un sacrificio della durata di un anno (lunare) con tre pigiature di
soma giornaliere. Le rane sono qui riguardate come esseri divini.
1 Questo e i versi 5, 11, 17 sono molto interessanti per le allusioni che
contengono a luoghi sotterranei di pena.
1 Saci diventa poi nome della moglie di Indra.
2 Secondo la leggenda narrata dai Brahmana Indra aveva fatto col dasa Namuci il
patto di non ucciderlo n� con il secco n� con l'umido, n� con pietra n� con legno,
n� con armi n� con proietti, n� di giorno n� di notte. Indra l'uccise infatti al
crepuscolo, con la spuma del mare (vedi HVM III 245, 274, HL, 56, nota 3)
3 Cfr. II, 12, 12.
1 I vv. 14-18, nei quali gli Aditya non sono pi� nominati, sono un'aggiunta, a cui
ha dato occasione la menzione di Trita Aptya nel v. 13, verso che appartiene certo
all'inno primitivo. I vv. 13-17 contengono una singolare notizia concernente il
vecchio dio dalla figura evanescente, che si dice abitare assai lontano, nel cielo,
o in una segreta dinora (v. 9, 5; IX 102, 2).
2 Sogni di cattivo augurio, evidentemente; vedi Pischel ZDMG XL, 111.
3 Fratello di Trita, Dvita = 'secondo' � una formazione artificiale per analogia a
Trita = 'terzo'.
4 I due termini indicano quantit� piccole (kala = il dodicesimo di una unit�; sapha
= un ottavo, propriam: ciascuna met� della bipartita unghia del bue) che si possono
dare senza rincrescimento.
1 Accorda cio� come Aditi liberazione dalla colpa.
2 Cio�: all'ufficio di bevanda sacrificale.
3 Per potere, cio� a lungo godere del soma.
4 Opposte alla luce del v. 3.
5 Effetti del troppo bere.
1 Nome di localit�, probabil. celeste; secondo GG terrestre. Assai diversamente
Bergaigne, 40 hymnes, 34 e 117 (cfr. BRV I 175 sg. e 206 sg.); vedi anche ORVN I
351.
2 Vedi I 64, 5.
3 Per Durgaha vedi IV 42, 8 e nota ivi.
1 Un qualche avido dententore, come i mitici pani, di buoi rubati, per riprendere i
quali si fa,con l'aiuto di Agni, una spedizione.
2 Lasciano fuggendo chi loro s'appressa.
1 Il von Schroeder, WZKM 22, 223 sgg., sostenne invece che l'inno � semplicemente
in relazione con un atto cultuale domestico compiuto da una fanciulla vicina alla
pubert�, ancora senza peli, e dalla pelle di brutto colore. Per la bibliografia
vedi ORVN e HL. - Fabbricato su elementi fraintesi del nostro inno � il racconto
che con esso mette in relazione la tradizione indiana (Brhaddevata 6. 99 sg.,
Sadgurusisya ad Anukramani, Sayana nell'introduzione all'inno): Apala, figlia di
Atri, abbandonata dal proprio marito per un difetto della pelle, and� nel'eremo del
padre e vi fece penitenza. Una volta, che era andata a bagnarsi in un fiume, trov�
il soma, pens� di portarlo a casa per offrirne il succo a Indra. Durante la strada
mastic� la pianta. Al rumore dei denti, scambiato per quello delle pietre del
congegno per spremere, Indra accorse; la donna lo trattenne e lo invit� a bere il
soma dalla sua bocca. Il dio fece questo e fece all'amore con lei e la guar� dal
male.
1 Vedi Introd. � 43.
2 mrj 'pulire fregando', qui in doppio senso: allude all'aggiunta di acqua che si
fa al soma (Introd. � 43 e cfr. v. 6) e significa, rispetto al cavallo della
metafora, 'strigliare, governare'.
3 Questo verso e il seg. si riferiscono al soma celeste che filtra dal filtro del
cielo.
1 Vedi Introd. � 43,
2 Lo strepito fatto dalla 'figlia del sole', la quale purifica il soma, come
sappiamo da IX 1, 6 (cfr. IX 113, 3); attraverso questo strepito il soma passa come
attraverso un filtro. la 'figlia del sole' � anche nel nostro e nei due passi ora
citati, verosimil. Surya, ma in che rapporto questa si trovi con la purificazione
del soma non possiamo dire (cfr. BRV II, 492). Assai diversamente HVM I 468 sgg.,
per cui la 'f. d. S. ' � la 'stagione' delle piogge, e GK, per cui � Vac, il genio
della poesia e del canto.
3 Si riferisce forse al'operazione di bagnare la pianta prima di spremerla (per la
quale vedi HVM I 198 sg., cfr. 216 sg. e CHA 158), non � per� escluso che si
alluda invece all'operazione, successiva alla pigiatura (l'ordine di successione
dei vari atti non � osservato dai poeti rgvedici), di versare il succo in un
recipiente contenente acqua, vedi Oldenberg ZDMG 62, 464 nota 1 e 465 nota 2.
4 Vedi nota a I 28, 9.
1 Ho evitato nella traduzione il brusco passaggio dalla 2a alla 3a persona del
testo.
2 Il cavallo del Sole; � comune il confronto di Soma con un cavallo.
3 In X 48, 2 Indra dice di s�: "Io tolsi ai dasyu il valore, assegnai le stalle
delle vacche a Dadhyanc ea Matarisvan". Nel nostro passo Dadh. - il savio
sacrificatore figlio di Atharvan - ha come epiteto il nome navagva, che negli altri
due passi (IV 51, 4; X 62, 6), in cui occorre al singolare, � epiteto di Angiras;
al plurale indica un gruppo di 'antichi padri' che, come gli Andiras, sono connessi
col mito della liberazione delle vacche.
4 Sono i 'padri' che hanno parte nel mito ricordato nella nota precedente.
5 Cio�: hanno conseguito con l'aiuto del soma terreno le glorie che derivano
dall'avere guadagnato il soma celeste, l'ambrosia (amrta).
6 Soma, che d� forza ad Indra, � pensato come compiente egli stesso l'impresa di
Indra.
7 Leggo somam invece di stomam, vedi GrRV II, 513, Bergaigne 4o hymnes 38 nota 11,
cfr. LRV, v 380, ORVN.
8 payovrdh, il soma, esso pure detto payah 'latte', accresce, mescolandovisi, gli
altri payas: il latte vero e proprio e l'acqua (latte del cielo).
9 E' quello dell'atmosfera (vedi BRV I, 178); si prega Soma di far piovere, vedi v.
10. Per il rapporto tra Soma e la pioggia vedi Introd. � 43.
10 Probabile allusione ai tre asir o miscugli del soma, vedi Introd. � 43.
1 Chi ritenne l'inno una poesia umoristica sull'aspirazione al danaro che hanno
tutti gli uomini, vedi anche Deussen, Allgemeine Geschichte der Philosophie I, 97
sg.
2 Cos� dyubhih con ORVN, i pi� intendono: "con le fiamme", diversamente ancora GG,
cfr. GK.
3 Accenno a un mestiere donnesco, a quello della mugnaia, vedi HL. 39, nota I.
4 In senso osceno.
1 Quest'inno � una seriore aggiunta.
2 Saryanavant e Arjika nomi di localit� ignote; secondo Sayana il primo dei nomi
designa un lago nella parte posteriore del Kuruksetra, il secondo una contrada.
Vedi LRV III 201, BRV I 176, 206, HVM I 125 sgg., 138 sgg.
3 Vedi nota a IX 72, 3.
4 I guardiani del soma celeste.
5 La prima sorgente delle acque (Geldner, Vedismus und Brahmanismus, 75 nota 377).
6 Per la possibilit� che qui, in quest'inno tardo, ci sia riferimento al'idea del
'rimorire' e quindi alla memempsicosi vedi Oldenberg, Die Lehre der Upanishden, 27
nota 2.
7 svadha: pu� aver anche il senso tecnico di 'offerta ai mani', cfr. nota a X 14, 7
e a X 15,3.
1 Ai rapporti cio� tra uomo e donna.
2 Da appartenente alla stessa famiglia , da sorella, diventi moglie (che dev'essere
presa da un'altra famiglia).
3 Con 'grande Asura' � altrove designato il Cielo, i figli saranno gli dei,
specialmente gli Aditya (GK) e le loro spie (cfr. vv. 3 e 8), che osservanoi
peccati degli uomini.
4 La paternit� e la maternit� che qui si attribuisce Yama, altrove sempre detto
figlio di Vivasvant, han fatto credere, a torto, a HVM I 495, cfr. HL 139, che Yama
di quest'inno non sia il solito Yama, ma vedi ORV 281 N. 3.
5 Il giorno della creazione accennata nel v. prec.
6 I guardiani iningannabili della legge morale.
7 Gli 'eroi' del v. 2.
8 'Rompere' ha qui senso osceno: quest'atto � paragonato al far uscir fuori, o allo
spezzare, la ruota di un carro in battaglia (cfr. lo stesso verbo vi vrh con simile
comparazione in II 23, 13 e vedi GVS II 34; ORVN). Altri (vedi specialmente von
Schroeder, Mysterium und Mimus 28, 3) intendono: possiamo rotlare come ruote di
carro.
9 Yami parla di s� stessa; risponde alla prima met� del v. 8. Il sole � l'occhio di
Varuna.
10 La distruzione (nirrti) della razza, conseguenza del rimanere la donna
infeconda.
1 Vedi Hillebrandt, Rituallitteratur, 87 sgg., e specialmente W Caland, Die
altindischen Todten- und Bestattungsgebrauche (vedi anche E. La Terza, in "Rivista
Indo-greco-italiaca", anno 3�, fasc. I e II, 1919.
2 In quest'uso si � vista la testimonianza di una antica credenza, presumibilmente
indoiranica, secondo la quale il regno dei morti non era nel cielo, ma sotto terra,
ORV 543 sgg.
3 Per essi vedi specialmente W. Caland, Altindischer Ahnencult; Hillebrandt,
Rituallitteratur, 90 sgg.
4 pravat: le vie in discesa, le vie facili che conducono alla sede dei morti; anche
in questa parola ORV 545 trova ricordo di una pi� antica concezione secondo la
quale il regno dei morti era sotterra. Molte (vedi specilamente Scherman,
Visonslitteratur 112 sgg.) spiegano: 'fiumi'.
5 GVS, II, 288 sg. vedeva in questo v. il preannuncio dell'idea upanisadica della
trasmigrazione delle anime e cos� traduceva la seconda met�: "Auf welchem (Wege)
unsere Vorvater abgeschieden sind, auf diesem werden (alle) geboren, (ein jeder)
nach seinem (Schicksals) pfade". Ma egli stesso lasci� quest'interpretazione (vedi
Vedismus und Brahmanismus, 73).
6 Personaggio mitico ricordato qui solo; secondo Sayana � Indra, in quanto ha
Matali come auriga.
7 Famiglia sacerdotale mitica (il nome � connesso con kavi 'savio'), come le
seguenti Angiras e Rkvan ('ricco di versi').
8 I padri si accaparrarono con i loro sacrifici il favore divino, onde ebbero
prosperit�; gli dei furono corroborati dal sacrificio (Introd. � 37). Gli dei
vengono al loro sacrificio contraddistinto dal grido svaha, i padri al sacrificio
loro proprio detto svadha.
9 Nomi di famiglie sacerdotali.
10 svadhaya, vedi nota 4 a X 15.
11 Col merito delle buone opere (vedi ORV 538).
12 Dopo la cremazione il morto torna a casa, ma nella sua nuova casa, coi Padri;
l� avr� un nuovo corpo.
13 I vivi sono sotto la guida degli dei.
14 Verso oscuro: brhat, tristubh, gayatri sono nomi di metri (Introd. � 5); forse:
i metri, o le melodie, accompagnanti l'offerta dei tre kadruka (cfr. I 32, 3) di
soma, spettano a Yama.
1 asu, propriamente: 'spirito vitale', elemento essenziale della vita (Introd. �
36).
2 Allusione alle anime che non hanno ancora raggiunto il cielo e s'aggirano sulla
terra, tra le case degli uomini. si avrebbe qui, secondo ORV 558 sg., un indizio
della credenza negli spettri.
3 Questo 'nipote' � verosimilmente, come gi� ritenne HL, la 'fonte del dolce
liquore' chiamata 'parente' in I 154, 5 (vedi). Nella 'cara dimora' di Vismu � la
sede dei pii. Altri per� molto diversamente.
4 svadhaya: qui e ai versi 12, 13, 14 (cfr. X 14, 7) la parola pu� avere, come
molti intendono, significato tecnico (cfr. X 14, 3): "mendiante l'offerta funebre".
5 stomatastasah; oppure: "che (da vivi) formarono con i canti inni di lode"? (ORVN,
HL, Geldner in Vesismus und Brahmanismus, 74).
6 Pensato certo come la bevanda usuale nel regno dei padri (X 16, 10).
7 Questo e i segg. vv. sono recitati dopo il sacrificio.
8 Agni accompagna nell'al di l� il morto recente ed assume un aspetto adatta a
questo suo compito (cfr. X 16, 4: "Con quelli che sono i tuoi corpi propizi, o
Jatavedas, con essi trasporta costui [il morto] nel mondo dei beneopranti"). Altri
credono che si alluda al nuovo corpo (sottile) del morto. Il passo � per� inteso
anche assai diversamente.
1 I vv. 1-7 si riferiscono ad atti purificatori che si compivano dopo il rito
funebre a protezione dei superstiti (vedi sopra nota introduttiva a X 14).
2 Ai parenti del morto. Nel decimo giorno dalla cremazione si pone tra il villaggio
e il luogo della cremazione, un fuoco comune (non sacro), a ovest del fuoco una
pelle di bue rosso, a nord una bestia da tiro rossa; i parenti del morto passano
sulla pelle, toccano l'animale, l'ultimo cancella le orme con un ramo di kudi
(hadari, giuggiolo), che poi � buttato in direzione di sud (Apastamba XXXI, 3, 24-
31; Caland, Die altindischen Todten- und Bestattungsgebrauche, 119 sg.).
3 Allusione alla pietra che si poneva come simbolico confine tra la morte e i vivi.
Vedi Caland op. cit. 122.
4 Il rituale conosce l'uso che le donne non vedove si ungessero con burro e con
collirio gli occhi [come segno che il tempo delle lagrime era finito] subito dopo
la collocazione della pietra, di cui al v.4 (Caland op. cit. 123).
5 Il cognato o altra persona che fale veci del marito e sotto la cuitutela deve
vivere la vedova.
6 I vv. 10-13 si riferiscono al seppellimento dell'urna contenente le ossa del
morto (vedi nota introduttiva a X 14). Altri per� (vedi p. es. Winternitz,
Geschichte der indischen Litteratur 84 sg.) vedono in questi versi testimoniata una
forma di sepoltura per inumazione anzich� per cremazione, ma vedi Caland op. cit.
107 sg. e cfr. ORVN.
7 L'urna � cosparsa di burro fresco, di latte acido, di miele.
8 Si scongiurano i maligni influssi che pu� esercitare su chi la compie l'azione di
cui si parla.
9 Questo verso, una seriore aggiunta (non � commentato da Sayana) e appartenente
forse a un altro contesto, � oscuro e quindi variamente spiegato. Per ORVN
parlerebbe un prete che ha avuto l'incarico di far le sue recitazioni nella parte
pomeridiana del giorno (di qui il confronto con la pena che sta in fondo all'asta
della freccia), nella parte cio� consacrata ai morti; ora egli ha finito e deve far
ripiegare al silenzio le sue parole (cfr. LRV, V, 426).
1 H. hotar dice a s� stesso. - Questo secondo semiverso � difficile.
2 Di burro fuso [ajya], che si versa nell'acqua corrente.
3 La luna per HVM I, 374, per il quale il Figlio delle Acque � la luna.
4 In terza persona nel testo.
5 Questo verso � recitato dal hotar quando gli adhvaryu sono arrivati al corso
d'acqua.
6 Dea dell'abbondanza.
7 Vv. 7-9, come 11 e 12: invocazione alle Acque.
8 Allusione ai tre mondi?
9 E' il hotar stesso.
10 Le acque stanno per arrivare.
11 Le acque sono arrivate, devono essere poste gi�.
12 Le acque sono poste gi�.
1 Le noci dell'albero vibhidika (terminali bellerica), usate come dadi.
2 Il testo ha irina, che � secondo H. Luders, Das Wurfelspiel im alten Indien, 14,
sinonimo di adhidevana, il qual termine designa, come appare da pi� luoghi della
letteratura ritualistica (vedili in Luders, op. cit 11 sg.) un semplice spazio
ricavato nel terreno mediante uno scavo. Non � per� improbabile che, a differenza
di quanto avveniva nel rituale, nella sala da gioco (sabha v. 6) si usasse un
arnese ricordante nella foggia lo scavo nel terreno (qualche cosa di simile
all'alveolus dei latini?). I testi buddhisti (Luders, op. cit. 12) conoscono una
tavoletta (phalaka) che si colloca tra i giocatori seduti. Cfr. HL 190 nota 3.
3 Vedi Introd. � 8, p. 17.
4 Vedi GG., GK; Luders, op. cit., 64; il senso �: per colpa di quel dado in pi�,
che rese la mia giocata la peggiore di tutte. Da quel che i testi ritualistici e i
loro commenti (vedi Luders, op. cit. 51 sg.). ci fanno conoscere si pu� immaginare
che il gioco avvenisse cos�: si versava sull'adhidevana (vedi nota 2) un
determinato numero, di solito molto grande, di dadi; i giocatori dovevano prendere
ciascuno separandola dal mucchio, una parte dei dadi: se questa parte formava un
numero divisibile per quattro senza resto si aveva la vincita e la giocata si
chiamava krta, se avanzava un dado solo, si aveva la giocata peggiore detta kali,
se due la giocata detta dvapara, se tre la treta. Non diverso da quello del rituale
doveva essere il gioco di cui parlano gli inni; il Luders (op. cit., 56, cfr., 44
sg.) invece ritiene che questo fosse simile a quello conosciuto all'epica, nel
quale i dadi erano propriamente gettati dai giocatori, ma vedi Caland, ZDMG 62,
1908, 123 sgg.
5 Nell'irina, vedi nota prec.
6 Che ridomandano quello che hanno donato (GK).
7 Cos� con Luders, op. cit. 24 sg., Caland ZDMG 62, 1908, 128: nel gioco si usava
un gran numero di dadi (vedi nota 4). Altri intendono: tredici.
8 Come mostrano i perfetti, questo � un verso narrativo che interrompe il
soliloquio (GK).
1 Similmente anche in VI, 2, 8, 4 e Maitrayani-Samhita III, 8, 6 (vol. III, 102,
10); Satapatha-Brahman I, 2, 3, 1; III, 3, 13 sgg.; Kausitaki-Brah. I, 2.
2 Che sia Varuna che parla, in nome degli dei, si vede dai vv. 2, 4, 6.
3 E' probabilmente il soma (cos� BRV I, 173 e HL); altri (vedi ORVN) molto
diversamente.
1 La distribuzione dei vv. non � sicura. La tradizione indiana li fa pronunciare
tutti da Agni.
2 Vedi ORV 389 nota 6.
3 Agni stesso (VII, 7, 5), o � qui brahman il brahmanacchamsin?
4 Risposta alle domande precedenti [� la seconda met� del verso pronunciata da
persona differente da quella che pronuncia la prima met�?]: Agni compie i sacrifici
quotidiani e i mensili (i funebri).
5 Secondo Sayana: le 5 parti del sacrificio (i 5 sadahas 'sacrifici di sei giorni'
per HL); i 3 savana; i 7 metri (le 7 forme del sacrificio del soma per HL).
1 Qui in significato di esseri ostili agli dei (Introd. � 16, in fine).
2 Vedi nota a III 59, 8 (Qui i 'cinque popoli' sono dedicati: HVM III, 419).
3 Aditi, madre degli Aditya, o Prsni madre dei Maruti (vedi ORV 206 nota 2); il von
Schroeder, Mysterium... 195 n. 1 crede che per 'vacca' qui sia da intendersi la
Terra, madre di tutti gli dei.
4 Il dialogo tra Agni e gli dei sembra chiuso col. v. 5; in contrasto con le
indicazioni dell'Anukramani, i vv. 6-11 (che sono anche in metro diverso dai
precedenti) sembrano essere detti dal cantore per conto suo. Egli invita nel v. 6
Agni e le sue fiamme a compiere il sacrificio (immaginato come una tessitura); nei
seguentiparla di atti del sacrificio in un oscuro linguaggio figurato (von
Schroeder, Mysterium 193 sg.; ORVN; HL).
5 Per BEt, 227 sg., asmanvati significherebbe 'fatta di pietre' e si tratterebbe
"de l'appareil que composent les pierres du pressoir". Meglio ORVN, che trova qui
l'immagine di un fiume dividente i regni dell'infelicit� e della felicit�, e
suppone che si alluda ad una processione di preti attraversanti per la via rituale
(tirtha) il posto del sacrificio; vedi anche Neisser WRV zweites Heft, 25.
6 Le tazze usate nel sacrificio fanno sovvenire le tazze di Tvastar.
7 I Rbhu, secondo Sayana; sono pi� probabilmente i preti del sacrifio, le
operazioni dei quali vengono adombrate nel verso.
8 Anche in questo verso enigmatico si allude probabilmente ad atti sacrali. Sayna
d� come soggetto di 'posero' i Maruti; il Ryder, Die Rbhu's im Rgveda, 33, pensa ai
Rbhu e traduce: "Nel ventre (della vacca morta) essi han posto la giovine vacca, il
vitello nella sua bocca..."
1 Si riferisce all'arte di improvvisare gli inni.
2 Cos� con GVS III 69, cfr. ORVN e Neisser WRV.
3 siris? qualche materia inadatta che vogliono tessere? (ORVN, HL); LRV: "und
wollen wasser [sand?] zu einem fadem spinnen".
4 Vorr� dire che chi riusciva vincitore nella sabha della sua comunit�, veniva
mandato a gareggiare con poeti di altre comunit�.
1 Di questo e degli altri inni di contenuto filosofico un'ampia trattazione � fatta
da C. Formichi, Il pensiero religioso nell'India prima del Buddha, Bologna 1926,
59-95.
2 uttanapad: per i pi� � femminile e significherebbe 'con le gambe allargate', cio�
'partoriente', designerebbe quindi una potenza cosmica femminile generatrice del
mondo. Giustamente ORVN nega che la parola abbia quel significato e ritiene
piuttosto che con essa si alluda ad una determinata posizione ascetica. In tale
posizione pare dunque sia misticamente pensato il non-essere (sempre che non essere
e uttanapad si identifichino, come crede anche HL) mentre produce l'essere.
3 Daksa significa 'destro, abile', forse per questo ha la parte di creatore in
questa reciproca creazione (Deussen, Allgemeine Geschichte der Philosophie I, 1,
145; cfr. HVM, III, 96.
1 Visvkarman e i suoi aiutanti (x 82, 4).
2 Cio�: le creazioni (LRV, GK).
1 Questo ripetersi di parole della stessa radice (sah) ha valore magico. Cfr.
1 Per il rituale nuziale vedi specialmente: Haas und Weber, Indische Studien, V,
177 sgg.; Winternitz, Das altindische Hochzeitsrituell; Hillebrandt,
Rituallitteratur 63 sg.
2 Vv. 23-26: la sposa sta per abbandonare la casa paterna.
3 Alla sposa sono sciolti due ciuffi di lana legati in precedenza da entrambi i
lati intorno ai capelli.
4 'Di qua' = dalla casa del padre, 'di l�' = dalla casa del marito.
5 La sposa arriva alla nuova casa.
6 Vv. 28-30: alla mattina dopo la prima notte, quando la moglie si leva la camicia
da sposa.
7 Vv. 31-33: durante il viaggio verso la nuova casa.
8 In questo, e nel verso seguente (?), si tratta ancora della camica da sposa, che
deve essere data a un prete (v. 29).
9 Oscuro verso: forse gli aspetti di una bestia sacrificale, successivmaente
tagliata, squartata, sminuzzata, sono confrontati con quelli di Surya, cio� della
giovane sposa, dopo la prima notte; il prete li fa ritornare belli, purifica cio�
la sposa, dopo aver avuto la camicia e i doni (v. 29); cos� il Weber.
10 I vv. 36-47 si riferiscono ai vari momenti delle nozze.
1 Deussen, Allgemeine Geschichte der Philosophie I, 1, 151; ORV 278. Cfr. R.
Pettazzoni, La Mitologia Giapponese ("Testi e Documenti per la Storia delle
Religioni" I), Bologna, 1929, 53.
2 Ci� che di lui � immortale in senso assoluto, in contraposto al mondo, al quale
appartengono anche gli dei (v. 2).
3 Il principio creatore femminile precedente da lui, e dal quale egli rinasce come
primo nato (GK).
4 Nominati nel RV solo in quest'inno e in I 164, 50: antiche deit� (cfr. v. 16;
vedi HVM III, 418).
5 Con rc, saman, yajus son designati i Veda di questo nome; con chandas ('metro') �
probabile che si alluda ai canti magici dell'Atharva-Veda.
1 Fu ripresa e narrata, con maggiori o minori particolari, dai brahmana, dal'epica,
dalla novellistica, dai Purana, dal famoso dramma di Kalidasa, Vikramorvasiya; vedi
in proposito specialmente lo studio del Geldner in GVS I 243-295; von Schroederm
Mysterium, 232-274; ORV, 256; per la bibiliografia ORVN. Della leggenda di Urvasi
secondo il Saura-Purana ha trattato il Pavolini in "Giornale della Societ� Asiatica
Italiana", 21, 1908, 291 sgg.
2 Per l'Oldenberg ZDMG 37, 75 n. 4 la parola non ha nel brahmana il senso osceno
che ha nell'inno (vv. 4,5).
3 Non ci sono dunque gli agnelli attaccati al letto, come nel racconto del
brahmana, ma il belato � un'illusione prodotta dai Gandharva, musici celesti e
maestri d'inganno (nel sanscrito classico 'citt� dei Gandharva' vale 'Fata
morgana', GVS, I, 267.
4 Padre e figlio abitavano, pare, in due case vicine. - In questo v. Pururavas (per
GK questo sarebbe, come il 6, un verso narrativo) fa il quadro della felice vita in
comune, i tempi dei verbi sono al presente o al perfetto, ma il riferimento � al
passato.
5 Contro il patto, parrebbe, di cui parla il brahmana: "quando io non voglio non
devi giacere vicino a me".
6 Altri prendono, con i commentatori indigeni, queste parole, tutte o in parte,
come nomi propri: Sujurni, Sreni, Sumnaapi, Hradecaksus, Caranyu.
7 Sono le ninfe che erano insieme con U., fuggite alla vista di P., cfr. v. 8.
8 U., prendendo occasione dalle parole di Pl, loda quello che hanno fatto le ninfe
e cos� annuncia la nascita del figlio. Secondo il brahmana il figlio ha ancora da
nascere. Altri per� intendono diversamente il passo e alcuni in modo da accordarlo
col racconto posteriore.
9 Come te gli dei, cos� le apsars tuo figlio.
10 P. insiste nella fuga precipitosa delle ninfe.
11 U. risponde a P.: la fuga delle apsaras � solo una finta.
12 Le ninfe sono paragonate a uccelli acquatici ati (anitre?), nel brahmana hanno
la forma di uccelli acquatici.
13 U. rimprovera P. di aver posto in lei, cio� consumato con lei, la sua forza
virile, con probabile allusione alla mancata osservanza del secondo patto (cfr. v.
5): cos� P. non seppe custodire la donna e l'amore.
14 La riunione dei genitori.
15 U. ha gi� con le sue ultime parole lasciato P. e sta allontanandosi attraverso
l'aria, P. non si d� per vinto e ancora tenta di riconquistarla, promettendole doni
sacrificali.
16 Nell'arte di sedurre e di amare? per� vasisttha � stato inteso in vari modi:
l'Oldenberg, ZDMG 39, 74 e ORVN, ritiene che qui parli il rsi figlio di U.,
Vasistha, ma vedi le obiezioni di GVS I, 282 sg.; GG rende: 'der beste Kebsmann,
Liebhaber' da vas III 'nachtigen'.
17 U. � gi� salita in cielo.
18 Hertel WZKM 25, 182 sgg., Keith Jras 1913, 412sg. e The Religion and Philosophy
of the Veda, 84 n. 3, HL: 'figlio di Ida'.
1 Significa: medico figlio di Atharvan.
2 Il brahmano (vv. 6 e 22), che fa da medico, loda le erbe medicinali.
3 Come onorario.
4 Allusione probabile al recipiente, fatto con legni di queste piante, in cui le
erbe sono tenute (Geldner und Kaegi, Siebenzig Lieder des RV, 172 cfr. 176 nota,
GrifRV); invece GK ritiene si tratti semplicemente degli alberi sotto cui le erbe
crescono.
5 Epiteti; secondo Sayana nomi propri di quattro piante.
6 Il succedersi di parole dello stesso suono fa parte dell'incantesimo.
7 Entro la quale sta il bestiame.
8 Cos� secondo la semplice interpretazione di madhyamasi proposta da ORVN.
9 Nomi di due uccelli (la pica e la ghiandaia?).
10 'Lucertola' per Sayana; altri, col Roth e GrW,: 'vortice di vento'.
11 E' l'erba interpellata nel v. 18, quella cio� che ora adopera il prete.
12 L'erba � superiore agli alberi sotto i quali � nata.
1 Nella letteratura vedica posteriore Sarama � appunto detta 'la cagna degli dei",
a questa forma di essa non v'� accenno diretto nel RV; figli di Sarama, sarameya,
sono detti i due cani di Yama (x 14, 10).
2 Introd. � 26.
3 asenya: vedi BEt, 239 (ricorda che "les incantations des impies et des demons
sont des armes, comme les formules sacr�es"), cfr. ORVN.
4 Parla il capo dei Pani.
5 La persona che pronuncia il v. 11 riferisce come � andata la cosa (si ha qui un
tempo passato, 'trovarono', mentre nei vv. precedenti ci sono congiuntivi con
valore di futuro), essa � probabilmente diversa da Sarma; HL cfr. LRV e GK.
6 Del torchio del soma.
1 La sottigliezza teologica ha fatto del pronome interrogativo kah 'quale?' un nome
proprio, un dio e ha inteso cos� il ritornello: "a Ka dobbiamo...".
2 Deussen, Allgemeine Geschichte der Philosophie, I, 1, 128 sg.
3 Oldenberg, Metrische und textgeschichtliche Prolegomena, 511.
4 D�i e uomini vengono da lui come ombra da corpo, cfr. X, 129, 2
5 Il favoloso fiume che circonda la terra (vedi x, 108, 2).
6 Cio�: fiss� la distanza tra cielo e terra e vi interpse l'atmosfera.
7 Cfr. II 12, 8. Altri (GG, HL) d�nno qui a krandasi il senso di 'cielo e terra'.
8 Seguendo in parte i comm. indigeni (per cui daksa � Prajapati), il Geldner, GG
(cfr. GK) e Vedismus und Brahmanismus, 98, crede che qui si tratti del dio Daksa
come demiurgo.
1 Varuna (GrRV, LRV, v, 464, BRV III, 139 sgg.; contro questa equazione vedi
Bradke, Dyaus Asura, 99); Dyaus (Oldenberg, ZDMG 39, 1885, 68 sg. cfr. ORVN); Vrtra
(GVS, II, 292 sgg.); Rudra o Yama (von Schroederm Mysterium und Mimus, 199); per
HVM III 67 sgg., HL � l'asura che corrisponde ad Ahura Mazda (che per il
Hillebrandt � distinto dall'asura Varuna).
2 ORVN: la leggenda risponde al desiderio di sapere chi avesse il dominio prima di
Indra. I vecchi vedisti (vedi GrRV), identificando il 'padre Asura' con Varuna
credevano che quest'inno (come IV, 42 vedi) si riferisse al trapasso del dominio da
Varuna a Indra, divinit� principali, come essi credevano, di due periodi distinti
della storia della religione vedica.
3 Vedi Oldenberg ZDMG 39, 68 sgg.; von Schroederm Mysterium und Mimus, 196 sgg.;
HL; per il Hillebrandt, seguito dal von Schroederm in 124, come in 51-53, si
alluderebbe alla divisione dell'anno in due parti: sacrificale (devayana) e non
sacrificale (pitryana).
4 GVS, II, 293.
5 Cfr. X, 52, 4 e nota ivi.
6 "asura adevah" si dice in VIII 96, 9.
7 Il fuoco sacrificale, un aspetto di Agni, ospite degli uomini, che sono 'l'altro
ramo' rispetto agli dei.
8 I posti sacrificali.
9 Nella fedelt� agli asura, cos� col Geldner.
10 A esercitare la tua sovranit� morale. ORVN intende invece: riconosci la
sovranit� che io esercito come re.
11 In questo tardo inno Soma e luna sono identificati.
12 Cos� col Geldner (cfr. ORVN ad IV 54, 3): quando Varuna, che � anche signore
delle acque, era con l'asura, non faceva scorrere le acque; ora deve cedere a Indra
e lasciarle scorrere. Altri traducono: "senza violenza".
13 Von Schroederm Mysterium, 40 sg., 201 sg. e prima di lui Oldenberg ZDMG 39, 71.
1 Fa' ritornare la luce, che ti � dovuta.
1 Oldenberg, Die Weltanschauung der Brahmanatexte, 53 nota 1; O. Strauss, Indische
Philosoprhie, 25; Formichi, Il pensiero religioso nell'India, 90 sg.
2 Interrogazini retoriche con risposta negativa.
3 Nulla.
4 Pronome dimostrativo neutro, designazione che si trover� pi� tardi per il Brahman
delle Upanisad.
5 abhu: alcuni con GrWB: 'vuoto', "quel che era vuoto ricinto di vuoto divent�
l'Uno", Belloni-Filippi, La Kathaka-Upanisad 4.
6 Il poeta attribuisce all'Uno quello che la sua esperienza umana gli suggerisce:
tapas � l'ardore interno provocato dall'ascesi (che si dice appunto tapas),
mediante il quale si otengono poteri sovrumani. Quest'� idea comune alla
letteratura vedica posteriore, in cui si racconta pi� volte come il sommo iddio
abbia creato praticando l'ascesi (tapas tapyate). Altri per� spiegano il vocabolo
attenendosi al significato originario e intendono: 'il calore che � nello sforzo
per qualche cosa' ("heisse Geistesarbeit", Scherman, Philosophische Hymnen aus der
Rig- und Atharva-Veda-Sanhita, 1887, 2), oppure: l'ardore che precede l'atto
generativo della creazione (Geldner).
7 In quest'Uno sorge il desiderio di procreare, cio� di creare.
8 Cio�: trovano la spiegazione della creazione.
9 E' verosimile che in questo oscuro verso si alluda alla creazione pensata come un
atto generativo, come un dividersi dell'ente originario in un principio maschile e
in uno femminile, come un'autofecndazione dell'ente. Vedi GK e Strauss, op. cit. 26
(sono ricordate le dottrine dei Brahmana sull'autodivisione del primo principio a
scopo di generare). Diversamente Deussen, op. cit., 125.
10 I principi maschili fecondatori e i principi femminili sviluppatori.
11 La forza femminile.
12 La forza maschile. Vedi Geldner, Vedismus und Brahmanismus, 89.
13 Cio�: quali sieno i singoli procedimenti della creazione, della quale il
poeta ha intuito il momento iniziale.
14 Non l'Uno, ma un dio personale (Il Geldner confronta con l'isvara 'il Signore'
della filosofia). - Per l'interpretazione data da Sayana all'inno vedi Geldner, Wur
Kosmogonie des Rigveda, 1908, 24 sgg.
1 Forse due uccelli: cos� Sayana ad Taittiriya-Brahmana II, 5, 5, 7; egli invece
qui dice che il vrs. � la jhilli, il grillo, e che il cic. � un animaletto che fa
cicci.
2 I pi� intendono dhavayan come: 'che saltella danza' (ma il verbo � causativo),
alcuno (LRV, GG) come: 'che suona con'.
3 ORVN: "come un notabile che viaggia accompagnato da musici che fanno risuonare
gli aghata #(aghatibhih da aghatin)".
4 Romori indistinti e visioni notturne nel bosco.
5 'Nel bosco' traducono i pi�, prendendo aran. come nome comune.
6 'Tigre o ladro' spiega Sayana, altri per� intendono: "se un altro non s'avvcina
troppo a lei, non la provoca.
1 Demone femminile che afferra [grahi da grah 'afferrare'] gli uomini come
malattia.
1 Il colombo porta disgrazia; � considerato come un messo di Yama, v. 4.
2 Intorno al luogo dove s'� posato il colombo.
1 Nella gara poetica.
1 Cos� supplisce Sayana.
2 Del cielo, durante il temporale.
3 visthah: i successivi diffondersi del vento nelle varie direzioni.