Come Convincere Chiunque A Fare Qualunque ANTEPRIMA - Yamada Takumi PDF
Come Convincere Chiunque A Fare Qualunque ANTEPRIMA - Yamada Takumi PDF
Come Convincere Chiunque A Fare Qualunque ANTEPRIMA - Yamada Takumi PDF
chiunque a fare
qualunque cosa
… o quasi!
Yamada Takumi
Nuova edizione
ANTEPRIMA
Come convincere chiunque
a fare qualunque cosa
(... o quasi!)
“La capacità di comunicare bene è quello che accende il fuoco dell’entusiasmo
nella gente. È quello che trasforma le grandi idee in azione. È quello che
rende possibile ogni realizzazione.”
(Dale Carnegie)
Persuadere. L’arte di “creare” nella mente altrui qualcosa che in
qualche modo prima “non esisteva”. Di influenzare almeno in
parte le scelte, i pensieri, le capacità di analizzare valori e
caratteristiche. Elaborata con il nome di “arte della retorica” per la
prima volta nel 460 a.C. dal filosofo Corace a scopi giudiziari,
questa pratica è stata spesso spacciata nella nostra storia per “arte
magica” da qualche abile oratore che ha saputo venderla a caro
prezzo a commercianti e sovrani che cercavano di espandere la
propria influenza ed il proprio potere. È andata perfezionandosi
sempre di più nei secoli, e tutt’oggi è ambiguo ma fondamentale
fulcro della nostra economia, in quanto strumento stesso attraverso cui
prodotti e servizi (spesso di cui neanche sentiremmo
normalmente il bisogno) vengono “improvvisamente” e
naturalmente resi attraenti di fronte a quelli che sono i nostri
bisogni, le nostre pulsioni e le nostre primarie necessità.
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A questo punto potrebbe essere legittimo chiedersi… perché tale
pratica, da sempre nell’immaginario comune tra scienza, magia e
credenze popolari, ha esercitato tanto interesse sulle nostre menti?
Beh, qui qualcuno potrebbe semplicemente replicare che è perché
siamo esseri abietti ed egotici, sempre ad una naturale ricerca del
miglior modo per ottenere un maggiore controllo sugli altri. E
sebbene io non creda assolutamente che tale risposta sia del tutto
falsa (a volte, come specie, sappiamo davvero fare abbastanza
schifo), sono anche fermamente convinto che ci sia molto di più di
questo. Per esempio comincerei con il far notare che “nessun uomo è
un’isola”. Ossia, in qualunque percorso di qualunque natura, che
abbia esso come scopo il trovare lavoro, amore, o dei collaboratori
per un progetto importante, abbiamo costantemente necessità
dell’apporto significativo di altre persone.
Ciò necessariamente comporta che il non sapere comunicare
adeguatamente con gli altri, o non riuscire a persuaderli
abbastanza del valore nostro o di ciò che proponiamo, può
portarci a mancare di preziosi sostegni, di preziosi supporti, di preziosi
appoggi, di preziose risorse, nonché della possibilità di usufruire di
tutte quelle conoscenze, esperienze, informazioni ed abilità che
inevitabilmente non fanno parte del nostro bagaglio
personale. Vuol dire andare con una preparazione eccellente ad un
esame universitario ma prendere un voto mediocre perché non
siamo stati in grado di comunicare ai professori il nostro livello di
conoscenza della materia. Vuol dire andare ad un colloquio per un
lavoro oggettivamente perfetto per le nostre qualità e competenze,
ma non essere in grado di farlo comprendere pienamente alla
commissione che ci intervista. Vuol dire parlare con la donna o
con l’uomo dei nostri sogni e non essere in grado di creare
complicità, intimità, condivisione di sentimenti e di valore.
Infiniti studi sulla comunicazione e sulla persuasione hanno infatti
in più di un’occasione dimostrato una semplice, banalissima verità:
ossia che la forma attraverso cui un messaggio viene espresso è nella
maggioranza dei casi ben più importante del contenuto del messaggio stesso.
Ovvio che la forma non sia tutto, ma è altrettanto ovvio che
sarebbe da stupidi negare l’importanza della presentazione di qualcosa:
se per esempio ci sono sulla stessa strada due ristoranti che
offrono cibo allo stesso prezzo e della stessa qualità, è inevitabile
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che la maggioranza dei clienti (che non abbia altri criteri
decisionali dalla propria) sceglierà quello che da fuori sembri più
attraente, con personale più cordiale, quello che magari sappia
emanare direttamente sulla strada il profumo dei propri piatti
migliori. Se si sta cercando online un ebook che parli di un
determinato argomento, è ovvio che la maggioranza dei potenziali
lettori tenderà a scartare quello la cui copertina sembri abbozzata
ed amatoriale, per quanto buono il contenuto possa essere. Il
candidato per un lavoro che si mostri distratto, confuso e non
chiaro sulle proprie volontà di carriera sarà molto probabilmente
scartato a fronte di colui che sappia esprimere queste cose al
meglio, fossero anche entrambi egualmente competenti.
Ed è proprio per questo che far proprie alcune strategie di
comunicazione e persuasione diviene una fondamentale “freccia”
da aggiungere alla nostra personale “faretra” di abilità: perché
troppo spesso ne sottovalutiamo il potere praticamente “assoluto”
nell’influenzare la nostra vita di tutti i giorni. E quante volte
sottovalutiamo questa apparentemente banale verità, per poi
finire per confondere un nostro semplice “errore di comunicazione” con
una mancanza di valore da parte nostra o delle nostre idee? Quanto spesso
crediamo che “gli altri” debbano “automaticamente” riconoscere
questo valore e, anziché ingegnarci per porlo nel migliore dei modi
ci “impuntiamo” per presentarlo nell’unico modo in cui lo
sappiamo fare?
Le tecniche contenute in questo libro, insomma, se studiate ed
applicate nei tempi e momenti giusti potrebbero rappresentare
uno degli strumenti più preziosi con cui farti strada nel mondo,
tanto che tu stia perseguendo i tuoi più importanti progetti di vita,
quanto affrontando le piccole, semplici sfide di ogni giorno.
Tutto questo discorso, inoltre, va accompagnato da alcune
necessarie precisazioni:
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vincere sempre, di porti come guru indiscusso agli occhi del
mondo, o di far si che tu possa piacere a tutti o riesca realmente a
convincere chiunque di qualunque cosa (ricorda quell’ “… o
quasi!” nel titolo!). La mente umana è infatti molto più
complessa di quanto possiamo anche solo lontanamente
immaginare, non è un computer, non è governata da un
semplice “software” e non è mai sicuro al 100% che ad un
determinato “input” corrisponda sempre lo stesso “output”.
Ricorda insomma sempre che, sebbene il mettere in pratica il
contenuto di questo libro aumenterà enormemente il tuo potere
persuasivo e comunicativo, avrai alla fine sempre e comunque una
percentuale di fallibilità. E far propria questa consapevolezza è
probabilmente addirittura la “tecnica prima” di ogni persuasore
esperto. Un limite che però, come accade per tutti i limiti umani
oggettivi, può essere trasformato in una risorsa nel momento stesso in cui
viene accettato ed “imbracciato” per ciò che è.
• Non fare lo st***zo. Non sopporti più neanche tu il solito
stuolo di politici disonesti che utilizzano tecniche di
comunicazione ben elaborate per convincere il proprio
elettorato a votarli? Od i soliti piazzisti che, con qualche astuto
stratagemma, rifilano ai propri clienti merce di infimo livello?
Bene, questo dovrebbe bastare a convincerti ad usare questi
principi unicamente per convincere gli altri della presenza di un
valore reale che magari fa fatica ad essere riconosciuto, e mai per
elevare menzogne al rango di verità.
Ricorda sempre: la risposta migliore ad un’era in cui un vuoto di
valore è abilmente mascherato da buone tecniche di
sponsorizzazione e marketing non consiste nel rifiutarsi di usare
queste stesse tecniche di presentazione, ma piuttosto nell’usarle in
modo onesto, per presentare finalmente al meglio un valore reale.
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La persuasione basata su menzogne d’altronde, inutile negarlo, può anche
funzionare sul breve termine, ma è qualcosa di profondamente vulnerabile
sul lungo termine.
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Sito ufficiale:
https://www.kintsugiproject.net
Instagram:
@kintsugiprojectita
Facebook:
https://www.facebook.com/kintsugiprojectita/
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I – Le 5 chiavi dell’arte della
persuasione
1 - Uno scopo sentito rimane l’arma di persuasione più
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finendo appunto per ottenere un rifiuto in quanto palesemente
svogliati, annoiati, fasulli?
“Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove
andare” disse d’altronde Lucio Anneo Seneca. Ed avere uno
scopo ben chiaro nella propria testa infatti è assolutamente
fondamentale sia per attivare quel naturale istinto che costantemente porta
alla nostra attenzione i mezzi più efficaci con cui portare a compimento ciò
che veramente ci interessa (molti dei quali verranno illustrati più avanti
in questo libro), sia per attivare in maniera totalmente automatica
nel nostro corpo quell’insieme di micro-espressioni, di scelte
comunicative, di intonazioni nella voce, di linguaggi facciali e
corporei che renderanno inevitabilmente l’intera comunicazione
ferma, cristallina, penetrante.
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“Considerando l’altro come una potenzialità, anziché come una resistenza da
abbattere, il seduttore accorto e creativo se ne assicura abilmente la conquista.”
(Pierre Fayard)
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effettivamente nelle situazioni che andremo ad affrontare.
“Forse anche l’inamovibile forse sta per cedere. I muri comunicativi spesso
sono apparenze; semplicemente ricordati queste due frasi e potrai ottenere
risultati comunicativi straordinari anche, e soprattutto, laddove non te lo
saresti mai aspettato.”
(Yamada Takumi)
“L’atto del vedere non si limita allo sguardo di chi dà una definizione alle
cose, ma rigenera ciascuna delle parti mediante un’interazione.”
(Lee Ufan)
3 - Ogni fase della comunicazione è solo in tuo potere
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inevitabilmente a ridurre il naturale “peso” che avremmo, e
percepiremmo di avere, in ogni procedimento di comunicazione.
In aggiunta tutto ciò, la nostra mente è affetta da un altro ben
documentato “bias” (ossia, errore cognitivo): il cosiddetto “bias di
illusione della trasparenza”. Tale bias semplicemente ci induce a
credere di essere, nei contesti interpersonali, più “trasparenti” di
quello che effettivamente siamo e ad immaginare pertanto che gli altri
possano dedurre e capire su di noi molto di più di quanto effettivamente
capiscano. In un certo senso a causa di questo errore spesso
“perdiamo” ulteriormente la fiducia nel potere di ciò che
comunichiamo; finiamo stupidamente per credere che in qualche
modo “sia inutile” curare forma e presentazione di ciò che
proviamo ad esprimere, e che l’insieme di informazioni che l’altro
abbia su di noi sia derivato dal fatto che esso possa
automaticamente “capirci”, quasi “leggerci nel pensiero”, anziché
l’ovvio risultato di ciò che, anche implicitamente, gli abbiamo
comunicato fino a quel momento.
“Per gli altri sei nulla più che il risultato di ciò che, volontariamente o meno,
comunichi loro.”
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4 - La flessibilità è tutto
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è parte della reale natura di qualcuno. E questo è un discorso che
approfondiremo anche alcune pagine più avanti.
Sebbene infatti una cosa del genere venga comunemente associata
al concetto di ipocrisia, non c’è nulla di abietto nel decidere
strategicamente come comportarsi in ogni situazione. Lo facciamo
tutti, continuamente, e non solo in maniera “subconscia” ma
spessissimo anche in maniera pienamente consapevole. Come
quando un datore di lavoro modula le proprie parole perché siano
il più possibile motivanti per un suo dipendente. Come quando
uno studente, durante un esame universitario, fa il possibile per far
capire al proprio professore che è adeguatamente preparato. Come
quando un ricercatore prova a proporre nel miglior modo ad
un’azienda un prodotto che salverà delle vite.
Il problema difatti non è nell’imparare ad essere flessibili in
maniera da scegliere cosa dire, fare o pensare, ma nell’uso che si fa
di queste scelte. E di nulla dovremo vergognarci se, come detto
anche ad inizio libro, agiremo sempre in maniera equilibrata, onesta
ed orientata al bene di tutti.
E quindi solo attraverso la piena comprensione di noi stessi, di ciò che
realmente siamo e pensiamo, ed attraverso una saggia distinzione
di tutto questo da ciò che invece siamo abituati a fare o mostrare,
potremo sfoggiare il comportamento che vogliamo.
Perché se ci conosciamo a fondo, un comportamento “differente”
rispetto a quanto ci verrebbe suggerito dai preconcetti o dagli
impulsi non sarà mai realmente un tentativo di “imporci” qualcosa, ma al
contrario ne sarà una diretta e consapevole conseguenza. Un sereno e
consapevole compromesso atto ad ottenere un beneficio che ci
soddisfi, al pari di quando per spirito di adattamento accettiamo di
attraversare un percorso che ci faccia soffrire nel breve termine,
pur di potere migliorare la nostra condizione nel lungo periodo.
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• Resistenze, ossia tutti quei “meccanismi mentali” che
potrebbero rifiutare il tentativo di persuasione.
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Che si stia dunque decidendo di adottare una strategia
prevalentemente “yin” o prevalentemente “yang”, rimane
principio fondamentale nell’arte della persuasione quello della
conoscenza del bersaglio da persuadere. Se capiamo infatti come questo
arriva a decidere di effettuare una scelta, come arriva a percepire
qualcosa come “funzionante” e come tende a reagire a determinati
stimoli, non solo potremo stabilire con esso un’iniziale empatia che
semplificherà già di per sé l’intero processo persuasivo, ma
potremo anche capire come “far leva” sulle sue resistenze e sulle
sue potenziali “alleanze” nel miglior modo possibile. Una buona
campagna pubblicitaria per esempio potrebbe anche esortare
“direttamente” ad acquistare un prodotto, ma dovrà sempre prima
far si che lo associamo a sensazioni di potere o piacere, altrimenti
potremmo non avvertire alcuna “esigenza” di andare su Amazon
ad acquistarlo. Ma è anche il motivo per cui i dati raccolti dai
social network sono letteralmente l’oro di quest’epoca: perché gli
algoritmi e le reti neurali che processano le nostre abitudini da
social creano dei “profili” su nostri gusti, interessi e
comportamenti così vicini alla realtà che diventano,
sfortunatamente, anche un mezzo praticamente “sicuro” per
capire come indurci a comprare qualcosa.
Insomma, senza la pretesa di raggiungere la mole di informazioni
che può ottenere l’algoritmo neurale di un social network, può
comunque risultarci estremamente utile passare in rassegna la
seguente lista. Le anche solo potenziali risposte alle seguenti
domande potranno infatti sicuramente darti almeno l’input giusto
con cui analizzare il tuo “bersaglio”. Tieniti questa lista di
domande da parte. Ricordati quelle due o tre che ti sembrano più
significative e ponitele ogniqualvolta stai "studiando" l’oggetto
della tua persuasione. Magari le risposte non arriveranno
immediatamente, ma come accade per ogni domanda ben
formulata, l’atto stesso di formularle rappresenterà la "scintilla"
primaria nel processo di ricerca di una risposta: magari tu non ce
l’hai in una forma nitida e precisa tra le mani, ma sta’ sicuro che il
tuo cervello sa già almeno dove cominciare a guardare.
In che prospettiva questa persona vede il mondo?
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• Cos’è importante per lei? Cosa ama?
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tende a ribellarsi?
“Personalmente, vado matto per le fragole con la panna; ma, non so per quale
strana ragione, i pesci preferiscono i vermi. Così, quando vado a pescare, non
cerco di adattare i loro gusti ai miei, ma mi rassegno ai gusti loro. Quindi,
non metto sull’amo fragole con panna, ma lombrichi o cavallette, e li butto ai
pesci, sperando che gradiscano. Perché non usare lo stesso elementare
buonsenso anche quando trattiamo con la gente?”
(Dale Carnegie)
A volte le risposte arriveranno semplicemente. Altre volte ci vorrà
tempo e fatica. Mai dimenticarsi tuttavia che il persuasore esperto
è colui che non si fida mai delle prime risposte, di quelle mostrate più
clamorosamente, di quelle che sembrano più facili. Si sa d’altronde, non
solo in ogni analisi bisogna superare i propri pregiudizi per evitare
che essi offuschino una lettura oggettiva delle cose, ma, come
detto poche pagine fa, bisogna sempre tenere in considerazione
l’imprescindibile verità che ogni essere umano spesso e quasi sempre
mente, mostrando parti di sé dissonanti con la propria natura più
profonda. Ed è inutile dire che facendo leva su questi strati
superficiali non si potrà che giungere ad un risultato altrettanto
superficiale.
Se si vuole persuadere efficacemente bisogna insomma far leva su
ciò che l’altro realmente vuole, desidera ed ama e mai su ciò che
mostra di volere, desiderare ed amare.
Ovviamente certe “reali” inclinazioni dell’altro spesso sono
talmente ben nascoste da divenire difficili da individuare persino
per il soggetto stesso. Tuttavia qui la strada da seguire si basa su
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poche, semplici linee-guida. Queste regolette che seguono
possono essere davvero preziose in qualunque contesto
interpersonale e possono anche rappresentare un eccellente
"radar" per capire se chi hai davanti sta mentendo o comunque si
sta comportando in maniera non onesta e spontanea. Prova ad
impararle e portale sempre con te:
• Fidati dei comportamenti fisici, delle azioni, delle espressioni e dei toni di
voce più che delle parole e delle dichiarazioni d’intenzione.
• Fidati dei comportamenti istintivi più che di quelli espressi dopo che si ha
avuto modo di fermarsi e ragionare.
• Fidati di ciò che viene fatto in assenza di controllo sociale più di quello che
viene fatto “sotto i riflettori”.
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Insomma, prima di ogni altra cosa, allenati all’osservazione attenta
e dettagliata di chi ti circonda. Esaminali sempre in base a questi
principi piuttosto che in base a quello che credi di sapere. Non
lasciarti sfuggire tutto ciò che viene “inavvertitamente”
comunicato e si rivela “al di là” di ciò che l’altro “vorrebbe”
attivamente comunicare. E non solo il tuo naturale potere
persuasivo ne beneficerà enormemente, ma riuscirai naturalmente
ad individuare insincerità, contraddizioni, malevolenze di chi,
indossando una maschera ben diversa da quelle che sono le
proprie reali intenzioni, potrebbe avere come unico fine il tuo
sfruttamento, la tua manipolazione ed il tuo inganno.
“Quando gli occhi dicono una cosa e la bocca un’altra, l’uomo avveduto si fida
del linguaggio dei primi.”
(Ralph Waldo Emerson)
Il capitolo continua nella versione completa
21
II – Persuasione “yin”
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forza”. Per questo non solo pochissime tra le tecniche dei
corrispettivi capitoli saranno “puramente” yin o yang, ma i
Capitoli II e III di questo libro sono a loro volta da considerarsi
“profondamente complementari”, ed una “reale” e completa
padronanza dell’arte della persuasione può essere ottenuta
solamente nel momento in cui si capisce di volta in volta come
combinare elementi e pratiche contenute in ognuno di essi.
Ciò detto, ti auguro ancora una volta buona lettura. Alcune di
queste tecniche magari le conoscerai già. Altre probabilmente le
starai già usando “naturalmente” e senza nemmeno rendertene
totalmente conto. D’altronde, come detto anche ad inizio libro,
non esistono “grandi tecniche segrete” nell’arte della persuasione, ma nulla
più che l’applicazione intelligente di principi base della psicologia e regole di
buonsenso per i quali, mi auguro, questo libro ti farà da prezioso
contenitore e vademecum.
Show or tell?
Dice una delle regole basilari della scrittura creativa: “Show, don’t
tell”. Ossia, “Mostra, non raccontare”. Invece di dire “Sam era
nervoso”, parla del tremore alle sue mani, della sua espressione
inquieta, dei tic del suo piede! Certo, come ogni regola non
puramente scientifica, essa non può mai dirsi universalmente giusta o
valida, ma quel che è certo è che un concetto molto spesso riesce
a persuadere, a convincere, a raggiungere più facilmente la
sensibilità quando si punta a mostrarlo concretamente come tale più
di quanto non ci si impegni a dirlo o spiegarlo.
Questo non vuol dire rinunciare completamente all’uso della parola
come mezzo efficace per veicolare un significato. Anzi, come
vedremo anche più avanti, un errore di comunicazione molto
frequente è proprio quello che consiste nel non spiegare qualcosa di
ritenuto erroneamente ovvio. Però tre principi fondamentali a cui
prestare attenzione quando si cerca di usare una strategia di
comunicazione almeno in parte “tell” sono:
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• La parola va congegnata in maniera efficace. E vedremo tra
poco come.
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cognitivi di chi la legge od ascolta, e che tenere conto di questo
può moltiplicare l’efficacia del proprio messaggio comunicativo.
Così come, allo stesso modo, non tenerne ingenuamente conto
può portare a veri e propri “disastri comunicativi”.
Quando dunque ne hai la scelta e la possibilità chiediti sempre:
quali sinonimi o costruzioni simili ho a disposizione per
esprimere lo stesso concetto? E quali di essi “covano” in sé un
immaginario che, se comunicato all’altro può risultare utile a
rafforzare il messaggio che voglio esprimere?
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d’altronde l’equivalenza “logica” di due espressioni non equivale
mai alla loro “equivalenza comunicativa”; pertanto sii sempre
“furbo” abbastanza da fermarti un secondo e porre l’accento sulla
prospettiva che meglio ti può portare a realizzare il tuo scopo persuasivo.
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sembra appartenere all’ordine naturale delle cose, e più è difficile
contrastarla.”
(Pierre Fayard)
“Cercate bene le parole, dovete scegliere! A volte ci vogliono otto mesi per
trovare una parola. Scegliete, che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha
cominciato a scegliere!”
(Roberto Benigni)
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L’hanno detto sull’internet
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• Dati di fatto. Questa linea strategica consiste nel conferire un
senso di oggettività all’idea tramite esempi pratici, prove
innegabili, statistiche e tutto quanto sia in grado di presentare
tale idea come “dato di fatto”. I regimi usano spesso questa
tecnica quando, nell’impartire al popolo la propria propaganda,
fanno il possibile per truccare le statistiche di popolarità di un
leader; in tal modo infatti esso, dimostrando di avere
“l’oggettività dei numeri” dalla propria parte, potrà rivestirsi di
un’aura ancora più forte ed autoritaria. Ma anche esibirsi in una
spiegazione chiara, razionale, che dimostri che l’idea da
trasmettere discende da prove oggettive o che perlomeno
risultino dialetticamente difficili da controbattere può realizzare
il trucco del trasformarla agli occhi dell’altro in un “dato di
fatto”. Tutto sta nel saper maneggiare l’arte del porre alla “base”
del proprio concetto almeno un sostegno che risulti difficile, se
non impossibile da smontare.
Ovviamente, e questo è un concetto a cui fare attenzione, alcune
persone sono “fanatiche” abbastanza delle loro credenze da
rifiutare anche il più evidente dei dati di fatto. Tuttavia se si
“sfruttano” tali credenze e si cerca di fare capire all’altro che esse
ed il dato di fatto presentato sono nulla più che aspetti complementari
di una realtà più complessa, si potrebbe trovare anche una via per
“scalfirle”.
Una cosa che va molto “di moda” di recente, per esempio, sono le
cosiddette “teorie del complotto”. Si, lo so, si tratta di un
argomento complesso ed è estremamente probabile che alcune di
esse discendano almeno in parte basi reali, per quanto alterate o
semplificate. Tuttavia, volendo mettere da parte questo discorso
ben più ampio e tornando alla nostra cara tecnica del “dato di
fatto”, la persona che ad esempio crede fermamente in una teoria
complottistica completamente farlocca solamente perché “verosimile” e
particolarmente suggestiva, difficilmente verrà convinta dai dati di
fatto che provino che tale teoria non ha senso di esistere;
piuttosto, essa cercherà di inglobare tali dati di fatto in ciò che egli
definisce “parte del complotto”. A questo punto il persuasore
“abile” cercherebbe di usare la sua stessa arma contro di lui: egli
non negherà infatti a priori l’esistenza del “complotto”, né del
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fatto che possano esistere dei “poteri forti” che lo abbiano creato,
ma cercherà di relativizzarlo, di espandere la sua prospettiva, di
fargli capire che anche a fronte del complotto stesso esiste una
realtà più ampia e complessa e che i dati “oggettivi” presentati non
smontano necessariamente le sue credenze, ma sono comunque dati
a cui bisogna far fronte. Elementi che necessitano di essere elaborati
qualora si voglia giungere alla “superiore” verità che egli stesso sta
cercando.
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situazione proverebbe a dirti “le prove che non volano sono
insufficienti; cosa accadrebbe se cominciassero a volare di notte,
mentre gli altri animali dormono, e nessuno li guarda?”. E così
via. Tale trucco insomma, può suonare un po’ “sporco”, ma
specialmente se usato in concomitanza con le altre tecniche
illustrate finora può risultare di enorme efficacia. D’altronde
non ci sono prove del contrario.
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L’altro per esempio è orgoglioso? Gioca sul suo orgoglio. Ha
paura di qualcosa più di ogni altra cosa? Gioca con quella paura.
Desidera una cosa in particolare più di tutte? Prova a fargli capire
che di questo passo non la raggiungerà mai!
“Non appena conobbi il presidente Woodrow Wilson, mi resi subito conto che
il sistema migliore per convincerlo di qualcosa era mettergli in testa l’idea come
per caso, e lasciare che fosse lui ad interessarsene a poco a poco. Così si
convinceva che fosse farina del suo sacco. La prima volta che applicai questa
tecnica fu per caso. Mi ero recato alla Casa Bianca e gli avevo dato un
consiglio che lui sembrava non voler tenere in alcuna considerazione. Ma
parecchi giorni dopo ebbi la sorpresa, a tavola, di sentirgli ripetere quello che
io gli avevo suggerito come se fosse stata un’idea sua.”
(Edward M. House)
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IV - Persuasione per
leadership
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modello, nel genitore o nell’amico ideale, nel perfetto maestro di questa o quella
disciplina. E sebbene i campi d’azione, le idee e le competenze di
tutte queste figure potrebbero a volte essere anche radicalmente
opposte, in realtà c’è sempre qualcosa che li accomuna. Piccole,
semplici caratteristiche che alcuni di essi hanno probabilmente
innate, ma che molti altri probabilmente hanno dovuto maturare
con il tempo ed il duro lavoro. Ma caratteristiche che comunque
sono lì, pronte a portarci naturalmente a seguire le loro trascinanti
parole, ad ammirare i loro ispiranti atti, ad agire alla luce dei loro
preziosi consigli.
Ecco quindi che in questo capitolo discuteremo insieme proprio
l’elenco di queste caratteristiche. Elenco che non solo potrà
aiutarci a capire da dove potrebbe partire con quel “duro lavoro”,
di cui sopra; ma che potrebbe condurci anche a comprendere le
dinamiche ed i meccanismi, spesso artefatti e fasulli, dietro la
costruzione e la creazione dei “falsi leader”: ossia di tutte quelle
personalità straripanti, fasulle ed eccessive, che dietro all’artificiosa
costruzione di ciò che dovrebbero rappresentare, mancano
completamente delle qualità essenziali per ispirare realmente i
cuori altrui.
Sicurezza di sé
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ha a che fare. Riesci d’altronde ad immaginarti Steve Jobs, Mahatma
Gandhi o Martin Luther King senza autostima o sicurezza nelle
proprie idee? Riesci ad immaginarteli mentre mostrano incertezze
uno sull’applicabilità delle proprie tecnologie, l’altro
sull’importanza della resistenza nonviolenta e l’ultimo sulla rivalsa
delle comunità di colore in Nordamerica?
Ma come lavorare sulla propria sicurezza di sé? Non è sicuramente
qualcosa di facile. Non conta infatti ciò che certi pessimi autori di
motivazione vorrebbero farti credere: per certi obiettivi non
esistono “pillolette”, né “trucchi magici”, e l’unica cosa che può
aiutarci a raggiungerli è nulla meno che lavoro duro e costante.
Tuttavia le linee-guida che seguono potrebbero sicuramente
aiutarti a comprendere verso quale direzione questo lavoro
dovrebbe essere svolto:
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quali i genitori tendono ad iniettare una maggiore fiducia in sé
stessi. La bassa autostima, al contrario, genera scarsità di
risultati, la quale a sua volta genera scarsa autostima. Quindi sta
a noi decidere che considerazione avere di noi stessi e pertanto
quale “circolo” alimentare.
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• Mettiti in gioco. Il 90% della tua autostima sarà creato e
consolidato dal modo in cui deciderai di metterti in gioco ed
affrontare tutti gli ostacoli presenti sul tuo cammino. Se di
fronte ad ognuno di essi sceglierai l’autocommiserazione, la
“lagna” e la fuga, stai certo che l’immagine che hai di te stesso
diverrà nel tempo sempre più grigia e cupa, e difficilmente
riuscirai davvero ad “ispirare” qualcuno a compiere qualcosa di
positivo. Se invece ogni volta sceglierai di assumerti la
responsabilità di affrontare tutto ciò che un percorso comporta,
resisterai ad ogni difficoltà e riuscirai a trasformare ognuna di
esse in un’occasione per migliorarti ed apprendere qualcosa di
nuovo, ecco allora che tutta l’autostima necessaria, e la tua
conseguente capacità di guidare gli altri ad essere persone
migliori, verrà praticamente da sé.
“Il merito appartiene all’uomo che è nell’arena; il cui viso è segnato dalla
polvere e dal sudore; che lotta coraggiosamente; che sbaglia e può cadere
ancora, perché non c’è conquista senza errore o debolezze, ma che veramente
lotta per realizzare; che conosce il grande entusiasmo e la grande fede; che si
adopera per una nobile causa, che tutt’al più conosce alla fine il trionfo delle
alte mete, e che nel peggiore dei casi, se fallisce, cade almeno gloriosamente,
cosicché il suo posto non sarà mai vicino alle anime pavide e paurose che non
conoscono né la vittoria né la sconfitta.”
(Theodore Roosevelt)
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ascoltare, ad aprirsi all’altro e coltivando genuina curiosità e
rispetto per ogni possibile punto di vista. E sapendo bilanciare
tutto ciò con il raggiungimento di quello status che chiameremo
“unione senza omologazione”. Omologazione è smarrirsi
nell’altro, accondiscendervi, dargli universalmente retta fino a
perdere la propria individualità. Unione è mantenere sempre alta la
consapevolezza di sé stessi e del proprio sentire e sapere usare
questa consapevolezza per provare a compiere un percorso
comune. È dare importanza all’altro ma non dare peso assoluto a
questa importanza (un po’ come visto nel capitolo precedente,
quando abbiamo parlato di “equilibrata importanza”). Cercare di
stabilire una connessione, ma non sbracciarsi per piacere a tutti i
costi; anzi, cogliere sempre l’occasione, quando necessario, per
avere anche confronti spiacevoli in nome dell’onestà e della
precisione. Dare peso alla prospettiva dell’altro, ai suoi sfoghi, alle
sue necessità ma non accettarne necessariamente la visione, le
imposizioni, né tanto meno le pressioni che ne derivano. Mostrarsi
come qualcuno su cui si può fare sinceramente affidamento per il
proprio benessere, ma senza accettare le regole che può,
attivamente o passivamente, imporre l’altro per raggiungere tale
obiettivo.
L’empatia ed il senso di “unione” è una dote piuttosto difficile da
coltivare se non la si possiede del tutto, ma sicuramente può essere
potenziata attraverso innanzitutto coltivando una profonda
sensazione di comprensione e rispetto per ogni punto di vista. E poi, come
visto anche alcuni capitoli fa, attraverso l’auto-allenamento
all’ascolto ed all’osservazione disinteressata dell’altro e dei suoi modi
di agire e pensare, come detto alcune pagine fa. Tutto questo unito
a tutte le necessarie azioni per preservare la propria indipendenza
spirituale, come:
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strettamente lavorare perché ogni rapporto con l’altro punti alla
seconda. Pretendere infatti uniformità d’opinione od assenza di
contrasti a tutti i costi comporterebbe solo violenza, nei
confronti tanto degli altri quanto di sé stessi.
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persone vivono insieme in armonia e con pari opportunità. È un ideale che
spero di vivere e realizzare. Tuttavia, se necessario, è un ideale per cui sono
disposto a morire.”
(Nelson Mandela)
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Fine anteprima
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