Ebook Le Informazioni Sugli Alimenti Al Consumatore Laura Spagnolo PDF
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A CURA DI
LAURA SPAGNOLO
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
CAPITOLO I
LA TUTELA DEL CONSUMATORE
1
A. GERMANÒ, Le indicazioni in etichetta (e la loro natura) e i segni degli alimenti, in Riv. dir. agr., 2012, II, p. 216; G. ALPA, G. CONTE E L.ROSSI CAR-
LEO, La costruzione del diritto dei consumatori, in G.ALPA (a cura di), I diritti dei consumatori, in G. AJANI E G.A. BENACCHIO (diretto da), Trattato di
diritto privato dell’Unione europea, vol. III, tomo I, Torino, 2009, p.1.
1
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
alimentare e bandiscono gli operatori di quei prodotti che pur potendo essere ingeriti sono
dannosi per la salute o non sono destinati al consumo umano2.
Con l’introduzione del regolamento sulla sicurezza alimentare, quindi, il diritto alimentare eu-
ropeo oltre alla funzione di disciplinare il diritto di far circolare gli alimenti liberamente, si as-
sume direttamente anche la responsabilità di proteggere la salute e/o sicurezza dei destinatari
finali degli alimenti3.
Ed invero, il TFUE contiene disposizioni che riguardano direttamente, o anche indirettamente,
la salute disponendo l’art. 168 che l’azione dell’UE debba completare le politiche sulla sanità
pubblica, e l’art. 169 che l’Unione debba contribuire a tutelare la salute dei consumatori. Non
dispone, invece, alcunché sull’alimentazione. Ma poiché il cibo per poter essere ingerito deve
essere inevitabilmente “sano”, non può che concludersi che alimentazione e salute sono impre-
scindibilmente legate e che, attraverso le disposizioni sulla salute, debba ritenersi implicita nel
TFUE anche la materia dell’alimentazione che, per l’effetto, ne assume la qualifica di materia
concorrente, al pari anche di quella di tutela dei consumatori, ben legittimando, quindi,
l’individuazione di un diritto alimentare comunitario di spettanza dell’Unione Europea4.
• sleale quella pratica commerciale contraria alle norme sulla diligenza professionale e
che falsa o che è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in
relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta (o del
membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determina-
to gruppo di consumatori) (art. 5 della direttiva);
2
A. GERMANÒ, Le indicazioni in etichetta (e la loro natura) e i segni degli alimenti, cit., p. 213; cfr. L. COSTATO, Principi e requisiti generali della
legislazione alimentare, in L. COSTATO, A. GERMANÒ E E. ROOK BASILE (diretto da), Trattato di diritto agrario, vol. 3, Il diritto agroalimentare, Torino,
2011, p.19.
3
A. FORTI, Il (doppio) valore del diritto alla salute nel diritto alimentare (la trasformazione dei diritti sociali nel diritto comunitario), in Riv. dir.
agr., 2013, IV, p. 607. Emblematica, a riguardo, è la definizione fornita da Costato sul diritto alimentare in generale: <<il diritto alimentare si
configura come un complesso di regole giuridiche di origine nazionale, comunitaria e internazionale informate alla finalità di proteggere il con-
sumatore di alimenti. La protezione si manifesta, in via generale, vietando la messa in circolazione di alimenti i cui vizi sono direttamente danno-
si per chiunque, anche se assunti in modiche quantità>> in L. COSTATO, I principi del diritto alimentare, in Studium iuris, 2003, p. 1051.
4
A. GERMANÒ, Le indicazioni in etichetta (e la loro natura) e i segni degli alimenti, cit., p. 215; Cfr. L. COSTATO, Principi e requisiti generali della
legislazione alimentare, cit., p. 27.
2
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
• ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto
non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o
possa ingannare il consumatore medio, anche se l’informazione è di fatto corretta, ri-
guardo ad uno o più degli elementi indicati e in ogni caso lo induca o sia idonea ad in-
durlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti
preso (art. 6, 1° paragrafo, della direttiva);
• ingannevole, inoltre, una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto
conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induca o sia idonea ad indurre il
consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe
altrimenti preso con le modalità ivi nel dettaglio indicate (art. 6, 2° paragrafo, della di-
rettiva);
• ingannevole, anche, una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, sempre te-
nuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo
di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio
ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commer-
ciale e induca e sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere
una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso (art. 7, 1° paragrafo, della
direttiva);
• un’omissione ingannevole, infine, quando un professionista occulta o presenta in modo
oscuro ed incomprensibile, ambiguo ed intempestivo le informazioni rilevanti di cui il
consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevo-
le di natura commerciale, tenendo conto di tutte le caratteristiche e circostanze del ca-
so, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, o non indica l’intento
commerciale della pratica stessa, qualora non risultino già evidenti dal contesto e quan-
do, in uno o nell’altro caso, ciò induce o è idoneo ad indurre il consumatore medio ad
assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (art. 7,
2° paragrafo, della direttiva);
• aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte
le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ri-
corso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limiti o sia idoneo a limitare conside-
revolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione
al prodotto e, pertanto, lo induca o sia idonea ad indurlo ad assumere una decisione di
natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (art. 8 della direttiva).
Evidente, quindi, come oggetto di tutela della direttiva citata che, si ricorda, ha trovato applica-
zione sino ad ora anche in ambito alimentare, siano gli interessi economici del consumatore e la
sua libertà di assumere decisioni commerciali non condizionate, ratio questa che trova fonda-
mento anche nell’art. 1 della medesima direttiva ove leggesi chiaramente che lo scopo della
stessa è quello di <<contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al consegui-
mento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposi-
zioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pratiche
commerciali sleali lesive degli interessi dei consumatori>>5. L’art. 7, 5° paragrafo, della direttiva
5
Cfr. M. GIUFFRIDA, Pratiche leali di informazione e informazioni, in Riv. dir. agr., 2012, I, p. 81 e ss.; S. BOLOGNINI, Claims nutrizionali e sulla salute
e pratiche commerciali scorrette: quando l’inganno da dolce diventa amaro, in Riv. dir. agr., 2012, IV, p. 323 e ss.; A. DI LAURO, La comunicazione
e la disciplina della pubblicità dei prodotti alimentari, in L. Costato, A. Germanò e E. Rook Basile (diretto da), Trattato di diritto agrario, vol. 3, Il
diritto agroalimentare, Torino, 2011, p.547 e ss..
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
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2005/29/CE, tuttavia, riconosce, al fine di definire se una pratica omissiva sia ingannevole o
meno, come <<rilevanti gli obblighi di informazione, previsti dal diritto comunitario, connessi
alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il marketing di cui l’allegato II fornisce
un elenco più completo>>: ed è proprio in linea con tale disposizione che, come verrà argomen-
tato meglio successivamente, sono state introdotte con il Reg. (UE) n. 1169/2011 disposizioni
più dettagliate che specificano quali pratiche, mediante un ragionamento a contrario, sono da
ritenersi sleali in ambito alimentare (i.e. art. 7 rubricato <<Pratiche leali d’informazione>>) alla
luce anche di quanto sancito in maniera del tutto generica dallo stesso Reg. (CE) n. 172/2002 al
suo art. 8, rubricato come <<Tutela degli interessi dei consumatori>> ove leggesi che <<la legi-
slazione alimentare si prefigge di tutelare gli interessi dei consumatori e di costituire una base
per consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che con-
sumano. Essa mira a prevenire le seguenti pratiche: (a) le pratiche fraudolente o ingannevoli;
(b) l’adulterazione degli alimenti; (c) ogni altro tipo di pratica in grado di indurre in errore il
consumatore>>.
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
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regime differente tra le informazioni che incidono direttamente sulla salute di determinate ca-
tegorie di consumatori (quali, ad esempio, le indicazioni relative a sostanze in grado di determi-
nare allergie o intolleranze di cui all’art. 9, par. 1, lett. c)), rispetto alle altre di rilevanza nutri-
zionale e per le quali il regolamento prevede un approccio meno rigoroso soprattutto per i pro-
dotti messi in vendita sfusi per i quali è obbligatoria la sola fornitura delle informazioni di cui all’
art. 9, par. 1, lett. c).7
Dallo scenario sino ad ora brevemente descritto non possono che sorgere le seguenti conside-
razioni spontanee: si assiste ad un concetto di salute piuttosto ampio, o, se vogliamo, piuttosto
limitato, che concorre con un sempre più “reclamato” diritto del consumatore ad essere infor-
mato il quale, non camminando spesso e volentieri di pari passo con un altrettanto ben delinea-
to diritto del consumatore all’educazione, non può che far spostare la linea della responsabilità
dall’operatore alimentare al consumatore medesimo.
Ed invero, come già argomentato poc’anzi, non è chi non veda come il diritto alla salute sia, per
certi versi, sottoposto ad una pressione, o meglio limitazione, in quanto continuamente sotto-
posto ad un’opera di bilanciamento con tutti gli altri interessi in gioco e le varie esigenze del
mercato alimentare, e, per altri versi, invece, sia “ampliato” al più generale concetto di “benes-
sere”8 distinguendosi le tipologie di informazioni sulla salute e, pertanto, ça va sans dire, il loro
impatto sulla stessa, e affidando al consumatore, in sostanza, l’utilizzo consapevole delle mede-
sime e, pertanto, il <<corretto uso del cibo>>9.
Il concetto di benessere non coincide con il concetto di salute noto ai più e consistente con il bi-
sogno di essere curati, ma si configura come il diritto di ogni persona al <<mantenimento dello
stato di salute>> e a vivere in un ambiente salubre divenendo, in sostanza, una questione pret-
tamente privata. La salute, quindi, diviene conseguenza della gestione personalizzata della pro-
pria vita e delle proprie abitudini alimentari quasi vi fosse in capo al consumatore non soltanto
un diritto a mantenersi in salute, ma un altrettanto dovere avente il medesimo contenuto: il
consumatore, pertanto, diviene l’unico responsabile di tutte le proprie scelte di consumo10.
7 Cfr. I. CANFORA, Informazioni a tutela della salute e conformazione del contenuto negoziale tra diritto europeo e diritti nazionali, cit., p. 127 e
ss.
8
Cfr. A. FORTI, Il (doppio) valore del diritto alla salute nel diritto alimentare (la trasformazione dei diritti sociali nel diritto comunitario), cit., p.
610 e SS.
9 Cfr. I. CANFORA, Informazioni a tutela della salute e conformazione del contenuto negoziale tra diritto europeo e diritti nazionali, cit., p. 123.
10 Cfr. A. FORTI, Il (doppio) valore del diritto alla salute nel diritto alimentare (la trasformazione dei diritti sociali nel diritto comunitario), cit., p.
619 e SS..
11 Cfr. ALBISSINI, The new European Regulation on the provision of food information to consumers, in Riv. dir. alim., 2, 2011, p. 5; cfr. anche sul
punto S. MASINI, Diritto all’informazione ed etichettatura di alimenti, in Riv. dir. agr., IV, 2011, p. 576 e ss..
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il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
12 Cfr. A. GERMANÒ, M.P. RAGIONIERI, E.ROOK BASILE, L’informazione alimentare, in Diritto agroalimentare, le regole del mercato degli alimenti e
dell’informazione alimentare, 2014, Torino, p. 69 e ss.
13Cfr. sul punto E. SIRSI, Il diritto all’educazione del consumatore di alimenti, in Riv. dir. agr., IV, 2011, p. 495 e ss.
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
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Cfr. sul punto A. DI LAURO, Nuove regole per le informazioni sui prodotti alimentari e nuovi alfabetismi. La costruzione di una responsabilità del
consumatore“, in, Riv. dir. alim., 2, 2012, p. 1 e ss.
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CAPITOLO II
IL REG. (UE) N. 1169/2011 RELATIVO ALLA FORNITURA DI INFORMAZIONI
SUGLI ALIMENTI AL CONSUMATORE
Sommario: 1. Finalità e principi generali del Reg. n. 1169/2011 - 2. L’etichetta - 3. Le informazioni ob-
bligatorie – 3.1. L’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza – 3.2. La dichiarazione
nutrizionale – 4. Le indicazioni volontarie – 5. Pratiche leali di informazione – 6. La responsabilità
dell’operatore del settore alimentare
2° considerando, sulla scorta dell’art. 169 del TFUE che stabilisce che l’Unione deve contribuire
ad assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori (1° considerando), che <<la libera
di circolazione di alimenti sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale del mercato interno e
contribuisce in modo significativo alla salute e al benessere dei cittadini, nonché alla realizza-
zione dei loro interessi sociali ed economici>> e che <<per ottenere un elevato livello di tutela
della salute dei consumatori e assicurare il loro diritto all’informazione, è opportuno garantire
che i consumatori siano adeguatamente informati sugli alimenti che consumano. Le scelte dei
consumatori possono essere influenzate, tra l’altro, da considerazioni di natura sanitaria, eco-
nomica, ambientale, sociale ed etica>> (3° considerando). La legislazione alimentare, pertanto,
<<si prefigge quale principio generale, di costituire una base per consentire ai consumatori di
compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano e di prevenire qualunque
pratica in grado di indurre in errore il consumatore>> (4° considerando).
Ma vi è di più. Il Reg. (UE) n. 1169/2011 non soltanto ha adottato tali principi quali “linee gui-
da”, ma li ha resi parte integrante del proprio corpo normativo. Al suo art. 1, rubricato <<Ogget-
to e ambito di applicazione>>, si stabilisce che il regolamento <<stabilisce le basi che garanti-
scono un elevato livello di protezione dei consumatori in materia di informazioni sugli alimenti,
tenendo conto delle differenze di percezione dei consumatori e delle loro esigenze in materia di
informazione, garantendo al tempo stesso il buon funzionamento del mercato interno>> (1° pa-
ragrafo) e <<[…] fissa gli strumenti volti a garantire il diritto dei consumatori all’informazione e
le procedure per la fornitura di informazioni sugli alimenti, tenendo conto dell’esigenza di pre-
vedere una flessibilità sufficiente in grado di rispondere alle evoluzioni future e ai nuovi requisi-
ti di informazione>> (2° paragrafo).
Il Reg. (UE) n. 1169/2011, inoltre, si prefigge come obiettivi generali <<un elevato livello di pro-
tezione della salute e degli interessi dei consumatori, fornendo ai consumatori finali le basi per
effettuare delle scelte consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto in
particolare di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed etiche>> (art. 3, 1°
paragrafo), nonché di garantire <<le condizioni per la libera circolazione degli alimenti legal-
mente prodotti e commercializzati, tenuto conto, ove opportuno, della necessità di proteggere
gli interessi legittimi dei produttori e di promuovere la fabbricazione di prodotti di qualità>>
(art. 3, 2° paragrafo).
La sua portata applicativa, in ultimo, è piuttosto ampia applicandosi lo stesso agli <<operatori
del settore alimentare [i.e., ai sensi del Reg. (CE) n. 178/2002) cui si fa rimando, <<la persona
fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimen-
tare nell’impresa posta sotto il suo controllo>>] in tutte le fasi della catena alimentare quando
le loro attività riguardano la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori>>, nonché
<<a tutti gli alimenti destinati al consumatore finale [i.e., ai sensi del Reg. (CE) n. 178/2002) cui
si fa rimando, <<il consumatore finale di un prodotto alimentare che non utilizzi tale prodotto
nell’ambito di un’operazione o attività di un’impresa del settore alimentare>>], compresi quelli
forniti dalle collettività [i.e ristoranti, mense, ospedali, catering], e a quelli destinati alla fornitu-
ra delle collettività >>, ivi inclusi, inoltre, << i servizi di ristorazione forniti da imprese di traspor-
to quando il luogo di partenza si trovi nel territorio di Stati membri cui si applica il trattato>>
(cfr. art. 1, 3° e 4° paragrafo del regolamento).
2. L’etichetta
Come già più volte ribadito, e come sottolineato dalla sua stessa rubricazione, il Reg. (UE) n.
1169/2011 disciplina la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori in generale.
9
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
Ma cosa deve intendersi esattamente per <<informazioni sugli alimenti>>? L’art. 2, rubricato
<<Definizioni>>, 2° paragrafo, lettera i), definisce tali: <<le informazioni concernenti un alimen-
to e messe a disposizione del consumatore finale mediante un’etichetta, altri materiali di ac-
compagnamento o qualunque altro mezzo, compresi gli strumenti della tecnologia moderna o
la comunicazione verbale>>.
Alla luce di ciò, pertanto, l’<<etichettatura>> di un alimento – dovendosi intendere per tale
<<qualunque menzione, indicazione, marchio di fabbrica o commerciale, immagine o simbolo
che si riferisce a un alimento e che figura su qualunque imballaggio, documento, avviso, eti-
chetta, nastro o fascetta che accompagna o si riferisce a tale alimento>> (art. 2, 2° paragrafo,
lettera j)) – effettuata sull’<<etichetta>> – dovendosi intendere per tale <<qualunque marchio
commerciale o di fabbrica, segno, immagine o altra rappresentazione grafica scritto, stampato,
stampigliato, marchiato, impresso in rilievo o a impronta sull’imballaggio o sul contenitore di un
alimento che accompagna detto imballaggio o contenitore>> (art. 2, 2° paragrafo, lettera i)) –
costituisce uno dei possibili strumenti attraverso i quali possono essere trasmesse le informa-
zioni sugli alimenti (unico strumento, tra l’altro, che sarà oggetto di trattazione)15.
L’etichetta, termine che deriva dal francese <<étiquette>> che, a sua volta, deriva dal francese
antico <<estiquer>> ovvero <<attaccare>>, è costituita dalla strisciolina di carta incollata sulla
confezione dell’alimento e che assolve, con riguardo nello specifico ai prodotti alimentari,
<<all’ulteriore finalità di dare trasparenza ad un mercato speciale fornendolo di sicurezza, so-
prattutto quando i vocaboli adoperati sono stati definiti dal legislatore>>16.
L’etichetta si incorpora con il prodotto e circola con il bene e diventa essa stessa bene, con la
conseguenza che la circolazione di prodotti etichettati finisce con l’incidere sulle regole di mer-
cato ben potendo potenzialmente costituire una barriera non-tariffaria alla circolazione dei
prodotti nel mercato intracomunitario. Ed invero, se ogni singola normativa nazionale di ogni
Stato membro dovesse disporre in maniera differente sull’etichettatura, queste potrebbero co-
stituire ostacoli tecnici agli scambi, motivo per cui si è resa necessaria un’armonizzazione della
materia valida per tutti gli Stati membri17. Così come, stante quanto affermato al 26° conside-
rando, l’informazione contenuta nell’etichetta può influenzare al massimo il pubblico e le in-
formazioni illeggibili sul prodotto sono una delle cause principali dell’insoddisfazione dei con-
sumatori nei confronti delle etichette alimentari, pertanto è opportuno tenere conto di tutti gli
aspetti relativi alla leggibilità, compresi carattere, colori e contrasto.
Alla luce di ciò, il Reg. (UE) n. 1169/2011, innanzitutto, distingue quali informazioni debbano
obbligatoriamente essere inserite sull’etichetta e quali invece abbiano natura volontaria ed in-
dividua, anche, quali siano le modalità da seguire nella redazione dell’etichetta, ovvero come
rendere esplicite le informazioni obbligatorie.
L’art. 15 del regolamento, innanzitutto, stabilisce che occorre utilizzare una lingua <<facilmente
comprensibile>> da parte dei consumatori degli Stati membri nei quali l’alimento è commercia-
lizzato con facoltà per gli Stati membri in cui è commercializzato l’alimento di imporre che dette
informazioni siano fornite in una o più lingue ufficiali dell’Unione Europea.
L’art. 13, poi, impone che le indicazioni obbligatorie vengano sistemate in modo evidente e che
siano quindi facilmente visibili e chiaramente leggibili, nonché scritte in modo indelebile. Indivi-
15
Cfr. sul punto A. GERMANÒ, M.P. RAGIONIERI, E.ROOK BASILE, L’etichetta. Informazioni obbligatorie. Informazioni volontarie, in Diritto agroalimen-
tare, le regole del mercato degli alimenti e dell’informazione alimentare, cit., p. 83 e ss ; A. GERMANÒ, Le indicazioni in etichetta (e la loro natura)
e i segni degli alimenti, cit., p. 221 e ss.; L. COSTATO, P. BORGHI, S. RIZZIOLI, Le regole di produzione e commercializzazione dei prodotti alimentari, in
Compendio di diritto alimentare, 2011, Padova,p. 220 e ss..
16 Cfr. A. GERMANÒ, Le indicazioni in etichetta (e la loro natura) e i segni degli alimenti, cit., p. 221.
17 Cfr. A. GERMANÒ, M.P. RAGIONIERI, E.ROOK BASILE, L’etichetta. Informazioni obbligatorie. Informazioni volontarie, in Diritto agroalimentare, le
regole del mercato degli alimenti e dell’informazione alimentare, cit., p. 85.
10
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
dua anche quale debba essere l’altezza della parte mediana di tali indicazioni (altezza della x) ed
impone, per le informazioni obbligatorie di cui all’art. 9, 1° paragrafo, lettera a), e) e k) (ovvero
denominazione dell’alimento, sua quantità netta e il titolo alcolometrico volume effettivo per le
bevande che contengono più dell’1% di alcol), che le stesse appaiano nello stesso campo visivo
costituito, ai sensi dell’art. 2, 2° paragrafo, lettera k), da tutte le superfici di un imballaggio che
possono essere lette da un unico angolo visuale18.
3. Le informazioni obbligatorie
L’art. 2, 2° paragrafo, lettera c), del Reg. (UE) n. 1169/2011, definisce <<informazioni obbligato-
rie>> tutte quelle <<indicazioni che le disposizioni dell’Unione impongono di fornire al consu-
matore finale>>. Orbene, prima di entrare nel dettaglio ed individuare con esattezza quali siano
le informazioni che debbano essere fornite al consumatore, il regolamento al suo art. 4 indivi-
dua i principi generali che disciplinano le informazioni obbligatorie sugli alimenti, statuendo che
quelle eventualmente richieste dalla normativa (dovendosi ricomprendere, pertanto, anche
tutte le eventuali informazioni imposte da atti normativi futuri) devono rientrare in una delle
seguenti categorie:
Fissati, quindi, tali principi generali, l’art. 9, 1° paragrafo, del regolamento elenca nel dettaglio
le <<indicazioni obbligatorie>>, cui dovranno, ai sensi dell’art. 10, poi aggiungersi le <<indica-
zioni obbligatorie complementari>> previste per tipi o categorie specifiche di alimenti ed identi-
ficate nel dettaglio all’allegato III del regolamento. Ad ogni modo, le informazioni obbligatorie
di cui all’art. 9 valevoli per tutti gli alimenti sono le seguenti:
- la denominazione dell’alimento, che, ai sensi dell’art. 17, coincide con la sua <<denomi-
nazione legale>> (ovvero la denominazione di un alimento prescritta dalle disposizioni
dell’Unione a esso applicabili o, in mancanza di tali disposizioni, la denominazione previ-
sta dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili nello stato
membro nel quale tale alimento è venduto al consumatore finale o alle collettività) o, in
mancanza, con la sua <<denominazione usuale>> (ovvero, una denominazione che è ac-
cettata quale nome dell’alimento dai consumatori dello Stato membro nel quale tale
alimento è venduto, senza che siano necessarie ulteriori spiegazioni) o, in mancanza an-
che di tale denominazione, con una <<denominazione descrittiva>> (ovvero una deno-
18 Cfr. sul punto A. GERMANÒ, M.P. RAGIONIERI, E.ROOK BASILE, L’etichetta. Informazioni obbligatorie. Informazioni volontarie, in Diritto agroali-
mentare, le regole del mercato degli alimenti e dell’informazione alimentare, cit., p. 88; . A. GERMANÒ, Le indicazioni in etichetta (e la loro natu-
ra) e i segni degli alimenti, cit., p. 223.
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
- il titolo alcolometrico volume effettivo per le bevande che contengono più di 1,2% di al-
col in volume;
- una dichiarazione nutrizionale19.
- qualunque luogo indicato come quello da cui proviene l’alimento, ma che non è il
<<paese di origine>> come individuato ai sensi degli articoli da 23 a 26 del Regolamento
(CEE) n. 2913/92;
- il nome, la ragione sociale o l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare apposto
sull’etichetta non costituisce un’indicazione del paese di origine o del luogo di prove-
nienza del prodotto alimentare ai sensi del regolamento.
Da tale definizione, quindi, è possibile ricavare anche quella di <<paese d’origine>> che ver-
rà a coincidere con quella fornita dagli articoli da 23 a 26 del Regolamento (CEE) n. 2913/92,
ovvero il <<codice doganale comunitario>> (peraltro abrogato e sostituito in primis dal Reg.
(CE) 450/2008 e, ad oggi, dal Reg. (UE) n. 952/2013, che istituisce il <<codice doganale
dell’Unione>> e che per tali disposizioni entrerà in vigore a partire dal 1 giugno 2016, recanti
disposizioni parzialmente differenti, contenendo il primo codice un elenco puntuale di quali
norme debbano intendersi <<interamente ottenute>>, con la conseguenza che dubbi po-
trebbero sorgere su quale definizione effettivamente il Reg. (UE) n. 1169/2011 abbia inteso
19
Cfr. sul punto L. COSTATO, Le etichette alimentari nel nuovo regolamento n. 1169/2011, in Riv. dir. agr., IV, 2011, p. 658 e ss; L. COSTATO, P.
BORGHI, S. RIZZIOLI, Le regole di produzione e commercializzazione dei prodotti alimentari, in Compendio di diritto alimentare, cit,p. 227 e ss.; V.
MAGLIO, Il nuovo regolamento sull’informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari, in Contratto e Impresa/ Europa, 2, 2011, p. 743 e
ss.; A. GERMANÒ, M.P. RAGIONIERI, E.ROOK BASILE, L’etichetta. Informazioni obbligatorie. Informazioni volontarie, in Diritto agroalimentare, le rego-
le del mercato degli alimenti e dell’informazione alimentare, cit., p. 88 e ss.; G. ROGGERO, Linee guida sull’applicazione del Regolamento (UE)
1169/2011 sull’informazione ai consumatori in vista del 2014, in Riv. dir. alim., 2, 2013, p. 45 e ss. nonché il citato documento orientativo ema-
nato dalla DG SANCO (Direzione Generale per la salute e i consumatori) della Commissione Europea il 13 gennaio 2013 denominato “Domande
e risposte sull’applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”.
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
far riferimento) che nella sua versione in vigore, all’art. 36, 1° paragrafo, stabilisce che <<le
merci interamente ottenute in un unico paese o territorio sono considerate originarie di ta-
le paese o territorio>>, e che, prosegue poi al 2° paragrafo, <<le merci alla cui produzione
contribuiscono due o più paesi o territori sono considerate originarie del paese o territorio
in cui hanno subito l’ultima trasformazione sostanziale>>. Tale ultimo paragrafo sarà ulte-
riormente modificato, o meglio “completato”, a partire dal 1 giugno 2016 (data in cui l’art.
60, del nuovo <<codice doganale dell’Unione>> di cui al Reg. (UE) n. 952/13 entrerà in vigo-
re) come segue: <<le merci alla cui produzione contribuiscono due o più paesi o territori so-
no considerate originarie del paese o territorio in cui hanno subito l’ultima trasformazione o
lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa at-
trezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia
rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione>>.
L’art. 26 del Reg. (UE) n. 1169/2011, dopo aver al 1° paragrafo fatte salve tutte le disposi-
zioni applicabili in materia di protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni
d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari (i.e. il Reg. (CE) n. 509/2006 ed il Reg. (CE) n.
510/2006, abrogati e trasposti tutti nell’attuale Reg. (UE) n. 1152/2012 sui regimi di qualità
dei prodotti agricoli e alimentari), individua al 2° paragrafo i casi in cui l’indicazione del pae-
se d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria stabilendo, di conseguenza, che la
stessa debba ritenersi facoltativa in tutti quei casi non rientranti nelle fattispecie di seguito
elencate:
- nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in
merito al paese di origine o al luogo di provenienza reali dell’alimento, in particolare se
le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insie-
me potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine
o luogo di provenienza;
- per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) elencati all’allegato XI […].
L’art. 26, poi, al 3° paragrafo, entra più nel dettaglio ed introduce una disciplina del tutto
nuova per quanto riguarda l’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza di
un prodotto alimentare nel caso in cui il Paese di origine o luogo di provenienza del prodot-
to medesimo sia diverso da quello del suo ingrediente primario (i.e., ai sensi dell’art. 2, 2°
paragrafo, lettera q), <<l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più
del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale ali-
mento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione
quantitativa>>). In tal caso, secondo la disposizione citata, deve essere indicato anche il
Paese di origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario (3° paragrafo, lettera a),
dell’art. 26). In alternativa si deve segnalare che il paese di origine o il luogo di provenienza
dell’ingrediente primario è diverso da quello del prodotto alimentare (3° paragrafo, lettera
b), dell’art. 26).
A completamento delle disposizioni sul Paese di origine o luogo di provenienza, interviene,
poi, l’art. 39, 2° paragrafo che stabilisce che <<in base al paragrafo 1 [ovvero per motivi di
protezione della salute pubblica, protezione dei consumatori, prevenzione delle frodi e pro-
tezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza,
delle denominazioni di origine controllata e repressione della concorrenza sleale], gli Stati
membri possono introdurre disposizioni concernenti l’indicazione obbligatoria del Paese
d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti solo ove esista un nesso comprovato tra
talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza. Al momento di notificare tali di-
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
sposizioni alla Commissione, gli Stati membri forniscono elementi a prova del fatto che la
maggior parte dei consumatori attribuisce una valore significativo alla fornitura di tali in-
formazioni>>. Tale specifica disposizione, si inserisce in quella più generica di cui all’art. 39
che prevede la possibilità per gli Stati membri, per i medesimi motivi appena elencati, di
prevedere disposizioni nazionali che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie comple-
mentari per tipi o categorie specifici di alimenti. E’ chiaro ed evidente come tali riserve in
favore degli Stati membri possano essere idonee a far sorgere difficoltà ove
l’implementazione da parte degli Stati membri dovesse dare origine a gradi di tutela diffe-
renti per medesimi prodotti alimentari20.
20
Cfr. sulle disposizioni relative al Paese di origine e luogo di provenienza: F. CAPELLI, Il Regolamento (UE) n. 1169/2011 e le sue guide spirituali,
in Riv. dir. alim., 2, 2014, p. 22 e ss.; A. VETTOREL, L’indicazione obbligatoria relativa al Paese d’origine o al luogo di provenienza degli alimenti:
quale informazione?, in Riv. dir. alim., 2, 2014, p. 26 e ss; F. ALBISINNI, La comunicazione al consumatore di alimenti, le disposizioni nazionali e
l’origine dei prodotti, in Riv. dir. agr., 1, 2012, p. 66 e ss.
15
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
verse parti principali del campo visivo, la parte principale del campo visivo è quella scelta
dall’operatore del settore alimentare>>) utilizzando una dimensione di carattere conforme
a quella di cui all’art. 13, 2° paragrafo (ovvero in modo chiaramente leggibile e con
un’altezza mediana dei caratteri non inferiore a 1,2 mm per la “x” minuscola).
L’art. 35, 1° paragrafo, in ogni caso, prevede che oltre alla modalità di presentazione in for-
mato tabulare di cui all’art. 34, 2° paragrafo, il valore energetico e le sostanza nutritive di
cui all’art. 30, paragrafi da 1 a 5, possono essere indicati mediante altre forme di espressio-
ne e/o presentati usando forme o simboli grafici oltre a parole o numeri, purché siano ri-
spettati i seguenti requisiti: (a) si basano su ricerche accurate e scientificamente fondate
condotte presso i consumatori e non inducono in errore il consumatore; (b) il loro sviluppo
deriva dalla consultazione di un’ampia gamma di gruppi di soggetti interessati; (c) sono volti
a facilitare la comprensione, da parte del consumatore, del contributo o dell’importanza
dell’alimento ai fini dell’apporto energetico e nutritivo di una dieta; (d) sono sostenuti da
elementi scientificamente fondati che dimostrano che il consumatore medio comprende tali
forme di espressione o presentazione; (e) nel caso di altre forme di espressione, esse si ba-
sano sulle assunzioni di riferimento armonizzate di cui all’allegato XIII del regolamento op-
pure, in mancanza di tali valori, su pareri scientifici generalmente accettati riguardanti
l’assunzione di elementi energetici e nutritivi; (f) sono obiettivi e non discriminatori; (g) la
loro applicazione non crea ostacoli alla libera circolazione delle merci. Il tutto con facoltà
per gli Stati membri di raccomandare agli operatori del settore alimentare l’uso di una o più
forma di espressione o presentazione supplementari della dichiarazione nutrizionale che ri-
tengono più adeguati al soddisfacimento degli obiettivi sopra elencati.
Alla luce dell’introduzione dell’obbligatorietà della dichiarazione nutrizionale e di tutte le di-
sposizioni che nello specifico ne disciplinano la rappresentazione grafica, non ci si può esi-
mere dal fare una breve riflessione sul rapporto tra tali nuovi disposizioni e la disciplina sui
claims nutrizionali e salutistici di cui al Reg. (CE) n. 1924/2006. Ed invero, tale regolamento
disciplina le condizioni alle quali le indicazioni nutrizionali e sulla salute possono essere im-
piegate nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti alimentari im-
messi sul mercato comunitario. In particolare, ai sensi di tale regolamento, sono da inten-
dersi <<indicazioni nutrizionali>> qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottin-
tenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche dovute all’energia
che apporta, apporta a tasso ridotto o accresciuto o non apporta, e/o alle sostanze nutritive
o di altro tipo che contiene, contiene in proporzioni ridotte o accresciute, o non contiene;
mentre sono da intendersi <<indicazioni sulla salute>> qualunque indicazione che affermi,
suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra una categoria di alimenti, un alimen-
to o uno dei suoi componenti e la salute, o che, più specificamente, trattandosi in questo
caso di <<indicazioni relative alla riduzione di un rischio di malattia>>, affermi, suggerisca o
sottintenda che il consumo di una categoria di alimenti, di un alimento o di uno dei suoi
componenti riduce significativamente un fattore di rischio di sviluppo di una malattia uma-
na. Orbene, ai sensi di tale regolamento e, in particolare, dell’art. 7 del medesimo che risul-
ta essere stato modificato dal Reg. (UE) n. 1169/2011, l’etichettatura nutrizionale è obbliga-
toria in tutti quei casi in cui viene formulata un’indicazione nutrizionale o sulla salute (ad
eccezione della pubblicità generica): ferma restando, quindi, l’obbligatorietà
dell’etichettatura in tali casi, i claims nutrizionali e salutistici restano, alla base, indicazioni
volontarie, con la conseguenza che gli stessi rimarrebbero estranei da tutte le imposizioni di
natura grafica incombenti sulle informazioni obbligatorie con il rischio di ricevere in realtà
una capacità attrattiva maggiore in quanto è assai probabile che il consumatore, anche per
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
4. Le indicazioni volontarie
A completamento dell’analisi delle tipologie di informazioni da fornirsi ai sensi del Reg. (UE)
n. 1169/2011, un breve cenno meritano, le c.d. <<informazioni volontarie>>.
Il Capo V, dedicato a tali tipologie di informazioni, individua dei criteri di natura generale
applicabili alle stesse. In particolare, l’art. 36, 1° paragrafo, stabilisce, innanzitutto, che ove
le informazioni obbligatorie ai sensi del regolamento dovessero essere fornite, ove possibi-
le, su base volontaria, le stesse dovranno essere conformi a quanto imposto dal regolamen-
to di norma sulle stesse. In ogni caso, prosegue il 2° paragrafo, le informazioni sugli alimenti
fornite su base volontaria, devono soddisfare i seguenti requisiti:
- informazioni relative alla presenza eventuale e non intenzionale negli alimenti di sostan-
ze o prodotti che provocano allergie o intolleranza;
- informazioni relative all’idoneità di un alimento per vegetariani o vegani; e
- indicazione delle assunzioni di riferimento per gruppi specifici di popolazione oltre alle
assunzioni di cui all’allegato XIII del regolamento.
A livello di presentazione grafica, in ultimo, l’art. 37 contiene l’unica clausola generale appli-
cabile alle stesse secondo cui le informazioni volontarie sugli alimenti non possono occupa-
re lo spazio disponibile per le informazioni obbligatorie sugli alimenti.
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
In sostanza tale articolo stabilendo, in primis, che le informazioni sulla salute devono essere
<<precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore>> (2° paragrafo), individua,
a contrario, quali debbano considerarsi le “informazioni vietate” che non posso essere ri-
portate in etichetta e da applicarsi anche alla pubblicità e alla presentazione degli alimenti,
in particolare forma, aspetto o imballaggio, materiale d’imballaggio utilizzato e modo in cui
sono disposti o contesto nel quale sono esposti (4° paragrafo).
Sono vietate, quindi, ai sensi del 1° paragrafo, le informazioni sugli alimenti che inducono in
errore il consumatore:
- per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità,
le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il paese d’origine o
il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione;
- attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;
- suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli
alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in
modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive;
- suggerendo, tramite l’aspetto, la descrizione o le illustrazioni, la presenza di un partico-
lare alimento o di un ingrediente, mentre di fatto un componente naturalmente presen-
te o un ingrediente normalmente utilizzato in tale alimento è stato sostituito con un di-
verso componente o un diverso ingrediente.
Così come sono vietate, ai sensi del 3° paragrafo, fatte salve le deroghe previste dalla legislazio-
ne dell’Unione in materia di acque minerali naturali e alimenti destinati a un particolare utilizzo
nutrizionale, le informazioni sugli alimenti che attribuiscono a tali prodotti la proprietà di pre-
venire, trattare o guarire una malattia umana, o che fanno riferimento a tali proprietà. E’ chiaro
ed evidente come tale ultima disposizione debba ritenersi in parte superata dalla vigente disci-
plina sui claims salutistici, il Reg. (CE) n. 1924/2006 come successivamente modificato, e deb-
bano pertanto ritenersi ammissibili tutte quelle indicazioni sulla salute che siano state autoriz-
zate ai sensi di tale regolamento22.
22
Cfr. sull’argomento M. GIUFFRIDA, Pratiche leali di informazione e informazioni, cit., p. 81 e ss.
18
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
L’art. 8 del Reg. (UE) n. 1169/2011 individua, innanzitutto, una nuova figura: <<l’operatore del
settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti>>. Tale nuova figura, poi, po-
trà coincidere:
- con l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodot-
to; oppure
- se tale operatore non è stabilito nell’Unione, con l’importatore nel mercato dell’Unione
(1° paragrafo)
In ogni caso, l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti dovrà assicurare la
presenza e l’esattezza delle informazioni sugli alimenti, conformemente alla normativa ap-
plicabile in materia di informazioni sugli alimenti e ai requisiti delle pertinenti disposizioni
nazionali (2° paragrafo). Tant’è che gli operatori del settore alimentare che non influiscono
sulle informazioni relative agli alimenti e, quindi, quand’anche non direttamente responsa-
bili delle informazioni sugli alimenti, non forniscono, in ogni caso, alimenti di cui conoscono
o presumono, in base alle informazioni in loro possesso in qualità di professionisti, la non
conformità alla normativa in materia di informazioni sugli alimenti applicabile ai requisiti
delle pertinenti disposizioni nazionali (3° paragrafo).
Sempre in tale ottica, poi, incombono una serie di ulteriori oneri in capo agli operatori del
settore alimentare nell’ambito delle imprese che controllano quali il non dover modificare
(divenendo altrimenti responsabili di tali modifiche) le informazioni che accompagno un
alimento se tale modifica può indurre in errore il consumatore o ridurre il livello di prote-
zione e la possibilità di far effettuare scelte consapevoli (4° paragrafo), così come il dover
verificare e assicurare la conformità ai requisiti previsti dalla normativa in materia di infor-
mazioni sugli alimenti e dalle pertinenti disposizioni nazionali attinenti alle loro attività (5°
paragrafo), il dover assicurare che le informazioni sugli alimenti non preimballati vengano
trasmesse agli operatori che ricevono tali alimenti affinché gli stessi possano fornirle, ove ri-
chiesto, al consumatore finale (6° paragrafo), e, nei casi espressamente previsti dal 7° para-
grafo (i.e. quando l’alimento preimballato è destinato al consumatore finale, ma commer-
cializzato in una fase precedente alla vendita al consumatore finale e quando in questa fase
non vi è vendita a una collettività; e quando l’alimento preimballato è destinato ad essere
fornito a collettività per esservi preparato, trasformato, frazionato o tagliato), il dover con-
trollare ed assicurare che le indicazioni obbligatorie appaiano sul preimballaggio o su
un’etichetta apposta oppure sui documenti commerciali qualora si possa garantire che tali
documenti accompagnino l’alimento cui si riferiscono o siano stati inviati prima o contem-
poraneamente alla consegna.
Come disposizione di chiusura, infine, l’8° paragrafo prevede poi che gli operatori del setto-
re alimentare che forniscono ad altri operatori del settore alimentare alimenti non destinati
al consumatore finale o alle collettività assicurano che a tali altri operatori del settore ali-
mentare siano fornite sufficienti informazioni che consentano loro, se del caso, di adempie-
re agli obblighi imposti dal 2° paragrafo della norma.
Alla luce di quanto sopra analizzato risulta chiaro ed evidente l’intento del legislatore euro-
peo di voler specificare espressamente la distribuzione delle responsabilità degli operatori
della filiera in relazione alle rispettive possibilità di intervenire effettivamente sul contenuto
delle informazioni fornite ai consumatori, il tutto, ça va sans dire, a vantaggio anche della
grande distribuzione organizzata la cui organizzazione esula dai confini nazionali e la cui at-
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
tività è suscettibile di estendere il controllo sulla produzione anche oltre il proprio segmen-
to della filiera23.
23
Cfr. sull’argomento I.CANFORA, La responsabilità degli operatori alimentari per le informazioni sugli alimenti, in Riv. dir. agr., 2012, I, p. 115 e
ss.; L. RUSSO, La responsabilità del produttore e del distributore, in Riv. dir. alim., 1, 2014, p. 34 e ss.; F. CAPELLI, Il Regolamento (UE) n. 1169/2011
e le sue guide spirituali, cit., p. 14 e ss.; V. Rubino, La responsabilità degli operatori del settore alimentare per violazione degli obblighi informa-
tivi del consumatore dopo il Regolamento (UE) n. 1169/2011, in Riv. dir. agr., 4, 2012, p. 668 e ss..
20
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
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CAPITOLO III
IL CASO DEL VINO ALLA LUCE ANCHE DELLA NUOVA OCM UNICA
E DEL REG. (UE) N. 1169/2011
Sommario: 1. Il vino – 2. L’etichettatura del vino – 2.1. Il Reg. (UE) n. 1169/2011 – 2.2. Il Reg. (UE) n.
1308/2013 – La nuova OCM Unica – 2.2.1. Le indicazioni obbligatorie – 2.2.2. Le indicazioni facoltative
– 2.2.3. Disposizioni comuni alle indicazioni obbligatorie e facoltative – 3. I claims salutistici e il vino
1. Il vino
Il Reg. (CE) n. 178/2002 sulla sicurezza alimentare, definisce al suo art. 2, 1° paragrafo, “alimen-
to” <<qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato,
destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede possa essere ingerito, da essere umani>>, speci-
ficando, poi, al suo 2° paragrafo, che <<sono comprese le bevande, le gomme da masticare e
qualsiasi sostanza, compresa l’acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso del-
la loro produzione, preparazione o trattamento […]>>.
Il vino, dunque, è un “alimento” ai sensi del regolamento sulla sicurezza alimentare sottoposto,
quindi, alle sue disposizioni ed a quelle della legislazione alimentare in generale finalizzata, si
ripete, ad un livello elevato di tutela della vita e della salute umana.
Il vino, tuttavia, pur rappresentando uno degli alimenti “di punta” dell’Unione Europea, non
svolge certamente una funzione prettamente nutrizionale e, in ogni caso, non possiede proprie-
tà o caratteristiche essenziali per la sopravvivenza delle persone. A ciò aggiungasi, peraltro, che
se un uso moderato di vino può generare dei benefici per il benessere di una persona umana (si
pensi alle proprietà antiossidanti del vino rosso), un suo abuso, come di alcolici in generale, può
generare delle gravi ritorsioni sulla salute e, quindi, sulla vita di un uomo, contravvenendo, ça
va sans dire, a tutti i precetti ed obiettivi posti a fondamento delle politiche unionali e, in parti-
colare, della legislazione alimentare e, quindi, del sopra citato regolamento sulla sicurezza ali-
mentare.
Tale ultimo aspetto del vino e delle bevande alcoliche in generale, ha sempre generato degli in-
terventi legislativi da parte dei singoli Stati membri finalizzati ad affrontare il problema
dell’alcolismo con l’intento di contrastarlo ma con il risultato, talvolta “voluto”, di causare osta-
coli alla libera circolazione delle merci costituendo, di fatto, tali misure un indiretto restringi-
mento degli scambi e, pertanto, una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitati-
va alle importazioni vietata dall’art. 34 del TFUE.
In tale frammentario scenario, la Corte di Giustizia è sempre intervenuta tentando di calibrare
le varie libertà in gioco con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio tra le medesime.
Basti pensare, ad esempio, alla famosa, nonché saliente, sentenza Cassis de Dijon (C-120/78)
con la quale la Corte di Giustizia, ha ritenuto “ingiustificata” ed equivalente ad una misura di ef-
fetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni la normativa tedesca che im-
pediva di importare il liquore Cassis perché avente un tasso alcolico differente (peraltro più
basso!) rispetto a quello previsto dal diritto tedesco per i liquori. Con tale sentenza, peraltro, la
Corte di Giustizia ha affermato il fondamentale principio del “mutuo riconoscimento” in virtù
del quale ogni prodotto legalmente fabbricato e posto in vendita in uno Stato membro deve es-
sere ammesso, in linea di massima, sul mercato di ogni altro Stato membro.
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
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Tali misure, tuttavia, possono essere ritenute legittime qualora necessarie a soddisfare esigenze
imperative quali, inter alia, la tutela della salute delle persone e, pertanto, fatte rientrare nella
deroga prevista dall’art. 36 del TFUE.
Non sono mancati anche casi in cui, difatti, la Corte di Giustizia si è dovuta pronunciare in favo-
re della legittimità di tali misure in virtù della “sopraordinata” tutela della sanità pubblica. Nella
deroga di cui all’art. 36 del TFUE, pertanto, sono state fatte rientrare le normative nazionali e
regionali intese a limitare le possibilità di pubblicità di alcuni prodotti, ovvero alcune forme di
pubblicità (tra cui, in particolare, quelle in grado di influenzare i comportamenti di categorie
sensibili o a rischio come i giovani), e a combattere in questo modo, quindi l’alcolismo. La pub-
blicità, com’è noto, può costituire mezzo idoneo a incitare il consumo di bevande alcoliche (Cfr.
la sentenza 25 luglio 1991, nelle cause riunite C-1/90 e C-176/90, Aragonesa de publicidad exte-
rior SA e Publivia SAE/Departamento de sanidad y seguridad social de la generalitat de Catalu-
na). Opinione della Corte era, difatti, che l’assenza di discipline armonizzate in materia di pub-
blicità delle bevande alcoliche lasciasse discrezionalità agli Stati membri di determinare il grado
di tutela della sanità pubblica e le modalità con cui tale tutela dovesse essere realizzata, il tutto
purché le misure poste in essere fossero proporzionate allo scopo da raggiungersi e non com-
portassero, di fatto, delle mere discriminazioni nei confronti dei prodotti degli altri Stati mem-
bri.
Ha riconosciuto, pertanto, troppo restrittiva la normativa nazionale contro l’alcolismo francese
ritenendola sproporzionata rispetto all’obiettivo della salute pubblica imponendo la stessa, di
fatto, norme sulla pubblicità di alcolici che la rendevano del tutto libera per i vini dolci naturali
prodotti nel territorio nazionale e piuttosto restrittiva per quelli importati, così come prodotti
come il whisky o il gin importati dagli altri Stati membri pativano normative sulla pubblicità del
tutto restrittive a fronte, anche in questo caso, di una pubblicità libera per prodotti nazionali
concorrenti quali il rum (cfr. la sentenza 10 luglio 1980, causa C- 152/78, Commissione/Francia).
Analogo ragionamento logico giuridico è stato applicato dalla Corte di Giustizia nella valutazio-
ne di quelle normative nazionali negli Stati membri in cui la gestione delle bevande alcoliche è
affidata a un monopolio nazionale. A riguardo ha ritenuto, ad esempio, che non potesse rien-
trare nella deroga di cui all’art. 36 TFUE il monopolio stabilito in Svezia nel settore delle bevan-
de alcoliche che conferiva solo ai titolari di licenze di fabbricazione o di commercio la facoltà di
importare bevande provenienti da altri Stati membri, posto che le condizioni per il rilascio di tali
licenze era piuttosto complesso e restrittivo richiedendo lo stesso una serie di garanzie onerose
che si riflettevano, in sostanza, in un ostacolo alle importazioni dei prodotti stranieri peraltro
non giustificate in alcun modo da ragioni di tutela della salute pubblica (cfr. la sentenza del 23
ottobre 1997, nella causa Frazén C-189/95)24.
24
Per una più compiuta analisi degli orientamenti della Corte di Giustizia sul rapporto tra tutela della salute e bevande alcoliche, cfr. la tesi di
laurea della Dott.ssa ALESSANDRA PIOVENE PORTO GODI, Vite e vino tra fattori di mercato e patrimonio culturale: profili giuridici europei ed interna-
zionali, dell’Università degli Studi di Padova, disponibile sul sito http://paduaresearch.cab.unipd.it/4895/1/tesi_fronte_30_gen.pdf, p. 141 e ss.
22
Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
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colo rimasta in vigore sino all’ultimo Reg. (CE) n. 479/2008 poi abrogato dal Reg. 491/2009 che
ne ha trasposto i contenuti all’interno del Reg. (CE) 1234/2007 recante l’organizzazione comune
dei mercati agricoli, a sua volta abrogato quest’ultimo dal vigente Reg. (UE) n. 1308/2013 (di
seguito, OCM Unica).
Non è restato esente da “rifiniture ad hoc” dovute alla peculiarità del prodotto, anzi alimento,
“vino” l’ambito delle informazioni da fornire al consumatore nella più ampia e “sovraordinata”
ottica, come accennato nei capitoli precedenti, della tutela del consumatore alla luce del rap-
porto direttamente proporzionale che viene ad instaurarsi tra le informazioni fornite al consu-
matore su di un alimento ed il consumo dell’alimento stesso.
A tal riguardo, trovano applicazione, quindi, sia le misure di carattere orizzontale di cui al Reg.
(UE) n. 1169/2011 disciplinante la fornitura di informazioni sugli alimenti al consumatore in ge-
nerale ed incentrato, come detto, sulla presa in considerazione da parte del consumatore del
criterio “salute” nelle decisioni di acquisto dei prodotti alimentari, nonché quelle di carattere
verticale previste per lo specifico settore vitivinicolo di cui alla nuova OCM Unica, ovvero il Reg.
(UE) n. 1308/2013, e, in ultimo, quelle relative ai claims nutrizionali e salutistici di cui al Reg.
(UE) n. 1924/2006.
E difatti, come anticipato già al 40° considerando del regolamento, sempre il 4° paragrafo
dell’art. 16 prosegue nel disporre che <<entro il 13 dicembre 2014 [oramai trascorso invano], la
Commissione stila una relazione sull’applicazione dell’art. 18 [disposizione disciplinante, come
già analizzato nel capitolo precedente, l’elenco degli ingredienti] e dell’art. 30, paragrafo 1 [di-
sposizione disciplinante, come già analizzato nel capitolo precedente, il contenuto obbligatorio
della dichiarazione nutrizionale], ai prodotti di cui al presente paragrafo [quindi alle bevande
con contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume] e intesa a chiarire se alcune categorie di
bevande alcoliche debbano essere in futuro esentate, in particolare, dall’obbligo di fornire le
informazioni relative al valore energetico, precisando altresì i motivi che giustificano eventuali
deroghe, tenuto conto della necessità di assicurare la coerenza con altre politiche pertinenti
dell’Unione. In tale contesto la Commissione valuta l’esigenza di proporre una definizione di al-
copops>>.
Ma vi è di più. L’ultimo capoverso del paragrafo prevede anche che tale relazione venga corre-
data da una proposta legislativa avente ad oggetto, se del caso, le regole relative all’elenco de-
gli ingredienti o alla dichiarazione obbligatoria per tali prodotti.
Fermo restando, quindi, il buon proposito di meglio e più nel dettaglio normare l’ambito delle
informazioni da fornire al consumatore in relazione a determinati alimenti quali il vino, ad oggi,
probabilmente anche non propriamente in linea con lo scopo ultimo di raggiungimento di un
alto livello della salute umana, proprio tali prodotti sono di fatto esentati dal fornire obbligato-
riamente tutte quelle informazioni prettamente attinenti alla composizione dei medesimi, do-
vendosi rimandare al momento, nell’attesa dell’adozione di specifici provvedimenti da parte
dell’Unione, alle disposizioni nazionali allo stato vigenti negli Stati membri per quanto concerne
l’elencazione degli ingredienti delle bevande di contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume
(art. 41).
Aggiungasi, anche, alla deroga de qua, la “deroga della deroga” di cui all’art. 30, 4° paragrafo,
per la dichiarazione nutrizionale nelle specifico. E difatti tale paragrafo prevede che, in deroga a
quanto stabilito dall’art. 36, 1° paragrafo, che dispone che qualora le informazioni obbligatorie
vengano fornite su base volontaria, quest’ultime dovranno attenersi alle regole stabilite per
ciascuna di esse dal regolamento, il contenuto della dichiarazione nutrizionale potrà limitarsi al
mero valore energetico (non essendo obbligatorio, quindi, indicare la quantità di grassi, acidi
grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale) per le bevande con contenuto alcolico supe-
riore all’1,2% in volume tra cui, quindi, il vino.
La nuova OCM Unica, pertanto, in linea con il generale principio secondo cui lex specialis dero-
gat lex generali, stabilisce che salvo il caso di disposizioni specifiche al suo interno riguardanti
determinate categorie di prodotti, troveranno applicazione, inter alia, le regole generali, di ca-
rattere orizzontale, di cui alla direttiva 2000/13/CE e al Reg. (UE) n. 1169 e, quindi, ad oggi, le
sole disposizioni di cui al Reg. (UE) n. 1169/2011 entrato definitivamente in vigore a partire dal
13 dicembre 2014 previa abrogazione della direttiva 2000/13/CE, a seguito di un breve periodo
di tre anni circa di “convivenza” con la stessa.
Tale disposizione dell’OCM Unica, peraltro, specificamente dispone che indicazioni differenti ri-
spetto a quelle dalla stessa previste potranno essere inserite purché soddisfacenti i requisiti di
cui al Reg. (UE) n. 1169/2011 (ormai l’unico, come detto, in vigore) per le seguenti categorie di
prodotti vitivinicoli di cui all’allegato VII, parte II:
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
ed il cui titolo alcolometrico totale delle partite (cuveés) destinate all’elaborazione del
quale non è inferiore a 9% vol;
- vino spumante di qualità del tipo aromatico: ovvero il prodotto ottenuto, durante la co-
stituzione della partita, soltanto da mosti di uve o mosti parzialmente fermentati che
derivano da varietà di uve divino specifiche da individuarsi dalla Commissione mediante
appositi atti delegati; che, conservato alla temperatura di 20 °C in recipienti chiusi, pre-
senta una sovrappressione non inferiore a 3 bar dovuta all’anidride carbonica in solu-
zione, ed il cui titolo alcolometrico effettivo non può essere inferiore a 6% ed il cui titolo
alcolometrico totale non può essere inferiore a 10%;
- vino spumante gassificato: ovvero il prodotto ottenuto da vino senza denominazione di
origine protetta o indicazione geografica protetta, caratterizzato alla stappatura del re-
cipiente da uno sviluppo di anidride carbonica proveniente, in tutto o in parte,
dall’aggiunta di tale gas; e che, conservato alla temperatura di 20 °C in recipienti chiusi,
presenta una sovrappressione non inferiore a 3 bar dovuta all’anidride carbonica in so-
luzione;
- vino frizzante: ovvero il prodotto ottenuto da vino, vino nuovo ancora in fermentazione,
mosto di uve o mosto di uve parzialmente fermentato che presentano un titolo alcolo-
metrico totale non inferiore a 9% vol, avente un titolo alcolomentrico effettivo non infe-
riore a 7% vol; che, conservato alla temperatura di 20 °C in recipienti chiusi, presenta
una sovrappressione, dovuta all’anidride carbonica endogena in soluzione, non inferiore
a 1 bar e non superiore a 2,5 bar, e che viene presentato in recipienti di 60 litri o meno;
- vino frizzante gassificato: ovvero il prodotto ottenuto da vino, vino nuovo ancora in fer-
mentazione, mosto di uve o mosto di uve parzialmente fermentato; avente un titolo al-
colometrico totale non inferiore a 7% vol e un titolo alcolometrico totale non inferiore a
9% vol; che, conservato alla temperatura di 20 °C in recipienti chiusi, presenta una so-
vrappressione, dovuta all’anidride carbonica in soluzione, totalmente o parzialmente
aggiunta, non inferiore a 1 bar e non superiore a 2,5 bar, e che viene presentato in reci-
pienti di 60 litri o meno;
- mosto di uve: ovvero il prodotto liquido ottenuto naturalmente o con procedimenti fisici
da uve fresche e per il quale è ammesso un titolo alcolometrico effettivo pari o non infe-
riore a 1% vol;
- mosto di uve parzialmente fermentato: ovvero il prodotto proveniente dalla fermenta-
zione di mosto di uve e avente un titolo alcolometrico effettivo superiore a 1% vol e in-
feriore ai tre quinti del suo titolo alcolometrico volumico totale;
- mosto di uve concentrato: ovvero il mosto di uve non caramellizzato ottenuto mediante
disidratazione parziale del mosto di uve effettuata con qualsiasi metodo autorizzato,
escluso il fuoco diretto, in modo che il valore indicato alla temperatura di 20 °C dal ri-
frattometro, utilizzato secondo un medo da stabilirsi ai sensi del regolamento, non sia
inferiore a 50,9% e per il quale è ammesso un titolo alcolometrico effettivo pari o infe-
riore a 1% vol.
- vino ottenuto da uve passite: ovvero il prodotto ottenuto senza alcun arricchimento da
uve lasciate al sole o all’ombra per una disidratazione parziale; avente un titolo alcolo-
metrico totale non inferiore a 16% vol e un titolo alcolometrico effettivo non inferiore a
9% vol; ed avente un titolo alcolometrico naturale non inferiore a 16% vol (o 272g di
zucchero/l);
- vino di uve stramature: ovvero il prodotto ottenuto senza alcun arricchimento; avente
un titolo alcolometrico naturale superiore a 15% vol; avente un titolo alcolometrico to-
tale non inferiore a 15% vol e un titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 12% vol
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
(gli Stati membri potranno eventualmente imporre un periodo di invecchiamento per ta-
le prodotto).
Restano, quindi, esclusi il mosto di uve parzialmente fermentato ottenuto con uve appassite, il
mosto di uve concentrato rettificato, e l’aceto di vino che, peraltro, restano altresì esclusi dalle
specifiche disposizioni previste dalla nuova OCM Unica in materia di etichettatura e presenta-
zione che l’art. 119, 1° paragrafo, espressamente prevede essere applicabili esclusivamente alle
categorie di prodotti sopra elencati.
Venendo ora all’analisi di tali disposizioni, preliminarmente il Reg. (UE) n. 1308/2013 al suo art.
117 chiarisce cosa debba intendersi con i termini <<etichettatura>> e <<presentazione>> defi-
nendo il primo <<i termini, le diciture, i marchi di fabbrica o di commercio, le immagini o i sim-
boli figuranti su qualsiasi imballaggio, documento, cartello, etichetta, nastro o fascetta che ac-
compagnano un dato prodotto o che ad esso si riferiscono>> (definizione, quindi, parzialmente
differente rispetto a quella resa nel Reg. (UE) n. 1169/2011 parlando quest’ultimo di <<menzio-
ne>> ed <<indicazione>> in luogo dei più generici <<termini>> e <<diciture>>, nonché di <<avvi-
so>> in luogo dello più specifico <<cartello>>), ed il secondo <<qualsiasi informazione trasmes-
sa ai consumatori tramite il condizionamento del prodotto in questione inclusi la forma e il tipo
di bottiglie>> (definizione questa mancante del tutto nel Reg. (UE) n. 1169/2011 che individua
direttamente quali siano le modalità di presentazione di un alimento).
L’OCM Unica, poi, traccia una distinzione preliminare tra <<indicazioni obbligatorie>>, che si
aggiungeranno, quindi, alle <<informazioni obbligatorie> di cui all’art. 9 del Reg. (UE) n.
1169/2011 fatta eccezione per l’elenco degli ingredienti e la dichiarazione nutrizionale (la qua-
le, si ricorda, se fornita su base volontaria potrà limitarsi al mero valore energetico), e le <<indi-
cazioni facoltative>> cui potranno affiancarsi le eventuali <<informazioni volontarie>> di cui
all’art. 36 del Reg. (UE) n. 1169/2011.
A tali indicazioni obbligatorie, in ultimo, dovrà aggiungersi l’indicazione del lotto del prodot-
to obbligatorio ai sensi della direttiva 89/396/CEE, sostituita poi dalla direttiva 91/2011/UE,
relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene
una derrata alimentare, e la cui applicazione, come detto, il Reg. (UE) n. 1308/2013 fa salva
al suo art. 118.
- l’annata;
- il nome di una o più varietà di uve da vino;
- per i vini diversi dal vino spumante, dal vino spumante gassificato, dal vino spumante di
qualità o dal vino spumante aromatico di qualità, termini che indicano il tenore di zuc-
chero;
- per i vini a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta, le
menzioni tradizionali conformemente all’art. 112, lettera b), ovvero quelle espressioni
usate tradizionalmente negli Stati membri per indicare il metodo di produzione o di in-
vecchiamento oppure la qualità, il colore, il tipo di luogo o ancora un evento particolare
legato alla storia del prodotto a denominazione di origine protetta o a indicazione geo-
grafica protetta;
- il simbolo dell’Unione che indica la denominazione di origine protetta o l’indicazione
geografica protetta;
- termini che si riferiscono a determinati metodi di produzione;
- per i vini a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta, il no-
me di un’altra unità geografica più piccola o più grande della zona che è alla base della
denominazione di origine o dell’indicazione geografica.
Il 2° paragrafo dell’art. 120, inoltre, stabilisce che - fermo restando quanto stabilito dall’art.
100, 3° paragrafo, ovvero che <<il nome di una varietà di uva da vino, se contiene o è costi-
tuito da una denominazione di origine protetta o da un’indicazione geografica protetta, non
può essere utilizzato nell’etichettatura dei prodotti agricoli>> - con specifico riferimento
all’indicazione dell’annata e del nome di una o più varietà da vino, per i vini che non vanta-
no una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta:
- gli Stati membri, sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori e nel rispetto della
concorrenza leale, possono stilare, per i vini ottenuti da varietà di uve da vino sul loro
territorio, elenchi delle varietà di uve da vino escluse se, in particolare, esiste per i con-
sumatori un rischio di confusione circa la vera origine del vino in quanto la varietà di uva
in questione fa parte integrante di una denominazione di origine o di un’indicazione
geografica protetta già esistenti; o se i controlli sarebbero antieconomici in quanto la
varietà di uva da vino in questione rappresenta una parte molto esigua dei vigneti dello
Stato membro;
- le miscele di vini di diversi Stati membri non danno luogo ad etichettatura della varietà
di uve da vino, a meno che gli Stati membri interessati non stabiliscano diversamente e
assicurino la fattibilità delle pertinenti procedure di certificazione, approvazione e con-
trollo.
specificando poi, al paragrafo che segue, che in mancanza di norme comunitarie specifiche sulle
indicazioni nutrizionali riguardanti la riduzione o l’assenza del contenuto alcolico o energetico in
bevande che di norma contengono alcol, possono essere applicate norme nazionali pertinenti ai
sensi delle disposizioni del trattato.
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
Divieto assoluto, quindi, per l’etichettatura del vino di recare al suo interno <<indicazioni sulla
salute>> ovvero, come detto, <<qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda
l’esistenza di un rapporto tra una categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la
salute>>.
Orbene, caso ha voluto che la prima pronuncia interpretativa della Corte di Giustizia del Reg. (CE)
n. 1924/2006 fosse la sentenza del 6 settembre 2012 nella causa C-544/10, Deutsches Weintor e G
c. Land Rheinland-Plaz, riguardante il caso di un produttore di vino, una cooperativa tedesca di
viticoltori, che sull’etichetta e sul collarino delle bottiglie, come pure sul listino prezzi, aveva inseri-
to espressioni relative alla facile digeribilità (<<facilmente digeribile>>) del proprio vino grazie ad
un ridotto tenore di acidità. Veniva, quindi, interpellata la Corte di Giustizia dal competente giudi-
ce del rinvio tedesco in merito alle seguenti questioni pregiudiziali “a cascata”:
- se la valenza per la salute di un’indicazione sulla salute ai sensi del regolamento richieda
un effetto nutrizionale o fisiologico benefico finalizzato ad un miglioramento costante
dello stato fisico o se sia anche sufficiente un mero effetto temporaneo, ossia limitato al
periodo dell’assunzione e della digestione dell’alimento;
- in caso di risposta affermativa, se per asserire, come richiesto dall’art. 5 del regolamen-
to, che un siffatto effetto sia fondato sull’assenza o sul contenuto ridotto di una sostan-
za, sia sufficiente che con una tale indicazione si sostenga semplicemente che un effet-
to, solitamente prodotto da alimenti di questo tipo e spesso percepito come negativo,
sia ridotto nel caso concreto;
- in caso di risposta affermativa anche a tale domanda, in ultimo, se sia compatibile con la
libertà professionale e libertà di impresa vietare, senza eccezione alcuna, ad un produt-
tore o a un distributore di vini la pubblicità recante un’indicazione sulla salute quale
quella oggetto di questione, anche ove tale indicazione dovesse essere veritiera.
La Corte di Giustizia, sposando le conclusioni dell’avvocato generale Jàn Màzak presentate in data
29 marzo 2012, chiamata a rispondere in primis, quindi, se un’indicazione quale <<facilmente
digeribile>> potesse essere o meno qualificata quale indicazione sulla salute ai sensi del Reg. (CE)
n. 1924/2006, rispondeva positivamente. La Corte, difatti, partendo dal presupposto che la dige-
stione, essendo collegata all’assunzione momentanea di un alimento, consiste in un processo
fisiologico che provoca soltanto effetti temporanei e passeggeri, affermava che l’indicazione <<fa-
cilmente digeribile>> dovesse ritenersi una valida <<indicazione sulla salute>> ai sensi del Reg. (CE)
n. 1924/2006 posto che lo stesso al suo art. 2, 2° paragrafo, punto 5 (recante la definizione di
<<indicazione sulla salute>>) non impone nessun tipo di restrizione o precisazione in relazione né
al carattere diretto o indiretto che tale rapporto deve avere, né in ordine alla sua durata o intensi-
tà, potendo quindi essere inclusi tanto gli effetti sulla salute temporanei e passeggeri
dell’assunzione di un dato alimento, quanto gli effetti cumulativi del consumo ripetuto e di lunga
durata dello stesso. Tuttavia, sosteneva la Corte, un’indicazione di tal tipo ben può essere legitti-
mamente vietata tout court per bevande avente contenuto alcolico, come nel regolamento in
oggetto, posto che la lamentata restrizione delle libertà professionali e d’impresa non era di un
livello tale da non garantire l’esercizio di tali libertà per gli aspetti essenziali e, in ogni caso, risulta-
va essere proporzionata in quanto volta a garantire, dall’altro lato la tutela della salute. E difatti,
ad avviso della Corte, l’indicazione de qua si presenterebbe come incompleta e fuorviante poiché
non specificherebbe che, a prescindere dalla digeribilità, i pericoli inerenti al consumo di bevande
alcoliche non sono né esclusi, né limitati, risultando quindi ambigua ed ingannevole ai sensi
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Le informazioni sugli alimenti al consumatore:
il caso del vino alla luce anche della nuova OCM Unica e del Reg. (UE) n. 1169/2011
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Cfr. sulla sentenza in questione, G. JESU, Vino e indicazioni sulla salute nella pronuncia delle Corte di giustizia europea: un vino non può defi-
nirsi “facilmente digeribile”, in Riv. dir. agr., 4, 2012, p. 392 e ss.; V. RUBINO, Le indicazioni sulla salute nell’etichettatura degli alimenti fra orien-
tamenti della Corte di Giustizia UE e prime di sposizioni applicative: siamo ancora a metà del guado? , in Riv. dir. agr., 2, 2013, p. 319 e ss.; L.G.
VAQUÉ, El TJUE interpreta el Reglamento n° 1924/2006 relativo a las declaraciones de propriedades saludables en los alimentos: la sentencia
“Deutsches Weintor”, in Riv. dir. alim., 3, 2012, p. 1 e ss.; D. GORNY, Advertising for wine after Regulation (EC) 1924/2006 – Health claims regula-
tion, or how to communicate health benefits of wine to the consumer, in RIv. dir. alim., 3, 2007, p. 1 e ss.
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