FIchte - Dottrina Della Scienza
FIchte - Dottrina Della Scienza
FIchte - Dottrina Della Scienza
a cura di
Giacomo Gambaro
2018
Università degli Studi Roma Tre
Dipartimento di Filosofia, Comunicazione, Spettacolo
FILCOSPE
Colloquia Philosophica
2
Sezione Testi
2018
Colloquia Philosophica è una nuova collana di studi e di ricerca del Dipartimento di Filo-
sofia, Comunicazione e Spettacolo (FILCOSPE) dell’Università degli Studi Roma Tre. Il
suo intento è quello di rendere pubblico il lavoro scientifico-filosofico che si svolge tra i
membri del FILCOSPE, in un colloquio che vuole essere sia interno che esterno con altri
poli e soggettività culturali. Da questo punto di vista la nuova collana riprende e continua
l’attività scientifica ed editoriale del Colloquium Philosophicum, precedente pubblicazione
dell’ex Dipartimento di Filosofia di Roma Tre. Colloquia Philosophica, collana editoriale
online, è affiancata dalla pubblicazione dei Quaderni di Colloquia Philosophica, comprensivi
di due sezioni: rispettivamente «Testi» e «Strumenti». La sezione «Testi» cura l’edizione della
pubblicazione, in italiano e in lingue straniere, di monografie di rilevante valore scientifico,
connesse agli indirizzi dell’ala filosofica del nostro Dipartimento. La sezione «Strumenti»
promuove la diffusione di fonti e strumenti del lavoro scientifico quali traduzioni, anche
commentate, di testi, editi e inediti, lessici e commentari, con particolare interesse per le
fonti dei classici della filosofia tra il ’600 e il ’900.
Comitato direttivo:
Daniela Angelucci (resp. “Testi”), Paolo D’Angelo, Mariannina Failla (resp. “Strumenti”),
Rosaria Egidi, Francesca Iannelli (resp. “Strumenti”), Tamara Tagliacozzo (resp. “Testi”)
Comitato scientifico:
Laird Addis, Daniela Angelucci, Rosa M. Calcaterra, Riccardo Chiaradonna, Mario De
Caro, Mauro Dorato, Francesco Ferretti, Joe Friggeri, Federica Giardini, Christoph Jamme,
Jean-Francois Kervegan, Massimo Marraffa, Marco Piazza, Pavel Rebernik, Francesco Toto
Segreteria di redazione:
Miriam Aiello, Luca Cianca, Marco Costantini, Marta Libertà De Bastiani, Antonio di
Micco, Emanuele Martinelli, Luca Micaloni, Laura Turano
Coordinamento editoriale:
Gruppo di Lavoro
Edizioni: ©
Roma, marzo 2018
ISBN: 978-88-94885-76-7
http://romatrepress.uniroma3.it
Quest’opera è assoggettata alla disciplina Creative Commons attribution 4.0 International Licence (CC
BY-NC-ND 4.0) che impone l’attribuzione della paternità dell’opera, proibisce di alterarla, trasformarla
o usarla per produrre un’altra opera, e ne esclude l’uso per ricavarne un profitto commerciale.
di
Giacomo Gambaro
Un’immagine al di là dell’esistenza.
Immaginazione e riflessività nella Dottrina della scienza 1813 di
Johann Gottlieb Fichte
È mio intento ringraziare in questa sede il professor Roberto Finelli e la
professoressa Mariannina Failla per avermi dato l’opportunità di compiere il
presente lavoro. In aggiunta, non posso che ringraziare il professor Francesco
Toto, che per primo mi ha sollecitato a portare avanti questo progetto. Vorrei
esprimere la mia più profonda gratitudine al professor Gaetano Rametta, il mio
maestro oramai da molti anni. Senza il suo attivo sostegno questo contributo non
sarebbe stato realizzato. Ringrazio Fiorenza Lupi, Miranda Boldrini e Francesco
Restuccia per aver costituito intorno a me una comunità amicale ed intellettuale
negli ultimi anni. In seguito, voglio ringraziare mia madre, Olivia, e mio padre,
Giovanni, perché illuminano da sempre il mio cammino anche nei momenti più
difficili. Un grazie particolare a Noemi Zomparelli, per tutta la felicità. Questo
lavoro è dedicato ad Alessia, mia sorella, con ammirazione ed affetto.
Keines von beiden sollte man tun; man sollte weder auf das Eine allein,
noch auf das Andere allein, sondern auf beides zugleich reflektieren;
zwischen den beiden entgegensetzten Bestimmungen dieser Idee mitten
inne schweben. Dies ist nun das Geschäft der schaffenden Einbildungskraft,
und diese – ist ganz gewiß allen Menschen zu Teil geworden, denn ohne
sie dieselbe in ihrer freien Gewalt, um durch si zweckmäßig zu erschaf-
fen, oder, wenn auch in einer glücklichen Minute das verlangte Bild wie
ein Blitzstrahl vor ihre Seele sich stellte, dasselbe einzuprägen. Von diesem
Vermögen hängt es ab, ob man mit, oder ohne Geist philosophiere. Die
Wissenschaftslehre ist von der Art, daß sie durch den bloßen Buchstaben
gar nicht, sondern daß sie lediglich durch den Geist sich mitteilen läßt;
weil ihre Grund-Ideen in jedem, der sie studiert, durch die schaffende
Einbildungskraft selbst hervorgebracht werden müssen; wie es denn bei
einer auf die letzten Gründe der menschlichen Erkenntnis zurückgehen-
den Wissenschaft nicht anders sein konnte, indem das ganze Geschäft des
menschlichen Geistes von der Einbildungskraft ausgeht, Einbildungskraft
aber nicht anders, als durch Einbildungskraft aufgefaßt werden kann.
In wem daher diese ganze Anlage schon unwiederbringlich erschafft oder
getötet ist, dem wird es freilich auf immer unmöglich bleiben, in diese
Wissenschaft einzudringen 1…
Non si dovrebbe fare né l’una né l’altra delle due cose: non si dovrebbe
riflettere su una determinazione soltanto o unicamente su un’altra,
bensì contemporaneamente su entrambe, librandosi nell’oscillazione di
mezzo tra le due determinazioni contrapposte di quest’idea. Ora, tale
è l’ufficio dell’immaginazione creatrice, e questa è sì stata partecipata
a tutti gli uomini perché senza non avrebbero nemmeno una sola rap-
presentazione, eppure quelli sono ben lontani dal disporne liberamente
per creare con essa secondo una finalità, ovvero, se anche davanti alla
loro anima si presentasse in un attimo felice, come una saetta, l’imma-
gine anelata, non tutti sarebbero capaci di tenerla ferma, di esaminar-
la, di imprimersene indelebilmente per qualunque uso a piacere. Da
questa facoltà dipende che si filosofi con o senza spirito. La dottrina
della scienza è tale che non si lascia affatto comunicare con la mera
lettera ma esclusivamente con lo spirito, perché le sue idee fondamentali
devono venir prodotte dalla stessa immaginazione creatrice in ciascuno
che la studi, come non potrebbe essere diversamente in una scienza che
riconduca ai fondamenti ultimi della conoscenza umana, in quanto
l’intera impresa dello spirito umano muove dall’immaginazione, tut-
tavia l’immaginazione non può essere compresa altrimenti che dall’im-
maginazione. Perciò rimarrà sempre sicuramente impossibile accedere
a questa scienza a colui nel quale tale attitudine nella sua globalità è
irreparabilmente assopita o estinta 2…
1
ga, i/2, p. 415.
2
J. G. Fichte, Fondamento dell’intera dottrina della scienza, a cura di G. Boffi,
Bompiani, Milano, 2003, pp. 555-557.
Introduzione
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la genesi, in altro non consiste che in ciò che Fichte in altri contesti –
per esempio nei corsi di Transzendentale Logik 6 del 1812 – denomina
“sapere assoluto”, ovverosia il sapere originario, svincolato da ogni deter-
minazione empirica, dissociato da ogni sedimentazione contenutistica
derivata dall’esperienza effettiva. Si tratta del sapere in quanto condizio-
ne di possibilità del saputo, o se si vuole del “vedere” (Sehen) in quanto
fondamento trascendentale dell’oggetto visto. Non a caso, per Fichte
non si dà – né si può dare – oggetto di conoscenza disgiunto dal nesso
di vicendevole implicazione con l’atto di apprensione sotteso alle strut-
ture trascendentali del pensiero, ciò che rappresenta la prerogativa della
Rivoluzione Copernicana dello stesso Immanuel Kant, della cui filosofia
Fichte – a dire il vero vieppiù criticamente 7 – si professa coerente prose-
cutore. Ancor più radicalmente rispetto all’impianto criticista kantiano, il
nostro attua una risoluta “svolta” in senso epistemologico rispetto al livello
epistemico almeno in parte riferibile al movimento di pensiero di Kant 8.
Con “livello epistemico” non si intende che il rapporto di intenzionalità
intercorrente tra soggetto ed oggetto del conoscere, laddove con “piano
epistemologico” ci si deve riferire alla sopraelevazione del sapere rispetto
alla stessa implicazione soggetto-oggettiva. In altri termini, l’ontologia del
6
I due corsi di logica trascendentale che Fichte esegue l’anno che precede l’esposizione della
Dottrina della scienza 1813 rappresentano – tanto espositivamente, quanto speculativamen-
te – un autentico viatico introduttivo al sapere trascendentale della Wissenschaftslehre. Si
tratta di dimostrare la possibilità di attuare lo “strappo” del sapere dalla dimensione empirica,
ciò che equivale al contempo ad una trasvalutazione della Empirie finalizzata a chiarificarne
lo statuto in quanto “forma” dell’apparire assoluto. Sia il primo sia il secondo ciclo di lezioni
di Transzendentale Logik testimoniano di una preparazione alla filosofia – alla dottrina della
scienza – che è essa stessa parte integrante del sapere trascendentale della Wissenschaftslehre.
In riferimento al primo corso, cfr. A. Bertinetto, Introduzione, in J. G. Fichte, Logica
trascendentale i. L’essenza dell’empiria, a cura di A. Bertinetto, Guerini e Associati, Milano,
2000, pp. 13-49; A. Bertinetto, L’essenza dell’empiria. Saggio sulla prima «Logica trascen-
dentale» di J. G. Fichte (1812), Loffredo Editore, Napoli, 2001, nonché M. Ivaldo, Fichte
zu Jacobi in der ersten Transzendentalen Logik von 1812, “Fichte-Studien”, 14 (1998), pp.
107-119. In riferimento, invece, al secondo corso, cfr. A. Bertinetto, Introduzione, in
J. G. Fichte, Logica trascendentale ii. Sul rapporto della logica con la filosofia, a cura di A.
Bertinetto, Guerini e Associati, Milano, 2004, pp. 9-36. Sempre sulla logica trascenden-
tale fichtiana, cfr. A. Nuzzo, Fichte’s 1812 Transcendental Logic – Between Kant and Hegel,
“Fichte-Studien”, 30 (2006), pp. 163-172; R. Paimann, Die Logik und das Absolute. Fichtes
Wissenschaftslehre zwischen Wort, Begriff und Unbegreiflichkeit, Königshausen&Neumann,
Würzburg, 2006; J. R. De Rosales, Die transzendentale Logik (1812). Ihr systematischer Ort
und ihre Bedeutung, in “Fichte-Studien”, 31 (2007), pp. 245-254.
7
Cfr. M. Ivaldo, I principi del sapere, Bibliopolis, Napoli, 1987, pp. 25-98.
8
Sulla distinzione tra “epistemico” ed “epistemologico”, cfr. M. Siemek, Die Idee des
Transzendentalismus bei Fichte und Kant, Meiner, Amburgo, 1984.
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sapere a partire dal sapere medesimo. In altri termini, per il filosofo si tratta
di decostruire il sapere fattuale alla ricerca delle leggi trascendentali che
lo rendono vigente (prima lettura), ma questa destrutturazione non può
compiersi se non per il tramite dell’apertura dello sguardo trascendentale
in quanto sapere assoluto (seconda lettura). Insomma, «il sapere deve
andare in lui stesso, oltre se stesso» 24, ovverosia deve scomporre nelle sue
intrinseche componenti la modalità di apprensione ordinaria, allo scopo
di individuare il “nucleo soprasensibile” del Wissen. Va detto, in proposito,
che la strategia fichtiana seguita nella Dottrina della scienza 1813 corri-
sponde tanto alla coerente riproposizione della procedura di decostruzione
trascendentale del sapere comune già svolta nella “fase di Jena”, quanto
alla sua inedita radicalizzazione in termini genetici. Non a caso, se è vero
che il sapere fattuale – ed in particolar modo il dispositivo teoretico della
Vorstellung – deve anche in questo caso essere ricondotto alle sue condi-
zioni di possibilità trascendentali, parimenti certo è che simile ricondu-
zione sembra adesso dischiudere un orizzonte di investigazione a tutti gli
effetti ulteriore. Si tratta della trasfigurazione del conoscere nel comprendere
(Verstehen), o – il che è lo stesso – nella sopraelevazione dello sguardo
trascendentale dall’ordine della gnoseologia a quello della “sensatezza”
(Besonnenheit), dell’“avvedutezza” finalizzata all’insediamento del “senso”
(Sinn) trascendentale 25. Tutto ciò è chiaramente evidenziato dalla mobi-
litazione – autentica prerogativa di questa esposizione di dottrina della
scienza – del concetto di “intelletto” (Verstand ). Se, come si è dichiarato
poc’anzi, l’istanza della produttività è veicolata dall’impiego della nozione
del Bilden nel suo indisgiungibile legame con l’attivazione dell’immagina-
zione assoluta, l’istanza ricorsivo-riflessiva è indubbiamente posta a tema
dall’utilizzo del concetto di Verstand in quanto medium del comprendere.
Ebbene, l’intelletto testimonia dell’intensificazione della struttura auto-
riflessiva del sapere, ovverosia della possibilità, da parte del Wissen, di essere
come abbiamo visto tanto oggetto quanto soggetto della comprensione.
Ora, un tale vedere del sapere sarebbe un comprendere del medesimo;
appunto nel e dal suo fondamento. Scomposizione, con prova (…).
Ma il sapere da dedurre (scientia phaenomenon) è esso stesso anche
intelletto. Così, nella dottrina della scienza l’intelletto si comprende
24
ga ii, 15, 133.
25
Cfr. G. Rametta, Fichte: la logica trascendentale come logica del senso, in M. V. D’Alfonso;
M. Ivaldo (a cura di), Fichte 1810-1814. Theoretical Philosophy, Rivista di storia della filoso-
fia, Franco Angeli, Milano, 2014, 4, pp. 737-761, nonché M. Ivaldo, Filosofia trascendentale
e formazione del senso per la filosofia, «Aretè», Vol. 2, 2017, pp. 51-62.
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superiore, vale a dire in un’immagine che denota i primi due termini quali
anch’essi proiezioni immaginali 30.
Al fine di chiarire pienamente simile impostazione atta a trascendere la
logica dell’adeguazione, volgiamo l’attenzione al passo seguente:
porre nella serietà e porre un’immagine: così è ben chiaro che at-
traverso la stessa immagine è posto il suo figurato. Ora, è qui po-
sta l’immagine di un’immagine; il figurato di essa è perciò anch’esso
un’immagine. Per via di ciò, l’essere che è posto assolutamente in
quanto riposante su di sé, sarebbe proiezione; parto da se stesso, di
un’immagine. I-I 31.
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però non in quanto tale, vale a dire il figurare stesso, il proiettare, non
è affatto di nuovo nell’immagine: poiché al di fuori di essa non sareb-
be figurato un essere, un assoluto riposare su se stesso, bensì sarebbe I,
principiato. Un mero, passivo riflesso, e ripetizione: ma la connessio-
ne affatto rescissa ed uno iato tramite la forma dell’immagine stessa:
cioè tramite la mancanza dell’immagine della connessione33.
24
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Ebbene, la risposta al quesito non può che essere negativa: non a caso,
si è presupposta un’immagine «essente bella e finita» 38, un’immagine sus-
sistente a prescindere dal Verstand, il quale anzi non adempiva al compito
di conferirle estrinsecamente una forma.
Conseguentemente, Fichte può affermare che la «nostra recezione non
è quella originaria»: l’analisi ultima, lungi dall’essere portata a termine, è
ancora invischiata in una «concrezione fattuale» 39, insomma il proposito
di vedere il sapere nel suo sorgere, o se si vuole l’obiettivo di comprendere
il comprendere, non risulta realizzato.
Per il prosieguo dell’investigazione, occorre stabilire il precetto secondo
il quale è necessario «non lasciare che l’intelletto sopraggiunga a qualcosa
di già essente» 40, altrimenti si incapperebbe immancabilmente in una con-
cezione empirica e, in ultima analisi, errata del Verstand.
Abbiamo presupposto un’immagine, in quanto essente bella e finita;
e noi l’abbiamo formata attraverso la forma dell’intelletto. Da dove
proviene dunque questa immagine? Ed essa non veicola anzi nella
sua finitezza e compiutezza l’impronta del fatto che essa è in virtù
dell’intelletto 41?
28
Introduzione
In altri termini, l’apparire intrattiene con l’intelletto una relazione non sol-
tanto di vicendevole implicazione, ma ancor più radicalmente di identità.
Apparire assoluto. L’intelletto non lo comprende, non lo forma, ben-
sì lo è; e questo apparire assoluto è l’intelletto: entrambi dissolti as-
solutamente l’uno nell’altro, fusi, ed un unico e medesimo essere 42.
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ga ii, 15, 146.
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La sporgenza del Setzen sul Sehen, ciò che rende il Gesetzt suscettibile di non essere
colto in quanto Gebildet, sembra condannare il sapere ad una sorta di “ritardo” sul
reale. Ciò è corretto, a patto che la frizione tra Wissen e Realität del Principio non venga
assunta in termini per così dire “statici”. Tale inaggirabile sfasatura è infatti produttiva. La
“tensione” (Streben) che ne deriva, lungi dal segnalare lo scacco del sapere dovuto ad una
inappellabile logica della “cattiva infinità”, funge non a caso da innesco al filosofare. In
tal senso, il sistema filosofico fichtiano pone una premessa – la divaricazione, la differen-
za tra infinito e finito, tra assoluto e sapere – che consente l’apertura dell’orizzonte del
sapere trascendentale. Quest’ultimo riguadagna la premessa, tuttavia non certo nel segno
della chiusura (la riconduzione senza resti del Principio al concetto), bensì dell’apertura,
ossia nei termini di un sapere che, originandosi dallo iato, lo ripropone al termine del suo
tragitto, quale differenza consaputa. Sul tema, cfr. S. Furlani, L’ultimo Fichte. Il sistema
della Dottrina della scienza negli anni 1810-1814, Guerini e Associati, Milano, 2004.
49
ga ii, 15, 147.
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sia avvitata in una nuova astrazione di primo acchito ben poco feconda.
Uno dei più puntuali obiettivi di Fichte era ricavare un’immagine che
testimoniasse dell’essere-principio dell’intelletto rispetto alla realtà empi-
rica. Tutto, difatti, ne dipendeva. A partire da tale immagine, non a caso,
sarebbe stato possibile dedurre la rappresentazione e, così facendo, rico-
struire la datità effettiva. È a questo punto che il filosofo rivela il livello
di profondità cui si è giunti, un livello tale da gettare una luce inaspettata
sull’intero itinerario precedente e, ciò che più conta, successivo.
L’intelletto mediante il suo principio, si capisce, il principio di ciò
che esso è da cima a fondo, cioè dell’immagine. Ora, qui subentra
un termine nuovo, che potrebbe essere anch’esso nell’immagine. Ora,
questo termine o non è nell’immagine: intuizione; oppure è nell’im-
magine: il principio dell’immaginalità di cui naturalmente l’intelletto
è appunto il principio mediante se stesso. Il concetto è immagine asso-
luta dell’intelletto in rapporto alla sua propria essenza, immagine ap-
punto dell’immaginalità. Entrambi assolutamente l’una presso l’altro,
poiché l’immagine dell’immaginalità può essere soltanto nel riflesso
di un’altra immagine, che è appunto immagine, e il principio della
quale deve perciò restare immediatamente al di fuori dell’immagine 52.
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come con la mobilitazione del concetto puro molto sia stato consegui-
to. Il reiner Begriff, infatti, ha consentito di proseguire in profondità la
ricostruzione/decostruzione in cui consiste la sezione della Dottrina della
scienza 1813 concernente l’Anwendung dell’intelletto. In proposito, si è
compreso che condizione di possibilità dell’intuire a fondamento della
stessa Vorstellung altro non è che il concetto puro – o “assoluto” – quale
immagine della connessione tra i due termini polarizzati dell’impianto
della rappresentazione. Tale immagine della connessione – di cui il dog-
matico, come si è detto, non è in grado di dedurre la vigenza – in altro
non consiste che nel “mediante” (Durch). Con quest’ultima preposizione
sostantivata, riteniamo che Fichte intenda riferirsi a quel movimento oscil-
latorio (Schweben) che, nella misura in cui è in prima battuta un oscillare
tra (zwischen) i due termini, li pone nella loro operatività precisamente
riconducendoli al Bilden “sullo sfondo”. Chiarito ciò, si è sostenuto che
il Durch potesse risultare la trasposizione dell’istanza poietico-costruttiva
del figurare, ciò che lo congiunge inequivocabilmente all’immagina-
zione (Einbildungskraft) di cui si è parlato all’inizio della trattazione.
L’Einbildungskraft in quanto sintonizzazione con il Bilden di cui il Durch
è la trascrizione concettuale, fa così il suo ingresso nella Wissenschaftslehre
in esame nel momento stesso in cui si coglie il “divenire mondo” dell’ap-
parizione, insomma nel momento in cui viene a costituirsi il Dasein.
Tuttavia, il nostro itinerario non è ancora giunto al termine. Se è vero,
infatti, che si è posta quale condizione di possibilità dell’empirico l’atti-
vità originaria del Bilden, parimenti certo è che simile attività deve per
così dire “riconoscersi”. In altri termini, non si è dimostrato che il darsi
dell’Erscheinung, ma ciò non è sufficiente: è in aggiunta necessario infatti
che l’apparizione rinvenga le condizioni per cogliere se stessa 60. In breve,
l’apparire deve dar prova della propria potenzialità ricorsiva (il risultare
dunque suscettibile di essere, oltre che soggetto, anche oggetto) per il tra-
mite della propria capacità di riflettere su se stessa. Con le parole di Fichte:
a partire dal concetto dell’immagine deve anche poter essere compre-
so in maniera mediata che l’intelletto è principio di quella immagi-
ne stessa (…). Ciò è compreso, significa che l’immagine rimanente
dell’intelletto è, a partire da questo concetto, nuovamente figurata e
progressivamente determinata attraverso un’aggiunta immaginale 61.
60
Per meglio esprimerci, diremo che non si è dimostrato che il che dell’apparizione, ma
non ancora il “si” del suo apparirsi.
61
ga ii, 15, 161.
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ga ii, 15, 161.
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ga ii, 15, 161-162.
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Si arriva così a capire che il Verstand, nella misura in cui deve necessa-
riamente comprendere se stesso in quanto principio dell’immagine intuita,
non può che disvelare le condizioni di possibilità non soltanto dell’intuire
(cosa, questa, già acquisita a partire dal concetto puro), ma anche del con-
cepire (Begreifen). Se il reiner Begriff ha reso manifesta la dinamica sottesa
all’esplicazione dell’Anschauung, è necessario adesso un aggiuntivo surplus
di riflessione (Besinnung, Reflexion) che si appunti sul Begriff medesimo.
Va da sé che tale corroboramento della riflessione suppone la deduzio-
ne (Ableitung) dell’operato trascendentale dell’“in quanto” (Als). In altre
parole, se l’impiego del concetto puro faceva trasparire la sporgenza in
esso del “mediante” (Durch), vale a dire l’anteriorità trascendentale della
componente unitaria e poietico-produttiva, è arrivato il momento di far
seguire a simile componente quella della ricorsività riflessiva nel suo essere
palesata dall’Als. Unicamente l’istanza riflessiva veicolata dall’“in quanto”,
infatti, predispone le condizioni per l’impressione della torsione ricorsiva
dell’apparire: condizioni finalizzate all’auto-imputazione dell’apparire in
cui consiste la comprensione di sé dell’intelletto.
Quanto dichiarato all’inizio circa la “svolta” in senso epistemologico
realizzata dal trascendentalismo fichtiano riscopre a questo punto tutta la
sua validità. Al fine di spiegare l’intenzionalità ontica distintiva del livello
epistemico, occorre primariamente attuare rispetto ad essa un’autentica
sopraelevazione epistemologica. Il sapere deve andare in lui stesso (discesa al
livello epistemico) oltre se stesso (elevazione verso il piano epistemologico).
Tornando al Verstand:
è legge del suo essere, che esso divenga (…) immagine del carattere di
immagine, nel caso sia un’intuizione; [la legge del suo essere] però non
è solo questo, bensì anche che esso [divenga] al contempo immagine di
se stesso, in quanto essente questa immagine. Il concetto, il quale sorge
in base alla legge formale dell’intelletto nel caso in cui un’intuizione sia
data, non è, come prima, un concetto semplice, bensì uno duplice, che
si relaziona a se stesso, un concetto obiettivo, la prima componente, un
concetto di riflessione, la seconda componente: io concepisco, che essa
è immagine; che si concepisce in quanto ciò che concepisce64.
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In tal senso, nel Wesensbegriff del Verstand il Sein nella sua interezza è
suscettibile di essere ulteriormente figurato «in quanto accidente» dell’in-
telletto. Nella misura in cui è posto (gesetzt), il Sein si dispone alla possi-
bilità di essere sussunto alla comprensione, come del resto già acquisito
con la mobilitazione del Reflexionsbegriff 67. Quest’ultimo è l’operatore tra-
scendentale che presiede alla ricomprensione del Sein in seno al Verstehen,
ciò che sta a significare la trasvalutazione dell’essere nel figurato, insomma
nell’essere come “essere-comprensibile”. Ebbene, il “concetto di rifles-
sione” nella sua capacità di disvelare la disposizione alla comprensibilità
(Verständlichkeit) del Sein rinviene nell’io (Ich) il suo “portatore” (Träger).
L’irruzione dell’Ich rischiara di nuova luce il percorso sviluppato da
Fichte nella Dottrina della scienza 1813. Questa, “alle porte dello schema-
tismo” rinviene nel subentrare della soggettività trascendentale la chiave di
volta del suo itinerario. Prima però di trattare dell’indissolubile legame tra
soggettività e Wissenschaftslehre (o se si vuole della dottrina della scienza in
quanto traiettoria di soggettivazione), è indispensabile concentrare l’atten-
zione sulla questione dello Schematismus:
l’intelletto concepisce se stesso in quanto immagine assoluta dell’im-
magine, quindi mediante, identità. Legame. Che cos’è questo? Io
dico: qui si inaugura lo schematismo; questa identità è il primo
schema. Pertanto fate attenzione, poiché qui devono necessaria-
mente risiedere le leggi dello schematismo 68.
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Introduzione
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Cfr. G. Rametta, Fichte, cit., p. 219.
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BIBLIOGRAFIA
Letteratura primaria
62
Introduzione
Letteratura secondaria
63
G. Gambaro
64
Introduzione
65
Johann Gottlieb Fichte
67
J.G. Fichte
Prima lezione
Lunedì, 8 febbraio 1813
[133] 85 Essenza [della dottrina della scienza] … vedere nel suo sorgere 86
il sapere, il sapere Uno universale assoluto; dunque da ciò che assolutamen-
te non è sapere, ma qualcosa di cui si ha coscienza. Il principio non è il
principiato. Essi si disgiungono assolutamente. Completamente separati.
Il discorso è [la trattazione] solo di questo sapere.
Ciò di cui si ha coscienza = essere. La dottrina della scienza non è dot-
trina dell’essere 87. Sarebbe così una dottrina dell’essere unicamente per via
di fraintendimento. La più celebre dottrina dell’essere è di Spinoza. Egli
non ha meditato 88 sull’immagine, sul pensiero. (Deve esserci una ragione
da sapere di questa non-riflessione; una ragione da ricercare). Quanto a
noi, l’avvedutezza dal sapere, la coscienza di sé in uno stato permanente,
e la riflessione di un’arte in base a regole. Idealismo trascendentale. Pura
eliminazione dell’essere. La dottrina della scienza è interamente la stessa
cosa. Come si potrebbe dubitare, al cospetto di prove proprie?
Ora, se noi possiamo fare ciò, allora tuttavia all’interno del sapere
stesso, e attraverso un sapere. Il sapere deve andare in lui stesso, oltre se
stesso: tutto il sapere. Nessuno, che fosse mero sapere in sé annullantesi,
e neanche possa essere ciò di cui esser cosciente, e in quest’ultima forma
diventare oggetto in una dottrina della scienza. Ciò è posto. Altrimenti,
al di fuori della dottrina della scienza, esso sa appunto assolutamente, è
questo sapere, in ciò annullante l’essere qui trovato: qui: lui stesso ciò di
cui aver coscienza di un nuovo sapere: oggetto.
Ancora. Ciò appare così: se questa coscienza e l’ultima e assoluta di
tutto il sapere è resa oggetto, allora essa stessa non è di nuovo oggetto e
ciò di cui si ha coscienza, poiché allora ciò dovrebbe dare al di fuori di lei
ancora una coscienza superiore soggettiva, essa perciò non sarebbe l’ultima
e assoluta. Perciò non si può condurre la coscienza a sé, in un’immagine,
storicamente, ma si deve appunto essere immediatamente questa da sé,
ed esperirla. Essa sa solo se stessa, affatto che essa è: si conosce solo in
un essere immediato, e non si dà proprio un’altra maniera di ottenere
un’immagine di ciò. Spiegarsi: all’interno di se stessi.
(Di conseguenza anche nessuna prova esteriore, che la coscienza sia,
prova la quale anzi pone un’immagine di quella. Prova attraverso il fatto
85
I numeri indicano la pagina dell’edizione tedesca delle opere di Fichte.
86
Entstehung.
87
Seynslehre.
88
Besinnung.
68
Dottrina della scienza 1813
medesimo. Gli altri sono ridicoli con le loro esigenze, ed esigenze assolu-
tamente impossibili; con i loro dubbi: “come posso riuscirci?”. Poi ci riu-
scirai a tutti gli effetti bene. Si deve appunto osare… Appunto per questo,
per consolare coloro i quali credono di conoscere già i pericoli e le ostili
conseguenze della dottrina della scienza: essi di ciò non sanno proprio
nulla. [134] Ciò che essi conoscono è un fantasma. Ciò concerne l’uomo,
ha appunto un carattere).
Ora, un tale vedere del sapere sarebbe un comprendere 89 del medesimo;
appunto nel e dal suo fondamento. Scomposizione 90, con prova, da cui
nella sua unità. Ma il sapere da dedurre (scientia phaenomenon) è esso
stesso anche intelletto 91. Così, nella dottrina della scienza l’intelletto si
comprende; e questo sarebbe propriamente il nostro specifico compito da
compiere, questo comprendere dell’intelletto. Ebbene, questo è possibile,
così l’intelletto è assoluta comprensibilità 92 di se stesso; e ciò è il più elevato
concetto nel quale noi lo possiamo afferrare quale nostro preciso compito.
Altra esposizione. L’intelletto, colto intanto nel suo primo e semplice
significato, non comprende nulla; esso ha il suo fondamento, che non è
esso stesso l’intelletto, bensì ciò che in esso è compreso. Ma questo è nell’in-
telletto, o in un sapere: solo nella misura in cui è compreso. Quell’oggetto
sconosciuto e l’intelletto sono perciò assolutamente fusi nel sapere effetti-
vo, compenetrati l’uno all’altro, uniti in un’unità organica, e questa unità
organica sarebbe appunto il sapere effettivo. Sarebbe, dico: poiché in più
subentra quanto segue. L’intelletto in questa unità organica con il compre-
so è comprensibilità di se stesso. Noi riceveremmo, intendo, 2 o anche 3
elementi, dai quali è composto il sapere che dobbiamo dedurre. Il contenu-
to con la forma dell’intelletto, uniti in maniera assolutamente organica. La
comprensibilità di queste parti e della loro unità sintetica, in un’unità sin-
tetica con il primo elemento unificato. Tutto ciò rappresenta l’unità interna
dell’intero sapere. Stabilire per il momento questa unità in modo chiaro e
determinato. Da questa, attraverso la mera analisi, dedurre il particolare.
Ora, io potrei stabilire questa unità su due piedi, il cammino sarebbe
facile, il metodo elementare. Ma occorre che sia portata a termine un’altra
faccenda. Comporre prima davanti ai vostri occhi l’unità, a partire dagli
elementi, che mi sono conosciuti, allo scopo di costruirla. Di ciò ora, per il
momento, non dare alcun rendiconto: ciò deve mostrarsi nel lavoro stesso,
e se noi abbiamo ordine e metodo. Ma questi non devono essere anticipati.
89
Verstehen.
90
Zerlegung.
91
Verstand.
92
Verständlichkeit.
69
J.G. Fichte
70
Dottrina della scienza 1813
Seconda lezione
Lunedì, 8 febbraio 1813
71
J.G. Fichte
72
Dottrina della scienza 1813
Terza lezione
Martedì, 9 febbraio 1813
73
J.G. Fichte
102
Zusammenhang.
103
Nota di Fichte: «Pronostico per l’insieme. Chi non è edotto con questo ragionamento,
certo non si faccia distrarre attraverso la mancanza di luce. (Per chi non vede la connessione,
essa è invisibile. Ne apprenderanno le conseguenze»).
104
Ersehen.
74
Dottrina della scienza 1813
visto 105, dalle cose o dall’io; le cose fanno impressione. Loro dichiarano
questo: nessuno ha dato un’immagine di un tale divenire e soprattutto del
vedere. (Avere la sua immagine è assoluta proprietà della dottrina della
scienza. Tutti gli altri filosofi si accontentano di essere questa immagine).
Secondo noi per eccellenza: l’assoluta forma dell’essere: benché noi invero non
scorgiamo affatto ciò come un fatto avvenuto: bensì all’interno del suo
essere, attraverso la forma del comprendere nelle sue componenti. Essa
[l’immagine] porta appunto con sé le sue componenti.
2) Esercitatevi in questa immagine. È importante che voi capiate che
questo e, se volete, solo questo è un vedere. Ora abbiamo propriamente
detto che esso è il comprendere, e perciò, dunque, che tutto il vedere è un
comprendere. Ma questo non possiamo pensarlo seriamente. Perché è qual-
cosa nella forma del comprendere. Ora, dov’è qui propriamente il com-
prendere, dov’è la traccia del fondamento estraneo? Unità: come l’unità
pone le parti. Tutto ciò domani, per giungere in profondità nell’essenza.
Effettivamente: dedurre l’immagine che adesso abbiamo posto.
[140] Il tutto è l’analisi della proposizione: l’apparire è nella forma
dell’intelletto. Forse potrebbe essere la costruzione. Sulla scorta di quanto
detto ora l’immagine di un’unità a partire da cui analizzare di nuovo.
75
J.G. Fichte
noi presupposta si divide nel suo essere nell’intelletto – nel figurare dell’in-
telletto – assolutamente e per eccellenza in un doppio: immagine ed essere: i
quali sono entrambi certamente un’unica e stessa cosa, cioè l’immagine che
è nell’intelletto. Non differiscono in altro, se non in quanto si differenziano
mediante la forma dell’immagine e la forma dell’essere.
L’immagine è, dico, in questa forma, vale a dire: mediante questa forma,
il suo essere è compiuto, circoscritto ed immanente. La scissione descritta
nella duplicità è la sommità della forma dell’essere; essa [la scissione] per-
tanto è, senza essere essa stessa nuovamente qualcosa di figurato (riflesso).
Non sarà dunque vista l’unità e neanche la scissione: pure per l’appunto
essa è per eccellenza: è il rapporto dell’immagine all’essere. (È appunto il
descritto essere dell’essere all’interno dell’immagine, il vedere nel quale la
forma dell’intelletto non è per nulla un visto, ma unicamente l’invisibile
fondamento di determinazione dell’essere dell’intera apparizione).
Excursus. Senza dubbio non è il nostro scopo voler dedurre una qual-
che apparizione nel sapere dalle singole leggi che noi potremmo rinvenire.
Per mezzo di ciò la nostra esecuzione sarebbe dispersa e senza unità siste-
matica. Per prima cosa l’immagine dell’unità. Ora, per il momento va
bene così. Ma non si può sempre fare affidamento su questo, [141] cioè
che le singole immagini siano costruite correttamente e così siano appre-
se correttamente le singole leggi: in questo modo infatti non avremmo
raggiunto una corretta immagine dell’unità. Ora, qui ci possiamo aiutare
nel dettaglio mediante la deduzione: nella misura in cui in questo modo
l’immagine viene posta in una connessione superiore e più nota come
correttivo. Ora, questo è solamente un aiuto superfluo, non afferente alla
questione. Dandovi un simile aiuto, osservo ciò anche per il futuro, in
modo che nessuno venga condotto fuori strada.
In quanto abbiamo descritto, è presente senza dubbio la visione e la
veduta oggettiva nella sua pura forma. In quest’ultima di fatto non c’è
assolutamente nient’altro che un’immagine, che dunque pone un essere:
ad essa assolutamente uguale, e diverso da essa solo nella forma. Così ogni
osservatore, purché attento, la trova in sé e mi preoccuperò di condurvi
a questa osservazione fin dalle prime ore dell’introduzione. Ora, questa è
soltanto la condizione della filosofia, non la filosofia stessa: perché questa
non si accontenta di vedere: “è così”, ma vuole una legge in virtù della
quale ciò deve necessariamente essere così. Abbiamo appena stabilito que-
sta legge: e dovete necessariamente poter concepire quel fenomeno, se mi
avete compreso correttamente; è una prova. La questione è la seguente:
c’è un’immagine che non si dà mediante l’intelletto, almeno in riferimento
76
Dottrina della scienza 1813
77
J.G. Fichte
Se l’assoluto non è l’intelletto di se stesso, ciò non può essere: poiché l’im-
magine è solo nell’intelletto. Annotatevi invece questo della proposizione,
come penso, chiara ed efficace: l’effettivo punto di connessione dell’assoluto
e (dell’immagine e dell’intelletto), che è un Unico essere, risiede certamente
più in alto, e noi dovremo dimostrarlo a suo tempo).
Quarta lezione
Martedì, 9 febbraio 1813
Non abbiamo ancora finito del tutto con la deduzione. Manca anco-
ra un pezzo principale, come vogliamo vederlo in modo articolato nella
deduzione stessa del prossimo elemento.
L’immagine Una da presupporre della forma dell’intelletto, com’essa
è qui collocata (che noi d’altra parte ancora non conosciamo affatto), per
mezzo di ciò disgiunta in immagine ed essere – d’altronde restante ciò che
è; abbiamo detto, immagine ed essere che quindi sono in tutto e per tutto
identici, sono appunto un’Unica immagine, scissa in ambedue queste
forme, non distinta ulteriormente se non per ciò che apporta la differenza
della forma. Ora, che cosa apporta questa differenza? Questa è la domanda
a cui dobbiamo ancora rispondere.
Per cominciare, che cosa risiede nell’essere? Un fondarsi su se stesso,
assolutezza; pertanto, nella misura in cui l’immagine è compresa nella
forma dell’essere, essa è un’immagine mediante se stessa: il suo essere dato
e figurato è il risultato del suo intrinseco mediante sé. Per contro, l’imma-
gine in quanto immagine non si fonda su se stessa: essa è soltanto ripro-
duzione, riflesso morto e passivo, come l’abbiamo già chiaramente visto
sopra. Quindi questo veicola la forma dell’opposizione in entrambe le
forme. Nella forma dell’essere ciò [l’immagine Una], pertanto, non è mera
immagine, poiché allora sarebbe uguale all’immagine in quanto immagi-
ne, e non vi sarebbe alcuna opposizione: ma è immagine dell’immagine,
come l’abbiamo esposta nella nostra formula: Una immagine, non mera-
mente immagine, bensì con l’aggiunta, immagine da sé, di sé, mediante sé.
Come sopra, un vedere articolato colto in un vedere dello stesso.
[143] E così allora la deduzione prefissata a partire dalla forma dell’in-
telletto, all’interno dei suoi limiti, fino a dove dovrebbe andare, ed è messa
una buona base per l’unità dell’immagine.
Aggiunta. Non ciò che è guardato come immagine che guarda l’essere,
ciò non è il vedere, ma il visto. Adesso è spiegato; attraverso l’intelletto è
78
Dottrina della scienza 1813
79
J.G. Fichte
Quinta lezione
Giovedì, 11 febbraio 1813
80
Dottrina della scienza 1813
81
J.G. Fichte
82
Dottrina della scienza 1813
83
J.G. Fichte
111
Gesicht.
84
Dottrina della scienza 1813
Sesta lezione
Giovedì, 11 febbraio 1813
85
J.G. Fichte
Settima lezione
Venerdì, 12 febbraio 1813
86
Dottrina della scienza 1813
87
J.G. Fichte
115
Reflexibilität.
88
Dottrina della scienza 1813
Ottava lezione
Venerdì, 12 febbraio 1813
Osservazioni.
1) Che cosa abbiamo propriamente ottenuto? Tutta l’esistenza è stata
assunta nell’unità dell’intelletto e spiegata a partire da esso, fino all’assoluto
stesso; è stata assunta in un’immagine puramente formale: che cioè risiede
nell’immagine della riflessione, secondo la quale X è la sua immagine, la
più elevata e l’ultima dedotta. Abbiamo motivi per ben sperare. Certamente
noi attendiamo ancora i frutti. In particolare – è divenuto chiaro che cosa
sia l’intuizione, nella sua differenza dal concetto, e come entrambi siano in
relazione e siano posti l’una attraverso l’altro. L’intelletto mediante il suo
principio, si capisce, il principio di ciò che esso è da cima a fondo, cioè
dell’immagine. Ora, qui subentra un termine nuovo, che potrebbe essere
anch’esso nell’immagine. Ora, questo termine o non è nell’immagine:
intuizione; oppure è nell’immagine: il principio dell’immaginalità di cui
naturalmente l’intelletto è appunto il principio mediante se stesso. Il con-
cetto è immagine assoluta dell’intelletto in rapporto alla sua propria essenza,
immagine appunto dell’immaginalità. Entrambi assolutamente l’una presso
l’altro, poiché l’immagine dell’immaginalità può essere soltanto nel riflesso
di un’altra immagine, che è appunto immagine, e il principio della quale
deve perciò restare immediatamente al di fuori dell’immagine.
2) La differenza di una precedente costruzione dell’intelletto dalla
costruzione presente è già stata ricordata di passaggio. Adesso coglietela in
modo determinato. Là il comprendere nella sua mera forma, vale a dire
appunto in quanto forma; formante un qualcosa di presupposto [152]
all’immagine. Qui nella sua assolutezza, in quanto ponente ed in quanto
generante da sé ciò che va formato. Da ciò vennero le differenze che si
sono mostrate nelle immagini da noi costruite. Perché? Prima doveva
essere dimostrato l’assoluto scomporsi dell’intelletto in una forma duplice
in generale, dell’essere e dell’immagine: mentre nella nostra costruzione
doveva essere nuovamente conosciuta ed applicata. Attraverso le lezioni
precedenti 116 voi siete abbastanza edotti sull’intero discorso da averlo
nuovamente riconosciuto nella prima costruzione. La forma dell’empiria,
in cui appunto l’immagine che risiede al fondamento è per eccellenza
frantumata in essere e immagine: l’un l’altra assolutamente identici quanto
al contenuto (nell’immagine dell’oggetto, l’immagine è come l’oggetto,
ed entrambi sono nuovamente differenti in quanto immagine e oggetto).
116
Fichte si riferisce ai corsi di Logica trascendentale del 1812.
89
J.G. Fichte
90
Dottrina della scienza 1813
91
J.G. Fichte
Nona lezione
Lunedì, 15 febbraio 1813
92
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93
J.G. Fichte
118
Reiner Begriff.
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Dottrina della scienza 1813
Decima lezione
Lunedì, 15 febbraio 1813
95
J.G. Fichte
96
Dottrina della scienza 1813
non è principio di una qualche intuizione = X, ma, per esserlo, risiede sol-
tanto nell’immagine della sua essenza: può esserlo. Se lo è o non lo è: qui il
discorso non se ne occupa. Ma se esso lo è, in modo affatto assoluto, e così
in modo immediatamente invisibile, allora un’immagine sarà concepita
in quanto tale: e giacché l’intelletto è per eccellenza concepito in quanto
principio di tutte le immagini, esso sarà concepito in quanto principio
anche di questa immagine. (Ciò che era impossibile nell’intuizione imme-
diata, perché appunto l’intuizione era immediata, sarà sostituito attraverso
il concetto che frattanto subentra).
f ) L’intero concetto qui descritto figura perciò ciò che seguirà necessa-
riamente in un caso, in base alla sua mera possibilità, che l’intelletto cioè
sia principio. Il concetto perciò è meramente l’espressione della legge, o
l’immagine della legge: e ciò è per eccellenza in base al nostro presuppo-
sto: così l’immagine della legge è per eccellenza; e l’intelletto assoluto è
immagine della sua legge.
[159] g) E ciò ci porta quindi ad una deduzione della prova, che non
è intrapresa per la prova stessa, come per amore di quella, ma per ciò che
attraverso questa c’è da imparare.
Io dico: noi l’abbiamo fatto proprio bene, abbiamo portato a compi-
mento l’intelletto assoluto e l’abbiamo collocato correttamente: precetto:
l’assoluto comprendere è essere immagine di se stesso, in quanto principio
assoluto, sotto leggi.
Innanzi tutto, comprendere significa intrinsecamente figurare in quanto
immagine: l’immagine assoluta sarebbe perciò quella che è immediatamente
comprensibile (veicola l’immagine della sua immaginalità attraverso se stessa).
Una tale immagine è ora immagine di una legge del figurare assoluto.
Prova: poiché è legge del figurare assoluto; allora afferra questo stesso
nel suo essere e sul fatto [del suo compiersi]; e si imprime ora nell’imma-
gine che si accompagna in base a lei – ma essa non è un’immagine parti-
colare. Possiamo anche esprimerci così: è legge del figurare assoluto, così
non vi è alcun figurare al di là di questo stesso; nessun figurare di cui essa
non sia immediatamente la legge.
Ora, [se] pure essa è nell’immagine, allora una tale immagine non è
certo alcun essere. Essa è comprensibile attraverso di sé in quanto semplice
immagine, al di fuori del suo essere e contrapposta al suo essere. Ciò che
sarebbe il primo punto.
Inoltre: un’immagine pone tuttavia un essere. Ora questo sarebbe posto
assolutamente, cosicché ci sarebbe uno iato (come nell’intuizione), quindi
rimarrebbe qualcosa di incompreso, qualcosa che non si dischiudereb-
be nell’immagine, qualcosa che non sarebbe completamente immagine.
97
J.G. Fichte
Undicesima lezione
Martedì, 16 febbraio 1813
98
Dottrina della scienza 1813
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J.G. Fichte
100
Dottrina della scienza 1813
quale sorge in base alla legge formale dell’intelletto nel caso in cui un’intui-
zione sia data, non è, come prima, un concetto semplice, bensì uno duplice,
che si relaziona a se stesso, un concetto obiettivo, la prima componente, un
concetto di riflessione121, la seconda componente: io concepisco, che essa è
immagine; che si concepisce in quanto ciò che concepisce.
c) Ora, nel caso in cui un’intuizione X sia data: cosa accadrà asso-
lutamente? Risposta. L’intelletto si trasformerà in un’immagine di sé in
quanto concepisce questa X come principio dell’intuizione: ma esso pure
si concepisce: e [per concepirsi in quanto principio] esso avrebbe bisogno
soltanto della legge di una determinazione progressiva di questa immagine
di sé, legge che certamente ancora non ci è nota.
3) [L’intelletto] si concepisce in quanto principio dell’intuizione e del
concepire di questa stessa, in quanto assoluto divenire intelletto attraver-
so se stesso, per eccellenza. Rendiamoci completamente chiaro l’ultimo
elemento, quello nuovo. Abbiamo detto [che l’intelletto si concepisce
in quanto] principio del concepire, per avere per il momento solo un
concetto solido! Ora, esaminato più da vicino! È interamente adeguato?
L’intelletto è quindi principio del suo concepire? Così abbiamo concepito
la questione. Appena si dà l’intuizione, il concetto si fa nella sua duplicità
con assoluta necessità in base alla legge: l’intelletto non si fa in quello
stesso, bensì esso diviene quello stesso; esso non è principio, bensì oggetto
passivo di una trasformazione attraverso una legge che ordina con necessi-
tà. Ora, esso è appunto per eccellenza e così è figurato nel suo concetto di
essenza. Abbiamo a disposizione una qualche espressione nota per questa
forma di immagine? Sì: io dico sostanza; e ciò che esso diviene senza alcun
suo intervento è il suo accidente. L’intelletto è nel suo concetto di essenza
sostanza (vale a dire, del concepire), la quale è principio dell’intuizione.
Sostanza, immagine di un essere meramente formale con l’assoluta possi-
bilità di un divenire; di un divenire mediante sé. L’immagine del divenire
è immagine di un essere figurato unicamente mediante il suo principio:
immagine in seguito rimossa, se rimossa l’immagine del principio.
Dodicesima lezione
Martedì, 16 febbraio 1813
101
J.G. Fichte
102
Dottrina della scienza 1813
103
J.G. Fichte
stessa, bensì soltanto in base alla sua [della legge] forma immaginale. Ciò
è l’immagine in quanto prima metà. Come risulta essere la seconda metà?
Descrizione della linea con le [165] impronte… Ora, queste impronte
sono appunto la seconda metà, la veduta e la visione di questa immagine
nell’essere. Ora, cosa risiederà in questa seconda metà in quanto appunto
immagine in base alla quale quella prima metà è figurata? Ciò che vi risie-
de è pertanto l’essere, le impronte, la concrezione del figurare in generale:
e ciò è per eccellenza in ogni schema; la materia assolutamente Una e che
rimane uguale a sé di tutto lo schematismo. Questa materia, però, è for-
mata così, vale a dire come nel figurare, in quanto la prima metà, il figura-
re costruisce se stesso. Perciò questa materia è formabile nella sua unità in
base ad ogni maniera in quanto il figurare stesso è possibile. Nell’esempio
di sopra. Nell’unità effettiva della legge due immagini sono per eccellenza
congiunte l’una con l’altra nell’unità organica dell’essere-immagine. Nello
schema è intervenuto l’elemento di mezzo; l’espressione “il fatto che”
diventa un “mediante” reciproco: questa è la forma dello scambio.
Osserviamo più in là: l’intelletto si concepisce in quanto principio.
Quest’ultimo è uno schema. L’espressione della legge nella forma assoluta
in quanto fondamento affermativo e ponente di un essere. Unito con la
materia in generale, in quanto forza tuttavia nella mera immagine, quindi
senza alcuna esteriorizzazione della forza.
[L’intelletto si concepisce poi] in quanto sostanza; vale a dire in quan-
to figurabile attraverso la legge, in quanto forza, ma ancora affatto non
figurata, mera materia – vale a dire la generale materia dell’immagine, con
l’aggiunta seguente, in quanto figurabile attraverso la legge che vi si rife-
risce. Pura sostanza, senza alcun accidente: unicamente le immagini della
figurabilità e formabilità, ora le possibili forme che possono procedere
là all’infinito, gli accidenti. Da cogliere così. (Abitualmente tutti questi
concetti non sono colti acutamente e conseguentemente il cammino per
l’intellezione non può che risultare precluso).
[Abbiamo così in aggiunta l’immagine del] divenire. Figurare in base alla
legge. Il principio, nell’immagine. Qui subentra il figurare stesso: dovunque
respinto e rimosso, se è rimosso il principio; deposto nell’immagine obiettiva.
(Come appunto si mostra nell’immaginazione): nel costruire la linea.
Questo per quanto riguarda gli schemi che avvengono qui. Abbiamo sta-
bilito la legge e l’abbiamo resa chiara per rendere più chiare attraverso questa
stessa legge le immagini che seguono: e per far costruire la [legge] in maniera
genetica. Solo per mezzo di ciò si preserva la conduzione dell’immaginazione
nella dottrina della scienza, la sua sicurezza.
Attraverso l’esposizione degli schemi un termine comune a tutti deve
104
Dottrina della scienza 1813
ancora passare attraverso [le maglie del discorso], è tale termine che voglio
enunciare per giungere alla fine: [lo schema] dell’essere. Ciò è l’essere del
figurare, le impronte di esso stesso, di cui abbiamo parlato sopra; non
una qualche immagine di una legge particolare, bensì l’espressione stessa
della legge fondamentale dell’intelletto, legge del dividersi in immagine
ed essere. La pura materia [dello schematismo] senza alcuna figurabilità.
La sostanza di questa in quanto figurabile, allo scopo della quale occorre
già lo schema di un principio, lo schema di un principiato e di un [166]
divenire, tutti tali schemi si subordinano l’un l’altro, così come appunto
abbiamo visto.
Abbiamo visto che nel caso in cui l’intelletto fosse principio di un’intu-
izione = X, allora dovrebbe necessariamente sorgere per eccellenza nel con-
cetto non solo questa X, ma anche il concetto del fatto che l’intelletto ed il
suo rappresentante attuale è ciò che concepisce in questo concetto: in base
all’essenza assoluta dell’intelletto medesimo. Pertanto, ciò che nel caso di
un io si concepisce nel concetto, risiede nell’essenza dell’intelletto ed è
recepito nel nostro concetto di essenza dell’intelletto, che noi abbiamo
precedentemente costruito. Ciò significa, per delle ragioni che sono state
esposte molto chiaramente e non necessitano di ripetizione: l’intelletto si
concepisce per eccellenza in quanto essere figurabile, vale a dire in quanto
sostanza che può ottenere gli accidenti in quanto materia affatto vuota ed
indeterminata, che attende la sua determinazione dal subentrare di una X.
Oggi, ricercare quanto segue: che cosa risiede in ciò: dedurre a partire
da questo. Sottigliezza della differenza: come può essere altrimenti? Noi
cerchiamo il punto di unità nel quale risiede tutta la molteplicità, la mol-
teplicità quintuplice ed infinita; e così, tale che noi non la troviamo in
seguito in questo punto di unità, bensì tale che noi conosciamo in modo
affatto a priori la legge, nella quale traspare il rigore attraverso cui la nostra
attuale esecuzione della dottrina della scienza si sforza di essere nuova.
Ora, chi si lascia sfuggire questa rigorosa sottigliezza, a costui può accadere
[di pensare che noi non avanziamo di un passo], come se noi rimanessimo
sullo stesso posto e ci ripetessimo: ma per un tale individuo l’insegnamen-
to proposto andrebbe perduto. In particolar modo, qui risiede l’essenza
della riflessione 123 e la legge fondamentale di ogni disgiunzione, quest’ul-
tima appartenente alla riflessione: dove non è discussa quest’ultima! Ma
noi ci sforziamo interamente di andare in profondità.
123
Reflexion.
105
J.G. Fichte
106
Dottrina della scienza 1813
107
J.G. Fichte
131
Vorstellen.
132
NichtIch.
108
Fichte, o il trascendentale come saggezza
di
Gaetano Rametta
133
Per le contestualizzazioni di carattere storico-filosofico e i relativi riferimenti bibliografici,
rinviamo una volta per tutte al nostro Fichte, Carocci, Roma 2012 (sec. ed. 2017).
109
G. Rametta
110
Fichte, o il trascendentale come saggezza
Io, infatti, quell’Io può essere solamente pensare, e se può essere solamen-
te pensare, non può fungere da supporto all’attività del pensare stesso.
Quest’ultimo, a sua volta, non può essere pensare senza riconoscersi come
tale, senza cioè scorgere, nel concetto in cui si esprime, il risultato conse-
guente della propria stessa attività. In questo riconoscersi nel risultato della
propria azione sta, per Fichte, l’essenza del soggetto: ed è proprio per que-
sto che agire significa produrre, e che il produrre non può separarsi dall’au-
toriflessione nel prodotto, in cui si oggettiva e si esprime allo stesso tempo.
La parola Tathandlung, che Fichte ha inventato per esprimere questa
implicazione tra produrre e prodotto, tra l’attività e il suo risultato, espri-
me magnificamente la struttura del soggetto, nella misura in cui l’azione
in corso (Handlung) trascina nel movimento del suo produrre il risultato
stesso che ne scaturisce: quest’ultimo infatti non è puro e semplice fatto,
bensì è il compiersi dell’agire nell’atto (Tat), che salvaguarda quest’ultimo
dal decadere a mera cosa, priva di significato e di vita. L’attività si reca dun-
que in atto solo nella misura in cui il suo atto resta legato ad essa da una
relazione di espressione, sancita dalla particella als, che tanta importanza
rivestirà nel Fichte berlinese, fino all’esposizione del 1813. Ma questa
struttura può essere propria solo del soggetto, perché solo il soggetto può
scorgere nell’atto il risultato della propria azione, riconoscendo se stesso in
quello, e dunque in pari tempo ponendosi effettivamente in esso. Perciò,
la formula dell’autocoscienza non è data semplicemente dall’Io che pone
se stesso, ma dall’Io che pone stesso in quanto se stesso: solo in questo in
quanto, infatti, il soggetto è posto come tale, cioè come cosciente di sé.
A questo punto, si modifica almeno in parte anche la nozione di filo-
sofia trascendentale. In Kant, la ragione che conduce la ricerca è ancora
separata da se stessa, assunta come tema su cui verte tale ricerca. La ragione
riflette sulle proprie possibilità e i propri limiti, ma tali limiti e possibilità
sono considerati in rapporto alla conoscenza dell’oggetto: la ragione non
s’interroga su di sé in quanto facoltà che sta esercitando in quella direzione
il proprio pensiero. In altri termini, la ragione si fa oggetto di riflessione,
ma non si assume come soggetto della riflessione stessa.
In questo modo, secondo Fichte, si spiega il carattere descrittivo delle
Critiche kantiane: la ragione cerca di delimitare il proprio ambito di azione,
come se la facoltà di cui sta definendo capacità e funzioni fosse diversa da se
stessa, in quanto facoltà che sta praticando una tale ricerca. Se l’Io penso, al
contrario, è un Io che pensa solo ponendosi, e che dunque solo ponendosi
può pensare, non sarà più possibile espungere dalla ricerca l’attività median-
te la quale la ragione riflette su stessa: in altri termini, non sarà più possibile
esercitare la filosofia, in quanto filosofia trascendentale, senza incorporare
111
G. Rametta
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Fichte, o il trascendentale come saggezza
113
G. Rametta
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Fichte, o il trascendentale come saggezza
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G. Rametta
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Fichte, o il trascendentale come saggezza
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G. Rametta
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GLOSSARIO DEI CONCETTI PRINCIPALI DELLA DOTTRINA
DELLA SCIENZA 1813
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dell’esistenza (v. Dasein) in quanto posto dall’intelletto.
Bilden: «figurare»
Elemento centrale nella tarda filosofia di Fichte, la nozione indica l’at-
tività di proiezione dei termini costitutivi del sapere in quanto immagine.
Esprime l’istanza produttiva e gestaltica del sapere assoluto quale sche-
ma ed apparizione del Principio. Ricostruire le tappe della costituzione
dell’esistenza (v. Dasein) in virtù del figurare è compito della trattazione
concernente lo schematismo (159).
Dasein: «esistenza»
Nella Dottrina della scienza 1813 con questa nozione si intende il
sapere effettivo e, più in generale, la realtà empirica. Saldamente connessa
alla nozione di “immagine X” (v. Bild X ), l’esistenza altro non è che il
figurato (v. Gebildet) dell’intelletto assunto nella sua valenza produttiva
(144), valenza che la sezione dedicata all’applicazione (v. Anwendung) ha
il compito di rischiarare.
Durch: «mediante»
Operatore trascendentale di primaria rilevanza in tutta la tarda filo-
sofia di Fichte, il “mediante” è la trascrizione concettuale del movimento
unitario di posizione del concetto e dell’intuizione in quanto elementi
fondanti il sapere (157). Associato nella Dottrina della scienza 1813 al
concetto puro (v. reiner Begriff ), indica il versante sintetico e produttivo
dell’immagine superiore (v. höheres Bild ).
Einbildungskraft: «immaginazione»
Di contro all’immaginazione riproduttiva (138) o empirica (162), l’im-
maginazione assoluta permette di sintonizzarsi con il figurare (v. Bilden).
L’immaginazione assoluta è condizione necessaria, assieme alla riflessione,
della dottrina della scienza. Al contempo, se consaputa (cioè se portata a
riflessione) è per così dire la rivelazione paradigmatica dell’attività del figu-
rare nel soggetto (165).
Einheitspunkt: «punto di unità»
Si tratta della collocazione epistemologica perseguita dalla dottrina
della scienza, collocazione a partire dalla quale sviluppare il comprende-
re. In questo senso è strettamente legata all’intellezione (v. Einsicht) del
divenire del molteplice in virtù dell’Uno (137). Il punto di unità consente
infatti di avviare la decostruzione del sapere effettivo (v. wirkliches Wissen)
a partire dall’esercizio del concetto puro (v. reiner Begriff ) nel suo rischia-
rare i termini della rappresentazione (150) in quanto immagini dell’intu-
izione (v. Anschauungsbilder). Sempre in riferimento alla deduzione del
sapere effettivo (166), la collocazione a partire dal punto di unità permette
di imprimere una torsione ricorsivo-riflessiva al concetto puro, torsione
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avvedersi del figurare (v. Bilden) che genera le immagini del concetto e
dell’intuizione, dunque i cardini della rappresentazione (v. Vorstellung).
Gesicht: «visione»
Si tratta del vedere che intercetta il carattere produttivo e principiale
dell’intelletto (147). Tale visione, strettamente legata al “vedere articolato”
(v. Ersehen), non suppone in alcun modo un atto di apprensione imme-
diato. Al contrario, tale veduta implica il cogliere l’assoluta identità del
comprendere a partire dalla duplicità e dalla scissione che tale identità non
può che comportare.
Gewöhnliches Bewußtsein (wirkliches Wissen): «coscienza abituale»,
«sapere effettivo»
Coscienza abituale e sapere effettivo (o empirico) non indicano che
il vedere comune nella sua incapacità di dischiudere l’intellezione (v.
Einsicht), ciò che lo induce a non scorgere la scaturigine delle immagini
dal figurare (v. Bilden), esponendosi al pericolo del dogmatismo (135).
Hiatus: «iato»
Indica il risultato della mancanza di immagine della connessione (v.
Zusammenhang) tra la semplice immagine e l’essere-immagine (135), o se
si vuole tra concetto ed intuizione in quanto entrambe immagini dell’in-
tuizione (v. Anschauungsbilder). Lo iato è esito della forma dell’intelletto
(v. Verstandesform) nella sua tendenza ad occultare l’istanza produttiva e
principiale (148).
Höheres Bild: «immagine superiore»
Indica l’immagine del punto di unità (v. Einheitspunkt) ricercata dalla
dottrina della scienza. L’immagine superiore (139) consente di rivela-
re la natura immaginale dell’immagine e dell’essere, o per meglio dire
permette di radicare la scissione tra i due termini nella connessione (v.
Zusammenhang) unitaria posta dal figurare (v. Bilden). Disporre di una
simile immagine è esclusiva proprietà della dottrina della scienza. Ciò
significa che l’io non dispone immediatamente di una tale immagine
(168), ma deve produrla a partire dal sapere trascendentale. Solo allora l’io
potrà riconoscersi in quanto esso stesso immagine del figurare.
Ich: «io»
Capitale elemento all’interno dell’itinerario argomentativo della dottri-
na della scienza, l’io accorpa molteplici valenze semantiche. Innanzi tutto
esso può esprimere la coscienza empirica e, in tal senso, è inevitabilmente
contrapposto al non-io (168). Assunto in termini trascendentali, esso è
primariamente appercezione (138), ossia esprime la correlazione soggetto-
oggettiva alla base della rappresentazione (v. Vorstellung). Può essere deter-
minato nei termini della “forma-io” (149; 168) se si vuole accentuarne lo
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statuto riflessivo, il suo essere in primo luogo unità analitica. Ciò lo connette
indissolubilmente alla nozione di “appercettibilità” (167) quale modulazio-
ne della riflessibilità (v. Reflexibilität). Infine, l’io esprime la destinazione
della dottrina della scienza, la quale offrendo l’immagine superiore (v. höhe-
res Bild ) consente al soggetto di cogliere il suo essere portatore del concetto
(168), immagine del figurare.
Letzte Analyse: «analisi ultima»
È il metodo della dottrina della scienza, conformemente al quale è
necessario scomporre (v. Zerlegung) le componenti costitutive del sapere
effettivo (134)
Principsein (Principheit): «essere-principio», «principialità»
Esprime l’istanza poietico-produttiva dell’intelletto nel suo essere
apparizione del Principio. Non è possibile scorgere tale valenza produttiva
immediatamente, giacché l’essere-principio è senza immagine (147). La
dottrina della scienza offre infatti una tale immagine della “principiali-
tà” (155) per il tramite della mediazione del concetto, in particolare del
concetto puro (v. reiner Begriff ) quale immagine del carattere principiale
dell’intelletto in riferimento all’intuizione. A partire dal concetto puro,
l’essere-principio deve essere colto quale fondamento dell’esistenza (163)
in quanto “immagine X” (v. Bild X ).
Reflexibilität: «riflessibilità»
Si tratta dell’intrinseca, strutturale disposizione dell’apparizione ad
apparire a sé. Nella Dottrina della scienza 1813 è connessa alla compren-
sibilità (v. Verständlichkeit) per indicare la componente ricorsivo-riflessiva
del comprendere (160). Più puntualmente, la riflessibilità è equivalente
allo schematismo (164) nella misura in cui quest’ultimo è la ricostruzione
degli snodi ontologico-epistemologici della costituzione dell’esistenza (v.
Dasein) in virtù dell’intelletto.
Reflexion: «riflessione»
Associata al movimento del meditare (v. Besinnung), la riflessione
indica la facoltà che porta a compimento la riflessibilità (v. Reflexibilität),
rendendo comprensibili gli schemi a partire dalla divaricazione in imma-
gine ed essere (165). Non a caso, l’essenza della riflessione, la sua legge
fondamentale (166), è disgiungere l’essere dalla riflessione di modo che
sia possibile detrarre il primo e far emergere la strutturale disposizione
dell’apparizione ad apparire a sé, quindi ad essere comprensibile.
Reflexionsbegriff: «concetto di riflessione»
Si tratta del concetto in quanto suscettibile di essere esercitato in
termini ricorsivo-riflessivi (161). Il concetto di riflessione consiste infatti
nell’implementazione del gradiente riflessivo sotteso al concetto puro (v.
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reiner Begriff ), implementazione atta a compiere l’auto-comprensione
dell’intelletto in quanto principio delle immagini. Anziché esporsi al
rischio di un assorbimento nell’obiettività (162), rischio presente nel con-
cetto puro, il concetto di riflessione consente di riconoscere le immagini
figurate in quanto poste dall’intelletto. In questo senso è indissolubilmen-
te congiunto all’operatore dell’“in quanto” (v. Als) nel suo permettere di
dedurre non soltanto l’intuizione, ma anche il concetto.
Reiner Begriff: «concetto puro»
Il concetto puro consiste nell’immagine dell’intelletto colto in quanto
principio possibile dell’intuizione (158). L’esercizio di tale concetto per-
mette di riconoscere nel termine presiedente all’intuizione nient’altro che
il figurato dell’intelletto e, con ciò, inaugura il percorso della puntuale
deduzione, in sede di applicazione (v. Anwendung) del contenuto del com-
prendere, delle componenti costitutive del sapere effettivo.
Schematismus: «schematismo»
È il processo di costituzione dell’esistenza in virtù dell’intelletto quale
apparizione dell’assoluto (163). Lo schematismo è sotteso necessariamente
ad ogni coscienza effettiva. Compito della dottrina della scienza è realizzare
lo schematismo (164), vale a dire rendere intelligibile il processo di
costituzione del sapere empirico. Parte dalla disgiunzione in immagine ed
essere, disgiunzione concomitante con l’uso della riflessione (v. Reflexion)
in quanto facoltà atta a rendere accessibile la struttura riflessibile dell’ap-
parizione (v. Reflexibilität).
Sein: «essere»
La nozione può indicare, a seconda del contesto, tanto l’assoluto quanto
la sua ipostatizzazione. Nel primo caso indica il Principio in quanto in sé, da
sé, mediante sé, ciò che nella tarda filosofia di Fichte è anche espresso con
“vivere”. Nel secondo caso, al contrario, è dell’ordine del figurato in quanto
riposante su di sé: benché immagine, il dogmatico lo confonde con l’unica
realtà possibile a causa della mancanza dell’immagine della connessione (v.
Zusammenhang) tra la semplice immagine e l’essere-immagine.
Seynslehre: «dottrina dell’essere»
Definisce il sistema di pensiero antitetico all’idealismo trascendentale
(v. transzendentaler Idealismus). La dottrina della scienza non è né può esse-
re una dottrina dell’essere se non a causa di un profondo fraintendimen-
to, fraintendimento dovuto alla mancanza di riflessione (v. Besinnung).
L’esponente più illustre della dottrina dell’essere è Spinoza (133).
Soll: «Deve»
Nozione di capitale importanza nel pensiero fichtiano successivo alla
“disputa sull’ateismo”, il “Deve” esprime sia il carattere problematico-
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categorico del sapere trascendentale della dottrina della scienza, sia l’inter-
na legge dell’apparizione. Nella Dottrina della scienza 1813, per esempio,
tale legge prescrive in maniera non meccanica di condurre l’apparire ad
apparirsi, o se si vuole l’intelletto a comprendere se stesso (164).
Transzendentaler Idealismus: «idealismo trascendentale»
Si tratta del sistema di pensiero trascendentale nel suo essere la pura eli-
minazione dell’essere (v. Sein). Esso si contraddistingue per l’impiego della
facoltà della riflessione (v. Besinnung) in quanto arte in base a regole (133).
Verstand: «intelletto»
Indica il sapere risultante dal vedere della genesi dell’assoluto. La dedu-
zione dell’intelletto nelle sue componenti è il compito della dottrina della
scienza (134) in quanto sapere genetico-trascendentale. Per meglio dire,
il compito della dottrina della scienza è il comprendersi del comprendere,
laddove tale raggiunta comprensibilità è l’intelletto. Una volta dimo-
strata l’intima contraddittorietà dell’ipotesi del sapere comune vertente
sull’estraneità tra intelletto ed apparizione, Fichte qualifica l’intelletto nei
termini del principio dell’esistenza (144), ciò che condurrà alla trattazione
dello schematismo.
Verstandesform: «forma dell’intelletto»
La forma dell’intelletto (139), cui è dedicata la prima sezione della
Dottrina della scienza 1813, lungi dall’essere dissociata dall’apparire, ne è
indissolubilmente congiunta. Non a caso, è a partire dalla forma dell’intel-
letto che è possibile dedurre la costituzione dell’esistenza (v. Dasein) nel suo
stesso non disporre dell’immagine della connessione (v. Zusammenhang) in
cui consiste il versante unitario dell’immagine superiore (v. höheres Bild ).
Verständlichkeit: «comprensibilità»
Indica l’esito del comprendersi del comprendere in cui consiste l’in-
telletto (134). Si tratta del più elevato concetto a partire dal quale la dot-
trina della scienza coglie il sapere quale schema, apparizione dell’assoluto.
Associata alla riflessibilità (v. Reflexibilität), esprime la costitutiva dispo-
sizione dell’intelletto a comprendersi in quanto apparizione dell’assoluto.
Vorstellung (vorstellen): «rappresentazione»
Per quanto non venga mobilitata nella sua pregnanza che nell’ultima
parte della trattazione concernente lo schematismo (168), la rappresenta-
zione è implicitamente presente in tutta la Dottrina della scienza 1813,
indicando il sapere effettivo. La rappresentazione è infatti rintraccia-
bile nella sezione circa la forma dell’intelletto (v. Verstandesform) quale
modalità di visione insufficiente a causa della sua incapacità di cogliere
l’immagine della connessione (v. Zusammenhang) tra immagine ed essere.
Conseguentemente, la dottrina della scienza deve dedurla, ma per farlo
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non può che dischiudere l’intellezione (v. Einsicht) dell’immagine superio-
re (v. höheres Bild ) in quanto sapere originario.
Zerlegung: «scomposizione»
La scomposizione è la metodologia della dottrina della scienza in quan-
to analisi ultima (v. letzte Analyse) che il sapere promuove su di sé. Si tratta
di scomporre il sapere effettivo al fine di cogliere il nucleo soprasensibile
del sapere (135), che così si scopre schema dell’assoluto. Per il tramite della
scomposizione è possibile pervenire ai costitutivi elementi del compren-
dere, non da ultimo l’elemento della comprensibilità (v. Verständlichkeit).
Per il tramite della scomposizione intrapresa dalla dottrina della scienza,
l’intelletto (v. Verstand ) giunge a comprendere se stesso (134).
Zusammenhang: «connessione»
Si tratta dell’immagine superiore (v. höheres Bild ) assunta nel suo
versante unitario, quale legame espresso dalla preposizione sostantivata
“mediante” (v. Durch). È la vivente connessione tra immagine ed essere in
quanto figurati (v. Gebildet), scopo del concetto puro (v. reiner Begriff ) nel
suo esprimere la valenza produttiva del figurare (v. Bilden). Se l’immagine
della connessione non viene colta ci si espone al rischio del dogmatismo
nel suo concepire essere ed immagine quali reciprocamente estranei (138).
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La Dottrina della scienza 1813 è l’ultima esposizione organica del sistema filosofico
di Fichte. Quest’opera accorpa in sé tanto la coerenza dello sviluppo del pensiero
del filosofo, quanto la sua indubbia creatività in termini concettuali. Non a caso,
in quest’opera Fichte introduce uno strumentario concettuale a tutti gli effetti
inedito, una costellazione di nozioni che implementano il carattere complesso e
costitutivamente articolato della “dottrina dell’immagine” in cui consiste la sua tarda
filosofia trascendentale. Nel concetto di immagine, infatti, sono vicendevolmente
implicate tanto l’istanza produttiva, genetica, del pensiero, quanto la sua istanza
ricorsiva e riflessiva. Detto altrimenti, il gesto trascendentale si inaugura a partire
dalla messa in forma riflessiva dell’immaginazione. Due movenze – riflessione ed
immaginazione – che testimoniano di un pensiero che, inauguratosi dalla decostruzione
del dogmatismo, si sintonizza con l’assoluto e, intercettandone il dinamismo, espone i
rapporti che legano il Principio alla soggettività. In simile esposizione, però, la dottrina
della scienza si trasfigura essa stessa, passando dall’essere sapere all’essere forma di
vita rischiarata. Il trascendentale, così, si compenetra con la vita da cui aveva preso le
mosse: esso diviene insomma saggezza.