600 (Lirica) - II. Francisco de Quevedo Villegas
600 (Lirica) - II. Francisco de Quevedo Villegas
600 (Lirica) - II. Francisco de Quevedo Villegas
Figlio di modesti funzionari di palazzo. Studia all’università di Alcalà ma non termina gli studi di
teologia. Negli anni a Valladolid si fa conoscere nell’ambiente della corte (conosce anche Gongora
col quale nascerà uno scontro dato dalle due visioni diverse di fare poesia), tanto che alcune sue
composizioni saranno incluse nell’antologia “Flores de poetas ilustres de Espana”.
1605 la corte torna a Madrid e Quevedo diventa un uomo pubblico, protagonista di avvenimenti e
scontri, partecipa ad accademie letterarie e feste facendo grandi amicizie e feroci inimicizie.
Proprio in questo periodo conquista la protezione del Duca di Osuna ministro di Filippo III.
La sua vena satirica trova sfogo nella redazione dei “Suenos”(conclusi nel 1622 col “Sueno de la
muerte”).
In questo tempo le minoranze arabe vengono cacciate e si forma la lega cattolica impegnata nella
repressione della Riforma. Quevedo è orgoglioso e sconfortato: redige due raccolte neostoriche
“Lagrimas de Hieremias castellanas” e “El Heraclito cristiano”.
Nonostante la presenza attiva nella politica, i suoi giudizi su essa rimarranno sempre improntati a
mancanza di realismo, combattendo tra teoria e prassi, tra giudizio morale e pittura satirica.
Nel 1621 finisce “La politica de Dios”, che invia cercando favore al duca di Osuna (decaduto con
Filippo IV salito al trono). Alla sua morte gli dedica il sonetto funebre.
Nel 1626 appaiono “Politica de Dios” e “El Buscón” (sulla falsa riga del Guzman de Alfarache) in
copie non autorizzate e nel 1631 appaiono trattatelli comici satirici da un lato e opere serie e
considerazioni politiche dall’altro.
Contro Gongora e il suo modo di fare poesia sono le satire “Aguja de navegar cultos”, “Burla de
todo estilo afectado”, “La culta latiniparla”.
1632 riceve il titolo di segretario del re, già del 1633 affiora crisi esistenziale: “La cuna y la
sepultura”, “De los remedios de qualquier fortuna”. Anche se i suoi attacchi sarcastici continuano
immutati, facendogli guadagnare l’odio feroce dei suoi nemici sfociato nella redazione del
“Tribunal de la justa venganza”.
Dal 35 al 39 passerà molto tempo nella sua torre dove finisce la seconda parte de “la politica de
Dios” e si dedica alla redazione di “Marco Bruto” e “La vida de todos”.
Viene arrestato forse x essere confidente dei francesi e viene condannato nel convento di San
Marcos di Leon dove sarà in prigione dal 39 al 45.
Quando tornerà a Madrid avrà il tempo di sistemare il suo operato e di dettare la seconda parte
del Marco Bruto oggi perduta.
Le sue ultime lettere riflettono la consapevolezza della caducità della vita e dell’inutilità della
politica. Muore a settembre 1645.
PROBLEMI TESTUALI: molta della sua produz alla sua morte risulta inedita.
Suo nipote José Gonzales de Salas pubblica delle raccolte di suoi componimenti ma i problemi
ecdotici sono comunque complessi e notevoli x le modifiche apportate alla pubblicazione.
No date sicure, si può classificare il suo lavoro x generi: poesie metafisiche, cristiane e religiose;
amorose; satiriche e burlesche; jacaras; bailes.
La sua opera largamente edita e analizzata da Lazaro Carreter e José Manuel Blecua.
POESIA
Petrarchismo, scrittura d’esecuzione: abbondante poesia amorosa s’ispira ai modi petrarchisti
con tinte di desengano e con al livello di forma di espressioni tecniche di opposizioni, figure di
ripetizione ecc.
Come Gongora ha giocato con l’intertestualità ma puntando sulle differenze, non tanto sulle
somiglianze.
Raffinata scrittura d’esecuzione data dal gusto per la variazione ma anche dell’accettazione
codificata di immagini topiche. Quevedo distrugge l’interlocutore oggetto amato e dialoga e gioca
con particolari anatomici (occhi mani bocca) -> neutralizza così la figura antagonista
(protagonista) il cui dato costante è la crudeltà: così un sorriso angelico per lui si trasforma in una
risata di sdegno per esempio. Fuga dalla figura della donna particolarmente disturbante.
POESIA AMATORIA: citiamo “A una dama tuerta” e “Bizca” che potrebbero essere definite
burlesche. Il fantasma della donna viene neutralizzato attraverso il feticismo e il gusto e
l’esortazione delle deformità. riassume nella mancanza e nel difetto tutta la bellezza della donna.
L'aggressione adotta come arma il discorso diretto con l'interrogazione retorica, evidenti
imperativi. La serie di sostantivi con le relative apposizioni è volta ad esaltare proprio il molto
aggressivo e l’attacco operato dall’emittente. Parossismi fatti di definizioni repellenti e
agghiaccianti - giochi onomatopeici diversi rispetto a che cosa vuole suscitare in noi -
enunciazione del fatto e della situazione fisica e subitanea ironizzazione di esso.
Molto usata e anche l'enumerazione che appone a ciò che appare ciò che è: la soddisfazione
perversa che Quevedo trae dalla demolizione è anche divertimento letterario con giochi di parole
a livello di forma dell’espressione e giochi sonori e ritmici.
OSSESSIONE DEL TEMPO: fuga del tempo percepita come nuova forma d’angoscia.
- Infanzia -> struttura grammaticale semplice, Predominio dei sostantivi a struttura iterativa e
onomatopeica, come a indicare un linguaggio povero e disarticolato.
- Gioventù -> I verbi esprimono accelerazione sia al livello del significato che grammaticalmente
(gerundi).
- Maturità -> sostantivi statici e rilevanti, seguiti da enunciati infamanti volti a sottolineare la
decadenza e le delusioni di quest’età.
- Vecchiaia -> precipitare di verbi, rapidità inattestabile, tornano i bisillabi e si ricorre alla
paratassi.
Ancora viene riproposta l'immagine della fugacità della vita e della minaccia che rappresenta.
FUGA DAL TEMPO E DAL CORPO: non è solo il corpo altrui ad esercitare angoscia ma
soprattutto il proprio, sensazione di corpo-prigione.
Nel sonetto “Puedo estar apartado” mostra un amore autosufficiente e auto soddisfatto -> È
l'immaginazione che genera la memoria e quindi la presenza, compagnia.
“Lamentacion amorosa y postrero sentimiento de amante”: ciò che spicca è l'angoscia personale,
la perdita di se stesso come soggetto amante, e un ottimismo per cui l'angoscia può trasformarsi
in dolcezza e il dolore in gloria della pena eterna. Un esorcismo contro la morte che è rifugio nella
fuga dal corpo al tempo stesso.
L’amore quevedesco quindi rivela qui il suo atteggiamento nevrotico, l'ansia di sopravviversi aldilà
dell'oggetto amato, aldilà della presenza del corpo, a causa della sua distruzione.
Quevedo non ama una donna, anzi la scompone e la cancella in una poesia ironica e aggressiva,
come distrugge e purifica se stesso.
Divisa in satira seria (fonti classiche) e satira comica (temi popolari e già fissati si reinventano
attraverso giochi di parole, dilogie, iperboli e metafore).
Nella CULTA LATINIPARLA sono prese in considerazione due figure più disprezzate da Quevedo: la
donna e il cultismo (con lui Gongora). Già nella contraffazione del titolo è riconoscibile l'intenzione
polemica, divisa in un prologo-dedica al lettore (Lampion), uno “sciocchezzario” (dispariatorio) e in
un’esemplificazione finale (incipit cultigratia).
I due fenomeni che si rilevano in modo interessante sono la “triangolazione” -> fa in modo di far
risaltare ancora di più il registro aulico attraverso la creazione di un piano infrarealista che fa da
riferimento per misurare la distanza dal livello prezioso e la “concretizzazione” del linguaggio (le
parole sembrano acquistare una loro autonomia, si animano, si fanno persone e cose.
Nel “Lampion” descrive una dama nelle attività di tutti i giorni E la paragona alla terminologia che
userebbe una colta per descrivere le stesse attività. Rimprovero quindi alla donna deluso leggero
vitali autorità, degradazione del sapere al servizio dei capricci della dama e contemporanea e
parallela riduzione di scrittori seri.
Segue il “Disparatorio”, la parte più estesa, che si struttura per accumulo e reiterazione. La parola
semplice e comune viene sostituita con una insolita, di difficile comprensione (cultismi e latinismi);
sostituzione di parole brutte e sconvenienti attraverso la tecnica dell’eufemismo - cambiamenti
evidenti nel gioco con l'uso di parole troppo consunte. Infine, uso della dilogia, per un risultato
grottesco e di scherno.
La parte finale “Incipit cultigratia” torna alla parodia di uno stile eccessivo, con una serie di
vocaboli condannabili creando un giro a vuoto del linguaggio su se stesso. Negazione del senso:
mentre nega l'oggetto parodiato la struttura parodica nega a se stessa uno dei caratteri
fondamentali della prosa -> presenza del tempo e dello sviluppo.
I Suenos si presentano come un'opera giovanile -> racconti e scenette sciolte dove attraverso il
sogno si seguono una serie di personaggi e tipi umani pitturati in modo grottesco.
Il più famoso è il “Sueno de la muerte” in cui ogni riferimento alla tradizione viene sconvolto
dall’aggrapparsi dell’autore al mondo contemporaneo.
Tra gli episodi e le figure non esiste connessione logica e la mancanza del tempo conferisce al
tutto un portato simbolico. Quello dei sogni è un mondo caotico senza tempo e spazio:
surrealismo e irrealismo pitturano le descrizioni a servizio del principio Oraziano “ut pictura
poesis” (come nella pittura così nella poesia, fusione delle arti).
LA HORA DE TODOS viene scritta in un'età matura, è pubblicata nel 1670 (35 anni dopo averla
finita, a causa delle allusioni satiriche ai personaggi storici).
L'inganno della lingua domina lo scopo, l'ipocrisia dei nomi -> da un lato la verità e dall'altro la
verità nominata.
L'univocità della realtà svanisce, la nominazione delle cose appare insensata, come è disgregato il
corpo altrui. Dove si rompe la consolante visione del mondo, si deforma il corpo e anche il
linguaggio ne subisce le conseguenze.
PRODUZIONE TEATRALE
Nel 1627 decida al duca di Olivares “Como ha de ser el privado”, sperimentazione che però si
rivela monocorde. Non riesce a farsi portavoce di altri punti di vista oltre al proprio. Commedia
con una serie di ragionamenti enfatici e semplicistici che tuttavia si riconnette con il registro alto e
grandiloquenze della commedia eroica.
Un’altra rappresentata nel 1631 con successo è “Quien más miente medra más”. Agli entremeses
ha contribuito molto con i suoi testi originali, il repertorio di tipi e figure, di situazioni e casi, con la
tecnica letteraria che applicò alla pittura dell’uomo, infine con il testo consueto, tipicamente
satirico-burlesco dell’autore.
Nella sua attività di storico-politico è un disilluso contemplatore, un innamorato deluso dalla sua
patria e dalle vicende politiche. Nel 1609 redige “Espana defendida”.
“Politica de Dios” 1635: dedica la prima parte a Filippo IV e al conte di Olivares e la seconda al
papa Urbano VIII. Ogni capitolo inizia con un passo delle sacre scritture ed è usato un tono da
sermone -> sottolineatura costante degli elementi fonici nel tentativo di superare il testo scritto e
trasformarlo in viva voce.
Alla morte di Filippo III nel 1621 scrive “Historia de muchos siglos que pasaron en un mes”.
“Grandes anales de quince días” di grande importanza documentale in cui l’autore registra con
amarezza il gioco delle forze politiche in transizione in quel momento.
Il trattato politico + ambizioso è “Marco Bruto” stampato nel 1644: biografia di MB in cui
s’inseriscono traduzioni di alcuni passi della biografia anonima ad opera di Plutarco, commentata
con gli occhi rivolti alla realtà contemporanea e in cui si applica la versione dicotomica dei
protagonisti Cesare e Bruto, tiranno e tirannicida -> coesistenza della doppia concezione della
storia.
EL BUSCÓN
Prima edizione a Saragozza nel 1626. Si pensa che non ci sia stata una diretta autorizzazione di Q
alla stampa. Molte stampe, ma l’unica da tenere in considerazione è questa.
Narrazione in 1^ persona, puro stile picaresco. Serie lineare e semplice di avvenimenti divisi in tre
parti: infanzia, adolescenza e gioventù (probabilmente erano in programma anche maturità e
vecchiaia).
Il primo libro è dedicato all’illustrazione della genealogia infamante (tipica del picaro). Pablos è
vittima delle burle e poi ne diventerà l’autore e organizzatore. Questa parte è chiusa dalla morte
del padre e dal ritorno da Alcalà a Segovia.
2^ parte: si svolge on the road, Pablos incontra una serie di figure stravaganti. Si pensa che Q si
sia ispirato a personaggi a lui contemporanei. Pablos è spettatore ma le figure che incontrerà
contribuiranno in modo fondamentale alla sua formazione e nella terza parte della sua vita non
sarà + ingannato ma sarà lui a ingannare.
Il ruolo attivo viene recuperato quando cerca di reinserirsi parallelamente agli strati sociali
attraverso anche linguaggi che connotano i diversi livelli della società. Riporta il gergo
differenziato di ognuno. Spreme i significati nascosti, scava nel gioco di parole. Q apre e smonta
l’apparenza della realtà alla ricerca di una verità nascosta.
L’inganno della lingua è il primo dei tanti inganni dell’apparenza. La picaresca è stata definita
“semplicemente la confessione di un bugiardo” e proprio l’autore scrive nella lettera di dedica di
prendere in mano la penna perché se la falsificazione ci dev’essere, sarà assunta solo dal
protagonista al momento di farsi narratore.
Data di composizione e critica -> Lazaro pensa che il libro sia un frutto giovanile, puro gioco
d’ingegno, senza pessimismi e moralismi; mentre —- colloca la redazione al 1620 perché vede il
libro come risultato maturo e amareggiato di una introspezione psicologica.
L’analisi puntuale degli avvenimenti storici (mezzo x cui si sono fatte altre supposizioni in base ai
riferimenti nel libro) deve fare i conti con la chiave strutturale della falsa autobiografia: si
distinguono un tempo dell’azione e un tempo della narrazione.
Nell’analisi del testo, a parte il gioco letterario, sono stati rilevati due piani di scrittura: il senso
letterale e il senso nascosto -> filosofico, psicologico, sociale; una relazione quindi scrittura-
società e scrittura-personalità.