Psicologia Generale

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PSICOLOGIA: EVOLUZIONE DI UNA SCIENZA

la psicologia è lo studio scientifico della mente e del comportamento.


La mente si riferisce alla nostra personale esperienza interiore, all'incessante flusso di coscienza fatto di
percezioni, pensieri, ricordi e sentimenti.
Con comportamento si fa riferimento alle azioni osservabili.
La psicologia usa il metodo scientifico per affrontare interrogativi fondamentali sulla mente e sul comportamento.

Cognizione (processi cognitivi) → processi che permettono l'acquisizione degli aspetti del mondo
(percezione, attenzione, memoria, immaginazione, linguaggio, pensiero,
Mente programmazione motoria, presa di decisione)
Emozioni
Motivazioni → ciò che ci spinge a raggiungere un obbiettivo

La conoscenza scientifica e il suo sviluppo


Già nel pensiero dell'antica Grecia vi era l'esigenza di distinguere tra diverse forme di conoscenza e di
individuarne una che, più delle altre, offrisse garanzie di certezza.
Mito della caverna di Platone:
– conoscenza comune → ombre → insieme di opinioni legate all'esperienza, ma spesso infondate;
– conoscenza vera → cose reali → conoscenza certa e sicura raggiungibile con la ragione.
Successivamente, nel corso della storia, la concezione di conoscenza ideale cambiò.
Per i teologi cristiani medioevali era fondata sulla verità rivelata e contenuta nelle Sacre Scritture e quindi la
verità apparteneva solo a Dio e non poteva essere raggiunta né con l'esperienza né con la ragione, ma solo con la
rivelazione (atto con cui Dio svela il senso delle cose all'uomo).
A partire dall'epoca moderna viene rifiutato il principio di autorità e viene affermato il primato della conoscenza
fondata sull'esperienza.
La verità di fede è distinta dalla conoscenza acquisibile attraverso la ragione: solo una conoscenza che sappia
garantire le sue affermazioni, riconducendole a incontrovertibili dati di esperienza che tutti possono verificare,
può essere considerata vera e valida.
Secondo questa nuova concezione la possibilità che l'esperienza sia fonte di errori e di conoscenze ingannevoli si
può evitare se l'analisi dell'esperienza è condotta in modo rigoroso seguendo una serie di regole che permettono di
distinguere tra gli aspetti più superficiali e potenzialmente ingannevoli dell'esperienza e quelli più certi e sicuri,
fonte di conoscenze vere.
Tale sapere scientifico è descrivibile come un'insieme di affermazioni sul mondo che emergono dall'esperienza, ma
che sono elaborate in forma razionale e sono dunque una sintesi di esperienza e ragione.
Questo pensiero nasce tra il '500 e '600 con Bacone, Descartes, Galileo e Newton.

I criteri di scientificità secondo l'ideale moderno di scienza


Un processo di conoscenza per essere valido e certo deve rispettare alcuni criteri e metodologie.
Criteri:
• Empiricità e oggettività → solo oggetti empirici ed oggettivi, cioè testimoniati dall'esperienza, possono
essere studiati dalla scienza. A questo proposito gli oggetti naturali hanno:
◦ qualità primarie → oggettive come massa, estensione, forma...
◦ qualità secondarie → soggettive come colore, sapore, odore...
• pubblicità e misurabilità → le qualità primarie sono qualità pubbliche degli oggetti, poiché osservabili da
tutti allo stesso modo, e possono essere misurate attraverso scale di misura che permettono di
descriverle in modo rigoroso e quantitativo, con l'utilizzo del sistema numerico.
Sono la fisica, i suoi oggetti e le sue metodologie a offrire uno schema di riferimento su cui si costruisce l'ideale di
scienza che non solo caratterizza e delimita l'ambito dell'indagine scientifica, ma ne stabilisce anche le diverse
fasi e metodologie.
Fasi:
1. osservazione → per studiare un fenomeno lo si osserva nel suo verificarsi spontaneo in natura osservando
anche le circostanze che costantemente e rigorosamente sembrano associarsi al suo accadere;
2. formulazione dell'ipotesi → dopo aver osservato il fenomeno si avanzano ipotesi sul perché accade
indicando le ragioni che sembrano farlo verificare;
3. verifica delle ipotesi tramite sperimentazione → avendo individuato le ipotetiche ragioni del fenomeno
esse vengono artificialmente riprodotto in laboratorio constatando se danno luogo al fenomeno studiato. È
da ritenersi valida se l'esperimento ha la caratteristica della ripetibilità (la ripetibilità dell'esperimento è
coerente con il criterio della pubblicità dell'osservazione;
4. generalizzazione dei risultati → le ipotesi verificate vengono quindi presentate come principi o leggi che
identificano la relazione causale che esiste tra un certo fenomeno e le sue condizioni.
Lo schema logico che regola la formulazione dei principi, delle leggi e delle teorie è un modello esplicativo, causale e
deterministico riassumibile nella proposizione: se A allora e sempre B.
Cioè ogniqualvolta si producono naturalmente o artificialmente una serie di fenomeni chiamati A e indicati come
condizioni del verificarsi di B, allora e sempre il fenomeno B si verificherà. Quindi il modello esplicativo si propone
di individuare le cause reali che necessariamente danno luogo a un certo fenomeno e per questo le leggi
scientifiche, secondo l'ideale moderno di scienza, una volta individuate hanno un valore assoluto, universale e
sovrastorico.

Come la pensiamo oggi


A partire dalla fine del '800 il modo in cui si intende la scienza si è in parte modificato rispetto a quello elaborato
nell'epoca moderna.
La stessa fisica ne mise in crisi alcuni capisaldi, a partire dall'idea dell'empiricità dei fenomeni da indagare, quando
si sviluppò la fisica subatomica (Neils Bohr e le sui ipotesi sull'atomo impossibile da osservare). Il confronto con
l'esperienza non era più un ponto di partenza, ma un punto di arrivo della ricerca.
Al metodo induttivo (generalizzazione dei dati osservati dopo essere stati messi alla prova con procedure
sperimentali) si affiancava il metodo ipotetico-deduttivo: da una concezione teorica, non necessariamente fondata
sull'osservazione, si deduce o deriva una serie di conseguenze osservabili che possono essere messe alla prova
dall'esperienza.
Anche il concetto di oggettività subì dei cambiamenti. Il fisico Werner Heisemberg nel 1930 enunciò il principio di
indeterminazione secondo il quale non si possono compiere misure assolutamente oggettive poiché le stesse
procedure di misura modificano in qualche modo, seppure minimamente, il fenomeno. Tale modificazione è
irrilevante per i macrofenomeni studiati dalla fisica classica, ma è rilevante per i microfenomeni della fisica
subatomica.
Con la teoria della relatività ristretta di Einstein, che mise in dubbio anche l'utilizzabilità di categorie spazio-
temporali assolute affermando che vanno considerate relative, cioè dipendenti dal sistema di riferimento in cui è
collocato un osservatore, l'importanza del punto di vista dell'osservatore nello studio e nell'identificazione dei
fenomeni ebbe il suo massimo riconoscimento.
La scoperta Einsteiniana della convertibilità e dell'equivalenza di masse ed energia (E=mc^2) mise in discussione la
certezza di fondo della fisica e delle scienze della natura relativa alle qualità primarie degli oggetti empirici, fatti
di due componenti oggettive ben distinte tra loro (massa ed energia).
Inoltre, il carattere rigidamente deterministico delle leggi fisiche venne messo in dubbio dalla scoperta che alcuni
fenomeni fisici (impertinenza degli elettroni) hanno margini di indeterminazione e quindi possono essere spiegati
soltanto con leggi probabilistiche e non deterministiche. A questo punto il principio “se A allora e sempre B” doveva
essere modificato con quello più debole “se A allora B, con un certo livello di probabilità” che comunque stabilisce
un livello soglia di probabilità al di sopra del quale la legge deve essere accettata riconoscendo una relazione non
casuale tra A e B. il livello soglia è generalmente molto alto ed è convenzionalmente stabilito dalla comunità dei
ricercatori.

Scienza e psicologia
la psicologia come disciplina che si occupa dei fatti mentali dell'uomo è stata coltivata per secoli dai filosofi, ma
solo verso la fine del '800 alcuni psicologi si proposero di attuare una trasformazione radicale della loro disciplina
per portarla nell'ambito della conoscenza scientifica, ma per essere accettata doveva fare i conti con i criteri
rigidi di scientificità elaborati indipendentemente da essa e dalla natura dei suoi dati.
Vi era una forte distinzione tra:
– scienze della natura, definite scienze nomotetiche (capaci discoprire leggi che regolano l'andamento di
vasti ambiti di fenomeni) ed esplicative (capaci di spiegare oggettivamente i fenomeni identificando le loro
cause);
– scienze umane, definite scienze ideografiche del particolare (interessate alla conoscenza del caso singolo
piuttosto che alla scoperta di leggi generali) e comprensive (modalità di conoscenza fondate su intuizioni
soggettive, non riconducibili a catene causali oggettive)
Per molto tempo la psicologia in quanto scienza della soggettività, venne considerata una scienza umana capace di
elaborare soltanto le conoscenze comprensive ed ideografiche ed incapace di raggiungere i livelli di certezza e
generalizzazione delle scienze della natura.
I padri fondatori della psicologia scientifica dovevano trovare un modo per studiare scientificamente
(empiricamente e oggettivamente) dei fenomeni considerati e studiati fino ad allora come soggettivi.
Il dibattito tra gli psicologi è stato aspro e le posizioni estreme che ha assunto sono state rappresentate negli
anni, da una parte dai sostenitori di un oggettivismo puro e, dall'altra, dai sostenitori di un soggettivismo puro.
• Oggettivisti → riconoscevano come oggetto legittimo della psicologia scientifica soltanto fatti
oggettivamente osservabili ed alcuni di essi li riconducevano a fatti neurofisiologici. Invece, quelli di
orientamento comportamentistico ritenevano che la psicologia, per essere scienza, dovesse studiare
soltanto il comportamento osservabile, trascurando ogni fenomeno mentalistico e oggettivo.
• Soggettivisti → Wundt e gli strumentalisti rivendicavano la necessità di studiare, seppure con il massimo
rigore e controllo, l'esperienza soggettiva stessa per scoprire le leggi secondo le quali essa si organizza e
struttura. Webner e Fechner, sostenitori della psicofisica, cercarono di scoprire le leggi che mettevano in
relazione le variazioni del mondo fisico oggettivo e quelle del mondo psichico soggettivo, proponendo
criteri indiretti di misura delle variabili psichiche attraverso le misure di variabili fisiche.
La prospettiva dell'operazionismo psicologico ha permesso di affrontare in modo più efficace il problema del
rapporto tra soggettivo e oggettivo. Per operazionismo si intende un certo modo di affrontare il problema del
significato delle affermazioni scientifiche e, più in generale, della verifica delle teorie scientifiche affermatosi
nella prima metà del '900.Secondo questa prospettiva, anche concetti soggettivi quali pensiero, emozioni,
sentimento, intelligenza possono essere studiati oggettivamente se si descrivono le operazioni concrete attraverso
le quali questi fenomeni possono essere osservati e misurati.
Il mondo soggettivo è stato studiato anche attraverso resoconti verbali che le persone ne fanno, ma in tal caso
resta aperto il problema della loro fedeltà, per cui non possono essere considerati sicuramente equivalenti ai
contenuti psichici a cui si riferiscono. Il resoconto dell'esperienza soggettiva è però un comportamento oggettivo
la cui fedeltà può essere accresciuta con adeguate metodologie di indagini atte a incrementare la sincerità di
coloro che rispondono.
Per avere accesso ai processi mentali soggettivi esiste anche il metodo simulativo elaborato da una corrente di
ricerca contemporanea denominata scienza cognitiva. Con tale termine si indica un ambito di ricerca
interdisciplinare, applicato allo studio dei processi mentali, organizzatosi attraverso verso la fine degli anni 70, al
quale fanno riferimento psicologi, studiosi di intelligenza artificiale, linguisti, cibernetici e informatici. Tutti questi
studiosi condividono una certa opzione teorica secondo la quale la mente umana può essere studiata paragonandola
ad un calcolatore elettronico poiché è concepibile come un sistema complesso che elabora informazioni. Il metodo
simulativo ritiene che la mente possa essere compresa attraverso un metodo costruttivo, cioè con la costruzione d
modelli teorici che ne simulano il funzionamento e che possono essere trasformati in programmi per calcolatori.
Nel corso di un secolo di storia si sono sviluppate alcune principali tradizioni di ricerca che si differenziano per gli
ambiti d'indagine e per i diversi livelli di complessità degli oggetti analizzati. Queste sono:
– ricerca in laboratorio → interessata allo studio di fenomeni psichici ben delimitati (funzioni psichiche,
pensiero, linguaggio, emozioni) analizzati con il metodo sperimentale;
– ricerca sul campo → rivolta allo studio del più vasto ambito sociale, la vita quotidiana, utilizzando
metodologie di tipo osservativo o sondaggio d'opinione;
– ricerca in ambito clinico → studia gli aspetti patologici del mentale, con l'utilizzo di metodologie diverse;
– ricerca della scienza cognitiva
INTRODUZIONE STORICA
La psicologia se voleva diventare una scienza doveva dimostrare che era possibile trattare i processi mentali come
fenomeni naturali. L'aspetto fondamentale era di trovare il modo di misurare e quantificare, in maniera oggettiva, i
processi psichici.
Pensatori greci come Platone (428-347 a.C.) e Aristotele (384-322 a.C.) furono tra i primi a confrontarsi su come
la mente funzioni.
Una delle questioni principali di dibattito, che lo è tutt'ora, è se le capacità cognitive sono innate o plasmate
dall'esperienza.
Platone sosteneva l'innatismo: certi tipi di conoscenza sono innati.
Aristotele sosteneva il concetto di tabula rasa: l'essere umano nasce senza nulla di innato dal punto di vista
mentale (empirismo filosofico).
Le loro idee provenivano però dalle osservazioni personali, dall'intuizione e dalla riflessione e il loro approccio non
prevedeva alcun metodo di verifica delle teorie.
Nella psicologia moderna la capacità di verificare una teoria costituisce il fondamento dell'approccio scientifico e
la base per giungere a delle conclusioni.

Renè Descartes (1596-1650) sostiene il dualismo mente-corpo ovvero che mente e corpo sono due entità separata.
Res cogitans (cosa pensante): anima → sostanza spirituale;
Res extensa (cosa estesa): corpo → sostanza materiale.
la mente influenza il corpo attraverso la ghiandola pineale

Hobbes (1588-1679) → la mente è ciò che il cervello fa.

Franz Joseph Gall (1758-1828) ebbe delle intuizioni importanti anche se portate all'eccesso.
Trovò una sorta di relazione tra forma della testa e abilità mentali.
Frenologia → (dal greco phren = mente e logos= studio) caratteristiche mentali che spaziano dalla memoria alla
capacità di essere felici sono localizzate in specifiche aree del cervello.
L'importante contributo della frenologia è lo stabilire per la prima volta una relazione tra funzioni mentali e aree
cerebrali.
Ha sviluppato il metodo della cranioscopia (misurazione del cranio).
Particolari forme dello scalpo correlano con particolari abilità mentali e tratti di personalità.
Ha identificato 27 zone del cranio a cui corrispondono delle funzioni mentali.
Da origine all'idea che il cervello è l'organo base della mente e che differenti facoltà mentali hanno sede in aree
differenti.

L'idea della frenologia sebbene sorpassata è ancora attuale per la specificità funzionale di processi e aree neurali.
Questa tematica è molto importante nell'ambito della neuropsicologia, ovvero lo studio di pazienti con lesioni in
specifiche aree che sviluppano un deficit specifico.
Da vari studi sono state individuate 4/5 aree che sono veramente specifiche: per le facce, per le parti del corpo
(EBA), per gli spazi esterni, per il linguaggio e per l'interazione sociale (TPJ).

Pierre Flourens (1794-1867) asportava chirurgicamente parti del cervello per vedere le conseguenze sul
comportamento.

Paul Broca (1825-1880) e gli studi sul paziente Monsieur Leborgne (il caso “Tan”) che riusciva ad articolare
un'unica sillaba. Dopo la sua morte è stato scoperto che il disturbo era dovuta a una lesione sul lobo frontale a
sinistra.
Quindi lesioni all'emisfero sinistro frontale comportano afasie articolatoria.
Ancora oggi l'area da lui scoperta porta il suo nome.

Carl Wernicke (1848-1905) era un neurologo che nel 1874 si trovò davanti la paziente Susanne Adam che
presentava un deficit nella comprensione delle parole. Dopo la morte è stato scoperto che il disturbo era dovuto a
una lesione temporale sinistra.
STRUTTURALISMO
Con Wilhelm Wundt si ha l'effettiva nascita della psicologia come disciplina autonoma e indipendente.
“Primo uomo che si chiami propriamente senza riserva uno psicologo”.
Nel 1879 crea a Lipsia (Germania) il primo laboratorio.
Crea una scuola di psicologia sperimentale.

Alla fine del 1800 gli psicologi erano fiduciosi nel progetto di una “nuova psicologia” che mirasse alla formulazione
delle leggi della vita psichica attraverso il metodo sperimentale.
Lo psicologo diventa uno scienziato, registra con strumenti i fenomeni psichici della vita psichica.
La nuova psicologia:
– adozione del metodo sperimentale
– individuazione di uno specifico oggetto di studio da sottoporre all'indagine sperimentale
– l'oggetto di studio di Wundt è l'esperienza immediata: ciò che il soggetto prova quando viene stimolato
dall'ambiente
– metodo usato: l'introspezione → osservazione soggettiva della propria esperienza personale
– approccio: strutturalismo → analisi degli elementi di base che costituiscono la mente. La coscienza viene
scomposta in sensazioni ed emozioni elementari.
L'esperienza immediata è un complesso di fatti psichici che devono essere scomposti e analizzati negli elementi
costitutivi.
Viene utilizzato per la prima volta il metodo sperimentale tramite il quale lo sperimentatore manipola delle variabili
e osserva la risposta del soggetto (tempi di reazione o resoconti verbali).
Viene studiata l'influenza di un determinato fattore sui processi psichici.

Con Wundt si crea una Comunità di ricercatori che in modo sperimentale procedono nelle indagini e ne diffondono i
risultati attraverso pubblicazioni periodiche.
Circa 200 psicologi si formano nel laboratorio di Wundt.
Si creano i primi convegni di psicologia.

Lo strutturalismo viene criticato perché è stato considera una sorta di “chimica mentale” poiché si propone di
scomporre il mondo mentale nei suoi elementi componenti.

Edward Titchener (1867-1927) porta lo strutturalismo negli Stati Uniti.


Allestisce un laboratorio alla Cornell University e pubblica “ Experminetal Psychology”, uno dei primi testi dove sono
racchiusi i primi studi.
Per lui la psicologia ha il compito di descrivere la struttura, l'architettura della mente, sezionandola nelle sue
componenti.
L'oggetto di studio è la struttura della mente.
Usa il metodo della introspezione però con delle regole più rigorose e tramite i tempi di reazione.

CHARLES DARWIN E L'EVOLUZIONISMO


Darwin (1809-1882) formula la teoria della selezione naturale che è formata da due concetti importanti:
1)c'è un'origine comune tra uomo e scimmia;
2)l'uomo è frutto di un processo millenario di evoluzione dovuta all'adattamento all'ambiente.
Anche le abilità mentali, analogamente a quelle fisiche, sono una continua evoluzione di adattamento all'ambiente.
Con Darwin si introduce la concezione di evoluzione e selezione naturale di tratti fisici, di personalità e di processi
mentali.
Selezione naturale vuol dire che le caratteristiche di un organismo utili alla sua sopravvivenza e riproduzione hanno
maggiori probabilità di essere trasmesse alle generazioni successive.
Si ha un nuovo concetto importante: lo studio attivo di una mente che è impegnata a gestire l'organismo
nell'interazione con l'ambiente.
Questa teoria ha avuto un forte impatto in un periodo in cui l'esistenza dell'uomo era attribuita a Dio.
Darwin è stato importante anche per lo studio delle espressioni facciali teorizzando l'universalità delle espressioni
facciali e delle emozioni classificando quelle di base.
Il libro “L'origine delle specie” ha influenzato anche molti psicologi.
Darwin ha influenzato il funzionalismo, gli studi delle caratteristiche psicologiche individuali e trasmissione
ereditaria, studi sull'individuo tenendo conto la filogenesi e l'ontogenesi, studi sulle emozioni e sulle espressioni.
FUNZIONALISMO
William James (1842-1910) si occupa di molti aspetti della psicologia e inizia un nuovo approccio opposto allo
strutturalismo.
Sostiene che la mente va studiata nella sua organizzazione integrata poiché non può essere scomposta.
La coscienza è più simile ad un flusso incessante che a un complesso di elementi distinti (stream of consciousness).
È contro la “chimica mentale” di Wundt.
Scrive nel 1890 “Principles of Psychology” che contiene definizioni come quelle di emozione e attenzione che sono
ancora attuali e valide.
Considera la mente sempre in interazione con la mente (funzione adattiva della mente).
Il pensiero scorre continuamente in una dimensione personale e questo fa capire l'importanza delle differenze
individuali.
Ciascun individuo costruisce un proprio mondo interno cogliendo e selezionando solo alcune parti del mondo esterno
che gli viene offerto attraverso le sensazioni.
“La mente è come uno scultore che dà forma a un blocco di marmo informe” → concezione dinamica di mente
Menti diverse producono mondi interni diversi.
In una critica che James fa a Titchner usando il paragone di un edificio dice che gli strutturalisti per capire
l'edificio lo scompongono nei suoi mattoni mentre andrebbe studiato il perché è stato costruito, la sua funzione.
I processi mentali sono sempre visti come finalizzata come un adattamento all'ambiente.

Il funzionalismo:
- è fortemente influenza da Darwin
- studia lo scopo a cui adempiono i processi mentali nel permettere alle persone di adattarsi al proprio ambiente
- manifesto → articolo di James Angell “The Province of Functional Psychology” (1907)
- concezione dinamica della mente e dei processi mentali, rifiuto della scomposizione in singoli elementi

I processi indagati:
- sensazione e percezione
- apprendimento
- emozioni e processi legati ad esse
- motivazione ( I bisogni: “qualsivoglia stimolo relativamente persistente – fame, sete, istinto sessuale... - che
domina il comportamento dell'individuo fino a quando quest'ultimo non reagisce in modo tale da soddisfarlo”, Carr)

Interesse per la psicologia applicata (accento pragmatista):


- rifiuto della mente “astratta”, dell'uomo maschio adulto addestrato
- attenzione alle differenze individuali (Cattell: i test psicologici)
-attenzione ai processi mentali “applicati” (Dewey: psicologia dell'educazione
- attenzione ai cambiamenti evolutivi (Hall: psicologia dello sviluppo)
- attenzione al ruolo dei fattori sociali sui processi mentali (Mead: psicologia sociale)

Metodi di ricerca:
- metodo sperimentale → in laboratori
- metodo osservativo oggettivo (osservazionale) → consente di vedere come l'individuo interagisce con l'ambiente
- metodo clinico (test psicologici)

Con il funzionalismo si apre la tematica delle differenze individuali studiate in particola modo da Francis Galton e
da James McKeen Cattell.

STRUTTURALISMO FUNZIONALISMO

Struttura Funzione

Elementismo Antielementismo

Ricerca di base Ricerca di base applicata

Leggi generali Differenze individuali

Metodo sperimentale Più metodi di indagine


Francis Galton (1882-1991)
Studiando i tempi di reazione si accorse che esistono differenze tra persone anche in compiti semplici. Da qui
iniziò a studiare i processi mentali a partire dalle differenze individuali.
Studiò personaggi famosi con eccezionali prestazioni in capacità motorie, sensoriali e cognitive.
Utilizzava metodi statistici ( distribuzione normale, media ).
Le diverse capacità mentali sono ereditate → è il primo che parla di eugenetica
“Nature versus nurture”.

James McKeen Cattell ( 1860-1994 )


Lavora a New York ed è il primo che formula e crea test mentali per misurare le abilità mentali.
Propose 10 test relativi alle reazioni motorie, al sensazioni, alla risposta al dolore, alla percezione del tempo, alla
memoria di lettere. Questi test sono stati presi a modello per l'emergere del filone di ricerca sulla valutazione
dell'intelligenza e l'applicazione dei risultati in campo sociale, scolastico e militare.

Principali scuole di pensiero della psicologia del 900:


- Gestalt ( Germania )
- Psicoanalisi ( Austria )
- Comportamentismo ( USA )
- Scuola storico-culturale ( Unione Sovietica )

GESTALT (teoria della forma)


Il primo psicologo della scuola della Gestalt è stato Wertheimer → 1912 “Studi sperimentali sulla visione del
movimento”.
Il tutto è più della somma delle singole parti.
Anti-elementismo e critica allo Strutturalismo.
La Gestalt è l'organizzazione degli elementi del campo percettivo e tale strutturazione fa si che i singoli elementi
acquisiscano caratteristiche nuove. Il modo in cui noi mettiamo insieme e interpretiamo i singoli da origine alla
gestalt, alla configurazione globale.
I tre esponenti principali sono: M. Wertheimer, K. Koffka, W. Köhler.
L'esperimento di partenza della teoria della Gestalt è stato l'esperimento sul movimento apparente.
Su uno sfondo buoi venivano presentati due stimoli, A e B, posti in due punti diversi dello spazio e illuminati in modo
alternato, ad una certa frequenza temporale.
Variando in modo controllato l'intervallo temporale di illuminazione dei due stimoli si hanno effetti differenti:
- durata luce = 200 msec → percezione di due stimoli luminosi statici che si accendono alternativamente
- durata luce = 300 msec → percezione di movimento apparente (unica luce in movimento da A a B)
- durata luce = < 20 msec → percezione di due luci statiche accese simultaneamente
Questo esperimento dimostra la mancata corrispondenza tra realtà fisica e fenomenica (viene percepito un
movimento che non esiste).

Posizione anti-elementista (critica Wundt e Titchener): il risultato percettivo non deriva dalla somma delle
esperienze sensoriali, ma è qualcosa che va oltre.
Una delle domande che si ponevano era: da cosa deriva la percezione del movimento? Dalla Gestalt, cioè dalla
specifica configurazione o organizzazione che la mente da agli elementi del campo percettivo.
Mancata corrispondenza fra mondo o realtà fisica e realtà fenomenica ( ciò di cui noi facciamo esperienza ).
Realtà fenomenica → la nostra mente dà una struttura, una forma (gestalt), alla realtà esterna organizzando gli
stimoli provenienti dal mondo esterno.

La teoria della Gestalt ha portato alla formulazione delle modalità attraverso le quali riusciamo a percepire
l'ambiente esterno, le LEGGI DELLA FORMA (Wertheimer, 1923):
• legge della vicinanza → gli elementi del campo percettivo vengono uniti con tanta maggior coesione quanto
minore è la distanza tra loro;
• legge della somiglianza → più gli stimoli sono simili più vengono uniti con maggior coesione;
• legge del destino comune → le forme vengono unite in base alla continuità di direzione;
• legge della chiusura → le linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste come totalità;
• legge della pregnanza → la forma che si costruisce è tanto buona quanto le condizioni lo consentono;
• legge dell'esperienza passata → gli elementi che per esperienza sono associati tra loro vengono uniti in
forme
Tutte queste leggi si riconducono al principio della massima omogeneità e minima eterogeneità.
Wolfgang Köhler
Si stacca dagli aspetti puramente di percezione visiva.
Scrive “L'intelligenza delle scimmie antropoidi”.
A Tenerife studia un gruppo di scimmie e fa un esperimento con uno scimpanzé di nome Sultano creandogli dei
problemi e dandogli degli strumenti per risolverlo (problem solving).
Arriva alla conclusione che anche gli animali hanno un comportamento intelligente: l'insieme dei processi messi in
atto per conseguire un fine mediante l'uso di strumenti.
L'insight, o pensiero produttivo, è l'improvvisa scoperta di un nuovo modo di interpretare la situazione totale,
quindi assume importanza la configurazione piuttosto che l'oggetto. L'insight è dunque la scoperta di rapporti tra
gli elementi, rapporti diversi da quelli individuati prima della scoperta.

COMPORTAMENTISMO - EHAVIORISM
– John, Broadus, Watson ( 1879-1958 )
– Burrhus, Frederic, Skinner ( 1904-1990 )
Nasce nel 1913 con il manifesto “Psychology as the Behaviorist views it ” ( la psicologia come la vede il
comportamentista ) di Watson, e racchiude 3 punti principali che racchiudono il pensiero comportamentista::
- La psicologia è una branca sperimentale oggettiva delle scienze naturali;
- L'oggetto di studio è il comportamento manifesto, descrivibile in termini di relazione stimolo-risposta;
- L'obbiettivo della psicologia è il controllo del comportamento.

La psiche è inaccessibile ed è considerata una Black Box soggetta alle stimolazioni esterne e Produttrice di
reazioni.
Non viene negata l'esistenza della coscienza ma la possibilità di studiarla e viene rifiutata l'introspezione.
Ambientalismo radicale → tutti i processi mentali sono influenzati dall'ambiente

2 fondamentali fasi del comportamentismo:


• Comportamentismo Classico ( 1913 - anni 30 ). Watson. Radicale → visione molecolare del comportamento
• Neocomportamentismo (anni '30 – '50). Hull, Guthrie, Skinner, Tolman → visione molare del
comportamento...lo scopo del comportamento

Skinner ha introdotto il concetto di condizionamento operante → apprendimento per rinforzi e punizioni.

La posizione di Watson e Skinner era molto radicale tanto che lo stesso Watson scrisse: “Datemi una dozzina di
bambini sani, ben formati e l’ambiente specifico che dico io per tirarli su e vi garantisco che, dopo averlo preso a
caso, farò di ognuno di loro uno specialista a piacere – un dottore, un avvocato, un artista, un capitano d’industria
oppure perfino un mendicante o un ladro – a prescindere dal suo talento, dalle sue inclinazioni, tendenze, capacità,
vocazioni, e dalla razza dei suoi avi”.

La speranza del comportamentismo di costruire una nuova umanità mediante le procedure di condizionamento
faceva intravedere un mondo utopico che alcuni accettavano e altri giudicavano utopistico.

Skinner nel 1948 scrive “Walden two”, romanzo utopistico del comportamentismo americano. Comunità retta da
norme e principi scientifici e dal controllo sociale attuato mediante in condizionamento operante. Dalla nascita i
bambini sono condizionati a divenire intelligenti , socievoli e democratici attraverso la somministrazione di rinforzi
positivi.

Sintesi del comportamentismo:


- comportamento come unità di analisi
- modello stimolo-risposta
- mente come black box
- rifiuto della coscienza come oggetto
- rifiuto della introspezione
- tecnologia del comportamento → uso di rigorosi metodi sperimentali per condizionare tutto e tutti
- apprendimento e condizionamento come campo di studio

Condizionamento classico → Pavlov. Forma elementare di apprendimento studiato a partire da processi fisiologici.
L'animale è passivo.
Condizionamento operante → Skinner. Studiato utilizzando la “Skinner box”. L'animale è attivo.
Edward Thorndike (1874-1949)
Allievo di Watson e importante comportamentista.
Apprendimento e soluzione dei problemi → apprendimento per prove ed errori
Apprendimento per motivazione e ricompensa.
Con vari tentativi per prove ed errori l'animale apprendeva a stabilire una associazione tra una condizione e le
risposte alla soluzione.
Legge dell'esercizio → la ripetizione delle prove comporta la diminuzione del tempo necessario per risolvere il
problema
Legge dell'effetto → l'apprendimento dipende dalle conseguenze che il comportamento produce

L'approccio comportamentista mirava a prevedere, controllare e modificare il comportamento.


Qualsiasi forma di comportamento poteva essere modificata in ambito sociale, scolastico e lavorativo.
Il comportamentismo ebbe un ampio consenso da parte dell'opinione pubblica tanto che era definito “nuova
religione”.
Era associato a un'utopia di una pianificazione razionale del comportamento umano.

La crisi del comportamentismo


Il punto debole del comportamentismo è il fatto che non ha considerato i processi mentali ed emotivi.

Gli studi di Tolman, precursore del cognitivismo, dimostrano che l'apprendimento non è dato soltanto da
associazione S-R ma da formazioni di strutture interne (mappe cognitive).
Con l'apprendimento si formano mappe cognitive.
Mappa cognitiva → associazione cognitiva di quali sono i comportamenti giusti per arrivare alla soluzione
Introduce il concetto di apprendimento latente.

Clark Hull dice che che tra lo stimolo e la risposta si trova una variabile interveniente.
Va considerata la pulsione, la motivazione che spinge l'organismo a comportarsi in una certa maniera favorendo
l'apprendimento.
Si mette in atto un comportamento per ridurre la tensione di una pulsione.
L'apprendimento si sviluppa in funzione dell'azione di una pulsione.
Le pulsioni spingono l'individuo a comportarsi in una certa maniera.

Il superamento del comportamentismo rigido si ha con l'introduzione delle variabili intervenienti (Hull e Tolman) e
del concetto di scopo.
Variabili intervenienti → corrispondono ai processi interni che non sono direttamente osservabili, ma che possono
essere inferite dal comportamento manifesto.
Permettono di spiegare la varietà delle risposte rispetto a condizioni di stimolazione
identiche.

Punti messi in crisi negli anni '60:


- apprendimento come unico processo studiato
- linguaggio spiegato con i meccanismi del condizionamento operante ( 1957 “ Verbal Behavior” di Skinner)
- leggi dell'apprendimento per spiegare le emozioni e la patologia
- diffusione della “terapia del comportamento”

LA PSICOLOGIA SOVIETICA
La teoria storico-culturale è un orientamento teorico sviluppatosi in Russia a partire dagli anni '20.
La rivoluzione del 1917 ebbe una profonda influenza sulla cultura e sulla scienza: principi del marxismo.
Progetto di costruire una nuova società e un uomo nuovo la cui personalità e comportamento fossero orientati ai
principi di eguaglianza e cooperazione.
A Mosca c'era un importante istituto di psicologia i cui principali esponenti sono: A. Leont'ev, L. Vygotskij, A.
Lurija.
La mente è vista in interazione con il contesto sociale.

Vigotskij
Studiò lo sviluppo cognitivo, la psicologia dei bambini disabili e la psicologia dell'arte.
Considerato il “Mozart della psicologia”.
Sostiene l'importanza della relazione tra mente umana e contesto sociale.
La coscienza è la modalità con la quale l'uomo modifica il proprio comportamento e interviene attivamente
nell'interazione con gli altri.
Opposizione al comportamentismo.
I processi psichici superiori si sviluppano in relazione all'ambiente sociale e culturale.
L'uomo è guidato da rappresentazioni coscienti che si modificano continuamente in funzione del contesto sociale in
cui vive.
L'uomo si serve di stimoli-mezzo ovvero strumenti che utilizza per interagire con l'ambiente.
Il linguaggio è visto come strumento cognitivo.
“Area di sviluppo prossimo” in psicopedagogia.
l'apprendimento precede lo sviluppo.
Linguaggio come strumento interno di organizzazione e pianificazione del pensiero (“ pensiero e linguaggio”).

COGNITIVISMO
Quando ci si approccia a studiare la mente si possono distinguere due livelli di analisi :
• studio limitato all'osservazione del comportamento manifesto (attività motorie, neurovegetative,
verbali....);
• l'indagine si estende ai processi mentali che generano tali attività comportamentali (processi cognitivi).
I processi mentali iniziano ad essere approfonditi verso la metà degli anni '50.
Ulric Neisser → “ ...i processi cognitivi esistono. Pertanto la ragione fondamentale per studiarli non è diversa dalla
ragione per studiare qualunque altra cosa. Tutto quel che sappiamo della realtà è stato mediato non solo dagli
organi di senso, ma da sistemi complessi che interpretano in continuamente l'informazione fornita dai sensi”
(1967).
E' a questo tipo di elaborazione interna che ci riferiamo quando parliamo di pensiero o processi mentali. Questi
eventi interni non sono direttamente osservabili, ma devono essere inferiti. Tuttavia, si tratta di inferenze
possibili. Pertanto, la struttura della mente e dei processi mentali può essere oggetto a pieno titolo della moderna
psicologia scientifica.
La mente non viene più concepita come un sistema chiuso in cui entrano stimoli ed escono risposte ma come un
sistema attivo che agisce sugli stimoli esterni, li selezione e li elabora.
Questa concezione di elaborazione nasce da una precisa e forte analogia che si viene creando tra mente e
calcolatore: la mente viene vista come un processore di informazioni proprio come un computer.

Ispiratori e precursori:
– crisi interna al Neo-comportamentismo
– sviluppo di informatica, cibernetica, teoria dell'informazione
– scuola di Wurzburg: è stata tra le prime a studiare il pensiero come processo dinamico dal problema verso
una soluzione, strategie di soluzione più che contenuti (Oswald Kulpe)
– Vygotskij e Piaget → sviluppo del pensiero nei bambini e pensiero e linguaggio. Anni '20-'30
– studi della memoria come processo di organizzazione attiva del materiale (Bartlett “ Remembering”, 1932).
memoria come ricostruzione.

Non si può parlare di una data ufficiale della nascita del cognitivismo, ma normalmente si fa risalire al 1956 quando
nel MIT di Boston (Massachusetts Institute of Technology) c'è stato un primo simposio dove si ritrovarono dei
cognitivisti che discussero di tematiche inerenti alla psicologia cognitiva. Tra questi troviamo:
• George Miller → studiò la memoria a breve termine. “ The magic number 7(±2)”. concluse che possiamo
ricordare 7±2 item
• Newell e Simon → creano il modello al computer “General Problem Solving”
• Noam Chomsky → teoria del linguaggio
• Indagine interdisciplinare → cibernetica, filosofia, neuroscienze, linguistica

Anni '60-'70 → “Cognitive Psychology” di Ulrich Neisser.


Principi fondamentali :
– La psicologia studia le strutture e le funzioni del sistema nervoso.
– I processi mentali operano in modo attivo sull'ambiente, filtrando l'informazione esterna e producendo
risposte in funzione della propria conoscenza.
– Modelli mentali che guidano il comportamento attraverso una rappresentazione interna, mentale del mondo
esterno.
– Nella mente avviene una elaborazione dell'informazione.
L'emergere del paradigma dell'Information Processing (elaborazione dell'informazione).
Presupposto centrale è la simulazione del modo di trattare i dati messo in atto dal cervello umano:
– acquisizione dei dati tramite gli organi sensoriali
– processing (elaborazione)
– immagazzinamento
– recupero

Alla fine degli anni '70 quasi tutti gli psicologi cognitivi concordarono sul fatto che il paradigma dell'elaborazione
dell'informazione fosse il modo migliore per studiare l'attività cognitiva umana.
1. L'uomo è un essere autonomo e dotato di intenzionalità
2. l'uomo è elaboratore di informazioni e di significati
3. la mente è un sistema di elaborazione e un processo a capacità limitata
4. i processi cognitivi hanno meccanismi di feedback e controllo

HIP: Human Information Processing


La mente è un sistema attivo che agisce sugli stimoli esterni, li seleziona, li filtra, li elabora, e adotta strategie e
schemi propri per produrre le risposte.
Sistema di autoregolazione → è possibile cambiare le strategie e gli schemi messi in atto
Miller, Galanter e Pribman scrivono “Plans and the structure of behavior ” (1960) dove descrivono il concetto di
feedback, o retroazione, con l'unità TOTE (Test-Operate-Test-Exit)

La psicologia cognitiva ha lo scopo di comprendere le modalità con cui la mente elabora le informazioni, come le
informazioni provenienti dal mondo esterno sono acquisite, come vi diamo senso e come le usiamo.
Lo studio dei processi cognitivi consente di descrivere e di comprendere scientificamente il funzionamento della
mente.
Vengono proposti dei modelli teorici (diagrammi di flusso) su come la mente elabora l'informazione e questi sono
caratterizzati da elementi importanti. Uno schema di modello del flusso dell'elaborazione dell'informazione :
Input → percezione → apprendimento/memoria → recupero → pensiero → output

La mente :
- è un elaboratore di informazioni
- lavora secondo una sequenza finita di stadi
- ciascuno stadio corrisponde a specifiche operazioni cognitive

Il primo modello HIP e il primo diagramma di flusso è quello proposto da Broadbent in “Perception and
Communication” (1958) inerente all'attenzione
elaborazione sensoriale → magazzino a breve termine → filtro selettivo (attenzione) che permette di selezionare le
informazioni → ...

Anche il modello di Atkinson e Shiffrin del 1968 rientra in questa tipologia. Dividono la memoria in 3 differenti
magazzini: registro sensoriale → (attenzione) → memoria a breve termine → (codifica) → memoria a lungo termine

metodi:
- resoconti verbali (verbal reports) es. soluzione di problemi, ragionamento
- questionari auto-valutativi (self reports)
- tempi di reazione (tecnica più utilizzata)

Donders mette in risalto l'importanza dei tempi di reazione e definisce questa tecnica “cronometria mentale”.
Con i tempi di reazione si intende studiare le operazioni mentali implicate dell'esecuzione di un compito variando la
complessità del compito stesso e registrando i tempi di risposta ai vari livelli di complessità. Tempo impiegato da
ciascun stadio di elaborazione mentale.

Con il cognitivismo si studiano i processi cognitivi, i processi emozionali e motivazionali, la personalità e la


metacognizione cioè il complesso di idee e credenze che ogni individuo sviluppa nel corso della propria vita intorno
ai propri processi cognitivi.
Critiche al cognitivismo mosse da Neisser (1976):
- Mancanza di validità ecologica
- Artificiosità dei modelli: Micromodelli e microprocessi
- Mancanza di attenzione al peso dei fattori sociali e culturali sulla cognizione
- Preferenza per le variabili facilmente manipolabili rispetto a quelle ecologicamente rilevanti

Oggetti dei studio:


Broadbent → attenzione
Miller → memoria a breve termine
Sperling → memoria iconica (memoria sensoriale per gli stimoli visivi)
Atkinson e Shiffrin → gli stati di memoria
Craik e Lockart → livelli di elaborazione (superficiale e profondo)
Shepard e Metzler → rotazione mentale

caratteristiche:
– approccio multidisciplinare: psicologia sperimentale, cibernetica e teoria dell'informazione, linguistica,
neurofisiologia, neuropsicologia....
– interesse per i processi cognitivi (percezione, attenzione, memoria, pensiero, linguaggio...= black box)
– metafora di mente come calcolatore: Human Information Processing (HIP)
diversi stadi di elaborazione = processi cognitivi
input → elaborazione → output (diagramma di flusso)
stadio dopo stadio = elaborazione seriale
primo modello HIP = Donald A. Broadbent “Perception and comunication”

SCIENZA COGNITIVA
La scienza cognitiva è adottata dal cognitivismo.
Le idee chiave sono esposte da H. Gardner in “The mind's new science” (1985).
La scienza cognitiva studia le rappresentazioni mentali (come i processi mentali organizzano e producono
conoscenza) e il modello di riferimento è il calcolatore (Intelligenza Artificiale → ricreare tramite computer una
situazione analoga a quella che avviene nella nostra mente).
Il metodo privilegiato è quello della simulazione.
I processi cognitivi sono studiati al di fuori del contesto storico-culturale in cui sono inserite e della personalità in
cui sono integrati.
Elaborazione in parallelo → l'elaborazione non è seriale ma è un insieme di interconnessioni.
Vengono creati al computer complicatissimi algoritmi che, attraverso una serie di reti (reti neurali) rappresentanti
i neuroni, cercano di spiegare i processi mentali.
Reti neurali → sono formate da un numero altissimo di connessioni di unità che lavorano simultaneamente.
Connessionismo → indica che i processi mentali sono connessi tra loro e l'elaborazione avviene in parallelo.
PDP (Parallel ditributed processing) → nuova concezione della distribuzione in parallelo

NEUROSCIENZE COGNITIVE
Cercano di integrare le conoscenze sugli aspetti biologici e neurali del cervello con i processi mentali.
Verso la fine degli anni '70 in un taxi a New York Miller e Gazzaniga in viaggio verso un simposio coniarono il
termine neuroscienze cognitive.
Lo sviluppo delle neuroscienze (scoperta di specializzazione funzionale dei neuroni, di specializzazione emisferica,
di di macrosistemi di modulazione dell'attività cerebrale...) e quello di tecniche invasive (registrazione
intracellulare) e non invasive (Potenziali evocati, PET, fMRI) di studio del sistema nervoso hanno consentito una più
stretta connessione tra la psicologia cognitiva e le neuroscienze.
Modelli neuro-cognitivi: gerarchia di elaborazione = livello molecolare, neuronale, sistematico, funzionale.
I processi psicologici costituiscono il livello più alto ed emergono dai processi di tipo elementare.
Tecniche : risonanza magnetica funzionale, potenziali evento-evocati, stimolazione magnetica transcranica...
Quindi le neuroscienze cognitive costituiscono il campo di ricerca che tenta di comprendere i legami tra i processi
cognitivi e attività cerebrale.

A partire dagli anni '20 si vengono a creare tre filoni principali:


– localizzazionismo – frenologia → ciascuna area cerebrale ha una specifica funzione
– corrente olistica → le funzioni psichiche sono fondate sull'attività integrata di più arre cerebrali
– neuroassociazionismo → cervello come rete intricata di sistemi neuronali altamente specializzati
ALCUNI IMPORTANTI CONTRIBUTI :
– Karl Lashley (1890-1958) → Neuroscienze cognitive. L'apprendimento dipende dal funzionamento
integrato di più regioni corticali.
Principio dell'azione di massa: maggiore è l'estensione della lesione più grave è l'effetto sul
comportamento.
Tutte le regioni cerebrali sono importanti.
Regioni cerebrali integrate suppliscono a quelle lesionate.
– Wilder Penfield (1891-1976). → Studi su pazienti epilettici.
Studia la localizzazione delle funzioni sensoriali, corticali e motorie.
La stimolazione elettrica di determinate aree del cervello provoca la rievocazione di ricordi, ossia può far
rivivere con grande chiarezza avvenimenti del tutto dimenticati, talvolta con le sensazioni (suoni, odori...)
ad essi associati.
Gli si deve la descrizione dell'Homunculus motorio e dell'Homunculus sensoriale, cioè della
rappresentazione - rispettivamente sulla corteccia motoria primaria e sulla corteccia sensoriale primaria -
delle diverse parti del corpo.
– Nel '53 H.M. subì l'asportazione dei lobi temporali mediali con un operazione del chirurgo William
Scoville.
Quando H.M. Si riprese dall'intervento, che alleviò sensibilmente la gravità dei suoi disturbi, vennero
identificati alcuni seri effetti collaterali, descritti da Scoville e Milner come una “perdita completa della
memoria per gli eventi […] assieme ad una amnesia retrograda parziale fino a tre anni prima
dell'operazione”.
Non riusciva più ad apprendere nuove informazioni.
– A. R. Lurija (1902-1977). La sua teoria comportò una radicale revisione del concetto di sintomo: per essa i
disturbi del comportamento non sono sintomi di disfunzioni o danni riguardanti precise aree della
corteccia cerebrale, ma devono essere considerati esiti disfunzionali di processi funzionali integrati di
aree cerebrali ad essi connesse.
Le funzioni cerebrali superiori sono processi derivanti dalla interconessione di sistemi che investono più
aree funzionali cerebrali, anche molto diverse per caratteristiche e topologia, superando decisamente la
teoria della localizzazione delle funzioni in aree cerebrali specifiche.
Nell'analisi diagnostica, al sintomo si sostituì allora la sindrome, e mediante complessi esperimenti si riuscì
a riferire diversi sintomi neurologici a sistemi funzionali interessanti aree corticali e sottocorticali
connesse tra loro.
– Anni '60 → neuropsicologia → studiare gli effetti di lesioni cerebrali sui processi mentali (in pazienti
cerebrolesi).
– Roger Sperry (1913-1994) fu un neuropsicologo e neurobiologo fra i maggiori del 900. Nel 1981 ha vinto il
Premio Nobel per la medicina insieme a David Hunter Hubel e Torsten Nils Wiesel per le scoperte sulla
specializzazione emisferica delle funzioni cognitive indagate in soggetti “split-brain”, ovvero con recisione
del corpo calloso tale che i due emisferi cerebrali non comunicano più tra loro (cervello diviso).
– Donald O. Hebb (1904-1985) → neuroassociazionismo
Psicologo canadese che scrisse nel 1949 “The organization of behavior: A neuropsychological theory ”.
Studiò apprendimento e memoria dal punto di vista neurale.
“Neurons that fire togheter, wire togheter” → due neuroni che scaricano assieme, si potenziano
reciprocamente.
Assemblamento cellulare, per definire un gruppo di neuroni che costituiscono un'unità di elaborazione, e
ipotizzò che la combinazione delle connessioni tra gruppi di neuroni costituisse l'algoritmo, in continua
mutazione, che detta al cervello la risposta ai diversi stimoli.
Fu decisivo per lo sviluppo del cognitivismo.
– Neuroni specchio. Scoperti dal neurofisiologo Rizzolatti e collaboratori nel 1995-6. Sono stati scoperti
per caso mentre studiavano la corteccia motoria di una scimmia . Sono neuroni che si attivano quando
vediamo compiere da altri un movimento che rientra nel nostro repertorio.
METODI DI RICERCA IN PSICOLOGIA
Un processo di conoscenza per essere valido e certo deve rispettare importanti criteri e determinate metodologie.
Oggettività: fenomeni che sono testimoniati dall'esperienza e scoprire i rapporti che intercorrono tra loro.
Considerare i fenomeni studiati che devono essere indipendenti dall'osservatore.
Misurabilità e replicabilità.

Metodo → insieme di regole e tecniche per l'osservazione che consente agli osservatori di evitare le illusioni, gli
errori e le conclusioni erronee che la semplice osservazione può produrre. Insieme di procedure, strumenti e
tecniche diretti alla conoscenza di un dato fenomeno
Strumento di misura → un dispositivo in grado di rilevare gli eventi che vogliamo indagare.
Tecnica → specifico strumento o procedura di rilevazione impiegato nella raccolta dati

La scelta di un metodo dipende dal modello teorico di riferimento, dagli obbiettivi della ricerca e dall'oggetto di
studio.
– metodo sperimentale
– metodo osservativo
– metodo dell'inchiesta
– metodo clinico
– metodo della simulazione

Setting:
- studi in laboratorio → condizioni strettamente controllate e maggiore controllo sulle variabili
- studi sul campo → studi correlazionali e descrittivi

Ricerca di base → sviluppo della conoscenza, concerne l'elaborazione e la verifica di teorie o modelli
Ricerca applicata → finalizzata ad applicare le conoscenze su eventi della vita reale o a cercare soluzioni a
problemi concreti

METODO SPERIMENTALE
Il laboratorio si dimostra particolarmente adatto all'applicazione del metodo sperimentale perché è un ambiente
artificiale e controllato dove il ricercatore può sia osservare che provocare risposte motorie, verbali,
psicofisiologiche, procedendo alla loro registrazione e misurazione con strumenti adeguati. Le variabili in gioco
possono quindi essere isolate, controllate e riprodotte fuori dal contesto in cui naturalmente si manifestano. La
controparte negativa di questi vantaggi è rappresentata dall'artificiosità delle situazioni sperimentali che vengono
create in laboratorio e dal carattere parcellare e limitato dei fenomeni che vi si studiano. Quindi la maggior
precisione della ricerca ha come contropartita una sua minore validità ecologica, nel senso che i fenomeni che si
studiano sono spesso molto lontani e diversi da quell'insieme strutturato e complesso che costituisce la nostra
mente e la nostra personalità globale.
Passi:
1) osservazione
2) formulazione delle ipotesi
3) verifica delle ipotesi – sperimentazione
4) formulazione di principi e teorie
5) generalizzazione dei risultati
Lo scopo è l'individuazione delle cause che danno luogo ad un certo fenomeno.
Cosa è un esperimento? → è lo studio delle relazioni tra due o più variabili, cioè tra due entità che variano.

La variabile è una proprietà di un evento reale che può essere misurata. Si hanno:
variabili indipendenti → (o fattori) delle quali si ritiene dipenda il fenomeno che si sta studiando
può avere vari livelli, ovvero i diversi valori che può assumere.
variabili dipendenti → costituiscono il fenomeno che si vuole studiare e del quale si misurano le variazioni al
variare della variabile indipendente.

caratteristiche del metodo:


Ricerca in laboratorio
Verifica oggettiva di relazione causa-effetto tra variabili (arrivare ad una spiegazione causale).
Manipolazione (modifica controllata) di indipendente e misurazione dei cambiamenti nella dipendente.
La caratteristica della ricerca sperimentale è la validità: tutte le altre possibili fonti di variazione (variabili di
disturbo) sono tenute costanti: ambiente, istruzioni....

In un esperimento ideale i soggetti dovrebbero essere reperiti attraverso una scelta casuale e ogni soggetto di una
certa popolazione dovrebbe avere la stessa probabilità di essere scelto.
Il campione deve essere rappresentativo della popolazione.
– Esperimenti entro i soggetti (Within subjectes) → un solo gruppo di soggetti che viene sottoposto allo
stesso trattamento oppure gli stessi soggetti sono valutati prima e dopo un certo evento o trattamento
(test-retest).
– Esperimenti tra i soggetti (Between subjects) → sono considerati due o più gruppi dove ciascuno è
sottoposto solo ad una condizione e che differiscono già in partenza per una caratteristica.
Disegno fattoriale misto → le variabili possono essere manipolate indipendentemente entro i gruppi e/o tra i gruppi

METODO DELL'INCHIESTA
Il fine generale delle inchieste è quello di studiare e conoscere l'opinione o gli atteggiamenti di gruppi di persone in
relazione a determinati argomenti o problemi.
Ha come obbiettivo la descrizione e l'indagine di relazioni tra variabili, ma non permette di trarre conclusioni sulla
natura causale delle relazioni perché non c'è manipolazione e controllo.
Consiste nell'esame di un vasto campione di persone attraverso domande che di solito riguardano i loro
atteggiamenti o comportamenti.
La scelta del campione è estremamente importante.
Applicazione in: psicologia sociale, clinica, della saluta, della comunità, ambientale.
Strumenti e tecniche → questionari (con domande aperte o chiuse), interviste, colloqui, focus-group.

STUDI DI CORRELAZIONE
È un tipo di ricerca in cui lo sperimentatore non manipola alcuna variabile ma osserva o misura due o più variabili
per scoprire se sono tra loro in relazione.
Non stabiliscono un rapporto di causa-effetto ma sono utili per formulare previsioni.
Es: relazione tra stili educativi dei genitori e sviluppo psicologico del figlio (autoritario, autorevole, permissivo,
trascurante).

METODO DELLA SIMULAZIONE


Usato in psicologia cognitiva.
Simulare la mente con il calcolatore.

METODO OSSRVATIVO
Si effettua la registrazione del corso del comportamento in assenza di tentativi di influenzarlo.
Rilevazione del comportamento in situazioni in cui i soggetti sono liberi di variare le loro risposte con parziale o
totale assenza di limitazioni poste dal ricercatore.

METODO CLINICO
Si basa fondamentalmente sullo studio del caso singolo, che tipicamente è un soggetto con particolari costrutti di
personalità e/o affetto da patologie di natura psicologica o neurologica.
Nasce dagli studi di Freud (psicanalisi), di Lurija (neuropsicologia) e di Piaget (sviluppo cognitivo).
In anni più recenti anche gli studi di tipo clinico hanno impiegato campioni di soggetti che soffrivano della stessa
patologia (applicazione psicoterapeutica).
Il metodo clinico può anche avere finalità diagnostiche e applicative (perizie, valutazioni cognitive...), in modo simile
alle diagnosi mediche.
L'affidabilità dipende dagli strumenti utilizzati (questionari, test, colloqui clinici...).
Utilizzato in psicologia clinica, neuropsicologia, psicologia dello sviluppo....

Diagnosi:
- prima fase osservativa (colloquio)
- si formulano delle diagnostiche
- utilizzo di strumenti appropriati
- colloquio approfondito
- valutazione funzioni di base, attitudini, tratti di personalità
METODI DELLA PSICOLOGIA SPERIMENTALE
metodi comportamentali :
– oggettivi → accuratezza, tempi di reazione, test cognitivi
– soggettivi → questionari di autovalutazione

metodi elettrofisiologici:
– sistema nervoso centrale → elettroencefalogramma, potenziali correlati ad eventi, TMS
– sistema nervoso periferico → elettroculogramma, elettromiogramma
– sistema nervoso vegetativo → elettrocardiogramma, conduttanza dermica....

metodi di neurovisualizzazione (brain imaging):


– tomografia assiale computerizzata( TAC)
– risonanza magnetica (MRI)

metodi di neurovisualizzazione funzionale (functional brain imaging):


– risonanza magnetica funzionale (fMRI)
– tomografia a emissione di positroni (PET)

processi covert → non ne siamo consapevoli ← tecniche elettrofisiologiche, neuroimmagine


processi overt → ne siamo consapevoli ← tecniche comportamentali
RELAZIONE MENTE-CERVELLO
La scissura interemisferica divide i due emisferi che sono uniti dal corpo calloso.
I giri e i solchi aumentano la superficie corticale.

Lobo frontale: funzioni esecutive → pianificazione di azioni future, controllo attentivo, memoria di lavoro, controllo
dei movimenti, regolazione della vita sociale (corteccia orbito-frontale), regolazione dell'emotività, personalità
dell'individuo, presa di decisione, linguaggio.
– corteccia orbito-frontale → ricompensa, emozioni, interazioni emotive(cognizione), cognizione sociale
Lobo parietale: sensazioni somatiche, immagine corporea, attenzione spaziale, orientamento spaziale, abilità visuo-
spaziale.
Lobo occipitale: funzioni visive (30 aree visive...).
Lobo temporale: funzioni uditive, apprendimento e memoria, emozioni, linguaggio e comprensione.
– polo temporale → elaborazione socio-emotiva, riconoscimento dei segnali sociali, sindrome di Kl ϋver-Bucy
(comportamento sociale deviato).
Strutture sottocorticali:
– talamo → “porta di ingresso alla corteccia”. Riceve e filtra tutte le informazioni provenienti dai sistemi
sensoriali (tranne l'olfatto) e li trasmette alla corteccia cerebrale;
– ipotalamo → sotto il talamo. Regola la temperatura corporea, la fame, la sete e il comportamento sessuale.
“Centro del piacere”;
– ippocampo → essenziale per creare nuovi ricordi e mappe mentali. L'immagazzinamento delle informazioni
avviene in altre parti della corteccia;
– amigdala → ruolo centrale nei processi emozionali (paura, punizioni, ricompense, ricordi emozionali);
– gangli della base → movimenti intenzionali ed controllo della postura e del movimento;
– cervelletto (cerebellum) → mantenimento della postura, deambulazione, coordinazione dei movimenti,
integrazione delle informazioni sul corpo e i comandi motori, controllo motorio;

corteccia cingolata → Tra la corteccia e le strutture sottocorticali. Soprattutto la parte anteriore è importante
per il controllo cognitivo insieme alla corteccia frontale. Si attiva quando ci accorgiamo di aver commesso un
errore.

Nucleus accumbens → meccanismi di rinforzo, nella risata, nella dipendenza, nell'elaborazione delle sensazioni di
piacere e paura oltre che all'insorgere dell'effetto placebo.

Insula → emozioni(disgusto), consapevolezza enterocettiva, dolore, temperatura, equilibrio, coscienza del sé


corporeo, emotività sociale, omeostasi.

Corteccia associativa → le porzioni di corteccia che non hanno funzioni sensoriali o motorie, ma ricevono da una o
più modalità.
Contribuiscono a dare senso e significato alle informazioni registrate nella corteccia.
Aree associative del lobo occipitale integrano forma, movimento, colore....
Regione di congiunzione parieto-occipo-temporale.

Plasticità neurale
Capacità dei circuiti nervosi di variare la loro struttura e funzione in risposta agli stimoli sensoriali e consentire
l'adeguamento all'ambiente delle strutture nervose, incluse l'apprendimento di nuove informazioni e la loro
memorizzazione.
Il cervello è plastico: le funzioni assegnate a certe sue aree possono essere riassegnate ad altre aree in modo da
adattarsi alla modificazione degli input provenienti dall'ambiente.
Compensazione o maggiore sviluppo della rappresentazione corticale (es pianisti, artigiani e tassisti hanno un
maggiore sviluppo dell'ippocampo).
LA MISURAZIONE IN PSICOLOGIA
Tempo di reazione (TR) → intervallo che intercorre tra la presentazione di uno stimolo e la risposta del soggetto.
Donders, con il metodo sottrattivo, ha studiato i tempi di reazione creando una situazione a tre condizioni:
– TR semplice (1 stimolo e 1 risposta)
– TR composto (più stimoli e più risposte) → risposta differenziata alla comparsa di due stimoli diversi
– TR go/no-go (più stimoli e 1 risposta) → risposta solo nel caso di comparsa di uno degli stimoli
Ipotizzò che il primo compito avrebbe richiesto una sola operazione (trasmettere l'ordine di eseguire la risposta),
il secondo compito avrebbe richiesto tre operazioni (identificare lo stimolo, selezionare la risposta, trasmettere
l'ordine di eseguire la risposta), il terzo compito avrebbe richiesto solo due operazioni (identificare lo stimolo e
trasmettere l'ordine di eseguire la risposta).
Notò che in una situazione di scelta (tempo di reazione composto) il tempo di risposta si allunga. Secondo lui la
cronometria mentale è data dal fatto che si possono creare delle situazioni di paradigmi sperimentali diversi e
andare a misurare quanto ci vuole per mettere in atto un tipo di processo.

SENSAZIONE E PERCEZIONE
Dal punto di vista della coscienza sensazione e percezione sembrano un unico evento; le informazioni arrivano dal
mondo esterno, vengono registrate, interpretate ed innescano un qualche tipo di azione.
Sensazione → è la semplice consapevolezza della stimolazione di un organo di senso e può essere definita come
l'impressione soggettiva, immediata e semplice che corrisponde a una determinata intensità dello stimolo fisico.
Percezione → ha luogo dopo che una sensazione si registra nel sistema nervoso centrale a livello cerebrale. È cioè
l'organizzazione, l'identificazione e l'interpretazione di una sensazione in modo tale da formare una
rappresentazione mentale.
Come diceva Wundt le sensazioni possono essere descritte ma sono eventi esclusivamente soggettivi.
Se un determinato evento dell'ambiente fisico è descritto in modo simile da persone diverse si può assumere che
queste persone possono avere sensazioni simili.
Per questo motivo esiste una relazione sistematica tra lo stimolo fisico e la sensazione provata.
Le relazioni psicofisiche sono correlate a variabili fisiche (stimoli) e psicologiche (sensazioni).
La psicofisica è l'insieme dei metodi che misurano la forza di uno stimolo e la sensibilità del soggetto a quello
stimolo (Gustav Fechner, 1860). E' lo studio della relazione tra le caratteristiche fisiche degli stimoli e le
sensazioni prodotte ( l'esperienza psicologica dello stimolo).
in un tipico esperimento di psicofisica i ricercatori chiedevano ai soggetti di formulare un semplice giudizio, ad
esempio se erano in grado di vedere o no uno stimolo luminoso; quindi mettevano in relazione lo stimolo misurato, ad
esempio la luminosità della luce, alla risposta affermativa o negativa di ogni soggetto.
La sensibilità umana è limitata e riusciamo a cogliere solo una piccola parte della varietà e della massa degli stimoli
fisici.
Possiamo determinare:
– Soglia assoluta → separa stimoli percepibili da stimoli non percepibili. È l'intensità minima di uno stimolo
alla semplice rilevazione sensoriale. Sotto di essa lo stimolo non è percepibile.
– Soglia differenziale → è la differenza appena rilevabile nel cambiamento di intensità di uno stimolo.

Legge della soglia differenziale (SD)


Introdotta nel 1934 da Ernest Weber, detta anche soglia appena percepibile (just noticeable difference JND).
È la minima differenza percepibile tra due stimoli.
La soglia differenziale è proporzionale all'intensità assoluta degli stimoli utilizzati : DR= k x R
DR: incremento da dare allo stimolo affinché si abbia una differenza percettibile
Indipendentemente dalla grandezza dei due stimoli, il secondo deve differire dal primo di una proporzione
costante affinché possa essere percepito come differente.
La legge suggerisce che i soggetti sono in grado di identificare come diversi due stimoli che si differenziano per un
valore (soglia diff.) che rappresenta una percentuale costante della misura di riferimento.
Se, ad esempio, un soggetto è sensibile alla differenza tra un peso di 100g e uno di 102g, ma non è sensibile alla
differenza tra due pesi rispettivamente di 100g 2 101g, k sarà uguale al 2%.

Legge di Weber-Fechner
S= k log R
S: sensazione soggettiva
k: costante
R: intensità fisica dello stimolo
La grandezza soggettiva di una sensazione (S) aumenta proporzionalmente (secondo un fattore k) al logaritmo
dell'intensità oggettiva dello stimolo (R).
La grandezza della sensazione dipende dall'intensità dello stimolo.
Il punto di riferimento è la soglia assoluta.

Metodi per identificare la soglia assoluta


1) metodo dei limiti
Far variare lo stimolo in senso regolarmente crescente (a partire da un valore inferiore a quello della
soglia, subliminale, che il soggetto non rileva) fino a che il soggetto non afferma di rilevarlo.
Far variare lo stimolo in senso regolarmente decrescente (a partire da un valore superiore a quello della
soglia, sopraliminale, che il soggetto rileva) fino a che il soggetto non afferma di non essere più in grado di
rilevarlo.
La somministrazione ripetuta di entrambe queste procedure permette di confrontare le soglie relative e
stabilire la soglia assoluta.
2) Metodo degli stimoli costanti
Somministrazione in ordine causale di stimoli di diversa intensità e/o durata.
La soglia assoluta si ha quando la rilevazione dello stimolo è nel 50% dei casi.
3) Metodo dell'aggiustamento
Consiste nel chiedere al soggetto di regolare lui stesso il valore dell'intensità dello stimolo (stimolo di
confronto) per uguagliarla all'intensità di un altro stimolo (stimolo standard).
La difficoltà di questi metodi è lo stabilire un valore fisso (soglia assoluta) e la variabilità è causata da numerosi
fattori (diverse acuità sensoriali, età, caratteristiche interindividuali, fattori psicologici, cognitivi, emozionali).

Legge di Stevens
S=k x Ib
Metodo diretto per stabilire le relazioni tra intensità fisica dello stimolo e sensazione relativa.
Chiedeva ai soggetti di esprimere una valutazione comparativa di stimoli di intensità fisica diversa.
Valutazione della grandezza con stimoli di varie modalità sensoriali.
L'intensità soggettiva (la sensazione S) aumenta proporzionalmente (con una costante k) all'intensità effettiva
dello stimolo (I) elevata a una potenza (b).
Questa potenza o esponente è diversa per i vari sensi.
Per la maggior parte delle modalità sensoriali b è compreso tra 0 e 1; ciò comporta una crescita della sensazione
soggettiva più lenta rispetto alla crescita dell'intensità fisica.
Per la sensazione di dolore il valore di b è superiore a 1: ciò comporta una crescita della sensazione soggettiva più
rapida rispetto alla crescita dell'intensità fisica.

Teoria della detezione del segnale (signal detection theory)


Di Green e Swets, 1966.
La rilevazione di uno stimolo equivale alla distinzione di un segnale da un rumore di fondo.
La risposta ad uno stimolo dipende sia dalla sensibilità del soggetto allo stimolo che dal suo criterio decisionale di
risposta.
Per valutare il criterio di decisione vengono presentati in varie prove stimoli di basse intensità, e in talune prove
non sono presenti stimoli.

Risposta soggetto Stimolo presente Stimolo assente

si Successo (Hit) Falso allarme (False alarm)

no Omissione (Miss) Esclusione corretta (Correct rejection)

Criteri decisionali:
- conservativo → più esclusioni corrette ma anche maggiori omissioni
- tendente all'azzardo (gambler) → maggiori successi ma anche più falsi allarmi

Curva ROC (Recevier – Operating characteristic Curve) → Relazione tra proporzione di falsi allarmi e successi in un
compito di rilevazione di un segnale durante il quale varia il rapporto premio-multa. Influenza del criterio
decisionale attraverso premi e punizioni.
DALLA PERCEZIONE ALLA COSCIENZA
Percezione visiva
La nostra percezione del mondo esterno è una elaborazione, è un qualcosa di attivo.
Von Helmotz → la percezione visiva avviene per confronto dinamico fra l'informazione sensoriale fornita
dall'occhio e le immagini precedentemente percepite e conservate in memoria.
La percezione visiva è l'elaborazione cognitiva dell'informazione sensoriale che arriva ai nostri sensi.
È il risultato di una serie di processi mentali complessi che si realizzano in modo automatico e implicito.
Ciò che percepiamo sono dei prodotti cognitivi che, pur fondati sull'informazione sensoriale vanno al di là di questa
stessa informazione di base.

Nella retina (coni e bastoncelli) arriva l'energia luminosa che viene trasdotta in un segnale elettrico che entra nel
nervo ottico arrivando alle cellule gangliari per arrivare in fine alla corteccia visiva.
retina → nervo ottico → chiasma ottico → tratto ottico → nucleo genicolato laterale (talamo) → radiazione ottica → corteccia visiva
dalla V1 partono due vie:
– via ventrale o del cos'è (what) → diretta al lobo temporale che elabora la forma e il colore
– via dorsale o del dov'è (where) → diretta al lobo parietale che serve alla localizzazione nello spazio
Gran parte del cervello umano è dedicata alla visione.
La V1 è dedicata alla percezione di base (elementi fisici).
La corteccia temporale è implicata all'elaborazione a livelli superiori.
Nella corteccia inferotemporale sono presenti neuroni selettivi per configurazioni sempre più complesse dello
stimolo come ad esempio per i volti.
Goodale e Milner nel 1992 studiarono la dissociazione nel sistema what e where. La via del where è importante non
solo per localizzare ma anche per il controllo visivo delle azioni dirette verso un oggetto.
Caso di Dee Fletcher → nel 1988 dopo un avvelenamento di monossido di carbonio non riesce più a vedere le forme e
i volti e gli viene diagnosticata una cecità corticale. Tuttavia riesce a vedere i colori, i fiori e i dettagli e riconosce
gli oggetti solo con il tatto. Nonostante tutto riesce ad afferrare gli oggetti (esperimenti di Matching-Posting).
La sua via del what è molto lesionata, mentre l'area del colore e quella del where sono intatte. Questo fa capire
che la via del where consente di interagire con gli oggetti.
L'identificazione di un oggetto visivo implica una descrizione strutturale (analisi della forma) e il confronto
(matching) del risultato di tale descrizione con le traccie depositate in memoria.

La nostra organizzazione cerebrale è talmente specializza che quando vediamo ad esempio un animale tutta
l'elaborazione avviene a livello visivo mentre quando vediamo un oggetto con il quale possiamo interagire si attivano
sia le aree visive che quelle motorie e premotorie. Ciò vuol dire che il cervello è capace di categorizzare qualcosa
con il quale possiamo agire e quindi si prepara a quest'interazione attivando le cortecce necessarie per
implementare l'atto motorio.
Gibson e il concetto di affordance (1977-9) → gli oggetti ben progettati sono facili da interpretare e comprendere:
contengono indizi visivi del loro funzionamento.

Nell'ambito della psicologia cognitiva è importante il concetto di rappresentazione mentale. Nel riconoscimento
visivo si ha in tre livelli:
- Rappresentazione strutturale → descrizione strutturale (è nero, ha le gambe...)
- Rappresentazione semantica → significato dell'oggetto (è uno strumento, si suona...)
- Rappresentazione fonologica → associazione al nome (è un pianoforte)

Su come si arriva a riconoscere un oggetto sono state formulate varie teorie ma il processo di base è il seguente:
- Stadio primario di elaborazione. Analisi delle proprietà fisiche (l'oggetto emerge da uno sfondo). Prevalgono le
leggi della Gestalt (leggi della forma). Si opera sull'input visivo indipendentemente dal significato.
1) input visivo
2) analisi delle caratteristiche fisiche
3) si raggiunge una rappresentazione strutturale o percettiva dell'immagine
Questa rappresentazione percettiva viene confrontata con la traccia in memoria (MATCHING)
- Stadio secondario di elaborazione (elaborazione cognitiva).
1) rappresentazione mentale
2) conoscenze semantiche
3) rappresentazione fonologica
Nell'elaborazione fisica rientrano: forma, colore, contrasto, orientamento, frequenza spaziale....
Si definisce frequenza spaziale la variazione periodica e regolare nello spazio del livello di luminanza presente in
uno stimolo. Le frequenze spaziali si misurano in cicli per grado di angolo visivo (c/g). un ciclo è dato dall'alternanza
di una regione a luminanza minore con una a luminanza maggiore. Maggiore è il numero di cicli per grado tanto più
alta è la frequenza spaziale. Per studiare le frequenza spaziali si usano i reticolo.
Le frequenze spaziali basse forniscono l'informazione sulla configurazione globale dello stimolo, mentre le
frequenze spaziali alte sono sono relative ai suoi dettagli.

Elaborazione BOTTOM-UP (dal basso verso l'alto; guidata dai dati)


Si fonda sull'analisi delle parti che sono presenti nello stimolo ed è guidata dai dati sensoriali.
Analisi fisica guidata dai dati sensoriali.
Registrano le caratteristiche fisiche dello stimolo.

Elaborazione TOP-DOWN (dall'alto verso il basso; guidata da concetti)


Guidata da concetti, conoscenze e dal contesto. Si fonda sulle rappresentazioni mentali, cioè sulle tracce
contenute in memoria.
Vengono usate le conoscenze e le aspettative della persona per generare un ipotesi circa la natura dello stimolo.

Qualsiasi percezione richiede un'interazione tra l'informazione sensoriale e le conoscenze possedute


relativamente allo stimolo.
Nell'elaborazione top-down si utilizzano le conoscenze acquisite in precedenza. Sulla base di queste l'osservatore
formula un'ipotesi in relazione a quali oggetti hanno maggiore probabilità di essere presenti in quel momento.
Nell'elaborazione bottom-up, invece, l'identificazione avviene dopo che sono state colte e analizzate le
informazioni contenute nello stimolo.
L'input arriva alle aree visive primarie e a questo punto una parte dell'immagine, sottoforma di frequenze spaziali
basse, arriva alla corteccia prefrontale (sede delle funzioni cognitive superiori) che genera delle possibili ipotesi su
cosa più probabilmente sia lo stimolo. A livello di via visiva ventrale lo stimolo continua ad essere analizzato nelle
sue frequenze spaziali alte, nei suoi dettagli. Quindi avviene un probabile confronto tra le possibili ipotesi e il
risultato dell'analisi fisica che avviene a livello visivo.

Per quanto riguarda il rapporto tra l'orientamento dello stimolo e il suo riconoscimento esistono tre le teorie:
– teoria indipendente dal punto di vista (Marr, Biederman...);
– teoria del singolo punto di vista con trasformazione → la rappresentazione dell'oggetto è depositata in
memoria con uno specifico orientamento, detto canonico, e se un'immagine viene presentata con
inclinazione differente subisce un processo di rotazione, detto normalizzazione, fino alla sua coincidenza
con la traccia mnestica;
– teoria dei molteplici punti di vista con trasformazione → in memoria è depositato più di un orientamento
dello stesso oggetto.

Costanza percettiva → Nonostante le immagini retiniche cambiano in continuazione per forma, grandezza e
intensità luminosa, la percezione dell'ambiente rimane stabile.
La costanza dell'oggetto è essenziale perché vi sia la percezione, ciò permette di riconoscere un oggetto da
qualsiasi prospettiva.
In nostro sistema percettivo è esperto nel distinguere i cambiamenti causati dalla variazione del punto di
osservazione da quelli che dipendono da qualità intrinseche agli oggetti stessi.

Per spiegare come avviene il riconoscimento visivo sono state formulate varie teorie, divisibili in 3 macrocategorie:
* IMAGE BASED MODELS
La rappresentazione sono depositate in memoria con uno specifico orientamento (prospettiva).
- Teoria del confronto di sagoma (temeplate matching)
La rappresentazione percettiva è confrontata con le tracce conservate in memoria, ciascuna delle quali
rappresentata in una forma schematica esatta (una sagoma) un oggetto noto all'osservatore. Tanto più lo stimolo
corrisponde alla sagoma in memoria dal punto di vista configurazionale, tanto più rapida e accurata è
l'identificazione. Tuttavia, dovrebbero esserci nella nostra mente troppi templates (tante sagome quante sono le
versioni di uno stimolo).
Il limite di questa teoria è che dovremmo aver memorizzato un numero elevatissimo di sagome relative a tutte le
variazioni possibili degli stimoli e che non sarebbe possibile riconoscere nuove versioni di uno stimolo delle quali non
si posseggono sagome in memoria, oppure versioni di cui non si è mai avuto esperienza prima.
* TEORIA DELL'ANALISI DELLE CARATTERISTICHE (feature analysis)
Uno stimolo viene riconosciuto in base all'analisi ed al confronto basato sulle sue caratteristiche e proprietà che lo
distinguono. Vengono estratte alcune caratteristiche fondamentali per riconoscere lo stimolo e vengono
confrontate con le tracce in memoria. Non spiega però come sia possibile che oggetti diversi, composti dalle stesse
caratteristiche, siano riconosciuti come diversi.
- Modello dell'integrazione delle caratteristiche (Treisman e Gelade, 1992) → la percezione di un oggetto
richiede in primo luogo la registrazione o detezione di alcune caratteristiche o qualità salienti dello stimolo
(inclinazione, colore, luminosità...). Solo quando si realizza successivamente l'integrazione di queste qualità in
componenti di ordine superiore si ha la percezione dell'oggetto. Il primo stadio definito “individuazione delle
qualità primarie” è automatico (non richiede l'impiego di risorse attentive) e implica un elaborazione parallela
(rilevazione simultanea di tutte le qualità primarie relative a tutti gli stimoli presenti nel campo visivo). Il secondo
stadio definito “integrazione delle qualità primarie” implica un processo controllato dall'attenzione e coinvolge un
elaborazione seriale (analisi sequenziale di tutti gli stimoli presenti in una determinata posizione del campo visivo).
- Modello Pandemonium (Selfridge) → ideò un programma per computer per l'identificazione dello stimolo. Il
modello prevede una sequenza gerarchica di stadi in cui gruppi di demoni (neuroni) specializzati svolgono una serie
di operazioni: dalla registrazione dell'immagine retinica (demoni dell'immagine), alla rilevazione delle linee (demoni
delle caratteristiche), all'elaborazione cognitiva (demoni cognitivi), fino alla decisione finale che porta
all'identificazione (demone della decisione).
Questo modello presenta degli elementi provenienti dalle evidenze neurofisiologiche: i demoni delle caratteristiche
riprendono i neuroni specifici per l'orientamento studiati da Hubel e Wiesel.

* TEORIA DELLA DESCRIZIONE STRUTTURALE (structural description models)


L'identificazione avviene attraverso l'estrazione di componenti invarianti presenti nell'oggetto e il confronto in
memoria con un'analoga descrizione strutturale dell'oggetto indipendente dal punto di vista (orientamento con cui
è stato visto precedentemente e memorizzato).
- Teoria dei geoni (Irving Biederman, 1990) → Processo analitico che dalle parti risale al tutto (viene privilegiata
la via bottom-up).
Qualunque oggetto può essere descritto come una particolare configurazione di un numero limitato di parti, i geoni.
Sostiene l'esistenza di un alfabeto percettivo composto da solidi geometrici.
I geoni sono le forme elementari che consentono il riconoscimento degli oggetti e ne ha individuati 36.
Un oggetto risulta definito dalla peculiare combinazione dei geoni che lo costituiscono e dalle loro reciproche
relazioni.
Questo modello è definito RBC: recognition by components.
È un modello di impostazione cognitivista nel quale abbiamo un input visivo per poi arrivare al riconoscimento. Nella
prima fase avviene un'estrazione dei contorni, poi c'è una rilevazione delle PNA (proprietà non accidentali) che
sono altamente diagnostiche della presenza di un certo geone, per arrivare alla descrizione strutturale e al
confronto con le descrizioni che abbiamo in memoria.
- Modello 3D (David Marr) → È basato sulle descrizioni strutturali delle parti dell'oggetto.
input → abbozzo primario (primal sketch) → abbozzo a 2D (2D sketch) → modello 3D → riconoscimento
abbozzo primario: Rappresentazione dei contorni - frequenze spaziali
abbozzo 2D: Integrazione di tali contorni con le informazioni sulla percezione della profondità
modello 3D: Descrizione della struttura tridimensionale
L'abbozzo primario e l'abbozzo 2D sono dipendenti dal punto di vista dell'osservatore.
Il modello 3D è indipendente dal punto di vista dell'osservatore.

Teoria del prototipo


Alcuni sostengono che nel riconoscimento visivo non è necessario che si trovino in memoria tutti le possibili
variazioni degli stimoli ma è sufficiente avere un prototipo. Le conoscenze vengono organizzate intorno a dei
prototipi, ovvero rappresentazioni astratte nelle quali sono descritte alcune proprietà invarianti degli oggetti che
ne permettono l'identificazione in tutte le loro forme possibili. Il prototipo è la MEDIA (è ottenuto dai valori medi
delle caratteristiche principali degli esemplari che abbiamo osservato in precedenza; è un “oggetto medio” che non
esiste in natura e non corrisponde a nessun esemplare) e la MODA (l'esemplare più frequente).
L'identificazione avviene quando gli oggetti specifici sono stati confrontati con successo con il prototipo(type).
Esiste una sorta di archivio in cui è depositata l'informazione relativa agli esemplari(token).
Livelli di categorizzazione: superordinata (mammiferi); base (scimmia); subordinata (esemplare di scimmia);
esemplare (token) (singola scimmia).
Quello che emerge dagli studi è che il modo più efficiente di riconoscere è al livello base, ma ciò non vale per tutte
le categorie perché per quelle per cui abbiamo più esperienza agiamo subito dalla subordinata e dall'esemplare.
Per studiare la categorizzazione e il riconoscimento di stimoli visivi vengono spesso usati stimoli ambigui con vari
livelli di degradazione.
In un esperimento vengono presentate case e facce con diversi gradi di riconoscibilità sia a livello intracategoriale
( solo case, solo volti) che pluricategoriale (case e volti). Quando vengono presentate solo le case si attiva la PPA,
mentre quando vengono presentate solo le facce si attiva la FFA (fusiform face area). Quando vengono presentate
entrambe si attiva anche la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) necessaria per discriminare categorie
diverse.
Nella vita quotidiana, tuttavia, è influente anche l'aspetto emotivo e quindi l'attività dell'amigdala e di altre aree.

Riconoscimento di facce
Le facce sono uno stimolo molto studiato poiché il nostro cervello è specializzato nel riconoscerle.
Per riconoscere un volto si procede nel seguente modo:
1) analisi percettiva
2) codifica strutturale (correla con l'attivazione della FFA)
3) riconoscimento
4) identificazione
La FFA situata all'inizio della via ventrale (a cavallo del lobo occipitale e il lobo temporale) si attiva in maniera
specifica per i volti ed è più grande a destra che a sinistra (maggior specializzazione dell'emisfero destro per i
volti).
Lesioni della FFA producono difficoltà nel riconoscimento dei volti.
Secondo un filone di ricerca la FFA non è specifica per le facce e sono stati utilizzati i GREEBLES per confermare
quest'ipotesi. I Greebles sono stimoli creati artificialmente suddivisi in famiglie e per nomi.
Facendo fare un training percettivo a dei soggetti rendendoli esperti dei Greebles è stato notato che si attivava la
FFA durante il riconoscimento.
Expertise → divenire esperto a livello percettivo di una categoria

Face-inversion effect → l'inversione rende difficoltoso e talvolta compromette il corretto riconoscimento di un


volto. Quest'effetto è maggiore per i volti rispetto ad altre categorie e ciò è stato portato come prova a favore
dell'ipotesi che i volti sono uno stimolo speciale.

Prosopoagnosia → incapacità di riconoscere i volti dovuta a traumi o lesioni in certe aree cerebrali
Prosopoagnosia congenita → incapacità di riconoscere i volti fin dalla nascita

A livello posteriore ci sono la OFA (occipital face area) che estrae le caratteristiche e la FFA che unisce le
informazioni ed insieme analizzano a livello percettivo le caratteristiche.
Entrambe sono responsabili nel rilevare la presenza di volti (face detection).
Tutti gli aspetti dinamici del volto (espressioni facciali, direzione dello sguardo...) sono elaborati nel solco
temporale superiore.
L'amigdala partecipa al riconoscimento delle emozioni e si attiva anche in presenza di volti di altre razze.
La corteccia orbitofrontale si attiva per volti attraenti.
Abbiamo quindi un insieme di aree che portano globalmente al riconoscimento dei volti.

Da dove vengono i colori


Quando si parla di spettro visibile del colore si fa riferimento alla lunghezza d'onda (lunghezze d'onda differenti
corrispondono a colori diversi).
Categorizzazione percettiva → fenomeno per cui di fronte ad una variazione continua di una dimensione o di una
proprietà fisica dello stimolo l'osservatore percepisce regioni discontinue o discrete e discriminazione tra oggetti
relativamente simili sul piano fisico ma che vengono distinti in base a caratteristiche cognitive. Consiste nel
dividere variabili continue in categorie anche in base all'esperienza.
Il colore è una proprietà percettiva e dipende da una caratteristica fisica dello stimolo (lunghezza d'onda).
La variazione di lunghezza d'onda è continua ma viene percepita come categorie cromatiche diverse.
Degli studiosi vanno a studiare anche in diversi gruppi etnici o in funzione dello sviluppo il lessico dei colori.
I coni hanno tipi di sensibilità diverse e se ne distinguono tre tipi: coni blu (short), coni verdi (medium), coni rossi
(long).
Il colore viene elaborato dalla via parvocellulare e dai blobs.
Le nostre esperienze visive risultano grandemente arricchite dalla visione dei colori che riveste notevole
importanza per il riconoscimento di oggetti e strutture.
L'occhio umano riesce a distinguere più di 7 milioni di gradazioni cromatiche anche se poi le categorizziamo.
Il colore di una luce o di un corpo non è una proprietà intrinseca ma è un aspetto che il nostro sistema visivo
attribuisce a loro. Il colore è il risultato di una serie di processi che avvengono nel nostro occhio e nel nostro
cervello, è una qualità della nostra sensazione e dipende da proprietà fisiche della sorgente che illumina e dei corpi
che vengono illuminati.
Un area vicino al giro linguale sembra essere abbastanza specifica per il colore e la sua lesione comporta
acromatopsia.
L'acromatopsia è un disturbo per cui il mondo appare privo di colori poiché le differenze di colore sono in genere
correlate con differenze di luminosità, questi pazienti possono distinguere gli oggetti nella scena visiva, in quanto
appaiono come differenti tonalità di grigio.
La psicologia ambientale, che studia come l'ambiente influenza sull'individuo, si occupa anche dello studio della
psicologia dei colori. Degli studi hanno dimostrato le proprietà dei colori che influenzano l'organismo: il blu
trasmette calma, sicurezza e affidabilità, ma anche passività e tristezza; il verde è rilassante per la vista e
trasmette tranquillità; il rosso è stimolante ed è associato a rabbia, aggressività, vitalità, passione e amore; il viola
trasmette senso di regalità, misticismo, solitudine e tristezza; il giallo è energetico e trasmette buon umore e
allegria; il nero ha molte connotazioni negative (lutto, morte, odio), ma è anche associato all'eleganza; il bianco
rappresenta luce, purezza, bene e pace (nei paesi asiatici è il colore del lutto a simboleggiare un nuovo inizio).
L'influenza dei fattori culturali sull'organizzazione cerebrale può essere illustrata considerando come la
percezione dei colori varia da cultura a cultura e da individuo a individuo. La percezione dei colori è forse l'esempio
più evidente della complessità della percezione, alla quale concorrono fattori neurofisiologici e culturali.

Nel 1969 due antropologi cognitivi e linguisti, Berlin e Kay, hanno indagato sui nomi dei colori in 94 lingue e sono
stati rilevati 11 colori fondamentali per i quali vi era un nome specifico. Nelle lingue di società primitive si
riscontrano solo i nomi per il bianco e per il nero, poi passando a culture più evolute compaiono il rosso e il verde. In
vari gruppi linguistici della Nuova Guinea si hanno due nomi che indicano una parte dei colori brillanti o bianco e
dall'altra i colori spenti o nero. L'uso del rosso sembra essere molto antico e precedere altri colori (simbolo del
sangue e della vita). Durante l'evoluzione linguistica c'è stato un continuo accrescimento di termini specifici per i
colori.
L'aumento o la diminuzione dei termini dei colori in una lingua possono indicare che non vi sono differenze
fisiologiche nella capacità di percepire le differenze di lunghezza d'onda della luce, ma solo nell'attribuzione di
nomi specifici. Per molto tempo si è ritenuto che i bambini non avessero la percezione dei colori come gli adulti.
Invece studi hanno dimostrato che la percezione del colore nei bambini è già matura dopo i 4 mesi. I primi colori
che vengono denominati sono il rosso, il verde, il giallo e il blu. Ciò che differenzia il bambino è la capacità di
indicare con i nomi i singoli colori e questa capacità si sviluppa dopo l'acquisizione del linguaggio.

Immaginazione
Gli studi che cercano di capire quali sono i correlati neurale dell'immaginazione evidenziano che si attivano le
stesse aree della percezione, ad esempio quando immaginiamo qualcosa si attiva la V1. È come se avessimo
internamente uno schermo sul quale proiettiamo una diapositiva: quella relativa alla rappresentazione prototipica
dell'oggetto che abbiamo in memoria. Le immagini visive sono il prodotto di un processo cognitivo denominato in
italiano “immaginazione”, anche se questa parola può avere anche altri significati come quello di attività mentale
creativa che sconfina nella fantasia e che definiamo “immaginazione creativa”. In inglese il processo che produce
immagini visive è infatti indicato come “imagery”, per distinguerlo dall'immaginazione creativa (imagination).
Secondo Kosslyn (1983) l'immaginazione ha molte proprietà strutturali e funzionali analoghe a quelle della
percezione. Esiste una sorta di occhio interno che compie un'operazione di esplorazione (scanning) sulle immagini
che compaiono sullo schermo mentale.
Importanti per lo studio dell'immaginazione sono stati gli esperimenti di rotazione mentale di Shepard e Metzler.
Ai soggetti veniva chiesto di decidere se due disegni raffiguravano due oggetti uguali o diversi. Per risolvere il
compito i soggetti immaginavano i due oggetti e li ruotavano nel loro spazio mentale tridimensionale fino a quando
potevano verificare se le due immagini si sovrapponevano o no. Il compito di rotazione richiedeva tanto più tempo di
esecuzione quanto maggiore era la differenza angolare tra i due disegni.
Teoria del doppio codice di Paivio (1986) → le operazioni fondate sull'informazione visiva si distinguono dalle
operazioni fondate sull'informazione verbale. Sebbene entrambi i codici intervengano nei processi della cognizione
umana, vi sarebbero notevoli differenze individuali, con persone che privilegiano il codice visivo e altre il codice
verbale nella rappresentazione del mondo e nella soluzione di problemi.
Attenzione
L'attenzione ci permette di selezionare l'informazione in maniera automatica o volontaria.
“È il prendere possesso da parte della mente (processo cognitivo) in chiara e vivida forma di uno fra tanti oggetti e
fra tanti treni di pensieri possibili, esso comporta il ritrarsi della mente da alcune cose per poter operare su altre
con grande efficienza...” (James, 1890, Principi di Psicologia).
Una volta selezionata l'informazione siamo in grado di elaborarla in maniera più dettagliata ed efficace.
L'attenzione selettiva è la capacità di selezionare una o più fonti di stimolazione esterna in presenza di
informazioni in competizione per dedicarsi con maggiore efficacia all'elaborazione dell'informazione rilevante per i
nostri scopi del momento e tralasciare quella non rilevante.
Effetto della selezione → l'informazione cui si presenta selettivamente attenzione è elaborata pi efficacemente
dell'informazione cui non si presta attenzione.

Attenzione come filtro della percezione cosciente.


L'attenzione è un meccanismo che serve a selezionare l'informazione e opera come una sorta di filtro del mondo
esterno.
Non tutta l'informazione esterna è sottoposta al processo di analisi necessario per essere confrontata con una
traccia in memoria ed essere identificata. Solo una parte dell'informazione che ha attivato i sistemi sensoriali è
elaborata dai sistemi cognitivi.
Poiché il nostro sistema cognitivo ha un numero di risorse limitate, per evitare una situazione di “sovraccarico” si
rende necessario che solo una parte di tali informazioni in ingresso vengano elaborate approfonditamente per poi
diventare coscienti (filtro attentivo).

Il primo grande cognitivista che si è occupato di attenzione è Donald Broadbent.


Teoria della Selezione Precoce (Broadbent,1958) → La selezione precoce si attua tra la registrazione e l'analisi
percettiva. Quindi gli stimoli a cui non prestiamo attenzione non vengono elaborati oltre il piano fisico e sensoriale.
Utilizza come metodo l'ascolto dicotico: alle due orecchie vengono presentati contemporaneamente due messaggi
diversi. I soggetti devono stare attenti ad uno solo dei due messaggi (un solo canale attentivo = un solo orecchio).
Il soggetto deve ripetere le informazioni che sente (overshadowing).
Il messaggio a cui si è prestato attenzione viene elaborato a livello profondo, mentre quelle trascurato viene
elaborato viene elaborato soltanto in base alla caratteristiche fisiche.

Attenzione selettiva uditiva


Capacità di selezionare tra molte fonti di informazione.
Effetto Cocktail Party (Cherry, 1953) → dimostra che la selezione precoce non vale per stimoli che sono rilevanti
per il soggetto (es. il nome).
Sono state formulate 3 teorie su dove è posizionato il filtro attentivo:
- Teoria di Broadbent: filtro precoce (ascolto dicotico);
- Teoria del filtro attenuato di Treisman: l'informazione del canale “trascurato” non viene eliminata, bensì
attenuata ed elaborata se rilevante (fase di pre-elaborazione).
- Teoria del filtro tardivo di Deutsch e Deutsch: l'informazione viene tutta elaborata nel suo significato. Solo un
canale di input viene però considerato per la risposta. Il filtro si posizione dopo che l'elaborazione è avvenuta
anche a livello semantico. Ci sono molte evidenze che confermano questa teoria.

È possibile suddividere l'attenzione in due categorie:


- attenzione volontaria o endogena (top-down) → capacità di prestare attenzione a qualche cosa intenzionalmente;
- attenzione automatica o esogena (bottom-up) → si riferisce a quei fenomeni in cui qualcosa, per esempio un
evento sensoriale, cattura la nostra attenzione.

Treisman studia i processi automatici e i processi volontari creando varie situazioni sperimentali. In compiti di
individuazione di target in un contesto che presenta dei distrattori (cercare un pallino rosso in un insieme di pallini
blu) il compito è automatico → effetto pop-out (meccanismo bottom-up)
Se il compito diviene più difficile il tempo di reazione aumenta e ciò richiede maggiori risorse attentive.
Individua due stadi successivi di elaborazione dell'informazione contenuta nella scena visiva:
- processi automatici o preattentivi → avvengono in modo automatico prima dei processi attentivi: vengono
analizzate in parallelo le singole caratteristiche fisiche;
- processi attentivi o di focalizzazione → sulle relazioni e sull'integrazione tra le varie caratteristiche in base alle
quali si identifica un oggetto.
I processi attentivi sono guidati da:
- Fattori bottom-up → selezione dell'informazione sensoriale di stimoli inattesi o salienti. L'attenzione è guidata
dalla caratteristiche emergente dell'informazione sensoriale;
- Fattori cognitivi o bottom-up → conoscenze, aspettative e obbiettivi. L'attenzione è sottesa ai processi
intenzionali e consapevoli.

Sistema Attentivo Supervisore (SAS) di Shallice (1988)


È una sorta di sistema che ha la funzione di controllo, selezione e inibizione dell'informazioni.
L'attenzione oggi viene sempre più vista come un sistema di controllo ed organizzazione dell'elaborazione cognitiva.
Quindi come un sistema che controlla e modula le operazioni mentali e seleziona gli stimoli ed i piani d'azione
efficaci inibendo gli stimoli irrilevanti o i piani di azione inefficaci.
La corteccia prefrontale sarebbe la sede anatomica di tale sistema.

Esiste un sistema di aree neurali deputate all'attenzione: corteccia frontale, corteccia parietale (attenzione
spaziale), formazione reticolare, corteccia cingolata (implicata nel controllo cognitivo e nel correggere l'azione),
talamo, collicolo superiore (permette di dirigere lo sguardo).

Attenzione selettiva visuo-spaziale


E' la capacità di spostare il fuoco dell'attenzione su una parte specifica dello spazio in cui è atteso lo stimolo.
L'attenzione spaziale è vista come un fascio di luce che può essere spostato verso regioni diverse dello spazio.
Paradigma di Posner → viene presentato un indizio spaziale (cue) che indica la posizione in cui dovrebbe comparire
lo stimolo cui il soggetto dovrà rispondere. Tale cue potrà essere valido, non valido o neutro (assente). L'attenzione
si sposta automaticamente nella posizione indicata dal cue.
Il cue valido produrrà TR rapidi, quello invalido lunghi e quello neutro intermedi.

Attenzione divisa
Capacità di controllare e dividere (dislocare) le risorse attentive tra più compiti contemporaneamente.
Gli studi su questi tipo di attenzione permettono di capire quali sono i limiti delle nostre risorse attentive.
Si studia utilizzando un “compito doppio”: il soggetto deve svolgere in contemporanea due compiti diversi (compito
primario e compito secondario). A quello primario si da un'alta priorità. Hirst e Kalmar (1987) dimostrarono che i
soggetti potevano prestare attenzione simultaneamente a due compiti di natura diversa compiendo un minor
numero di errori che nella situazione in cui i due compiti erano uguali.
Le curve POC (Performance Operating Characteristics) mettono in relazione le due performance nei due compiti.
L'interferenza dipende dalla difficoltà dei compiti e dalla loro somiglianza (interferenza strutturale = operazioni
cognitive simili interferiscono tra loro).
Se cresce la richiesta di accuratezza assegnata al compito primario, aumentano i tempi di reazione per
l'esecuzione del compito secondario.
E' più facile combinare processi controllati con processi automatici (Schneider e Shiffrin) = pratica

Attenzione sostenuta
Capacità di mantenere per un tempo prolungato l'attenzione su uno stimolo.
Detezione di stimoli isolati o di modifiche minime in stimoli ripetitivi ( dopo 30-20 minuti si ha un decremento
completo di attenzione sostenuta) .
L'emisfero destro sembra pi abile del sinistro a mantenere protratta una buona attenzione mentre il sinistro è più
abile nella rilevazione del segnale.
Arousal → è livello di attivazione globale dell'organismo in risposta a stimoli esterni
Attivazione → è il livello generale di vigilanza del sistema nervoso centrale (dal sonno profondo all'ipereccitazione).
Ruolo importante dei centri sottocorticali (formazione reticolare ascendente del Ponte).

Change Blindness (cecità al cambiamento) → Incapacità di notare consapevolmente cambiamenti rilevanti in una
scena visiva quando questi hanno luogo assieme ad altri eventi visivi. Difficoltà nel notare piccoli cambiamenti in
due scene successive è spiegata in base all'idea che una modifica in un dato oggetto possa essere notata solamente
se l'attenzione viene rivolta a tale oggetto. L'attenzione è il processo cruciale che consente di vedere un
cambiamento e in più in generale che consente di vedere coscientemente qualcosa.
Inattentional Blindness (cecità inattentiva) → Incapacità di percepire consapevolmente stimoli a cui non viene
prestata attenzione (fuori dal fuoco attentivo).

Questi due fenomeni dimostrano l'importanza dell'attenzione per elaborare coscientemente l'informazione.
Coscienza
Coscienza vista come un'esperienza soggettiva del mondo e dei propri processi mentali.
Si ha coscienza quando si ha consapevolezza di sé e del mondo esterno.
Daniel Dannett (filosofo) → “luogo dentro la testa”. La coscienza viene rappresentata come uno schermo o un
palcoscenico mentale su cui le cose vengono presentate all'occhio della mente (Teatro cartesiano).
La coscienza è legata al concetto di Fenomenologia (come le cose appaiono alla persona cosciente).

La coscienza è un attività psichica fondamentale e basilare frutto dell'integrazione tra tutte le funzioni cognitive
del soggetto in relazione all'ambiente esterno e al proprio mondo interno affettivo in un'attività unificante che dà
ordine e significato alle esperienze.

Se vogliamo identificare le basi neurali della coscienza , dobbiamo trovare un correlato neurale della coscienza
stessa, cioè uno specifico pattern di attività cerebrale che correla con una particolare esperienza cosciente.
Per molto tempo è stato pensato che la corteccia visiva primaria fosse la sede della coscienza visiva, ma in realtà
l'esperienza conscia visiva necessità dell'attività sincrona della V1 e di altre aree cosiddette associative,
soprattutto quelle prefrontali e quelle parietali.
Lo studio di stimoli “instabili” indica che l'attività nelle aree parietali e prefrontali è fortemente associata alla
consapevolezza visiva dei soggetti normali.
Le aree che vengono attivate da tali stimoli sono le aree visive ventrali, parietali e prefrontali. Le prime vengono
sempre attivate, mentre le ultime due riflettono le fluttuazioni dei due percetti.
Questo dato è confermato dal fatto che pazienti con danni prefrontali manifestano problemi nel riuscire a
cambiare la percezione corrente in stimoli instabili.
Lo stesso correlato neurale (aree parietali e prefrontali) si ha anche quando il soggetto diventa cosciente di un
particolare della scena che prima non aveva notato.
In assenza della V1 o dell'influenza top-down prefrontale e parietale si può avere un comportamento guidato dalla
visione ma non l'esperienza cosciente (che è quella che in definitiva conta per l'individuo).
La coscienza nasce dall'attivazione dei nuclei del tronco encefalico e si ha un continuo flusso di elaborazione ed
attività nelle cortecce sensoriali primarie e regioni associative insieme alla corteccia frontale che ha un ruolo di
controllo e supervisione.

Inconscio
Inconscio cognitivo
Tutti i processi mentali che pur non arrivando a livello consapevole danno origine ai nostri pensieri, scelte, emozioni
e comportamenti.
Influenza dei processi mentali inconsci sulla coscienza e sul comportamento.
“Fabbrica che costruisce i prodotti del pensiero”
Il 95% del nostro comportamento è guidato dai processi inconsci.

Percezione subliminale
Il nostro pensiero e comportamento possono essere influenzati da stimoli che la persona non può riferire
coscientemente di percepire.
Degli studi cercando di scoprire se è possibile parlare di persuasione subliminale.
Nel 1957 James Vicary, un ricercatore di mercato del New Jersey, inserì dei fotogrammi all'interno di film
proiettati al cinema con le scritte subliminali (bevete coca-cola, mangiate popcorn) è questo portò all'aumento delle
vendite.
La persuasione subliminale è stata studiata anche in laboratorio presentando degli stimoli subliminali sotto-soglia
percettiva per brevissimo tempo.
Esempi: 1) Parole subliminali quali sete, secco inducevano i soggetti impegnati in un compito a consumare
maggiormente una bibita dissetante; 2) parole associate ad una ricompensa, ance se inconsapevoli, inducono i
soggetti ad impegnarsi maggiormente nel compito e ad avere una buona performance.

Priming (facilitazione)
E' alla base della percezione subliminale.
Uno stimolo cue non informativo può produrre una facilitazione della detezione di uno stimolo target a cui il
soggetto deve rispondere.
Il priming può essere: percettivo (si ha per lo stesso stimolo) o semantico (si ha per stimoli associati
semanticamente).
priming subliminale → uno stimolo prime influenza il riconoscimento di uno stimolo semanticamente associato
Il priming si ha anche quando il primo stimolo è sotto-soglia.
Esperimento classico di Marcel (1983): effetto di facilitazione derivante dalla presentazione (sotto-soglia) di
stimoli semanticamente relati agli stimoli che dovranno essere identificati (priming semantico di tipo inconscio).
Tuttavia l'effetto è limitato per un breve intervallo temporale fra stimolo prime e target.

Aneddoto: “uno psicologo (Claparéde) durante la visita di un paziente con amnesia anterograda, con metodo
piuttosto subdolo decide di misurare le sue capacità mnestiche implicite. Questo paziente, ogni volta che entrava
nello studio non riconosceva l'esaminatore, così come non ricordava i test che gli venivano sottoposti. Alla fine di
una seduta lo psicologo saluta il paziente stringendogli la mano ma tenendo nella propria mano una puntina e quindi
pungendolo. Alla visita successiva il paziente rifiutò di stringere la mano, nonostante non sapesse riferire una
motivazione valida per tale rifiuto.”

Neglect (eminegligenza spaziale unilaterale)


I pazienti ignorano completamente tutto ciò che avviene nella metà dello spazio controlaterale alla lesione. Nella
maggioranza dei casi la lesione è a destra e il neglect riguarda la parte sinistra.
Tale danno non può essere spiegato da un danno sensoriale o motorio primario.
Sembra comunque ancora possibile un'elaborazione inconsapevole.

Blindsight (visione cieca)


Lesioni a livello occipitale (la corteccia visiva è danneggiata).
Quando vengono presentati degli stimoli visivi a soggetti con blindsight riferiscono di non percepire nulla.
Nonostante questo, se li si obbliga a dire dove gli stimoli sono stati presentati riferiscono la posizione esatta con
un accuratezza superiore al caso.
Nella vita quotidiana, nonno stante la loro cecità, a volte riescono a non sbattere contro gli oggetti ma possono
muoversi come se le loro capacità visive fossero pressoché conservate.

Split Brain (cervello diviso)


I pazienti split-brain sono stati studiati da Roger Sperry.
Soggetti con epilessia venivano deprivati del corpo calloso, che unisce gli emisferi cerebrali, per curarli.
Questi pazienti erano coscienti delle operazioni mentali che compivano sulla base di quanto avevano appreso e
memorizzato con un emisfero, ma l'informazione elaborata non veniva registrata nell'altro.
Si ritiene così che la coscienza in questi pazienti si fosse divisa nei due emisferi e che quindi si possa affermare
che la sua unità, tipica delle persone normali, è il risultato dell'integrazione tra le operazioni mentali compiute
separatamente nei due emisferi.

Relazione tra lobi frontali coscienza


SAS: sistema attentivo supervisore
Pazienti con lesioni frontali non sono capaci di controllare in modo cosciente le operazioni cognitive e le azioni.
La maturazione dei lobi frontali inizia a 5 anni e finisce a 20.
I bambini sotto i 4-5 anni non hanno ancora acquisito una piena padronanza del proprio comportamento, basata
sull’attenzione e sulla consapevolezza delle proprie azioni.

La coscienza si lega anche al concetto di metacognizione, un sistema di pianificazione e controllo delle operazioni
cognitive (metamemoria, metaattenzione, metapercezione...).
La metacognizione implica che una persona sia cosciente delle proprie operazioni cognitive e, come conseguenza,
delle risorse e dei limiti.
È un processo superiore che ci rende consapevoli dei processi cognitivi.

L'elaborazione implicita si può studiare con dei paradigmi creati appositamente e una tecnica molto efficiente è la
tecnica dei potenziali evento correlati. È una tecnica elettroencefalografico con la quale si registra l'attività
elettrica cerebrale durante la presentazione di stimoli e si estrae l'attività correlata con il processo.
Nell'esperimento il soggetto ha il compito di riconoscere una figura frammentata che gradualmente, dal livello 1 al
livello 3, diventa sempre più completa. Soltanto quando riconoscerà lo stimolo comparirà sull'ERP un'ampia onda
positiva con una latenza di circa 300msec. Se lo stimolo è stato già visto precedentemente nella sua versione
completa, quest'onda positiva comparirà anche se il soggetto afferma di non averlo riconosciuto. In questo modo la
risposta cerebrale segnala una sorta di riconoscimento inconscio, reso possibile dall'aumento d'informazione, che
non si manifesta nella risposta comportamentale.
Sigmund Freud
L'inconscio di cui parla Freud è più di tipo dinamico.
“Ogni atto psichico comincia in modo inconscio...”
Tutta la prima metà del '900 è stata enormemente influenzata dalla teoria di Freud, poi con la nascita del
cognitivismo c'è stato un rifiuto soprattutto a causa della mancanza di evidenze.
Con il termine psicoanalisi si intende un procedimento per l’indagine di processi psichici cui altrimenti sarebbe
impossibile accedere, un metodo terapeutico per il trattamento dei disturbi nevrotici.
La teoria psicanalitica di Freud considerava il pensiero cosciente come la parte emergente, superficiale, di una
mente molto più profonda costituita da processi inconsci.
L’inconscio di Freud: Sistema attivo che include ricordi nascosti di una vita, i nostri istinti e desideri più profondi e
la nostra lotta interiore per controllare queste forze.
Data la sua natura l’inconscio è una forza da tenere sotto controllo per mezzo della rimozione: processo mentale
che rimuove pensieri e ricordi inaccettabili dalla coscienza e li mantiene nell’inconscio.
Freud è stato il primo a fare una teoria sulla struttura della mente.

Nasce nel 1856 a Freiberg, periodo in cui nascono i primi laboratori di psicologia.
Ha un impostazione medica ed è stata molto importante la sua conoscenza con lo psichiatra Charcot Salpetriere dal
quale impara l'approccio dell'ipnosi per trattare pazienti isteriche.
Attraverso l'ipnosi, un alterato stato di coscienza, la paziente rievoca delle situazioni traumatiche e guarisce.
Nel 1895 inizia a scrivere, insieme allo psichiatra Breuer, “Studi sull'isteria”.
Nel 1899 scrive “Interpretazione dei sogni” dove riporta il modo per lui più diretto per entrare nell'inconscio.
A inizi '900 fa a casa sua le prime sedute della Società Psicoanalitica del Mercoledì.
Nel 1909/10 va negli Stati Uniti con Jung e Ferenczi diffondendo le sue idee e la sua teoria.
Nel 1913 chiude i suoi rapporti con Jung.
Nel 1923 scrive “L'Io e l'Es” dove definisce e struttura queste due istanze.
Nel 1938 deve rifugiarsi a Londra in quanto figlio di ebrei.
Nel 1939 muore per una overdose di morfina iniettatagli per sua richiesta dal medico per lenire i dolori di un
tumore.

Le prove dell’inconscio dinamico:


- Lapsus → errori non casuali secondo Freud, creati dalla mente inconscia;
- Interpretazione dei sogni → il sogno è un messaggio che arriva direttamente dall'inconscio;
- Libere associazioni di parole → non essendoci in questo processo il filtro consapevole della coscienza, questo è un
modo per accedere all'inconscio;
- Ipnosi → stato psicofisiologico tra la veglia e il sonno, caratterizzato da rilassamento muscolare, suggestionabilità
e attenzione focalizzata.
L'inconscio è il luogo dove sono riposti desideri, pulsioni ed emozioni che guidano e orientano il comportamento
cosciente.
Preconscio: materiale dell’inconscio che non viene completamente rimosso dalla coscienza.

Seconda topica:
- Es → Parte della mente che contiene le pulsioni presenti dalla nascita; è la fonte dei nostri bisogni fisici, di
necessità, desideri e impulsi, in particolare le pulsioni sessuali.; opera secondo il principio del piacere, ricerca di una
immediata gratificazione. Oggi possiamo dire che questa istanza ha sede nel sistema limbico;
- Io → È la componente della personalità che si sviluppa attraverso la relazione con il mondo esterno e che ci mette
nelle condizioni di poter affrontare le esigenze pratiche della vita. Funzionare in modo efficace nel mondo reale. Ci
permettere di resistere agli impulsi;
- Super-io → Sistema mentale che riflette l'interiorizzazione delle regole culturali apprese. Consiste in una serie
di linee guida, di norme interiori e di altri codici di condotta che regolano e controllano il nostro comportamento.

Le nostre motivazioni rimangono quasi sempre nascoste nell’inconscio perché una forza repressiva le occulta alla
coscienza. L’Io reprime qualsiasi pulsione proveniente dall’Es che potrebbe innescare comportamenti incompatibili
con l’idea che abbiamo di noi.
Le pulsioni da domare si esprimono sotto forma di passioni incontrollate, fantasie infantili e istinti sessuali e
aggressivi.
La malattia mentale scaturisce dal fallimento della rimozione.
Le fobie, le nevrosi, le ossessioni sono provocati da intrusioni delle pulsioni nascoste nel comportamento.
Secondo Freud nel sogno si manifesterebbero in modo simbolico i desideri inconsci, ma è difficile trovare prove
scientifiche per questa teoria.
Durante il sonno i centri di controllo della corteccia prefrontale sono meno attivi rispetto alla veglia.
Mancano riferimenti spazio-temporali
Rielaborazione degli eventi trascorsi – Memoria

Nel 1885 Freud, nel pieno sviluppo della sua teoria, scrive all’amico Wilhelm Fliess mentre lavorava a “Progetto di
una Psicologia”: “… sono riuscito a vedere tutto, dai dettagli delle nevrosi fino alle condizioni della coscienza. Ogni
cosa al suo giusto posto, gli ingranaggi a posto, sembrava si trattasse di una macchina che da un momento all’altro
avrebbe cominciato a muoversi da sola..”
Ma poi commenta con delusione: “Non capisco più lo stato mentale in cui ho concepito la psicologia”
Freud non vede alcuna possibilità di capire neurologicamente la differenza tra processi coscienti e inconsci.

Oggi la neuropsicoanalisi cerca di costruire un ponte tra psicoanalisi e neuroscienze, ma secondo alcuni le teorie di
Freud sono inaccessibili ad un'analisi empirica.
Ma anche Freud stesso aveva preso in considerazione l’eventualità che la biologia possa arrivare a risultati in grado
di abbattere “tutta la nostra costruzione artificiale di ipotesi”.

Sonno
Il sonno fa parte attivamente della nostra attività mentale ed è una tematica che riguarda la psicologia generale.

Dal sonno ai sogni


Oggi la scienza ci dice che il sonno non è affatto paragonabile, come si è pensato per secoli, a uno stato di semplice
“assenza”: nel cervello continua a svolgersi un’intensa attività che segue ritmi e regole ben precise.
Sino agli anni ‘50 si pensava che il sonno fosse un fenomeno passivo dovuto alla diminuzione delle informazioni
provenienti dai sistemi sensoriali, ovvero considerato come la fine dello stato di veglia.
Nel decennio seguente invece venne dimostrato che il sonno è caratterizzato dal susseguirsi ciclico di diversi
fenomeni psicofisiologici.
È un processo nervoso attivo, caratterizzato dalla periodicità fissata dai ritmi biologici (ritmo circadiano) e
assolutamente indispensabile per il buon mantenimento dello stato psicofisico dell’individuo.

Ricerca psico-fisiologica
Nel 1862 Ernst Kohlschuetter (sotto la guida di Fechner) graduava gli stimoli acustici e stimava la profondità del
sonno determinando l’intensità minima di un suono richiesta per svegliare un soggetto addormentato.
La soglia aumenta, cioè il soggetto diventa meno sensibile, dall'addormentamento fino a 3 ore.
Tuttavia, le principali scoperte sono state fatte grazie all'utilizzo dell'elettroencefalogramma (EEG) inventato da
Hans Berger nel 1929.
Il sonno non è uno stato omogeneo ma è caratterizzato da stadi diversi basati su diverse caratteristiche presenti
nell’EEG.
La poligrafia è la registrazione simultanea di diversi parametri con:
- EEG → attività elettrica cerebrale
- Elettromiogramma (EMG) → attività muscolare
- Elettrocardiogramma (ECG) → attività cardiaca
- Elettroculogramma (EOG) → movimenti oculari

Il sonno è stato dell’organismo caratterizzato da una ridotta reattività agli stimoli ambientali, che comporta la
sospensione dell’attività relazionale e modificazioni della coscienza. Il sonno si instaura spontaneamente,
periodicamente, si autolimita nel tempo ed è reversibile.
Sulla base della variazione di alcuni parametri fisiologici viene convenzionalmente suddiviso in:
- Sonno a onde lente (slow waves sleep, NREM, ortodosso) che viene classificato in base alle caratteristiche
dell’EEG in Stadio 1, Stadio 2, Stadio 3 e Stadio 4;
- Sonno rapido (fast waves sleep, REM Rapid eye movements – movimenti oculari rapidi ; paradosso).

Quando viene fatto l'elettroencefalogramma si notano differenti ritmi cerebrali che hanno differenti ruoli.
La frequenza si misura in ciclixsec.
Beta e gamma sono ritmi associati a processi cognitivi (presa di decisione, riconoscimento visivo, memoria...).
Il ritmo alfa è caratteristico della veglia rilassata a occhi chiusi.
I ritmi delta e theta si trovano durante il sonno.
Il ritmo delta è tipico del sonno profondo, cioè dello stadio 4.
- ritmi gamma → frequenza rapida (cirza 150 Hz) e voltaggio basso.
- ritmi beta → frequenza rapida (13-130 Hz) e voltaggio basso.
- ritmi alfa → frequenza meno rapida (8-13 Hz) e voltaggio basso.
- ritmi delta → frequenza lenta (0,5-4 Hz) e ampiezza maggiore.
- ritmi theta → frequenza lenta (5-8 Hz) e ampiezza maggiore.
Questo mostra che rispetto alla veglia il sonno è molto diverso e al suo interno si differenziano ulteriori ritmi.
Nella fase NREM si passa da ritmi in prevalenza theta nello stadio 1 fino ad arrivare a ritmi delta nello stadio 4.
Nello fase REM l'attività ritorna rapida, simile alla veglia, compaiono i movimenti oculari e quindi prevale un attività
molto rapida a basso voltaggio.

Le onde della veglia → Quando l'individuo è sveglio e attivo, l'EEG mostra una predominanza di onde cerebrali di
basso voltaggio e di elevata frequenza (beta e gamma, da 5 a 60 cicli al secondo).
In situazioni di rilassamento predomina un'attività ritmica relativamente lenta (alfa, 8-12 cicli al secondo).
Quando l'individuo è in allerta o se è concentrato nell'EEG appaiono i ritmi beta e gamma soprattutto in regioni
frontali.
Le onde del sonno → l'EEG mostra che l'attività rallenta progressivamente e questo corrisponde al passaggio a
livelli di sonno sempre più profondi. Quando una persona sia addormenta il suo EEG passa attraverso i 4 stadi del
sonno a onde lente e questo avviene nell'arco di 40 minuti, quindi è un susseguirsi ciclico dei ritmi. La frequenza
diminuisce come la pressione cardiaca. Dopo circa 60-90 minuti l'EEG diventa improvvisamente desincronizzato, e
si ha un'attività rapida simile a quella della veglia e si ha un innalzamento della frequenza cardiaca e respiratoria.

L'esistenza del sonno REM e NREM è staa scoperta da Aserinsky e Kleitman nel 1953. Questi due tipi di sonno si
susseguono all’interno di cicli della durata di 90 min all’inizio della notte fino a 60 verso il mattino. Data la ciclicità
del sonno se ci svegliamo nel mezzo di uno di questi cicli non ci sentiamo riposati.
Sonno NREM → tono muscolare tende a diminuire progressivamente senza mai annullarsi; i movimenti oculari lenti
presenti durante l’addormentamento tendono a diventare sempre pi scarsi. Respiro e frequenza cardiaca diventano
più lenti e regolari;
Sonno REM → diminuzione del tono muscolare con atonia dei muscoli ; aumento della frequenza cardiaca e
irregolarità dei ritmi respiratori e cardiaci, movimenti oculari rapidi.

Centri anatomici del sonno


L'ipotalamo può essere considerato il nucleo del sonno.
L'ippocampo ha un ruolo attivo durante il sonno, in particolare in quello REM, in quanto partecipa nel riorganizzare e
consolidare i contatti sinaptici assumendo un ruolo cruciale nella memoria.
La formazione reticolare, gruppo di neuroni situati nel tronco cerebrale, che ha la funzione di attivare o inibire il
sonno.

A cosa serve il sonno


Ci sono varie ipotesi e quella predominante è la teoria del recupero: il sono avrebbe una funzione di riparazione dei
tessuti dell'organismo in corrispondenza degli stati di sonno a onde lente di recupero del sistema nervoso centrale
in corrispondenza del sonno REM. Il sonno REM avrebbe un ruolo nella formazione di nuovi contatti neuronali
favorendo il mantenimento funzionale e la formazione delle vie neurali del sistema nervoso ed è essenziale per
l'apprendimento e la memoria.

Imparare sognando
Prima e dopo aver imparato qualcosa di nuovo il nostro cervello ha bisogno di dormire.
Se non si dorme entro le prime 24 ore dall'apprendimento i nuovi ricordi andranno perduti.
È stato notato che bastano dei pisolini diurni (naps) per migliorare l'apprendimento.
Il sonno rafforza la memoria riplasmando fisicamente i ricordi, ovvero tramite la plasticità neurale.
Anche il sonno prima dell'apprendimento è cruciale per la formazione di nuovi ricordi.

Ricerca sul sonno


Il ruolo modulatore dei diversi tipi di sonno sui processi cognitivi è stato studiato con la presentazione di stimoli
durante le varie fasi del sonno. La ritenzioni di stimoli è migliore se vengono somministrati durante il sonno REM.
La reattività agli stimoli ambientali dipende dalle caratteristiche cognitive significative per il soggetto (significato
personale).
Molti studi si basano sulla deprivazione del sonno ed è stato notato che questo influenza negativamente
l'apprendimento. Ha effetti estremamente nocivi: esperimenti con ratti di deprivazione di sonno evidenziano la
difficoltà di regolare la temperatura corporea, perdita di peso, generale disfunzione e morte dopo 21 giorni.
Esperimenti con ragazzi mostrano che alcune ore di deprivazione ogni notte ha un effetto nocivo che si accumula:
ridotta acuità visiva mentale, ridotti tempi di reazione, aumento di irritabilità, depressione, aumento di rischi di
incidenti e lesioni.
L'80% delle persone svegliate durante la fase REM riporta qualche sonno (ricordi più vividi dell'esperienza onirica).

I sogni
William Dement afferma che “l'attività onirica permette a ciascuno di noi di essere folle, pacatamente e al sicuro,
ogni notte della propria vita”.
Coscienza onirica: emozione intensa, pensiero illogico (senza continuità di spazio e tempo), la sensazione è
pienamente formata e dotata di significato, la sensazione dominante è quella visiva.
Accettazione acritica: tutto ci sembra normale.
Vi è difficoltà a ricordare il sogno dopo che è finito.
I sogni più memorabili sono spesso gli incubi e uno studente medio ha circa 24 incubi l'anno.
I bambini hanno più incubi degli adulti.
Chi ha sperimentato degli eventi traumatici è più incline ad avere degli incubi.
Ma i sogni possono anche riflettere residui della giornata: il contenuto onirico ricava istantanee di ricordi della
giornata più che raccontare di nuovo le storie di ciò che abbiamo fatto o visto

Interpretazione dei sogni


L'interpretazione dei sogni rientra in molte terapie psicoterapeutiche.
- Freud → i sogni sono l'accesso diretto all'inconscio e rappresentano desideri: contenuto manifesto di un sogno
nasconde il suo vero significato. Il limite è l'infinito numero di interpretazioni;
- Riemergere di pensieri rimossi → i pensieri rimossi vengono sognati più frequentemente,
- Ipotesi attivazione-sintesi (Hobson) → è la teoria predominante con approccio neurobiologico e opposta a quella di
Freud. I sogni sono prodotti quando la mente prova a dare un senso all'attività neurale casuale che si verifica nel
cervello durante il sonno che non ha accesso alle informazioni esterne, ma continua ad interpretarle.
- il sogno come smistamento → serve a liberarsi di informazioni insignificanti che appaiono nel sonno per essere
rimosse.
Quello che succede durante il sogno è come un carosello di immagini (immaginazione di eventi visivi) e si attivano le
aree associative visive (non l'area visiva primaria in quanto l'informazione non proviene dall'eterno).
L'amigdala è attiva e ciò spiega l'aspetto emotivo.
La corteccia prefrontale ha un'attivazione minore rispetto alla veglia e ciò spiega perché il sogno, nonostante sia
illogico, viene accettato in quanto non c'è un controllo cognitivo.
La corteccia motoria è attiva anche se si ha l'inibizione dei movimenti durante il sonno.

Cronopsicologia
Ogni essere vivente è dotato di propri orologi biologici interni.
Studia il funzionamento della mente e del comportamento in una prospettiva temporale.
Particolarmente importante è il ritmo sonno-veglia: andamento ciclico di 24 ore (ritmo circadiano; = circa diem
“quasi un giorno”).
Questi fenomeno vengono studiati anche in “ambienti senza tempo” ed è stato visto che il ritmo circadiano tende a
mantenersi.
Esperimenti con la deprivazione del sonno mostrano come variano la vigilanza e l'efficienza delle prestazioni.
Vigilanza ed attenzione hanno un andamento crescente nella giornata, interrotto da una diminuzione tra le 14 e le
16 e questo è stato visto tramite compiti di memoria.
Nelle prime ore del mattino si hanno massime prestazioni in compiti di memoria a breve termine e nelle ore
notturne si ha la massima creatività.
LA MEMORIA
La memoria non è un sistema monolitico e unitario, ma abbiamo diversi tipi di memoria.
C'è una memoria per ogni ricordo.

Uno dei primi a studiare la memoria è stato Ebbinghaus (1885) che, imparando parole senza senso, formulò la curva
dell'oblio vedendo dopo quanto tempo c'è la dimenticanza dell'informazione. Notò un calo iniziale (rapido
decadimento di parte delle informazioni) e poi più ridotto. La variazione per quantità e forma dell'oblio dipendono
dal tipo di informazione da ritenere, dal tempo per apprenderla, dalle condizioni di recupero, dalla motivazione...
Anche James (1890) si è occupato di memoria ed è stato il primo a fare una distinzione tra memoria primaria e
secondaria (oggi denominate memoria a breve e a lungo termine).
Bartlett (1932) scrive “Remembering” e sostiene che ricordare è qualcosa di attivo. Presentava ai soggetti dei
brani e dopo un po gli chiedeva cosa diceva la storia e notò che ogni persona ricordava cosa diverse. Da qui
l'importanza della costruttività e trasformatività dell'informazione.
Con il cognitivismo nascono i primi modelli sulla memoria: uno dei principali è il modello di Atkinson e Shiffrin
(1968).
Il cognitivismo apre le porte alle neuroscienze che cercano di rilevare i correlati neurali della memoria.
Modello di Atkinson e Shiffrin → Le informazioni vengono dapprima depositate nella memoria sensoriale. Gli
stimoli selezionati dai processi dell’attenzione possono entrare nel magazzino della memoria breve a breve termine
e poi possono essere trasferiti alla memoria a lungo termine, se vengono consolidati dalla ripetizione. In ogni fase
può essere persa l'informazione (per decadimento e interferenza).

Sistemi di memoria
- memoria sensoriale → capacità illimitata, decadenza a brevissimo termine (<1 secondo), altamente specifica per
materiale percettivo e modalità sensoriale.
Si divide in memoria iconica (input visivi con durata < di 250 ms) e ecoica (input uditivi, durata < 2 sec).
Tutta l'informazione entra in questo sistema e per dimostrare questo è stato fatto l'esperimento si Sperling →
presentazione di una matrice di lettere per 50 ms. Inizialmente un resoconto totale: nominare tutte le lettere che
i soggetti si ricordavano in media 4-5 lettere anche se dichiaravano di averle viste tutte. Quindi fa un resoconto
parziale: rievocazione di una delle 3 righe tramite un segnale acustico dopo matrice. La presentazione era la stessa
a prescindere dalla riga e notò che l'intera matrice veniva immagazzinata. La capacità di rievocazione diminuiva
all'aumentare dell'intervallo tra matrice e suono.

- memoria a breve termine → capacità limitata (7±2 unità), persistenza di alcuni secondi (non superiore a 30 sec),
relativamente specifica per il materiale.
È ipotizzata l'esistenza di un sottomagazzino (buffer di reiterazione), paragonabile a una libreria, in cui la prima
informazione viene immagazzinata occupando il primo ripiano, la successiva occupa a sua volte il primo ripiano
spingendo la prima informazione sul secondo, e così via. Quando il numero di informazioni supera il numero dei
ripiani disponibili, la prima informazione viene eliminata dal buffer per far spazio alle altre. La capacità di questa
memoria viene chiamata span.
Le evidenze più forte dell'esistenza di questo tipo di memoria provengono dalla neuropsicologia come ad esempio il
caso di HM che non riusciva a formare e trattenere nuovi ricordi, ma aveva intatta la memoria a lungo termine.
Importante è anche l'effetto primacy e recency → viene presentata una lista di parole e il compito è di richiamo
libero, ovvero rievocare le parole in qualsiasi ordine. È stato evidenziato che tutti i soggetti si ricordano meglio le
prime e le ultime parole presentate nella lista. Questo perché le parole recenti sono ancora nella memoria a breve
termine e le prime parole sono state sottoposte a maggiore reiterazione e sono già passate in memoria a lungo
termine.
Baddeley (1986) definisce questo sistema di memoria memoria di lavoro, formata da due sistemi: 1)sistema adibito
alla elaborazione e al mantenimento dell'informazione linguistica (loop articolatorio); 2)sistema responsabile
dell'elaborazione e del mantenimento dell'informazione visuo-spaziale (taccuino visuo-spaziale). I due sistemi sono
controllati da un sistema dalle capacità attentive limitate denominato esecutivo centrale (nella corteccia frontale).
Ha il ruolo di mantenere in memoria un informazione mentre si sta svolgendo un compito. Questo sistema ha una
collocazione a livello frontale.

- memoria a lungo termine → capacità illimitata, durata illimitata, aspecifica.


Gli psicologi cognitivisti Craick e Lockart (1972) hanno evidenziato che è importante anche il livello di codifica nel
processo di passaggio delle informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Le condizioni di
codifica sono: strutturale, fonologica, semantica. Hanno fatto un esperimento con le 3 condizioni di codifica e
utilizzando una codifica incidentale, ovvero al soggetto non viene chiesto esplicitamente di memorizzare delle
parole, ma gli viene chiesto se: la parola è in maiuscolo o minuscolo (strutturale), se la parola contiene la lettera b
(fonologica), se la parola indica un non-vivente (semantica o profonda). Quando al soggetto viene chiesto di
ricordarsi le parole, il materiale viene ricordato meglio in funzione della profondità dell'elaborazione in fase di
codifica. Più l'elaborazione è profonda e più è facile far passare l'informazione alla memoria a lungo termine.
La memoria a lungo termine non è un sistema unitario e Squire la distingue in:
1) memoria dichiarativa (esplicita) → recupero conscio dell'informazione di fatti, eventi, conoscenze
- memoria episodica
- memoria semantica
2) memoria non dichiarativa (implicita) → recupero inconscio dell'informazione
- memoria procedurale
- priming

La distinzione tra memoria episodica e semantica è stata fatta da Tulving (1972).


Memoria episodica → si riferisce a specifici eventi ed esperienze della vita di ciascuno (memoria autobiografica) e
contiene informazioni spazio-temporali che definiscono dove e quando il sistema ha acquisito la nuova informazione.
È l'insieme dei ricordi relativi a specifici episodi.
Ha una grande rilevanza negli studi della memoria della testimonianza.
Al suo interno si identificano altri tipi di memoria:
- La memoria autobiografica si riferisce comunemente al ricordo di informazioni legate al sé. Il cognitivista
Neisser (1986) la definisce come l'insieme dei ricordi di eventi sperimentati personalmente (riproduzione fedele di
eventi vissuti). Deriva dalle ricostruzioni operate a partire da frammenti di ricordi e da racconti degli altri
integrate con le nostre conoscenze generali. Rubin, Wetzler e Nebes (1986) hanno rilevato un aumento dei ricordi
autobiografici, nei soggetti di oltre 50 anni, in relazione agli eventi accaduti quando avevano 20-30 anni: questo
fenomeno, che prende il nome di reminescenza, può essere dovuto, da un lato, alla maggiore efficacia fisiologica
che caratterizza la prima età adulta e, dall'altro, al maggior numero di avvenimenti emotivamente, socialmente e
culturalmente rilevanti propri di questo periodo della vita.
- Memoria di eventi remoti → si riferisce al ricordo di avvenimenti socio-storici accaduti durante la vita di un
individuo: guerre, avvenimenti o personaggi politici, campioni sportivi, attori...Questo tipo di memoria si conserva
sino ai 75 anni e i ricordi meglio conservati si riferiscono al periodo in cui i soggetti avevano fra i 20 e i 30 anni.
- Lampi di memoria (flashbulb memory) → si ricordano molto bene le circostanze concomitanti a un particolare
avvenimento importante.
- La memoria prospettica è un sistema di memoria proiettato nel futuro e riguarda la realizzazione di piani d'azione
o di intenzioni future. È essenziale per la formazione di memorie per eventi futuri (formazione delle intenzioni,
ricordarsi cosa fare, ricordare quando farlo, ricordare di compiere l'azione, compiere l'azione in modo stabilito).
La memoria episodica è importante anche per pianificare il futuro in quanto permette di creare delle
rappresentazioni mentali del futuro, basate sull'esperienza passata. Si avvale delle conoscenze conservate in
memoria semantica e di elementi dedotti dalla memoria episodica, trae giovamento dall'esperienza acquisita e
necessita di una memoria di lavoro efficiente.

Memoria semantica → “conoscenze generali sul mondo” Tulving 1972


Comprende le conoscenze relative a fatti, persone, concetti, significati delle parole, regole e simboli.
Rappresentazione e organizzazione delle conoscenze.
È paragonabile a un'enciclopedia mentale.
È svincolata dai riferimenti spazio-temporali (non ci ricordiamo le circostanze in cui abbiamo appreso il materiale).
È culturalmente condivisa e comprende anche le conoscenze non verbali, come ad esempio l’aspetto di un oggetto.
Può essere selettivamente danneggiata
Viene testata tramite compiti di fluenza verbale e compiti di descrizione di oggetti.
Si ipotizza che queste conoscenze siano classificate per categorie in quanto esistono soggetti che non sono in
grado di recuperare memorie solo per date categorie.
Inoltre, è plausibile che le categorie sono organizzate per livelli con le quali in nostro cervello crea una gerarchia:
livello sovraordinata, livello base, livello subordinato.

Memoria procedurale → È la memoria relativa a procedure, schemi di azione, sequenze comportamentali.


Evidenze sull'esistenza di questo tipo di memoria è il fatto che pazienti che hanno amnesie perdono la memoria
dichiarativa ma non quella non dichiarativa.
Ci da informazioni su come si fanno certe attività: abilità motorie (es. andare in bicicletta…), abilità complesse (es.
suonare il violino), sequenze comportamentali quotidiane e ripetitive, complesse sequenze comportamentali.
Per Shank e Abelson (1977) è come se avessimo degli “ scripts” (copioni) su come ci si comporta (es. cenare al
ristorante).
Le procedure sono state apprese in passato in modo esplicito ma poi vengono utilizzate in modo automatico ed
implicito.

Per studiare la memoria:


- fase di studio → il soggetto studia (codifica intenzionale) o deve fare un compito (codifica incidentale) su l
materiale presentato;
- fase di test → il soggetto viene sottoposto al compito di memoria sul materiale precedentemente presentato. Può
essere di vario tipo:
+ compito di richiamo libero (free recall). Dire quali erano gli items presentati in lista
+ compito di richiamo guidato ( cued-recall). Vengono forniti al soggetto indizi e suggerimenti
+ compito di riconoscimento (recognition). Hai già visto questo oggetto (old/new)

Per studiare la memoria implicita si chiede di contare quante “e” vi sono in ciascuna delle parole di una lista
(apprendimento incidentale). Successivamente il soggetto è esaminato in un test di completamento di parole (cued-
recall).

Quando si forma una nuova traccia mnestica il primo passo essenziale è la codifica, processo con cui un
informazione viene acquisita, consolidata e immagazzinata in memoria. La codifica può essere intenzionale o
incidentale (in modo involontario) ed è influenzata dall'attenzione e dal livello di elaborazione.
Una volta codificato il materiale è importante la fase di ritenzione, momento in cui alcune informazioni verranno
codificate ed altre perse.
Il recupero permette di accedere alle tracce di memoria, ma a volte può fallire.
Il fenomeno del “sulla punta della lingua” consiste in un'informazione temporaneamente inaccessibile.

Priming → consiste nell'effetto di facilitazione e pre-attivazione che esperienze precedenti hanno su esperienze
successive. Questo effetto non deriva da una memoria esplicita dell'esperienza precedente, ma è una forma di
memoria implicita.

Deja vu → è un tipo di memoria implicita. Consiste nella sensazione di aver già vissuto un evento che si realizza
invece per la prima volta.

Perché dimentichiamo
Le ipotesi avanzate per spiegare l'oblio e le dimenticanze sono numerose. Innanzitutto bisogna distinguere fra
dimenticare ciò che è stato realmente appreso e ciò che crediamo di aver appreso: solo nel primo caso si parla di
dimenticanza, mentre nel secondo si tratta di mancato apprendimento.
Sulle cause della perdita di informazione nella memoria a lungo termine si avanzano le seguenti ipotesi:
1) il mancato utilizzo di certi contenuti della memoria (teoria del disuso, decadimento della traccia);
2) l'impiego di strategie di recupero non congruenti con quelle con le quali è stata effettuata la codifica;
3) la presenza di grandi quantità di informazioni in memoria (teoria dell'interferenza);
4) le condizioni emotive in cui è avvenuto l'apprendimento e/o avviene il recupero (blocco emotivo, rimozione).
I circuiti della memoria
Le strutture del lobo temporale mediale sono fondamentali per la memoria. Per esempio l'ippocampo è implicato
nell'integrazione dei vari ricordi, immagazzinati in diverse regioni della corteccia.
Memoria semantica → ruolo dominante del lobo temporale
Memoria autobiografica → ruolo dominante della corteccia frontale
Memoria procedurale → ruolo dominante dei gangli della base, del cervelletto e delle aree motorie
Anche le aree prefrontali hanno una notevole importanza nella codifica e nel recupero della traccia mnemonica.
L'attivazione neurale (fMRI) durante la codifica predice la bontà del recupero in due regioni: ippocampo e aree
prefrontali ventrolaterali.
La memoria episodica è immagazzinata nelle aree che hanno elaborato gli stimoli inizialmente (es. le memorie visive
di un oggetto stanno nella corteccia infero-temporale; la memoria di un volto nell'area specializzata del giro
fusiforme del lobo temporale), quindi avviene in diverse regioni.
La continua interazione dell'ippocampo con l'amigdala evidenzia il ruolo fondamentale delle emozioni nella memoria.
Infatti, l'amigdala è importante per le associazioni stimolo-paura, in relazione al contesto e stimolo-premio.

HM (Henry Gustav Molaison)


Per il trattamento di una gravissima forma di epilessia non sensibile ai farmaci, nel 1953, HM viene operato di
ablazione bilaterale della parte mediale dei lobi temporali e l'ippocampo.
Dopo l'operazione presenta un'amnesia anterograda completa e retrograda parziale. Tuttavia riesce a risolvere
problemi, riconoscere oggetti, ha abilità linguistiche normali e anche la memoria di lavoro è intatta purché non
venga interrotto.
Quindi la memoria procedurale è mantenuta. È possibile non solo l'apprendimento visuo-motorio e cognitivo, ma
anche la sua memorizzazione a lungo termine.
Questo caso ha permesso di distinguere la memoria a breve termine da quella a lungo termine e quella dichiarativa
da quella non dichiarativa.
Amnesia anterograda → incapacità di trasferire nuove informazioni della memoria a breve termine alla memoria a
lungo termine
amnesia retrograda → incapacità di recuperare le informazioni acquisite prima di una data particolare (lesione,
operazione chirurgica, trauma)

Le false memorie
La traccia di memoria nella fase di riconsolidamento va incontro a delle possibili modifiche.
I processi di codifica e recupero possono introdurre un grado di distorsione nei ricordi creando dei falsi ricordi.
A livello cerebrale si nota che si attiva l'ippocampo sia per stimoli già visti e che per stimoli associati a falsi
ricordi. Il giro ippocampale, invece, discrimina tra veri e falsi ricordi.
I falsi ricordi sono argomento di studio di varie discipline: psicologia giuridica, psicologia della personalità,
psicologia clinica, psicologia cognitiva.
Parte della memoria consiste nel sapere da dove provengono i nostri ricordi.
Memoria della fonte → ricordo di quando, dove e come certe informazioni sono state acquisite.
Spesso si hanno degli errori di distribuzione, cioè si attribuisce un ricordo alla fonte sbagliata.
I lobi frontali hanno un ruolo chiave nei processi di recupero intenzionale.
Esistono molte evidenze scientifiche di ricordi alterati.
Spesso la memoria semantica influisce sul contenuto della memoria episodica.
La memoria non è paragonabile ad un filmato o serie di immagini che riproducono fedelmente la verità.
L'informazione codificata non sarà mai la copia esatta, ma è il risultato di processi ricostruttivi.
Elisabeth Loftus ha studiato molto i falsi ricordi. Un metodo utilizzato era di far vedere un video di un'auto
coinvolta in un incidente dopo essersi fermata allo stop. La domanda posta dallo sperimentatore era diversa per
due gruppi: cosa è successo all'auto dopo che si è fermata allo stop? Cosa è successo all'auto dopo il segnale di
precedenza? Questo mostrò come era possibili creare falsi ricordi anche solo tramite le domande fatte.

La formazione dei ricordi dipende da cambiamenti nelle sinapsi. Le memorie si formano quando i neuroni di un
circuito aumentano reciprocamente la sensibilità delle loro sinapsi (rinforzo temporaneo o permanente).
Il potenziamento a lungo termine consiste nell'aumento della forza della trasmissione neurale che deriva dal
rafforzamento delle connessioni sinaptiche.
Il recettore NMDA influenza il flusso di informazioni che passa da un neurone all'altro attraverso la sinapsi
controllando l'avvio del LTP nella maggior parte delle vie neurali dell'ippocampo.
Il fattore di trascrizione CREB converte la memoria a breve termine in memoria a lungo termine.
COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO
Il linguaggio è un sistema che ci permette di comunicare con altri individui usando segnali che trasmettono un
significato e che sono combinati secondo regole di grammatica.
La comunicazione è:
• un'attività sociale: per definizione, si ha comunicazione soltanto all'interno dei gruppi, poiché il gruppo
rappresenta una condizione necessaria per l'elaborazione e per la conservazione di qualsiasi sistema di
comunicazione;
• un'attività cognitiva: su fonda su processi più o meno lunghi e complessi di negoziazione e di
patteggiamento fra i soggetti comunicanti. Ha una matrice culturale e possiede una natura convenzionale
perché rappresenta un esito degli accordi e delle convenzioni culturalmente stabilite all'interno di una
determinata comunità.

Comunicazione non verbale


Quando si parla di comunicazione non verbale ci si riferisce ai gesti, alla postura e alle espressioni del viso che ci
permettono di interagire con gli altri senza l'uso del linguaggio.
Il nostro cervello ha delle aree specializzate per l'elaborazione della comunicazione non verbale: la FFA per la
percezione dei volti, la EBA (extrastriate body area) per l'elaborazione delle parti del corpo e la configurazione
globale, il solco temporale superiore per l'elaborazione del movimento biologico e la rilevazione delle espressioni
facciali.
A differenza delle parole, il linguaggio involontario del corpo comunica la verità, per mezzo di segnali che ci danno
informazioni sulla personalità di chi ci sta di fronte.
I gesti sono considerati come una finestra sul pensiero: infatti, il corpo sottolinea, ridimensiona, o addirittura
contraddice ciò che una persona sta dicendo.
Gesti come i movimenti coverbali comunicano informazioni che sono difficili da esprimere solo con le parole.
Le lingue presentano molte differenze nell'uso dei gesti.
Le informazioni che ricaviamo quando parliamo con una persona sono per:
- Il 7% verbale, cioè ricavato dalle parole;
- Il 38% vocale, elementi del parlato quali inflessioni dei toni, timbro e ritmo;
- Il 55% non verbale, tutto ciò che deduciamo dal linguaggio visivo del corpo( gesti, posture e mimiche facciali).
Quindi il 93% del nostro messaggio viene trasmesso dal nostro corpo e non dalle nostre parole.
Pazienti afasici, incapaci di parlare o di capire, perdono a volte la capacità di gesticolare e comprendere i gesti
altrui.
Secondo i neurobiologi negli essere umani la gestualità potrebbe aver preceduto lo sviluppo del linguaggio.
Gesti indicatori → si indica qualcosa di concreto (qui, questo...)
Gesti iconici → indicano un'immagine, avvenimento, concetto
Gesti metaforici → indicano concetti astratti
Quando si parla di linguaggi non verbale si fa riferimento alla Prossemica, in quanto anche lo spazio fisico tra le
persone può avere valore comunicativo:
- Distanza intima → 0-45 cm
- Distanza personale → 45-120 cm, per l'interazione tra amici
- Distanza sociale → 1,2-3,5 m, per la comunicazione tra conoscenti o il rapporto insegnante-allievo
- Distanza pubblica → oltre i 3,5 m, per le pubbliche relazioni
E' stato riscontrato che il linguaggio corporeo è universale, ogni cultura adotta la stessa mimica facciale per
comunicare; da ciò si pensa che siano gesti geneticamente prestabiliti.
L'origine evolutiva risale al nostro passato animale. Per esempio scoprire i denti e dilatare le narici sono gesti
universali per avvertire che siamo pronti ad attaccare o a difenderci; la dilatazione delle narici ci porta ad
iperossigenare prima dello stacco.
Un altro esempio è il gesto delle “spallucce” normalmente tradotto con “non si sa quello che l'interlocutore sta
domandando”. Questo gesto può essere diviso in tre componenti: l'alzata di spalle (per proteggere la gola da
eventuali attacchi), i palmi aperti (per mostrare che non si hanno armi in mano), la fronte corrugata (gesto
universale di sottomissione).
Anche il contatto oculare e la dilatazione delle pupille sono importantissimi nella comunicazione non verbale (la
pupilla dilatata dimostra interesse).
Paul Ekman studiò le espressioni facciali catalogando oltre 10mila possibili movimenti dei muscoli facciali che
rivelano i sentimenti di una persona, e creò una sorta di glossario della mimica facciale.
I micromovimenti sono fugaci cambiamenti involontari dell'espressione e, quindi, servono ad intuire quello che una
persona sta pensando.
Notò che alcune espressioni del volto, unite alle emozioni corrispondenti, non hanno un'origine culturale, bensì
biologica, riprendendo la teoria di Darwin, e classificò 6 emozioni fondamentali e universali: felicità, rabbia,
tristezza, paura, sorpresa e disgusto/disprezzo.

Linguaggio verbale
Ciò che differenzia l'essere umano dagli altri essere viventi sono il linguaggio e la razionalità.
Il legame linguaggio-pensiero è una tematica molto studiata:
– Chomsky → il linguaggio e il pensiero sono funzioni separate;
– Vygotskij → il pensiero presuppone il linguaggio e la lingua influenza il modo di pensare.
Il linguaggio è una capacità mentale propria della specie umana che permette di acquisire e utilizzare la lingua o le
lingue a cui si è esposti.
Ci sono due distinte capacità in cui il linguaggio si esplica: comprendere e produrre messaggi linguistici.
La capacità di parlare è biologicamente determinata.
Il linguaggio è relativo all’uso della lingua nella forma verbale.
La capacità di usare la lingua nella forma scritta (lettura e scrittura) non è né innata né universale.
Il linguaggio permette almeno due funzioni principali, essenziali per la sopravvivenza: quella comunicativa e quella
simbolica e di astrazione. Quest’ultima rimanda alla questione del rapporto fra pensiero e linguaggio rispetto alla
quale sono state operate varie formulazioni (Piaget, Vygotskij).
- Piaget → pensiero autistico seguito dal linguaggio socializzato. Il linguaggio egocentrico comprende ecolalie,
monologhi e monologhi a due o collettivo;
- Vygotskij → linguaggio esterno e sociale diventa successivamente linguaggio interno che permette di pensare.
Vygotskij, appartenente alla scuola storico-culturale, ha scritto “pensiero e linguaggio” (1935), i cui temi principali
sono:
– relazione tra pensiero e linguaggio → due funzioni indipendenti che ad un certo punto dello sviluppo si
integrano e danno origine al pensiero verbale;
– relazione tra linguaggio esterno e intero → il primo linguaggio del bambino è sociale (funzione
comunicativa). Il linguaggio egocentrico rappresenta la forma transitoria verso il linguaggio interiore;
– relazione tra senso e significato → il significato di una parola è ciò che è condiviso dalla maggior parte dei
parlanti (la definizione riportata nel vocabolario), mentre il senso è il significato per il singolo individuo.
Nel linguaggio interno il senso domina sul significato.

Chi si occupa di linguaggio


Le neuroscienze e la neuropsicologia si occupano delle basi neurali del linguaggio e della patologia legata al
linguaggio (afasia).
La psicologia comparata si occupa delle origini del linguaggio (aspetto filogenetico) comparando il linguaggio umano
con quello degli animali (scimmie).
La linguistica si occupa dello studio della lingua come sistema di regole, a prescindere da chi le usa e dal modo in cui
viene usata. Ogni lingua è un sistema che governa un lessico secondo una grammatica.
La psicolinguista è una disciplina che studia i fattori psicologici e neurobiologici che stanno alla base
dell'acquisizione, della comprensione e dell'utilizzo del linguaggio negli esseri umani

Matrice bio-psicologica del linguaggio


Esiste un vero e proprio bio-programma che serve per l'attivazione del linguaggio.
Evidenze:
- L'evoluzione di regioni corticali nell'uomo deputate al linguaggio ad alle funzioni socio-comunicative.
- Lateralizzazione della corteccia cerebrale per cui l'emisfero sinistro è specializzato per il linguaggio nei
destrimani (97%) e nei mancini (51%).
- Lesioni ai centri del linguaggio comportano afasie (di Broca, di Wernicke, di conduzione, globale).
- Esistenza di un periodo critico per l'apprendimento di lingue: Isabelle segregata fino ai 6 anni mostrò un
linguaggio quasi normale; Genie segregata per oltre 13 anni presentò un linguaggio molto ridotto.
I primi 6 anni costituiscono il periodo critico: dopo i 12 anni è difficile apprendere una lingua con la stessa fluidità
dei madre‐lingua. Circuiti neurali diversi per la “seconda lingua”.
L'ipotesi del bioprogramma per il linguaggio è sostenuta da Bickerton con l'argomento che i bambini allevati in un
“pidgin” lo trasformano in un “creolo”. Le lingue pidgin sono delle forme espressive che si generano quando gruppi
linguistici differenti entrano in contatto per dare corso a delle transizioni economiche. Pertanto, il pidgin è una
varietà linguistica caratterizzata da: 1) composizione mista tra lessico della lingua dell'altro e schemi grammaticali
della propria, con estrema povertà sintattica; 2) assenza di una comunità che la parli come propria lingua madre.
Chi parla il pidgin è dunque nativo in un'altra lingua. Quando vengono meno queste due caratteristiche, il pidgin
diventa un creolo, cioè una varietà linguistica ibrida, riconosciuta da una comunità come ambiente primario della
propria socializzazione e identificabile per specifiche regolarità grammaticali.

Due importanti autori che si sono confrontati nella tematica del linguaggio sono:
– Skinner nel libro “Verbal Behavior” sostiene che il linguaggio è appreso secondo le leggi del
condizionamento operante (rinforzo positivo alle frasi grammaticalmente corrette). Quindi il linguaggio
non è innato;
– Chomsky, uno psicolinguista, critica Skinner poiché secondo lui è riduttivo pensare che la competenza
linguistica derivi da imitazione e condizionamento (critica al comportamentismo).
Nel libro “Syntactic Structures” sostiene che abbiamo una struttura innata per l'acquisizione della lingua,
il LAD (language acquisition device) che contiene i principi della grammatica universale, ovvero i principi
generali proprio di ciascuna lingua naturale (insieme di regole, una grammatica, che i parlanti usano per
generare le frasi della loro lingua). Il suo approccio è di tipo cognitivista.
La competenza linguistica si fonda sul possesso di una conoscenza implicita e innata delle regole della
grammatica universale che esclude come umanamente impossibile certe grammatiche, proprio come in
ambito fonologico sono escluse, poiché impossibili, determinate combinazioni di suoni. Questa tesi è
sostenuta anche dal fenomeno dell'ipercorrettismo (sovrageneralizzazione della regola).
Distingue tra:
- struttura profonda → significato di una frase
- struttura superficiale → fa riferimento al modo in cui una frase è espressa in parole
Tuttavia, viene criticato in quanto è sottovalutato il ruolo dell'ambiente (gli adulti si rivolgono al bambino
dando degli input linguistici specifici, come sostiene Bruner) e non sono chiare le basi del LAD.

Processi alla base del linguaggio


In generale, quando si parla di linguaggio si fa la distinzione tra parlato e scritto.
In entrambi i casi la prima cosa che avviene è l'analisi delle caratteristiche fisiche per poi effettuare una
selezione lessicale dopo la quale si ha l'attivazione semantica che permette di capire e accedere al significato.
Questo processo si ha quando si ascolta o si legge, mentre se si parla il procedimento è l'inverso.

Le strutture della lingua


Ogni lingua è un sistema che governa un lessico (un numero indefinito di parole) secondo una grammatica (un
numero imprecisato di regole). La teoria di Chomsky ha rivitalizzato la ricerca psicolinguistica e l’ha sottratta ai
limiti troppo angusti della concezione comportamentistica. La distinzione tra “competenza” ed “esecuzione” è
fondamentale. Il piano della competenza descrive il grado di padronanza tacita (o implicita) che se hanno i parlanti:
la serie di regole che è necessario avere interiorizzato (anche senza essere consapevoli) per poter usare quella
lingua. Il piano dell’esecuzione descrive le operazioni concrete messe in atto nel servirsi di quella lingua.
Conoscere una lingua vuol dire anzitutto saper identificare quali suoni sono potenzialmente significativi per essa.
Sono i fenomeni: suoni che di per se non hanno significato ma operano da tratti sonori minimi in grado di
differenziare i significati. L’alfabeto è un tentativo di riprodurre tali suoni fondamentali in segni grafici
(“grafemi”). I fonemi sono i componenti elementari della lingua. Mettendo insieme i fonemi si passa a un livello
superiore di organizzazione linguistica: i morfemi. Essi sono composti fonetici dotati di un significato minimo.
L’unità lessicale minima è la “parola”, che si configura come una sequenza di fonemi accettabile e dotata di
significato in una determinata lingua. Essa può essere composta da più morfemi.

La competenza sintattica
La sintassi descrive il tipo di regole che mettono in grado il parlante-ascoltatore di distinguere le frasi accettabili
(quelle ben formate) da quelle inaccettabili: Chomsky ipotizza che la competenza sintattica abiliti i parlanti a
muoversi dalla struttura superficiale a quella profonda (e viceversa).
La mente umana è equipaggiata con un “analizzatore sintattico”, che induce a seguire due tipi di regole:
1) regole della “struttura sintagmatica”, in base alle quali noi sappiamo come passare dal livello più astratto,
rappresentato dal simbolo F (frase), al livello più concreto, che prevede l’inserimento lessicale;
2) regole “trasformazionali”, che specificano il tipo di organizzazione da assegnare passando dalla struttura
profonda alla struttura superficiale. Viene considerata psicologicamente primitiva, al livello della struttura
profonda, la forma attiva. Al livello della struttura superficiale possono manifestarsi la forma attiva o la forma
negativa e interrogativa.
Il significato
Conoscere il lessico di una lingua vuol dire averne memorizzato le regole semantiche, cioè sapere in quali condizioni
le parole realizzano il loro potenziale di significato e, quindi si possono usare. La questione del significato è un vero
e proprio ginepraio, per cui è indispensabile procedere anzitutto a colpi di distinzione.
La prima differenza è interna alla logica del segno e consiste nel non appiattire il “significato” delle parole sulla
loro possibilità di “riferimento”.
Inoltre, le parole hanno un doppio profilo di significato, poiché hanno una “denotazione” (cioè il nocciolo concettuale
di ciò che viene comunemente inteso con esse) e una “connotazione” (cioè una serie di valenza aggiuntive che
evocano le varie sfumature emotive, sociali e personali legate al loro uso effettivo).
La questione del significato può essere affrontata anche dal punto di vista delle relazioni tra le unità lessicali:
sinonimia (simili nel significato), antonimia (significati opposti), iponimia e iperonimia (il significato di una parola è
incluso in quello dell’altra), omonimia-omofonia (se due parole si scrivono o si pronunciano allo stesso modo ma hanno
due significati diversi).
Le parole a valenza “presupposizionale” è come se avessero un significato a doppio fondo. In un certo senso, tutte
le parole presuppongono l’esistenza di ciò che si occupano. Nel dire «il vestito di Carla è un inno della creatività», si
sta presupponendo che Carla abbia almeno un vestito. Queste parole, quindi incorporano nel significato lessicale il
meccanismo basilare dell'organizzazione del discorso, formulabile come una continua negoziazione tra il “noto”, o
“dato”, e il “nuovo”. Quando una persona parla, organizza ciò che dice (informazione nuova) assumendo che l’altro
abbia già qualche conoscenza su quell’argomento (informazione data). Ogni enunciato si giustifica sull’assunto che
sia in vigore un tale tacito accordo, per cui si dà per acquisito un certo quadro cognitivo.
Inoltre, si è concordi nel ritenere che il principio costruttivo del segno linguistico è l’arbitrarietà. Infatti, i suoni
delle parole (significanti) si collegano a certi concetti (significati) soltanto per convenzioni accettate per lo più in
maniera inconsapevole. Tuttavia, dovendo essere percepiti, i significanti linguistici (fonemi e grafemi) possono
conservare un loro potere marginale di evocazione del significato, come sembra avvenire in quelle parole che
definiamo “onomatopeiche”. E’ stato provato che le parole delineano un profilo sonoro che può essere assimilato a
dei contorni figurativi, anche quando non possiamo far valere la traccia di alcun significato per esse.
Pertanto, i fenomeni possono caricarsi di valore simbolico (come accade nella nota tecnica della “allitterazione” ),
perché i parlanti sfruttano la risorsa percettiva globale della “sinestesia”, cioè la capacità di cogliere somiglianze e
parallelismi da diverse fonti sensoriali (in questo caso uditiva e visiva).
A rendere ulteriormente complicata la questione del significato è anche la relazione, non sempre trasparente, tra
le parole selezionate (significato dell’enunciato) e l’intenzione con cui possono essere pronunciate dal parlante
(significato dell’enunciatore).

Linguaggio nei primati


Una grande tematica del linguaggio è di capire se le scimmie, avendo un cervello simile al nostro, sono in grado di
parlare.
Beatrice e Allen Gardner hanno insegnato la lingua dei segni americana allo scimpanzé Washoe tramite il
condizionamento operante e l'imitazione. Divenne in grado di formare sequenze e di usare frasi di 6 parole
utilizzando 240 segni.
Premarck insegnò a un'altra scimmia, Sarah, ad utilizzare 130 parole costituite da figure di plastica disposte su
una lavagna. Riusciva a rispondere a domande, categorizzare in base a uguale-diverso, alla forma, al colore e alla
dimensione.
La scimmia Kanzi imparò ad utilizzare il lessigramma (simbolo-parola) ed acquistò una grammatica simile a quella di
un bambino di 2 anni.
Linguaggio dei primati:
- capacità di rappresentazione
- utilizzo a fini comunicativi
- possono acquistare parole ma non la sintassi
- divario enorme con gli umani nei tempi e nella velocità di acquisizione
- linguaggio molto rigido

Aree del linguaggio


L'area di Wernicke si trova nel lobo temporale sinistro ed è importante per la comprensione del linguaggio, per gli
aspetti sintattico-grammaticali, le rappresentazione dei significati e l'integrazione significato e grammatica.
Lesioni a quest'area comportano incapacità di comprensione e, a volte, uso di parole a caso.
L'area di Broca si trova nel lobo frontale sinistro ed è implicata nella produzione dei suoni.
L'emisfero destro è importante per la prosodia, cioè intonazione, ritmo, durata e accento.
Quindi per parlare e comprendere correttamente è necessaria una cooperazione dei due emisferi.
INTELLIGENZA
Secondo Boncinelli l'intelligenza è la capacità di vedere connessioni e legami significativi tra cose diverse anche
molto distanti tra loro. È la capacità di cogliere l'essenza di una situazione reale o immaginaria e vederne tutte le
implicazioni.
Nella concezione comune l'intelligenza è la capacità logico-matematiche misurate nei test, la capacità di pensiero
astratto, capacità di risolvere i problemi, la capacità verbale, la competenza sociale, l'intelligenza pratica...
Quindi non c'è una definizione unitaria di intelligenza, ma è un concetto e come tale acquista significato solo in
base alla teoria a cui si fa riferimento.
In generale, l'intelligenza è ciò che ci differenzia gli uni dagli altri, che si misura attraverso i test e che coincide
con i processi cognitivi.

Misurazione dell'intelligenza
- Per Galton (1822-1911) l'intelligenza è una proprietà ereditabile del sistema nervoso e la sua misurazione è
sistematica e attuabile tramite prove di abilità psicofisiche (TR, soglie differenziali).
- Alfred Binet (1857-1911) mise a punto il primo test di intelligenza, denominato Binet-Simon (1905), da cui
derivano quelli odierni. Il test conteneva prove di ragionamento verbale, abilità aritmetiche e abilità visuo-spaziali.
Considerava l'intelligenza come costellazione di capacità mentali di ordine superiore con un ruolo fondamentale
dell'ambiente. Il test fu ideato rilevando quali erano i problemi, di varia natura, che tutti i bambini di una stessa
fascia di età erano in grado di risolvere e questo portò alla formulazione del concetto di Età Mentale, cioè il livello
di intelligenza raggiunto da bambini normali ad una data età cronologica.
- Stern (1871-1938), volendo misurare l'intelligenza per poter confrontare soggetti con diversa età cronologica,
introduce il concetto di QI=EM/ECx100.
- Terman revisiona il test di Binet denominandolo Stanford-Binet facendo si che la standardizzazione determina
quali prove corrispondono a quali età mentali.
- Wechsler mise a punto una prova che distingue un'intelligenza verbale da un'intelligenza di performance
denominata “scala di intelligenza Wechsler” (WISC) nella quale il punteggio globale è dato dalla somma delle due
componenti. Il test Wechsler ha varie forme a seconda della fascia di età: scala WPPS (4-6 anni), scala WISC (5-
15 anni), scala WAIS (adulti).
I limiti della misurazione dell'intelligenza sono che il QI è fortemente correlato con i voti scolastici, i test
valutano campi di intelligenza importanti in una società industriale alfabetizzata, e la maggior parte dei test
affronta solo parzialmente la memoria e la soluzione di problemi ecologici
Tutti i test venivano utilizzati soprattutto per sostenere l'inferiorità mentale di alcuni gruppi etnici rispetto agli
anglosassoni e contribuirono a far promulgare nel 1924 una legge sull'immigrazione che imponeva rigide restrizioni
alle quote di immigranti provenienti dall'Europa.
Cattell, quindi, propose che i test dovessero essere “culture free” o meglio “culture fair”, ossia equi rispetto alla
cultura, a contenuto non verbale e senza riferimenti a conoscenze precedentemente apprese.

Struttura dell'intelligenza: globale o differenziata?


- Spearman (1863-1945) inventò il metodo statistico dell'analisi fattoriale che serve a scomporre tanti tipi di
variabili per andare a vedere nell'ambito delle correlazioni qual'è il fattore dominante. Notò che coloro che
riportavano punteggi alti(bassi) in un insieme di prove tendevano ad avere punteggi alti(bassi) anche in altri insiemi
di prove (correlazione positiva). La correlazione è un indicatore statico che mostra il grado di associazione tra due
variabili quantitative. Arriva a individuare:
– fattore g → intelligenza generale → abilità presente in tutti i compiti intellettivi accanto a fattori
specifici. Quanto maggiore è il valore di g tanto meglio l'individuo dovrebbe riuscire in u test di
intelligenza. È la capacità cognitiva globale, “energia mentale” che interviene in tutte le prestazioni
cognitive;
– Fattori s → abilità specifiche → capacità coinvolte in compiti specifici. Hanno portata limitata e
condizionata dall'esperienza.
- Thurstone individua 5 attitudini intellettive primarie: ragionamento astratto, ragionamento spaziale, abilità
numerica, fluidità di pensiero, comprensione verbale.
- Gardner (1983) e la teoria delle intelligenze multiple: linguistica, logico-matematica, spaziale, musicale, somato-
cinestesica, interpersonale, intrapersonale, esistenziale, naturalistica.
- Guilford (1967) fa una distinzione tra:
– pensiero convergente → viene attivato nelle situazioni che permettono un'unica risposta pertinente;
– pensiero divergente (o creativo) → è attivato nelle situazioni che permettono più vie di uscita. Esso si
caratterizza per i seguenti aspetti: fluidità, flessibilità, originalità, elaborazione, valutazione.
Secondo lui le varie capacità mentali sono ordinate secondo tre assi:
– operazioni → attività di base che la mente compie con le informazioni che riceve dai sistemi percettivo-
sensoriali, sono: cognizione, memoria, produzione divergente, produzione convergente, valutazione;
– contenuti → fanno riferimento alla natura delle informazioni elaborate e sono: figurativi, simbolici,
semantici, comportamentali.
– Prodotti → forma assunta dell'informazione quando viene elaborata. Essi sono: unità, classi, relazioni,
sistemi, trasformazioni, implicazioni.
La mente può quindi essere rappresentata tridimensionalmente come un parallelepipedo i cui lati corrispondono ai
tre assi e si possono distinguere 150 abilità mentali che sono date dalla combinazione di questi tre fattori.
- Sternberg (1985) nella teoria triarchica dell'intelligenza differenzia tre tipi di intelligenza:
– intelligenza contestuale → capacità di adattarsi al proprio ambiente;
– intelligenza empirica → capacità di far fronte a nuovi compiti automatizzandone l'esecuzione;
– intelligenza componenziale → le componenti mentali sono organizzate su 3 livelli: meta componenti
(pianificazione e controllo), di prestazione (operazioni di confronto e inferenza), di acquisizione di
conoscenze (identificazione, codifica, confronto e combinazione di nuove informazioni).
- Cattell (1971) distingue tra:
– intelligenza cristallizzata → effetto dell'apprendimento, insieme delle conoscenze acquisite dall'individuo,
capacità di comprendere i messaggi comunicati, di giudizio e di ragionamento;
– intelligenza fluida → abilità che non sono trasmesse dalla cultura, capacità di base indipendenti
dall'esperienza

Intelligenza emotiva (EQ)


Già Thorndike (1930) parlava di intelligenza sociale come capacità di percepire gli stati mentali e le motivazioni
altrui e di agire di conseguenza.
L'intelligenza emotiva è la capacità di tenere sotto controllo i sentimenti propri e altrui e di usare queste
informazioni per guidare il proprio pensiero.
Quindi emozione e ragionamento sono intrinsecamente inseparabili.
Alice Isen evidenziò che il buon umore aiuta le persone a generare soluzioni più creative ai problemi.
Quando si induce uno stato d'animo positivo a una persona ciò porta una migliore prestazione in vari compiti
cognitivi.
PENSIERO E RAGIONAMENTO
Il pensiero è un'attività mentale in grado di elaborare e di sviluppare le relazioni fra le informazioni codificate in
precedenza nella memoria.
Quando si pensa si cerca di elaborare e sviluppare delle relazioni tra le varie informazioni che abbiamo a
disposizione.
Nel pensiero si fanno anche delle inferenze. Secondo la distinzione filosofica classica le inferenze possono essere
distinte in: deduzione (quando si passa dal generale al particolare) e induzione (quando si passa dal particolare al
generale).
I tipi di ragionamento sono: deduttivo, induttivo/formazione di concetti, analogico (per analogie), problem solving,
presa di decisione.

Cenni storici
La scuola di Wurzburg concepisce il pensiero come processo dinamico e attivo e da importanza alle strategie nella
risoluzione dei problemi (introspezione applicata ai contenuti complessi della mente).
La psicologia della Gestalt parla di pensiero produttivo (Wertheimer) e di insight (Koheler).
I cognitivisti Newell e Simon studiarono in maniera simulata i processi alla base del problem solving. Kahneman e
Tversky studiarono come la mente umana prende delle decisione e introdussero il concetto di euristiche.

Pensiero analogico
Di fronte a una situazione nuova, l'operazione mentale più economica consiste nel cercare nell'esperienza passata
degli elementi che possano essere trasferiti al caso presente. Il ragionamento per analogia si basa sull'applicazione
di conoscenze relative a una situazione nota a una non nota, attraverso un processo che permette di individuare una
serie di corrispondenze tra la prima e la seconda

Problem solving
Newell e Simon (1972) definiscono uno spazio del problema composto da stato iniziale e stato finale.
Attraverso degli operatori (azioni) lo stato iniziale viene elaborato e trasformato nello stato finale.
Si distinguono due importanti strategie utilizzate:
– metodi algoritmici → esplorano tutte le possibili soluzioni in modo sistematico. Garantiscono una soluzione
al problema;
– metodi euristici → non sono esplorate tutte le possibili soluzioni ma solo quelle che sembrano più
promettenti (sub-goaling). Non garantiscono che si arrivi a una soluzione.
La mente umana utilizza strategie euristiche in quanto più rapide.
Un esempio di studio di problem solving è la torre di Hanoi (o di Londra).

Pensiero creativo o divergente


Guildford (1967) introduce le caratteristiche del pensiero creativo, tra cui:
– fluidità → capacità di produrre tante idee senza riferimento alla loro adeguatezza;
– flessibilità → passare da un'idea a un'altra o da una categorie all'altra;
– originalità → capacità di trovare idee insolite;
– elaborazione → capacità di percorrere fino in fondo la linea di pensiero intrapresa;
– valutazione → selezionare l'idea più adatta allo scopo.

Pensiero produttivo e fissità


Fa riferimento a quel processo alla base dell'insight ( illuminazione, intuizione).
La situazione si presenta improvvisamente in una nuova luce e diviene evidente qualche suo nuovo aspetto prima non
considerato.
È la capacità di cogliere la struttura della situazione, come se vedessimo una nuova proprietà degli elementi del
problema.
Capacità di cogliere una nuova prospettiva attuando una ristrutturazione del problema
Ristrutturazione dei vari elementi che rappresentano la situazione.
Duncker prestò attenzione a ciò che accade nell'arco di tempo tra la presentazione del problema e il momento in
cui il soggetto giunge alla soluzione. Studiò il fenomeno della fissità funzionale, ovvero la difficoltà a vedere un
oggetto con funzione diversa da quella normalmente svolta; la fissità è un ostacolo alla ristrutturazione.
Diverso è il pensiero riproduttivo in quanto si limita alla registrazione, talvolta automatica, degli aspetti
superficiali, senza una reale comprensione della struttura.
La meccanizzazione del pensiero consiste nella tendenza a ripetere la medesima strategia già attuata con successo
nel passato, anche se la situazione attuale permette l'applicazione di una strategia diversa e maggiormente
economica.
L'atteggiamento latente si ha quando una persona con un proprio caratteristico modo di rispondere a una certa
categorie di problemi è portata a rispondere a un diverso genere di problemi secondo la medesima modalità, anche
se questa ora non è più pertinente.
La direzione designa il persistere in una strategia improduttiva.

Ragionamento probabilistico, giudizio e presa di decisione


Lo scopo del giudizio e della presa di decisioni è la valutazione delle opzioni e la selezione tra le diverse possibilità
quando ci si trova di fronte a delle scelte.
Per molto tempo è stato pensato che quando prendiamo delle decisioni è quello di vagliare in maniera razionale
tutte le possibili soluzioni.
Tra i primi modelli di decision marketing troviamo quello dell'uomo economico, che ipotizza un uomo ideale che
approfondisce le informazioni relative alle opzioni e agli esiti ed opera la scelta con strumenti pienamente razionali.
Gli economisti sostengono che, se siamo razionali, ci comporteremo come è previsto dalla teoria della scelta
razionale stabilendo il grado di probabilità con cui qualcosa può accadere.
Di fatto ci troviamo a dover prendere decisioni compiendo previsioni probabilistiche relative al verificarsi di certi
eventi. Tuttavia, la nostra mente utilizza una razionalità limitata poiché non implica i processi dell'inferenza
probabilistica nella stima degli eventi e delle probabilità, bensì utilizza delle scorciatoie cognitive (strategie di
pensiero dette euristiche) che comportano errori di stima delle probabilità .
Il vantaggio delle euristiche, per contro, sta nella rapidità ed economia del processo cognitivo.
Tversky e Kahneman hanno identificato varie euristiche utilizzate nel pensiero probabilistico, tra cui:
- Euristica della disponibilità → eventi che si sono verificati più spesso nella vita di un individuo, o che lo hanno
maggiormente impressionato, tendono ad essere giudicati come più probabili.
- Euristica della rappresentatività → le probabilità di un evento incerto sono valutate in base a quanto esso appare
simile ad un prototipo.
Se noi ci comportassimo come prescrivono le teorie classiche sulla presa di decisione dovremmo utilizzare una
procedura decisionale molto efficace, vagliando e confrontando tutte le diverse alternative. Si tratterebbe di
mettere in atto una scelta razionale, valutando tutte le alternative e considerando le conseguenze future dell'una
o l'altra scelta, prendendo in esame i costi e i benefici.
Tversky e Kahneman dimostrarono che il ragionamento oggettivo umano, soprattutto il calcolo della probabilità, è
assai meno efficace e corretto di quello che pensiamo. Diventa estremamente difficile compiere un calcolo o una
stima di tutte le possibili scelte quando ne abbiamo a disposizione troppe. Quindi, le scelte degli individui non sono
governate soltanto da criteri razionali, ma appaiono anche condizionate anche da un coinvolgimento emotivo.

Marcatore psicosomatico
Antonio Damasio da studi su pazienti con lesione nella corteccia orbitofrontale notò che l'emozione può influire le
decisioni razionali della nostra vita quotidiana.
Nella vita di ogni giorno compiamo azioni che non sono astratte e impersonali, anzi siamo ben consci delle loro
conseguenze sul piano sia personale che sociale.
Quindi ragione ed emozione non sono domini cognitivi distinti. La ragione è guidata dalla valutazione cognitiva delle
conseguenze delle azioni.
Le decisioni su come comportarci richiedono un'analisi costi/benefici in cui si considera il futuro e le esperienze
passate.
I marcatori somatici fanno prevedere le conseguenze affettive di ogni azione e scelta.
Secondo Damasio durante le decisioni, prima di applicare un qualsiasi tipo di analisi costi/benefici e prima di
cominciare a ragionare sulla questione, accade qualcosa di molto importante: “quando viene alla mente, sia pure a
lampi, l’esito negativo connesso con una determinata opzione di risposta, si avverte una sensazione spiacevole alla
bocca dello stomaco. Dato che ciò riguarda il corpo, ho definito il fenomeno con il termine tecnico di stato
somatico; e dato che esso contrassegna un’immagine, l’ho chiamato marcatore” (Damasio, 2001).

La cognizione, la motivazione e le emozioni sono in continua interazione tra loro modulando il nostro comportamento
e la nostra esperienza psichica.
EMOZIONE E MOTIVAZIONE
La motivazione è un fattore dinamico del comportamento animale e umano che attiva e dirige un organismo verso
una meta.
La motivazione si riferisce alle forze che indirizzano, guidano e sostengono un comportamento ed è fortemente
legata alle emozioni.
Le emozioni sono degli indicatori del potenziale motivazionale dell'individuo.
In psicologia il termine motivazione è spesso usato per indicare l'intera costellazione di fattori, alcuni interni altri
esterni all'organismo, che causano il comportamento dell'individuo in un dato momento.
Lo stato motivazionale, o pulsione, è la condizione interiore che cambia nel tempo in modo reversibile e che
indirizza l'individuo ad ottenere scopi di tipo specifico.

Le teorie dell'istinto
Istinti → pattern comportamentali specie-specifici, fissi e stereotipati, adottati da tutti i membri della specie
(universali e uniformi nella modalità di espressione), innati e attivati in risposta a specifiche sollecitazioni
ambientali.
Sono automatici, involontari e innescai da stimoli specifici (stimoli-segnale).
Non appresi, rigidi e non modificabili dall'apprendimento.
Si può parlare anche nell'uomo di istinti, come ad esempio alcune espressioni e i comportamenti di corteggiamento.
Tuttavia, la specie umana è sensibile all'apprendimento e alla cultura.
McDougal sosteneva che alcune forme di risposta sono innati e immodificabili (espressioni facciali, riflesso di
suzione nel neonato...).
La sociobiologia cerca di spiegare il comportamento umano su base genetica.

Teoria della riduzione della pulsione “drive”


Il punto di partenza è dato dal bisogno (need) (stato fisiologico di deprivazione dell'organismo), che crea uno stato
di tensione e attivazione spiacevole (drive) che motiva a soddisfare il bisogno riducendo il drive.
Le pulsioni sono innate ma variabili tra individuo e sono bisogni fisiologici che si manifestano come degli stati
corporei spiacevoli che richiedono di essere alleviati.
L'omeostasi è uno stato ottimale di equilibrio fisiologico interno dell'organismo.
Cannon (1934) ipotizzò che particolari stati fisiologici di bisogno dell'organismo (fame, sete, termoregolazione...)
diano inizio a comportamenti motivati orientati alla riduzione del bisogno stesso ed al ristabilirsi dell'omeostasi.
Le teorie della riduzione delle pulsioni si basano, quindi, sull'idea che il comportamento sia guidato dalla necessità
di mantenere il più possibile una situazione di equilibrio e che quindi cerchi di riprodurlo in risposta ai cambiamenti
imposti dall'ambiente.

Teorie dell'arousal e dell'incentivo


Tuttavia, le teorie della riduzione delle pulsioni non spigano i fenomeni di curiosità e interesse per nuove
esperienze, i comportamenti esplorativi e la ricerca di sensazioni (sensation seeking). Questi fenomeni sono
spiegati dal bisogno di aumentare l'arousal, lo stato di attivazione dell'organismo, rompendo l'equilibrio anziché
mantenerlo.
Con il termine arousal si intende il livello generale di attivazione dell'organismo e gli indici fisiologici dell'arousal
sono: attività elettroencefalica, frequenza cardiaca, dilatazione delle pupille...
secondo alcuni studi molti comportamenti (esplorazione, ricerca di sensazioni...) sarebbero determinati dal bisogno
di incrementare lo stato di arousal dell'organismo.
Legge di Yerkes-Dodson → livelli di prestazione elevata richiedono un livello di attivazione ottimale (nè troppo alto
né troppo basso).
Un arousal moderato favorisce un buon livello di prestazione.
Secondo la teoria dell'incentivo il comportamento è regolato da una relazione costi-benefici. L'individuo cercherà
quei comportamenti che apportano un guadagno o degli effetti positivi, mentre eviterà quelli che apportano costi o
punizioni.

Le pulsioni sono fonte di apprendimento in quanto fungono da rinforzo.


Le pulsioni si distinguono in: primarie (fame e sete) e secondarie (bisogno di denaro, di autoaffermarsi...).
Maslow (1954) ha creato un la piramide di Maslow nella quale sono riportate le pulsioni in base alla loro importanza:
bisogni biologici, bisogni di sicurezza, bisogni affettivi e di appartenenza, bisogni di stima e considerazione, bisogni
di autorealizzazione.
Il TAT (thematic apperception test) è un test di personalità nel quale vengono presentate una serie di immagini
ambigue sulle quali il soggetto deve creare una storia. McClelland notò che gli individui con alto bisogno di successo
e di realizzazione costruivano storie nelle quali il protagonista si impegnava per conseguire qualche importante
scopo professionale evidenziando un desiderio intenso di riuscita e una preoccupazione riguardo alle proprie
prestazioni. Questo tipo di bisogno si forma durante l'infanzia in rapporto all'educazione e all'ambiente culturale.

Reward (ricompensa)
La motivazione è vista come una ricerca di ricompensa.
Oggi le neuroscienze studiano i circuiti legati al Reward, quelli dopaminergici. La corteccia orbitofrontale si attiva
in tutte quelle situazioni in cui proviamo una sorta di piacere per una ricompensa, in quanto è coinvolta nel
rappresentare il valore degli stimoli.

EMOZIONE
L'emozione è un'esperienza positiva o negativa associata a un particolare quadro dell'attività fisiologica.
I principali contributi che hanno influenzato le teorie sulle emozioni sono:
– Darwin → gli attribuiva un ruolo adattivo. Studio scientifico delle emozioni e continuità tra emozioni nel
mondo animale e nell'uomo. Le espressioni emotive sono universali, innate e non variabili culturalmente;
– Freud → contesto terapeutico;
– William James → nel libro “Che cos'è l'emozione?” (1884) definisce l'emozioni come la percezione
dell'attivazione corporea innescata da stimoli ambientali a carattere emotivo. L'emozione è quindi una
modificazione fisiologica. Da lui derivano le teorie fisiologiche delle emozioni;
– Circuito di Papez (1937) → identificò l'ipotalamo, il talamo, il giro cingolato e l'ippocampo come primi centri
di elaborazione e controllo delle emozioni;
– Circuito Limbico di MacLean (1949) → circuito di Papez più l'amigdala, i nuclei del setto, la corteccia
orbitofrontale e i gangli della base come centri delle emozioni.

Le emozioni sono risposte adattive dell'organismo alle sollecitazioni ambientali.


Funzionalità delle emozioni: capacità di determinare rapidamente i cambiamenti fisiologici necessari; preparazione
all'azione; funzioni sociali; funzioni interpersonali; influenza sui processi cognitivi; mezzi di comunicazione (segnali
d'allarme; in situazioni di paura l'ambiente viene attentamente controllato, vengono eseguiti dei piani d'azione
(fuga, combattimento); comunicazioni esterne per gli altri).

Le teorie sulle emozioni


Le emozioni sono dei sistemi complessi comprendenti molteplici componenti:
1) vissuti soggettivi (feeling) che accompagnano le nostre emozioni (valenza positiva o negativa);
2) valutazione cognitiva dell'avvenimento;
3) cambiamenti fisici che accompagnano le reazioni emotiva e preparano fisiologicamente l'organismo a
reagire all'evento.
* Teorie fisiologiche
– teoria periferica delle emozioni di William James (1884) → le emozioni sono costituite dalla percezione
delle reazioni viscerali e neurovegetative del nostro organismo a stimoli ambientali. L'emozione è data
dopo che c'è stata l'attivazione fisiologica. (stimolo → attivazione fisiologica → vissuto emotivo).
Tuttavia, spesso le emozioni precedono sia le reazioni autonome che quelle comportamentali. I
cambiamenti fisiologici che accompagnano le emozioni si verificano anche in altre situazioni. Diversi stimoli
stressanti producono reazioni fisiologiche simili e molte emozioni sono associate alle stesse reazioni
viscerali. I cambiamenti viscerali avvengono troppo lentamente, mentre le emozioni sono quasi immediate.
Modificazioni viscerali indotte artificialmente non producono emozioni;
– teoria centrale delle emozioni di Cannon-Bard → lo stimolo emotigeno determina attivazione a livello del
talamo, dal quale partono segnali verso il sistema nervoso autonomo (cambiamenti somatici) e la corteccia
cerebrale (vissuto soggettivo delle emozioni). Le due vie sono autonome e indipendenti. (stimolo → talamo →
attivazione periferica e vissuto soggettivo);
* Teorie evoluzionistiche
– Darwin (1872) → inquadrò lo studio delle emozioni all'interno della teoria evoluzionistica definendole
risposte adattative. Hanno base innata (confermata da studi successivi condotti su bambini ciechi e
ciechi-sordi fin dalla nascita) e le espressioni hanno carattere universale (studi cross-culturali di Ekman);
* Teorie costruzionistiche
– Harrè (1986) → le emozioni non vanno intese come entità biologiche ma come costrutti sociali. Sono il
linguaggio e la struttura dei valori della società a determinare le emozioni. In culture ed epoche storiche
differenti denominano le emozioni in modo diverso.
* Teorie cognitive
La cognizione ha un ruolo fondamentale nella generazione delle emozioni. Importanza dell'appraisal
(valutazione cognitiva). Le emozioni non sono semplici risposte a stimoli, ma rispecchiano le implicazioni
personali di una persona, le sue conoscenze e la sua esperienza passata.
– Teoria cognitivo-attivazionale (teoria dei due fattori) di Shachter e Signer (1962) → le emozioni sono il
risultato di una valutazione e attribuzione cognitiva delle reazioni fisiologiche. L'esperienza emotiva è un
complesso stato cognitivo-affettivo determinato anche da inferenze sul significato dell'attivazione. Gli
stati emotivi possono alterare le nostre abilità cognitive e dipendono a loro volta da esse. Quindi
l'attivazione fisiologica prodotta dallo stimolo emotigeno può porre le basi per il vissuto emozionale ma non
è sufficiente. L'emozione che si prova è data dall'attivazione fisiologica e dalla interpretazione cognitiva
che di questa viene fornita.

In un loro famoso esperimento Shacter e Signer hanno iniettato epinefrina (stimola il SNA) a dei soggetti che poi
sono stati divisi in 3 gruppi più 1 di controllo: gruppo degli informati (informati sugli effetti della sostanza), gruppo
dei disinformati (informati su effetti falsi della sostanza), gruppo dei non informati (nessuna informazione sugli
effetti), gruppo di controllo (iniezione di una sostanza priva di effetti fisiologici).
Situazione sperimentale: a tutti i soggetti fu detto che si trattava di un esperimento sugli effetti della sostanza
sull'acuità visiva. I soggetti venivano esposti a due situazioni: in una, mentre aspettavano di fare l'esperimento (in
realtà già in atto) un complice dello sperimentatore entrava nella stanza e si comportava in modo allegro e euforico;
nell'altra mostrava un comportamento ostile e aggressivo.
Risultati: i partecipanti informati interpretarono correttamente la loro attivazione. I partecipanti non
correttamente informati cercavano una spiegazione del loro stato di attivazione nel comportamento del complice
(rabbia, felicità). Quest'esperimento evidenzia l'importanza dell'aspetto cognitivo.

Basi neurali delle emozioni


In tempi rapidi le strutture che partecipano a rilevare uno stimolo emotivo sono il collicolo superiore, l'amigdala e
la corteccia orbitofrontale. Successivamente si attivano le aree primarie (V1), il giro fusiforme e il solco temporale
superiore per l'elaborazione cognitiva. Infine, si attiva l'insula.
Le risposte del SNsimpatico servono a preparare l'organismo alla lotta-fuga incrementando la frequenza cardiaca,
la pressione, il respiro, la sudorazione e la dilatazione pupillare. Le risposte del SNparasimpatico consentono il
rilascio di acetilcolina.
Kluver e Bucy (1937) studiarono scimmie con lesioni alla corteccia temporale (ippocampo) e all'amigdala. Questo
comporta comportamenti emotivi inappropriati, comportamenti sessuali abnormi e cecità visiva emozionale.
Le Doux (1987) nella sua teoria della doppia via distingue due vie che lavorano in parallelo:
– Via talamica (bassa) → informazione povera dello stimolo. Risposta emotiva e attivazioni automatiche e
neuroendocrine. Possibilità di elaborare il significato emotivo in assenza di riconoscimento dei suoi
attributi percettivi o semantici. Stimoli subliminali (al di sotto della soglia di riconoscimento) ed effetti di
priming subliminali. Più veloce;
– Via corticale (alta). Informazione dettagliata. Preparazione di una risposta adeguata. Più lenta.

Appraisal
Rientra nell'orientamento cognitivista e significa interpretazione cognitiva.
Magda Arnold (1960) è stata la prima a parlarne come qualcosa che completa la percezione, permettendo la
valutazione immediata della positività/negatività di un evento/stimolo producendo la tendenza a fare qualcosa.
Serve a rilevare l'assenza/presenza dello stimolo e la sua natura.
Le emozioni sono dei fenomeni adattativi con funzione di autoregolazione e servono a monitorare l'ambiente per
l'individuazione di eventi significativi (attenzione) e la preparazione ad affrontarli (motivazione).
1) Percezione dello stimolo
2) Appraisal schematico responsabile di un'attivazione neurovegetativa (inconsapevole, veloce e automatica)
3) Appraisal concettuale responsabile dell'attribuzione del significato(conscio)
4) Emozione
Il Modello di Leventhal e Scherer (1987) distingue 3 livelli di elaborazione:
– sensomotorio → programmi espressivo-motori innati; capacità primarie di risposta emozionale;
– schematico → automatico. Associazioni apprese (prototipi di situazioni emozionali);
– concettuale → ricordi, aspettative, scopi e piani coscienti.
Sono processi in parallelo che contribuiscono all'esperienza privata, consapevole ed emotiva.

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