Baudelaire

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Biografia:

Baudelaire nasce a Parigi nel 1821. Suo padre muore quando lui ha appena cinque anni e
sua madre decide di sposarsi: i rapporti con il patrigno saranno pessimi a partire
dall’adolescenza e di questo rapporto conflittuale troviamo traccia anche nella sua poesia.
Infatti in una breve poesia dei fiori Del male si nota la felicità conosciuta nel breve periodo in
cui viveva solo con la madre. Dopo il liceo abbandona presto gli studi e utilizza l’eredità
paterna per comprare oggetti d’arte e per mantenere la sua amante, tanto che i genitori lo
sottopongono alla tutela di un notaio per allontanarlo dalle sue cattive compagnie.Lo
mandano in India e lui appena imbarcato decide di tornare indietro. Tornato dunque a Parigi
Baudelaire prosegue la sua attività di scrittore, tra le difficoltà economiche e i guai giudiziari
procuratagli dalle sue poesie. Scrive poesie, racconti, articoli, cronache d’arte e fa traduzioni
tra le quali spiccano quelle da Edgar Allan Poe. Nel 1866 prostra

Il passaggio da leopardi a baudelaire è radicale:


● cambia la struttura: non c'è più la metrica tradizionale,
● il linguaggio, che da aulico comincia ad avvicinarsi alla prosa e alla comunicazione
quotidiana
● lo stile che diventa allusivo, i testi sono molto difficili da parafrasare
● gli argomenti che gli autori 800eschi non si sarebbero mai permessi di affrontare
Colui che ebbe un ruolo fondamentale in questa trasformazione fu Baudelaire con il suo
libro in prosa i Fiori del male. Il suo obiettivo è quello di estrarre la bellezza del male e
perciò dedica le sue poesie non a temi sublimi come avevano fatto gli autori romantici ma ad
oggetti che appartengono al lato oscuro della realtà, a sentimenti dolorosi, solitudine,
malinconia, angoscia.
I fiori del male vengono pubblicati nel 1857 ma alcune poesie erano già uscite su rivista negli
anni precedenti. Originariamente la raccolta doveva intitolarsi le lesbiche estivamente
Baudelaire ci ripenso e cambia il titolo ma il contenuto rimase scandaloso.
Baudelaire quindi si fa poeta di questa nuova sensibilità e di questa poesia che si può
definire scandalosa, infatti lui e tutti gli altri poeti decadenti che segnarono il passaggio
verranno accusati di oltraggio alla morale.
Baudelaire insegna che sotto la superficie delle cose c’è un mondo misterioso e affascinante
che è compito dei poeti portare alla luce. Dietro le apparenze si può intuire un’unità segreta.
Sempre nel 1857 anche il romanzo di Gustave Flaubert Madame Bovary viene portato in
tribunale. A differenza di Baudelaire però Flaubert viene assolto solo per l'appartenenza ad
una classe sociale più alta Infatti Baudelaire è un bohemien parola francese che indicava gli
abitanti della Boemia In poche parole di zingari.
Inizialmente era suddiviso in cinque sezioni ma nel 1861 ne Aggiunge una sesta i quadri
parigini.
1. Spleen e ideale racconta di venir meno di tutti gli ideali Nei quali il poeta aveva
creduto in questo modo il poeta di lunacupa melanconia che definisce con la parola
spleen
2. Quadri parigini: l'autore tenta di perdersi nella città in una Parigi che sta cambiando
faccia. La città è moderna e al poeta un momentaneo rifugio
3. Il vino: la via di fuga diventa l'alcool
4. I fiori del male che dà il titolo all'opera E coincide con la fase di abbandono al fascino
della distruzione e del male
5. La rivolta defunti Racconta un ultimo tentativo di rivolta contro il mondo e contro Dio
6. La morte: il poeta può dunque trovare rifugio sono nella morte e così si conclude
tragicamente itinerario tracciato nel libro
La sua poetica aspira a conciliare ideale e reale ma tutto ciò è un’utopia perchè la storia
umana ha sempre fatto i conti con il male e la malattia. L’uomo che infatti aspira ad una
comunione tra uomo e spirito non ce la fa.
Lo spleen paralizza l’uomo e lo condanna a vivere in un panorama corrotto. L’uomo
moderno ha divorziato con la natura quindi i paesaggi rappresentati non sono più naturali
ma urbani.

Metro utilizzato: alessandrino un verso della poesia francese classica formato da due
emistichi, ciascuno di 6 sillabe separati da una cesura.

T1 Corrispondenze da i fiori del male


La natura che ci circonda è un caos senza regole o un cosmo organizzato? La
poesia Corrispondenze è ispirata a rispondere a queste domande.

La prima impressione è quella di un mondo ordinato: ai v.1-10 ci propone una


natura perfetta. La natura è un edificio architettonico sacro (tempio) sorretto da alberi
(colonne) dove gli esseri umani entrano in comunicazione con il divino. L’uomo
sembra essere in sintonia con ciò che lo circonda: i profumi, i colori e i suoni
dialogano armonicamente tra loro. Questa impressione viene ulteriormente
rafforzata dal tono assertivo della poesia, le frasi sono tutte all’indicativo presente
che è il tempo della certezza.
Ma via a via compaiono espressioni sempre più ambigue: in primo luogo la
sfumatura di incertezza introdotta dalla precisazione a tratti che ci vuole comunicare
che l’armonia è passeggera; in secondo luogo la tenebrosa unità grande come le
tenebre o la luce v.7 dove evoca sia la vastità della notte che quella del giorno e
sembra farci credere che siano paragonabili invece sono strutturalmente diverse;
quando si parla di “vastità” del giorno ci si riferisce alla diversità mentre quando si
parla di “vastità” della notte si fa riferimento all’uniformità del buio. L’insieme di questi
elementi contraddittori ci rivela il mondo fatto di trionfante ricchezza all’interno del
quale ci appare un mondo di raffinatezza decadente in cui prevale la corruzione.

La natura e il mondo sono attraversati da una rete di rapporti segreti originati dai
sensi che percepiscono suoni e profumi e creano una serie di corrispondenze che
formano un’unità misteriosa.

Baudelaire pone al centro del suo linguaggio analogia e sinestesia (ci saranno
anche in Pascoli “pigolio di stelle”) visti come elementi conoscitivi della realtà che
permettono di arrivare al mistero delle cose. L’accostamento di percezioni
provenienti da sensi diversi sta a significare che per decifrare l’enigma del mondo
occorre oltrepassare i limiti imposti dalla ragione (che invece accosta ad ogni
percezione il suo senso) e dunque rappresentano un’espansione delle cose
infinite (v.12).
La Natura è una foresta di simboli, patrimonio della corrispondenza, capaci di
svelare l’unità profonda rompendo il velo delle apparenze.

L’albatro (L’albatros)
Spesso, per divertirsi, i marinai
Prendono degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, pigri compagni di viaggio,
Le navi in volo sugli abissi amari.

L’hanno appena depositato sulla tolda [il ponte della nave],


E già il re dell’azzurro, goffo e vergognoso,,
Strascina pietosamente accanto a sé
Le grandi ali bianchi come se fossero remi.

Com’è sinistro e fiacco il viaggiatore alato!


Lui, prima così bello, com’è comico e brutto!
Uno gli mette la pipa sotto il becco,
Un altro, zoppicando, imita lo storpio che volava!

Il Poeta è come lui, principe delle nembi


Che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
Esule in terra fra le grida di scherno,
Le sue ali da gigante gli impediscono di camminare.

Nella versione originale, il testo è costituito da quattro quartine di versi alessandrini


in rima alternata.

L’albatro (L’albatros) è il titolo di uno dei componimenti poetici più noti di Charles
Baudelaire e fa parte della sezione Spleen e ideale, la prima delle sei che
compongono I fiori del male; era assente nella prima edizione della raccolta (1857)
ed entrò a farne parte a partire dall’edizione del 1861.

In questo componimento, il poeta riflette sul nuovo ruolo dell’artista nella società di
massa, tema che verrà affrontato anche nel poemetto in prosa Perdita d’aureola
(1869). Il volo dell’albatro è allegoria della condizione di prestigio da sempre rivestita
dai poeti: il poeta è, come l'albatro, un abitante del cielo cioè di un mondo più
elevato e puro, un mondo nel quale si trova perfettamente a suo agio. Ma quel
mondo non è l'unico purtroppo. C'è anche il mondo della materia, della vita
quotidiana e dei rapporti con gli altri esseri viventi: in questo mondo terreno il poeta
si muove con goffaggine schernito dalle persone normali che non lo comprendono.
Probabilmente Baudelaire conosceva la Ballata del vecchio marinaio (1798) di
Samuel T. Coleridge nella quale l’uccisione di un albatro da parte di un marinaio
rappresenta il gesto che dà inizio a una serie di vicende funeste e sventurate per
l’uomo. Baudelaire intuisce quindi il malessere dell’uomo contemporaneo.

La poesia L’albatro si può dividere in due parti: le prime tre quartine descrivono ciò
che il poeta vede o ricorda: il gruppo di marinai che deride l’albatro mentre nell’ultima
il poeta riflette sul significato simbolo dell’evento. L’albatro è allegoria del poeta:
quest’ultimo è (v. 13) principe delle nubi, cioè parte privilegiata di un mondo più
elevato, distante da tutto ciò che avviene sulla terra, dove egli è incompreso, deriso,
tormentato. Quando entrambi si allontanano dallo spazio celeste (che per l’albatro è
l’habitat ideale, infatti Baudelaire lo definisce re dell’azzurro; per il poeta
rappresenta il mondo dell’immaginazione e dell’ispirazione) sono costretti a fare i
conti con la limitatezza di ciò che “sta in basso”: l’albatro diventa (v. 6,) maldestro e
impacciato,(v. 9) sinistro e fiacco, (v. 10) comico e brutto, tanto che i marinai lo
imitano come se fosse uno storpio («infirme», v. 12); allo stesso modo, il poeta è
solo, schernito e le sue capacità («ailes de géant», ali da gigante, v. 16), sulla terra,
diventano inutili. Quindi in questa seconda parte riflette sul significato simbolico di
quello spettacolo

La riflessione di Baudelaire nasce dal confronto con la società borghese a lui


contemporanea, in cui l’arte diventa merce e il poeta non è un individuo eccezionale
e superiore, ma è parte della massa anonima, ha perduto la sua sacralità.

I marinai maltrattano l’uccello marino per divertimento (v. 1), ma questo non fa che
sottolineare ancora di più la distanza tra la bellezza e superiorità dell’albatro e la
pochezza di chi lo deride che, comunque, naviga su «gouffres amers», abissi amari
(v. 4), poiché la vita è costantemente attraversata dal pericolo e dalla morte

Il cigno (Baudelaire, I fiori del male)

Andromaca, io penso a voi! Quel fiumiciattolo,


misero e triste specchio dove un tempo rifulse
l’immensa maestà delle vostre pene di vedova,
quel Simoenta mendace ingrossato delle vostre lacrime,

ha d’improvviso fecondato la mia fertile memoria


mentre attraversavo il Carosello nuovo.
La vecchia Parigi non esiste più (l’aspetto di una città
muta più presto, ahimé, che il cuore dell’uomo),

soltanto in spirito vedo tutto il campo di baracche,


il mucchio di capitelli appena sbozzati e di fusti di colonne,
le erbe, i grandi massi inverditi dall’acqua delle pozzanghere
e, nel brillio delle vetrine, la confusione delle cianfrusaglie.

Laggiù stava un tempo un serraglio,


e là io vidi, un mattino, all’ora in cui sotto i cieli
freddi e chiari il Lavoro si sveglia, e gli spazzini
levano un oscuro uragano nell’aria silenziosa,

un cigno evaso dalla sua gabbia:


con i piedi palmati fregava l’arido selciato,
trascinando il bianco piumaggio sul terreno accidentato.
Presso un ruscello secco l’animale, aprendo il becco,

immergeva febbrilmente le ali nella polvere,


e diceva, il cuore tutto memore del suo bel lago natio:
«Quando scenderai, acqua, quando esploderai, fulmine?».
Vedo quel misero, strano e fatale mito,

verso il cielo, talvolta, verso il cielo ironico


e crudelmente azzurro – come l’uomo di Ovidio
sul suo collo convulso innalzando l’avida testa –
in atto di lanciare rimproveri a Dio!

Parigi cambia! Ma nulla è mutato nella mia malinconia:


palazzi nuovi, impalcature, massi,
vecchi quartieri, tutto in me diviene allegoria,
e i miei ricordi più cari sono grevi come rocce.

Così, dinanzi al Louvre un’immagine m’opprime.


Penso al mio grande cigno (ai suoi movimenti folli),
ridicolo e sublime come gli esuli,
e divorato da un desiderio senza requie. E penso a voi,

Andromaca, caduta dalle braccia d’un grande sposo,


come un vile capo di bestiame, sotto la mano del superbo Pirro
curva su una tomba vuota, estatica, penso a voi,
vedova di Ettore e sposa di Eleno.

Penso alla negra smagrita e tisica,


scalpicciante nel fango, in atto di cercare, col suo occhio sconvolto,
gli alberi di cocco assenti della superba Africa
dietro il muro immenso della nebbia;

penso a chiunque ha perduto quel che non si ritrova


mai più, a coloro che si saziano di lacrime
succhiando il Dolore come una buona lupa,
ai magri orfanelli che appassiscono come fiori!

Così, nella foresta ove il mio spirito si rifugia,


un vecchio Ricordo suona a perdifiato il suo corno.
E penso ai marinai dimenticati su di un’isola,
ai prigionieri, ai vinti… e a molti altri ancora!

IL PASSATO PERDUTO PER SEMPRE: Con il suo candore, il cigno il simbolo


della bellezza antica insozzata ora dei lavori in corso, che trasformano il volto di
Parigi e che spazzano via tutto ciò che Baudelaire ama e rimpiange: la distesa delle
baracche, i capitelli sbozzati, i fusti a mucchi, le pietre con il loro visibile, quasi
tangibile carico di anni.Non è detto che il passato fosse sempre un passato glorioso:
ma anche la miseria del passato aveva, per il poeta, un suo fascino, che ora è
perduto per sempre.

RIMPIANTO E NUOVE OPPORTUNITÀ: In realtà, la posizione di Baudelaire nei


confronti della vita nella città moderna è ambigua. Se da un lato egli rimpiange la
città antica che gli era familiare e che ora è distrutta dall’altro è attratto dalle
opportunità che la città offre: e tra queste opportunità ci sono appunto gli incontri
fugaci come quello descritto in “A un passante” , e in generale tutte le cose
interessanti e piacevoli che possono capitare per caso in una strada o in una piazza
affollate (Mentre non capitano nel tran tran monotono della vita di provincia; la
confusione, la rivoluzione permanente della vita di Parigi è proprio quella nella quale
Madame Bovary, la protagonista del romanzo di Flaubert, sognava di poter vivere: è
facile desiderare l’isolamento quando si è in mezzo alla gente, molto più difficile è
desiderarlo quando si è isolati).

BAUDELAIRE:COSCIENZA CRITICA ESEMPLARE. Baudelaire non è né un


progressista né un conservatore, non vuole conservare a tutti costi il passato, né
celebra a priori il progresso: cammina per la città, ne ascolta i rumori, osserva con
attenzione il volto delle cose, e alcune trasformazioni e gli piacciono altre invece gli
mettono angoscia. Gli scrittori venuti dopo di lui hanno così trovato in Baudelaire una
coscienza critica esemplare: una coscienza che oscilla tra l’approvazione della vita
moderna, con le sue occasioni e le sue comodità, e la nostalgia per un passato che i
mutamenti introdotti dall’industria fanno sentire subito come remotissimo. È un bene,
la distruzione degli antichi quartieri di Parigi? È un bene, il cambiamento sempre più
rapido delle cose e del paesaggio intorno a noi? Un secolo e mezzo più tardi le
domande che si poneva Baudelaire sono ancora attuali.

Il cigno è sempre stata una figura elegante ma in questo caso viene trasportato in un
paesaggio irrurale: l’arido selciato delle strade parigine.
Confronto tra l’albatro e il cigno :entrambi gli animali vivono una condizione di
prigionia: l’albatro però si avvicina di più alla natura; il cigno viene trasportato e di
conseguenza trasporta il lettore in una città sventrata dai cantieri costruiti per darle
un volto di modernità ma che non fanno altro che distruggere il paesaggio. Questa
condizione è un’allegoria della morte della civiltà.
Queste due situazioni possono essere viste come immagini dell’esilio del poeta: in
Baudelaire l’ossimoro non è solo l’unione di termini opposti ma è anche la
vulnerabilità espressa dalle immagini, si percepisce la ferita che un’immagine da
all’altra.
Questa è una poetica si può definire decadentista.
Il Decadentismo
Il termine decadentismo deriva dalla parola francese Décadent per definire in modo
dispregiativo gli artisti che vivevano in modo scandaloso, tra droghe ed altri eccessi.
Il decadentismo si basa sul rifiuto della visione positivista della vita; sull'estetismo, ossia
tutto ciò che riguarda la forma esteriore deve essere bello, esuberante e lussuoso;
sull'irrazionalismo e sulla ribellione verso la società borghese e industriale. I temi ricorrenti
sono la morte, l'amore, l'arte, lo scandalo, esperienze surreali ed episodi scabrosi.

T4 La vita anteriore
La poesia si può dividere in due parti: nella prima parte c’è la descrizione di una vita
trascorsa, una vita immaginaria (perché non ci sono indicazioni precise) in un
paradiso tropicale. Successivamente si assiste ad un cambio di prospettiva e nella
seconda parte, in questo scenario paradisiaco, compare una pena segreta che poco
a poco distrugge il poeta e turba il quadro idilliaco descritto fino al v.12. Il poeta
sembra volerci dire che nessun paradiso è veramente possibile e dunque nessuna
fuga da esso. Ma l’identità di questa pena che fa languire non viene svelata. Le
azioni chiave di questo componimento sono infatti scoprire, capire e immaginare che
possono assumere diversi significati in base a come vengono interpretate. Il non
precisare e il non sapere conferisce bellezza a questa poesia che viene interrotta
proprio sul più bello.
Il ruolo del titolo è significativo: si tratta di una vita diversa da quella che il poeta si
trova costretto a vivere.
T11 Le folle
Da lo spleen di Parigi
È un nuovo genere letterario: un poemetto in prosa. Questi brevi testi non narrano
una storia né argomentano una tesi ma descrivono un passaggio o uno stato
interiore e che si contraddistinguono quindi per il loro grado di elaborazione formale,
per la loro musicalità e per il loro ritmo.