Arte
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L’ASTRATTISMO
Dalla mimesi all'astrazione
Furono però i pittori astratti a sviluppare in modo più radicale la consapevolezza dell'autonomia del linguaggio artistico
che si andava affermando. Esprimono il loro mondo interiore affidandosi alla forza del colore e alla potenza evocativa
della linea creando composizioni in grado di suscitare sentimenti e pensieri. L’ "Astrattismo" può risultare fuorviante: il
gesto artistico non intende "astrarre" forme dalla superficie del reale, ma vuole piuttosto trasmettere un contenuto
nella sua forma autentica. Il russo Vasilij Kandinskij, il più grande artista di questa corrente, rifiutò sempre la definizione
di 'astranista e addirittura rivendicò per la propria pittura la qualifica di autenticamente "concreta".
Primo acquarello astratto (1910 Parigi, Centre Georges Pompidou) Un fondamentale punto di approdo nel percorso
verso Astrattismo può essere individuato nel dipinto noto come Primo acquarello astratto (1910). L'opera, che
Kandinskij lasciò priva di titolo per evitare qualsiasi riferimento a un soggetto reale, ha un’importanza fondamentale per
la storia dell'arte, in quanto si tratta della prima immagine assolutamente non figurativa della pittura occidentale.
Un'apparente confusione L'acquarello si presenta intenzionalmente come uno schizzo popolato di forme allusive ma
non riconducibili a oggetti precisi del mondo naturale. Al primo impatto sembra di essere di fronte a uno scarabocchio
infantile, alla forma cioè in cui si concretizzano, secondo gli psicologi, i primi rapporti che un bambino intesse con ciò
che lo circonda. Kandinskij, però, realizzò il lavoro all'età di quarantaquattro anni, avendo alle spalle un solido passato di
pittore figurativo: la scelta di questa modalità espressiva va quindi ricondotta a una nuova volontà artistica: la ricerca di
un linguaggio capace di dare voce alla realtà interiore, un mondo in effetti ancora inesplorato da indagare secondo
modalità proprie, diverse da quelle del linguaggio razionale.
Un ritmo colorato L'opera appare come una composizione giocosa, eseguita di getto senza un disegno né uno schema
compositivo individuabile. Diverse macchie colorate, leggere come velature (tipiche della tecnica dell'acquarello),
costituiscono l'immagine: alcune di esse, espanse e trasparenti, situate soprattutto nella parte alta del foglio, sembrano
introdurre sulla superficie cartacea chiara un senso di profondità fluttuante e vagamente stratificata; altre, più piccole,
per esempio al centro e sulla sinistra, appaiono ristrette e di colore più intenso, con l'effetto di sembrare più "vicine" allo
spettatore. Dietro l'apparente confusione si può quindi cogliere un ritmo, fatto di forme e toni dominanti, che
determinano una composizione che assomiglia assai più alla musica che all'arte figurativa. Proprio alla musica, alla sua
libertà compositiva, Kandinskij guardava come modello per un'arte ormai priva del compito di raffigurare fedelmente il
reale.
La trama cromatica Nelle macchie che appaiono più scure predominano il rosso e il blu, colori che evidentemente
l'artista avvertiva in rapporto tra loro, perché li ha proposti sempre accostati: il rosso, tinta calda, ha la tendenza a
espandersi, mentre il blu, tinta fredda, a contrarsi. La composizione presenta anche pennellate di varia for-ma, lineari e
a tocchi brevi, e segni sottili a matita e china. In alcuni casi, questi tratti appaiono come indicatori di possibili tracciati
che suggeriscono la direzione e il ritmo delle macchie vaganti sulla carta, mettendo in moto l'intera composizione; in
altri casi, si limitano a contornarle, come a fissare un confine alla loro espansione. Niente rimanda più al mondo esterno:
non le forme, illeggibili come riproduzioni della realtà, non la costruzione spaziale. Ragioni di natura solo ritmica e
cromatica, di armonia compositiva, determinano la definizione dell'immagine.
L'approdo all'astrazione
Mondrian aveva dedicato numerosi dipinti e disegni al tema del mare, che riprese poi a partire dall'autunno del 1914,
quando a Domburg, in Zelanda, nei Paesi Bassi, la sua attenzione si fisso sul vasto e suggestivo mare del Nord, sul quale
si affaccia il molo di Scheveningen.
Molo e oceano (1915 Otterlo, Paesi Bassi) È questo il soggetto di Molo e oceano (Composizione (1915), opera che segna
l'ormai compiuto passaggio dell'artista dal figurativo all'astratto. I dato di partenza del dipinto è una veduta
naturalistica: Mondrian spiegò che, impressionato e affascinato dallo spettacolo della natura, voleva rappresentare sulla
tela il mare, il cielo e le stelle. Il suo sguardo si è posto comunque al di là della realtà, poiché del paesaggio marino egli
intendeva anche cogliere e restituire «l'espansione, il riposo, l'unità». Ne nacque una visione astratta e suggestiva, che
l'artista stesso avvertì come compiuta realizzazione / del suo stile: all'interno di una forma ovale e priva di con- torno,
che suggerisce l'espandersi continuo della superficie del mare, il ritmo della massa liquida è rappresentato per mezzo di
segmenti a forma di croce di diverse dimensioni. Al centro, in basso, una specie di cuneo costituito da segmenti verticali
si insinua verso il centro del dipinto: si tratta probabilmente del molo indicato dal titolo. I segni si infittiscono verso
l'alto, che costituisce una sorta di orizzonte della veduta, e sfumano ai lati, generando una sorta di moto centrifugo dello
sguardo dal centro alle periferie dell'ovale. Riferendosi a questo dipinto in una lettera all'amico Theo van Doesburg,
Mondrian affermò che esso esprimeva «l'astratto-reale» nel modo più efficace.
De Stil e il Neoplasticismo
Nel 1917 Mondrian si unì a De Stijl, un gruppo di artisti che teorizzavano un'arte capace di superare la soggettività per
arrivare a composizioni di natura universale. Mondrian divenne uno dei massimi esponenti di questa tendenza, nota
come "Neoplasticismo", che poneva l'accento su un «nuovo modo di trattare le forme».
Quadro 1 (1921 Colonia, Museum Ludwig) La tela intitolata Quadro I (1921) esemplifica il personalissimo stile cui
giunge il pittore. Poiché l'arte deve risultare universalmente comprensibile, Mondrian ha ormai adottato un rigoroso
linguaggio geometrico e ha ristretto le possibilità visive alla sola linea retta, vedendovi la sintesi di tutte le altre forme.
L'uso di segmenti tra loro perpendicolari crea un rapporto stabile e immutabile grazie alla loro intersezione nell'angolo
retto, interpretato come il luogo in cui il movimento ha sosta e che consente perciò di arrivare a un'espressione
oggettiva. Allo stesso scopo, il colore è steso con campiture piatte e totalmente uniformi, che rendono indistinguibili,
anche a una visione ravvicinata, il disporsi delle singole pennellate. I colori emergono con forza dalle campiture bianche,
contornate dai rigorosi segni neri, che strutturano lo spazio dell'immagine. In tutte le composizioni di questa serie,
l'artista limita la tavolozza ai soli colori primari ritenendoli in grado di rappresentare l'essenza di tutte le variazioni
possibili. Per Mondrian il ricorso alla geometria non era la fredda applicazione di uno schema matematico, né un istanza
decorativa, ma la ricerca di un ritmo vitale e di valore universale.
Il ready-made Inventato da Duchamp, il ready-made, letteralmente "pronto-fatto", è una delle provocazioni più ardite
elaborate in ambito dadaista: l'artista preleva dal mondo reale oggetti banali e di uso quotidiano, li assembla, talora
modificandoli, e li propone come opere d'arte. Di fronte a questo tipo di operazione, lo spettatore resta disorientato in
quanto trova in musei, gallerie ed esposizioni oggetti che con quel mondo sembrano non avere nulla a che spartire. La
novità consiste nell'aver introdotto nell'arte un ribaltamento concettuale.
Il readv-made puro Readv-made puro per eccellenza è Fontana(1917 Milan, Collezione Schwarz) opera con la quale nel
1917 Duchamp partecipò in incognito alla mostra di New York: un orinatoio in porcellana bianca, capovolto e collocato
su un piedistallo di legno, firmato con lo pseudonimo Richard Mutt. L’opera venne rifiutata in quanto ritenuta una
volgare provocazione: non si sarebbe infatti trattato di una creazione artistica ma di «un puro e semplice pezzo
'idraulica». Il motivo dello scandalo si lega all'essenza del ready-made: un oggetto comune che viene sottratto
dall'artista alla sua funzione ordinaria e dichiarato opera d'arte. Altri elementi accentuano la provocazione. A divenire
"pezzo da museo" è un oggetto non solo quotidiano ma basso, volgare. In più, essendo capovolto, l'orinatoio assume la
forma di un triangolo, simbolo del ventre materno, fonte di vita. Così si spiega lo pseudonimo: "Mutt" rimanda alla
parola tedesca Mutter, cioè "madre", e a Mut, divinità egizia generatrice di tutti gli esseri umani.
Il ready-made rettificati Man Ray e Duchamp realizzarono anche readv-made rettificati, cioè sottoposti a interventi, in
genere minimi, dell'artista. In Ruota di bicicletta(1913 New York, Museum of Modern Art), Duchamp assemblò uno
sgabello da cucina e una comune ruota di bicicletta; la ruota, rovesciata e libera di girare, è fissata allo sgabello,
basamento ligneo per una scultura inconsueta. Regalo(1921) è invece uno dei ready-made più famosi di Man Ray. Con
l'applicazione di quattordici chiodi in fila, l'artista assegna un nuovo ruolo al ferro da stiro: «ridurre un abito in
brandelli». Anche in questo caso l'intervento di Man Ray nega la funzione abituale dell'oggetto.