Su Una Critica Della Ragione Pedagogica
Su Una Critica Della Ragione Pedagogica
Su Una Critica Della Ragione Pedagogica
In una prima fase, Broccoli si occupò di lavori di storiografia politico-pedagogica. Il suo pensiero ha dei forti
legami con la posizione occupata da Gentile, filosofo dell'attualismo. Lo stesso Broccoli riprendeva molto
spesso nelle sue lezioni citazioni di Gentile " io non amo la pedagogia, non la sento, sono nemico della
pedagogia, di quella pedagogia che è stata il tormento delle nostre scuole normali, insegnando ai futuri
insegnanti ciò che non può essere loro insegnato, quello che è arte spontanea del nostro cuore di
educatori, quello che permette l'ascesa della vita e dello spirito venendo a contatto con altri minor di lui".
Sono due gli aspetti che stavano a cuore a Broccoli: la non particolare affezione per la cosiddetta pedagogia
e la nascita recente di quest'ultima (XIX secolo per opera dei tedeschi), a cui possono esserne aggiunti altri
due: il contatto dell'educatore con altri minori di lui e la natura proteiforme della pedagogia, che cambia
connotati inglobando anche gli antichi. Gentile e Broccoli sono accomunati perciò da un fastidio verso una
certa forma di pedagogia, per entrambi la pedagogia è: quella che rende omaggio alle forze native, è
quella che libera dai pregiudizi, quella che sottrae gli uomini dalle pedanterie e che non prescrive alcun
metodo, perchè si rinnova costantemente. La pedagogia di cui parlano è una FILOSOFIA E CRITICA di tutte
le pedanterie percettistiche e metodologiche. Il suo configurarsi come filosofia dell'educazione le conferisce
maggiore giuridicità; la via scelta da B. di una via filosofica alla pedagogia, conferisce nuova linfa vitale, egli
ha avversato la filosofia dell'educazione, ma allo stesso tempo ha difeso il diritto della filo. di essere
scienza , nella costituzione della pedagogia come scienza. Nella storicità, la dialettica e la prassi giocano il
loro destino e in essa la ped. si sottrae ad un destino di falsa conoscenza. B. è contro uno scivolamento
della ped. verso la didattica. L'Attualismo gentiliano si identificava con l'autoctisi, ovvero la creazione di sé
dello spirito (tutta le realtà è ridotta a spirito, spirito come atto, atto che è autocoscienza, creazione pratica
di sé), l'educazione in autoeducazione, in B. la via filosofia all'educazione si identifica con la dialettica
storica.
All'interno della fase storiografica vi sono vari saggi a cui B. fa riferimento, di autori quali: Turiello,
Colajanni, Gentile e Gramsci. E' a partire da questo percorso storiografico che nascerà l'adesione di B. al
marxismo teorico e pratico già dalla fase successiva; quella teorica. Il Gramsci di cui parla B. è considerato
come metodologo, più che storico, in quanto si sofferma sulla strumentazione da lui addottata per leggere
gli avvenimenti storici. La sua attrezzatura concettuale risulta molto interessante per B. Per B., Gramsci è
fuori dal meridionalismo, poichè ha posto il problema esclusivamente in termini di lotta di classe.
1) SAGGIO: Motivi educativi e politici in Turiello:Lo studio sulla politica scolastica ha inizio da Turiello;
questo primo studio mette a nudo la delicatezza del problema educativo e del sistema di istruzione nei
rapporti con realtà molto più complesse ed interconnesse. In questa fase afferma che il problema educativo
è legato strutturalmente all'intera realtà economica e sociale, alla condizione di sottosviluppo delle
popolazioni meridionali. Per contro coloro che pensino di migliorare la condizione tramite la diffusione
della scuola per il rinnovamento del Mezzogiorno fanno considerazioni sbagliate. Il sogno illuministico-
unitario doveva infrangersi a causa delle fratture economico-sociali, una scuola che offriva una cultura di
matrice borghese era del tutto inadeguata, poichè ci si dimenticava del rimanente contesto sociale e
dunque di una scuola che venga messa a disposizione anche delle classi popolari. In questo modo T. pensò il
problema pedagogico-educativo in termini di pedagogismo politico, ma ciò acquisì un carattere
degenerativo, che lo spinse a considerare l'educazione come elemento di ordine e di normalizzazione. Da
quì B. sostiene che l'educazione è vera soltanto quando trapassa in cultura, diversamente è falsa
educazione, poichè è falsa conoscenza e dunque falsa cultura. Per molti anni permarrà la visione duale
propria della teoria dei due poli. Si deve effettuare una vera e propria rieducazione morale delle classi
popolari, ma al tempo stesso ci si dimentica delle riforme da attuare. Il positivismo in questo momento
storico, facendo leva sul fattore della razza come elemento immodificabile, forniva una spiegazione
scientifica dell'inferiorità meridionale.
2) SAGGIO: Una polemica di Napoleone Colajanni Anche nel saggio su Colajanni, B. riprende questi temi.
Afferma che la nuova educazione doveva scaturire da una nuova struttura ec. capace di riconoscere oltre
che le doti negative della classe popolare, anche poteri di decisione nel proprio sviluppo storico futuro.
Un'educazione rivolta alle coscienze, senza prospettive ed alternative è condannata ad essere sterile. E'
necessario che vi sia lucidità nella comprensione capace di muovere volontà e coscienza. Non si tratta di
trasmettere cultura da classe a classe, ma di creare, fare cultura e dunque uscire da uno stato di minorità.
Secondo B. il positivismo ha influenzato anche le concezioni educative a livello di politica scolastica. La
modernità in C. è vista nel suo equilibrio gradualista e l'educazione viene inquadrata nel contesto di
interventi, senza i quali è destinata a fallire. Come C. anche B. fa riferimento al problema degli investimenti
statali, precari al sud e contro agli esponenti che sostenevano che era inutile e dannoso istruire la
popolazione del sud. La questione non era quella di incivilire il sud, ma essa è un'opera che suscita libertà
interiore e progresso, con C. muta dunque la coscienza del ruolo dell'educazione. Le classi come categoria
interpretativa giocano infatti un ruolo importante. B. conclude questa trattazione soffermandosi sul
pericolo rappresentato dal moralismo, sia per la pedagogia che per l'educazione, della quale il moralismo
meridionalistico trova uno dei più fecondi strumenti di indagine. L'atteggiamento moralistico si identifica
con il rifiuto di vivere nel proprio tempo, mentre la dimensione storica necessita di vera conoscenza e
l'educazione è legata a quest'ultima. L'andatura di questo B. non è ancora filosofica.
3) SAGGIO: Sulla storia della scuola privata nel mezzogiorno Quì B. tematizza il problema scuola: le
vicende della scuola privata nel Mezzogiorno e le reazioni dei cattolici dovute alla riforma Gentile. Secondo
B. avanza l'urgenza di una storia sociale, non prigioniera dell'aristocrazia, capace di farci comprendere lo
stato dei rapporti sociali del mondo meridionale tramite un tentativo storiografico. B. rimprovera alla
borghesia meridionale di aver svolto un ruolo puramente parassitario e di rendita, rimanendo incurante
delle esigenze popolari. Molte volte la scuola privata finì per essere lo strumento adatto per il
consolidamento anche sotto il profilo culturale di una posizione economica e sociale appena consolidata.
Troppe volte si creò un'interruzione tra scuola e società. B. inclina verso una visione più storica e realistica;
l'unica classe emergente nel sud era la borghesia terriera, la quale si forgiò lo strumento della propria
nobilitazione culturale, creando uno specifico rapporto scuola-società, grazie al quale essa aveva stimoli
concreti per l'istruzione.
B. conclude esaminando il fallimento della borghesia che non fu all'altezza del compito storico a lei
assegnatole. Era inadeguata nell'avere un ruolo egemone, esercitando solamente il proprio potere.
3 IL GRAMSCI DI BROCCOLI
Il filone culturale uscito dalle vicende preunitarie appare a B. inadeguato, poichè quello storicismo non ha
fatto che teorizzare un solo punto di vista: quello borghese. B. si interessa allo studio della totalità e la
filosofia della prassi è lo strumento più adatto. Il concetto di egemonia rientra nella concezione
gramsciana nel configurarsi come rapporto pedagogico, ma B. in precedenza aveva constatato quanto la
borghesia non fosse riuscita a mantenere la propria egemonia. In questo studio B. si interessa alla
dinamica sociale e dunque al ruolo educativo che vi è in essa. L'educazione appare come l'unico strumento
capace di ricomporre la frattura tra i due popoli. Secondo G. è opportuno imporre una nuova morale
conforme ad una nuova concezione del mondo, la modalità attraverso cui fare ciò è la filosofia della prassi,
in grado di evitare le frammentazioni culturali borghesi. Nascerebbe dunque un nuovo uomo che sia sintesi
tra razionalità e sentimento ed il rapporto egemonico rappresenta la formulazione concettuale della
filosofia della prassi per la soluzione di quelle contraddizioni storico-concettuali. Solamente la sintesi delle
due unilateralità (popolo che vive nel folclore e l'intellettuale) dà la vera conoscenza, riesce a far nascere
una nuova consapevolezza storica, conduce alla vera comprensione. G. la chiama funzione egemonica ed
essa è possibile creando tra le due parti uno stesso clima culturale. Anche secondo B. senza tale rapporto, il
popolo sente e l'altro sa. Il folclore, il sentimento, la passione sono il vero sostrato da cui muove la
concretezza della storia ed è necessario tener ben saldo il vissuto delle masse (B.) al contrario di come
sostenne Gentile. Passione, mito e folclore caratterizzano la spontaneità delle masse, una spontaneità del
tutto storica. Essa però non esclude un ordine, una disciplina collettiva, che ha bisogno a sua volta di una
direzione, senza che essa conduca ad autoritarismo o indottrinamento. Perciò è fondamentale che vi sia
dialettica e suscitare consenso. Si deve giungere alla comprensione e consapevolezza della storicità
dell'individuo, tramite la concezione del mondo razionale, la razionalità opera la sintesi tra la frattura
sentire-sapere. Il conformismo propositivo può maturare solamente all'interno di una filo. Creativa, alla
sua realizzazione è necessario l'apporto delle masse. Tesi marxiana utilizzata da G. ---> L'ambiente
ineducato e rozzo ha dominato l'educatore, il volgare senso comune si è imposto alla scienza, se esso è
educatore allora deve essere educato. In G. Va sottolineata l'attenzione riposta nei confronti della volontà
dell'uomo verso le sue possibilità di padroneggiare e di mutare il corso della realtà, quest'elemento
volontaristico è direzionato anche alla trasformazione dei rapporti sociali. Secondo B. L'uomo è un blocco
storico attivo, la sua individualità è rappresentata dalla storicizzazione dell'uomo (egli comunica con gli altri
e con il proprio ambiente) e che rende possibile la continuità del rapporto educativo-egemonico. Nel
rapporto maestro-scolaro va curato lo stesso processo di rimozione del folclore in vista di una coscienza
razionale, in mancanza di ciò vi sarebbe indottrinamento e non educazione. Solo così la scuola prende la via
creativa e non più attiva, perchè si dirige verso la storicità. Se l'alunno è educato anch'egli offre al maestro
occasioni educative, e così la società intera viene investita da questo processo, diviene una società
educante. Con G. Il rapporto ped. Si estende alla realtà politica e il concetto di creatività sta a indicare una
forma continua di sperimentazione storica, che prevede la partecipazione di comunità e di socialità. E'
proprio la dialettica storico-sociale a mancare a Gentile, secondo B. L'identificazione ped.-filo. Vedeva la
morte della prima a causa della conformazione che annullava lo scolaro e le masse ponendoli in una
razionalità che non aveva lo scopo di formare; tale operazione deriva dalla filosofia della prassi, ovvero la
filo. Che vuole essere e lo è per definizione. B. ---> la pedagogia è di matrice storica, tratta la crescita
dell'individuo e delle masse attraverso la libera razionalità e dunque verso la democrazia.
Negli studi successivi notiamo un B. Profondamente mutato; una grandissima negatività caratterizza la
nuova identità della pedagogia, poiché si nota la debolezza dello strumento ped. In quanto fonte di
conoscenza. Mentre in G. Vi era una identità tra politico-filo.-ideologico, in B. Vi è una profonda frattura,
che allontana irrimediabilmente l'educazione dall'autentica conoscenza, poichè asserisce che essa
maschera e riproduce le contraddizioni della realtà. Egli si interessa alla filo. Della prassi, strumento
idoneo a superare le contraddizioni reali e ridefinire lo strumento pedagogico. In questo momento si parla
di scienze dell'educazione, rendendo ragione delle necessità e dell’ efficacia del contributo conoscitivo
derivante dalle altre discipline, permettendo di comprendere al meglio il complesso fenomeno ed. Così essa
si irrobustisce in direzione scientifica ed epistemologica. Il discredito che sta attraversando può essere
dunque superato mediante l'interesse di altre discipline per il mondo ped. Egli si mostra piuttosto scettico
sulla bontà della strada che la pedagogia sta intraprendendo per superare la sua crisi: decine di scienze non
fanno una scienza, non producono vera conoscenza. In Ideologia e educazione compie 2 osservazioni:
1) la crisi del rapporto ed. Deve essere inquadrata in un ambito più vasto, all'interno di tutta la società civile
2) sul piano speculativo deve esserci un ripensamento della condizione dell'uomo e del mondo contemporaneo.
Se la storia della ped. È storia della filo. Depotenziata, e dunque è ideologia essa limita anche la
connotazione fondamentale della soggettività moderna: la creatività. Essa è legata alla concezione
dell'uomo produttore di sé e della realtà. Il campo semantico di B. Trova le sue radici in Kant, Hegel e
Marx, la sua creatività è da collocarsi a cavallo della filosofia tedesca: il criticismo, l'idealismo ed il
materialismo storico. A partire da Kant e Marx, il soggetto è in grado di conoscere veramente soltanto ciò
che crea, ma il dramma si ha quando quella conoscenza è solo apparente e non giunge effettualmente alla
spiegazione e al dominio del reale. Sulla scia di Lukas, B. Effettualizza tale conoscenza tramite la
corrispondenza tra sogg. E creatività dovuti all'esigenza fondamentale della classe egemone, quella
conoscenza si identificherebbe allora con la razionalità di una classe che ha conosciuto successi e
conquiste. Ma le fratture diventeranno vistose quando quel modello sarà assunto come paradigma
universale valido per tutti gli individui, questi ultimi saranno così sganciati dalla storia reale e costretti a
vivere in una situazione puramente ideologica, nella quale non si comprende né la totalità del reale, né i
nessi autentici tra le cose.
L'educazione a questo punto viene proposta come alternativa al fallimento di un pensiero filo. Che non
riesce a dominare la realtà. Alla creatività si sostituisce l'educazione , ma essa riesce solamente ad ordinare
il reale e a conformarvisi, non a conoscerlo e a trasformarlo. B. Segue L. Sul versante del più radicale
pessimismo nei confronti delle modulazioni della razionalità borghese. Nella filo. Critica la creatività finiva
in idea e l'educazione costituiva lo strumento per il mantenimento della realtà esistente ma
nell'impostazione hegeliana la situazione muta radicalmente. Egli appare come colui che ha colto in
profondità il problema e ha sistematizzato la sua concezione, riportando il postulato ed. All'interno del
sistema. B.---> tutto è prodotto dallo Spirito univ. E la creazione dell'uomo consiste nell'appropriarsi ciò che
lo Spirito univ. è. Solo Hegel con il concetto di prassi ha quindi sistematizzato e storicizzato la creatività
all'interno del sistema, B. Gli riconosce il merito di aver unificato essere e dover essere, ma vi è un pericolo
in ciò: la creatività è sì storicizzata, ma in una prospettiva di conformazione ad un paradigma ultramondano
e così si adeguerebbe a un modello che è al di fuori della sua storia, ma che deve divenire la sua unica
storia. Quì tutto è prodotto dalla prassi e tutto ha origine da essa, ma la prassi è quella dello stato
provvidenziale, di fronte al quale gli individui stanno come condizione di una realtà superiore. Il concetto
di pericolosità sta ad indicare la pericolosità della prassi hegeliana, è pericolosa la possibile scissione tra
conoscenza e moralità, quando ciò avviene nasce il bisogno della pedagogia.
Due sono i concetti fondamentali: la prassi e l'alienazione. Entrambi nati da H., ma ripresi e approfonditi o
rovesciati nel caso del primo da Marx. H= IDENTIFICA OGGETTIVAZIONE CON ALIENAZIONE.
Da quanto detto l'ideologia è il luogo privilegiato della pedagogia, la sua morte in quanto ideologia, può
consentirle un riscatto che può avvenire solamente attraverso la prassi, capace di farle raggiungere
autenticità. Marx aveva focalizzato 2 momenti della speculazione pura: l'astrazione della concretezza
storica e il porsi di essa come regola di un mondo mai realmente dato o conosciuto. B. Identifica tale
speculazione con l'atteggiamento educativo.
La creatività che caratterizza il mondo moderno non è altro che la creatività nell'ambito dell'alienazione. In
questo modo l'educazione si identifica con l'ideologia e l'etica, con un'etica che nasce dall'interrompersi del
legame indissolubile, con la conoscenza-creatività.
Al pari dell'ideologia anche la comunicazione, in quanto momento tecnico di trasmissione di una falsa
conoscenza assume un carattere pessimistico in B. Essa si farebbe carico di trasmettere e diffondere valori
derivanti dalla scissione di conoscenza e moralità. Essa rappresenta l'impossibile mediazione tra le parti
nascendo in un contesto duale (quì critica pesantemente Feuerbach= maestro e allievo sono rigidamente
contrapposti, non vi è dunque dialettica ma comunicazione). La verità in quanto tale è educativa e
pedagogica, l'altra parte, quella più debole è semplicemente comunicata perciò è educata. Ciò che manca
alla comunicazione è dunque l'immersione storico-dialettica della prassi, perciò non riesce a liberarsi dai
panni della relazione conformativa. (F. Dava luogo invece ad una comunicazione in quanto educazione). B.
Afferma che il concetto di creatività si può porre solo in un senso che presuppone un cambiamento
rivoluzionario, secondo B., la politica si traduce in trasformazione e filosofia, l'adattamento in ideologia e
educazione; la filo.= conosce e trasforma, l'ed.= non conosce e conserva. Così l'educazione è il modo di
essere dell'ideologia, che non riesce ad essere creativa sul piano della storia e dunque filosofia, rifugiandosi
nella speculatività. Solo se l'educazione diverrà autentica allora essa sarà fonte di vera conoscenza, come la
filosofia.
Marx chiarisce la nascita dell'educazione come ideologia e svela la sua concreta funzione all'interno della
società. Nel tempo si è creata un'autonomia tra coscienza e realtà, fino a separarsi, in questo modo nasce
l'ideologia come falsa coscienza e falsa conoscenza. In questo atto B. Vede la nascita dell'ideologia: nella
separazione di coscienza e realtà operata nella divisione del lavoro. L’innocente alienazione h. è così
diventata, in M. estraneazione dell’uomo da sé e regola socialmente e storicamente vincolante.
L’impossibilità del pensiero borghese alienato di cogliere il reale lo porta a divulgare l’immagine e la falsa
rappresentazione della prassi reale. Ideol. Ed ed. sistematizzano l'inautentico, la creatività si era identificata
con l'interpretazione o falsa interpretazione e l'educazione con la divulgazione e trasmissione della
creatività depotenziata.
In questo contesto è prevalsa l'interpretazione, essa ha prodotto falsa conoscenza, che è stata trasmessa
tramite l'educazione. La falsa conoscenza di pochi (filosofi), complice l'educazione e dunque la
trasmissione diventa certezza di tutti. E' chiara l'impossibilità dell'educazione a ben educare---> cattiva
filosofia. La volontà di modificare l'inautentico tramite l'educazione è vano: l'educazione non può essere lo
strumento di risoluzione dell'ideologia, perchè è proprio il modo di essere dell'ideologia. Nel momento in
cui termina l'illusione pedagogica, l'ed. Si autopone come portatrice di libertà, ma è solamente una pura
illusione. Secondo B. L'ed. È impossibilitata nel divenire autonoma. Questa autonomia negata
rappresenta la posizione di B. Nei confronti della ped.
In B. Opera fortemente la categoria della totalità, che coincide con la stessa concezione dialettica della sua
impostazione teoretica. Solo la dialettica può unire una realtà storicamente divisa. Il meccanismo di
espansione dell'ideologia è particolarmente deleterio nel rapporto educativo; il carattere di trasmissione
dell'ideologia è ciò che maggiormente connota il rapporto educativo. L'educatore si riconosce come tecnico
della trasmissione e in quando tale si distingue dall'ideologo, una nuova visione però permetterebbe di
vedere l'insegnante anche come sollecitatore di cultura fornito di cognizioni psicologiche e pedagogiche e
capace di porsi come professionista nuovo.
Per B. Non vi è una vera e propria autonomia della ped., rimane per lui un sogno impossibile, qualcosa di
desiderato. Essa è ambigua nella sua riformulazione come scienza dell'educazione. L'assolutezza e
l'autonomia che richiama sono illusorie, poichè essa ha denunciato l'antico legame che ha con la filosofia,
senza indagare su di esso, proclamandosi scienza autonoma.
La prassi rimanda alla concretezza, una concretezza a cui si sottrae invece l'istanza scientifica quando si
limita alla pura e semplice osservazione empirica. Senza l'astrazione scientifica il reale non è verità. Per
sfuggire alla vacuità ideologica si deve recuperare la concretezza storica ed è proprio mediante l'astrazione
che si giunge al concreto. Quì B. È completamente in accordo con Marx ---> M. Distingue l'astratta
determinazione e l'astrazione determinata; l'una è il frutto dell'indeterminatezza, l'altra astraendo dal
caos e dalla pura empiria, cioè da un falso concreto, permette di lasciare la posizione puramente
speculativa. Sono le astrazioni determinate che permettono di raggiungere il concreto e di modificarlo in
senso innovativo e creativo. La scienza borghese si sottrae dunque a ciò e si configura come astratta
determinazione. Questa interpretazione fa si che essa si confronti col reale creandosi una falsa realtà:
l'educazione e l'istruzione, in quanto volontà di mistificazione della storia. Occorre quindi impegnarsi in un
progetto che sia alternativo all'utopia, all'astratta determinazione e al mito dell'ogg. Scientifica. In
Marxismo e educazione B. Riprende tutto il pensiero di Marx. La rivitalizzazione della pedagogia si
opererebbe soltanto nel momento in cui essa giunge alla morte come educazione-ideologia e rinasce come
buona filosofia, filosofia della prassi.
L'intero lavoro di B. Si configura come una critica alla ped. Attuale, che denuncia la verità dell'ideologia,
attraverso la quale si prende coscienza che l'immersione nel concreto è cosa molto difficile da realizzare. Il
suo interesse è sempre rivolto ad una reinterpretazione diversa e innovativa del rapporto educazione-
società. Il concreto è un livello difficile da raggiungere, è un obiettivo teorico che spesso sfugge. B. Vuole
avviare un lavoro di demistificazione e di disoccultamento dei meccanismi annidati nella pratica sociale e
scolastica. Quest'illusione di utilizzare la pedagogia come strumento per mezzo del quale trasformare la
società si è imposto troppo a lungo. La ped. Pretendeva di agire dunque su una materia che in realtà
sfuggiva alla sua sperimentalità e verificabilità. Per B. Ora è necessario:
Il concetto di comunicazione, che non appare in nessuno scritto di M., è invece per B. Fondamentale in ogni
costruzione educativa, in essa sono depositate: la cultura, le tradizioni, i costumi e la morale, che ha
interrotto la propria storia e ha indotto gli altri a contemplarla. Così la comunicazione risulta essere
opposta alla prassi e favorisce un processo di conformazione passiva. Ideologia= educazione=
comunicazione. La falsa comunicazione vieta la dialettica ed in particolar modo la dialettica sociale,
prosperando verso quella comunità apparente come la definisce anche M. La comunicazione in quanto
fissa, provoca adeguazione dell'individuo alla norma, mentre la prassi si definisce come il contrario
dell'interpretazione, è negazione di un diverso modo di concepire ciò che è. In tal modo la classe egemone
chiama gli altri a raccolta nel tentativo di offrire loro un paradigma di identificazione, nasce così
l'educazione e l'ideologia. Si crea un movimento di aggregazione attorno a certi valori e educazione varrà
come conformazione, risoluzione dei problemi reali nel mondo dell'apparenza. Riprende l'idea da M., che
se l'uomo è formato nelle circostanze, allora deve rendere umane le circostanze, l'umanizzazione dei
rapporti deriverebbe dall'eticità. Quest'etica si identifica in B. Con la storicità: con la relazione uomo-
ambiente, la prassi. Bisogna offrire ad ognuno ciò di cui ha bisogno.
Nasce quì un ulteriore problema: quello di stabilire i bisogni reali di ciascun uomo. Egli vive in società che è
preda dell'ideologia, dunque se fosse chiesto a quest'ultimo di esprimere i suoi bisogni culturali, egli
risponderebbe in termini ideologici. I bisogni devono essere analizzati a partire dalle contraddizioni
generate dalle lacerazioni prodotte dalle condizioni materiali di esistenza e dai rapporti di produzione. Ma
se ognuno appartiene a qualcosa che è di fuori dalla società allora ognuno ha un diverso modo di concepire
questi rapporti. Ciò che si può fare per evitare questo caos è chiarificare e accertare ciò che è l'individuo
realmente, in modo da accertare i bisogni culturali di ognuno. E' il lavoro, nella sua duplice valenza di
alienazione e di riscatto a rendere possibile la storicità di ogni progetto e dunque progettualità educativa.
La prima concreta determinazione è data dalla natura sociale dell'individuo, egli è sempre parte di un
insieme più grande ed è inscindibile da ciò e la dimensione sociale opera concretamente nell'individuo
attraverso i meccanismi di relazione comunitaria. Per rendere il suo progetto razionale deve aver coscienza
della propria condizione di finitezza. Una relazione comunitaria distorta incide negativamente sulla sua
soggettività, a tal punto di renderlo alienato e su quell'alienazione divenuta naturale si fondano le scienze
umane ---> le scienze tendono a naturalizzare la sua condizione presente e quindi ad approfondirla
scientificamente in un suo preteso stato di normalità.
PRASSI= s’intende l’attività umana trasformatrice del reale e produttrice di storia ( indica anche l’attività
umana, l’agire sociale)
4,1 Una lettura scientifica delle tesi
La conclusione a cui perviene Althusser non è accettata da B., il primo sostiene che: da una parte vi sia la
scienza, con una funzione di conoscenza (funzione teorica) e dall'altra l'ideologia come sistema di
rappresentazioni, svolgendo una funzione pratico-sociale. Se dunque è impossibile un mondo
completamente dominato dalla scienza allora resta sempre una funzione residuale all'ideologia. Secondo
B.: la funzione teorica o di conoscenza rimanda ad una funzione pratico-sociale. E' dunque scontato che
egli prenda le distanze da A., che ritiene l'ideologia indispensabile nella società come elemento di
formazione degli uomini; ciò significherebbe ripristinare l'esigenza educativa. Riprendendo la terza tesi
(TESI SU FEUERBACH SCRITTE DA MARX 1845 E CHE B. ACCETTA), la scienza si deve realizzare nella prassi
altrimenti non si supererebbe l'astrattezza astorica propria dell'illuminismo e dei contenuti illuministici. B
afferma che Feuerbach finì per perdere di vista la realtà affidandola di nuovo alla funzione rigeneratrice
dell'educazione.
1° Tesi: M. denuncia nella I TESI il limite del materialismo ingenuo compreso quello di F.: secondo cui l'ogg.,
la realtà e la sensibilità non sono concepiti come attività umana sensibile, dunque come prassi e nemmeno
soggettivamente. finisce nel cadere in una condizione del tutto astratta (più di quella di H.) ---> Quello di F.
è un materialismo, è l'uomo reale che vive nel mondo e la realtà avrebbe origine al di fuori dell'attività
dell'uomo storico reale. Sia F. che H. dunque, (secondo M.) cadono nel creazionismo: CREANO IL
CONCRETO DALL'ASTRATTO. Dimentica la dimensione storico-reale dell'uomo. F. voleva combattere la
teologizzazione della realtà, condotta da H., presupponendo una immediatezza nella naturalità. Ciò che fa
difetto nelle posizioni di H.,F. E K. È la storia, che non viene padroneggiata razionalmente. Secondo B. il
problema è sempre lo stesso ---> LA CONNESSIONE DI SOGG. E REALTA'. Ciò che interessa a B. è la
rivendicazione della robustezza scientifica della prassi, tramite la quale pensare alla storia come all'unica
scienza. Dialettica, prassi, scienza, storia vengono qui a coincidere. L'astrazione determinata opera una
validazione scientifica della prassi. Il circolo hegeliano è caratterizzato da una mancanza di storia e finisce
nel chiudersi in se stesso.
2° Tesi: La verità ogg. sta al livello della prassi, le idee provano la loro verità nel cambiare la realtà. Bisogna
verificare le idee nella realtà pratica.
Terza Tesi: Essa segue la seconda. La dottrina materialistica ha attribuito carattere di verità all'ambiente.
Natura e storia, sogg. E oggetto, materia e spirito sono uniti, ma è la loro frattura che deve essere spiegata,
poiché è da essa che hanno origine l'oggettivazione e l'alienazione e tutte le dualità che pensiero e storia
hanno conosciuto. L'educazione pretenderebbe di leggere con immediatezza l'ambiente e di comunicare
quegli esiti conoscitivi alla pratica sociale. Nel pensiero borghese, l'educazione ha acquisito una sua
autonomia, essa pretende di imporre la verità alla realtà, vuole CONDIZIONARE ATTRAVERSO LA
PROPRIA INTERPRETAZIONE DEL REALE IL REALE STESSO (è preda lei stessa di questa sua interpretazione,
distorcendo la realtà e riproducendone una falsa). Tutto ciò è possibile, secondo B., perché all'interno del
pensiero borghese vi è stato un avvenimento che ha indotto alla scissione di natura e storia, la realtà (in
senso meccanicistico) non è prodotta dall'uomo, impone all'uomo le sue condizioni, lo domina. Dunque la
distorsione della storia, operata dall'educazione si sforza di trovare un significato migliore a quelle
condizioni. La conclusione: o si imposta un processo dialettico, o l'uomo sarà sempre più preda
dell'ambiente e indifeso di fronte alle sue aggressioni materialistiche. Ciò che interessa a B. è la
dimensione scientifica delle Tesi, quindi la dimensione logico-epistemologica, non una tesi pedagogica. In
questo contesto scienza è = a prassi, cambiamento reale, autotrasformazione.
Quarta Tesi: Marx critica il rovesciamento operato da F. della teologizzazione hegeliana del reale,
sottolineandone la contraddittorietà del nuovo fondamento. B. lega quel fondamento alla necessaria
presenza di una coscienza morale. M. sta recuperando un concetto autentico della coscienza dell'uomo e
sta stabilendo la legittimità dell'esistenza di tale coscienza morale, a patto di ricostruire esattamente le
tappe e il processo della loro formazione. Ciò che importa è ricostruire dal punto di vista storico il processo
di formazione, far emergere l'identità storica dal processo di autoformazione (di cui parla nella 3° tesi). La
coscienza è dunque il prodotto di determinate condizioni storiche di esistenza.
Quinta Tesi: qui si denuncia lo sforzo di sostituire l'astratto pensiero hegeliano con l'intuizione (tentativo
vano, poiché anche l'intuire è un atto logico depotenziato così come l'astratta determinazione, ciò che
permette di uscire dall'astrazione è la puntualizzazione storica del processo di astrazione e della
conseguente distorsione della realtà).
Sesta Tesi: In essa M. vuole restituire parola e determinazione (come diceva nella 5° tesi) all'universalità
muta dell'essenza umana, una coscienza muta. Il suo dire è STORICO, come storica e sociale è la sua vera
essenza. La discesa della coscienza (di F.) dal divino all'umano è infatti un'astrazione inefficace. La prassi è
estranea a questa operazione e si introduce una doppia astrazione: religiosa e umana. Alla prassi non è
estranea la coscienza morale: è l'insieme dei rapporti sociali, è vitale per il processo di trasformazione la
dimensione etica. Una coscienza senza prassi ha imposto i suoi diritti e ha la pretesa di imporsi come la
coscienza creatrice della prassi.
Settima Tesi: Si evidenzia la natura sociale del sentimento religioso ed il suo appartenere ad una forma
sociale determinata.
Ottava Tesi: Sottolinea la natura pratica della vita sociale e la prassi come luogo di soluzione.
Nona Tesi: Sottolinea la prassi (come nell'8°) come soluzione del misticismo avvenuto attraverso il
materialismo intuitivo di F.
Decima Tesi: A tale materialismo c'è un'alternativa: un nuovo materialismo fondato sulla società umana
o umanità sociale.
Undicesima Tesi: Si tratta di passare dall'interpretazione del mondo ad una vera e propria
TRASFORMAZIONE.
Continuare a pensare nei termini tradizionali significa conservare la vecchia logica. La sovrastruttura finisce
con l'essere educata da quella struttura che voleva educare, condannandosi al caos e alla non conoscenza.
Non è possibile affidare all'educazione l'impresa di mediazione, poiché ad essa si chiede di interpretare,
mentre alla coscienza si chiede di trovare la concretezza che invece può derivare solamente dalla storia. Per
avviare un meccanismo di trasformazione l'educazione deve morire in quanto ed. e rinascere come prassi.
B. non è interessato a comprendere la rigida contrapposizione dei 2 Marx ---> Marxismo umanistico e m.
scientifico. Da una parte svolge una ricostruzione del marxismo sottolineando la matrice storicistica,
dall'altra si sofferma sulla caratterizzazione scientifica del pensiero m. Il suo discorso sul valore scient. Del
m. è fondamentale, esso sta soltanto in ragione alla sua robustezza epistemologica, in quanto a ciò è
relativa la sua credibilità. L'Introduzione del '57 è per B. una carta epistemologica del discorso m. Il discorso
scientifico sta dunque alla base di un'alternativa alla deriva ideologica, in quanto M. affronta la realtà nella
sua globalità, demistificando l'ideologia per creare scienza, rigorosa ed ogg. Queste sono le fasi del
processo metodologico della struttura scient. Del marxismo.
EPISTEMOLOGIA= CONOSCENZA SCIENTIFICA, INDAGINE CRITICA SULLA STRUTTURA E SULLA
METODOLOGIA DELLA SCIENZA.
5,2 Epistemologia come critica dell'epistemologia (Testo: appunti per una critica dell'epistemologia
pedagogica)
B. interviene in un dibattito sulla natura e destino della filosofia dell'educazione. Ogni discorso
sull'educazione non può sottrarsi al criterio della verità. La scienza è il luogo in cui la verità prende forma
logica ed è con essa che la filo. Dell'ed. Deve fare i conti. Un'educazione autentica non può non legare il suo
destino a quello della scienza. B. si spinge sul terreno della concretezza senza ambiguità. Sembra (dice B.)
che soltanto la filosofia abbia l'onere di dimostrare i suoi presupposti e risultati, mentre per la scienza ciò
sembra non essere necessario. Essa viene dunque assunta acriticamente e come valore di riferimento. In
campo educativo si finisce con l'assegnare alla scienza il compito di indicare le finalità dell'educazione senza
alcun riferimento alla pratica; la scienza ha assunto su di sé i vari compiti una volta attribuiti alle diverse filo.
Dell'ed. In realtà è nella pratica che avviene la conoscenza e deve esserci un principio logico in cui spiegare
plausibilmente il reale. Le varie fil. Dell'ed. Devono radicarsi per una validazione scient. Su di un det.
Terreno storico, dal quale muovere ogni astrazione determinata. E' alla filosofia e alla scienza che la fil.
Dell'ed. Deve far riferimento, essa deve partire da una critica di se stessa, la sua configurazione critica sarà
il prologo di un vero e autentico legame tra scienza e fil. Essa deve interrogarsi sulla premessa
metodologica che la guida, deve spiegare da quali necessità storiche o teoretiche essa sia stata
determinata. La verità è concreta e solo nell'uomo. Le contraddizioni reali vanno scoperte sul terreno e il
discorso critico deve passare dalla scienza all'UOMO PRODUTTORE DI SCIENZA. Verificare dunque la verità
come immanente all'uomo prod. Di sc. L'epistemologia si pone qui come critica epistemologica. Una sc.
Astratta non può che essere ideologica, ogni filosofia dell'educazione deve riferirsi alla scienza e alla filo.
Come orizzonte totale. NON BISOGNA DIMENTICARE IL LEGAME CHE VINCOLA OGNI COSTRUZIONE DEL
PENSIERO, COMPRESA LA SCIENZA, ALL'UMANITA' AUTENTICA. Ogni progettualità storica o scient. Mostra
la sua significanza e validità sul progetto-uomo che regge.
Questo saggio, nasce in risposta alle suggestioni esercitate su di B. dalla questione epistemologica posta da
Piaget, Althusser e Bachelard. B. esprime in maniera efficace l'allontanamento della ragione dal mondo: la
razionalità si allontana dal mondo e affida alla saggezza la funzione di rappresentarla come valore,
guarda ad una prassi che disprezza e affida all'educazione il compito di secolarizzarsi. B. si chiede --->
Come si configura la scienza in rapporto a sé, al mondo e alla prassi? Poichè il problema non è nuovo, B.
torna sempre ai classici H., K., M. La saggezza è la sintesi ragionata fra le credenze e le condizioni del
sapere; è lo strumento utilizzato dall'uomo per conferire senso alla sua esistenza per mezzo di opinioni
che oltrepassano i limiti della sua conoscenza effettiva. L'unico potere che una razionalità separata dalla
prassi scorge attorno a sé è l'irrazionalità dilagante nelle masse e nella società politica. E' la ragione che
crea la saggezza affidandole un compito di impossibile supplenza. I valori non si danno, si costruiscono
quotidianamente, la ragione è tale solo quando è partecipata e vissuta nella storia di tutti. B. tematizza
una scienza-ragione che si apparta dal mondo e che condanna quest'ultimo da cui essa stessa si è
allontanata. Essa creerà non-scienza. Si erige a fonte di verità per una massa e per una realtà che ha
intenzionalmente allontanato. Questa sc. E questa epist. Si definiscono dunque entro l'empirico. Dalla
scissione nascono le saggezze, le ideologie e certe forme di filo. Le saggezze diventano a loro volta
interpretazione e comunicazione e l'educatore si pone in funzione inibitoria e parassitaria. Quest'epist. È
uno strumento di conservazione, si ritrae volutamente dal confronto con il mondo e con la storia e non si
misura con il metro della creatività. L'epistemologia è tale solo quando entra in rapporto con la storia.
6,1 Cognitivismo
Le frequentazioni di B. sono state più filosofiche che pedagogiche, ma nonostante ciò egli ha condotto delle
riflessioni in merito alla pedagogia, il cui bersaglio centrale è stato Dewey. Ha criticato fortemente tutti
coloro che hanno trattato con insufficienza la filo. Della prassi e che non hanno colto l'autentica pedagogia.
In questo primo caso ci riferiamo a Bruner (lo strutturalismo bruneriano) e alla sua psicologia della
cognizione. B. va a sottolineare (nel pensiero di Bruner) le oscillazioni presenti tra l'eccellenza individuale,
che deriva da un'impostazione razionale ed il contesto sociale in cui tale razionalità vive ed opera. Il
momento cognitivo è preminente (insegnamento-apprendimento) su quello socializzante e affettivo.
L'oscillazione precedente si tramuta in oscillazione tra simbolo e mito. In tale contesto il mito: ci fornisce
delle trame, dei mezzi pronti all'uso per esteriorizzare la conoscenza, esso è la base per comunicare, il
filtro dell'esperienza se non addirittura sostituisce l'esperienza stessa. Il simbolo invece ordina e
classifica, dunque l'uno sorregge l'opera dell'individuo, l'altro fa da sfondo ad una società o epoca (la mano
destra è individuale, la sinistra è sociale). Per Bruner, la conoscenza è una condizione, non la causa del
comportamento, per B. si tratta di ricercare le concezioni che sottostanno al comportamento. Anche in
Bruner è presente il problema dell'egemonia che si manifesta nell'attività dell'intellettuale creatrice di miti.
In realtà ciò che è consentito a quest'ultimo deve essere consentito anche agli altri individui. La
simbolizzazione a cui chiama l'individuo passa anche attraverso la fruizione dei miti. Anche in Bruner
secondo B. è presente l'orizzonte sovrastrutturale: individualità resa simbolica e piano della socialità
espressa in termini di mito. Il problema è armonizzare questi due livelli; dalla soluzione derivano le
connotazioni di una teoria educativa. In conclusione l'oscillazione in Bruner appare irrisolta e B. la
evidenzia traducendola in termini storicistici e gramsciani.
6,2 Pragmatismo
Quì un posto di rilievo è occupato da Dewey, sempre in senso critico. Il pragmatismo è una corrente fil.
Nata negli stati uniti a metà del XIX sec. Che si basa su una connessione tra: conoscenza e azione. B. si
rivolge criticamente all'ideologia progressiva e democratica di Dewey. I limiti della sua posizione sono: la
giustapposizione tra educazione e democrazia, educazione e storia, educazione e fil., in quanto dimentica il
concetto di dialettica e prassi. Gli stessi maestri sono considerati da B. estranei ed esterni alla storia nel
momento in cui essa si costituisce come vera. La centralità dell'ed. Non lascia liberi gli attori e la società in
cui vivono, qualcuno continuamente la protegge, la guida, la indirizza, la educa: suggerendone le mosse
da attuare. Quella stessa ped. Ed ed. sfuggono dalla dialettica ed evitano la totalità, manipolando la
storia. Secondo B. vi sono ambivalenze sui significati utilizzati dai progressisti pedagogici: sfugge il
significato di totalità e viene scambiato con quello di totalitarismo. Lo stesso accade per il concetto di
egemonia, che ricade nella dittatura. Questi non sono elementi che si identificano necessariamente. Nella
società in cui tutti viviamo ad esempio vi è sempre una certa forma di egemonia, perchè si è vittime di un
radicato conformismo. B. rifiuta l'assimilazione del pragmatismo deweyano alla fil. Della prassi, poiché in
esso sono vietati i legami profondi con la storia e la società. Anche la creatività, opera all'interno della
relazione dialettica di pensiero e storia. Quando il pensiero non educa, ma ne è anche educato. La
creatività è vera quando l'esposizione dialettica al confronto rifiuta la conformazione. Se D. avesse fatto
ricorso alla creatività allora non sarebbe ricorso in maniera così vistosa all'educazione. Essa non prende
forma in quanto l'identità del sogg. È incerta. Per superare la condizione di dualità sogg-ogg. D.
immedesima questi due elementi, liquidando questa situazione ma rendendola ancora più ambigua.
Accantonare ogni elemento di spiegazione legato alla prassi o storia è ciò che fa D. Al problema della
creatività e della storia D. fa affidamento su una naturalità evolutiva dell'uomo, sulla dinamica produttiva
dell'abitudine, dell'azione e dell'abitudine futura. D. intende con abitudine= un'attività dinamica e non
ripetitoria, la razionalità si sviluppa da essa e dall'acquisizione dell'abilità al cambiamento. Questa
abitudine è legata al cambiamento dei costumi, alla morale, all'uomo e rappresenta la possibilità di
pospettazione del futuro. Si parla di ideologia secondo B. e non di storia. La fil. Dell'educazione ha il
compito quindi di migliorare la società, mediante la diffusione partecipata dell'ideologia. L'alternativa è
dunque: o la conservazione ---> ideologia/educazione oppure la trasformazione ---> prassi. D. privilegia
infine previsione e comunicazione, quindi trasmissione, in cui la pedagogia diviene luogo di adattamento
del presente al passato, mentre la prassi di B. è CONOSCENZA- CREATIVITA'- TRASFORMAZIONE. Il
rapporto ed. è liquidato dalla traduzione del sapere del maestro nell’esperienza dell’alunno, una
conformazione che impoverisce entrambi.
6,3 Attualismo
La crisi del rapporto ed. c'è e non vi sono dubbi e riguarda tutta l'intera società civile. B. reclama per la ped.
Un orizzonte culturale vasto, soltanto all'interno di una larga concentrazione culturale può trovare spazio,
significato e definizione. Essa non è metodologia o formalismo, ma formazione, cultura e Bildung.
L'obiettivo di B. è di radicare il discorso ped. Su un terreno vasto ed antico, perchè vasto e antico è lo sforzo
di riflessione dell'uomo che si osserva e osserva il suo movimento di crescita all'interno di un mondo che si
trasforma e da cui egli è trasformato. La crisi della ped. E dell'ed. In Italia è una crisi del tutto culturale, in
cui essa non fa i conti con il proprio passato e misconosce le sue radici, in tal modo non assume una
posizione critica che consenta la creatività. La cultura vera è apertura verso i problemi, da questa chiusura
nasce la stessa chiusura del marxismo. La sua capacità di rimettersi in discussione è ormai logora, perdendo
la realtà e divenendo esso stesso ideologia. Le debolezze nascono da giustapposizioni teoretiche, da prestiti
concettuali, DIMENTICANDO CHE IL MARXISMO NASCE COME FILOSOFIA TOTALE. Una sua utilizzazione in
parti creerebbe crisi, per evitare tale caduta esso deve ispirarsi costantemente, rimanendone fedele, alle
concezioni di fondo di Marx e della sua prospettiva. Questa è data dalla convergenza tra: utopia
illuministica e storicismo tedesco. Il m. non può perdere uno dei due lati. B. non è garante di alcuna
ortodossia, ma riconosce nel m. un'incompiutezza ed irrealizzato. La crisi del m. è relativa ai suoi interpreti
e alla loro incapacità di andare oltre e di perseguire il lavoro di M. che secondo B. è solo un inizio di un
lavoro molto più complesso. E' qui che B. inquadra il suo studio sul potere e sulle risposte sociologiche alla
crisi. (Opera di B= Il potere tra dialettica e alienazione ---> qui le posizioni marxiste sono messe a confronto
con le principali prospettive teoriche sul potere elaborate dalla sociologia). B. tenta di liberare le scienze
sociali dal formalismo restituendone una validità dialettica. Così la ped. Non può essere estranea a quel
mondo, quel mondo che la stessa sociologia vuole descrivere. La conclusione di Broccoli è evidente: nella
fil. Moderna, la creatività quando non ha compreso il concetto di prassi, depotenziandosi, ha dato origine
ad una catena di perverse equazioni (alienazione, ideologia, comunicazione, riproduzione dell'esistente).
All'educazione e all'ideologia si pone freno solamente tramite la dimensione storico-fattuale della prassi,
dunque B. si mostra interessato alla sociologia, proprio perchè è nata come scienza della crisi. La crisi
mostra le sue radici più profonde sul finire del XIX sec.
7,2 Durkheim
La prima forma di stabilizzazione del sistema è rilevata da B. nell'opera di D. Dopo aver esaminato le sue
posizioni: -divisione del lavoro sociale in solidarietà meccanica e sol. Organica – suicidio e -anomia, secondo
B. una visione del mondo di questo genere non lascia spazi per innovazioni di carattere sociale, anzi non
fornisce alternative. D. non può intendere in senso trasformativo: le lotte e le opposizioni, le devianze ed i
contrasti. La sua è una sociologia descrittiva. La scienza di D. ha assunto un'opzione di carattere politico e
classista, con l'esposizione di un sist. Pedagogico, che richiama il suo sist. Sociologico. B. lo rimprovera di
non avere una visione dialettica della realtà e della scienza. Il carattere sociale delle forme di pensiero non
è come afferma D., espressione di solidarietà sociale, ma attesta l'impenetrabile unità di società e dominio.
Weber non voleva che le opinioni personali di illustri colleghi venissero spacciate per risultanze scientifiche.
L'avalutatività di Weber (In generale indica l’assenza di giudizi di valore nel corso di un’ indagine storico-
sociale: il ricercatore deve limitarsi a chiarire il significato dei valori che ispirano le scelte sociali, ma non
deve assumerli come criterio di giudizio. Attorno a questo tema prendono il via altri temi della riflessione
weberiana: - problema del capitalismo -rapporto tra capit. Con etica e religione -configurazione della
razionalità di natura e ruolo del sogg. W. Presenta per B. un'occasione di discussione e ne sottolinea la
capacità di descrizione, pur non accettando la distanza dal mondo tipica dell'osservatore disincantato
weberiano. Ciò che lo interessa veramente è la struttura dell'istituzione ed il rapporto con l'individuo. A
colpirlo è la problematizzazione secondo cui nella storia la preoccupazione verso i beni materiali si sia
trasformata in una gabbia d'acciaio. W. Critica il materialismo storico, riducendolo ad idealtipo. Esamina il
nesso: etica-religione-economia: l'economia è condizionata dall'etica e l'etica economica dalla religione, ma
ciò non spiega determinate forme economiche. Riflessi e sovrastrutture sono banditi da weber. Egli è saldo
alla pura descrizione e detesta le visioni del mondo, le trasformazioni. A proposito della razionalità
sostiene: essa significa la coscienza e la fede che ogni cosa può essere dominata con la ragione. Questo è
un vero disincantamento del mondo. La ragione di cui parla è povera, molto lontana dalla razionalità
hegeliana o marxista. La diffidenza di B. è forte, egli è avverso al formalismo e al descrittivismo e si pone
in antitesi a W. Sul tema dei valori. Broccoli= il valore ha una validità normativa solo quando l'uomo lo
sceglie. L'uomo weberiano è tragicamente diviso tra: i valori che non può storicizzare a pieno e una
razionalità tecnica che gli consente di muoversi disincantato tramite le immagini di un mondo che non può
veramente creare. Il mondo così non sarà mai suo. La risposta di B. è di tornare ad un lavoro di
reincantamento tramite la storicizzazione dei valori.
La consonanza con le posizioni di B. e la scuola di F. non è molto pronunciata. Le radici di tale scuola sono
M., H., e Freud, verso le quali B. afferma che siano spesso divergenti e mancanti di coerenza e di organicità
teoretica. Nelle sue pagine mancano dei veri e propri confronti con le posizioni più caratteristiche della
scuola. Il tema principale attorno a cui ruotano queste sue riflessioni è quello del potere. L'altro tema
della scuola è l'individuo, che non registra simmetrie evidenti. Broccoli trova consonanze in direzione
dialettica pur ritenendo che nella Scuola il negativo non sia sufficientemente pensato. Critica
l'impostazione di Goldman, di cui non accetta il pedagogismo, tipico di ogni forma di revisionismo e la
rigidità dei teorici francofortesi, che non prendono in considerazione l'ipotesi trasformativa della società
capitalistica occidentale. Per quanto riguarda invece l'aspetto dei giudizi di valore, essi hanno per Marcuse
un'importanza determinate e sovrastano quelli di fatto, divenendo nella sua filosofia, pura astrazione.
Marcuse passa ad una posizione non più speculativa, ma storica, i cui risultati sono: la negazione di ogni
speranza e l'impotenza di fronte al nuovo mostro della società tecnologica avanzata. Nonostante l'alto
grado di astrazione che la fil. Di Marcuse deve raggiungere dalla realtà e al di fuori di essa, il momento
determinante resta quello della verifica storica, che ha comunque il sopravvento sul sollen (dover essere/
sein vs sollen).
Questi 3 autori sono stati profondamente segnati dalla teoria di Weber. L'ambito sociologico è per B. parte
di quel terreno storico, concreto all'interno del quale vive una riflessione pedagogica.
Parsons ---> In egli i valori non sono legati all'azione, ma al sistema, un sistema sociale che si caratterizza
nel carattere autonormativo del potere. Per tale motivo è possibile considerare funzionale al sistema il
conflitto tra valori ed interessi, anzi è proprio tramite questo conflitto tra ragione formale (i valori
codificati e tradizionali) e ragione materiale (esigenza del mutamento e del disordine del sistema
codificato) che si sviluppa il sistema stesso. Ciò che sottolina B. è che P. non ammette il conflitto
sistematico, perchè non funzionale al sistema, esso assume per tanto i caratteri della devianza (movimento
che non raggiunge la forma dell'integrazione). L'integrazione connota l'intero sistema sociale di P. e appare
come un apparato educativo, è conservazione e conformità. Ferrarotti, rileva nella cultura americana una
doppia tendenza: una FORZA CENTRIPETA, che spingerebbe all'interno verso unità ed integrazione ed
un'altra CENTRIFUGA, che si presenterebbe all'esterno come modello da imitare. B. evidenzia che le due
tendenze non possono essere irrelate; all'interno e all'esterno si presenta il problema dell'altro;
l'organicità verso cui tendono cultura e società americana sono per B. il punto d'arrivo. Nel momento in cui
si interrompe quella dinamicità dialettica, un elemento prevale sull'altro ed è il caso dell'integrazione. Un
merito da riconoscere a P. è l'aver teorizzato l'accettazione: relativa alla validità del concetto di
integrazione e di omogeneizzazione delle differenti razze, lingue, culture, etnie in relazione ad una parte
della società americana. L'aspetto più interessante secondo B. è quello della devianza, come dato, al
contrario dell'integrazione che rappresenta un valore ipostatizzato. E' nelle pieghe della devianza che si
nasconde la verità dell'integrazione.
Merton---> Egli avversa fortemente il sistema teorico di P. La precedente teoria della devianza viene
completata dalla teoria dell'anomia (dopo Durkheim). Anomia = assenza o mancanza di norme. Essa nasce
come risposta alla situazione sociale, quando le mete sono assolutizzate ed il comportamento delle persone
giunge a limitarsi a pura convenienza tecnica. I procedimenti istituzionali si allentano, la società diventa
instabile e si sviluppano dunque fenomeni di anomia. La dinamica sociale è affidata alle figure dello status
e del ruolo. La situazione anomica andrebbe dunque a radicalizzare e a prolungare, secondo B. quella
deviante. La tipizzazione dei diversi ruoli spettanti ai singoli individui (status) vede al di fuori di essa lo
schema dell'anomia. La dimensione è regressiva rispetto a P. Il tipo di ed. relativa a tale impostazione è il
''missionarismo''.
Mills---> la sua è una sociologia radicale, sociologia del rifiuto, che non riesce a spingersi al di là della
pratica educativa. Essa osserva fenomeni sociali contraddittori, ma non coglie le ragioni di fondo e non sa
operarne un superamento concettuale. M. raggiunge lo stesso esito di P. e di M., inchiodandosi in una
situazione di ambiguità. Non si sottrae a quel ''missionarismo'', forse derivato dalle influenza di Dewey, in
base al quale l'America deve rappresentare un modello, dunque modello uguale conformazione,
escludendo conflitto e dialettica, veri e proprio strumenti tramite i quali pensare l'opposizione e la
contraddizione. La sua teoria del conflitto è lontana dalla realtà: disegna i sostrati storico-economici e
psicologizza e socializza i movimenti reali, ma non va oltre una descrizione pedagogico-educativa. Si affida
all'élite intellettuale, che ignora i problemi reali e affida loro un ruolo fondamentale: realizzare ragione ed
individualità, facendo di tali valori quelli dominanti nella società democratica. Nonostante ciò M. coglie i
nodi del disagio sociale, ma non si presta ad uno scavo storico-concettuale, preferendo la psicologizzazione
dei problemi, cogliendo le dinamiche e le stratificazioni sociali. B. vede dualità nel suo pensiero = tra una
sostanzialità economica ed un formalismo sociale, legato a sovrastrutture condizionate da quella realtà.
Mills infine analizza la deriva del concetto di pubblico in quello di massa, scorgendo dal primo un
sostanziale equilibrio tra gli individui e nel secondo, la disparità di pochi, che esprimono l'opinione di molti,
subendola. B. invece non vede molta distanza tra questi due concetti, vede un valore formale, cui
uniformarsi.
Nell'ultimo capitolo del saggio (Il potere tra dialettica e alienazione) B. riprende il tema del potere e dei
conflitti di classe e lo analizza in base ai mutamenti storico-sociali avvenuti, ma nella sua analisi non sono
presenti novità di rilievo. Vuole mettere in luce le nuove stratificazioni del rapporto tra potere economico e
potere politico. Sente la necessità di ridefinire un soggetto collettivo capace di sciogliere i nessi di quel
rapporto, che sembra oggi registrare la preminenza del politico sull'economico. Vale a poco quindi
enfatizzare il ruolo dell'individuo e reclamare la sua astratta supremazia; la ripoliticizzazione ha come
effetto quello di nascondere le reali contraddizioni economiche e l'incapacità di definire l'aspetto socio-
economico delle classi. Procedendo fedelmente all'impostazione marxiana, occorre sottolineare i diversi
volti del potere e la sua capacità di incidere sulla coscienza dei singoli, avendo una molteplicità di centri. Il
nuovo sogg. Collettivo deve mirare dunque ad uno scopo: alla scissione del nesso potere-contropotere, la
frase preliminare è quella di identificazione delle classi. In questo senso guarda positivamente al sogg.
Collettivo di Lukàs e alla sua interpretazione della totalità del marxismo, ma prende le distanze da Gramsci,
il cui sogg. Collettivo gli pare troppo legato al vincolo volontaristico. Il limite non è solo questo, ma è
divenuto addirittura teologico ---> cioè nel fatto che il sogg. È presupposto al processo storico reale. Perciò
B. antepone atto puro gentiliano e atto impuro gramsciano e la visione unitaria di B., negando l'autonomia
dell'atto educativo che ricade in forma estrema di identificazione in ideologia e educazione deve molto
all'atto puro gentiliano.
B. chiude il suo saggio sul potere sul tema del sogg. Collettivo. Gli anni successivi vedranno il radicarsi di un
paradigma epistemologico, più idoneo a comprendere le ragioni di una sogg. Individua. L'ultimo B. appare
in una fase confusa ed indefinita del suo pensiero, egli matura un contesto che ha la necessità di essere
sintetizzato. Alla base di ciò vi è la crisi del marxismo teorico-polito e la fascinazione del modello
epistemologico, che gli appare come possibile strumento di sintesi, con la capacità di mediare tra la
posizione marxista teoricamente rigida ed un mutato clima culturale. Tuttavia in B. permane la
preoccupazione dialettica, che porta sempre con se una sintesi razionalizzante. Sembra che egli sia può
aperto e disponibile e si muove in questa vaga apertura. Forse cerca solamente di dilatare e di superare,
portando a compimento la sua ricerca. Ma tutto è molto vago; Non si può affermare con certezza la rigidità
e la coerenza con la fil. Marxista, in realtà resta il dubbio. Soprattutto nelle sue ultime lezioni accademiche
traspare questa sua inclinazione all'epistemologia, la quale risulta essere più idonea ad inglobare, nello
spazio della ragione, la dinamicità e l'estensione dell'irrazionale. Si farà in questo senso una diversa
ragione.
La diversità della ragione nasce dagli spazi periferici e caotici della realtà. In quest'opera si preoccupa della
chiarificazione dei legami costitutivi della realtà, poiché capita che la ragione dimentichi angoli oscuri di
quella stessa realtà. Abbandona il linguaggio fil-pedag. E cerca un nuovo lessico epistemologico più attento
agli aspetti chiaroscurali della ragione. Nelle sue pagine autobiografiche si riscontra proprio ciò; resta
evidente l'esigenza di raccontare a sé la vita attraverso i percorsi di memoria e d'immaginazione, lontano
dalla trasparenza concettuale della ragione. Questo nuovo B. dunque affida alla memoria e
all'immaginazione un ruolo significativo nella costruzione del senso della realtà. E sente particolare
suggestione dei confronti del frammento (memoria). Ciò che gli interessa sono quei legami, quei nessi che
non si danno razionalmente in modo nitido, la razionalità non è qui chiara e distinta. Appare un'immagine
di B. che in un certo senso tende all'irrazionale, il clima di ricerca è quello di un tentativo di ricostruzione
della realtà, lontano dalla ragione giustificativa e costruttiva, che prescinde dagli elementi irrazionali.
Perciò accenna alla crisi della ragione. Per superarla è necessario integrare i due mondi. Il tutto non ci è
restituito da una sola ragione, l'ordine e la simmetria di quella ragione hanno in realtà anche qualcosa di
illogico; la loro trasparenza è troppo spesso sterile, lascia al di fuori di sé elementi necessari all'intero
della vita e della realtà. La prassi così come era definita nella fase centrale del suo pensiero non era altro
che l'espressione più ricca, poiché storica, della ragione. Mentre in questi scritti sembra voler trovare una
ragione più flessibile, capace di cogliere anche i restanti elementi. QUESTO VISSUTO SEMBRA SOTTRARSI
ALLA CHIAREZZA DEL CONCETTO. Il solo ordine possibile ---> sembra essere nell'equilibrio stabile di
certezza e apparenza, di simmetria e di asimmetria, di equilibrio e di dissonanza, in quel non-finito, al
contrario di come affermava H. dell'infinito. La perplessità di B. è sicuramente risolta a favore
dell'asimmetria, della dissonanza, della contraddizione. La ragione stessa non più solamente storica,
sembra trovare una sua necessaria complementarietà nei luoghi della non-ragione. Sembra che B. si
voglia arrendere, rinunciando al movimento dialettico della vita e della realtà.
3 Epistemologia II
L’ultima produzione di B. stempera le linee teoriche significative che reggevano il precedente discorso fil.-
ped., i termini chiave (ragione-indiv. Scienza-dialettica razionale-irrazionale, prassi-ideologia) sembrano
trovare una nuova definizione. L’ipotesi di fondo è quella di una diversa ragione. E’ meno scettico e
preoccupato riferendosi alla diffusione dell’ideologia, ma si fa più perplesso. Vorrebbe inglobare attraverso
questa ragione: l’irrazionale e al contempo presentarla come sintesi in cui lo spirito (prassi) raggiungerebbe
un’instabile pacificazione. E’ pensabile che B. abbia recuperato elementi autentici di novità, ma secondo
alcuni sono presenti più che altro elementi di continuità. Il termine flainerie identifica il vagabondare
dell’uomo moderno, che risulta essere spaesato di fronte a se stesso e al proprio passato. B. auspica un
regno della verità e della scienza che passi attraverso un momento ineludibile di critica. Un altro aspetto
rilevante è quello del linguaggio, che appare necessario e funzionale alla scienza. Prevale in B. il versante
chiarificatore e giustificativo della ragione: essa quando è chiarificatrice è sempre legata alla dialetticità
della parola, essa è verità, figlia del logos. La fantasia e la ragione devono rompere l’unilateralità scientifica.
L’aporia di una ped. Che si fa scienza sta nell’aver dimenticato la complessa concretezza dell’attività storica
dell’uomo. Ciò di cui parla è la compresenza di un SISTEMA SCIENTIFICO APERTO E DI UNA DIALETTICA. Il
primo sta a significare l’apertura nei confronti delle contraddizioni, un sistema che si presta a nuove
scoperte scientifiche, poiché al contrario se fosse chiuso garantirebbe perpetuazione, continuità e
permanenza, nasce l’apparato educativo. Quando cade la dialettica nasce invece l’ideologia. Si tratta di
ridisegnare i contorni delle scienze esatte e di quelle umane, meno definiti ed impenetrabili di un tempo.
Bisogna mettere in discussione i linguaggi ed i confini. Prima che di comunicare i linguaggi servono dunque
a riscoprire il mondo. Questo discorso non deve però portare alla degradazione di ogni certezza, DEVE FAR
MATURARE NUOVI TIPI DI CERTEZZA. Per B. educazione è= non soltanto trasmissione di cultura, è anche
formazione della personalità, è manualità del sapere e manualità del sapere che trasforma l’individuo,
facendolo maturare. Accanto all’istruzione occorre l’educazione, l’educazione che si pone alla
contraddizione, nella dialettica e nel sistema scientifico aperto, relazione dialettica tra: maestro-allievo,
uomo-ambiente, natura-storia. La dialettica ha assorbito in sé l’istanza epistemologica; quando l’ed. è vera,
essa è un’ed. dialettica.