Guida Archeologica Antica Messapia Salento
Guida Archeologica Antica Messapia Salento
Guida Archeologica Antica Messapia Salento
ARCHEOLOGICA
Antica Messapia
Popoli e luoghi del Salento meridionale
nel I millennio a.C.
a cura di
Marco Cavalera
REFERENZE FOTOGRAFICHE: Nicola Febbraro: foto in copertina e pp. 6, 8-9, 15, 29, 32, 34,
42, 44-45, 46, 47, 50-51, 55, 57.
Marco Piccinni: pp. 13, 14, 26, 32, 33, 35, 49.
Studio Consulenza Archeologica (Ugento): pp. 6, 52, 53, 54,
56, 59, 60, 61, 62.
Marco Cavalera: pp. 5, 17, 18, 27, 28, 31, 36, 38, 40, 41, 43.
EDIZIONE: Scirocco Editore di Paolo Schiavano - via Piave, 24
73059 Ugento (LE) - tel/fax 0833.55.48.43 [email protected]
COPYRIGHT: © 2010, Associazione Culturale Archès - via G. Carmignani, 14
73030 Lucugnano (LE) - [email protected]
www.associazionearches.it
PROGETTO GRAFICO: Rolando Civilla
STAMPA: Master Printing s.r.l., via delle Margherite, 20/22 - Modugno (BA)
Introduzione
di Augusto Cavalera 3
Girolamo Comi
Il Salento
leolitico medio (130.000 - 35.000 anni fa). Alcune grotte e siti all’aperto
(Grotta Romanelli presso Castro, Grotta del Bambino a NO di Leuca,
grotte del Cavallo e di Capelvenere in territorio neretino, loc. Cattìe nel
Comune di Maglie) hanno restituito ossa umane, denti e manufatti litici
attribuibili all’uomo di Neanderthal. La presenza di ampie zone a fore-
sta, alternate a macchia e prateria con abbondante fauna (elefanti, cer-
vidi, rinoceronti, cinghiali, ippopotami ecc.), lo aveva indotto a fissare
nella penisola salentina la propria dimora.
PRIMA DEI MESSAPI
Torre San Giovanni (Ugento). Insediamento protostorico de “Le Pazze”, con l’omonimo
isolotto sullo sfondo. Fonte: Studio di Consulenza Archeologica (Guida Archeologica di Ugento, p. 36)
Salve. Grotta Montani, frequentata a partire dal Paleolitico Medio. Foto N. Febbraro
L’estinzione dei neandertaliani e la
comparsa dei primi uomini moderni
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Minervino. Dolmen Scusi. Fonte: Salento. Architetture antiche e siti archeologici, Lecce, 2008, p. 40
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Premessa
I Messapi sono il popolo che abitò la penisola salentina dal IX secolo
a.C. fino al 267/266 a.C. quando, con la fine del bellum sallentinum, i Ro-
mani assoggettarono la Messapia con il conseguente avvio del cosiddetto
processo di romanizzazione.
La più antica fonte storica relativa ai Messapi risale ad Erodoto (Le
Storie, VII 170), che ci informa di una loro probabile origine cretese.
Un gruppo di abitanti dell’isola di Creta, secondo lo storico greco, nel
viaggio di ritorno dalla fallimentare campagna bellica condotta in Sici-
lia, giunto nei pressi delle coste della Iapigia (antica denominazione del
Salento), fu sorpreso e gettato a riva da una violenta tempesta. Poiché
erano andate distrutte le loro imbarcazioni e non si vedeva più alcun
mezzo per tornare a Creta, i superstiti fondarono la città di Hyrie (forse
identificabile con Vereto) e si stabilirono nella regione diventando, con
un grande cambiamento - invece che Cretesi - Iapigi Messapi.
Per quanto riguarda l’etimologia dell’etnico Messapi, l’ipotesi più at-
tendibile è quella di “popolo che vive in mezzo a due mari”, assegnato
dagli stessi Greci che, giungendo dal mare, vedevano la Iapigia presen-
tarsi come una penisola.
Il territorio della Messapia comprende, attualmente, le provincie di
Brindisi, Taranto e Lecce e presenta, nel suo complesso, realtà fisiche
differenziali che permettono di suddividerla in tre diversi comprensori:
- Settentrionale, racchiuso fra la congiungente Egnazia - Taranto e Torre
Santa Sabina - Porto Cesareo;
- Centrale, che insiste nel bassopiano interposto tra la parte estrema me-
ridionale delle Murge e le prime movenze delle Serre salentine;
- Meridionale, delimitato a nord dalla congiungente Otranto - Gallipoli
e a sud dal promontorio di Santa Maria di Leuca.
POPOLI DELLA MESSAPIA
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Età del Ferro (IX - VII sec. a.C.)
Il sistema insediativo della penisola si caratterizzava, a partire dalle
prime fasi dell’età del Ferro (IX secolo a.C.), per la presenza di una serie
di piccoli villaggi sparsi nel territorio, costituiti da capanne con fonda-
zioni in blocchi di pietra e copertura con elementi vegetali.
Nella prima metà dell’VIII secolo a.C. l’abitato più importante era
Otranto, che rivestiva il ruolo di centro redistributore dei beni impor-
tati dalla Grecia.
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Cavallino. Area archeologica: Fondo Casino. Fonte: CAVALLINO 2005, a cura di D’ANDRIA F., p. 40
Una delle novità più importanti, che hanno investito il mondo mes-
sapico in età arcaica, è costituita dalla scrittura. La lingua messapica
venne - in questo modo - registrata attraverso l’adozione dell’alfabeto
greco sul modello tarantino, con l’introduzione di alcune lettere nuove
come il segno a tridente. L’acquisizione della scrittura è una ulteriore
evidenza del notevole influsso esercitato dalla cultura greca su quella 17
messapica.
A partire dalla metà del VI secolo a.C. compaiono in Messapia le prime
evidenze funerarie, anch’esse mutuate da rituali tipici del mondo greco.
Parco Archeologico di Alezio. Tomba a cassa di lastroni
POPOLI DELLA MESSAPIA
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Alle fasi conclusive dell’età arcaica (490 a.C.) sono da riferire i rinve-
nimenti - ad Oria, Cavallino e Ugento - di alcune tombe che si distin- 19
guono dalle altre sia dal punto architettonico che per la ricchezza dei
corredi, che suggeriscono una maggiore articolazione sociale all’interno
della popolazione con l’affermazione di gruppi aristocratici dominanti.
Le sepolture maschili messapiche si caratterizzano per la costante pre-
senza, fra gli elementi del corredo funerario, di manufatti da porre in re-
lazione con il consumo di vino nei banchetti, che rinviano alla virilità.
Corredo di sepoltura maschile composto da un cratere, una coppa, un piatto e due
brocchette. Fonte: CAVALLINO 2005, a cura di D’ANDRIA F., p. 67
Ugento. Ricostruzione di una scena di sacrificio presso il luogo di culto con
la statua di Zeus (part.).
Fonte: CAVALLINO 2005, a cura di D’ANDRIA F., p. 56 (ideazione: F. D’Andria; realizzazione: Studio InkLink Firenze)
POPOLI DELLA MESSAPIA
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POPOLI DELLA MESSAPIA
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Trozzella con scene di caccia da Egnazia. Fonte: CAVALLINO 2005, a cura di D’ANDRIA F., p. 73
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Muro Leccese. Tratti di cinta muraria messapica in loc. Palombara. Foto: M. Piccinni
Ad un momento successivo si rifà la costruzione di imponenti fortifi-
cazioni, che denotano importanti progressi tecnici e la disposizione di un
ingente quantitativo di risorse.
La motivazione principale, che ha costretto i Messapi a realizzare tali
importanti opere difensive, è da attribuire al costante e sempre attuale
pericolo rappresentato dai Tarantini e dall’incombente minaccia por-
tata dall’espansione di Roma, che ha comportato un’insolita alleanza tra
i due nemici “storici”.
Il sistema insediativo presentava - in questa fase - una maggiore arti-
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La viabilità del Salento in età messapica
La viabilità della penisola salentina in età messapica risulta di difficile
ricostruzione, a causa dell’assenza di fonti di scrittori antichi e di evi-
denze archeologiche.
È molto probabile, tuttavia, che il Salento fosse caratterizzato da un si-
stema viario articolato, in grado di consentire il collegamento fra i vari
centri urbani, ben prima del processo di romanizzazione.
Strabone scriveva di un importante tracciato viario - d’età messapica
Bibliografia:
AURIEMMA R., Salentum a salo. Forma Maris Antiqui, (Vol. II), Galatina (Le) 2004.
D’ANDRIA F., Insediamenti e territorio: l’età storica, in I Messapi: Atti del XXX
Convegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto-Lecce 4-9 ottobre 1990), pp. 393-478,
Taranto 1991.
D’ANDRIA F., I nostri antenati. Viaggio nel tempo dei Messapi, Fasano (Br) 2000.
D’ANDRIA F., Ugento nella Messapia in D’ANDRIA F. e DELL’AGLIO A. (a cura di),
30 Klaohi Zis. Il culto di Zeus a Ugento, pp. 14-17, Cavallino (Le) 2002.
D’ANDRIA F., Frequentazione greca e insediamenti indigeni in Messapia, in
D’ANDRIA F. (a cura di), Cavallino, un sito indigeno nella Messapia, pp. 1-10,
Cavallino (Le) 2002.
D’ANDRIA F., Le trasformazioni dell’insediamento, in D’ANDRIA F. (a cura di),
Cavallino: pietre, case e città della Messapia arcaica, pp. 35-43, Ceglie Messapica
(Br) 2005.
FEBBRARO N., CAVALERA M., L’età iapigio-messapica nel Salento centro-meridionale e
nel territorio di Salve, in FEBBRARO N. (a cura di), Salve. L’uomo e il territorio. Il Sa-
lento e il territorio di Salve dai primi abitanti alla Romanizzazione, pp. 178-210, c.s.
LOMBARDO M., I Messapi: aspetti della problematica storica, in I Messapi: Atti del
XXX° Convegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto-Lecce 4-9 ottobre 1990),
Taranto 1991.
LOMBARDO M., Tra mito e storia: le tradizioni letterarie, D’ANDRIA F., LOMBARDO M.
(a cura di), I Greci in Terra d’Otranto, pp. 9-37, Martina Franca (Ta) 1999.
MANNINO K., La Messapia in Età classica, in Vasi attici nei contesti della Messapia
(480 - 350 a.C.), Quaderno B.A.C.T., pp. 17-22, Bari 2006.
SAMMARCO F., Origini storiche del Salento messapico e la Messapia del V sec. a.C.,
in Spiciliegìa Sallentina. Rivista del Caffè letterario di Nardò, pp. 3-10,
Nardò (Le) 2008.
UGGERI G., La viabilità preromana della Messapia, in RicStBrindisi VIII ,
pp.75-104, 1975.
VALCHERA A., ZAMPOLINI FAUSTINI S., Documenti per una carta archeologica della
Puglia meridionale, in Metodologie per la catalogazione dei Beni Culturali,
pp.103-158, Lecce-Bari 1997.
Vaste. Palazzo Baronale sede del Museo Archeologico
32
Vaste. Ricostruzione di un tratto di mura messapiche. Foto: M. Piccinni
Vaste. Tratto di mura messapiche (in corrispondenza della Porta NE), che si sovrappone
a tombe di fase ellenistica. Foto: N. Febbraro
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All’interno della sua ampia superficie racchiusa dalle mura vi erano
aree destinate alle abitazioni, a luoghi di culto, ad edifici artigianali, a ne-
cropoli e zone adibite al pascolo e all’attività agricola.
Tra le evidenze architettoniche più rilevanti è da segnalare un edificio
dalla particolare planimetria ad L, costituito da una serie di ambienti
allineati che si affacciano su una vasta corte centrale. Per ciascuno dei
vani è stato possibile riconoscere, oltre a funzioni residenziali da riferire
alla sfera privata, anche quelle cerimoniali e di culto, pertinenti una
struttura aristocratica legata a livelli sociali di rango elevato e a gruppi
familiari dominanti.
Intorno all’acropoli si sviluppava - inoltre - una fascia di abitazioni la
cui minore qualità architettonica denotava un’appartenenza a gruppi so-
ciali intermedi, legati allo sfruttamento agricolo del territorio, a cui sono
da riferire anche dei piccoli nuclei di tombe disposti talvolta a notevole
distanza dal centro urbano. A Vaste, inoltre, il quadro sociale compren-
deva anche ceti servili, come testimonia il rinvenimento di alcune epigrafi.
La città è stata distrutta a seguito dell’invasione dell’esercito romano
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Castro
L’insediamento antico di Castro si sviluppava su un promontorio
roccioso a circa 100 metri s.l.m. Il sito era ubicato lungo il percorso della
via “Sallentina”, sull’itinerario paracostiero che collegava Leuca a Otranto.
Alcune evidenze archeologiche sono visibili sul Pizzo c.d. Mucurune,
in località Muraglie e Capanne. Le tracce conservate sono relative al circuito
murario, che racchiudeva un’area di circa tre ettari corrispondente
all’attuale centro storico.
La struttura difensiva, risalente alla seconda metà del IV secolo a.C.,
è stata realizzata con grandi blocchi squadrati, in calcarenite locale, posti
a secco in assise alternate di testa e di taglio. La fortificazione presentava,
probabilmente, almeno due filari affiancati. Ad una fase successiva è da
riferire la realizzazione di un avancorpo, quasi un bastione, che si poggia
al muro di cinta, aumentandone lo spessore e rendendo più sicura la difesa
della città. Risale ad una terza fase, invece, il rivestimento del muro meridio-
nale dell’avancorpo con un altro muro a blocchi squadrati, probabilmente
di rinforzo.
LUOGHI DELL A MESSAPIA
36
Di notevole interesse si è
rivelato il rinvenimento, nel
corso di un recente scavo
archeologico, di una metopa
decorata da un triglifo,
attribuibile ad un tempio che
sorgeva - presumibilmente -
sulla sommità del promon-
torio.
L’ipotesi della presenza di
un luogo di culto, sulla
acropoli di Castro, è stata
avvalorata dall’ancor più
recente scoperta (effettuata
nel maggio del 2008 dagli
archeologi Amedeo Galati
Bibliografia:
D’ANDRIA F., Castrum Minervae, Galatina 2009.
DE MITRI C., L’attività archeologica a Castro, in PRANZO A. (a cura di)
Salento. Architetture antiche e siti archeologici, Lecce 2008, pp. 179-180.
BLASI F., L’Athenaion di Castro. Fu il Salento l’approdo di Enea in Italia, articolo
apparso nella rubrica Cultura del “Corriere della Sera” (Ed. Puglia), il 26
marzo 2010.
Castrum Minervae: tra Greci e Messapi
Mostra Archeologica permanente allestita nelle sale
del Castello Aragonese di Castro
La Mostra Archeologica “Castrum Minervae: tra Greci e Messapi” è al-
lestita nelle sale del Castello Aragonese di Castro città.
L’accesso al castello è posto sul lato meridionale della struttura (via S.
Dorotea), all’interno dell’acropoli fortificata, poche decine di metri ad
occidente della centrale Piazza Perotti. Dal piccolo portone si accede in
un cortile di forma trapezoidale, su cui si affacciano la maggior parte de-
gli ambienti.
Il percorso si snoda dalla sala di levante (B1), sul lato destro dell’atrio,
dove sono esposti reperti risalenti ad epoca messapica, romana e me-
dievale, rinvenuti a seguito delle indagini archeologiche svoltesi a Ca-
stro nell’ultimo decennio. Si tratta per lo più di frammenti di suppel-
lettili di ceramica, di anfore da trasporto e di alcuni blocchi in calcarenite
con iscrizioni messapiche.
LUOGHI DELL A MESSAPIA
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Questi documenti epigrafici probabilmente appartenevano ad un com-
plesso santuariale dell’abitato ellenistico di Castro (IV secolo a.C.), che
man mano sta venendo alla luce grazie agli ultimi scavi archeologici.
La visita prosegue nell’ala orientale del cinquecentesco maniero; at-
traverso uno stretto corridoio si accede nella sala B2, ossia un bastione
di contrafforte costruito per resistere all’attacco e al fuoco nemico por-
tato da nord-est. Nel piccolo ambiente rettangolare è stato collocato un
plastico, che restituisce un’ipotetica immagine dell’insediamento di Ca-
stro nel IV secolo a.C.
Nella sala posta a nord del cortile, denominata A1, è possibile visionare
un breve filmato dal titolo “Grotta Romanelli e la Preistoria del Salento”,
che focalizza l’attenzione sui cambiamenti morfologico-climatici e sulla
frequentazione antropica dal Paleolitico medio (circa 70.000 anni fa) al-
l’età del Bronzo (3000 anni fa) nel Salento sud-orientale, con particola-
re riferimento al comprensorio di Castro.
Il cammino nella storia procede negli altri ambienti di tramontana (A2-
A5), voltati a botte e dotati di ampie finestrature con fumanti che si col-
Bibliografia:
D’ANDRIA F., Castrum Minervae, Galatina 2009.
Montesardo
L’insediamento fortificato - sconosciuto alle fonti antiche - era ubica-
to nell’area occupata dal moderno centro di Montesardo, ad una quota
media di 186 metri s.l.m. Dall’altura si domina un vasto settore di terri-
torio che spazia dalla serra di Vaste a nord-est, al mar Adriatico ad orien-
te fino al promontorio iapigio a sud, sede di un vivace porto e di un san-
tuario emporico.
Dell’insediamento dell’età del Ferro sono state rinvenute numerose
evidenze archeologiche, che constano per lo più di materiale ceramico
ritrovato in superficie. La fase arcaica è scarsamente documentata, men-
tre è ben attestata l’età ellenistica, ossia il periodo di maggior sviluppo del-
l’abitato datato tra la fine del IV e il III sec. a.C. A questa fase è da rife-
rire la realizzazione della cinta muraria in blocchi squadrati di grandi di-
mensioni, di cui si conservano scarsi resti al di sotto delle mura settentrionali
del cinquecentesco Castello Romasi.
Il tratto di mura conservato, orientato NO-SE, si sviluppa per una lun-
ghezza massima di 10 metri, per un’altezza di 1,60 metri, ed è realizzato
LUOGHI DELL A MESSAPIA
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Insediamento rupestre di Macurano, ai piedi della serra che ospitava l’abitato di
Montesardo
gue un andamento orizzontale, è stato creato un piano regolare con l’ag-
giunta di blocchi di dimensioni minori. Ad una distanza di 10 metri, in
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I blocchi di calcare sono messi in opera alternativamente di testa e di
taglio, secondo una tecnica costruttiva già nota in ambito messapico.
Alcune indagini archeologiche, effettuate lungo la via vicinale Uschia
Pajare, hanno riportato alla luce parte delle imponenti fondazioni della
cinta muraria. Si tratta di un muro pieno largo circa 4 metri, costituito
da tre file di blocchi squadrati posti di testa e di taglio; lo spessore e la lun-
ghezza dei blocchi risultano costanti (m. 0,32 x 1,57), la larghezza varia
dai m. 0,90 dei blocchi di taglio ai m. 0,50 dei blocchi di testa.
All’interno della cinta muraria si sviluppavano nuclei di abitato, che
si alternavano con zone libere destinate all’agricoltura e al pascolo.
Nell’area archeologica veretina si rinvengono numerosi blocchi, spes-
so riutilizzati nei muri a secco, e strutture ancora parzialmente interra-
te, che potrebbero appartenere a edifici messapici costituiti dai tipici am-
bienti a pianta quadrangolare con fondazioni in blocchi squadrati, alza-
to in spezzoni lapidei e copertura in tegole.
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L’approdo di Torre San Gregorio
L’approdo di riferimento di Vereto era Torre S. Gregorio, suggestiva
baia protetta dai venti dei quadranti settentrionali, orientali e meridio-
nali e ben fornita di sorgenti.
Le vestigia archeologiche sono visibili alla base del ripido pendio che
porta all’insenatura. Si tratta di due tratti di fondazioni o camminamenti
di servizio all’approdo, entrambi in blocchi di carparo. Il primo è ubi-
cato sul declivio, perpendicolarmente alla linea di costa, lungo il costo-
ne meridionale del canalone che continua sotto il livello del mare. Il se-
condo allineamento è parallelo alla linea di costa. Il tratto conservatosi
è costituito da cinque conci su due filari non uniformi. Circa sei metri
più a sud-ovest si nota il “negativo” di un blocco cavato o asportato, e un
altro blocco isolato, disposto di taglio e con lo stesso orientamento del trat-
to descritto. Potrebbe trattarsi dei resti smembrati di un allineamento mol-
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to più consistente, che fiancheggiava la riva meridionale dell’insenatura
seguendo un percorso più o meno rettilineo a quota 2,5 metri s.l.m. Pro-
cedendo verso ovest, cioè verso la punta del promontorio, si incontra un
pozzo di acqua dolce, mentre una sorgente si trova presso la riva.
La baia dovette essere frequentata, a partire dall’età messapica, da navi
che percorrevano la rotta Grecia-Italia attraverso Corcira, il basso Adria-
tico e il Capo Iapigio. Il piccolo porto messapico subì delle profonde tra-
sformazioni in età tardorepubblicana, quando furono realizzate alcune
strutture di servizio per l’approdo, datate al II sec. a.C.
Bibliografia:
AURIEMMA R., Archeologia della costa salentina: l’approdo di Torre S. Gregorio, in
Studi d’Antichità, XI, pp. 127-148, Martina Franca (Ta) 2003.
PAGLIARA C., Fonti per la storia di Veretum: iscrizioni, monete, timbri anforari,
in Annali Università di Lecce, 5, pp. 121-136, Lecce 1969-71.
SAMMARCO M., Vereto: appunti di topografia, in CIARDO M., TORSELLO S. (a cura
di), Studi in onore di Antonio Michele Ferraro, pp. 53-65, Tricase (Le) 2008.
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LUOGHI DELL A MESSAPIA
Capo di Santa Maria di Leuca. La Grotta Porcinara
La Grotta Porcinara - che si apre sul versante orientale di Punta Ristola
(Capo di Leuca) - ospitava un santuario costiero che ha rivestito un ruo-
lo di primissimo piano nell’ambito delle manifestazioni cultuali messa-
piche e dei rapporti commerciali con il mondo ellenico.
Nel santuario era venerata una divinità maschile - Zis - rappresentata
con la folgore, alla quale si rivolgevano i naviganti in cerca di protezio-
ne per la loro attività: il dio infatti, secondo gli indigeni, era in grado di
dominare le forze atmosferiche e di rendere propizia la navigazione.
Zis è il teonimo messapico che corrisponde al greco Zeus. Il nome,
nelle iscrizioni, è associato all’aggettivo Batas (saettante).
I fedeli giungevano presso l’area antistante la grotta-santuario diret-
tamente dal mare, grazie alla realizzazione di scalinate e terrazzi tagliati
nella roccia.
Nelle prime fasi di frequentazione del luogo di culto (fine VIII seco-
lo a.C.) venne impiantato un deposito votivo, in uso fino alla metà del VI
secolo a.C., che conservava al suo interno resti di sacrifici.
LUOGHI DELL A MESSAPIA
Grotta Porcinara sulla Punta Ristola (Santa Maria di Leuca). Foto: N. Febbraro
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In piena età arcaica le attività di culto sembrano spostarsi all’interno
della Grotta Porcinara. Sulle sue pareti sono state individuate ben 27 ta-
belle, con iscrizioni in greco e in latino, in cui compaiono dediche, rin-
graziamenti, richieste di protezione e di fortuna rivolte alla divinità.
Il santuario - quindi - localizzato lungo l’importante rotta che dal-
l’Oriente portava verso la Magna Grecia, era un punto di riferimento per
coloro che praticavano attività legate al mare, la cui buona riuscita era sot-
toposta alla benevolenza degli dei.
Il santuario costiero è stato frequentato in un arco cronologico com-
preso tra l’VIII sec. a.C. e la fine del II sec. d.C. Nel passaggio dall’età mes-
sapica a quella romana il dio messapico Batas divenne Iuppiter Batius.
Bibliografia:
AA.VV., Leuca, Galatina (Le) 1978, pp. 177-221.
D’ANDRIA F., Cavallino. Un centro indigeno del Salento, 2002, pp. 1-10.
AURIEMMA R., Salentum a salo. Forma maris antiqui, (Vol. I), Galatina 2004,
pp. 289-291.
Salento. Architetture antiche e siti archeologici, a cura di A. PRANZO, Lecce 2008,
pp. 222-224.
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La Chiusa alla Masseria Fano (Salve)
Le diverse fasi di occupazione del pianoro della Chiusa, presso la Mas-
seria Fano (Comune di Salve), sono state ricostruite grazie alle indagini
sistematiche condotte da un’équipe di archeologi australiani tra il 1987
e il 1991. La documentazione acquisita ha permesso di verificare un ab-
bandono del sito agli inizi del XIV sec. a.C. ed una nuova occupazione,
circa mezzo millennio dopo, durante le fasi iniziali dell’età del Ferro (poco
prima del 900 a.C.).
I reperti fittili riferibili a questa seconda fase di frequentazione intensiva
del pianoro sono quasi esclusivamente di produzione locale. Si tratta di
ceramica ad impasto, figulina e della cosiddetta “matt-painted”, decora-
ta con fasce dipinte. Sono stati rinvenuti anche pochi reperti di importa-
zione, tra cui frammenti di grandi contenitori - a volte decorati con listelli
o cordoni incisi - e di vasi usati per attingere il vino, databili tra la prima
metà dell’VIII e il VII secolo a.C. Il manufatto più importante rinvenu-
to sul pianoro è un disco o piatto di calcare frammentario, decorato con
file di triangoli incisi a bassorilievo, datato all’VIII secolo a.C. e utilizza-
LUOGHI DELL A MESSAPIA
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Territorio di Salve. Aparo Valentini. Foto: M. Piccinni
50
le efficienti armi del tempo. Il sito più gran-
de e meglio difendibile - Vereto - si trovava
solo a pochi chilometri a sud-est dei Fani.
L’ipotesi più verosimile è, quindi, che gli
abitanti della Chiusa, assieme a quelli di altri
simili piccoli insediamenti, si siano trasferi-
ti presso l’insediamento posto sulla Serra di
Vereto.
Bibliografia:
SAMMARCO M., Masseria Fano (Salve, Lecce), in
Insediamenti del Salento dall’antichità all’età
moderna, a cura di GUAITOLI M. E CAZZATO V.,
Galatina 2005, pp. 66-68.
DESCOEUDRES J.P., ROBINSON E., La ‘Chiusa’ alla
Fase di scavo a La Chiusa. masseria del Fano. Un sito messapico arcaico presso
Fonte: DESCOEUDRES, ROBINSON 1993,
p. 137
Salve in provincia di Lecce, Lecce 1993.
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LUOGHI DELL A MESSAPIA
Ugento
L’abitato di Ozan - la più importante città della Messapia meridiona-
le - era ubicato sulla sommità di una serra, a 107 metri s.l.m. e distava cir-
ca 6 km dal mar Ionio.
La città, a partire dal IV secolo a.C., venne dotata di un tracciato mu-
rario di ampia estensione, testimonianza eloquente della potenza eco-
nomica e militare raggiunta da Ugento in età ellenistica.
LUOGHI DELL A MESSAPIA
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Ugento. Planimetria della città con il percorso ricostruito delle mura messapiche. In evi-
denza le aree sepolcrali. Fonte: Studio di Consulenza Archeologica (Guida Archeologica di Ugento, p. 17)
A ridosso del perimetro difensivo sono state individuate ben quattro ne-
cropoli, inquadrabili cronologicamente dal VI secolo a.C. al II secolo a.C.
Le tombe di età messapica sono generalmente del tipo a cassa di la-
stroni e a sarcofagi monolitici. Alcuni gruppi di sepolture, rinvenuti in
zone più interne della città, si distinguono per un notevole prestigio e son-
tuosità. Degna di nota è la cosiddetta Tomba dell’Atleta, del tipo a “se-
micamera”, che si caratterizza per le pareti affrescate e un ricco corredo
di chiara influenza ellenica. Si tratta, in questo caso, di una sontuosa te-
stimonianza del costume funerario messapico e di un importante docu-
mento di conoscenza della cultura artistica e materiale di Ugento in età
arcaica e classica. Secondo Lo Porto la sepoltura è stata realizzata da “mae-
stranze educate alla pratica architettonica greca, in un periodo ormai di intensa
penetrazione culturale ellenica nel mondo indigeno del Salento”.
Il basamento è caratterizzato da sette blocchi parallelepipedi rettan-
golari affiancati, con un incavo di forma rettangolare da interpretare come
il piano di deposizione.
Le fiancate sono realizzate con lastroni ortostati direttamente poggianti
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Sulle pareti si conserva ancora lo strato preparatorio di intonaco a cal-
ce bianca, sul quale si dispongono i moduli decorativi che corrono per tut-
to il perimetro della tomba. Dal basso si nota una larga fascia di colore ros-
so, una sottile fascia risparmiata, una lista di color blu marginata da due bor-
di di colore rosso. La parte superiore delle pareti è decorata da una fascia
di cm 65 delimitata da due sottili linee rosse, all’interno della quale vi è una
successione regolare di bende dalle estremità arrotondate, da cui pendo-
no triplici nastri ondulati ricadenti verso il basso.
La tomba era coperta con due lastroni - di grandi dimensioni - disposti
a spiovente.
Il corredo degli inumati è cronologicamente collocabile tra l’ultimo
quarto del VI sec. a.C. e il primo del V sec. a.C., periodo di realizzazione
della struttura litica, ed appartiene ad un individuo maschio di circa tren-
t’anni. Il più recente, datato agli inizi del IV secolo a.C. è attribuibile ad
un ragazzo di circa quindici anni.
Parte del corredo funerario rinvenuto nella Tomba dell’Atleta, esposto nel Museo Archeo-
logico di Ugento. Fonte: Studio di Consulenza Archeologica (Guida Archeologica di Ugento, pp. 42/43)
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Nei corredi va sottolineata la convivenza di elementi di fattura messapica
(“trozzella” e kalathos) con bronzi di importazione peloponnesiaca (oi-
nochoai, bacino su base tripode e olpe) e corinzia (hydria). Sono presenti,
inoltre, reperti di provenienza attica, come una lekythos, un’hydria a figure
rosse e una serie di vasetti a vernice nera.
La Tomba dell’Atleta è stata così denominata per la presenza - al suo
interno - di due strigili in bronzo, un alabastron e due aryballoi, oggetti cor-
relati alla consuetudine di praticare attività agonistiche, particolarmen-
te diffusa nelle classi più abbienti della società ellenica e delle civiltà - come
quella messapica - da essa profondamente influenzate.
Differenti per tipologia e ricchezza sono le sepolture che caratterizzano
la necropoli di località Sant’Antonio, costituita da una trentina di tombe
a fossa, scavate nel banco roccioso affiorante e originariamente ricoper-
te da lastroni. In alcuni casi le loro pareti risultavano intonacate e ca-
ratterizzate da una decorazione dipinta a fasce rosse e blu. La maggior
parte delle sepolture ha restituito corredi di IV-III sec. a.C. Esse fian-
cheggiano un breve tratto della cinta muraria messapica di Ugento che,
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La cinta muraria di Ozan è stata ricostruita a seguito di studi e ricer-
che recenti, basati sia su saggi archeologici, effettuati all’interno del cen-
tro antico, che sull’analisi di fotografie aeree, sulla restituzione foto-
grammetrica e sulla georeferenziazione.
Il circuito murario di Ugento costituisce l’evidenza archeologica più ri-
levante dell’abitato messapico su cui insiste, in gran parte, la cittadina mo-
derna. Lunghe circa 4.900 metri, racchiudono una superficie pari a circa
145 ettari. Si ipotizza che erano ben undici le porte d’ingresso che si apri-
vano nel tracciato, che corrispondevano ad altrettante vie di comunicazione
tra Ugento e i centri limitrofi. La cinta muraria era dotata di torri di avvi-
stamento a pianta quadrata, posizionate in punti strategici come gli ango-
li del circuito e i punti di ingresso alla città. All’esterno si trovava un fos-
sato difensivo, probabilmente utilizzato anche come cava estrattiva dei bloc-
chi di calcarenite da impiegare nei paramenti esterni ed interni.
Le mura erano formate da due cortine a grandi blocchi parallelepi-
pedi di calcare locale disposti per lungo nella cortina interna e alterna-
tivamente per lungo e di testa in quella esterna. In base alle caratteristiche
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Ugento. Tratto di mura in loc. Porchiano. Foto: N. Febbraro
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Ugento. La statua bronzea di Zeus. Fonte: Studio di Consulenza Archeologica (Guida Archeologica
di Ugento, p. 37)
Bibliografia:
Guida Archeologica di Ugento, a cura dello Studio di Consulenza Archeologica,
Tuglie, 2007.
LO PORTO F.G., Tomba Messapica di Ugento, in Atti e Memorie della Società Magna
Grecia, Nuova Serie XI-XII, Roma 1972, p. 147.
La Collezione Colosso
La Collezione Colosso è custodita ad Ugento (Le) nelle sale del-
l’omonimo palazzo nobiliare. La raccolta, iniziata dal Barone Colosso e
continuata dal defunto Adolfo Colosso, consta di 794 reperti che si in-
quadrano cronologicamente tra il VI secolo a.C. e l’età altomedioevale.
A questi si aggiungono esemplari di età moderna quali armature ed armi,
palle di cannone, ecc.
I reperti databili dal VI secolo a.C. all’età ellenistica rappresentano le
classi di materiali diffuse nel territorio della Messapia. Le trozzelle co-
prono l’intero arco cronologico di diffusione della forma ceramica.
Ugento. Collezione Colosso, trozzella, VI sec. a.C.
Fonte: Studio di Consulenza Archeologica (Guida Archeologica di Ugento, p. 47)
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Le ceramiche di importazione greca sono rappresentate da lekythoi at-
tiche. Alla “ceramica di Gnathia” sono riferibili otto reperti. Di buona
qualità è il grande skyphos, la pelike, le due oinochoai. Nella classe cera-
mica a vernice nera si inseriscono piatti, skyphoi, tazze biansate e mo-
noansate, coppette e brocche. Le lucerne sono presenti nella raccolta
in numero elevato con tipi di tradizione ellenistica, italica e romana. Al-
tra suppellettile in terracotta è costituita dai tintinnabula, da alcune ter-
recotte femminili e da un elmo a pileo fittile, reperto piuttosto raro in
ambito messapico.
Sono presenti reperti scultorei tra cui una testa di impronta scopadea,
un frammento ad alto rilievo raffigurante un guerriero probabilmente a
cavallo, un torso maschile in pietra con braccia sollevate verso l’alto ed
una clava in marmo riferibile ad una statua colossale di Ercole.
Ugento. Collezione Colosso, testa di Apollo.
Fonte: Studio di Consulenza Archeologica (Guida Archeologica di Ugento, p. 45)
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LUOGHI DELL A MESSAPIA
Particolare rilievo assumono i capitelli tra cui un capitello dorico con
abaco decorato da rosette, strettamente confrontabile con il capitello su
quale era collocata la statua dello Zeus stilita. Fra gli oggetti miniaturi-
stici sono presenti kantharoi, oinochoai, brocchette, pelikai, olpai, e situle.
Si segnala, inoltre, la presenza di epigrafi, sia in lingua messapica che
latina.
Ugento. Collezione Colosso, epigrafi e ceramiche.
Fonte: Studio di Consulenza Archeologica (Guida Archeologica di Ugento, p. 48)
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Bibliografia:
Guida Archeologica di Ugento, a cura dello Studio di Consulenza Archeologica,
Tuglie 2007, pp. 45-48.
I N D I C E