Gustavo Adolfo Rol La Coscienza Sublime e Lo Spirito Intelligente 1 Parte Piervittorio Formichetti20191018 42730 1fcm5s0
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Questa dimensione metafisica di eterna permanenza di tracce di tutto ciò che accade, è stata
ipotizzata e intuita da occultisti e parapsicologi, che l’hanno definita con vari nomi. C’è chi ha
parlato di coscienza cosmica, «nel significato di persistente presenza di memorie di tutto quanto è
accaduto prima, [che] tenderebbe a spiegare il ricordo di certi individui, spesso in stato di ipnosi ma
non sempre, di particolari su vite passate (che spesso sono risultati storicamente esatti, quando
notizie prima ignorate sul periodo di tempo in questione sono state scoperte) spesso attribuite alla
reincarnazione delle anime»[2]. Altri l’hanno chiamata «memoria akashica» (Massimo Introvigne) o
«serie degli annali dell’Akasha» (Giuditta Dembech), nella quale l’intera storia umana sarebbe
«registrata come in un film»[3]; il celebre psicologo William James (1842-1910) la definiva
«serbatoio cosmico delle memorie individuali»: un’incommensurabile raccolta di tracce di eventi,
esperienze e affetti umani «che per il fatto stesso di essere esistiti, esistono tutt’ora ed esisteranno
sempre»[4]. Nell’opera Geometria della realtà, l’orientalista Pietro Silvio Rivetta (1886-1952), noto
con lo pseudonimo di Toddi, scriveva al riguardo: «Tutto ciò che è accaduto esiste realmente, ossia
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è, e soltanto le limitazioni dei sensi ci impediscono di avere coscienza attuale di tale persistente
realtà. […] Tranne il presente, che ci trasporta con sé nel suo divenire, nulla fluisce o scorre, perché
tutto rimane»[5]. In altre parole: poiché ogni evento e ogni cosa, anche i più banali, esistono in
quanto pensieri di Dio, e Dio è eterno, ogni evento e ogni cosa sono necessariamente imperituri e
sempre riproducibili.
Ciò implica che in determinate condizioni di coscienza alterata, naturali (ad es. in sogno) o
volontarie (ad es. mediante l’ipnosi), una persona possa rivivere nel presente un ricordo, un evento o
un sentimento appartenuti a un’altra persona vissuta anche decenni o secoli prima, a causa di una
“interferenza” tra la sua mente e i residui di quella del defunto; René Guénon parlerebbe di un
assorbimento più o meno duraturo di «elementi psichici provenienti dalla disgregazione delle
individualità che ci hanno preceduti»[6]. Jean Charon (1920-1998), fisico nucleare e filosofo, riteneva
che i vissuti e le memorie delle azioni di ognuno si conservino nella parte “interna”, cioè spirituale,
delle particelle elementari e degli elettroni della persona di cui costituirono il corpo. Constatata
dalla fisica la lunghissima “vita” di queste particelle, «paragonabile alla durata della vita
dell’Universo intero», di conseguenza tra noi aleggiano alcuni elettroni residui, ad esempio, del
corpo del faraone Ramses II o dell’ultimo respiro di Giulio Cesare, così come tra molti secoli
resteranno nello spazio i nostri. Non essendo la parte spirituale degli elettroni intaccabile
dall’entropia (la costante consumazione di energia nell’Universo, speculare al costante aumento di
informazioni all’interno delle menti umane in evoluzione), il loro contenuto di esperienze, pensieri e
azioni umane sarebbe immortale, quindi tuttora presente e potenzialmente conoscibile da parte di
un «medium»: «Un nostro medium del XX secolo sarebbe in grado di entrare in risonanza con ciò
che resta dell’attività “sincrona” in tutti gli elettroni che restano del corpo mummificato di Ramsete
II. Nel corso dell’intervento medianico, l’”Io” di Ramsete rivive per un istante […] affidando alcuni
elementi della sua esperienza vissuta, sotto una forma più o meno simbolica, più o meno
coerente»[7]. La teoria di Charon è quindi vicina a quella dello «spirito intelligente» di Rol, perché
anche qui non si evoca l’anima del defunto, ma si captano e s’incanalano le tracce metafisiche della
sua personalità e della sua vita.
In una lettera del dicembre 1953, Carlo Rol ricordava al fratello Gustavo alcune passate esperienze
paranormali determinanti: «Nel caso tuo, il fenomeno avviene nel modo che ti descrivo, perché,
essendo Tu sempre stato in quei casi, me presente, in istato di incoscienza, non credo che Tu abbia
potuto seguire gli eventi come me. Un punto luminoso, come fluorescente, appare in alto a notevole
distanza, cento e più metri ad onta del soffitto, che nell’oscurità è come inesistente. Non è un punto
piccolo vicino, ma un punto più grande lontano; la certezza della lontananza è data dall’angolo
formato dagli assi ottici dei due occhi: l’angolo che ci fa percepire distanze e rilievo. Quel punto si
abbassa, s’ingrandisce, assume la figura di una forma geometrica, di una stella, di un volto o di un
busto umano, s’avvicina alla tua testa, e al contatto tu strilli più acutamente e l’apparizione
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scompare. Questo è ciò che ho visto io. L’ultima volta, nel 1949,
l’ho toccato, uno di quei volti, e ne ho chiaramente percepito, con la palma della mano, il rilievo:
come è successo ad altri sperimentatori con altri soggetti. La differenza è che, mentre le
manifestazioni degli altri sono centrifughe, e quindi si prestano all’inganno da parte del medium, le
tue, da me viste, sono centripete: nel caso tuo non si può, quindi, parlare di “ectoplasmia”». Rol
dunque non vomitava ectoplasmi, e i suoi (rari) stati di incoscienza non erano trance: sembrano
momentanee abolizioni dell’Io, non “possessioni” da parte dello «spirito intelligente» coinvolto. Lui
stesso dice nella lettera a Carlo del 22 aprile 1951: «Io mantengo integra la mia coscienza durante i
miei esperimenti, almeno per una parte di me stesso sufficiente a impedirmi di andare “in trance”. È
vero, sì, che il mio volto e la mia voce possono cambiare di espressione e che sovente io mi sento
“proiettato fuori”, ma la parte viva, umana e cosciente di me stesso non viene alterata». Ciò accadde,
per esempio, nella serata del 1965 in cui un dipinto fu realizzato dallo «spirito intelligente» di
François Auguste Ravier (pittore francese morto nel 1895, modello di Rol per i propri quadri con
paesaggi): Rol dava ordini in italiano ai presenti (tra cui Dino Buzzati, che poi raccontò il fatto),
lasciando sovente “parlare” la voce francese e affaticata dello «spirito intelligente» dell’ottantenne
Ravier. Allo stesso modo, cioè comunicando con Rol (che ripeteva ai presenti) o materializzando
scritte e disegni, si manifestarono negli anni gli «spiriti intelligenti» di persone anonime, come la
ragazzina nera violentata da alcuni balordi in Sudafrica, o celebri come Napoleone Bonaparte (del
quale Rol possedeva non pochi cimeli), il poeta cinese dell’VIII secolo Li Po, Niccolò Paganini,
Eleonora Duse, Pablo Picasso, Georges Braque, Marc Chagall.
Esperienze forti come quella ricordata da Carlo Rol accadevano raramente, ma hanno implicazioni
fondamentali. Nel buio, alcuni tra i presenti non vedevano più la materia circostante, ma al di là di
essa (non erano certo il soffitto, il solaio e il tetto dell’edificio a sparire): dunque sui presenti agiva
una Forza che li rendeva capaci di vedere una dimensione della realtà invisibile alla vista “animale”.
Il buio nel salotto non serviva a nascondere i trucchi: l’amica Maria Luisa Giordano ricorda che Rol
«desiderava che non fossero abbassate troppo le luci perché, sosteneva, “vedo cose strane, e se le
luci sono troppo basse non riesco più a dominare certe forze”». Di solito gli «esperimenti»
avvenivano in piena luce o in penombra, e il buio talvolta richiesto era una «precauzione per non
provocare nei presenti reazioni troppo forti che avrebbero potuto provocare traumi psichici», come
dalla testimonianza seguente: «Gustavo fece accomodare il giovane scettico in salotto, sul divano,
dove c’era un abat-jour acceso. Gli disse di dargli una mano e di non staccarla. Nella penombra, un
punto luminoso iniziò ad aleggiare nella stanza, diventava sempre più grande, quasi un globo che
aleggiava attorno alle loro teste. Preso dal terrore, il giovane staccò la mano da quella di Rol, che
cadde svenuto. A sua volta anche il giovane si sentì male». La scintilla di luce che poi assumeva una
determinata forma veniva dunque da una dimensione metafisica che potrebbe corrispondere al
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«Mondo della Formazione» (Jesirah), secondo la Qabbalah ebraica il terzo “strato” concentrico
dell’Universo, «che si stende subito al di sopra del piano della materia ed è composto di una
sostanza supersottile talvolta chiamata “Etere dello Zelèm”, o Etere delle immagini, analoga alla
Quintessenza degli alchimisti, che impone forma e qualità agli enti materiali e può essere plasmata
con l’immaginazione creatrice, sotto la guida della volontà opportunamente disciplinata»[8].
Che cos’altro potesse fare Rol è abbastanza noto: leggere paragrafi di libri che non aveva mai
aperto; far passare una carta da gioco attraverso un tavolo, ma anche un vaso di fiori o un martello
attraverso una parete; mutare la figura presente su una carta tra le mani di un ospite, o farla
apparire su tutte le carte di un intero mazzo; far piovere dal nulla decine di castagne all’interno di
un salotto; materializzare dal nulla oggetti appartenuti a persone vissute secoli prima; disegnare
muovendo la matita nel vuoto davanti a sé, mentre l’immagine si formava sul foglio bianco lontano
alcuni metri, collocato sotto un vassoio sul tavolo, o persino piegato in più parti e infilato nella tasca
della giacca di un ospite. Poteva individuare improvvisamente in una persona qualche malattia,
soltanto guardandola e talvolta vedendone l’aura luminosa: «Di ognuno, vede l’aureola, una fascia
verde che gira intorno al capo da spalla a spalla e che rispecchia le condizion
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medium trova-cadaveri come l’olandese Gerard Croiset, anche lui consultato da Nievo? O non voleva
alterare la storia del Risorgimento rivelando particolari scomodi?
Note:
[1] Per non rendere eccessive le note di chiusura, indico qui i testi su Gustavo Rol, da cui ho tratto
episodi, testimonianze e affermazioni sue e su di lui, per tutte e quattro le parti dell’articolo:
Renzo Allegri, Mentre è a Torino lo fotografano in America, “Gente” 5 marzo 1977;
Renzo Allegri, I pennelli si muovono da soli, “Gente” 19 marzo 1977;
Luigi Bazzoli, Rol l’incredibile. L’uomo più misterioso del mondo, “Domenica del Corriere” 17
gennaio 1979;
Luigi Bazzoli, I capolavori che arrivano dall’aldilà, “Domenica del Corriere” 24 gennaio 1979;
Nicolò Bongiorno, Rol: un mondo dietro al mondo, Mike Criss Produzioni-Regione Piemonte, 2007,
visibile on line: https://www.youtube.com/watch?v=rQMN1qIAeyo ;
Dino Buzzati, Un pittore morto da 70 anni ha dipinto un paesaggio a Torino, “Corriere della Sera” 11
agosto 1965 (poi in I misteri d’Italia, Milano, Mondadori, 1978);
Dino Buzzati, Fellini per il suo nuovo film ha fatto incontri paurosi, in I misteri d’Italia cit.;
Aldo Cazzullo, I Torinesi da Cavour a oggi, Bari, Laterza, 2002;
Giuditta Dembech, Rol, il grande precursore, Torino, Ariete, terza ed. 2013;
Giorgio Di Simone, Oltre l’umano. Gustavo Adolfo Rol, Reverdito, 2009;
Maria Luisa Giordano, Rol e l’altra dimensione, Milano, Sonzogno, 2000;
Massimo Inardi, Dimensioni sconosciute, Milano, SugarCo-Euroclub, 1977;
Il sensitivo che stupì Einstein, in “Voyager”, settembre 2014;
“Io sono la grondaia”. Diari, lettere, riflessioni di Gustavo Adolfo Rol, a cura di Catterina Ferrari,
Firenze, Giunti, 2000;
La Scienza non può ancora analizzare lo Spirito. Il dottor Gustavo Rol risponde a Jemolo, “La
Stampa” 3 settembre 1978;
Remo Lugli, Strabilianti esperimenti d’un uomo che dissolve e ricompone la materia, “La Stampa” 23
settembre 1972;
Remo Lugli, Gustavo Rol. Una vita di prodigi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1995;
Stanislao Nievo, Il prato in fondo al mare, Roma, Newton & Compton, 1995;
Leo Talamonti, Universo proibito, Milano, Mondadori, 1966;
Maurizio Ternavasio, Gustavo Rol: la vita, l’uomo, il mistero, Torino, Lindau-L’età dell’Acquario,
2008.
[2] Charles Berlitz, Bermuda. Il triangolo maledetto, Milano, Sperling & Kupfer, 1974, pp. 169-170.
[3] Andrea Innocenti, Un’altra leggenda su Maria Maddalena (parte II), in “Il Discepolo”, Draco
Edizioni, anno 4 n. 12, p. 4.
[4] Cfr. Leo Talamonti, Universo proibito, Milano, Mondadori, 1966, pp. 125, 214, 218.
[5] Citato in Ibidem, pp. 63-64.
[6] René Guénon, Errore dello spiritismo, Milano, Rusconi, 1988, pp. 239 ss..
[7] Cfr. Jean Charon, Lo Spirito, questo sconosciuto, Milano, Armenia Editore, 1987, pp. 29-34,
109-112, 113-119.
[8] Gianni Pilo, Sebastiano Fusco, Il simbolismo kabbalistico del Golem, introduzione a Gustav
Meyrink, Il Golem, in I grandi romanzi dell’Orrore, Roma, Newton & Compton, 1996, p. 557.
Piervittorio Formichetti
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