Antropologia Culturale - Miller
Antropologia Culturale - Miller
Antropologia Culturale - Miller
culturale
Barbara Miller
Il termine antropologia (dal greco anthropos e logos = discorso intorno al genere umano) definisce un
vasto insieme di indirizzi di studio che ha assunto caratteri peculiari in diversi paesi, e per questo va
declinato con forme specifiche.
La principale distinzione è tra antropologia fisica (o biologica) e antropologia culturale. Esistono poi altri
termini che sono ormai caduti in disuso. Ogni termine assume connotazioni specifiche in base al paese:
negli USA il termine di antropologia definisce lo studio della specie umana dalle sue origini alla
contemporaneità. Negli Stati Uniti l’antropologia è suddivisa in quattro campi di studio (o four fields):
1. Antropologia fisica o biologica: studio della specie umana dal punto di vista biologico che analizza
la sua evoluzione nel tempo.
2. Archeologia: studio delle culture umane del passato condotto attraverso l’analisi dei resti materiali.
3. Antropologia linguistica: studio della comunicazione umana che analizza le sue origini, la sua storia
e le sue varianti contemporanee.
4. Antropologia culturale: studio delle culture contemporanee che affronta anche i temi delle
differenze e del cambiamento culturali.
Nella tradizione inglese si è sviluppata maggiormente l’antropologia sociale, nata negli anni ‘20, che pone
l’enfasi sul concetto di cultura, guardando al funzionamento delle strutture sociali delle società “semplici”.
Il termine etnologia è stato usato come sinonimo di antropologia culturale ma ha acquisito significati diversi:
nell’Europa continentale ha definito lo studio delle culture extraeuropee; negli USA riguarda lo studio delle
culture native americane; in Italia riguarda lo studio dei caratteri fisici della diversa umanità.
Il termine demologia o folklore riguarda lo studio delle culture popolari europee. Dagli anni ‘80 l’acronimo
DEA riunisce sotto sé la demologia, l’etnologia e la tradizione americana dell’antropologia culturale.
Attualmente in Italia si tende ad usare antropologia culturale, sociale e etnologia come sinonimi,
includendovi anche lo studio delle culture popolari.
Questo libro si riferisce sempre alla tradizione statunitense dell’antropologia culturale, senza trascurare però
altre tradizioni di studio.
L’antropologia culturale è nata in occidente che ha per oggetto lo studio delle popolazioni contemporanee
e delle loro culture. Per cultura intendiamo l’insieme dei comportamenti e delle credenze condivise.
L'antropologia analizza differenze e somiglianze tra culture e come esse cambiano nel tempo, trascorrendo
lunghi periodi con le persone che studiano. L'antropologia culturale ha lo scopo di conoscere, interpretare e
salvaguardare le differenze culturali; inoltre, deve farsi specchio della società occidentale. Guardando
l’”altro” l’antropologia culturale ci porta a rendere familiare ciò che è estraneo ed estraneo ciò che è
familiare.
Poniamo come esempio lo studio sugli inacirema, una popolazione nordamericana cui riservava grande
importanza ad una scatola in cui erano conservati amuleti e pozioni magiche. Sotto il contenitore c’era una
piccola fontana e ogni giorno, tutti i membri della famiglia si inchinavano e mescolavano diverse acque
sacre nella fontana per poi fare un'abluzione (lavaggio del corpo) rituale.
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Se si legge al contrario il nome di questa popolazione si ricava “americani”. Questo allude al fatto che
l‘oggetto attuale dell’antropologia non è solo lo studio del “primitivo”: non si è verificata la scomparsa del
primitivo, in quanto i mondi locali tradizionali si sono trasformati in quelli attuali, riformulando così il
concetto di “primitivo” con una visione non più etnocentrica.
Le origini dell’antropologia culturale risalgono a scrittori e viaggiatori come Erodoto, Marco Polo e Ibn
Khaldun che scrivevano resoconti sulle culture che incontravano. La radici concettuali più recenti risalgono
invece all’illuminismo francese come Montesquieu, che faceva risalire le differenze culturali ai diversi climi
ambientali.
Darwin
A metà del XIX secolo Charles Darwin diede una spiegazione scientifica delle origini della specie umana,
secondo cui le forme di vita più antiche si sono evolute in quelle più recenti attraverso un processo di
selezione naturale, attraverso una lotta per la sopravvivenza.
Tylor e Frazer
I protagonisti della fondazione dell’antropologia culturale tra 700 e 800 sono Tylor e Frazer in Inghilterra e
Morgan negli USA. Loro elaborarono un modello di evoluzione culturale secondo cui tutte le culture umane
evolvono da forme inferiori a forme superiori, collocando popoli non occidentali in uno stadio “primitivo” e
le culture euro-nordamericane in quello “civilizzato”. Questa concezione prevedeva due possibili destini per
le culture non occidentali: avrebbero raggiunto il livello di quelle occidentali o si sarebbero estinte.
Malinowski
Bronislaw Malinowski, di origini polacche, nel XX secolo soggiornò alle isole Tobriand introducendo la
ricerca sul campo con l’osservazione partecipante. Definì così l’approccio del funzionalismo che assimila le
culture agli organismi biologici le cui singole parti collaborano al funzionamento. Il funzionamento è
connesso al concetto di olismo secondo cui tutte le culture sono complessi sistemi integrati che non
possono essere del tutto compresi senza analizzarne le diverse componenti. Il funzionalismo contribuì a
mettere in crisi i paradigmi evoluzionistici etnocentrici.
Boas
Boas introdusse un approccio basato sul particolarismo storico, ovvero sullo studio delle singole culture
piuttosto che sugli approcci generalizzanti precedenti. Questo approccio è stato alla base della scuola di
cultura e personalità, che teorizzava l’esistenza di un “ethos” intorno al quale gli individui svilupperebbero
strutture psicologiche comuni. Margaret Mead, allieva di Boas, con le sue pubblicazioni scientifiche influenzò
le pratiche di socializzazione dei bambini negli USA. Mead è stata tra i primi ad occuparsi di antropologia
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pubblica ritenendo importante la divulgazione delle conoscenze antropologiche per indurre cambiamenti
sociali positivi.
Tra le due guerre mondiali, l’antropologia britannica con Alfred R. Radcliffe-Brown si orientò ad una
prospettiva struttural-funzionalista che diede vita all’antropologia sociale, un approccio incentrato sulla
dimensione sociale e sul funzionamento dei sistemi e delle strutture sociali; gli allievi Pritchard e Mayer
Fortes proseguirono sulla linea del maestro. Tuttavia, loro misero in discussione l’idea che l’antropologia
fosse una scienza naturale della società, criticando l’equilibrio della società e sostenendo la dimensione del
mutamento e del conflitto.
In questo stesso periodo l’antropologo francese Claude Levi-Strauss elaborò una prospettiva influenzata
dallo strutturalismo francese che si basava su un concetto di struttura diverso da quello di Radcliffe-Brown.
Per lui la struttura è un inconscio che sta alla base delle relazioni sociali e le pratiche sociali, e si esprime
nella reciprocità e nello scambio, che nelle società “primitive” sono espresse dalle regole di parentela e di
esogamia, dai miti e dalle classificazioni. Lo strutturalismo francese ha ispirato l’antropologia simbolica, ossia
lo studio della cultura intesa come sistema di significati.
Negli anni ‘60 nasce la scuola del materialismo culturale basato sulla teoria marxista. Negli stessi anni è
emersa anche l’antropologia interpretativa il cui maggior esponente fu Geertz. Secondo quest’approccio per
comprendere una cultura è necessario concentrarsi su ciò che le persone pensano, sulle loro idee, simboli e
significati; un significato però, non è soggettivo ma pubblico e intersoggettivo. La cultura, quindi, non è un
oggetto da laboratorio analizzabile indipendentemente dalla presenza dell’antropologo, perché questi si
influenzano reciprocamente.
L'approccio interpretativo sarà portato all’estremo dall’antropologia postmoderna grazie alla pubblicazione
degli anni ‘80 di “writing cultures” di James Clifford e George Marcus. L'antropologia postmoderna ritiene
possibile solo costruire rappresentazioni dell’’altro a partire dalla soggettività dell’antropologo.
- Strutturalismo: secondo cui forze importanti come l’economia, la politica e i media plasmano
comportamenti e i modi di pensare degli individui.
- Prospettiva che enfatizza il ruolo dell’agency: capacità umana di operare delle scelte e di esercitare
la propria volontà.
Sono emerse però nuove prospettive teoriche come l’antropologia femminista che mostra la necessità di
analizzare i ruoli che le donne assumono presso le diverse culture e le esistenti disuguaglianze di genere;
l’antropologia queer che si dedica allo studio delle culture gay e delle discriminazioni basate sull’identità e le
preferenze sessuali.
Negli USA sempre più cittadini di origine sudamericana, afro-americana e nativo americana diventano
antropologi ma rimane comunque una professione “bianca”. Alcuni passi verso un1antropologia antirazzista
possono essere:
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1.1. 4 - LE SCIENZE DEMOETNOANTROPOLOGICHE IN ITALIA
Lamberto Loria si dedicò all'etnografia italiana. alla fine del 1800 l'etnografia si rivolge allo studio delle
popolazioni extraeuropee con una concezione di impronta evoluzionistica; successivamente si rivolge
all'ambito africanistico ma la politica razzista dell'Italia fascista segnò negativamente gli studi e l'unica figura
di spicco fu Vinigi Grottanelli.
La ripresa della tradizione italiana si deve a Ernesto De Martino, intellettuale napoletano che studiò i
“primitivi” con una lettura storicista. Secondo lui gli studi etnoantropologici scientifici non erano in grado di
restituire la dimensione storica dei primitivi perché riducevano l'esperienza umana entro una lettura
empirica che non portava una vera conoscenza. Secondo Benedetto Croce la vera conoscenza è solo
storica, intesa come la storia dello spirito umano e come progressione ed evoluzione umana verso i livelli
superiori.
Lo studio della magia e del pensiero magico De Martino tentò di leggere la magia non come un errore dei
primitivi, ma dall'interno come espressione dello spirito umano: la magia è lo sforzo dell'uomo di essere
presente nel mondo. Il suo pensiero era influenzato da Gramsci che aveva indicato una lettura sociale del
folklore, definendo il popolo come insieme delle classi subalterne e strumentali. De Martino legge così le
forme dell'esperienza magico religiosa in una chiave politico sociale come la ricerca nel Salento pugliese
dedicata al tarantismo.
L’etnoantropologia storicista di De Martino lasciò un segno negli studi antropologici italiani fino agli anni 80
aprendo l'antropologia italiana il dibattito internazionale.
Determinismo biologico
Il determinismo biologico spiega il comportamento il modo di pensare delle persone partendo da fattori
biologici come i geni e gli ormoni, Prendendo però in considerazione anche le abitudini culturali. I
comportamenti e i modi di pensare che danno vantaggio in termini riproduttivi hanno maggiori probabilità
di essere trasferiti alle generazioni future.
Costruzionismo culturale
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1.2.2 - ANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA E MATERIALISMO CULTURALE
Antropologia interpretativa
L'antropologia interpretativa studia la cultura attraverso l'analisi di ciò che pensano gli individui che ne
fanno parte, a partire dal modo in cui danno senso alla propria vita e i simboli che per loro sono importanti.
Materialismo culturale
il materialismo culturale studia la cultura a partire dagli aspetti materiali dell'esistenza: l'ambiente naturale e i
modi in cui gli esseri umani abitano determinati ecosistemi traendo da questi il necessario per la sussistenza:
sono questi i fattori che modellano le culture. Per spiegare la cultura usano un modello composto da tre
livelli:
Si guarda il peso che è considerato opportuno attribuire, nell'analizzare i comportamenti le idee degli
individui, alla loro volontà (o Agency) a fronte del potere d'azione di forze (o strutture) che i singoli non
possono controllare.
AGENCY
L'agency individuale è la capacità dei singoli di compiere scelte ed esercitare il proprio libero arbitrio. Gli
strutturisti ritengono però che il libero arbitrio sia un'illusione perché le scelte degli individui sono
preordinate dall'azione di forze dalla portata più ampia, come l'economia o le organizzazioni sociali e
politiche.
Per esempio, per quanto riguarda lo studio della povertà, chi privilegia l'agency ritiene che la povertà sia
dovuta alle strategie adottate dai singoli, mentre gli strutturisti ritengono che i poveri siano costretti da forze
più potenti di loro. Molti degli antropologi culturali cercano di combinare queste due prospettive.
Negli anni 50 furono individuate 164 definizioni di cultura. la prima è stata proposta nel 1871 dal britannico
Tyler; “la cultura, o civiltà, intesa nel suo senso etnografico più ampio, è quell'insieme complesso che include
la conoscenza, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine
acquistata dall'uomo come membro di una società”. Mentre prima c'era una concezione colta ed
etnocentrica di cultura, cioè intesa come patrimonio di conoscenze che l'individuo acquista grazie
all'istruzione; con la concezione odierna ogni società umana diventa produttrice e portatrici di cultura. La
cultura, quindi, è un elemento universale della specie umana.
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Tra materialisti e interpretativi c'è un dibattito. il materialista Harris afferma: “la cultura è il modo, o stile di
vita nel suo insieme, e un gruppo di persone ha acquisito socialmente. sono modi schematici e ridondanti di
pensare, sentire e agire caratteristici dei membri di una certa società”.
l'interpretativo Geertz, Ritiene che la cultura sia “un insieme di simboli, motivazioni, stati d'animo e pensieri”
e non vi include i comportamenti. questo manuale invece riprende la stessa definizione aggiungendovi i
comportamenti.
Tutti gli esseri umani hanno una cultura e per questo si parla di culture, ovvero specifici modi di vita presi è
riconducibile a determinati gruppi umani. quando si parla di culture si indicano le micro-culture, o culture
locali, cioè quell'insieme di schemi di comportamento e di pensiero appresi condivisi che si riscontrano
presso un certo gruppo umano. le micro-culture sono basate sull'etnia, il genere, l'età o sulla condivisione di
altre caratteristiche.
Per capire come la cultura è distinta dalla natura è utile vedere come le esigenze si declinano nei diversi
contesti culturali. Tutti devono assolvere le funzioni umane universali; per sopravvivere tutti devono
mangiare, bere, dormire e andare di corpo e non tutti le assolvono allo stesso modo.
MANGIARE
La cultura condiziona le nostre scelte alimentari, i tempi e i modi del nostro nutrimento e attribuisce
significati al cibo; la cultura stabilisce anche quali cibi siano accettabili e quali no. Per esempio, molti dei
cinesi ritengono disgustoso il formaggio mentre i francesi lo adorano.
Anche la percezione del gusto varia: i ricercatori occidentali hanno individuato quattro categorie di gusto
presumibilmente universali: dolce, acido, amaro e salato. La ricerca transculturale ha però dimostrato che
non sono categorie universali. L'umami (sapidità), per esempio, è una categoria del gusto molto importante
in Asia orientale ma non c’è nella lista d’ispirazione occidentale; il popolo weyewa in Indonesia distinguono
sette categorie di sapori: acido, dolce, salato, amaro, aspro, blando e pungente.
Il corretto modo di mangiare è una delle prime cose che si apprende quando ci si trova in un diverso
contesto culturale. In India si usa solo la mano destra per mangiare; in alcune culture si mangia solo dl
proprio piatto, in altre si mangia da un piatto centrale condiviso.
Le differenze si possono vedere anche per quanto riguarda le figure responsabili della cottura e del servizio
dei cibi. Per molte culture la preparazione del cibo è riservata alle donne mentre gli uomini preparano nel
caso di feste e banchetti.
BERE
Ogni cultura stabilisce cosa sia corretto bere, quando bere e con chi e attribuisce significati diversi. Nella
cultura francese si tende a bere molto vino nei pranzi di famiglia; negli Stati Uniti si beve di solito acqua
durante il pasto; in India l’acqua viene consumata alla fine del pasto.
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Spesso, le diverse culture codificano il significato di certe bevande e le maniere corrette di berle e servirle.
Bere in compagnia rinsalda le relazioni come le fratellanze americane come si vede nel film “Salamanders”, il
quale documenta anche la pratica di mangiare salamandre vive durante queste feste.
DORMIRE
In genere si può pensare che la funzione del sonno non sia influenzata dalla cultura, tuttavia, il sonno è
culturalmente condizionato e anche determinato biologicamente. Le differenze si vedono quando si guarda
chi dorme con chi, il tempo dedicato al riposo e i motivi per cui le persone soffrono di disturbi del sonno. Lo
stesso vale per il luogo del riposo dei neonati: tra gli indigeni dell’amazzonia, le amdri e i bambini
condividono la stessa amaca per molti mesi.
La cultura influenza anche la quantità del tempo che dedichiamo al sonno. In alcune regioni rurali dell’India
le donne dormono meno degli uomini per svegliarsi presto, accendere il fuoco e preparare il pasto
mattutino. Nell'America settentrionale, le persone con personalità di tipo A (aggressivi, ansiosi) dormono
poche ore, perché dormire troppo significa essere deboli. Nelle grandi città del Giappone è diffuso il
disturbo dell’eccessiva sonnolenza diurna (EDS), che colpisce specialmente le donne e comporta una
diminuzione della produttività.
ANDARE DI CORPO
Tra le regole culturali dell’evacuazione, come prima domanda da porsi abbiamo: dove andare di corpo?
Può essere un atto privato oppure pubblico. Molte strade europee hanno bagni pubblici hanno orinatoi
pubblici per uomini ma non per donne; nei villaggi dell’India le case non hanno bagni e si esce di casa per
raggiungere campi per evacuare e nel frattempo conversare con gli altri; ognuno, inoltre, porta con sé una
bacinella d’acqua per pulirsi. Questo ha diversi vantaggi ecologici perché contribuisce a concimare e a
limitare i rifiuti di carta.
Per molte culture i prodotti dell’evacuazione sono considerati inquinanti e disgustosi: i membri di alcune
società della Papua Nuova Guinea seppelliscono le feci per paura che qualcuno le trovi e possa usarle
contro di loro con pratiche magiche. In alcuni culture native-americane l’urina invece, aveva proprietà
medicinali e per questo veniva spruzzata sul cadavere nei riti funebri nella speranza che esso resuscitasse.
Per quanto riguarda l’abitudine di lavarsi le mani dei paesi più ricchi, uno studio ha trovato presenza di
batteri fecali sulle mani di 404 pendolari in cinque città del Regno Unito.
Le nostre vite sono basate e organizzate su simboli. Il simbolo è un oggetto, una parola o un’azione dal
significato culturalmente codificato che rappresenta qualcosa con il quale non ha una relazione necessaria o
naturale. I simboli sono arbitrari, molteplici e su di essi non si possono fare previsioni. Il nome Barbara, per
esempio, originariamente in greco si riferiva ai barbari (stranieri, incivili, selvaggi); oggi negli USA il nome
non trasmette questo significato perché i significati possono cambiare.
LA CULTURA è APPRESA
Poiché basata su simboli culturali, la cultura deve essere nuovamente appresa in ogni contesto.
L'apprendimento di questa ha inizio alla nascita e gran parte avviene inconsapevolmente mediante
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l’osservazione. I bambini acquisiscono schemi culturali attraverso l’osservazione, l’esperienza e i consigli
impartiti loro dai familiari e dai membri anziani.
Lo studio di solo uno o due aspetti di una data cultura ce ne fornisce una comprensione talmente limitata
che può essere ingannevole o errata. Se per esempio, si studiano le guerre in Papua Nuova Guinea
guardando gli aspetti economici, politici e la relazione con i sistemi matrimoniali si rischia di arrivare a delle
incomprensioni: è importante guardare anche ad altri aspetti come la credenza dei poteri sovrannaturali e
la credenza che dipingere lance e scudi con certe figurazioni ne aumenti l’efficacia.
La tesi dello scontro delle civiltà (clash of civilizations) sostiene che l’espansione globale del capitalismo e
degli stili di vita euro-americani ha generato delusione, alienazione e risentimento presso altri sistemi
culturali: questo modello divide il mondo tra “l’occidente e il resto” (west and the rest). Due autori
sostengono che in conseguenza del processo di uniformazione culturale si genera il fiorire delle guerre
identitarie di stampo culturale o religiose. Lo jihad è quindi la risposta all’imposizione di modi di consumo e
di produzione universali.
Per occidentalizzazione s’intende la tesi che sostiene che sotto la potente influenza degli USA e dell’Europa,
il mondo sta diventando culturalmente omogeneo
Una variante dell’occidentalizzazione è la Macdonaldizzazione (o cultura del fast-food), con i suoi principi
della produzione di massa, la velocità, la standardizzazione e i servizi impersonali.
L'ibridazione (sincretismo o creolizzazione) si ha quando gli aspetti di due o più culture si combinano tra
loro per formare un ibrido. In Giappone può capitare che una donna si inchini per ringraziare uno sportello
automatico di una banca.
La localizzazione invece è la trasformazione della cultura globale in qualcosa di nuovo per opera di micro-
culture. I McDonald's, per esempio, sono caratterizzati da una tipica consumazione rapida che in molti
contesti asiatici è rifiutata. I McDonald's hanno quindi rallentato il servizio per venire incontro a questa
propensione.
L'antropologia culturale ha contribuito alla teorizzazione di due concetti, il primo dei quali è
l’etnocentrismo, ovvero la tendenza di giudicare e interpretare le altre culture in base ai criteri della propria
cultura.
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L'altro concetto opposto a questo è quello del relativismo culturale, ovvero l’idea che ciascuna cultura
debba essere compresa attraverso i propri valori e credenze e non attraverso quelli provenienti da altre.
Secondo questa concezione nessuna cultura è migliore di un’altra ma a volte si incorre nel relativismo
“assoluto”, ossia quando si ritiene che qualunque cosa accada in una particolare cultura, non debba essere
messa in discussione o cambiata perché interrogarsi su una certa questione sarebbe etnocentrico. Un
esempio è l’olocausto, poiché chi sostiene una posizione del relativismo culturale assoluto corre il rischio di
sostenere che l’olocausto sia l’espressione dei valori della cultura nazi-fascista e chi non appartiene a quella
cultura non ha diritto di replicare.
Il relativismo culturale critico invece, offre una visione alternativa e incoraggia una riflessione critica sui valori
e le pratiche culturali, si domanda perché questi vengano accettati e chi potrebbe danneggiare e favorire.
Molti antropologi culturali adottano questo tipo di approccio per riflettere sui comportamenti e valori.
Da qui nascono due problemi: la necessità di produrre una lista universale di cosa tutte le culture ritengono
sia buono e giusto; il secondo che nessuna società e perfetta.
I risultati degli antropologi culturali sono elaborati sulla base di ricerche sul campo e le loro esperienze gli
hanno portati a sostenere l’importanza e sostenere la diversità culturale. Gli antropologi culturali si
impegnano per mantenere la diversità culturale in tutto il mondo, che è parte del patrimonio dell’umanità;
inoltre, condividono le loro conoscenze per sostenere la sopravvivenza delle popolazioni indigene, creando
anche delle organizzazioni come “cultural survival” che proteggono e aiutano le popolazioni indigene.
Presso ambiti culturali estesi ci sono molte micro-culture, le quali possono organizzarsi in modo gerarchico.
Persone e gruppi possono essere considerati diversi tra loro in base ad una certa caratteristica ma non ne
deriva necessariamente una disuguaglianza.
La classe
La classe è una categoria basata sulla posizione economica che si occupa nella società, misurata in termini
di entrate o di ricchezza esibita attraverso lo stile di vita. Le classi possono essere superiori, medie o inferiori
e sono inquadrate in un sistema gerarchico dove le superiori dominano. Secondo la visione marxista la lotta
di classe è inevitabile perché chi sta al vertice vuole mantenere la propria posizione e chi sta in fondo vuole
migliorare. Si può migliorare guadagnandosi un accesso alle risorse e imitando i comportamenti dei
superiori.
Il concetto di cultura (sia singolare che plurale) è il concetto più condiviso e distintivo dell’antropologia
culturale. Introdotto alla fine dell’XIX secolo da Tylor, è un concetto che si oppone ai paradigmi razzisti ed
etnocentrici dell’epoca: riconoscere pari facoltà intellettuali a tutti gli esseri umani ha contribuito a sfatare il
mito della superiorità della civiltà occidentale.
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Negli anni ‘90 però, il termine culture al plurale ha portato ad una nuova ondata di razzismo poiché
classificando il mondo in culture separate e distinte, promuoveva l’idea che queste fossero universi chiusi
escludendo la partecipazione di altri gruppi umani. Per questo motivo oggi, gli antropologi considerano le
culture come dei processi di costruzione identitaria, storicamente collocati, dinamici e orientati sul piano
delle retoriche testuali e delle dinamiche politiche.
Con il termine “razza” ci si riferisce ad un gruppo di persone che condivide determinate caratteristiche
biologiche. Il termine però è problematico perché utilizzato diversamente da diversi popoli umani. In
Sudafrica e negli USA la “razza” è definita sulla base del colore della pelle; in Cina prima del XX secolo era la
peluria la base (i barbari erano più pelosi dei cinesi “civilizzati”).
La ricerca antropologica ha dimostrato che le categorie razziali sono costruzioni culturali, spesso associate a
discriminazioni e crudeltà nei confronti di “razze” considerate inferiori.
Con il termine etnia ci si riferisce al senso di identità di un gruppo, basato sulla condivisione di un retaggio,
di una lingua, di una religione o di altri elementi. Il termine etnia rispetto al precedente “razza” appare più
neutro e meno stigmatizzante; tuttavia, anch’esso è alla base di alcune discriminazioni e oppressioni (come
la pulizia etnica dei musulmani da parte dei serbi).
I popoli indigeni sono gruppi di individui che hanno legami di lunga durata con le proprie terre d’origine:
legami anteriori a quelli coloniali che oggi governano gli stessi territori. In genere sono numericamente
minoritari e hanno perso il diritto sui loro territori.
Genere
Il termine genere indica i comportamenti e i modi di pensare, generati e appresi culturalmente a maschi,
femmine o ad un terzo genere. Il genere è distinto dal sesso, che per essere definito si basa su indicatori
biologici, come i genitali o gli ormoni che caratterizzano il sesso femminile o maschile.
Le differenze attribuite al genere cambiano da cultura a cultura. Ci sono società nelle quali i ruoli e le sfere
di pertinenza di maschi e femmine sono simili o si sovrappongono e quelle in cui i ruoli sono fortemente
differenziati in base al genere. In molte aree rurali della Thailandia donne e uomini hanno più o meno la
stessa corporatura, stesso abbigliamento e compiti complementari o intercambiabili; molti gruppi della
Nuova Guinea invece, applicano rigide distinzioni.
Età
Il ciclo di vita degli esseri umani conduce le persone attraverso stadi culturali per ciascuno dei quali è
necessario apprendere il corretto comportamento e modo di pensare. Presso molte società pastorali
africane le categorie di età definiscono i ruoli degli uomini e il loro status: da ragazzi hanno poche
responsabilità, poi divengono giovani guerrieri e infine adulti ai quali è consentito sposarsi e diventare
anziani.
Istituzioni
Le istituzioni sono organizzazioni stabili create per scopi particolari e dotate di specifiche micro-culture. Gli
ospedali, le scuole, le università e le prigioni sono esempi di istituzioni. Fino a quando non si ha
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familiarizzato con le regole culturali di una certa istituzione ci si comporterà in modo offensivo o ambiguo.
Le scuole spesso rinforzano gli stereotipi, i rapporti di potere e le disuguaglianze. In una scuola media delle
montagne rocciose degli USA gli insegnanti tendono ad escludere le studentesse immigrate dal Messico
etichettandoli come ESL (english as a second language). Inoltre, il modello di buono studente richiede ai
ragazzi di essere sportivi, motivati, popolari, membri di una famiglia solida, e per molti bambini del Messico
non è facile conformarsi a questo modello anche perché vengono esclusi non stanze la loro buona volontà.
2- LA RICERCA ANTROPOLOGICA
ANTROPOLOGIA DA TAVOLINO
Si riferisce al fatto che i primi antropologi culturali portavano avanti i propri studi seduti nel proprio studio,
analizzando le informazioni che provenivano da resoconti di viaggiatori, missionari ed esploratori. Non
avevano contatti diretti con le popolazioni che analizzavano.
ANTROPOLOGIA DA VERANDA
Tra la fine del diciannovesimo secolo e l'inizio del ventesimo secolo alcuni antropologi stipendiati da governi
coloniali posero le basi per L'ANTROPOLOGIA DA VERANDA chiamata così perché l'antropologo chiedeva
ai nativi di raggiungerlo nella veranda della sua abitazione. Nel diciannovesimo secolo Lewis Henry Morgan
contribuì ulteriormente allo sviluppo di quest’approccio allo studio dei popoli e le loro culture basato
sull'osservazione diretta e sull'integrazione con gli individui. Morgan abitava nei pressi dei territori degli
irochesi che quindi ebbe modo di conoscere bene. Dimostrò che il comportamento e le credenze di questi
sarebbero risultati ragionevoli se si fosse impiegato del tempo per conoscerli meglio. Le sue pubblicazioni
modificarono la percezione degli irochesi in primis e poi di altre tribù native americani.
Nel ventesimo secolo viene combinata la ricerca sul campo con l'osservazione partecipante:
L'OSSERVAZIONE PARTECIPANTE è un metodo per la ricerca finalizzata alla comprensione della cultura che
richiede la raccolta dei dati e anche di vivere per un periodo di tempo prolungato nell'ambito culturale da
analizzare. Suo padre è Malinovsky che soggiornò nelle isole Trobriand del Pacifico meridionale per due
anni, in una tenda nelle vicinanze delle abitazioni dei nativi. Partecipo alle loro attività e si sforzò di vivere
come uno di loro; apprese pure la lingua, così poté studiare la cultura trobriandese nel suo contesto
piuttosto che attraverso informazioni di seconda mano.
Nel corso del XV secolo uno degli obiettivi principali degli antropologi culturali era quello di raccogliere la
maggior quantità possibile di informazioni sulle lingue, i canti, i rituali, la vita sociale delle popolazioni
perché molte culture erano in via di estinzione; secondo il principio dell’olismo per cui bisogna studiare tutti
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gli aspetti di una cultura per comprenderla nella sua totalità. Con il metodo dell'osservazione partecipante
sono state prodotte nella prima metà del 900 alcune tra le etnografie più note nella storia dell'antropologia:
le etnografie di Evans Pritchard sugli Azande e sui Nuer nel continente africano, l'etnografia di Edmund
Leach sui Katchin della Birmania e altre.
Con l'osservazione partecipante fino agli anni 60’ si è adottata una prospettiva etnografica di tipo positivista.
Il POSITIVISMO è una corrente filosofica del XIX secolo che sta alla base del metodo tradizionale delle
scienze fisiche. Secondo il positivismo una conoscenza scientifica è possibile a patto che si seguano un
approccio una metodologia che indaghino cause ed effetti dei fenomeni, che restano validi
indipendentemente dalle inclinazioni soggettive valori e morali delle contingenze politiche. L'obiettivo dei
positivisti era produrre una conoscenza oggettiva del fenomeno, e lo stesso fece l'antropologia
considerando il campo un laboratorio d'osservazione al fine di formulare ipotesi e individuare leggi nel
comportamento umano in determinate culture.
I resoconti degli antropologi positivisti, tuttavia, hanno per lungo tempo celato la componente umana che è
alla base della conoscenza antropologica sia dell'antropologo stesso che l'oggetto di studio. Negli anni 70
gli assunti del metodo positivista hanno iniziato a subire critiche e sono sorti dubbi rispetto all'oggettività
della conoscenza antropologica. Si fa strada quindi la consapevolezza che la conoscenza antropologica è il
risultato di una relazione dialogica tra soggetti piuttosto che il risultato delle osservazioni di fatti oggettivi: lo
stesso gruppo umano si è osservato dai ricercatori diversi può venire rappresentato in modi diversi.
1. la dimensione soggettiva ovvero il retroterra culturale soggettivo sia dell'antropologo che delle persone
studiate
2. la dimensione etica che è alla base della relazione tra l'antropologo e coloro che osserva
3. la dimensione politica e le relazioni di potere che caratterizzano la reazione sul campo tra l'antropologo
e soggetti che studia
è necessario quindi considerare i soggetti che si studiano come esseri umani dalla cui relazione può
scaturire un coinvolgimento che può produrre un cambiamento nella soggettività dell'antropologo e delle
persone studiate, e dalla quale si produce la conoscenza antropologica, ossia una conoscenza contestuale e
intersoggettiva in quanto è il prodotto di un'interazione sul campo con i propri interlocutori. Questa nuova
consapevolezza prende il nome di svolta riflessiva. La RIFLESSIVITÀ considera la ricerca sul campo come il
prodotto di un dialogo tra un ricercatore e uno o più informatori.
per poter studiare la cultura di popolazioni che occupano territori più ampi, le connessioni tra le dimensioni
locali e quelle globali e il cambiamento culturale e antropologi culturali hanno approntato nuove
metodologie di ricerca, tra cui la ricerca multisituata.
La RICERCA MULTISITUATA è la ricerca sul campo che viene condotta presso più territori (secondo George
Marcus). Questa ricerca è utile per lo studio di numerosi argomenti che può avere come oggetto, oltre alle
persone migranti, anche oggetti, metafore, storie di vita e narrazioni. L'anitra Jacobs-Huey, per esempio, ha
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svolto una ricerca multilocale sul campo per studiare la lingua e la cultura associate all'acconciatura dei
capelli presso le donne afroamericane; in diverse località degli Stati Uniti e Londra. 2.1
per prima cosa i ricreatori scelgono l’argomento di ricerca, che deve essere significativo e realizzabile.
Spesso prendono spunto dallo spoglio della letteratura ossia le pubblicazioni esistenti. Spesso sono ispirati
da tendenze già esistenti (l’HIV, la difficile situazione dei migranti, i conflitti in Afghanistan, il cambiamento
climatico ecc.).
Alcuni antropologi si dedicano allo studio di un particolare oggetto di scambio nel suo contesto culturale (lo
zucchero, la cocaina ecc.) e a partire da questo studiano le relazioni sociali che ne caratterizzano la
produzione, l’uso, la commercializzazione e il ruolo identitario che riveste in una data popolazione. Questi
utilizzano la metafora della diffrazione poiché la riflessione approfondita su un oggetto può generare
interpretazioni da vari punti di vista.
Altri fanno ricerca per essere utili ai governi, aziende o organizzazioni non governative; queste solitamente
fanno uso di metodi di ricerca rapida per ottenere informazioni sufficienti in poche settimane.
Un’altra possibilità di ricerca è il restudy ossia una ricerca sul campo condotta presso una cultura già
studiata in passato e posson fornire informazioni sui cambiamenti intervenuti nel frattempo oppure fornire
nuove interpretazioni. Per esempio, Malinowski condusse nei primi anni del 1900 degli studi sul Kula, un
circuito di scambio che collegava molte delle isole Trobriand di beni d’uso comune, di collane e bracciali di
grande valore. Annette winner si recò alle Trobriand per studiare la lavorazione del lego della stessa
popolazione. Cambiò poi il suo oggetto di studio in seguito alla realizzazione dell’esistenza di una
procedura di scambio che avveniva anche tra le donne, che Malinowski aveva trascurato per concentrarsi
esclusivamente su ciò che lui riteneva essere l’unica forma di scambio fondamentale, quella tra uomini.
Perciò per comprendere a pieno la popolazione trobriandese è necessario conoscere entrambi gli studi
sulla medesima popolazione.
le isole Trobriand prendo il nome da Denis Trobriand che la raggiunse alla fine del 1700. Sono composte da
22 atolli corallini e la maggior parte della popolazione vive a Kiriwina, isola dove si trova l’ufficio distrettuale
del governo e l’aeroporto. Queste furono colonizzate dalla gran Bretagna e in seguito cedute all’Australia. I
britannici hanno cercato di cambiare la cultura e risolvere conflitti locali per esempio attraverso il cricket. Nel
1975 entrò a far parte dello stato di Papua Nuova Guinea. Le isole non sono culturalmente omogenee e ci
sono diversi dialetti della lingua Kilivila. Producono autonomamente il loro cibo composto di tuberi, radici
commestibili, fagioli, zucca, banane, il frutto dell’albero del pane, noci di cocco e noci di betel. Allevano
maiali anche perché beni di prestigio. Dal XX secolo sono più dipendenti dal denaro.
Il loro sistema di discendenza privilegia la linea femminile e le donne sono il cuore dell’unità domestica. Il
marito vive presso i parenti conseguigli di sesso femminile e no assieme moglie e figli. I padri donano ai figli
orecchini e collane di conchiglia di grande valore, le madri gonnellini rossi. I bambin frequentano la scuola
importata dall’occidente e molti si spostano nei centri principali della PNG per proseguire gli studi. I giovani
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sono ora più interessati al denaro e si sta assistendo ad uno sfruttamento eccessivo della fauna aquatica a
fini commerciali che mette a rischio la barriera corallina. Inoltre, affrontano la minaccia dell’HIV nelle isole
dell’amore.
Bisogna ottenere il finanziamento. In gran Bretagna la richiesta la si può avanzare a diversi enti, governi e
non. I laureandi di solito fanno più fatica. Inoltre, l’antropologo deve capire se è il caso di trovare un
impiego remunerato nel luogo di ricerca o meno, poiché c’è il è principio per il quale non si possa fare
ricerca in incognito, perciò, servirebbero permessi speciali difficili da ottenere spesso. Però un incarico
potrebbe far guadagnare fiducia e rispetto all’antropologo. I
l governo ospite può richiedere un visto e una domanda di autorizzazione a condurre la ricerca che può
richiedere tempi lunghi o non essere concessa: per esempio il governo indiano pone delle limitazioni quali
le popolazioni tribali delle zone di frontiera o la pianificazione familiare. Anche il governo cinese pone delle
limitazioni anche se negli anni si sono un pò allentate. Molti paesi richiedono linee guida per la protezione
dei soggetti umani. Negli USA si tengono dei comitati etici (IRB) che tengono sotto osservazione la ricerca
per garantire che il suo svolgimento sia conforme ai principi etici di tutela dei soggetti. Di solito richiede che
tutti i partecipanti alla ricerca dichiarino il proprio CONSENSO INFORMATO: un documento formale in cui si
informano i partecipanti sugli obiettivi, l'ambito e i possibili effetti del proprio studio e chiedono il consenso
di farne parte. Spesso il consenso è ottenibile, in altri casi dove le popolazioni sono analfabete e meno
possibile; perciò, in alcune università si accettano anche concessioni orali.
La preparazione per il campo può richiedere diverse attrezzature speciali quali tende, indumenti caldi ecc.
può richiedere la vaccinazione e talvolta la necessità di portare kit medico e frequentare un corso base di
proto-soccorso. Inoltre, è importante portare con sé videocamere, machine da foto, registratori audio,
computer ecc. È inoltre necessario se non si ha familiarità con la lingua frequentare un corso intensivo sulla
lingua. Voi spesso però si affidano a interpreti locali nelle fasi iniziali dell'attività.
Il sito è il luogo in quella ricerca viene condotta e dipende da diversi fattori. Se il progetto riguarda la
differenza di classe in ambito lavorativo sarà necessario recarsi in un paese grande, e può essere difficile
trovare quartieri o istituzioni disposti ad accogliere il ricercatore.
La relazione etnografica è il rapporto di fiducia che si stabilisce tra i ricercatori e la popolazione. All'inizio
della ricerca è importante ottenerla con i leader o custodi della comunità. È necessaria in quanto spesso le
culture hanno difficoltà a capire perché qualcuno voglia studiarle e possono male interpretare il loro arrivo.
Per esempio, Richard Kurin riferisce che nel primo periodo di ricerca in Pakistan nordoccidentale negli anni
70 il villaggio credeva fosse una spia internazionale. Con il tempo ottenne la loro fiducia: inizialmente
credevano fosse un'insegnante di inglese in quanto insegnava la lingua ad un ragazzo, puoi un dottore in
quanto distribuiva aspirine, poi un avvocato perché in grado di leggere le ordinanze del tribunale e infine il
discendente di un clan locale per via della somiglianza del suo cognome con quello di un antico re. Anche
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Cristina Salamandra di recente quando si recò a Damasco, in Siria dove il dipartimento di antropologia non
esiste, venne sospettata di essere una spia straniera. Nonostante ciò, Cristina riuscì a completare lo studio.
Fare regali agli oggetti della ricerca può essere utile ecco alcune domande da porsi per farlo nel modo più
ottimale:
Mathews Hamabata durante una ricerca sul campo in Giappone a stretto il rapporto con la famiglia Itoos e
la aiuto a compilare la domanda di ammissione di alcune università nell’usa così la signora Itoos lo ha
invitato nel ristorante di lusso per festeggiare e a fine serata gli porse un regalo ben incartato che
conteneva cioccolatini e 50.000 ¥. L'antropologo di getto si è sentito offeso e pensò di restituirglieli, ma
sentendo il parere di amici giapponesi ha capito che avrebbe dovuto accettarlo e in seguito fare un contro
dono di 250.000 ¥ circa, per mantenere una buona relazione con la famiglia.
- LA CLASSE SOCIALE: L'antropologo spesso gode di maggiore potere rispetto a coloro che studia e
spesso quest'ultimi se ne accorgono. Laura Nader studiando l'alta moda in Giappone aumentò negli
antropologi la consapevolezza delle responsabilità che essi hanno nei confronti delle persone che
studiano in quanto le persone che stava studiando avevano la facoltà di denunciarla se diffamati;
nonostante normalmente la popolazione studiate non dispongano di queste possibilità devono godere
comunque del medesimo rispetto.
- LA RAZZA ED ETNIA: spesso i ricercatori sono uomini bianchi e a seconda di dove viene condotta la
ricerca possono essere attribuiti ad entità divine oppure disprezzate in quanto ex coloni. Tony
Whitehead è un antropologo afro-americano proveniente da una famiglia a basso reddito e perciò
durante la sua ricerca in Giamaica credeva di poter costruire una relazione con la popolazione
velocemente per via dei tratti comuni. La popolazione però da subito lo chiamò con aggettivi quali
“uomo grande, Bruno e che parlava in modo carino” che rispettivamente si riferivano al suo essere di
uno status elevato e al suo parlare in un inglese standard; era molto ammirato dalla popolazione.
Questa esperienza ha fatto riflettere sulla complessità dei concetti di razza e status nelle diverse culture.
- IL GENERE: le ricercatrici giovani e nubili hanno più difficoltà rispetto le donne più mature o ai giovani
scapoli nelle ricerche in quanto per molte culture è difficile che una donna giovane posso spostarsi,
lavorare e vivere da sola. a Questa gli può essere negato lo spostarsi senza accompagnamento
maschile, partecipare ad alcuni eventi ecc. e quindi avere solo una visione parziale. La segregazione di
genere però può impedire anche ai ricercatori maschi di accedere appieno a determinati ambiti, per
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esempio Liza Dalby in quanto donna ha potuto addestrarsi e diventare una geisha di Kyoto assieme alle
geishe con cui svolgeva la ricerca.
- L'ETÀ: di solito gli antropologi sono ADULTI, PERCIÒ, hanno spesso relazioni con individui della loro
età piuttosto che con bambini o anziani. Alcuni bambini e adolescenti, nonostante ciò, permettono agli
adulti di avere relazioni amichevoli e di partecipare alle proprie attività, altri sono invece più riservati.
Lo shock culturale
È la sensazione di disagio, solitudine e ansia che si prova quando ci si sposta da un contesto culturale a un
altro, soprattutto quando le due culture differiscono molto tra loro. Questo può essere causato da
un'alimentazione differente, da barriere linguistiche e dalla solitudine. Un elemento psicologico frequente è
la sensazione di essere poco competenti come attore culturale in quanto in un'altra cultura anche il più
semplice dei compiti diventa difficile. Anche al rientro a casa si può avere uno shock culturale di ritorno, per
esempio, un antropologo dal rientro dal suo studio in India non capiva più la popolazione statunitense e
perché tutti fossero così distanti e frettolosi.
La maggior parte degli antropologi utilizza una combinazione dei metodi e raccoglie entrambe le categorie
di dati, attuando il METODO MISTO.
L’osservazione partecipante
Implica la condivisione della vita quotidiana e nelle popolazioni che vengono studiate e la loro attenta
osservazione. Non è un processo facile, bisogna cercare di contrastare l'effetto Hawthorne ossia
l'adorazione, da parte della popolazione studiata, di comportamenti che si conformano a quelli che
presume siano le aspettative dell'antropologo.
Parlare con l'agente e fare domande è importantissimo. Ci sono diverse tecniche per la raccolta dei dati
basate sulla conversazione:
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- L'INTERVISTA: permette di acquisire documentazione orale attraverso domande o attraverso una
conversazione guidata. È orientata a fini specifici e puoi coinvolgere due persone o più (interviste di
gruppo o focus gruppo). L'intervista aperta è un modello non strutturato, e prevede di lasciare
all'intervistato la scelta delle direzioni verso cui portare la conversazione. Questo modello permette di
identificare le tematiche che l'interlocutore ritiene più importanti.
- Il QUESTIONARIO: è uno strumento di ricerca strutturato che contiene una serie predefinita di
domande da porre di persona (la preferita), per posta, e-mail o telefono. Possono essere strutturate
quindi a risposta chiusa, che pongono un limite al ventaglio delle possibili risposte; o non strutturate in
cui la risposta è aperta, producendo risposte emiche. Il questionario deve formulare domande che
abbiano un senso nel contesto culturale della popolazione studiata perciò si consiglia di rivedere le
domande con un altro ricercatore esperto. Inoltre, può essere necessario modificarli nel corso della
ricerca per adattarli al contesto. Si può condurre uno studio pilota che coinvolge un numero limitato di
membri per mettere in evidenza i punti critici dello strumento.
È necessario per raggiungere una rappresentazione completa di una cultura venire a conoscenza sia di
quello che l'agente dice sia di ciò che accade in quanto entrambe le dimensioni sono aspetti autentici della
cultura. Può capitare che le persone si comportino in un modo ma che il loro comportamento contraddica
le affermazioni.
Metodi speciali:
- STORIA DI VITA: approfondita descrizione qualitativa della vita di un individuo che la narra al
ricercatore. Franz Boas inizialmente rifiutò questo metodo giudicandolo non scientifico, altri antropologi
ritengono che la storia di vita fornisca informazioni sugli individui e il loro modo di vedere le cose. È
stato messo in dubbio l'accuratezza di alcuni passaggi di “Nasa. la vita e le parole di una donna !Kung”
un libro che racconta in dettaglio l'infanzia e i numerosi matrimoni di una donna Ju/’hoansi. Il valore di
questa narrazione non dipende dalla sua veridicità ma dal fatto che ci permette di conoscere ciò che la
donna ritenesse essere importante. I primi antropologi che utilizzano questo metodo preferivano
collaborare con individui che consideravano tipici e ordinari però non è possibile trovare un individuo
che fosse rappresentativo di un'intera cultura. Oggi gli antropologi lavorano con individui di nicchia.
Gananath Obeyeskere, per esempio, analizzò la storia di vita di tre donne e un uomo dello Sri Lanka.
Erano tutti devoti religiosi e asceta Hindu e ne aveva adottato l'acconciatura distintiva, ossia capelli
lunghi arrotolati in modo da sembrare a serpenti. Per loro non è possibile sciogliere i nodi poiché sono
abitati da una dea. Secondo l'antropologo le persone coinvolte nello studio avevano sofferto di disagi
psicologici inclusi disturbi relativi alla sfera sessuale, perciò, l'acconciatura ai capelli simboleggia le loro
sofferenze e gli fornisce uno status di sanità capace di emanciparsi dalle regole della vita coniugale.
- INDAGINE SULL’USO DEL TEMPO: è un metodo quantitativo che permette di raccogliere informazioni
relative al tempo che le persone dedicano quotidianamente a determinate attività. Si basa su un'unità di
tempo standard e classifica o codifica le attività che si svolgono in determinate fasce temporali. La
codificazione dell'attività deve essere adattata agli specifici contesti locali. I dati possono essere raccolti
attraverso intervalli fissi o attraverso un periodo di osservazioni continua; un’operazione onerosa e che
impone che le persone osservate siano poche. Se si scegliesse di osservare un campione si potrebbe
rischiare di non documentare attività importanti. Si può inoltre richiedere ai partecipanti di compilare
quotidianamente un registro un diario.
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- TESTI: molti antropologi culturali studiano documenti testuali sia scritti che orali. Franz Boas ha
registrato migliaia di pagine di testi prodotti dai nativi americani del Canada nordoccidentale, tra cui
miti e canzoni, tuttora consultate dai membri di queste tribù al fine di riportare alla memoria aspetti
della propria cultura dimenticati. Anna Kata ha svolto invece indagini presso i diversi siti Internet con
l'obiettivo di comprendere quale fosse il discorso sociale ossia le argomentazioni condivise relative ai
rischi delle vaccinazioni nel 2010. Il 74% degli statunitensi e il 72% dei canadesi erano connessi alla rete
e 75/80% degli utenti dotati di Internet la usava per cercare informazioni sanitarie. il 70% dichiarava che
le informazioni che acquisivano influenzavano le proprie scelte terapeutiche; perciò, Internet ha un forte
impatto sulle scelte relative alle cure mediche. Prese inoltre in esame dei siti etichettati come anti-
vaccinazione: gli argomenti emersi furono la sicurezza, l'efficacia, la medicina alternativa preferita ai
vaccini, la libertà civile, le teorie cospiratorie, la religione, la disinformazione sulle ricerche nel campo dei
vaccini, e gli appelli che fanno leva sulle emozioni (esperienze personali). Perciò per combattere i
movimenti anti-vaccinazione l'educazione è necessaria ma non sufficiente.
- METODI DI RICERCA MULTIPLI E PROGETTI DI GRUPPO: la maggior parte degli antropologi culturali
utilizza contemporaneamente diversi metodi differenti. Studi sulle vite reali di persone concrete è
sempre più utilizzate nei progetti di ricerca multidisciplinare in particolare in quelli finalizzati ad
applicazioni pratiche. Il lavoro di gruppo potenzia la ricerca in quanto aumenta le prospettive e i metodi
che possono essere messi in campo.
Note di campo
Comprendono registri giornalieri i dati personali le esclusioni di eventi e appunti sulle stesse annotazioni.
Idealmente vanno scritte ogni giorno ed è un compito monumentale. Oggi gli antropologi possono
archiviare direttamente le note in un computer portatile.
Il loro utilizzo può creare dei problemi: può insospettire i partecipanti o violare la protezione dell'identità
delle persone. Maria Catedra descrive l’uso del registratore durante una ricerca in Asturia in Spagna:
Inizialmente il registratore era oggetto di stupore e sospetto ma poi riuscì a ottenere la fiducia delle
persone. Per essere utili le registrazioni audio devono essere trascritte in parte o per intero, e il processo è
lunghissimo. Anche le foto e i video catturano più dettagli rispetto agli appunti presi a mano; Tuttavia, se si
fanno foto o video è impossibile prendere appunti contemporaneamente.
Comprendono note di campo descrittive, narrativa, miti e storie, canzoni e saghe. Poche indicazioni sono
disponibili sulla disposizione di chi svolge analisi qualitative di dati qualitativi, una strategia potrebbe essere
la ricerca di temi motivi ricorrenti. Molti antropologi che prediligono i dati qualitativi si affidano al computer
che permette di analizzare grandi quantità di dati, per individuare i TROPI ossia i temi chiave ricorrenti. La
presentazione dei dati qualitativi è basata sulle parole pronunciate dalle persone che raccontano le loro
storie. Lila Abu-Lughod adotta questo approccio nel libro “writing women's Worlds”. Per organizzare le
storie delle donne ha costruito una cornice autorial e fornisce un'introduzione alle narrazioni, ma senza
suggerire conclusioni, in modo tale che sia il lettore a riflettere sui significati delle storie. Per alcuni
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antropologi questo approccio è dubbio in quanto a loro parere mancano di verificabilità scientifica. Gli
antropologi interpretativi si difendono dicendo che antropologi hanno l’obiettivo di fornire interpretazioni
plausibili o nuove, dettagliate e ricche conoscenze sulla vita degli esseri umani.
Alcuni dei metodi più sofisticati richiedono nozioni di statistica ed è spesso necessario l'uso del computer
per poter procedere in modo veloce e accurato.
L'etnografia è una dettagliata descrizione di una cultura basata sulle osservazioni e le analisi del ricercatore,
è il metodo principalmente adottato dagli antropologi per trasmettere le conoscenze. I primi etnografici
diedero luogo ad un vero e proprio genere di scrittura ossia la monografia etnografica, cioè un resoconto
approfondito e accurato di una singola comunità e delle sue forme di vita sociale e culturale prodotto a
seguito di un periodo di osservazione. Il capostipite è Malinowski con il lavoro sulle isole Trobriand, anche
Evans Pritchard e Leach sono da menzionare. Nel corso degli anni però l'etnografia perde il carattere di
resoconto scientifico e oggettivo e prende un carattere testuale di costruzione attraverso precise strategie
retoriche. A mutare è stato il modo di interpretare le esperienze etnografica e il suo esito come restituzione
testuale: se prima l'obiettivo era salvare le culture esotiche, dagli anni 80 l'obiettivo è riflettere sulla
comprensione antropologica, sul problema della traduzione dei significati e sul contesto etico e politico.
Due testi importanti su questo fronte sono “Works and Lives. The anthropologist as author” di Clifford Geertz
e “Writing culture. Poeticse and politics of Ethnography” di James Clifford e George Marcus. Nasce così
l'etnografia riflessiva che mette al centro le condizioni di produzione della conoscenza interculturale a
partire da processi di interpretazione, che caratterizzano l'osservatore e l'osservato allo stesso modo. Oggi:
- Gli etnografi attualmente considerano le culture locali in connessione con forze e strutture globali più
ampie (etnografie multisituate)
- gli etnografi tendono a concentrarsi su un solo argomento di ricerca evitando approcci più olistici
- oltre alle altre culture gli etnografi studiano anche le culture occidentali industrializzate.
L'antropologia è stata tra le prime discipline ad adottare un codice deontologico. Due sono le vicende che
hanno scaturito questo risultato:
Il PROGETTO CAMELOT DEGLI ANNI 50: è un progetto elaborato dal governo degli USA per esercitare
un'influenza sui leader politici sudamericani per perseguire interessi statunitensi. Il governo senza aver reso
espliciti i suoi piani incaricò gli antropologi di raccogliere informazioni relative ai leader e ad eventi politici.
Negli anni 70 andò a Napoli a svolgere la sua tesi di dottorato sulla vita dei ceti poveri di un quartiere
popolare della città. Viveva in un misero alloggio nel centro della città. In dici mesi ha condiviso la sua vita
con quella cultura della povertà che diede vita ad un’etnografia dura, inquietante e segnata da suggestioni
soggettive e letterarie. L’antropologo morì prematuramente di aids dopo pochi anni dalla ricerca. Il suo libro
la Fontana rotta rappresenta uno dei primi esempi di etnografia riflessiva, una relazione etnografica come
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pratica di immersione e di alterazione del sé, un’etnografia realistica che non rinuncia a conoscere
un'alterità culturale.
Un conflitto che ha sollevato questioni sull'interesse del governo nei confronti delle informazioni
etnografiche, sul ruolo degli antropologi, e sulla protezione delle persone con le quali esse svolgono le
ricerche. L’antropologia si è divisa in due: coloro che credevano che tutti i cittadini statunitensi dovessero
sostenere gli sforzi dell’esercito; perciò, ritenevano doveroso mettere a disposizione le informazioni in
possesso utili a sovvertire il comunismo; per altri la responsabilità dell'antropologo era quella di tutelare le
persone studiate, perciò erano contrari alla guerra. Questo fu il periodo di maggiore conflittualità
nell'antropologia nordamericana.
Nel 1971 l'american anthropological Association adottò un codice deontologico che stabiliva che la
responsabilità primaria dell'antropologo è quella di garantire la sicurezza delle persone che partecipano alla
ricerca. Questo principio è legato a quello per cui l’antropologia culturale non autorizza a svolgere ricerche
in incognito. Oggi questi principi sono oggetto di controversia tra gli antropologi che si dividono riguardo
l'opportunità di partecipare al progetto statunitense Human terrain system finalizzato a ridurre il numero
delle vittime. Questo perché da un lato gli antropologi potrebbero anticipare la fine dell'ostilità perché
informati e sensibili nei confronti di quelle culture, ma dall'altro lato potrebbero facilmente fornire
informazioni sulle popolazioni locali per danneggiarle, Un atteggiamento intollerabile per un antropologo.
LA RICERCA COLLABORATIVA
Ha l'obiettivo di coinvolgere la popolazione studiata in ricerche che prevedano la sua collaborazione in tutte
le fasi. Questa metodologia sollecita nuove riflessioni sul modo in cui gli antropologi si riferiscono alle
popolazioni che studiano, in particolare sul loro attributo di informatori; si privilegia ora l'espressione
partecipante alla ricerca. Luke Eric Lassiter è stato un pioniere dei metodi collaborativi. Ha coinvolto i suoi
studenti in una collaborazione con alcuni membri della comunità afroamericana di Muncie; il progetto ha
condotto la pubblicazione di un volume collettivo e ha fornito informazioni sulla vita degli afroamericani. Gli
antropologi culturali stanno studiando maniere più efficaci per condividere i benefici della ricerca con le
persone e i luoghi che studiano ma la strada è ancora lunga.
La ricerca sul campo può mettere a rischio il ricercatore e i membri della sua famiglia dal punto di vista
psicologico e fisico e la creazione dell'immagine eroica dell'antropologo aiuta su questo fronte.
Negli anni 80 gli scivolosi sentieri delle Filippine hanno provocato la morte di zimbalist. Anche l'insorgere di
malattie infettive e croniche e fatali è un problema frequente. Talvolta ci possono anche essere episodi di
violenza: Bourgois Nel quartiere di East Harlem è stato testimone di diverse scene di violenza tra cui:
l'esplosione di colpi di arma da fuoco, sparatorie, un inseguimento della polizia, le conseguenze di un
incendio doloso a una casa deputata allo spaccio, soggetti in preda a crisi paranoiche indotte dal crack ecc.
Inoltre, è stato più volte malmenato dalla polizia perché preso per uno spacciatore. In ogni caso le situazioni
pericolose gli sono state utili proprio per capire l'ambiente del suo studio.
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L'antropologia delle zone di guerra puoi aiutare a comprendere la militarizzazione della vita quotidiana di
civili, la loro protezione, il comportamento del personale delle forze armate e la ricostruzione postbellica.
Questo tipo di ricerca richiede delle competenze specifiche.
Anche le ricerche sul campo che si svolgono in situazioni apparentemente normali possono essere
pericolose: Nancy Howell perse uno dei suoi figli adolescenti a causa di un incidente che coinvolse il camion
su cui viaggiavano per il Botswana. Nei mesi successivi viene a sapere di molti incidenti subiti sul campo da
suoi amici, perciò, contatta l'american antropologica l'association che le diede sostegno economico per
svolgere un'indagine sui possibili rischi della ricerca antropologica sul campo. Spedisce a un campione di 311
antropologi un questionario che chiedeva di dare informazioni su genere, tipo di occupazione, lo stato di
salute, le abitudini lavorative sul campo dei partecipanti e di descrivere i problemi di salute e i rischi che
avevano corso durante la ricerca; risposero in 236. Le percentuali più alte di rischio si registravano in Africa,
in India, nelle regioni asiatiche del Pacifico e nell’America Latina. Fornì raccomandazioni agli antropologi per
affrontare i rischi e raccomandò loro di migliorare la propria capacità di valutare il rischio, acquisire una
competenza di pronto soccorso medico e di discutere sulla sicurezza nella ricerca sul campo.
Kate Clancy e altri studiosi hanno condotto delle ricerche sulle molestie e gli abusi sessuali sul campo da
parte di colleghi che dimostra che un'elevata percentuale ne è vittima.
3 – I SISTEMI ECONOMICI
È una branca dell’antropologia culturale che studia i sistemi economici presenti nelle varie culture.
Il sistema di sussistenza è il principale mezzo attraverso il quale una cultura si procura ciò che le è
necessario per vivere.
Il termine sussistenza
Sussistere significa procurarsi il necessario per vivere senza eccessi e lusso, questo vuol dire che chi non
possiede beni in eccesso viene visto come inferiore da chi invece li possiede. Dunque, implica che queste
persone dovrebbero cambiare per essere più simili alle culture capitalistiche moderne.
Povertà
Anziché sussistenza, si può utilizzare il termine POVERTA’ (come fa l’autrice del libro) per riferirsi alle
privazioni materiali.
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Esistono criteri standard per misurare la povertà ma la definizione di cosa significhi essere poveri cambia da
contesto a contesto. Inoltre, molte persone si rifiutano di essere definite povere perché lo ritengono un
termine denigratorio.
Il benessere soggettivo
Anziché focalizzarsi su quello che le persone non possiedono, si può considerare il BENESSERE
SOGGETTIVO. Esso tiene conto di quello che le persone percepiscono sia essere una buona vita e tiene in
considerazione altri aspetti oltre a quelli economici come:
- I legami familiari
- Il senso della casa
- La sicurezza personale
Attività di acquisizione
Il sistema di acquisizione prevede delle attività per procurarsi il necessario per vivere. È il metodo più antico
che conosciamo e che ci ha permesso di sopravvivere, ma attualmente ci sono solo circa 250.000 persone
che lo utilizzano. Le attività svolte per acquisire le risorse naturali sono:
- Raccolta
- Pesca
- Caccia
- Deserti
- Foreste pluviali
- Regionali circumpolari
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Tuttavia, la ‘MALEDIZIONE DELLE RISORSE’ (resource curse) minaccia la sopravvivenza di queste persone,
poiché queste aree vengono sfruttate per le risorse dai paesi ricchi. Di conseguenza, l’occupazione delle
regioni abitate originariamente dai cacciatori-raccoglitori, li costringe ad allontanarsi dalla loro terra.
Conoscenze
I cacciatori- raccoglitori riescono a sopravvivere attraverso questo sistema di sussistenza grazie ad una
conoscenza approfondita dell’ambiente che li circonda. Si tratta, però, di conoscenze tramandate e non
scritte. Per esempio, costruiscono trappole per vari animali, raccolgono frutta, insetti e uova, sanno dove si
trova l’acqua e gli altri elementi della loro dieta, sanno seguire le tracce degli animali, valutare le condizioni
atmosferiche e sfuggire ai predatori.
STRUMENTI
La caccia e la raccolta prevedono una STRATEGIA ESTENSIVA: c’è bisogno di vasti territori e una grande
libertà di movimento.
Tempistiche
Il popolo Ju/’hoansi dell’Africa meridionale si trasferiva diverse volte durante l’anno in zone dove era
disponibile l’acqua e poi ogni gruppo di famiglie tornava nel ‘suo’ territorio e si ricostruiva le capanne con
bastoni (per la struttura), foglie o paglia (per la copertura). Per loro, raccogliere, preparare il cibo e costruire
le capanne richiedeva poco tempo. Diversa è la situazione degli abitanti delle zone circumpolari che
impiegano più energie.
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Divisione del lavoro
La divisione del lavoro per i cacciatori-raccoglitori delle zone circumpolari avviene prevalentemente sulla
base del genere: loro consumano animali di grandi dimensioni (balene, foche…) che vengono cacciati e
pescati dagli uomini. Presso i cacciatori-raccoglitori delle zone temperate, la divisione del lavoro sulla base
del genere non è rilevante, perché le loro razioni si basano su bacche, larve, piccoli pesci e uccelli che
vengono raccolti sia dagli uomini che dalle donne. Per loro, non capita spesso di mangiare animali di grandi
dimensioni, non è un elemento essenziale della loro dieta e se si presenta l’occasione, la selvaggina viene
cacciata dagli uomini. L’età è adottata come criterio per l’assegnazione dei compiti in tutti i sistemi di
sussistenza, anche quelli inquisitivi. I giovani aiutano a raccogliere il cibo, mentre gli anziani stanno nell’area
dell’accampamento e accudiscono i bambini.
Rapporti di proprietà
Per i cacciatori-raccoglitori non esiste il concetto di PROPRIETA’ PRIVATA (possesso di qualcosa che posso
vendere a terzi). Per loro esistono i DIRITTI D’USO: un individuo si riserva la priorità d’accesso a particolari
risorse e questa priorità gli viene riconosciuta da tutti. Anche gli altri possono accedere se c’è la concessione
di un’autorizzazione. L’accesso è consentito anche a gruppi di passaggio che a loro volta dovranno
ricambiare l’ospitalità presso i loro accampamenti.
Senza l’influenza esterna e con un territorio esteso, i sistemi basati sull’acquisizione sono sostenibili (le
risorse si rigenerano col tempo, in equilibrio con la domanda della popolazione). Per esempio, gli abitanti di
North Sentinel, una delle Isole Andamane nel Golfo del Bengala (India), vivono da tempo in un sistema
chiuso, in quasi totale isolamento dal resto del mondo. Il loro sistema è sostenibile perché hanno modeste
esigenze, il loro sistema viene definito dagli antropologi SOCIETA’ ORIGINARIA DEL BENESSERE, perché
non era necessario lavorare molto per soddisfare i bisogni. I cacciatori-raccoglitori lavorano molto meno
rispetto agli statunitensi e agli europei, dedicando in alcuni casi solo 5 ore alla settimana per raccogliere il
cibo e riparare le loro attrezzature. In questo modo, hanno più tempo libero per raccontarsi storie, giocare
e riposare. Inoltre, godevano di buone condizioni di salute.
3.1.2 – ORTICOLTURA
L’orticoltura è un sistema di sussistenza basato sulla coltivazione di piante domestiche attraverso l’utilizzo di
attrezzatura manuale. L’orticoltura viene praticata specie nell’Africa Subsahariana, nell’Asia Meridionale, in
quella Sud-orientale e nel Pacifico, nell’America Centrale e Meridionale e nei Caraibi. Alcuni prodotti
principali dell’orticoltura (ricchi di proteine) sono: igname, mais, fagioli, cereali. Gli attrezzi sono manuali: si
usano bastoni, zappe e cesti. L’unica fonte di irrigazione è la pioggia. Essa necessita della rotazione dei
terreni, che li rigenera, perciò viene chiamata anche coltivazione itinerante. La produzione può garantire il
sostentamento di una famiglia dalle 5 alle 8 persone per un anno e in generale, ad un villaggio dai 200 ai
250 abitanti. L’orticoltura è un sistema estensivo come la caccia-raccolta e richiede più energia e lavoro.
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La divisione del lavoro
Il ruolo degli uomini e quello delle donne sono solitamente divisi in modo netto. In Papua Nuova Guinea, in
gran parte del Sud-Est Asiatico e in alcune regioni dell’Africa Occidentale e Orientale il lavoro si suddivide
così:
• UOMINI → pulizia del terreno da coltivare, semina e raccolto, caccia e pesca in squadra,
preparazione di alimenti prestigiosi
• DONNE → semina e raccolto, preparazione del cibo in piccoli gruppi, coltivazione di alimenti di
base
1) Irochesi nello stato di New York (prima del contatto con gli Europei)
• DONNE → coltivazione e distribuzione di granoturco, la cui disponibilità determinava se gli
uomini vanno in guerra o meno
I bambini di queste società lavorano di più rispetto ai bambini di altri tipi di società: i bambini gusii (società
orticola del Kenya) accudiscono i propri fratelli, raccolgono il combustibile per il fuoco e trasportano l’acqua.
Questi bambini hanno più compiti perché gli adulti lavorano nei campi e nei mercati.
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Rapporti di proprietà
La proprietà privata non è una caratteristica delle società orticole. È importante per una famiglia poter
rivendicare il diritto su una terra ma la produzione di surplus può generare disuguaglianze.
La redditività dell’orticoltura dipende anche dalla fase di riposo. Infatti, essa consente di rigenerare le
sostanze nutritive e di migliorare la qualità. Il riposo funziona mediante rotazione: un pezzo di terra è a
riposo mentre l’altro viene coltivato.
3.1.3 – PASTORIZIA
La pastorizia è un sistema di sussistenza che si basa sull’allevamento di bestiame e sull’uso dei loro prodotti
(carne e latte), per provvedere almeno al 50% della dieta alimentare. Essa viene praticata soprattutto in:
Medio Oriente, Africa, Europa e Asia Centrale.
Grazie alle relazioni che sviluppano con i cacciatori-raccoglitori, gli orticoltori e gli agricoltori. La pastorizia,
infatti, fornisce loro solo latte e derivati, oltre che, a volte, carne ottenuta dalla macellazione.
MASCOLINITA’ E ALLEVAMENTO
1) Sami della Finlandia → l’identità di uomo coincide con quella di allevatore di renne
2) Navajo del Sud-Ovest degli Stati Uniti → qui invece le donne conducono il bestiame mentre gli
uomini producono gioielli in argento
I rapporti di proprietà
• abitazione
• corredo domestico
La maggior parte delle volte gli animali si ereditano per discendenza maschile (per i Navajo si ereditano per
quella femminile).
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PROPRIETA’ PRIVATA
Gli animali e il corredo domestico appartengono ai capifamiglia. La proprietà privata si applica agli animali e
i capifamiglia possono scambiarli con altri beni.
DIRITTI D’USO
Le aree di pascolo e le vie della transumanza sono regolate da diritti d’uso codificati da tradizioni orali.
I pastori hanno sviluppato culture sostenibili in ambienti poveri (Mongolia) che relativamente lussureggianti
(Iran), perché la pastorizia è un sistema economico che (nonostante sia soggetto a forze esterne che
riducono lo spazio della pastorizia) ha successo e convive con altri sistemi economici.
L’agricoltura è un sistema di sussistenza che prevede la coltivazione di terreni attraverso varie pratiche. A
differenza degli altri sistemi di sussistenza, viene considerata una STRATEGIA INTENSIVA, cioè deve
permettere la coltivazione continua di un terreno senza renderlo infertile e ciò richiede una grande forza
lavoro. I primi agricoltori di cui si ha notizia risalgono al Neolitico, in Medio Oriente. Oggi l’agricoltura è
praticata ovunque, tranne che in Antartide.
PRATICHE AGRICOLE
Per l’agricoltura vengono impiegati animali, concimi e vari sistemi di irrigazione. Bisogna quindi conoscere
gli animali, l’ambiente, le piante, il meteo. Purtroppo, le tradizioni agricole indigene (il cui patrimonio è quasi
del tutto scomparso) ora vengono sempre più soppiantate da metodi introdotti dall’esterno.
Si tratta di un’agricoltura sufficiente per una famiglia, che produce anche per poter poi vendere. Viene
praticata soprattutto in paesi meno industrializzati come:
- Messico
- India
- Polonia
- Italia
Il lavoro viene diviso in base al genere, soprattutto nell’agricoltura a conduzione familiare. Dagli studi
emerge che la maggior parte del lavoro in questo settore è a carico degli uomini e ciò viene spiegato da
varie ipotesi:
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Negli Stati Uniti e nel Canada in generale gli uomini gestiscono le attività agricole più delle donne. Le donne
sono più delegate alla gestione della casa e della famiglia e solitamente hanno ruoli di gestione nel caso
sono divorziate o vedove.
In generale però, l’uomo si occupa del lavoro agricolo e la donna della vendita dei prodotti agricoli. Per
esempio, in America Centrale e Meridionale gli uomini coltivano il granoturco e le donne vendono nei
mercati e cucinano le tortillas che vendono in casa.
Questo tipo di agricoltura è tipico dell’India e del Sud-Est Asiatico dove sono donne e ragazze che
praticano la coltura del riso a immersione. Infatti, sono proprio le donne che trapiantano le piantine di riso,
estirpano le erbacce e si occupano del raccolto. Gli uomini, invece, si occupano dell’aratura. Non si sa
perché siano le donne a fare questo lavoro in questo tipo di sistema agricolo, ma sappiamo che queste
donne hanno uno status elevato: sono proprietarie terriere, gestiscono le terre, la vita domestica e sono
anche molto indipendenti.
In molti contesti i bambini partecipano alla lavorazione dei campi, però di meno in India Settentrionale ed in
Messico. Nei villaggi di Giava, in Indonesia e in Nepal, invece, i bambini dedicano più tempo alla cura degli
animali da fattoria rispetto agli adulti.
I rapporti di proprietà
I rapporti di proprietà sono regolati da leggi scritte, anche perché le famiglie di agricoltori investono molto
sulle loro terre. Anche le istituzioni sociali e le forze dell’ordine si occupano di far rispettare le leggi sulla
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proprietà privata. Tuttavia, in questi sistemi le donne non hanno i diritti sulla terra; ciò avviene solo nei
sistemi a conduzione femminile.
La mezzadria in Italia
La mezzadria è una forma di conduzione agraria familiare “a contratto” diffusa in Europa a partire dal Basso
Medioevo che è rimasta in vigore fino al XX secolo. In Italia si è sviluppata nelle regioni centromeridionali.
Un proprietario terriero stipulava un contratto con un colono, il quale riceveva una terra da coltivare e una
casa. Il colono, però, doveva dare al proprietario il 50% del suo raccolto. La residenza, tuttavia, era
patrilocale (c’erano le mogli dei figli e i nipoti) e quindi i figli maschi rimanevano sotto l’autorità del padre. Il
podere diventava per queste persone anche lo spazio familiare, in quanto tutti erano sempre lì senza
lasciare la casa paterna. In Italia la mezzadria è stata abolita nel 1964.
Agricoltura industriale
Essa si basa soprattutto su macchinari e fertilizzanti chimici piuttosto che sulla forza lavoro di animali e
umani ed è tipica di paesi come Stati Uniti, Canada, Germania, Russia e Giappone. Una conseguenza
dell’agricoltura industriale è stata l’AZIENDA AGRICOLA, cioè un’impresa che si occupa di produrre raccolti
destinati interamente alla vendita.
La manodopera in questo tipo di sistema è stagionale e questo genera fluttuazioni nell’impiego dei
lavoratori. Questi lavoratori stagionali, spesso, sono immigrati senza permesso di soggiorno, come i Maya
che coltivano campi di pomodoro nella California meridionale.
Agricoltura e sostenibilità
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L’agricoltura è un sistema molto esigente in tutti i suoi aspetti. L’agricoltura intensiva, in particolare, non è
un sistema sostenibile.
Nei paesi industrializzati si utilizzano i media elettronici per creare, manipolare, gestire e trasferire
informazioni e la maggior parte delle persone sono occupate in settori come quello manifatturiero e dei
servizi perché si producono beni non primari, che servono per soddisfare la domanda dei consumatori. In
questo tipo di società la disoccupazione sta diventando un problema sempre più serio.
Il potlatch è un esempio di modello di consumo che è anche un sistema di scambio. Esso viene praticato nel
Pacifico Nord-Occidentale e consiste nell’organizzare una festa in cui vi sono grandi quantità di cibo e doni
per gli ospiti. Maggiori sono i doni, maggiore sarà lo status di colui che l’ha organizzato. Un motivo molto
importante per cui viene praticato il potlatch è perché a causa di variazioni climatiche, le provviste di cibo
sono discontinue e quindi ci sono dei gruppi che in quell’anno hanno meno cibo di altri. Attraverso il
potlatch, chi aveva un surplus di cibo, lo dava a chi non ne aveva.
Le persone consumano molte risorse, ma quelle di cui hanno principalmente bisogno sono:
• Cibo e bevande
• Vestiti
• Abitazione
A differenza delle società industrializzate in cui si usa il denaro, quelle dei cacciatori-raccoglitori impiegano il
proprio tempo o il proprio lavoro per procurarsi il necessario.
2) CONSUMISMO →la domanda è alta e potenzialmente infinita e i mezzi per soddisfare i bisogni non
bastano mai
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Esistono dei MECCANISMI DI LIVELLAMENTO grazie ai quali un individuo mantiene il suo status senza
diventare più ricco degli altri. Il livellamento, in questo caso, avviene tramite pressioni sociali e pettegolezzi.
Presso i Ju/’hoansi dopo aver ucciso un animale bisogna condividerlo con gli altri e dire che quella carne
non è neanche così tanta. Anche i pastori quando hanno un gregge troppo grande subiscono pressioni
affinché organizzino una festa in cui verranno mangiati i suoi animali.
Gli Stati Uniti sono il paese più consumista del mondo: a partire dagli anni Settanta questo è in continuo
aumento. Segue la Cina e anche le classi medie e alte dei paesi poveri ora sono consumisti.
Nelle società poco estese, tutti sanno da dove vengono i prodotti che consumano perché il consumatore
conosce chi gli vende le cose. Si parla di CONSUMO PERSONALIZZATO. Il CONSUMO SPERSONALIZZATO,
invece, che è quello tipico del mondo globalizzato, il consumatore non conosce chi produce i beni e
questo, a volte, comporta lo sfruttamento.
Anche nel mondo globalizzato esiste il consumo personalizzato: ne sono esempi i mercati degli USA e
dell’Europa, in cui si possono comprare prodotti fatti da coltivatori diretti.
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- classe sociale
- genere
- razza
Ci sono degli alimenti che vengono considerati da uomo e altri da donna. Per esempio, in Papua Nuova
Guinea ci sono disuguaglianze sul cibo che possono essere anche letali.
Tra il 1957 e il 1977 alcuni membri della popolazione Fore erano morti da una malattia chiamata kuru, che
faceva perder loro inizialmente le capacità motorie, fino a che i malati non riuscivano nemmeno ad alzarsi.
Così, circa un anno dopo i malati, che erano soprattutto donne, morivano. L’antropologa australiana Shirley
Lindenbaum si era chiesta come mai e aveva scoperto che la causa della malattia era il cannibalismo. Infatti,
presso i Fore, era accettato mangiare la carne di un defunto, anche se non lo gradivano molto. Gli uomini,
al contrario, avevano accesso alla carne considerata migliore: quella di maiale. Siccome di maiale ce n’era di
meno, le donne Fore avevano iniziato a mangiare quella umana, contraendo la malattia.
Com’è possibile che in un paese di pari opportunità come gli Stati Uniti ci sia così tanta povertà? La risposta
è che le disuguaglianze razziali tra “bianchi” e “neri” è cresciuta continuamente a partire dagli anni Settanta
e si è riversata in tutti gli aspetti della vita. Infatti, chi era benestante, passava ai figli le sue ricchezze per via
ereditaria, chi invece era povero poteva contare solo sui propri guadagni, che gli bastano per vivere.
L’antropologa Elizabeth Chin ha svolto una ricerca in un quartiere afroamericano povero in Connecticut,
che è lo stato più ricco degli Stati Uniti. In questo quartiere, circa il 50% dei bambini fino a 5 anni viveva in
povertà. Chin ha costruito relazioni con 22 studenti di una quinta elementare e aveva notato che questi
bambini imparavo sin da piccoli a non essere dispendiosi, perché vedevano i sacrifici fatti dagli adulti. Chin
ha portato questi bambini in un centro commerciale e ha dato loro più o meno 15 euro per fare compere.
Le scelte dei bambini erano dettate da generosità e praticità: compravano regali per la mamma, per la
nonna o materiale per la scuola. In due anni di ricerca, Chin non ha mai sentito nessuno di questi bambini
infastidire un adulto affinché gli/le comprasse qualcosa.
Lo SCAMBIO è il trasferimento di qualcosa (tangibile o meno) tra un minimo di due persone, gruppi o
istituzioni. In uno scambio può variare:
Nelle società industriali la forma di scambio più diffusa è quella monetaria, in quelle meno industrializzate,
hanno più importanza il tempo, il lavoro e i beni.
Oltre alla moneta e ai soldi di carta, sta prendendo piede, soprattutto in Africa, il MOBILE MONEY:
transazioni finanziarie fatte col cellullare.
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1) SCAMBIO EQUILIBRATO → trasferimento di beni che ha l’obbiettivo di bilanciare
2) SCAMBIO SQUILIBRATO → trasferimento di beni dove una parte vuole avere un profitto
Scambio equilibrato
2) LA RECIPROCITA’ ATTESA → si pratica tra persone che hanno lo stesso status sociale e consiste in
una transazione che, a differenza della reciprocità generalizzata, prevede dei tempi prefissati per la
restituzione. Se ciò non avviene, la relazione tra le due parti dello scambio si scioglie. Si tratta di
scambi più economici e meno privati.
- Il kula è un esempio di reciprocità attesa: i partecipanti si scambiano braccialetti e collane e li
donano al loro partner kula dopo averli posseduti per un tot di tempo. Nessuno può tenersi gli
oggetti più del tempo prestabilito perché per loro “possedere è importante, ma possedere è
donare”.
3) (LA REDISTRIBUZIONE) → non è proprio uno scambio a due sensi ma ha una certa centralità: una
persona riceve beni/denaro da membri di un gruppo e poi li ripaga pubblicamente organizzando
un banchetto in cui restituirà tutto quello che aveva ricevuto. Tuttavia, il valore di quello che viene
reso non coincide sempre con quello delle donazioni, ma il beneficiario è comunque utile al
gruppo perché poi quella persona farà da leader quando ci saranno minacce da gruppi confinanti.
Marcel Mauss è stato l’antropologo che ha concepito il dono come “fatto sociale”. Secondo Mauss, scambi
come il potlatch e il kula possono essere considerati “fatti sociali totali”: aspetti economici, giuridici, sociali e
morali sono concatenati. Il dono è caratterizzato da tre obblighi fondamentali: dare, ricevere e ricambiare. Il
dono viene categorizzato come “reciprocità generalizzata” ma in realtà non è mai totalmente disinteressato
perché il ricevente è comunque inserito in un sistema sociale fatto da regole e obbligazioni.
Scambio squilibrato
A differenza dello scambio equilibrato, nelle società moderne industriali il debito non prevede che le due
parti si conoscano, così si rischia anche che non venga più ripagato. Il debito moderno nasce 5000 anni fa
da quando gli stati si sono impegnati in una guerra nel Medio Oriente. Infatti, molti paesi si sono indebitati
proprio a causa delle guerre.
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- Lo SCAMBIO DI MERCATO è una forma di scambio squilibrato in cui il valore di un bene è
determinato dalla forza domanda-offerta e chi vende lo fa per avere profitto. Le transazioni
avvengono spesse volte in un mercato tra persone che non hanno relazioni personali.
Vi sono scambi squilibrati che non prevedono nessuna relazione sociale e altre in cui le relazioni sono
sempre sbilanciate, in cui si prende qualcosa senza offrire qualcosa in cambio ed è più frequente nelle
società estese.
Il gioco d’azzardo
Il gioco d’azzardo ha origini antiche e consiste nello sfidare la fortuna in un gioco in cui tu metti in palio
qualcosa nella speranza di avere una vincita maggiore. Se perdi, perdi quello che hai messo in palio. Il gioco
delle carte, dei dadi, gli investimenti in borsa così come i giochi in rete sono giochi d’azzardo. Fa parte degli
scambi squilibrati perché alla fine c’è comunque l’idea di avere un profitto, soprattutto nelle società
capitalistiche. Negli Stati Uniti, ci sono molti casinò gestiti da nativi americani, che proprio grazie ai casinò
sono diventati capitalisti di successo.
Il furto
Il furto è l’opposto del dono disinteressato ed è stato poco studiato dall’antropologia fino alla ricerca
condotta sulla sottrazione di cibo da parte di bambini nell’Africa Occidentale. I bambini rubavano spesso
frutta come manghi, guaiave e arance dagli alberi del vicinato da cui poi venivano sgridati perché spesso
questi bambini erano stati abbandonati e affidati alle cure di amici o parenti che non gli davano quantità di
cibo adeguate. Tuttavia, la maggior parte dei furti nel mondo riguardano ben altro: droghe, gioielli, opere
d’arte ecc. su cui non è possibile, per gli antropologi, condurre ricerche siccome riguardano attività criminali.
Sfruttamento
Lo sfruttamento è uno scambio non equilibrato in cui uno dei due membri dello scambio ottiene più
dell’altro. La schiavitù è una forma di sfruttamento in quanto non c’è una giusta retribuzione della forza
lavoro. La schiavitù esiste tutt’ora sottoforma di traffico di esseri umani. Spesso queste relazioni affinché
durino nel tempo prevedono costrizione o dipendenza celata. In altri casi, non ci sono costrizioni evidenti
ma c’è una qualche forma di compensazione per i subordinati.
I Lese e gli Efe sono rispettivamente contadini e cacciatori-raccoglitori che si scambiano tra di loro carne,
miele, prodotti dei loro raccolti e ferro. Il legame più importante è quello dello scambio di cibo, tanto che si
considerano membri della stessa “casa” tra di loro anche se non abitano insieme. Tuttavia, da questo
scambio traggono più vantaggio i Lese, che danno agli Efe i prodotti dei loro raccolti. Tra l’altro, gli uomini
Lese possono sposare donne Efe ma non può avvenire il contrario.
I mercati controllati dai paesi più ricchi esercitano una forte influenza sui cambiamenti dei modelli di
consumo e dei sistemi di scambio. Questi paesi creano mercati, sfruttano risorse materiali e sfruttano
manodopera a basso costo nei paesi a basso reddito. Tuttavia, le culture locali adottano e adattano in modi
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diversi i prodotti e le pratiche della globalizzazione, attribuendo loro significati specifici e, talvolta,
rifiutandoli del tutto. Parallelamente, sono emersi movimenti globali che promuovono consumi più orientati
alla valorizzazione delle culture locali, alla sostenibilità e ai rapporti sociali. Questi movimenti hanno favorito
lo scambio di pratiche e significati che privilegiano l'interazione tra le culture e l'adozione di modelli di
consumo più responsabili.
L'antropologa fisica Katherine Milton ha condotto uno studio sugli effetti del contatto con l'Occidente sulle
abitudini di consumo e la salute delle popolazioni indigene cacciatori-raccoglitori dell'Amazzonia brasiliana.
Fin dal XX secolo, il governo brasiliano ha utilizzato l'approccio di "pacificazione" per avvicinare i gruppi
indigeni, offrendo loro prodotti occidentali come pentole, coltelli e abbigliamento. Secondo Milton, una
volta che i gruppi indigeni sono attratti da queste offerte e si abituano ai nuovi oggetti, viene loro spiegato
che tali doni non saranno più disponibili gratuitamente e che dovranno lavorare o produrre beni per
guadagnare denaro per acquistarli. I nativi si trovano così a produrre un surplus di beni da scambiare,
sacrificando il tempo che in passato veniva dedicato ad altre attività essenziali. L'adozione di alimenti
occidentali ha avuto conseguenze negative sul regime alimentare e sulla salute delle popolazioni indigene.
L'introduzione di sale da tavola e zucchero raffinato ha sostituito le loro precedenti fonti di sale e zucchero
provenienti da fonti naturali. Questi cambiamenti hanno portato a dipendenza dal saccarosio e ad un
aumento delle malattie come le carie dentali, l'obesità e il diabete. Milton sostiene che l'introduzione di cibi
industriali e raffinati nella dieta indigena ha avuto un impatto negativo sulla loro salute.
Negli anni Ottanta sono emersi diversi movimenti per il consumo alimentare alternativo in Europa e Nord
America. Questi movimenti si concentrano sulla creazione di un legame diretto tra produttori, commercianti
e consumatori, promuovendo il consumo di alimenti locali e a produzione limitata. Si contrappongono al
sistema alimentare agro-industriale che causa il fallimento dei piccoli produttori favorendo la biodiversità,
promuove il cibo veloce, economico e da asporto, riduce i pasti a consumi rapidi e distolti, favorisce mercati
e catene di distribuzione impersonali e non presta sufficiente attenzione alle conseguenze ambientali della
produzione di massa e della globalizzazione. Tra i movimenti alimentari alternativi vi è il movimento italiano
Slow Food, che è emerso alla fine degli anni Ottanta e si è diffuso in tutto il mondo. Contrapponendosi al
concetto di fast food, Slow Food valorizza le tradizioni agricole locali, si impegna per garantire alta qualità
alimentare ai consumatori e promuove modelli di consumo e cucina che favoriscono la socializzazione e la
convivialità.
Il potlatch, una pratica tradizionale delle popolazioni della costa Nord-Occidentale degli Stati Uniti e del
Canada, è stato oggetto di opposizione da parte degli Europei e degli Euro-Americani per diversi decenni. I
missionari lo consideravano non cristiano, mentre i governi lo vedevano come una pratica sprecona ed
eccessiva che contrastava con i loro obiettivi di "progresso economico" per le popolazioni indigene. Nel
1885, il governo canadese vietò il potlatch. Tuttavia, i Kwakwa-ka-'wakw, tra tutte le tribù della costa Nord-
Occidentale, opposero una forte resistenza a questa proibizione. Sebbene i potlatch non siano più illegali in
Canada, è stata necessaria una lunga lotta per eliminare le restrizioni che vi erano state imposte. Oggi le
ragioni per tenere un potlatch sono simili a quelle del passato e includono eventi come il battesimo di un
bambino, la celebrazione di un lutto, il trasferimento di diritti e privilegi, i matrimoni e l'erezione di un palo
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totemico. Tuttavia, la quantità di tempo dedicata all'organizzazione del potlatch è cambiata. Mentre in
passato potevano essere necessari diversi anni, oggi di solito se ne organizza uno in circa un anno. È ancora
richiesta una pianificazione e un lavoro intensi per accumulare abbastanza beni da assicurare che nessun
ospite se ne vada a mani vuote, considerando che la lista degli invitati può comprendere da 500 a 1000
persone. Un'altra trasformazione riguarda il tipo di doni scambiati durante il potlatch. Oggi, di solito, si
includono tessuti lavorati all'uncinetto, stoviglie di vetro, oggetti di plastica, coperte fatte a mano, cuscini,
asciugamani, abbigliamento e sacchi di farina e zucchero. Il potlatch continua a esistere, ma si è trasformato
nel corso del tempo.
Una dinamica riproduttiva è la modalità prevalente in una cultura di provvedere al ricambio della
popolazione per l’effetto combinato della fertilità (tasso di natalità) e della mortalità (tasso di mortalità). Di
seguito le caratteristiche generali delle dinamiche riproduttive:
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Informazioni forniteci da una ricerca sul campo condotta presso gli Ju/’hoansi. Per loro l’intervallo genesico
(:il tempo che passa tra una nascita e l’altra) dura diversi anni per due motivi principali:
Normalmente in media le donne partoriscono dai 2 ai 3 bimbi vivi di dui 2 sono sopravvissuti sino all’età
adulta. Tra i ju/’hoansi che sono diventati contadini o braccianti il numero di patri per donna è piu alto per
via dal cambiamento di dieta che contiene più cereali e derivati del latte e le donne fano meno attività fisica.
Questo è quello che presenta il tasso di natalità più elevato. Il pronatalismo è dovuto alla necessità costante
di forza lavoro per il lavoro agricolo; perciò, qui avere molti figli è una strategia di sussistenza. Le famiglie
mettono in atto una vera e propria “pianificazione familiare”.
Alti tassi di nascite son attesta presso i paesi agricoli a basso reddito dell’africa (Niger con 7,4 figli per
donna, Somalia con 6,7, Uganda con 6,7, angola con 6,5) tassi inferiori (2-3 per donna) si registrano in molti
paesi agricoli del Sudamerica (Venezuela, Cile, argentina).
I gruppi interni con un tasso di natalità piu alto al mondo sono quelli di Mennoniti e Hutteriti, amish e
cristiani di discendenza europea che risiedono negli USA e in Canada, che partoriscono in media tra gli 8 e i
10 figli che sopravvivono fino alla maturità.
Nell’india rurale del nord sono importantissime le famiglie numerose in quanto i ragazzini imparano a
lavorare nei campi dai padri già da piccoli e poi da adulti saranno responsabili dell’aratura e della difesa
della terra di famiglia. Per loro una famiglia numerosa con molti figli maschi è segno di ricchezza e
successo.
Nelle società industriali, capitaliste e socialiste il tasso di riproduzione si abbassa fino a raggiungere il tasso
di rimpiazzo con numero di nascite pari a quello dei decessi o addirittura con un tasso di natalità inferiore a
quello di mortalità. Qui i bambini sono meno utili per la produzione e in ogni caso qui i bambin vano in
contro a lunghi anni di istruzione, perciò, non sarebbero comunque molto utili.
È avvenuta una transizione demografica: da modello delle economie agricole a modello dei contesti
industriali. Ciò avviene in due fasi:
1. Il tasso di mortalità diminuisce per effetto del miglioramento dell’alimentazione e delle condizioni di
salute della popolazione, e il tasso di crescita aumenta
2. Inizia con la diminuzione del tasso di fertilità tanto che alcuni raggiungono indici di fertilità al di sotto
del livello di sostituzione (ciò che accade in Giappone, Canada, usa e alcuni paesi europei).
Tassi così bassi di crescita della popolazione vengono accolti da molti pensatori come un modo per ridurre i
danni a carico dell’ambiente, i leader dei paesi temono la carenza di manodopera e la diminuzione degli
introiti fiscali.
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La dinamica della riproduzione nelle società industriali presenta 3 aspetti distintivi:
1. Riproduzione stratificata: le classi medie e alte tendono ad avere pochi figli con alte percentuali di
sopravvivenza mentre tra i poveri sono elevati tanto i tassi id fertilità quanto quelli di mortalità. (es.
in Brasile)
2. Invecchiamento della popolazione: la popolazione id anziani aumenta in misura maggiore rispetto
alla popolazione giovane. Ad esempio, il Giappone si confronta con un declino della crescita della
popolazione di circa il 15% a ogni generazione e con un rapido invecchiamento della popolazione.
3. Largo impiego della tecnologia scientifica (medica in particolare) per tutto ciò che concerne la
gravidanza: il concepimento attraverso inseminazione artificiale, contraccezione e interruzione di
gravidanza ecc. questi nuovi servizi determinano anche la crescita del livello di specializzazione.
Sono cristiani che vivono in aree rurali nell’usa e nel Canada. La popolazione si aggira attorno i 200.000.
Risalgono agli Anabattisti Svizzeri di lingua tedesca del XVI che emigrarono nell’America de Nord per
sfuggire alla persecuzione religiosa.
Gli amish del nuovo ordine sono un gruppo che alla fine degli anni Sessanta si è staccato dagli amish del
vecchio ordine, questi sebbene utilizzano comunque mezzi di trasporto a tarino animale, fanno un uso
maggiore delle tecnologie.
Parlano un dialetto di derivazione tedesca, indossano abiti modesti e vestono in modo simile tra loro,
evitano l’energia della rete elettrica, non studiano oltre la 3 media e rifiutano i valori mondani dei
connazionali americani. Attribuiscono valore ai lavori manuali, all’umiltà, alla modestia e al tradizionale
sistema di sussistenza (ossia l’agricoltura).
Gli amish hanno molti figli (6 o 7) e anche se molti di loro si allontanano dalla comunità amish., alla
comunità raddoppia ogni 20 anni. In Pennsylvania il forte aumento della popolazione ha ecceduto la
disponibilità di terra coltivabile e così oggi esistono diverse centinaia di attività gestite dagli Amish, molte di
dimensioni limitate e gestite da casa, altre di grande scala che li port ad averse sempre di piu contati con i
connazionali.
Quando raggiungono i 16 anni (il rumspring) possono scegliere se battezzarsi secondo la fede. A quest’età
possono sperimentare le abitudini del mondo inglese (come la tv), tuttavia anche durante il rumspring molti
di loro stanno a casa e solo pochissimi di loro sperimentano l’alcool, la droga e il sesso. l 90% di questi
decide poi di continuare a seguire le consuetudini Amish.
Il codice deontologico dell’osservatore partecipante preclude la possibilità di un’osservazione intima per cui
le informazioni si possono ottenete solo per via indiretta, e possono perciò essere delle alterazioni della
realtà. Malinovsky è il primo autore dello studio sulla sessualità nelle isole Trobriand descrivendo la
sessualità giovanile, le tecniche sessuali, i riti magici d’amore, i sogni erotici, la gelosia tra coniugi ecc.
questo studio è importante per poter contenere le MST.
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Quando cominciare ad avere rapporti sessuali?
Dal punto di vista biologico la riproduzione umana solitamente richiede u rapporto sessuale vita un uomo e
una donna fertili (ora esiste l’inseminazione artificiale). La fertilità femminile inizia dal menarca (compassa
mestruazioni) che in tutto il mondo avviene tra i 12-14 anni, alla menopausa (fine mestruazioni). Le ragazze
dei paesi piu poveri hanno il menarca più tardi rispetto alle ragazze die paesi piu ricchi.
Sono le regole di comportamento di ogni cultura a dettare quando è piu consono avere il primo rapporto
sessuale, a seconda di genere, classe, “razza” ed etnia. Per molte culture, l’attività sessuale dovrebbe iniziare
solo dopo il matrimonio, regola che è spesso applicata piu alle ragazze che non ai ragazzi. (per esempio, a
Zawiya in Marocco la verginità della sposa è piu importante di quella dello sposo), queste dovranno esporre
le lenzuola macchiate di sangue in seguito alla prima notte dopo il matrimonio per dimostrare la loro castità
prematrimoniale. Se i due sposi avranno disobbedito alla regola collaboreranno entrambi all’inganno
macchinando le lenzuola in altri modi.
Un assunto comune è che le persone delle culture con alti tassi di fecondità abbaino rapporti sessuali
frequenti. Tuttavia, questo punto venne messo in discussione dalla letteratura di un antropologo: Gli indiani
di tutte le classi d’età hanno rapporti meno frequenti (2 volte a settimana) rispetto agli euro-americani, per
via di alcuni aspetti della cultura che ne limitano la frequenza. La religione induista pratica la virtù
dell’astinenza sessuale, in particolare durante i giorni sacri quali la prima notte di luna nuova, di luna piena
l’ottavo giorno della prima metà del mese e della seconda e a volte anche i venerdì (fino a 100 giorni di
astinenza). Inoltre, gli uomini Hindu credono nel complesso della perdita del seme che collega la salute e la
forza degli uomini alla ritenzione dello sperma. Dicono: lo sperma non si forma facilmente, ci voglio 40
giorni e 40 gocce di sangue perché si formi, ogni orgasmo sessuale è visto come uno “spreco” di quello
stesso sperma faticosamente prodotto, che inoltre per loro deve essere di consistenza densa e viscosa e
non come la crema del latte non adulterato che si raggiunge sono con l’astensione. Però la fertilità è più
alta in india che in altre regioni del mondo dove non esistono simili limitazioni, ecco che l’assunto comune
non è reale.
Chi ha la responsabilità di prendere le decisioni soppesa i diversi fattori che incidono sulle motivazioni e le
tempistiche della procreazione. Le ricerche svolte presso culture diverse indicano che il desiderio di avere
figli è influenzato da
i primi due favoriscono la fertilità l'ultimo non sia quelli indiretti che sono i soldi che se ne vanno
direttamente per via del bambino che quelli indiretti ossia la diminuzione delle possibilità di occupazione
lavorativo. Nelle società industriali il costo economico dei fili è elevato e il valore della loro forza lavoro è
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ridotto. Nei paesi che erogano servizi e pensioni sociali per la vecchiaia la necessità di avere i figli anche
meno sentita.
Moglie e marito possono non concordare sul numero di figli che desiderano: Oaxaca In Messico gli uomini
erano soddisfatti con più o quattro figli mentre le donne con uno solo.
La preferibilità di un figlio maschio femmina o indifferente avviene a seconda della divisione del lavoro sulla
base dei generi e di altre caratteristiche variabili tra le società: Nell'asia meridionale (India e Pakistan) e in
Asia orientale si preferiscono i figli maschi, ma non è universale, nel sud-est asiatico, per esempio, si
predilige il bilanciamento tra i due; la preferenza per le figlie si riscontra in Africa Del Sahara e presso alcune
popolazioni caraibiche.
Sono i governi che determinano gli obiettivi demografici sulla base delle proprie politiche di fertilità che
possono essere o antinatalista. La valutazione delle politiche governative si basa su fatti economici come la
proiezione sulle possibilità future di lavoro e occupazione sulle dinamiche di erogazione di servizi pubblici e
sulla necessità di garantire l'esigenza di un numero sufficiente di contribuenti, così come su altri fattori come
l'esigenza di alimentare i ranghi le forze armate, di mantenere le proporzioni etniche e regionali e di gestire
l'invecchiamento della popolazione.
A livello globale
Sono gli interessi politici ed economici a influenzare le politiche riproduttive e quindi le scelte operate dalle
famiglie. L'impatto dell'ambito internazionale su decisioni di fertilità e in ampia portata: le industrie di potere
globale come quelle farmaceutiche e le strutture coordinate da leader religiosi influenzano i processi
decisionali degli Stati degli individui. Ad esempio, negli anni 90 gli Stati Uniti smisero di sostenere la morte e
cominciarono a promuovere l'astinenza come metodo principale di controllo della popolazione.
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4.2.3 - IL CONTROLLO DELLA FERTILITÀ
I metodi indigeni
Ricerche svolte in Afghanistan negli anni 80 hanno documentato l'esistenza di oltre i 500 tecniche di
controllo dell'operatività in una sola regione e sono le donne a possedere nella conoscenza levatrice ed
erboristi forniscono competenze aggiuntive. In Afghanistan era finalizzato ad accrescere la fertilità di cui il
22% consisteva i metodi contraccettivi il 6% avevano l'obiettivo di provocare l'aborto. La maggior parte dei
metodi prevede l'uso di sostanze di origine animale o vegetale, quest’ultime possono essere bevute come
tisane, assunte come compressa, nebulizzate e quindi inalate, inserite nella vagina o strofinate sul ventre.
L’introduzione dell’aborto
Un'indagine condotta presso 400 diverse società dimostra che questo viene praticato dappertutto. A
seconda delle culture viene completamente accettato, tollerato, o proibito e punito. Tra i metodi di fruizione
dell'aborto abbiamo: la percussione dell'addome, il digiuno totale forzato, l'assunzione di droghe, i salti nel
vuoto, quelli sul posto, sollevamento di oggetti pesanti, lo svolgimento dei lavori pesanti. Alcuni sono molto
pericolosi per la donna. In Afghanistan le levatrici inseriscono un oggetto fatto con solfato di rame nel corpo
della donna gravida per fargli provocare un'emorragia vaginale, e quindi l'aborto.
Le motivazioni dell'aborto di solito sono di natura economica e sociale: Per esempio le donne che vivono
nelle società pastorali devono trasportare carichi pesanti frequentemente a volte per lunghe distanze, il loro
stile di vita non le permette di prendersi cura di bambini molto piccoli. Inoltre, una donna povera potrebbe
ricorrere alla gravidanza perché non potrebbe essere in grado di sfamare un figlio. Anche avere un figlio
illegittimo è una tra le possibili motivazioni dell’aborto.
Alcuni governi disciplinano l'accesso alla pratica dell'aborto per favorirlo o proibirlo: dagli anni 80 in Cina si
promuove una campagna per la limitazione della crescita della popolazione con la politica del figlio unico.
Questa politica ha comportato l'insorgere di aborti, sterilizzazioni forzate e quindi anche l'uccisione e
l'abbandono delle figlie da parte dei genitori che preferivano figli maschi. Dal 2014 il governo cinese ha reso
meno rigide le politiche e ha dichiarato che avrebbe potuto concedere un secondo figlio alle coppie cui la
madre o il padre fossero stati figli unici.
- il CATTOLICESIMO proibisce l'aborto ma migliaia di donne cattoliche ne fanno ricorso sebbene i paesi a
maggioranza cattolica abbiano leggi che proibiscono l'induzione dell'aborto. (ad esempio il Brasile). Gli
aborti illegali hanno maggiori priorità di causare danni alla salute della donna rispetto a quelli legali.
Diverse ricerche condotte presso locali di nord-est del Brasile riportano altri casi di mortalità causate da
complicazioni tra le madri che affrontavano aborti clandestini.
- L’ISLAM proibisce l'aborto però l'aborto di feti femmina è praticato clandestinamente in Pakistan e tra i
musulmani dell'india.
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- L'INDUISMO pratica l’ahisma ossia la non violenza verso tutte le creature viventi, quindi anche i feti i cui
movimenti sono già stati avvertiti dalle madri, però migliaia di indù tentano di abortire
- il BUDDISMO non detta regole esplicite contro l'aborto, il buddismo giapponese insegna che l'esistenza
è fluida e che un feto aborto è semplicemente restituito a un mondo acquatico di vita senza forma e in
futuro da lì potrebbe tornare: questo credo è compatibile con il frequente ricorso dell'aborto in
Giappone.
Nei primi anni ‘80 iniziano a diffondersi nuove tecnologie per la riproduzione, ora disponibili in molte
regioni del mondo, sono metodi che cercano di aggirare gli ostacoli biologici per fornire opportunità
procreative alle coppie infertili.
La fecondazione in vitro: gli ovuli vengono fecondati all'esterno dell'utero. È perseguito da molte coppie nei
paesi occidentali che presentano tassi di infertilità alti. A mano che questa tecnica si diffonde nel mondo
ciascuno la interpreta a partire dalle logiche della propria cultura: degli studi condotti in alcune città del
Medio Oriente (Cairo e Beirut) mostrano la correlazione esistente tra mascolinità e fertilità. Se il marito è
sterile questo metodo non è una soluzione facilmente praticabile, in queste città la sterilità maschile è
soggetta a una stigmatizzazione sociale e può provocare una sensazione di inadeguatezza. Inoltre, la
donazione di sperma è proibita dall'islam, quindi queste coppie devono conciliare il proprio desiderio di
generare figli con i valori islamici.
4.2.4 - L’INFANTICIDIO
è l'uccisione deliberata di un neonato o di un bambino. È praticato in molte culture sebbene raramente una
pratica frequente o comune. Si compie o in modo
La motivazione più diffusa dell'infanticidio e la deformità quali infermità del neonato, ma può anche essere
connesso al sesso del neonato, un concepimento adulterino, a quello di una madre nubile, alla nascita di
gemelli e alla presenza di una famiglia troppo numerosa. L'analisi di 148 recenti casi di infanticidio in
Canada hanno rilevato che le madri erano relativamente giovani e senza risorse finanziarie familiari,
esattamente come quelli che avvengono tra le popolazioni indigene del nord est del Brasile.
In Brasile la modernizzazione del tasso di mortalità, un termine coniato da Nancy Scheper-Hughes, varia a
seconda della classe sociale di appartenenza e rispecchia la forte disuguaglianza esistente tra ricchi e poveri:
infatti il tasso di mortalità infantile è sceso negli ultimi decenni, ma solo tra le classi più alte. Durante la
ricerca Nancy ha compreso che la povertà costringe le madri a trascurare selettivamente i bimbi cagionevoli
e deboli, inoltre, il credo religioso della popolazione garantiva un supporto psicologico all'infanticidio
indiretto, in quanto le rassicurava del fatto che i bimbi deceduti fossero assicuro in paradiso. Un recente
aggiornamento di Nancy riporta che oggi le donne danno alla luce solo tre bambini e che la maggior parte
di questi riesce a sopravvivere grazie ai servizi sanitari offerti dal governo.
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La personalità è il modo prevedibile e distintivo di comportarsi, pensare e sentire di un individuo. Gli
antropologi cultura ritengono che la personalità si formi in larga misura attraverso l’inculturazione o
socializzazione ossia l’apprendimento della cultura attraverso processi formali o informali. Gli antropologi
culturali studiano il modo in cui le varie culture orientano la formazione di personalità e identità e come
variano a seconda del contesto culturale.
Brigitte Jordan ha condotto una ricerca comparativa sulle pratiche associate alla nascita in Messico, Svezia,
Olanda e USA che analizza il luogo deputato alla nascita, le persone presenti, gli assistenti, il loro ruolo, il
parto e il periodo immediatamente successivo. Tra le donne Maya in Messico la levatrice interviene sin dalle
prime fasi del travaglio, massaggiando la partoriente e fornendole un supporto psicologico attraverso
narrazioni di altri parti; durante il parto è presente il marito, cosicché possa vedere come soffre una donna,
anche la madre è presente insieme ad altri membri di sesso femminile. Negli USA il parto avviene in
ospedale. Molti giudicano questo sistema di nascita poiché è estremamente tecnocratico e troppo gestito
da operatori esterni, fattori che possono alienare il parto.
La costruzione dei legami affettivi: molti psicologi contemporanei sostengono che il contatto e la
costruzione di un legame affettivo tra genitori e bambino al momento della nascita sia cruciale per lo
sviluppo di un senso di attaccamento al bambino da parte del genitore, se non avviene in questo momento
non si svilupperà più in seguito e potrà comportare delinquenza giovanile o altre criticità.
Nancy Scheper-Hughes metti in discussione questa teoria sulla base delle ricerche svoltesi nel nord-est del
Brasile: molte madri indigenti costruiscono legami stretti solo dopo che il bambino è sopravvissuto oltre
l'infanzia, questo per via dell'alto tasso di mortalità infantile. Se le donne stabilissero dei legami con il
neonato rischierebbero di dover patire dolori indicibili. Perciò l'ipotesi degli psicologi contemporanei ha
senso solo nei paesi che hanno tassi di mortalità e fertilità bassi. In questo caso esperienza antropologica ha
contribuito a mediare la competenza culturale ossia la consapevolezza del rispetto per credenze pratiche
che differiscono da quelle della pratica medica occidentale.
Il genere nell’infanzia
il SESSO è qualcosa che ci ha dato al momento della nascita e ha tre indicatori biologici per la scienza
occidentale: gli individui di sesso maschile hanno un pene, più androgeni che estrogeni e il cromosoma XY,
tutti gli individui di sesso femminile hanno una vagina, più estrogeni che androgeni e il cromosoma XX. In
realtà gli scienziati hanno sempre più prove a favore del fatto che le due categorie non siano
ermeticamente chiuse (il 10% degli individui nasce con genitali indeterminati, proporzioni simili di estrogeni
e androgeni e una distribuzione cromosomica più complessa)
il GENERE: è una costruzione culturale variabile da cultura a cultura. Un alto grado di plasticità dà ampio
spazio alle variazioni di personalità e comportamento. Gli antropologi però continuano a sostenere che
molte caratteristiche della personalità connesse al sesso siano innate, ma dimostrarlo è difficile. Questo
perché e possibile che la cultura influenzi l'embrione persino quando si trova ancora nell'utero attraverso i
suoni e i movimenti; e una volta nati la cultura influisce molto sui bambini attraverso i modi in cui vengono
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trattati e si interagisce con loro. Inoltre, è impossibile osservare il comportamento dei neonati per definire
che cosa sia neutrale e cosa sia culturale.
- I NEONATI DI SESSO MASCHILE SONO PIÙ AGGRESSIVI DI QUELLI DI SESSO FEMMINILE: I risultati
indicano che i piccoli di sesso maschile piangono di più di quelli di sesso femminile che alcuni
considerano essere prova di un maggiore tasso di aggressività. Un'altra interpretazione dice che i
neonati di sesso maschile pesano di più rispetto alle femmine e che quindi siano più facilmente esposti
ad un parto difficile; perciò, necessiteranno più tempo per riprendersi ed è per questo che piangeranno
di più.
- I NEONATI DI SESSO FEMMINILE SIANO PIÙ SOCIEVOLI DI QUELLI DI SESSO MASCHILE: i neonati di
sesso femminile sorridono di più e alcuni ricercatori sostengono che questa differenza conferma
l'ipotesi che siano più socievoli. Però questo potrebbe essere un fattore culturale in quanto i tutor
nordamericani sorridono di più alle femmine che ai maschi, perciò, potrebbe essere che le bambine
apprendano questo comportamento.
- I NEONATI DI SESSO MASCHILE SIANO PIÙ INDIPENDENTI DI QUELLI DI SESSO FEMMINILE: le ricerche
finora non hanno fornito sostegno dell'esistenza di differenze tra i comportamenti di neonati maschi e
femmine rispetto all'indipendenza.
Alcuni sottolineano che se le differenze di genere saranno innate le culture non si sforzerà per inculturare i
bimbi a identificarsi con un determinato genere, altri ritengono che se fossero innate si manterrebbero
stabili nel tempo ma ciò non è accaduto.
la ricerca nota come “studio delle sei culture” è una ricerca transculturale che fornisce dati comparativi sul
modo in cui le attività e i compiti affidati ai fanciulli modellino le loro personalità. Il campione sono bambini
dai tre agli 11 anni che vengono osservati svolgendo azioni di assistenza ad altri bambini, azioni aggressive e
svolgimento di incarichi come prendersi cura dei più piccoli o svolgere commissioni. I dati sono stati raccolti
e riferimento a due tipi di personalità:
I gruppi:
gruppi di orticoli:
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- popolo Rajput, villaggio dell’india settentrionale
- euro-America di classe media, orchard Town, new England, USA.
I Gusii del Kenya Mostravano più frequentemente personalità premuroso-responsabile, erano quelli che
cominciavano prima degli altri ad assumersi impegni, prendevano cura degli altri e dedicavano a questo
compito la maggior parte del proprio tempo e iniziavano ad assumersi la responsabilità in età giovanissima.
Al contrario i bambini di orkut Town Degli Stati Uniti erano i più propensi ad avere personalità di tipo
dipendente-dominante. Le differenze si possono associare al di sistema di sussistenza: Nelle società orticole
le donne sono spesso impegnate in attività di forza lavoro, perciò, i figli svolgono in famiglia compiti utili,
sviluppando una personalità premurosa-responsabile. Nelle società ad agricoltura intensiva o
industrializzate le donne sono prevalentemente impegnate in attività domestiche perciò i bambini sono
meno responsabili e svilupperanno così una personalità dipendente-dominante.
Cosa avviene quando la personalità dipendente dominante si sviluppa all'esterno diventando una
personalità narcisistica? Il narcisista è una persona che cerca di attirare l'attenzione su di sé e di affermarsi
senza curarsi delle esigenze altrui. Il consumismo favorisce lo sviluppo del narcisismo con la sua enfasi nella
costruzione delle identità attraverso il possesso dei beni e l'accesso a servizi altrettanto prestigiosi. Perciò
affidare ai bambini molte responsabilità nell'ambito domestico può portare allo sviluppo di personalità
meno egocentriche e più premurose-responsabili.
La PUBERTÀ è una fase necessaria e presenta una serie di indicatori biologici: la voce più profonda per un
re sul viso nei maschi il menarca e mi se non si sviluppa nelle femmine crescono i peli sul pube e sotto le
ascelle e si raggiunge la maturità sessuale.
L'ADOLESCENZA invece è un periodo di maturazione culturalmente definito che va dalla pubertà fino all'età
adulta (da identificarsi con matrimonio, indipendenza economica o l’insorgenza dei figli).
Alcuni studi sostengono che tutte le culture riconoscono l'esistenza di un periodo di adolescenza. In questo
quadro l'adolescenza è una fase preparatoria a quella della procreazione e quindi contribuisce ad
aumentare la probabilità di riprodursi e garantire la sopravvivenza dei geni dei genitori.
Altri antropologi considerano l'adolescenza una costruzione culturale variabile e quindi impossibile da
spiegare in basi di soli fattori biologici: Molte culture non riconoscono l'esistenza di periodi di adolescenza e
presso altre il riconoscimento è avvenuto recentemente. Fatima Mernissi afferma che in Marocco
l'adolescenza nelle femmine è stata riconosciuta solo nel tardo XX secolo (da bambine a donne quando
arrivavano le mestruazioni). Inoltre, le diverse culture elaborano in modo differente a seconda del sesso la
durata e le dinamiche dell'adolescenza: presso i masai i maschi vivono un lungo periodo che intercorre tra
quello di ragazzi e adulti da dedicarsi all'addestramento e al combattimento per lo sviluppo di legami di
solidarietà tra maschi; mentre le donne passano da condizioni di bambina a quella di moglie. Mentre in
altre culture le femmine attraversano lunghe fasi di adolescenza dove vengono separate dal gruppo e
acquisiscono conoscenze e capacità che le trasformano in donne formate.
Ci sono spiegazioni culturali al motivo per cui non è sempre riconosciuta una fase adolescenziale: dal punto
di vista del materialismo culturale l'adolescenza ha una funzione preparatoria per il ruolo di lavoratore o
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genitore. Questa ipotesi è confermata dal fatto che nelle società non industrializzate l'adolescenza
femminile si registra solo dove queste abbiano un ruolo nella produzione per il cibo. Alcuni studiosi
credono che una fase adolescenziale estesa tra i giovani delle classi medie dei paesi ricchi potrebbe avere la
funzione di ritardare il loro ingresso in un mercato del lavoro che offre loro scarse opportunità di impiego.
Margaret Mead ha reso famosa l'espressione “coming of age” che può essere riferita al periodo
dell'adolescenza oppure una serie o una sola cerimonia che segnano i confini dell'adolescenza. Alcune
cerimonie hanno una componente sacrificale e comportano la morte e la rinascita simbolica; spesso sono
diverse a seconda del genere e prevedono spesso l'incisione di qualche marchio sul corpo quale un
tatuaggio o un’incisione della pelle.
In alcune società i maschi vengono sottoposti a un intervento chirurgico genitale ossia la circoncisione come
per esempio tra i masai. È un processo molto doloroso ma che dona un grande senso di realizzazione
quando due settimane dopo gli viene rasato il capo e finalmente diventano uomini. Meno diffusa è la
mutilazione genitale femminile (che avviene tra i 7 e gli 11 anni) che prevede o la rimozione parziale o totale
del clitoride o delle grandi labbra vaginali oppure consiste nella sutura dell’apertura vaginale che lascia un
piccolo passaggio per il deflusso del sangue mestruale. Questo avviene nel Sahel e in Egitto o tra i
mussulmani che vivono nel sud e nel sud-est dell’asia; è spesso associata alla religione islamica ed è spesso
in uso presso gruppi umani in cui le donne partecipano alle attività lavorative in modo significativo, ma non
sempre. Molte giovani ragazze attendono con ansia la cerimonia per assumere lo status di donna ma sono
state raccolte anche opinioni critiche su questa pratica.
I riti di iniziazione sono spesso associati ai temi della morte e della rinascita in quanto l'iniziato perde
l'identità precedente e ne assume una nuova. Sono stati fatti degli studi sul rito di iniziazione dell'accademia
militare della Virginia. Gli allievi del primo anno, i ratti, sono affidati a un allievo più anziano, i Dyke, che
umiliano e abusano i novellini e li trattano proprio come bambini (insegnandoli come mangiare e lavarsi)
Nel mese di marzo il rituale raggiunge il suo culmine: l'autopompa municipale innaffia i margini del campus
per creare un'area fangosa, i ratti devono attraversarla mentre gli allievi del secondo e del terzo anno li
aggrediscono e riempiono i loro occhi e orecchie di fango. Quando raggiungono la sommità del secondo
terrapiano i Dyke li accolgono, li puliscono e li avvolgono nelle coperte. Una volta che il fango viene lavato
via la trasformazione è compiuta. Adams assimila il rituale alla nascita: il neonato che emerge rivestito e
accecato dai fluidi viene lavato e avvolto in una coperta. Molti aspetti di questo rituale sono ambigui, infatti
ad oggi questo rituale non è più praticato ma è stato sostituito da prove fisiche e competizioni campestri e
dalla metà degli anni 90 la struttura ammette anche le donne.
Le culture che la praticano la considerano un passo obbligato verso la piena maturità: per alcuni la rende
maritabile, per altri esportare le labbra vaginali a una donna la rende bella perché le rimuove le parti
maschili; per gli occidentali è l'indice di basso status sociale oltre che un'inutile causa di sofferenza.
L'operazione chirurgica in sé e le future complicazioni genito-urinarie comportano diversi rischi per la salute
della dona e la cicatrice può dare problemi anche durante il parto. Per quanto riguarda l'infibulazione
riaprire la cicatrice provoca molto dolore e possibile infezioni e solitamente dopo il parto la si ri infibula.
Questi ripetuti traumi alla vagina aumentano il rischio di contrarre l’HIV. Inoltre, la clitoridectomia e
l’infibulazione hanno effetti negativi sulla capacità della donna di avere rapporti sessuali soddisfacenti.
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Fuambi Ahmadu nata a Washington dc e discendente da un lignaggio Kono di Sierra leone, di recente a
sierra leone ha avuto la sua circoncisione. Ha sofferto dolori lancinanti ma gli aspetti positivi sono stati piu
profondi in quanto è diventa parte di un mondo femminile potente.
A lungo si è dibattuto per stabilire se le preferenze sessuali l'identità di genere siano determinati
biologicamente oppure costrutti culturali. Melvin Konner assume una posizione intermedia e ritiene che
entrambi i fattori abbiano un ruolo.
La posizione dei costrutti culturali dà enfasi al ruolo della socializzazione. Loro basano la loro tesi sulle
osservazioni delle variazioni culturali e dei casi in cui gli individui cambiano il proprio orientamento sessuale
uno o più volte nel corso della vita. Lo XANITH dell’Oman ne è un esempio: è un uomo che per un certo
periodo assume fattezze associate alle donne ma in seguito tornerà ad assumere l'ordinario ruolo maschile.
Ne deriva che alcuni individui anche se possiedono un corredo biologico determinato possono assumere
identità sessuali differenti nel corso della propria vita.
Gennep studia i rituali che scandiscono pubblicamente il passaggio di un individuo da una condizione
sociale a un'altra. Secondo lui il rito facilita i passaggi cruciali del ciclo della vita e rende socialmente visibile
il mutamento di condizioni sociale dell’individuo in forme condivise. All'interno di ogni rito di passaggio
distingue tre fasi:
- separazione: caratterizzata da reti che producono e agevolano il distacco dalla condizione originaria
- margine: il momento più delicato per l'individuo, l’individuo è posto in una condizione di sospensione
che prelude alla terza fase. Comporta un'azione graduale del mutamento che evita traumi e turbamenti
- aggregazione: l'individuo introdotto nella nuova condizione
Gennep indica nel rito di passaggio non un semplice momento di riconoscimento o legittimazione sociale
dei ritmi naturali, ma la costruzione sociale attraverso riferimenti naturali.
Alcune culture riconoscono un terzo genere che non è né maschile né femminile. Abbiamo prima visto gli
xanith, tra alcuni gruppi nativi nordamericani ci sono i BERDACHE ossia un maschio dal punto di vista
biologico che sceglie di indossare abiti femminili, che ha rapporti sessuali con entrambi i sessi e che svolge i
compiti tipicamente femminili. Può essere la famiglia a scegliere che uno dei suoi figli sia berdache, oppure
un ragazzo che mostra interessi per attività femminili può deliberatamente decidere di diveltarlo. Un figlio
con queste caratteristiche è sempre motivo di orgoglio per la famiglia. I colonizzatori euro-americani li
hanno ridicolizzati sempre perciò i nativi hanno progressivamente abbandonato questa tradizione, ma negli
anni 80 l'orgoglio culturale dei nativi americani ha fatto riacquistare questa tradizione e anche quella
DELL'AMAZZONE, sia una donna che assume i ruoli e comportamenti maschili. Le culture native americane
sono più tolleranti nei confronti della fluidità dei ruoli di genere e l'omosessualità.
In India c'è HIJRA che si veste e si comporta con una donna, e non è né maschio né donna. Questi spesso
hanno o genitali maschili o genitali ne propriamente maschili ne femminili. Per tradizione gli hijra visitano la
casa di un neonato e se questo a genitali non definiti può richiederne l'appartenenza al proprio gruppo; chi
invece ha dei genitali maschili può compiere una cerimonia di iniziazione che comporta la recisione del
pene e dei testicoli per farne parte. Per vivere chiedono l'elemosina minacciando di alzarsi la sottana se non
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viene dato loro del denaro. Hanno un ruolo importante in occasione di eventi pubblici come danzatori e
musicanti. Non sono molto rispettati e ammirati dagli indiani.
Nelle isole del sud-est asiatico si ammette il pluralismo di genere, ossia l'esistenza di una molteplicità di
categorie tollerate e legittimate di femminilità, mascolinità e altri generi dai confini incerti. In Thailandia sono
riconosciuti i PHUUCHAI ossia i maschi, i PHUUYUNG ossia le femmine e i KATHOEY ossia il travestito, il
transessuale, l’ermafrodita. Originariamente quest’ultimo è un maschio che ha transitato in un corpo, in una
personalità e abiti femminili. Il suo orientamento sessuale e flessibile. L'omosessualità è riconosciuta e fa uso
di termini inglesi che suggerisce che si tratti di qualcosa di importato: per definire una lesbica si usa il
termine “tom” che proviene da tomboy, e thut che fa riferimento al film “tootsie”.
Tra i giovani Teheran la definizione della propria sessualità parte dalla combinazione di valori islamici,
modernità urbana e dal rifiuto delle etichette dicotomiche di occidentali di eterosessuali e omosessuali.
Molte giovani donne hanno avuto la loro prima esperienza sessuale con un'altra donna sebbene non si
definiscano gay per via della segregazione di genere. A Teheran molti protestano contro l'esecuzione di
omosessuali.
L'ETERO NORMATIVITÀ è la convinzione che tutte le persone si inseriscano in due generi distinti maschile e
femminile con corrispondenti ruoli sociali associati e aderenti alla relazione eterosessuale. L'omofobia è
diffuse in tutto il mondo. In molti contesti conosciuti gli omosessuali sono discriminati e il tasso di suicidio tra
i giovani omosessuali è tendenzialmente più alto rispetto ai giovani eterosessuali. Anche la salute tra i
giovani omosessuali e più precaria: le donne ispaniche lesbiche hanno tassi più alti di problemi di salute tra
cui l'asma.
Diventare genitori
La MATERNITÀ: Per gli euro-americani una donna diventa madre nel momento in cui genera un figlio. La
maternità non è solo un fatto biologico, ma anche il processo culturale che la porta ad imparare ad essere
madre. Presso alcune culture una donna diventa madre quando capisce di essere incinta, in altre solo dopo
che genera un bimbo maschio, per esempio in India. Nelle culture non industrializzate la madre gode della
collaborazione del gruppo familiare. Alcune culture raccomandano lo svolgimento di pratiche parentali,
associate a determinati tabù alimentari, da considerarsi come apprendimento della maternità. In Occidente
il periodo che precede il parto è importantissimo, perciò, i medici forniscono prescrizione mediche quali
controlli prenatali, l'adozione di una determinata dieta alimentare e una serie di controlli, quali l'ecografia. Si
ritiene che è proprio questa supervisione medica a favorire l'insorgenza della depressione post parto.
La PATERNITÀ: è il processo culturale che conduce a diventare padre. La couvade è una serie di rituali e
consuetudini diffuse in alcuni gruppi (Tailandia, Cina Russia e Americhe) che riguardano il padre nel corso
della gravidanza e in occasione del parto. In alcuni casi il padre può manifestare alcuni dei sintomi e
comportamenti presenti nella donna incinta. La couvade detta delle regole al futuro padre: può essere
proibito cacciare o mangiare certe cose. La ragione per il quale esiste, basata su interpretazioni freudiane, è
che il padre se attribuito a un ruolo poco rilevante, si identificherebbe in un ruolo femminile. Questa tesi è
smentita dal fatto che la couvade esiste anche in società che attribuiscono ai padri ruoli preminenti nella
cura della prole; in questi contesti è un processo culturale che conduce alla piena paternità.
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Una volta nato il bimbo principalmente spetta alle femmine la responsabilità di prendersi cura del bambino
ma con delle eccezioni. Le antropologie culturali che cercano di trovare spiegazioni culturali alla couvade
mostrano le variazioni esistenti nell'ambito dell'assegnazione dei ruoli associata alla cura dei figli: nel
pacifico meridionale tutte le famiglie aiutano a prendersi cura di un infante. Tra gli Aka nella Repubblica
Centrafricana sono i padri a prendersi cura dei figli. Qui l'uguaglianza di genere è prevalente e la violenza
alle donne sconosciuta.
La mezza età
Una ricerca sul raggiungimento dei quarant'anni da parte degli uomini negli USA ha rivelato che la
sindrome dei quarant'anni comporta irrequietezza, ribellione e infelicità che spesso portano alla
disgregazione familiare. Questo perché è il punto mediano dell'attuale aspettativa di vita di un uomo.
Presso culture con una minore aspettativa di vita la crisi di mezza età avviene ad un'età diversa. La
menopausa e un aspetto significativo della mezza età nelle donne, ma non in tutte le culture: per esempio
tra le donne Maya che vivono le mestruazioni con una malattia e ne attendono la scomparsa con ansia non
accusano sintomi fisici o emotivi negativi; al contrario le donne greche (come quelle Giapponesi) accusano
diversi sintomi fisici sebbene non li ritengano problemi meritevoli dell'attenzione di un medico. Le donne
che superano la menopausa sottolineano la sensazione di sollievo e il senso di libertà che ne consegue.
L’età senile
Questa fase del ciclo di vita è una conseguenza recente della società umana contemporanea. Presso molte
culture gli anziani sono tenuti in grande considerazione in quanto saggi. Presso altre sono un peso per le
famiglie la società. Lo status e il benessere delle persone anziane sono migliori dove continuano a vivere
con le proprie famiglie, ossia nelle società non industrializzate. Nelle società industrializzate questi non
vivono più con la famiglia e vengono spesso trasferiti in residenze per soli gli anziani costretti a crearsi nuovi
ruoli e relazioni sociali. Una ricerca condotta a New York dimostra che la compagnia di un animale
domestico aumenta il senso di benessere.
Il passaggio finale
La morte è la fine della vita: nessuno accoglie volentieri la morte, Negli Stati Uniti contemporanei ci si affida
alla tecnologia medica per contrastare la morte sempre di più in altre culture si ha un maggiore grado di
accettazione di questa. Una ricerca condotta sull'atteggiamento degli inuit dell’Alaska nei confronti della
morte dimostra che gli individui sono protagonisti attivi della propria morte: chi è prossimo alla morte
raduna attorno a sé amici e vicini e riceve un sacramento prima di esalare l’ultimo respiro. Specialmente
nella società industrializzata in cui i malati terminali dovranno scegliere dove e come morire e decidere se
prolungare o meno la vita con metodi inconsueti oppure optare per un suicidio medico assistito. A seconda
del contesto culturale le scelte sono condizionate sia dal livello della tecnologia medica e dei servizi di
assistenza ma anche alle considerazioni relative al proprio gruppo di parentela e alle concezioni relative al
ruolo di genere.
Presso alcune culture l'impossibilità di offrire un buon funerale è un motivo di seria sofferenza, come
avviene tra i mozambicani. Questi ritengono che le morti non gestite lascino scontenti gli spiriti dei defunti
che perciò perseguiteranno i vivi. Questa credenza è connessa all'alto tasso di problemi di salute mentale
tra i membri del popolo.
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Per quanto riguarda il periodo la sua durata varia da cultura a cultura e non tutte le culture piango il morto
in modo pubblico: a Bali in Indonesia, i volti delle persone restano impassibili durante i funerali e non si
odono lamenti. Ciò dimostra che la manifestazione pubblica della sofferenza può essere tanto efficace
quanto la sua repressione per aiutare una persona a superare una morte.
5.1 - L’ETNOMEDICINA
L’etnomedicina è lo studio dei sistemi sanitari in uso nelle diverse culture. Ogni sistema sanitario è
composto da identificazione e classificazione dei problemi di salute, le misure di prevenzione, le diagnosi, le
terapie e gli addetti a somministrazione.
Negli anni Sessanta il termine era sinonimo di medicina primitiva, associata quindi ai sistemi sanitari non
occidentali. Adesso il termine si riferisce anche ai sistemi sanitari di tutto il mondo (poiché anche quelli
occidentali sono connessi a specifici principi culturali).
Gli antropologi medici a partire dallo specifico contesto culturale studiano entrambi gli elementi della
dicotomia malattia-malessere: per malattia si intende un problema di salute oggettivo ed universale, il
malessere è l’esperienza di un dato problema di saure nell’ambito di una specifica cultura.
In primo luogo, la ricerca etnomedica cerca di comprendere come le diverse popolazioni etichettano,
categorizzano e classificano i problemi di salute. A seconda della cultura gli elementi per identificarli e
classificarli possono essere: la causa, il vettore, la parte del copro interessata, i sintomi, o una combinazione
di questi.
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Spesso i depositari di conoscenze etnomediche sono gli anziani che trasmettono oralmente attraverso
narrazioni popolari. Un esempio ne è la filastrocca Bollicina:
Altre filastrocche su bollicina forniscono indicazioni sulle parti del corpo che possono essere interessate da
una pustola e su come trattarle, rivelando così il sistema indigeno di classificazione.
I subanun
I Subanun negli anni 50 erano una popolazione di orticoltori che viveva sugli altopiani di Mindano nelle
Filippine. Degli studi su di loro rilevarono che tutti (bimbi compresi) avevano una buona conoscenza dei vari
problemi di salute. Avevano 186 espressioni che identificavano le diverse problematiche, costituite da una
sola parola (come prurito) che poteva essere meglio specificata da due altre parole come “macchia
puntigliosa”; in particolare le problematiche della pelle in quanto molto comuni tra loro.
La biomedicina occidentale
Nella biomedicina occidentale la denominazione e classificazione dei problemi sanitari avviene dalla
concordata di diversi comitati di esperti che si basano cu criteri scientifici. Vengono poi pubblicati in manuali
che vengono poi consultati dai medici prima di formulare una diagnosi. Nei paesi in cui l’assistenza sanitaria
è privatizzata, un codice può indicare se i codici della terapia saranno o meno coperti dall’assicurazione.
I manuali medici occidentali privilegiano le malattie conosciute dalla biomedicina occidentale e ignorano i
problemi di salute identificate da altre culture. Hanno però verificato l’esistenza nel mondo di altre patologie
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definite “sindrome culturale” ossia un problema di salute associato ad una determinata cultura, le cui cause
spesso derivano da stress, traumi o fattori biologici.
La Somatizzazione
è il processo per cui il corpo assimila lo stress sociale, manifestando sintomi di sofferenza
è una sindrome culturale attestata in Spagna e in Portogallo e tra le popolazioni di origine sud e centro
americane che colpisce a seguito di un evento traumatico (come la rottura di vasi fabbricati da sé, o la visa
di un serpente pericoloso). Chi ne soffre avverte perdita di appetito, demotivazione, problemi respiratori,
dolore diffuso e incubi. Degli studi hanno messo in luce che chi aveva maggiori probabilità di esserne
colpito erano le persone poste ai margini della società o che sentivano di aver mancato di svolgere
adeguatamente il proprio ruolo sociale. (ad esempio, la donna che ne soffriva a seguito della rottura dei
vasi da lei fabbricati precedentemente aveva avuto due aborti spontanei). Nell’Oaxaca, il tasso di mortalità
delle persone affette dal susto è più alto. Perciò l’emarginazione o il senso di inadeguatezza sociale posson
portare le persone alla morte.
L’anoressia
Inizialmente gli antropologi medici studiavano le sindromi culturali son presso le culture non occidentali,
perciò, si pensava che queste esistessero solo nelle culture altre; tuttavia, gli antropologi contemporanei le
riscontrano anche ini occidente. Ad esempio, l’anoressia e la bulimia nervosa son sindromi culturali che
colpiscono normalmente le adolescenti bianche, ma ne sono stati documentati dei casi anche nelle ragazze
afroamericane; a Hong Kong, in alcune città del Giappone e in india. Alcuni ricercatori sostengono che ha
una base genetica, ma ancora non è stata identificata una base biologica di ciò. Molti dei dati raccolti
dimostrano l’importanza del ruolo della cultura e ciò è dimostrato dal fatto che le terapie mediche e
psichiatriche sono inefficaci nell’anoressia. La prolungata deprivazione alimentare può interferire con le
funzioni biologiche del corpo; perciò, per superare gli ostacoli biologici si può curare il paziente affetto per
via endovenosa, sebbene talvolta non sia efficacie abbastanza e la sindrome ne provoca il decesso. Tuttavia,
risulta difficile trovare con precisione le cause culturale dell’anoressia: alcuni sostengono che gioca un ruolo
importante le pressioni sociali che gravano sulle ragazze, altri ritengono che sia provocata da un’inconscia
resistenza a sottomettersi al controllo dei genitori.
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5.1.2 - ETNOEZIOLOGIE
L’eziologia sono le spiegazioni causali attribuite ai problemi di salute e alla sofferenza presso le diverse
culture.
- Naturali, ad esempio l’umidità e la pioggia causano reumatismi. Ne fanno parte anche l’invecchiamento,
i fattori ereditari, di personalità e di genere, il contagio e gli effetti di alcuni cibi e abitudini alimentari
- Socioeconomiche, la mancanza di risorse economiche, igiene e servizi sanitari possono causare
problemi di salute
- Psicologiche, alcuni problemi sono attribuiti a emozioni come la rabbia e l’ostilità
- Sovrannaturali, le cause vengono fatte risalire a pratiche magiche ed entità spirituali quali spiriti di
defunti e quelli diabolici. Alcuni di questi causano malattie specifiche, altri solo una generica malasorte.
È attribuita alle persone invidiose la capacità di gettare il malocchio.
Inoltre, ci sono diversi livelli di causalità: la causa di fondo dell’insorgenza di dolore allo stomaco è una lite,
la parte offesa va da uni stregone, causa intermedia, che pratica un incantesimo, causa immediata, che
provoca la malattia.
Queste interpretazioni sono in contrasto con l’interpretazione scientifica della biomedicina occidentale che
tende di solito ad escludere le motivazioni strutturali e la disuguaglianza sociale come causali di malattie.
Queste vengono solitamente definite sofferenze strutturali e possono incidere sulla salute in diversi modi
con effetti che vano dall’ansia, alla depressione, alla morte.
Un esempio di sindrome culturale scatenata da cause strutturali comune tra e donne della Valle del
Messico. La causa immediata è la carenza di acqua da bere, per cucinare e per lavare, ciò le rende ansiose.
Inoltre, la scarsa disponibilità d’acqua comporta anche una maggiore esposizione a colera, infezioni a pelle,
occhi e latri problemi biofisici. Una causa strutturale piu profonda è rappresentata dallo sviluppo disuguale
del sistema di tubature che esclude le comunità a basso reddito; i progetti d’irrigazione e il settore
industriale.
La medicina di comunità:
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diversamente dall'occidente molti sistemi non occidentali fanno uso della medicina di comunità un esempio
è quello dei Ju/’hoansi del deserto del Kalahari dell'africa meridionale, in cui l'elemento chiave del sistema
terapeutico è la mobilitazione dell'energia della comunità:
La medicina di comunità funziona: la solidarietà dei partecipanti e le sessioni di gruppo possono migliorare
le condizioni di salute mentale e fisica.
Il sistema terapeutico di queste comunità è aperto a tutti, anche l'accesso al ruolo di guaritore è aperto a
tutti; infatti, più della metà degli uomini adulti e un guaritore e anche il 10% delle donne adulte.
Le terapie umorali
Si basa sull'equilibrio tra determinati elementi all'interno del corpo e di altri presenti nell'ambiente di vita del
paziente. Gli alimenti e le sostanze medicinali vengono suddivisi in “caldi” e “freddi” (non hanno a che
vedere con valori termici) E le malattie sono il risultato di squilibri nel corpo (troppo caldo o troppo freddo)
a cui si può porre rimedio grazie a cambiamenti nella dieta o nel comportamento oppure con sostanze
medicinali.
Sono stati praticati per millenni nel Medio Oriente, Nel Mediterraneo in molte zone dell'asia. Questi
resistono bene alla pressione della biomedicina occidentale, anzi le popolazioni che ne fanno uso
reinterpretano la biomedicina occidentale e classificano i trattamenti biomedici nelle due categorie caldo e
freddo.
In Malesia coesistono numerose tradizioni medicinali umorali: quelle indiane, cinese e del mondo arabo-
islamico. Tutte e tre le tradizioni medicinali definiscono la salute come l'equilibrio tra elementi opposti
all'interno del corpo, si sposano quindi bene con la tradizione indigena della Malesia. La nostra conoscenza
dei sistemi indigeni malesi prima dell'arrivo degli stranieri deriva dai resoconti degli Orang Asli, una
popolazione indigena rimasta relativamente isolata. Le loro teorie cosmologiche si basano su un sistema
concettuale di opposizione tra caldo e freddo, che hanno un significato e proprietà diverse rispetto a quelle
che contraddistinguono le terapie umorali islamiche, indiane e cinesi: per questi tre la morte è il risultato di
un eccessivo raffreddamento; mentre per gli indigeni la prima causa ne è l'eccesso di calore, un calore
emanato dal sole e associato agli escrementi, al sangue, alla cattiva sorte, alla malattia, alla morte, alle
mestruazioni, le emozioni violente e l'ubriachezza. Il sangue caldo degli esseri umani li rende mortali e il
loro consumo di carne accelera il processo. Per loro il freddo è vitale per la salute, perciò, il trattamento
delle malattie deve provocare la riduzione o la rimozione del calore (trasferendosi per esempio nelle foreste
oppure immergendosi nell’acqua fredda). Tuttavia, anche il freddo estremo può essere dannoso, come per
esempio i momenti immediatamente successivi ad un parto in cui la madre perde molto del suo calore;
perciò, per riacquistarlo deve mettersi vicino al fuoco o stare vicino a foglie ricche di ceneri calde.
I terapeuti
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- SELEZIONE: Negli istituti occidentali la selezione basata su prove preselettive e media dei voti
universitari; tra le popolazioni indigene Del Giappone settentrionale i guaritori sono uomini in possesso
della speciale abilità di accedere a uno stato alterato di conoscenza chiamato Imu.
- FORMAZIONE: prevede anni di osservazione, apprendistato e può essere difficile. In molte tradizioni lo
sciamano deve intraprendere viaggi pericolosi attraverso la trance o con l'uso di droghe. La formazione
occidentale richiede sforzi di memorizzazione e a volte la rinuncia del sonno e della vita sociale.
- CERTIFICAZIONE: i guaritori ottengono una forma di certificazione legale o rituale
- VESTE PROFESSIONALE: il guaritore si distingue attraverso il comportamento e l'abbigliamento.
(Tamburello per lo sciamano siberiano e camice in Occidente)
- ASPETTATIVA DI UN COMPENSO: Il terapeuta si aspetta di ricevere una forma di compenso in denaro
o in natura, il quale ammonto varia a seconda dello status del guaritore e altri fattori: In India
settentrionale la levatrice viene pagata il doppio se nasce un figlio maschio.
Questi specialisti includono le levatrici, i conciaossa, gli sciamani (che fanno da tramite tra ambito umano e
spirituale) gli erboristi, i medici generici, gli psichiatri, gli infermieri, gli agopunturisti, i chiropratici, I dentisti e
gli assistenti sanitari degli ospizi. Alcuni ruoli possono garantire uno status più elevato, potere e maggiore
guadagno rispetto ad altri.
La levatrice è una persona solitamente di sesso femminile, di formazione formale o informale che aiuta la
donna a partorire. Il suo ruolo è a rischio di estinzione in molte parti del mondo. In Costa Rica una
campagna per favorire le nascite in ospedale ha fatto perdere rilievo al ruolo della levatrice e ha anche
causato la perdita degli effetti positivi dell'assistenza ostetrica di comunità.
Sostanze terapeutiche
Per prevenire o trattare i problemi di salute in tutto il mondo si utilizzano diverse sostanze naturali e
sintetiche. Fino ad ora gli antropologi hanno dedicato maggiore attenzione all'utilizzo di medicinali in
contesti non occidentali piuttosto che occidentali ma di recente si è diffuso un approccio più transculturale.
LE PIANTE
La fitoterapia: è un sistema terapeutico che fa uso di piante medicinali per rispondere a una vasta gamma di
problematiche, tra cui i disordini intestinali, malattie della pelle ferite piaghe dolori infertilità spossatezza
malessere d'altitudine e altro. La crescente consapevolezza della gamma di piante utili è un forte incentivo
alla protezione della diversità culturale.
Per molti anni le foglie di coca sono state importanti nel sistema sanitario dell’andina. La foglia serve nei
rituali, serve a mitigare i morsi della fame ed è utile a combattere il freddo; nell’andina viene usata per
trattare problemi gastrointestinali, distorsioni, gonfiori e infreddature. La foglia può essere masticata o
mischiata a erbe o radici e acqua per fare un maté, ossia una bevanda medicinale preparata da esperti. Va
assunta dalle 3 alle 4 volte al giorno fino a guarigione.
I MINERALI
le sostanze minerali sono largamente usate per la prevenzione e la cura: alcuni credono che immergersi in
acqua con grande quantità di zolfo o altri minerali sia benefico per curare arterie e reumatismi. M vanno nel
Mar Morto per trattare malattie della pelle quali la psoriasi. In tutta l'Asia orientale bagnarsi nelle acque
minerali è un'abitudine molto diffusa per mantenersi in buona salute, e anche in Italia si frequentano le
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Terme, ossia acque ricche di minerali benefici alla salute. Più raramente le persone si recano ai bagni di
radon dove si può godere di una moderata dose di gas radon per alleviare i sintomi quali l'arteria. Negli
Stati Uniti molti stabilimenti si trovano nelle miniere delle montagne dello Stato del Montana:
raccomandano di recarsi nella miniera per sessioni di circa un'ora due o tre volte al giorno per un totale di
30 sedute. La miniera è arredata con sedie e panche e clienti passano il tempo leggendo, giocando a carte
o facendo un sonnellino.
In tutto il mondo i trattamenti farmaceutici sono sempre più ricercati, portano benefici ma producono anche
effetti negativi (per esempio se si abusa di una medicina). Il diffuso gradimento e l'eccessivo impiego di
pillole e iniezioni hanno provocato una crescente crisi sanitaria, connessa all'apparizione di ceppi di
patologie resistenti ai farmaci.
Si concentra sul modo in cui determinati aspetti dell'ambiente naturale interagiscono con la cultura dando
origine a problemi di salute. Secondo questa prospettiva bisognerà studiare quindi per esempio i modelli
della distribuzione del cibo tra i membri della famiglia, le pratiche sessuali, l'igiene e la frequenza dei
contatti con estranei. I metodi di ricerca e i dati raccolti a partire da questo approccio sono quantitativi ed
etici ma si sta affermando una tendenza ad acquisire anche dati qualitativi ed emici per avere informazioni
più comprensibili.
Il tarantismo è un rituale meloterapeutico diffuso fino a qualche decina di anni fa in alcune aree dell'Italia
meridionale, in particolare nella regione del Salento. Attraverso una musica definita pizzica e attraverso la
danza venivano curati disturbi attribuiti al morso della Tarantola. Secondo la popolazione il ragno
mordendo la vittima iniettava nel corpo del malcapitato un veleno che portava apatia e alterazione che solo
il particolare ritmo della musica e la bravura del suonatore poteva far uscire dal corpo. Nel rituale il
tarantato si identifica con il ragno simulandone i movimenti attraverso una danza che ha la funzione di
indirizzare il disagio e la crisi verso un esito positivo. Le vittime erano spesso le donne appartenenti al ceto
contadino. Negli anni 50 Ernesto De Martino insieme all'etnomusicologo Diego Carpitella studia il
fenomeno, racchiuso nel libro “la terra del rimorso”. De Martino ricollega il fenomeno ad altri riti simili
praticati nel Mediterraneo. Lo interpreta come una risposta storica e culturale a momenti di crisi esistenziale
per via della condizione di marginalità sociale, economica e culturale vissuta dal meridione. Oggi la
leggiamo come un dispositivo terapeutico non legato alla medicina ufficiale per far fronte a momenti di crisi
psicologica dell'individuo. Questa forma di terapia è oggi scomparsa dal Salento ma rimane nel parlato in
uso nell’Italia centro meridionale: quando qualcuno si lascia andare a comportamenti scomposti si dice “ti
ha morso la Tarantola!”, e dagli anni 90 In Puglia si tiene “la notte della Taranta” dove si ballano la pizzicata
e gli altri generi musicali. Da rituale di guarigione diventa un simbolo di identità regionale. Oggi questo
rituale viene messo in connessione con altre forme di terapia naturale alternativa alla medicina ufficiale quali
la danzaterapia e la bioenergetica.
L'approccio ecologico ambisce a produrre risultati utili per i programmi sanitari pubblici e può fornire
informazioni su gruppi a rischio di insorgenza di problemi specifici (per esempio le persone più a rischio di
contrarre la tenia Sono i coltivatori di riso).
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L’URBANIZZAZIONE
Un fattore ambientale che ha effetti rivelanti sulla salute all'urbanizzazione: le comunità stanziali sono più
soggette ha una vasta gamma di problemi di salute rispetto a quelle nomadiche. Uno studio ha confrontato
le condizioni di salute tra pastori nomadi e abitanti stanziali di diversi uomini turkana (nel nord-ovest del
Kenya). I pastori si nutrivano principalmente di cibo di derivazione animale, dedicavano più tempo a pesanti
attività fisiche e vivevano in gruppi domestici numerosi. Quelli stanziali si cibavano di mais e fagioli e
facevano una vita sedentaria. Questi ultimi soffrivano più spesso di infezioni agli occhi (1 su 2) e alle basse
vie respiratorie, i mal di schiena, di tosse e raffreddore. Anche i pastori però soffrivano di infezioni agli occhi
ma in misura estremamente minore rispetto a quelli stanziali. Inoltre, gli stanziali erano più bassi di statura e
avevano una maggiore massa corporea rispetto ai pastori, che erano più alti e snelli.
Da un lato le città mettono a rischio la salute delle persone, dall'altro lato migliorano le condizioni di salute
in quanto è più accessibile l'assistenza sanitaria. Negli Stati Uniti negli ultimi anni è aumentata l'incidenza
della tubercolosi in particolare nelle aree urbane. Si propaga per contagio in caso di elevata densità umana,
povertà, abitazioni malsane e mancato accesso all'assistenza sanitaria. Negli ultimi anni in tutto il mondo
sono stati registrati casi di tubercolosi multiresistenti ai farmaci, perciò, viene ora riconosciuta come una
nuova grave malattia contagiosa. Di recente è comparsa anche la minaccia di una nuova tubercolosi
estensivamente resistente ai farmaci che muta troppo velocemente per dare il tempo agli scienziati di
sviluppare dei farmaci che la contrastano.
LA COLONIZZAZIONE
Il metodo ecologico è stato applicato anche allo studio dei danni alla salute causati dalla colonizzazione: il
colonialismo europeo ha causato un rapido declino delle popolazioni indigene dell'emisfero occidentale.
Prima dell'arrivo degli europei il nuovo mondo era esente da malattie quali il morbillo, il vaiolo, il tifo, la
sifilide, la lebbra e la malaria e il colera. Gli indigeni erano totalmente privi di coperture immunitarie, perciò,
l'esposizione a queste malattie ha avuto su di loro un impatto disastroso che viene comparato ad una
guerra biologica. Le popolazioni indigene inoltre sono state decimate per via della riduzione in schiavitù e
delle durissime condizioni di lavoro, per via dei danni psicologici dovuti alla perdita dei sistemi tradizionali di
vita, dei legami e del sostegno sociale della propria comunità. Alcune conseguenze del colonialismo furono:
depressione, suicidio, scarsa autostima, consumo di droga diffuso tra bambini adolescenti, alcolismo,
obesità e ipertensione. La trasmissione dell'impatto nazionale e psicologico del colonialismo prende il nome
di trauma storico, e viene spesso colmato con l'abuso di sostanze dannose. Anche i bambini riproducono i
meccanismi di reazione negative dei propri genitori.
Studia i diversi modi con cui le culture identificano e descrivono e vivono le malattie e come i diversi sistemi
terapeutici forniscono risposte ai malesseri individuali e collettivi. Levi-Strauss adotta questo approccio nel
saggio “l'efficacia simbolica” nel quale analizza il modo in cui una canzone intonata da uno sciamano tra i
kuna di Panama aiutava le donne a portare a termine un parto difficile. La sua argomentazione era che il
sistema terapeutico fornisce un contesto di senso a chi sta facendo esperienza di una forma di sofferenza
priva di significato, dando supporto psicologico alle persone in difficoltà e favorendo la guarigione
attraverso l'effetto placebo. Negli Stati Uniti l'efficacia di una prescrizione medica dipende dall'effetto
placebo per una percentuale che va dal 10 al 90%. Questo per via della fiducia nei confronti del medico, ma
anche l'atto in sé di prescrizione e la forma e il colore della pastiglia possono dare conforto.
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Antropologia medica critica
Analizza il modo in cui i fattori strutturali come l'economia politica globale, i media e la disuguaglianza
sociale incidono sui sistemi terapeutici, sulle malattie, sulla condizione di salute delle persone e la loro
possibilità di curarsi.
Gli antropologi medici critici dimostrano che la stessa biomedicina occidentale ha la funzione di sostenere le
istituzioni mediche piuttosto che gli indigenti ed è stato messo in evidenza il processo di
MEDICALIZZAZIONE ossia l'attribuzione di connotati medici a un determinato problema per cui si
raccomanda un trattamento sanitario quando in realtà le cause sono strutturali. Gli abitanti di Bom Jesus,
indigeni e spesso disoccupati, accusavano sintomi di spossatezza, insonnia e ansia; i medici dell'ospedale gli
prescrivevano farmaci, ma questi erano semplicemente malnutriti e affamati, non avevano bisogno di pillole.
In questo caso, come in molti altri, la medicalizzazione è utile alle aziende farmaceutiche non ai poveri.
Ci sono prove a sostegno dell'ipotesi che la povertà sia la prima causa di cagionevolezza e mortalità. La
povertà prende forma, per esempio, in malnutrizione infantile oppure in violenza di strada nei quartieri
poveri dei paesi ricchi.
Tra i paesi più ricchi e quelli più poveri emergono differenze dal punto di vista sanitario: i primi muoiono
principalmente per malattie del sistema circolatorio, tumori maligni, HIV, consumo eccessivo di bevande
alcoliche e fumo mentre i secondi per tubercolosi, malaria, HIV.
Nei paesi in via di sviluppo il tasso di malnutrizione infantile è inversamente proporzionale al reddito, perciò,
il modo più diretto per migliorare l'alimentazione e le condizioni di salute dei bambini sarebbe quello di
aumentare il reddito dei poveri, tuttavia, ci si concentra sul trattamento degli effetti che la povertà ha sulla
salute piuttosto che sulla rimozione delle sue cause.
Gli antropologi medici critici ritengono che la biomedicina occidentale come sistema culturale potrebbe
essere migliorata, per esempio, riducendo il ricorso alla tecnologia, approfondendo la conoscenza delle
connessioni esistenti tra problemi di salute e condizioni strutturali diversificando le terapie con il ricorso di
metodi alternativi come l'agopuntura.
Sono state condotte dalle ricerche sulla formazione dei medici negli istituti occidentali ed è emerso che la
formazione ostetrica degli Stati Uniti è paragonabile alla logica della catena di montaggio: L'obiettivo è la
produzione di un bambino sano, il bambino perfetto; il dottore è il tecnico esperto in grado di raggiungere
questo obiettivo e la madre passa in secondo piano, non si riflette sulla qualità dell'esperienza fatta dalla
madre. Per raggiungere questo obiettivo ci si affida alle sofisticate tecnologie di monitoraggio che
permettono al medico di fare nel frattempo altre cose, con un'assoluta mancanza di interesse umano nei
confronti dei pazienti. Lo studio di Davis Floyd indica tre processi chiave verso l'accettazione di questo
modello da parte degli studenti:
- il tormento fisico: un rito di passaggio che è provocato dalla veglia forzata (avviene nel periodo di
frequenza dei corsi del tirocinio)
- la regressione cognitiva: gli studenti rinunciano a riflettere criticamente e ad apprendere
consapevolmente. Si tratta di memorizzazione di una vasta mole di informazioni che costringe ad
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adottare un atteggiamento acritico. Questo sovraccarico mentale induce gli studenti ad una mentalità
uniforme è ristretta che attribuisce un'importanza Suprema alla conoscenza della medicina
- La deumanizzazione: il sistema formativo della scuola di medicina si forza di reprimere gli ideali
umanitari degli studenti dando enfasi alle tecnologie e attraverso l'oggettivazione del paziente.
Con la globalizzazione i problemi sanitari si diffondono nel mondo e arrivano a interessare regioni remote
velocemente. Allo stesso modo anche la cultura occidentale e la biomedicina vanno a diffondersi in tutto il
mondo. Tuttavia, il flusso culturale non ha senso unico: gli occidentali sempre più si rivolgono a forme di
terapie alternative come per esempio l'agopuntura e massaggi.
A partire dal ventesimo secolo le scoperte scientifiche come gli antibiotici e i vaccini contro le malattie e i
progressi nel campo tecnologico hanno drasticamente arginato la diffusione delle malattie infettive; però
fattori come l'aumento dei viaggi internazionali, l'immigrazione, la deforestazione e i progetti di sviluppo
hanno prodotto nuove occasioni di contagio quali l’hiv, la Sars e l’ebola.
Una sottocategoria delle malattie infettive è quella delle patologie zoonotiche (trasmessi dagli animali) come
la malattia di lyme e la malaria: la deforestazione ha causato una recrudescenza della malaria che proviene
dalle zanzare; perciò, la deforestazione è involontariamente legata alla diffusione di questa malattia.
Anche l'obesità può essere considerata una malattia del progresso. L'epidemia di obesità infantile ha
implicazioni sanitarie ma né le sue cause, né la sua prevenzione hanno implicazioni sanitarie: basta
cambiare regime alimentare e aumentare l'attività fisica.
Il pluralismo medico è la compresenza di più sistemi sanitari in una data società. La disponibilità di diverse
terapie offre agli utenti un ampio ventaglio di scelta che solitamente giova la loro salute, però, a volte gli
individui sono costretti a confrontarsi con le interpretazioni conflittuali della stessa malattia e del suo
trattamento.
Gli sherpa nel Nepal sono un raro esempio di cultura che preferisce i sistemi terapeutici tradizionali rispetto
alla biomedicina occidentale. Qui i terapeuti sono divisi in tre categorie:
- buddisti ortodossi praticanti che comprendono i lama (attraverso la benedizione) e gli amchi che
praticano la medicina tibetana, sistema terapeutico umorale.
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- I religiosi non ortodossi o gli sciamani che si affidano a cerimonie di divinazione per la diagnosi
- gli operatori biomedici che lavorano in una clinica fondata per trattare i turisti a cui ricorrono anche
alcuni sherpa.
Coesistono quindi tre sistemi alternativi di assistenza medica in cui le pratiche occidentali non hanno
soppiantato quelle tradizionali probabilmente perché il turismo d’alta montagna non ha avuto un forte
impatto sulla produzione e sulle relazioni sociali locali.
In altri contesti però gli antropologi hanno documentato l’esistenza di conflitti ee incomprensioni tra sistemi
sanitari. Di seguito un esempio:
la famiglia F è composta da migranti provenienti dalle Samoa americane a Honolulu. I genitori non parlano
inglese, i figli parlano abbastanza l’inglese. Il signore F è stato formato come guaritore tradizionale
samoano. La figlia Mary fu colpita dal diabete e fu ricoverata in ospedale. A seguito di un secondo episodio
di malessere morì. Il padre fu accusato della sua morte in quanto non le garantì l’assistenza medica
necessaria. Dal punto di vista biomedico i genitori non le avevano fornito le cure mediche adeguate: saltava
gli appuntamenti e non seguiva le indicazioni nonostante le venisse detto che fosse vitale farlo, e i medici
erano convinti che questo fosse dovuto alle differenze culturali. Dal punto di vista della famiglia invece la
loro percezione del contesto ospedaliero non era stata positiva sin dall’inizio: veniva visitata da diversi
medici e non le era stato affidato un medico nello specifico, erano stati testimoni di un decesso infantile;
tutte cose che rafforzarono l’inadeguatezza dell’ospedale. A tutto ciò si aggiungono le incomprensioni
linguistiche tra famiglia e medici: i medici dissero alla famiglia che la causa del malessere di Mary fosse lo
zucchero, così la famiglia capì che la figlia dovesse assumere più zucchero. Ovviamente questo la portava a
stare peggio perciò crebbe ancora di piu la sfiducia nei confronti del sistema medico. Dal punto di vista
samoano la famiglia si era comportata in modo logico e appropriato. Inoltre, i samoani ritengono che oltre i
12 anni si sia già molto responsabili, perciò, affidarono alla figlia dodicenne l’assistenza di Mary che
probabilmente non fu sufficiente. La causa ultima della morte di Mary è stato il fraintendimento culturale.
È l’impiego di conoscenze antropologhe per contribuire al raggiungimento degli obbiettivi degli operatori
sanitari. Per esempio, fornisce gli strumenti per il miglioramento della comunicazione tra medici e pazienti
nei contesti multiculturali.
Negli stati uniti le tre piu comuni cause di avvelenamento da piombo sono:
Di recente è stata scoperta una nuova causa di avvelenamento da piombo: l’assunzione di azarcon ossia un
medicinale contenete piombo per curare l’empacho (: una sindrome culturale che comporta problemi
digestivi e stipsi). I servizi sanitari pubblici dell’USA hanno chiesto a Totter di indagare sulla reperibilità e
l’uso dell’azarcon e a seguito di indagini gli Totter ha messo in evidenza l’esigenza di fornire un trattamento
sostitutivo per la cura dell’empacho.
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COMUNICAZIONE PUBB LICA IN AMBITO SANITARIO
Gli antropologi possono aiutare gli estensori dei programmi di educazione alla salute a sviluppare messaggi
più convincenti nei seguenti modi:
In questo e in altri modi un antropologo può servire da MEDIATORE CULTURALE ossia una persona che
conosce bene due culture diverse e può agevolarne la comunicazione e la comprensione reciproca.
I programmi di vaccinazione spesso son accolti con scarso calore da parte delle popolazioni interessate.
Questo perché spesso i genitori hanno una percezione parziale o inesatta di ciò da cui i vaccini debbano
proteggere i loro figli, mentre alcuni non comprendono l’importanza delle vaccinazioni multiple. I promotori
della salute pubblica hanno utilizzato i risultati di queste ricerche per sviluppare:
- campagne educative per la popolazione che tengano conto delle sue preoccupazioni.
- Programmi formativi per i professionisti della salute pubblica che li sensibilizzano in merito
all’importanza di comprendere le pratiche e le credenze delle popolazioni.
Dal 1978 l’organizzazione mondiale per la sanità promuove l’inserimento delle partiche terapeutiche
tradizionali nei sistemi sanitari nazionali. Lo sviluppo di questo orientamento è dovuto da:
Ma il dibattito sull’efficacia delle pratiche mediche tradizionali rispetto a quelle biomediche continua:
- coloro che sono si oppongono alla valorizzazione della medicina tradizionale sostengono che non
abbia alcun effetto su malattie infettive (colera, malaria ecc.); perciò non ha senso incoraggiare l’utilizzo
delle pratiche rituali.
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- I sostenitori della medicina tradizionale invece ritengono che l’approccio pluralistico ossia contribuire a
ridurre le lacune tra il sistema sanitario locale e quello occidentale per colmare il vuoto della
biomedicina che trascura mente, anima e contesto sociale e allo stesso tempo avvantaggerebbe la
medicina tradizionale con le tecniche biomediche
Le parole "muintir" e "gaolta" sono utilizzate per riferirsi alla gente e ai parenti in modo generale. Tuttavia, ci
sono differenze culturali nelle definizioni e negli usi di queste parole. Ad esempio, a Tory Island, un amico
può essere considerato anche un parente a causa delle strette relazioni di parentela presenti nella comunità.
Ogni cultura ha il suo sistema di parentela che stabilisce chi sono i parenti e come ci si comporta in base a
tali relazioni. Questo capitolo esplora le variazioni culturali nei sistemi di parentela e l'evoluzione
contemporanea delle relazioni familiari, inclusi modelli di matrimonio e organizzazione dei gruppi
domestici.
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6.1.1 – STUDIARE LA PARENTELA: DALL’ANALISI FORMALE ALLA PARENTELA IN PRATICA
Nella prima metà del XX secolo, gli antropologi si concentravano sulla comprensione dei principi che
regolavano la parentela nelle diverse culture. Attraverso interviste e domande specifiche sui termini di
parentela e i rapporti familiari, gli antropologi raccoglievano informazioni per tracciare un diagramma della
parentela, che rappresentava in modo schematizzato le relazioni di parentela di un individuo. Questo
diagramma riportava tutti i parenti elencati dall'individuo e utilizzava simboli per illustrare i legami familiari.
In alcune culture, l'individuo poteva fornire informazioni su numerosi parenti, il che richiedeva la creazione
di un diagramma su più fogli di carta. Questo approccio è stato utilizzato per esplorare la diversità dei
sistemi di parentela nelle diverse società.
La genealogia è una rappresentazione schematica dell'albero genealogico di una famiglia, a partire dal
primo antenato conosciuto fino al presente, diversamente dal diagramma della parentela che si traccia a
partire dall'ego. La ricerca antropologica ha prodotto una vasta quantità di dati sulla terminologia dei
sistemi di parentela, cioè i termini utilizzati per riferirsi ai propri parenti. Questi termini variano nelle diverse
culture, ad esempio, il modo di chiamare i parenti da parte di madre può differire da quelli usati per i
parenti da parte di padre. Gli antropologi hanno classificato le diverse terminologie dei sistemi di parentela
in sei tipologie, ma oggi questa classificazione è considerata limitata e insufficiente per riflettere le
dinamiche contemporanee. La pratica di tracciare l'albero genealogico è diffusa in molte culture, mentre
alcune persone sottopongono al proprio DNA per scoprire le proprie origini e discendenze culturali.
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Le ricerche contemporanee sull'argomento della parentela si collegano a temi come la globalizzazione, il
lavoro, i consumi, l'identità etnica e l'affiliazione politica. Gli antropologi hanno compiuto progressi
significativi nell'analisi delle funzioni della parentela, come documentato da Maurice Godelier, un
antropologo francese, nel suo libro del 2012 che ripercorre oltre un secolo di studi sull'argomento. Godelier,
influenzato dalla prospettiva materialista, esamina i legami tra parentela, economia, organizzazione del
potere e l'emergere di nuove forme tecnologiche. I suoi studi si concentrano sui cambiamenti che la
parentela sta apportando al mondo moderno, in particolare riguardo alle nuove tecnologie riproduttive,
come la fecondazione in vitro e la maternità surrogata. Queste pratiche sfidano le definizioni tradizionali
della parentela in modi diversi, a seconda del contesto culturale e delle decisioni religiose. Altri antropologi
hanno esaminato come le persone comunicano e manifestano i legami di parentela nella vita quotidiana.
Ad esempio, uno studio condotto in una zona rurale dell'India ha evidenziato l'importanza del rispetto e del
riconoscimento della parentela, attraverso un saluto che implica un contatto fisico specifico tra le persone
coinvolte. Questi gesti possono variare a seconda del rapporto di parentela e delle norme culturali.
Indipendentemente dalla prospettiva teorica adottata dagli antropologi, la parentela si basa su tre fattori
fondamentali: discendenza, condivisione e matrimonio. Tuttavia, tutti e tre questi fattori sono soggetti a
cambiamenti nel tempo in risposta ad altri aspetti, e il mutamento stesso delle dinamiche della parentela
contribuisce a modellare lo stile di vita delle persone.
6.1.2 – LA DISCENDENZA
La discendenza riguarda le relazioni di parentela che si sviluppano a partire dalla relazione genitore-figlio.
Questo concetto si basa sul fatto che tutti noi siamo nati da qualcun altro. La discendenza identifica le
relazioni familiari all'interno di un gruppo di parentela e ne traccia la storia nel tempo. Tuttavia, le culture
non seguono tutti gli stessi criteri nella tracciatura delle linee di discendenza.
Alcune culture adottano un sistema di discendenza bilineare, in cui un individuo appartiene al gruppo di
discendenza di entrambi i genitori. Al contrario, altre culture utilizzano un sistema di discendenza unilineare,
che traccia la discendenza da uno solo dei genitori, sia il padre che la madre. La distribuzione dei sistemi di
discendenza bilineari e unilineari è in parte correlata ai diversi sistemi di sussistenza delle culture. I sistemi
economici, che riguardano la produzione, il consumo e lo scambio di risorse, sono strettamente collegati
all'organizzazione sociale delle comunità.
La discendenza unilineare
La discendenza unilineare è la forma di parentela più diffusa in circa il 60% delle culture esistenti. Questo
tipo di discendenza è predominante nelle società che si basano su un'economia fissa, come quelle pastorali,
agricole e orticole. Le regole di successione che prevedono la trasmissione della proprietà lungo una
singola linea di discendenza contribuiscono a mantenere coesa la base produttiva di queste società.
DISCENDENZA UNILINEARE
La discendenza unilineare può assumere due forme principali: la discendenza patrilineare e la discendenza
matrilineare. Nella discendenza patrilineare, la linea di discendenza è tracciata attraverso i figli maschi,
mentre le figlie femmine si sposano e diventano parte del lignaggio del marito. Nella discendenza
matrilineare, invece, la linea di discendenza è tracciata attraverso le figlie, mentre i figli si sposano e si
uniscono ad altri lignaggi.
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Circa il 45% delle culture adotta un sistema di discendenza patrilineare, che è diffuso nel Sud-Est Asiatico,
nell'Asia orientale, nella Nuova Guinea, nell'Africa settentrionale e in alcune parti dell'Africa sub-sahariana. I
sistemi patrilineari più rigidi si trovano nell'Asia orientale, meridionale e nel Medio Oriente.
DISCENDENZA MATRILINEARE
La discendenza matrilineare è adottata da circa il 15% delle culture ed è basata sulla linea femminile. Questo
sistema è presente tra molti gruppi di nativi nordamericani, in diverse parti dell'Africa centrale, nel Sud-Est
Asiatico, nel Pacifico, in Australia, in alcune aree dell'India orientale e meridionale, in alcune parti del
Bangladesh settentrionale e in alcune zone delle coste mediterranee di Spagna e Portogallo. La
discendenza matrilineare è spesso associata all'attribuzione di posizioni di leadership pubblica alle donne,
come nel caso degli Irochesi e degli Hopi. Uno dei gruppi matrilineari più popolosi al mondo è quello dei
Minangkabau in Indonesia.
La scelta del nome di un bambino è sempre una decisione importante e può variare a seconda delle regole
culturali e delle credenze dei genitori. Alcuni seguono tradizioni che prevedono di dare al primogenito il
nome del nonno paterno e alla prima figlia il nome della nonna materna. Altri ritengono che il nome debba
essere assegnato solo dopo uno o due anni dalla nascita e nel frattempo si utilizza un soprannome. Ci sono
anche genitori che scelgono un nome che richiami una qualità desiderata per il bambino o che sia unico.
Nel villaggio di Ha Tsuen, situato in una zona rurale di Hong Kong, vivono circa 2.500 persone. Tutti i
maschi del villaggio appartengono allo stesso lignaggio patrilineare e hanno lo stesso cognome, "Teng". Le
figlie, invece, si sposano con uomini di altri villaggi e si trasferiscono nella comunità del marito (residenza
patrilocale). Le donne del villaggio non hanno diritti di proprietà né controllo sull'economia domestica. La
politica locale e le decisioni pubbliche sono appannaggio dei maschi. Lo status delle donne migliora con la
nascita di un figlio, soprattutto se maschio, e il loro ruolo principale è quello di procreare.
Il sistema di attribuzione del nome nel villaggio riflette il potere, l'importanza e l'autonomia che i maschi
godono nella società. A tutti i bambini, poco dopo la nascita, viene assegnato un nome chiamato "ming".
Nel caso dei maschi, viene organizzata una cerimonia fastosa chiamata "cerimonia dei trenta giorni" che
può includere un banchetto per gli anziani del villaggio e i vicini. Nel caso delle femmine, la cerimonia
spesso si riduce a un pranzo tra parenti stretti. La scelta del "ming" per i maschi è unica e gratificante,
talvolta legata alla letteratura classica. Per le femmine, invece, i nomi possono avere connotazioni negative,
come "Ultima figlia", "Troppi" o "Piccolo Errore".
Quando un uomo si sposa, può scegliere o gli viene assegnato uno "tzu" o nome coniugale, che
rappresenta la sua maturità. Gli uomini hanno anche un "wai hao" o "nome esteriore", che è un
soprannome usato pubblicamente. Con l'età matura, possono assumere un "hao" o "nome di cortesia"
basato sulle loro aspirazioni e immagine di sé. Le donne, invece, perdono il proprio "ming" quando si
sposano e non hanno più un nome proprio. Vengono chiamate con tecnonimi basati sui loro rapporti con
altri individui, come "Moglie di Tizio" o "Madre di Caio". Nel corso degli anni, le donne sposate diventano
"Vecchie Donne". Gli uomini accumulano più nomi e di maggior prestigio rispetto alle donne durante la loro
vita.
La discendenza bilineare
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La discendenza bilineare traccia la linea di parentela dai genitori di entrambi i sessi ed è adottata da circa un
terzo delle culture esistenti. Questo sistema di discendenza si trova principalmente tra i cacciatori-
raccoglitori come i Ju/'hoansi e tra la maggior parte dei professionisti che vivono nelle città nordamericane.
Sia le società di cacciatori-raccoglitori che quelle industrializzate/informatizzate presentano un sistema di
divisione del lavoro tra i generi flessibile, in cui uomini e donne contribuiscono in modo simile alla
produzione delle risorse necessarie per il sostentamento. La discendenza bilineare si adatta bene ai
cacciatori-raccoglitori e alle società industrializzate/informatizzate, poiché entrambi hanno gruppi domestici
ridotti e una certa mobilità nello spazio.
Residenza
La scelta della residenza dei coniugi è influenzata dalle regole di discendenza prevalenti. Nelle società
patrilineari, è comune la patrilocalità, che significa che i coniugi vivono con la famiglia del marito o nelle sue
vicinanze. Al contrario, nelle società matrilineari prevale generalmente la matrilocalità, dove i coniugi vivono
con o vicino alla famiglia della moglie. Nelle società industrializzate occidentali, invece, è frequente la
neolocalità, dove i coniugi si stabiliscono in luoghi diversi dalle loro famiglie di origine. Le pratiche di
residenza hanno implicazioni politiche, economiche e sociali. Ad esempio, la discendenza patrilineare e la
residenza patrilocale favoriscono la formazione di gruppi di uomini estremamente coesi, che possono
essere mobilitati per azioni belliche.
6.1.3 – LA CONDIVISIONE
Molte culture privilegiano i rapporti di parentela basati sulla condivisione e sul sostegno reciproco.
Nell'entroterra del Sud-Est Asiatico, in Australia e nelle isole del Pacifico, le forme di parentela basate sulla
condivisione sono comuni. In particolare, su una delle numerose piccole isole della Malesia, la costruzione
dei legami di parentela inizia già durante la gravidanza, quando il feto viene nutrito dal sangue della madre.
Dopo la nascita, il latte materno diventa il nutrimento principale per il neonato, creando un importante
legame tra chi allatta e chi viene nutrito.
ALLATTAMENTO E PARENTELA
Inoltre, l'allattamento al seno è il criterio fondamentale per la regola dell'incesto in questa cultura. Le
persone che sono state nutrite dallo stesso seno sono considerate parte dello stesso gruppo di parenti e
non possono sposarsi tra di loro. Dopo lo svezzamento, il riso diventa il cibo più importante per i bambini, e
la condivisione del riso diventa un altro modo per creare e mantenere i legami di parentela, soprattutto tra
le donne e i bambini. Gli uomini, che spesso si assentano per andare a pesca, al bar o alla moschea, hanno
meno probabilità di stabilire legami di parentela attraverso la condivisione del riso.
L’adozione e l’affidamento
Un altro sistema di parentela basato sulla condivisione è rappresentato dall'adozione, che comporta il
trasferimento formale e permanente di un bambino dai genitori biologici alle cure di altre persone. Le
motivazioni comuni per l'adozione includono la sterilità e il desiderio di prendersi cura di un determinato
tipo di bambino, spesso di sesso maschile. I genitori biologici possono affidare il loro bambino ad altri per
ragioni come una gravidanza prima del matrimonio, la disapprovazione sociale di tale gravidanza, il fatto di
avere già "troppi" figli o "troppi" figli dello stesso genere. Ad esempio, tra i pastori Masai dell'Africa
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orientale, una donna con molti figli potrebbe dare in adozione uno di loro a un amico, un vicino o a una
persona anziana senza figli che potrebbe avere bisogno di assistenza.
Negli Stati Uniti, l'adozione è stata legalizzata nella metà dell'Ottocento. Uno studio condotto da Judith
Modell, un'antropologa culturale e madre adottiva, ha esaminato le esperienze di bambini adottati, genitori
biologici e genitori adottivi negli Stati Uniti. Modell ha scoperto che la procedura legale dell'adozione cerca
di creare un legame simile, per quanto possibile, a quello biologico. Nelle adozioni chiuse, il bambino
adottato riceve un nuovo certificato di nascita e il genitore biologico cessa di avere un rapporto con lui/lei.
Tuttavia, un'evoluzione recente è rappresentata dall'adozione aperta, in cui all'adottato/a e ai suoi genitori
biologici viene data la possibilità di conoscere la rispettiva identità e mantenere i contatti. La maggior parte
dei 28 figli adottati intervistati da Modell si è mostrata interessata a conoscere i propri genitori biologici,
poiché desiderano scoprire la propria vera identità.
Tuttavia, per alcuni individui, la ricerca delle proprie origini può riflettere un'attenzione al passato piuttosto
che un impegno nella costruzione della propria identità. Sebbene l'adozione negli Stati Uniti fornisca
strumenti legali per creare legami di parentela basati sulla condivisione, non sempre riesce a trasmettere il
senso di appartenenza a un gruppo di parentela che deriva dalla discendenza biologica.
A volte, l'affidamento di un bambino può creare una durata e un senso di appartenenza simili a quelli di
una formale adozione. Tuttavia, ci sono anche casi in cui l'affidamento è temporaneo e non crea la
percezione di un legame di parentela. Nell'Africa Sub-Sahariana, l'affidamento è diffuso e i genitori affidano
i loro bambini ad altri per offrire loro migliori opportunità educative o per farli apprendere un mestiere.
Spesso, questi bambini si trasferiscono dalle aree rurali a quelle urbane, abbandonando famiglie
svantaggiate per unirsi a gruppi domestici più privilegiati.
AFFIDAMENTO IN GHANA
Uno studio condotto in un quartiere di Accra, in Ghana, ha esaminato la vita dei bambini dati in
affidamento. È emerso che l'affidamento era piuttosto comune, con circa un quarto dei bambini nel
quartiere che erano stati dati in affidamento. Le ragazze erano il doppio dei ragazzi a vivere questa
esperienza. Mentre tutti i ragazzi frequentavano la scuola, solo 4 su 31 ragazze lo facevano. Queste
differenze di trattamento dipendevano dal tipo di relazione tra l'affidato e l'affidatario. Mentre l'80% dei
ragazzi e delle ragazze dati in affidamento aveva una relazione di parentela con l'affidatario, solo il 50%
delle ragazze la aveva. Le persone che prendevano in affido le ragazze senza relazioni di parentela
fornivano denaro ai loro genitori biologici. Le ragazze si occupavano delle faccende domestiche, lavoravano
nelle attività commerciali della famiglia affidataria (come trasportare merci o sorvegliare l'area di lavoro),
mentre i ragazzi dati in affidamento, soprattutto a parenti, non svolgevano tali compiti perché andavano a
scuola.
Nel contesto cristiano, in particolare tra i cattolici, esistono legami rituali tra adulti e bambini nati da altre
persone. I rapporti tra padrini e madrine e i loro figliocci spesso implicano forti legami emotivi e
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trasferimenti di denaro dai padrini ai figliocci. Tra i Maya dell'Oaxaca, in Messico, diventare padrino o
madrina comporta un miglioramento dello status sociale, poiché viene riconosciuta pubblicamente la
propria posizione sociale. I padrini e le madrine guadagnano autorità sui figliocci, a cui possono richiedere
di svolgere compiti. Essere padrino o madrina di molti bambini offre la possibilità di avere una forza lavoro
consistente e di migliorare ulteriormente il proprio status sociale. Nell'Oaxaca, i padrini e le madrine sono
principalmente coppie sposate, ma in alcuni casi si fa riferimento solo alle madrine, evidenziando l'alto
status delle donne tra i Maya.
6.1.4 – IL MATRIMONIO
Un altro modo per formare legami tra persone è il matrimonio, o forme simili al matrimonio come la
convivenza.
Gli antropologi riconoscono l'esistenza di diverse concezioni di matrimonio nelle culture umane. Non esiste
una definizione universale che sia valida per tutte le culture. La vecchia definizione che considerava il
matrimonio come l'unione tra un uomo e una donna, con figli legittimi da entrambi, è superata. Oggi
sempre più culture riconoscono il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Inoltre, molte culture non
basano la legittimità dei figli sul matrimonio. Alcune definizioni di matrimonio mettono l'accento sul diritto
di avere rapporti sessuali con il coniuge, ma non tutte le forme di matrimonio implicano un rapporto
sessuale tra i coniugi. Ad esempio, tra i Nuer del Sudan del Sud, praticano il matrimonio tra donne, in cui
una donna facoltosa ottiene una "moglie" attraverso doni e rituali, ma senza un rapporto sessuale tra le
coniugi. Una definizione più operativa del matrimonio potrebbe essere una "unione, più o meno stabile,
celebrata tra due persone, in cui i coniugi possono condividere la stessa abitazione, avere coinvolgimento
sessuale e una relazione procreativa, anche se non necessariamente".
In tutte le culture esistono indicazioni e preferenze riguardo a chi è opportuno sposare e avere rapporti
sessuali. Queste preferenze possono essere esplicite o implicite e si manifestano attraverso regole di
esclusione (chi non è appropriato per il matrimonio) e regole di inclusione (chi è preferito come coniuge).
Uno dei tabù universali di esclusione è il tabù dell'incesto, che vieta il matrimonio o i rapporti sessuali tra
persone con determinati legami di parentela. Secondo Claude Lévi-Strauss, il tabù dell'incesto nelle società
pre-moderne aveva la funzione di incoraggiare gli uomini a sposare donne di famiglie diverse, facilitando
così lo scambio matrimoniale tra gruppi e promuovendo reti di relazioni e solidarietà sociale più ampie.
Questo scambio matrimoniale tra gruppi avrebbe favorito il commercio e la pace tra diverse aree. Altre
teorie, come quella genetica, suggeriscono che il tabù dell'incesto contribuisce a ridurre la frequenza di
malattie genetiche trasmissibili attraverso la diversificazione del pool genico.
Le variazioni nelle regole matrimoniali tra parenti stretti si osservano nel caso dei cugini. Il tabù dell'incesto
non viene universalmente applicato al matrimonio tra cugini, e infatti in alcune culture i matrimoni tra cugini
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sono incoraggiati. Le regole per la scelta del coniuge appropriato variano notevolmente tra culture.
L'endogamia, che è il matrimonio tra individui dello stesso gruppo, può richiedere che la sposa provenga da
una specifica categoria sociale. Ad esempio, tra i musulmani del Medio Oriente e dell'Africa settentrionale, il
matrimonio tra cugini paralleli, cioè tra i figli di un padre e i figli di suo fratello, è comune. Al contrario, tra
gli Hindu dell'India meridionale, il matrimonio tra cugini incrociati, cioè tra i figli di un padre e i figli di sua
sorella, è preferito. Tuttavia, nonostante le preferenze, la maggior parte dei matrimoni in queste culture non
coinvolge parenti stretti.
L'endogamia può anche dipendere dal contesto. Ad esempio, nell'India settentrionale, gli Hindu proibiscono
l'endogamia interna a un villaggio e praticano l'esogamia, cioè il matrimonio con individui provenienti da
gruppi diversi. Al contrario, nel Mediterraneo orientale e tra i musulmani dell'India, l'endogamia interna a un
villaggio è preferita. Queste preferenze possono causare la separazione forzata dalle famiglie d'origine per
le spose del Nord dell'India, suscitando tristezza e nostalgia.
È importante notare che i dati etnografici lasciano spazio a dubbi e che le teorie funzionaliste di Lévi-Strauss
e delle ricerche genetiche entrambe attribuiscono l'universalità del tabù dell'incesto a contributi diversi in
termini di adattamento e successo della specie umana.
Esistono diversi tipi di matrimonio basati sullo status sociale dei coniugi. Si menziona l'iperginia, in cui lo
status della sposa è inferiore a quello dello sposo, comune in India e tra le classi medio-alte negli Stati Uniti.
Si parla anche dell'ipoginia, in cui il marito occupa una posizione sociale inferiore a quella della moglie, che
è rara in tutte le culture. Infine, viene menzionata l'isogamia, in cui gli individui si sposano con persone di
pari livello sociale.
Vi sono dei sottotipi di iperginia e ipoginia basati su fattori come l'età e la statura. Per esempio, l'iperginia
basata sull'età, in cui un matrimonio è considerato buono quando la sposa è più giovane del marito, mentre
l'ipoginia basata sull'età si verifica quando la sposa è più vecchia dello sposo. Si sottolinea che quest'ultima
preferenza è rara ma sta diffondendosi negli Stati Uniti.
Si valutano caratteristiche come la prestanza, l'avvenenza e l'apparenza fisica, e si indica che l'iperginia
riferita all'altezza è più comune nelle società in cui i maschi occupano posizioni di potere. I matrimoni
isogami per quanto riguarda l'altezza sono diffusi in culture in cui i ruoli di genere sono simili e il
dimorfismo sessuale non è marcato, come nel Sud-Est Asiatico.
In uno studio condotto negli Stati Uniti su giovani donne nordamericane, si sono riscontrate variazioni
micro-culturali riguardo all'importanza attribuita all'amore romantico come fattore determinante per il
matrimonio. Il sondaggio è stato condotto tra il 1979 e il 1981, quando le donne erano all'inizio
69
dell'università, e nel 1987, dopo essersi laureate e avere iniziato la loro vita adulta. Lo studio ha coinvolto
due università nel sud degli Stati Uniti, una frequentata principalmente da euro-americani "bianchi" e l'altra
da afro-americani. I due diversi gruppi di donne intervistate hanno mostrato prospettive diverse: le donne
"bianche" erano più influenzate dall'idea dell'amore romantico rispetto alle donne "nere". Inoltre, le donne
"bianche" sembravano meno interessate a perseguire importanti obiettivi professionali e spesso si
aspettavano di essere economicamente dipendenti dal coniuge in futuro. D'altra parte, le donne "nere"
mostravano maggiore indipendenza e avevano una prospettiva più ampia di importanti obiettivi
professionali. Per le donne "bianche", il concetto di amore romantico rappresentava un modello in cui
l'uomo era visto come un sostegno ideale, mentre il compito della donna era attrarre l'uomo verso di sé e
prendersi cura dell'ambito domestico del matrimonio. Le donne "nere", al contrario, erano state educate ad
essere più indipendenti dal punto di vista economico. Questa differenza può essere attribuita sia alle
tradizioni africane, dove le donne gestiscono e amministrano le proprie risorse in modo indipendente, sia
alle discriminazioni razziali esistenti negli Stati Uniti nel contesto del mercato del lavoro, che mettono gli
uomini afro-americani in una posizione di svantaggio.
I MATRIMONI COMBINATI
Spesso, i matrimoni combinati sono basati sulle valutazioni fatte dai genitori rispetto a un "buon
abbinamento" tra famiglie. Esso è comune in molti paesi del Medio Oriente, dell'Africa e dell'Asia. Anche se
ormai si sostiene che i matrimoni combinati saranno destinati a scomparire, si è notato che in Giappone,
paese fortemente industrializzato, queste unioni sono in aumento.
I doni di nozze
La maggior parte dei matrimoni nel mondo coinvolge uno scambio di doni o servizi tra la famiglia dello
sposo e quella della sposa. Le forme di scambio matrimoniale più comuni sono la dote e il "prezzo della
sposa". La dote consiste nel trasferimento di beni e, talvolta, denaro dalla famiglia della sposa a beneficio
della coppia appena formata. Può includere beni utili per l'ambito domestico, come mobili, utensili da
cucina e, talvolta, una casa. La dote è ampiamente diffusa nelle società agricole in Eurasia, dall'Europa
occidentale ai paesi del Mediterraneo settentrionale, fino alla Cina e all'India. In molte parti dell'India, la dote
è chiamata più correttamente "prezzo della sposa", poiché gran parte dei beni e del denaro viene destinata
alla famiglia dello sposo anziché alla nuova coppia. In Cina, durante l'era di Mao, il governo considerava la
dote come un simbolo dell'oppressione delle donne e la dichiarò illegale, ma con l'avvento del consumismo
e dell'accumulo di ricchezza personale, questa pratica è tornata in uso, soprattutto tra i nuovi abitanti
benestanti delle città.
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Il prezzo della sposa, o ricchezza della sposa, è un trasferimento di beni o denaro dalla famiglia del marito
ai genitori della sposa ed è comune nelle società orticole e pastorali. In alcune società orticole, in particolare
nella regione amazzonica, esiste anche il servizio per la sposa, che consiste nel lavoro fornito dallo sposo ai
suoceri per un periodo di tempo specifico. In molti matrimoni, si verifica uno scambio equilibrato di doni tra
le famiglie degli sposi. Negli Stati Uniti, una tradizione precedente prevedeva che la famiglia della sposa
assumesse il peso maggiore dei costi del matrimonio e della luna di miele, mentre la famiglia dello sposo si
occupava dei costi della cena che si tiene la sera prima delle nozze. Tuttavia, la tendenza attuale a dividere
equamente le spese tra i coniugi potrebbe indicare la presenza di relazioni matrimoniali più paritarie.
Forme di matrimonio
Gli antropologi culturali distinguono due forme di matrimonio in base al numero di coniugi coinvolti. La
monogamia è il matrimonio tra due persone, un uomo e una donna in caso di coppia eterosessuale, o due
individui dello stesso genere in caso di coppia omosessuale. La monogamia eterosessuale è la forma di
matrimonio più comune al mondo e in molti paesi è anche l'unica riconosciuta legalmente. La poligamia,
d'altra parte, è il matrimonio tra più di due coniugi ed è praticata in diverse culture. Esistono due forme
principali di poligamia: la poliginia, che è il matrimonio di un uomo con più di una donna, ed è la forma più
diffusa, e la poliandria, che è il matrimonio di una donna con più di un marito ed è più rara, limitata ad
alcune regioni dell'Himalaya come Tibet, India e Nepal. Tuttavia, anche in quest'area, la poliandria è
considerata retrograda dalle popolazioni non praticanti.
Nel linguaggio comune, i nordamericani utilizzano i termini "famiglia" (family) e "gruppo domestico"
(household) in modo intercambiabile per descrivere persone che vivono insieme sotto lo stesso tetto.
Tuttavia, gli studiosi delle scienze sociali attribuiscono significati distinti ai due termini. La famiglia è
considerata un gruppo di persone legate da relazioni di parentela, che possono includere sia parenti stretti
che parenti più lontani. Non tutti i membri di una famiglia vivono necessariamente insieme o hanno stretti
legami affettivi, ma sono comunque considerati parte della stessa famiglia. Il concetto di "gruppo
domestico", simile a quello di famiglia, può riferirsi a una persona che vive da sola o a una o più persone
che condividono un luogo di residenza, anche se non necessariamente hanno relazioni di parentela. La
maggior parte dei gruppi domestici è composta da persone imparentate tra loro, ma sta aumentando il
numero di convivenze tra individui senza legami di parentela, come ad esempio gruppi di amici che vivono
71
insieme. Questo paragrafo tratta della forma e dell'organizzazione dei gruppi domestici in diverse culture e
delle relazioni che esistono tra i loro membri.
L'organizzazione di un gruppo domestico può assumere tre forme diverse, in base al numero di adulti
sposati che lo compongono. Il gruppo domestico nucleare, spesso chiamato famiglia nucleare, è composto
da una coppia di adulti sposati o conviventi, con o senza figli. Il gruppo domestico esteso è un gruppo
domestico che include più di una coppia di coniugi. Le coppie possono essere collegate attraverso una linea
di discendenza padre-figlio (gruppo domestico esteso patrilineare), una linea di discendenza madre-figlia
(gruppo domestico esteso matrilineare) o anche attraverso fratelli e sorelle (gruppo domestico esteso
collaterale). I gruppi domestici poliginici, che coinvolgono più di una moglie, e i gruppi domestici poliandrici,
che coinvolgono più di un marito, sono esempi di gruppi domestici complessi in cui un coniuge convive o
vive vicino a più di un partner e ai loro figli.
L'esatta distribuzione culturale delle diverse forme di gruppo domestico è ancora sconosciuta, ma alcune
considerazioni generali possono essere fatte. Le famiglie nucleari sono presenti in tutte le culture, ma
rappresentano l'unico tipo di gruppo domestico solo in circa un quarto delle culture conosciute. I gruppi
domestici estesi sono invece diffusi in circa la metà delle culture. La distribuzione di queste due forme di
gruppo domestico mostra corrispondenze con i sistemi di sussistenza. La forma nucleare è predominante
nelle società di cacciatori-raccoglitori e nelle società industrializzate/informatizzate, evidenziando
l'importanza della mobilità e della flessibilità in questi sistemi. I gruppi domestici estesi, invece, sono più
diffusi nelle economie orticole, pastorali e agricole.
Nel contesto dei gruppi domestici, i membri interagiscono attraverso legami emotivi, diritti e responsabilità.
Le dinamiche di relazione possono variare in base alle categorie dei componenti, come spose, fratelli e
generazioni diverse. I sistemi di parentela definiscono le relazioni all'interno dei gruppi domestici, ma nella
vita quotidiana i membri possono adattarsi in modo variabile a tali ideali.
72
Uno studio condotto a Tokyo nel 1959 ha esaminato la soddisfazione coniugale e l'attività sessuale
all'interno dei matrimoni, confrontando quelli basati sull'amore romantico con quelli combinati. Si è
riscontrato che la soddisfazione coniugale diminuiva nel tempo per entrambi i tipi di matrimonio, ma con
alcune differenze. Le mogli che avevano scelto un matrimonio combinato riportavano un calo di
soddisfazione maggiore rispetto ai mariti che avevano fatto la stessa scelta. Nei matrimoni basati sull'amore
romantico, invece, la soddisfazione diminuiva gradualmente per entrambi i coniugi, ma dopo nove anni o
più di matrimonio, i livelli di soddisfazione erano quasi identici tra mariti e mogli.
ATTIVITA’ SESSUALE
L'attività sessuale all'interno delle coppie coniugate può influenzare la soddisfazione coniugale. Uno studio
condotto negli Stati Uniti nel 1988 ha rilevato una diminuzione stabile della frequenza mensile dei rapporti
sessuali tra coniugi nel corso del tempo. La frequenza diminuiva da una media di 12 volte al mese tra i 19 e i
24 anni, fino a meno di una volta al mese per le coppie sopra i 75 anni. Le coppie anziane e quelle meno
soddisfatte facevano sesso meno frequentemente. Tuttavia, la frequenza dei rapporti sessuali era più
elevata in tre categorie di persone: conviventi non sposati, coloro che avevano convissuto prima del
matrimonio e coloro che avevano già avuto uno o più matrimoni precedenti.
Un'antropologa ha condotto una ricerca su Beirut, Libano, focalizzandosi sulle relazioni tra fratelli e sorelle
all'interno dei gruppi domestici. Durante lo studio, ha sviluppato una stretta amicizia con una famiglia e in
particolare con Hanna, il figlio maggiore considerato attraente e promettente. Tuttavia, la ricercatrice è stata
sorpresa quando ha assistito a un episodio in cui Hanna ha urlato e schiaffeggiato sua sorella minore Flaur.
Osservando il loro rapporto, è emerso che Hanna svolgeva un ruolo paterno nei confronti di Flaur e si
irritava particolarmente quando lei trascorreva del tempo in strada a chiacchierare con altre ragazze. Gli
adulti della famiglia non consideravano questo comportamento sbagliato e sostenevano che Flaur
apprezzasse l'attenzione aggressiva del fratello. Flaur stessa commentava che non le faceva male quando
Hanna la picchiava e desiderava un marito simile a lui. Nella cultura araba e in altre aree del Mediterraneo,
un possibile spiegazione per il tipo di rapporto descritto tra fratello e sorella potrebbe essere parte di un
processo di socializzazione volto a mantenere il predominio maschile all'interno del gruppo domestico. Nel
caso di Hanna e Flaur, Hanna sembrava insegnare a Flaur ad accettare il potere dei maschi in nome
dell'amore. Punirla e controllarla erano considerati modi per prendersi cura di lei. Questo tipo di relazione
potrebbe insegnare a Flaur che l'amore di un uomo può comportare un severo controllo su di lei e che
accettare l'amore significa sottomettersi a lui.
La violenza tra partner all'interno dei gruppi domestici è presente in diverse culture, anche se con variazioni.
In genere, gli aggressori sono uomini e le vittime sono donne. Nei contesti in cui gli uomini controllano
l'economia familiare, le aggressioni verso le mogli sono più frequenti e gravi. Tuttavia, la presenza di gruppi
di lavoro e reti sociali femminili può ridurre la violenza. Quando le donne hanno una maggiore importanza
economica e la residenza è "matrilocale" (concentrata intorno alla madre), hanno maggiori possibilità di
interrompere relazioni abusive. Ad esempio, tra i Garifuna, una popolazione afro-indiana del Belize, si
verificano casi di violenza domestica, ma sono rari e di breve durata grazie alla solidarietà femminile e alla
struttura matrifocale della società. La crescente violenza domestica a livello globale sta minando l'idea di
casa come luogo sicuro e protetto. Negli Stati Uniti, si osserva un aumento dei casi di abuso sui bambini,
73
violenza tra partner e maltrattamenti verso gli anziani all'interno delle mura domestiche. La ricerca
antropologica fornisce importanti informazioni ai legislatori e agli operatori sociali per comprendere meglio
i fattori che influenzano la sicurezza dei membri del gruppo domestico e sviluppare programmi più efficaci
per proteggerli.
La definizione di gruppo domestico implica la condivisione di un luogo in cui vivere, spesso rappresentato
da una casa. Tuttavia, milioni di gruppi domestici nel mondo sono privi di una casa a causa di fattori come
la povertà, i conflitti, i disastri naturali, le malattie mentali, l'abuso di droghe e la violenza domestica.
Affrontare queste cause e fornire servizi adeguati sono fondamentali per garantire a tutte le persone una
casa. Philippe Bourgois e Jeff Schonberg hanno condotto un progetto di fotoetnografia sulle persone
senzatetto e tossicodipendenti di San Francisco, il quale ha evidenziato la necessità di politiche sociali che
riducano il danno e offrano strutture di assistenza, come ad esempio luoghi sicuri e aghi sterili per i
tossicodipendenti. Molti paesi forniscono già un supporto del genere, ma ampliare l'accesso a una casa
potrebbe essere un ulteriore aiuto per un numero maggiore di persone.
6.3 – LE TRASFORMAZIONI DEI SIS TEMI DI PAREN TELA E DELLA VITA DOMESTICA
In questa sezione vengono illustrati diversi esempi di trasformazioni nelle tradizioni matrimoniali e nella vita
domestica, alcuni dei quali hanno origini nel colonialismo, mentre altri sono il frutto dei recenti processi di
globalizzazione.
Il declino della discendenza matrilineare nel mondo è dovuto sia all'impatto del colonialismo europeo che
alla recente globalizzazione occidentale. Il dominio coloniale ha introdotto norme che hanno attribuito la
proprietà e il ruolo di capifamiglia agli uomini, minando i diritti e i poteri delle donne. I missionari europei
hanno ulteriormente contribuito alla trasformazione dei sistemi matrilineari in patrilineari. Questo declino si
è verificato anche tra i Nativi nordamericani e i Minangkabau in Indonesia. Studi hanno dimostrato che la
stabilità del sistema matrilineare è maggiore quando le condizioni sono simili a quelle precedenti
all'interferenza coloniale. Nel caso dei Minangkabau, il declino è stato giustificato dal colonialismo olandese,
dagli insegnamenti dell'Islam e dalla modernizzazione dello stato indonesiano.
74
6.3.2 – TRASFORMAZIONI DEL MATRIMONIO
IL MATRIMONIO IN TRASFORMAZIONE
L'istituto del matrimonio sta attraversando trasformazioni nelle sue varie componenti, come il
corteggiamento, la cerimonia nuziale e le relazioni coniugali. L'età media del primo matrimonio sta
aumentando globalmente, influenzata dalla priorità data all'istruzione prima di sposarsi e dall'aspirazione a
raggiungere stabilità finanziaria, come possedere una casa. Si osserva anche un aumento dei matrimoni tra
persone di diverse nazionalità ed etnie, spinto in parte dall'aumento delle migrazioni internazionali. I
migranti portano con sé le proprie tradizioni matrimoniali, ma si adattano anche alle norme del paese in cui
si stabiliscono. Di conseguenza, si diffondono pratiche pluralistiche, come la celebrazione di due cerimonie
nuziali, rispettivamente conformi alla cultura di origine e a quella del paese di immigrazione.
La crisi del matrimonio si manifesta culturalmente quando molte persone desiderano sposarsi, ma non
possono farlo per vari motivi. Attualmente, le crisi matrimoniali sono percepite come più comuni rispetto al
passato, specialmente tra i giovani che si trovano nel "mercato" matrimoniale. Ad esempio, molti giovani
dell'Africa subsahariana non riescono ad accumulare abbastanza denaro per pagare il "prezzo della sposa"
e affrontare le spese matrimoniali, spesso a causa dell'alto tasso di disoccupazione. In una città del Niger, è
stata condotta una ricerca su questo tema, evidenziando come il declino economico abbia aumentato i
costi del matrimonio per gli uomini, impedendo a molti di loro di sposarsi e costringendoli a rimanere a
casa con i genitori. Questo status viene considerato sospetto e le giovani donne che rimangono nubili sono
spesso giudicate in modo negativo. In Cina, una crisi matrimoniale di natura diversa è dovuta alla politica
del figlio unico, alla preferenza per i figli maschi e all'evidente squilibrio di genere, con milioni di uomini che
potrebbero non trovare una donna con cui sposarsi entro il 2020.
75
Le cerimonie nuziali sono soggette a numerosi cambiamenti in tutto il mondo, con diverse scelte che
riflettono significati culturali. Elementi come la cerimonia stessa, i costi, l'abbigliamento e la luna di miele
sono in evoluzione. La tradizione occidentale del matrimonio in bianco si diffonde globalmente, ma con
reinterpretazioni locali dell'abbigliamento e degli accessori per la sposa e lo sposo, la torta nuziale e gli
addobbi floreali. Mentre in Asia l'abito bianco da sposa in stile occidentale è promosso, in India viene
considerato di cattivo auspicio per le vedove. Alcuni contesti vedono anche il ritorno di stili di abbigliamento
popolari e locali, che si mescolano con elementi occidentali. Questa fusione riflette l'identità complessa che
le famiglie assumono in un mondo in continua globalizzazione.
La globalizzazione sta portando rapidi cambiamenti nella struttura e nelle dinamiche dei gruppi domestici.
L'industrializzazione e l'urbanizzazione sembrano favorire la diminuzione delle famiglie estese e l'aumento
delle famiglie nucleari. Questa tendenza è stata osservata tra i Kelabit, una popolazione dell'altopiano del
Borneo, a partire dagli anni '90. In passato, i Kelabit vivevano in una grande casa comune che ospitava
molte famiglie, ma oggi questa tradizione è scomparsa. I giovani si sono trasferiti nelle città costiere per
lavorare nell'industria petrolifera, e le case sono diventate principalmente monofamiliari, con un maggiore
valore attribuito alla privacy. Gli anziani lamentano la mancanza di attenzione verso i visitatori e la
mancanza di una casa comune per le celebrazioni e i rituali della comunità. Questo esempio evidenzia i
cambiamenti sociali e culturali che la globalizzazione sta determinando nelle strutture familiari.
La migrazione internazionale è un fattore significativo che influisce sul gruppo domestico e sulle sue
dinamiche interne. Quando membri di un gruppo domestico agricolo emigrano in altri paesi, si osserva
spesso una diminuzione significativa della fertilità nella generazione successiva. Questo è dovuto al fatto che
nei paesi di destinazione, avere molti figli non ha gli stessi benefici economici come nei paesi d'origine. Di
conseguenza, molti migranti scelgono di avere un numero limitato di figli e vivono in gruppi domestici di
dimensioni ridotte e isolati. La migrazione internazionale introduce anche sfide nelle relazioni tra genitori e
figli, poiché i bambini spesso si identificano fortemente con la cultura del paese di adozione e hanno poche
connessioni con la cultura dei loro antenati. Questa frattura genera ansia nei genitori e conflitti sui temi della
scelta del partner, dell'abbigliamento e delle aspirazioni professionali.
La struttura dei gruppi domestici negli Stati Uniti sta subendo cambiamenti significativi. Le tre tipiche
strutture familiari sono: coppie di coniugi in prime nozze, famiglie monogenitoriali e famiglie ricostituite. Sta
emergendo anche una quarta categoria, rappresentata dai gruppi domestici multigenerazionali, in cui un
figlio adulto vive con i suoi genitori. Un numero considerevole di adulti non sposati, compresi quelli tra i 25
e i 55 anni, vive con uno o entrambi i genitori. In queste famiglie multigenerazionali, i figli adulti dedicano
una significativa quantità di tempo alle faccende domestiche, con le figlie che si occupano principalmente di
mansioni come il bucato e le pulizie, mentre i figli si occupano più spesso del giardino e dell'automobile.
Tuttavia, sono ancora i genitori a svolgere la maggior parte dei compiti domestici nei gruppi domestici
multigenerazionali. L'aumento delle famiglie multigenerazionali è stato influenzato dall'immigrazione e ha
subito un'accelerazione durante la crisi economica.
76
Negli Stati Uniti, la crisi economica ha portato ad un aumento significativo delle famiglie multigenerazionali,
che attualmente rappresentano il 16% della popolazione. Inoltre, l'età del matrimonio per i giovani adulti è
aumentata, e ciò ha contribuito al fenomeno delle "famiglie in ritardo di formazione", in cui le donne
ritardano l'avvio di una famiglia per perseguire le loro aspirazioni di carriera. Tuttavia, queste nuove
dinamiche familiari presentano sfide, come la mancanza di assistenza e socializzazione da parte dei nonni
per i bambini crescenti nelle famiglie in ritardo di formazione. L'evoluzione delle dinamiche familiari non è
limitata solo agli Stati Uniti, ma rappresenta un fenomeno globale che richiede un'attenzione continua per
comprendere i cambiamenti nelle consuetudini familiari a livello mondiale.
In questo capitolo si discute di come le micro-culture modellino l’identità e l’organizzazione dei gruppi e si
esaminano le relazioni tra gruppi diversi in termini di gerarchia e potere.
Il gruppo sociale i cui membri sono solitamente legati da relazioni diverse da quelle della parentela. Ne
esistono due principali tipologie:
1. GRUPPO PRIMARIO: composto di persone che interagiscono tra loro e si conoscono di persona.
2. GRUPPO SECONDARIO: cui membri si identificano in base a cosa hanno in comune, ma non
possono mai incontrarsi di persona né avere mai interazioni dirette.
L’appartenenza al gruppo primario porta a una maggiore riconoscibilità dei diritti e delle responsabilità da
parte dei membri.
La formazione dei gruppi sociali è influenzata dal sistema di sussistenza vigente. Le popolazioni mobili
(cacciatori-raccoglitori e pastori) vivendo in contesti di minore densità sociale hanno poche possibilità di
creare gruppi sociali durevoli oltre a quelli basati sulla parentela. Una forma di gruppo sociale di spicco è la
classe d’età che riunisce persone più o meno coetanee che compiono alcuni rituali insieme (es.
circoncisione).
I gruppi sociali sono maggiori nelle popolazioni stanziali, ma ci sono delle eccezioni.
Nell’Asia meridionale, in una regione che comprende Pakistan, Nepal, Bhutan, Bangladesh e Sri Lanka, se ne
formano meno.
Nel Bangladesh i gruppi sociali sono rari (è uno degli stati più densamente popolati) e i legami più diffusi
sono quelli basati sulla parentela (Miller e Khan – 1986).
Nel tardo XX secolo il Bangladesh ha fondato l’organizzazione Grameen Bank che concede micro-credito
agli indigenti (persone in assoluta miseria) per aiutarli ad avviare piccole attività commerciali.
Nell’era moderna sono sorti in tutta l’Asia meridionale numerosi gruppi sociali attivi; il tutto è dovuto alla
tendenza esercitata dalle organizzazioni non governative locali che incoraggiano ad affrontare i problemi
che i governi hanno trascurato.
7.1.1 - AMICIZIA
77
Gruppo primario interpersonale diretto composto da 2/3 persone fondato sull’amicizia.
È difficile sapere se questo legame si trova in tutte le culture, ma è possibile che qualcosa di simile sia
presente in tutte le società umane anche se con sfumature diverse da cultura a cultura (Padiglione 1976).
I criteri che qualificano qualcuno come amico possono avere origini culturali: la segregazione di genere può
favorire la nascita di amicizie tra persone dello stesso genere, così come la segregazione razziale. Una
caratteristica dell’amicizia è che induce gli amici a sostenersi a vicenda. Anche se con eccezioni, l’amicizia
nasce tra persone appartenenti allo stesso ambito sociale.
La condivisione di narrazioni è un elemento che porta alla formazione dei gruppi amicali. Una ricerca
condotta nei bar (rumshops) in Guyana tra gruppi di amici di sesso maschile ha dimostrato che i racconti
seguono uno schema basato sull’alternanza dei turni di parola, promuovendo così l’uguaglianza e la
solidarietà tra i membri, i quali possono contare l’uno sull’altro. Gli stati della regione caraibica del
Sudamerica hanno composizioni etniche e linguistiche diverse l’una dell’altro.
Una ricerca condotta qualche anno fa in Giamaica con il metodo dell’osservazione partecipante e attraverso
una serie di interviste rivolte a un campione di individui con reddito basso ha rivelato che l’uso del telefono
cellulare qui è particolarmente frequente (Horst e Miller 2005). Mettendosi in contatto periodicamente, i
Giamaicani dotati di risorse modeste rinsaldano i legami con persone sulle quali possono contare.
Carol Stack ha svolto una ricerca sul campo nei Flats, il quartiere più povero della comunità “Nera”,
documentando l’esistenza di estese reti amicali che hanno ideato sistemi di auto-aiuto.
In contrasto con le teorie per cui la miseria distruggerebbe le relazioni sociali tra i più poveri, questa ricerca
ha dimostrato come la coltivazione di amicizie (soprattutto da parte delle donne) consente di superare le
difficoltà. Anche l’amicizia ha un lato negativo in quanto nessuno è amico di tutti e questo potrebbe portare
al bullismo, ma finora quasi nessuna ricerca antropologica ha affrontato questo tema.
I circoli, come anche le fraternities e sororities, sono gruppi sociali basati su un senso di appartenenza
identitaria e sulla condivisione di obiettivi comuni. Molti servono per facilitare i rapporti sociali e offrire
sostegno psicologico, ma un’analisi più approfondita rivela che spesso rivestono funzioni economiche e
politiche.
78
In un quartiere popolare di Paramaribo, in Suriname, i circoli femminili assolvono molte funzioni. I
assicurano alle donne sostegno psicologico ed economico e forniscono occasione di svago, ma le attività
hanno anche un risvolto politico. Rappresentati politici e attivisti di partiti diversi hanno confermato che le
donne, sia individualmente sia come gruppo, esercitano su di loro una pressione concreta.
Peggy Sanday ha deciso di studiare le fraternities dopo lo stupro a danno di una studentessa da parte di un
gruppo di membri maschili facenti parte di un’associazione studentesca. Peggy descrive i riti d’iniziazione da
superare per diventare membri; il legame che si crea tra gli uomini passa attraverso la vittimizzazione e la
messa in ridicolo delle donne.
Molti gruppi indigeni dell’Amazzonia impediscono severamente alle donne di accedere alla casa degli
uomini. La punizione per chi vi accede è lo stupro di gruppo e questo comportamento è dettato da un alto
livello di ansietà associato alla loro identità di feroci guerrieri e maschi sessualmente potenti (Gregor 1982).
Questo atteggiamento lo assumono anche nei confronti delle donne appartenenti al loro stesso gruppo.
Diversi tipi di gruppi uniscono persone che non intendono conformarsi al modello culturale predominante
in quanto ritengono importate la creazione e il rafforzamento dei legami tra i loro membri attraverso
un’iniziazione condivisa e altre pratiche culturali. Un esempio sono gli hippies degli anni Sessanta.
Le bande giovanili, spesso considerate un problema sociale, si differenziano tra loro per il grado di
formalizzazione della loro organizzazione. Esistono anche bande giovanili informali, prive di una
riconosciuta gerarchia di comando o riti iniziativi, come quella dei “Masta Liu” di Honiara, la capitale delle
Isole Salomone, nel Pacifico Meridionale (Jurdan 1995).
Il principale fattore unificante dei giovani maschi è la disoccupazione e la maggior parte si è trasferita in
città dalle campagne. Passano il tempo girovagando per la città in bande che possono comprendere fino a
10 ragazzi, attività chiamata “wakabaot” (dall’inglese walkabout).
79
Le bande di strada hanno un’organizzazione più rigida con capi e suddivisione gerarchica dei ruoli e delle
responsabilità dei membri. Si mostra la propria appartenenza con tatuaggi o “colori”.
William Foot Whyte ha condotto una ricerca etnografica classica sulle bande giovanili adottando la tecnica
dell’osservazione partecipante. La sua etnografia Street Corner Society (1943) è diventata una testimonianza
storica importante per comprendere queste bande.
Piu di recente Martin Sanchéz Jankowski, antropologo, ha svolto una ricerca presso circa 40 bande di strada
tra New York, Los Angeles e Boston. La sua analisi contraddice alcuni stereotipi in quanto i membri
provenivano da famiglie nucleari “sane” e i legami familiari stretti erano gli stessi di quelli che non li
avevano.
Alcuni motivi per cui i giovani si uniscono a queste bande è il tratto comune del ribelle individualista, che ha
5 caratteristiche:
L’approccio “strutturista” suggerisce che sia la povertà, soprattutto quella urbana, a sviluppare questo tipo di
personalità. Molti di questi ragazzi desiderano ottenere il benessere economico, ma le loro condizioni sociali
indirizzano i loro interessi e le loro capacità verso azioni illegali, invece che condurli attraverso percorsi leciti
che permettano loro di realizzarsi.
Esistono alcuni movimenti di controcultura che uniscono gli individui sulla base di pratiche di modificazione
del corpo come il piercing dei genitali, la marchiatura a fuoco (branding) o incisione (cutting) (Myers 1992).
La ricerca condotta da Myers tramite l’osservazione sul campo e la realizzazione di interviste ha rivelato che
uno dei principali motivi per cui hanno il desiderio di modificare il proprio corpo è quello di identificarsi con
uno specifico gruppo di persone.
7.1.3 - LE COOPERATIVE
Sono una forma di gruppo economico in cui il surplus viene diviso tra i membri e le decisioni vengono
prese seguendo il principio democratico per cui ogni membro dispone di un voto (Estrin 1996).
80
Nella regione costiera orientale della Repubblica di Panamá le donne indigene Kuna producono i mola
(tessuti con disegni applicati). Molto richiesti a partire dagli anni Sessanta, oggi gli introiti che ne derivano
costituiscono una parte importante del reddito per le famiglie Kuna. Alcune di loro sono entrare a far parte
delle cooperative in quanto sono una fonte di sostegno reciproco, danno l’opportunità di sviluppare
maggiori capacità di leadership e favoriscono la loro partecipazione politica nella società.
La stratificazione sociale è l’insieme di relazioni gerarchiche tra gruppi diversi organizzati in livelli, o “strati”,
distinti. I gruppi stratificati possono rappresentare disuguaglianze su molti fronti e le persone appartenenti a
strati più elevati godono di maggior privilegi.
Nei sistemi di stratificazione sociale le categorie di classe, “razza”, genere, età e appartenenza indigena
determinano l’appartenenza di un individuo ad una posizione ascritta (basata su qualità già date al
momento della nascita, come etnia, genere o età) oppure acquisita (raggiunta grazie a qualità che derivano
dall’esperienza).
Il processo di modernizzazione del XX secolo e la maggior complessità delle società hanno favorito la
diffusione delle posizioni sociali basate sull’acquisizione di qualità attraverso l’esperienza.
Le società umane collocano le persone in certe categorie (studentessa, marito, bambino, etc...). queste
categorie ne indicano lo status, ossia la posizione sociale; ad ogni status è associato un ruolo, cioè il
comportamento che è giusto aspettarsi da chi lo detiene. A volte, chi appartiene a status più elevati
persegue la conservazione dello status quo escludendo gruppi più inferiori, frequentando per esempio solo
membri del proprio gruppo.
La classe sociale è la posizione che una persona o un gruppo di persone occupa nella società, ed è definita
in particolare da parametri economici; classe e status però, non sempre corrispondono.
Secondo l’ideologia prevalente nelle società capitalistiche, nel caso della classe, il sistema consente la
mobilità verso l’alto e tutti hanno la possibilità di migliorare il proprio status. Quest'ideologia viene definita
individualismo meritocratico, ossia la convinzione che coloro che lo meritano saranno ricompensati. Questa
posizione ritiene che la posizione economica di classe determini lo stile di vita degli individui: in genere chi
nasce ricco continua ad esserlo e chi nasce povero restano poveri ma sono sempre possibili dei
cambiamenti.
Il concetto di classe è un nodo centrale delle teorie di Karl Marx: egli ritiene che le differenze di classe
avrebbero causato il crollo del capitalismo.
Quattro sistemi di stratificazione sociale basato su qualità ascritte, suddividono le persone in gruppi di rango
diversi in base alla “razza”, all’etnia, al genere e alla casta a cui appartengono. Ogni sistea di
raggruppamento assume connotazioni diverse a seconda del contesto: per esempio “razza” ed etnia spesso
si sovrappongono allo stesso concetto di cultura in gran parte dell’America latina. Un altro esempio è la
parola mestizaje significa mescolanza “razziale”, ma in America centrale e meridionale si riferisce alle
persone che hanno perso ogni contatto con le loro radici.
81
Nei sistemi basati sulla distinzione tra “razze”, etnie, generi e caste molti individui vengono relegati
all'interno di un certo livello sociale dal quale non si può cambiare, e chi detiene i privilegi domina sugli altri.
La “razza”
La stratificazione razziale è una forma recente di disuguaglianza sociale che deriva dai contatti tra gruppi
precedentemente separati e caratterizzati da un dislivello di potere causato dalla colonizzazione, schiavismo
e trasferimenti di massa. Presso le culture pressoché omogenee l’etnia è un fattore di distinzione più
importante della “razza”, come in Nigeria in cui il termine etnia è quello più rilevante per indicare la
collocazione di un individuo.
Un elemento chiave del pensiero razziale è la convinzione che le variazioni nel comportamento umano
siano innate o dovute a fattori biologici (come forma della testa o dimensioni del cervello). Franz Boas fu
colui che contribuì a privare di valore scientifico a queste convinzioni. La “razza”, quindi, non è un fatto
biologico non è possibile suddividere la popolazione umana in “razze” basandosi su certe caratteristiche
biologiche. Tuttavia, la “razza” è una realtà sociale che produce disuguaglianze riguardo i diritti e
trattamenti. Uno dei fattori su cui si basa la classificazione razziale è il colore della pelle ma ci sono anche
altri elementi possibili: anche il reddito, livello d’istruzione o comportamento.
Un esempio è la politica dell’apartheid in Sudafrica, in cui i bianchi dominano i “non bianchi” dipingendolo
come pigri e disorganizzati. I “neri” costituiscono il 90% della popolazione ma i bianchi sono comunque
riusciti a dominare attraverso minacce e violenze. Ora, emergono anche altre disuguaglianze all’interno dei
gruppi: alcuni “neri” stanno guadagnando status sociali ed economici.
L’etnia
L'appartenenza etnica dà luogo alla formazione di gruppi sulla base della condivisione di un senso di
identità che può avere motivazioni storiche, geografiche, linguistiche, religiose. L'etnia può essere alla base
di rivendicazioni collettive del diritto ad accedere a certe risorse (come terreni, edifici, oggetti). Gli stati
tendono a gestire le differenze etniche in modo da impedire che compromettano la sicurezza; il
trattamento riservato dal governo cinese alla popolazione tibetana è particolarmente duro considerato
quasi un etnocidio, ossia l’annientamento di un gruppo etnico da parte di quello dominante. Nel 1951 la
Cina si è annessa il territorio del Tibet con la forza trasformando il regime buddista, causando così un
conflitto etnico.
I membri di un gruppo etnico che si trasferiscono da una zona all’altra rischiano di essere vittime di
emarginazione. I Rom sono una popolazione diasporica, un gruppo disperso che vive lontano dalla terra
d’origine. Loro si sono disseminati per tutta l’Europa e gli USA ma il loro status è ovunque marginale.
Genere e sessismo
Le disparità di genere variano da cultura a cultura e presso molte è attestata una predominanza maschile. Il
patriarcato, ossia la predominanza maschile in campo economico, politico, sociale e ideologico, è comune
ma non universale. Un esempio estremo di patriarcato è l’omicidio d’onore: l’uccisione, per mano di un loro
parente maschio, di ragazze o donne che hanno sfidato le regole della verginità o dei matrimoni combinati.
Un altro esempio è il patriarcato sull’educazione femminile: in molti paesi alle ragazze non è concesso
frequentare la scuola oppure frequentano scuole meno qualificate.
82
Il concetto opposto è il matriarcato, ossia la predominanza economica, politica, sociale e ideologica delle
donne. Il matriarcato è talmente raro che gli antropologi non sono certi che esista ancora: tra gli irochesi al
momento dell’arrivo dei colonizzatori europei, le donne gestivano le risorse economico della collettività ed
erano loro a decidere se fosse il caso di intraprendere una guerra o meno; i leader però erano maschi
anche se erano le donne a scegliere.
Il sistema delle caste è una forma di stratificazione sociale connessa all’induismo, che classifica gli individui in
base alla nascita all’interno di gruppi distinti. Questo perché le loro antiche scritture sono ritenute le fonti
principali della definizione di categorie sociali più importanti, chiamate “varna” (in sanscrito significa
“colore”). I quattro varna sono
Bramini: sacerdoti
Kshatriya: guerrieri
Vaishya: mercanti
Shudra: lavoratori
I maschi adolescenti che appartengono alle prime tre categorie sono sottoposti ad un rituale di iniziazione,
al termine del quale possono indossare un cordone sacro che indica la loro purezza. Coloro che stanno al
di sotto dei quattro varna restano esclusi dal sistema di caste, da cui deriva il termine inglese outcast, e
appartengono quindi alla categoria “dalit”, ovvero gli intoccabili, perché chi sta nei primi 4 varna non può
toccarli per non compromettere la loro purezza. Ciascun varna è suddiviso in moltissimi sottogruppi
chiamati “jati” (cioè gruppi di nascita). Gli jati sono gruppi sociali basati su posizioni ascritte. Lo status dei
quattro varn è definito dalla posizione che occupa in relazione agli altri tre e lo stesso avviene per gli jati.
Il sistema delle caste ha diversi meccanismi di autoproduzione: regole matrimoniali, segregazione spaziale e
rituali. Le regole impongono una rigida endogamia agli jati (possono sposare solo un membro del proprio
gruppo), in caso contrario si viene puniti. Per quanto riguarda la segregazione spaziale, i dalit vivono in
luoghi separati dove nessuno osa avvicinarsi.
In genere, non c’è mobilità all’interno delle caste ma ci sono esempi di gruppi che hanno migliorato la
propria posizione, arricchendosi o migliorando la propria istruzione per esempio.
La costituzione indiana del 1949 ha dichiarato illegale la discriminazione in base alla casta. Tuttavia, questo
decreto costituzionale non ha posto fine a disuguaglianze fortemente strutturate. Il governo ha anche
promosso l’avanzamento dei dalit ma ciò ha irritato chi appartiene alle caste superiori.
La società civile è un ambito sociale che comprende gruppi e istituzioni al di fuori delle strutture
governative, che operano in modo organizzato nei settori economico, politico e altri settori. Secondo Hegel,
la società civile si situa tra l'individuo e lo Stato, mentre Gramsci ha identificato due tipi di istituzioni civiche:
quelle che sostengono l'azione dello Stato e quelle che si oppongono al suo potere.
7.3.1 – LA S OCIETÀ CIVILE A SOS TEGNO DELLO S TATO: IL MOVIMENTO DELLE DONNE
CINESI
83
La società civile può essere favorita dai governi per perseguire i propri obiettivi. Un esempio è il movimento
delle donne cinesi, un'organizzazione della società civile creata dallo Stato cinese. L'antropologa Ellen Judd
ha condotto ricerche sul campo in Cina, nonostante le restrizioni imposte dal governo. Ha osservato che
alcune donne hanno beneficiato dei programmi di sviluppo e che l'istruzione ha aumentato le loro
opportunità commerciali. Nonostante le limitazioni, la ricerca offre una descrizione del "volto pubblico" della
Federazione delle Donne cinese, contribuendo ad ampliare il concetto di società civile.
I Roma sono la minoranza più numerosa d'Europa, con una popolazione tra i 7 e i 9 milioni. La loro storia è
caratterizzata da emarginazione e migrazioni. Molti vivono in condizioni precarie, con accampamenti
provvisori e mancanza di servizi essenziali. In diversi paesi dell'Europa orientale, i Roma sono discriminati e
vivono in enclave senza acqua potabile, servizi igienici adeguati e scuole di qualità. Alcuni paesi stanno
adottando misure per migliorare le loro condizioni di vita, ma la crisi economica globale ha aumentato la
violenza etnica contro i Roma in diverse nazioni dell'Europa orientale.
Il movimento co-madres di El Salvador è un gruppo di attivisti guidato da donne che si è formato per
denunciare le atrocità commesse dal governo salvadoregno durante la guerra civile. Fondato nel 1977, il
gruppo ha ottenuto sostegno internazionale ma è stato oggetto di persecuzioni e violenze da parte del
governo. Nonostante gli Accordi di Pace del 1992, il co-madres ha continuato a lottare per i diritti umani, la
protezione dei prigionieri politici e la partecipazione politica delle donne. Il movimento dimostra che i
gruppi di attivisti possono avere un impatto significativo sulla politica, anche partendo da legami familiari e
affrontando sfide violente.
Il concetto di "capitale sociale" si riferisce alle risorse intangibili come legami sociali, fiducia e collaborazione.
Le organizzazioni locali utilizzano il capitale sociale per rispondere ai bisogni sociali e ottenere risultati
positivi. Anche se è difficile da definire e misurare, stare in un gruppo ha un effetto moltiplicatore sul
capitale sociale. I nuovi movimenti sociali sono gruppi di attivisti che si sono formati intorno alla fine del XX
secolo e coinvolgono minoranze oppresse e altri cittadini. Utilizzano la comunicazione online per attrarre
membri, condividere idee e raccogliere fondi. I movimenti sociali hanno un ruolo politicamente rilevante e
possono contribuire a trasformare la società.
84
Antropologia politica: si occupa dei comportamenti e dei sistemi di pensiero che attengono alla sfera del
potere pubblico.
Antropologia giuridica: è lo studio dei mezzi socialmente accettabili per mantenere l’ordine e risolvere
conflitti sociali.
Tutte le società hanno una dimensione politica e giuridica, indipendentemente dalla presenza di un sistema
statuale.
Si usa il termine politica per intendere l’uso organizzato del potere pubblico. L’antropologia politica
considera organizzazioni politiche quei gruppi interni a una data cultura che sono responsabili dei processi
decisionali e della leadership nella sfera pubblica. Gli antropologi suddividono le varie forme di
organizzazione politica esistenti in quattro tipologie.
8.1.1 - BANDE
8.1.2 - TRIBÙ
85
La tribù è associata all’orticultura e alla pastorizia e i gruppi tribali possono essere collegati tra di loro
attraverso la struttura del clan; la parentela è il fondamento dell’appartenenza alla tribù. L’incarico di
dirigere la tribù è attribuito a un leader, cui si può contare sulla sua autorità e capacità di persuasione.
Queste strategie hanno efficacia perché i membri sono legati da vincoli di parentela e lealtà.
È una via di mezzo tra le organizzazioni tribali e quelle in chiefdom, si tratta di un’organizzazione politica al
cui vertice c’è un individuo che è stato capace di assicurarsi consenso politico, prestigio, autorevolezza e
autorità attraverso un sistema di redistribuzione fondato sui legami personali e la partecipazione a sontuosi
eventi festivi. Il/la big man/woman è assistito da un gruppo di uomini che godono del rispetto dei suoi
sostenitori. Un aspirante big man può arrivare a rivestire tale posizione attraverso un processo chiamato
moka. Questo processo varia a seconda del luogo e può consistere nello scambiare doni e favori o nella
necessità di avere almeno una moglie. Questa cultura si contraddistingue per la parità dei sessi, entrambi
possono guadagnarsi potere e prestigio finanziando feste durante le quali vengono distribuiti oggetti di
valore.
8.1.3 - CHIEFDOM
È una forma di organizzazione che comprende più tribù e villaggi uniti da un’alleanza permanente e
soggetti a un unico capo a cui è affidato il potere. I chiefdom vantano di una popolazione più numerosa,
sono più centralizzati e socialmente stratificati. Essenziale è la presenza di sistemi di stratificazione sociale ed
economica fondati sulla genealogia. I capi e i loro discendenti sono di rango più elevato rispetti alle persone
comuni e il matrimonio tra individui appartenenti a strati sociali diversi è proibito. La presenza di un capo
deve essere sempre garantita.
Per diventare chief è necessario possedere sia doti ereditarie – appartenere al lignaggio di un chief o
esserne primogeniti - sia dimostrare la qualità individuali – attitudine al comando, carisma e ricchezza
materiale -. I chiefdom li troviamo in tutto il mondo.
Più chiefdom possono unirsi in una confederazione, guidato da un “capo dei capi” (paramount chief).
Importanti confederazioni sono: la Lega Irochese delle Cinque Nazioni, quella dei Cherokee del Tennessee e
degli Algonchini della regione di Chesapeake e le confederazioni attive nelle Hawaii nel tardo Settecento.
Nella federazione Algonchina ogni villaggio aveva un chief e quest’ultimo lo rappresentava presso il
consiglio regionale che a sua volta era guidato da un “grande capo”. Powhatan, padre di Pocahontas, era il
“grande capo” degli Algonchini al momento dell’arrivo dei britannici, all’inizio del XVII secolo.
8.1.4 - STATO
Lo stato è un’entità politica centralizzata che riunisce numerose comunità; è dotata di una struttura
burocratica e di leader che dispongono di potere coercitivo. Lo stato è la forma di organizzazione politica di
tutte le società contemporanee. Organizzazioni in bande, tribù e chiefdom esistono ancora, ma sono
incorporate a vario grado in strutture statali.
• Creano relazioni internazionali per trattare con altri stati questioni d’interesse reciproco.
• Detengono il monopolio dell’uso della forza e fanno rispettare la legge e l’ordine al proprio
interno.
• Mantengono eserciti e forze di polizia permanenti.
86
• Definiscono i criteri per la cittadinanza, i diritti e responsabilità dei cittadini.
• Eseguono un censimento periodico dei propri cittadini.
• Hanno il potere di acquisire risorse dai propri cittadini attraverso la tassazione.
• Mantengono un controllo sull’informazione.
Le credenze e i simboli religiosi sono spesso strettamente connessi al potere dei vertici dello stato. Negli
stati democratici e socialisti, lo sfarzo e la ricchezza sono attenuati dall’adozione di un abbigliamento più
ordinario. In passato, tutti i rappresentati del governo cinese indossavano la “giacca maoista”, a prescindere
dal loro grado: era una dichiarazione simbolica della loro ideologia antigerarchica.
I vertici dello stato possono permettersi residenze, alimenti e mezzi di trasporto di alto livello.
GENERE E LEADERSHIP
La maggior parte degli stati contemporanei è gerarchica e patriarcale ed esclude dalla partecipazione
paritaria le classi subalterne e le donne. Alcuni stati sono meno caratterizzati dal predominio del genere
maschile, ma nessuno è dominato dalle donne sebbene circa la metà della popolazione mondiale sia di
sesso femminile.
Secondo una delle interpretazioni della disuguaglianza di genere che caratterizza gli stati, l’evolversi del
dominio maschile è correlato al controllo che gli uomini esercitano sulla tecnologia della produzione e su
quella bellica (Harris 1993). Le donne costituiscono solo il 19% dei membri dei Parlamenti mondiali; la
percentuale più alta di donne è in Ruanda con oltre il 50% di donne parlamentari.
Molti paesi con alte percentuali di donne in parlamento (o l’equivalente) hanno imposto le quote rosa
(quote di genere), o richiesto una percentuale di seggi riservati alle donne. È in corso un dibattito sul fatto
che tali quote possano fare la differenza nei processi politici decisionali, nazionali o internazionali.
Questa discussione solleva la questione dell’essenzialismo di genere: essere un uomo o una donna
comporta necessariamente che la persona sosterrà politiche che favoriscono gli uomini o le donne?
L’antropologo Eben Kirksey, che ha lavorato nella Papua Occidentale, afferma che viviamo in “mondi
interconnessi” (2012). Nella Papua Occidentale le persone hanno telefoni cellulari e prestano
quotidianamente attenzione alle notizie di cronaca mondiale. Quando Kirksey arrivò gli chiesero cosa
avrebbe potuto fare per loro, sottolineando la loro situazione e le loro necessità. Questo incontro iniziale lo
portò a una lunga indagine su come le popolazioni della Papua Occidentale avessero sperimentato forme
terrificanti di colonialismo e, più recentemente, di militarismo.
Il militarismo è il predominio del potere militare nell’amministrazione dello stato e della società. Gli abitanti
della Papua Occidentale hanno opposto poca resistenza e hanno manifestato un comportamento che
potrebbe definirsi collaborazione per la sopravvivenza.
Per controllo sociale l’antropologia intende il processo attraverso il quali si mantiene una convivenza
ordinata all’interno dei gruppi. Gli Hamish e i Mennoniti che vivono negli Stati Uniti e in Canada si affidano
molto di più a sistemi informali: l’ordine sociale è mantenuto attraverso l’insegnamento della religione e le
pressioni da parte del gruppo. Se un membro devia dal comportamento corretto possono essere applicate
punizioni come l’ostracismo (shunning).
87
8.2.1 - NORME E LEGGI
Gli antropologi culturali riconoscono due principali strumenti di controllo sociale: le norne e leggi.
La norma sociale è uno standard condiviso di comportamento, solitamente non scritto, che si apprende
inconsapevolmente attraverso la socializzazione. Le norme sono presenti in tutte le società e si impongono
in modo informale.
Concetto recente utilizzato nelle scienze politiche è la norma globale: valore che molte persone ritengono
debba essere adottato universalmente e fatto rispettare (es. uguaglianza delle donne nel settore pubblico).
La legge è una regola vincolante che definisce comportamenti corretti e punizioni. I sistemi legali sono più
diffusi e più elaborati presso le società organizzate in stati.
Spesso la religione dà legittimazione della legge. Gli aborigeni australiani ritengono che la legge sia giunta
agli esseri umani durante il “tempo del sogno” (dreamtime/dreaming). Negli stati islamici contemporanei le
espressioni “legge” e “religione” sono sinonimi. Gli stati laici occidentali ritengono che le loro leggi siano
spiritualmente neutre anche se molte leggi occidentali sono basate sul credo giudaico-cristiano.
Nel trattare di risoluzione dei conflitti, controllo sociale e punizione delle violazioni, gli antropologi
distinguono tra piccole e grandi società.
Le bande sono gruppi piccoli e coesi, per cui le dispute sono gestite a livello interpersonale tramite la
discussione o il combattimento. L’enfasi è posta sul mantenimento dell’ordine sociale e il ristabilimento
dell’equilibrio. Punizione diffusa è l’isolamento (costretto a lasciare il gruppo); mentre la pena capitale è
applicata raramente.
Presso alcune società aborigene australiane, la legge limita l’accesso ai rituali e agli oggetti sacri agli uomini
che abbiano compiuto un’iniziazione rituale. Se un uomo iniziato comunica dei segreti a una persona non
iniziata, gli anziani delegano un membro del gruppo a ucciderlo. In questo caso, gli anziani svolgono una
funzione simile a quella di un tribunale.
Nelle piccole società non statali, la punizione è spesso legittimata da credenze in poteri soprannaturali e
nelle loro capacità di colpire le persone (danni al raccolto, decesso di un parente del colpevole). L’unico
rimedio a questa sciagura è celebrare un rituale che plachi gli antenati.
L’obiettivo di fondo della gestione dei conflitti nelle piccole società è quello di ricondurre il gruppo
all’armonia. Nel caso dei conflitti più seri si ricorre all’ostracismo o a una spaccatura del villaggio.
Presso le città più densamente popolate c’è fiducia reciproca solo tra i membri di gruppi ristretti. Tre sono i
fattori importanti per il controllo sociale nei sistemi statali:
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• I processi e i tribunali formali;
• Le forme di punizione imposte dal potere, quali la carcerazione e la pena di morte.
Con questi sistemi formali di controllo sociale convivono, a livello locale, sistemi informali.
Specializzazione
Più ci si avvicina ad un’organizzazione statale, maggiore diventa la specializzazione dei ruoli. Questi
professionisti sono spesso membri dei gruppi sociali dominanti e ciò contribuisce a perpetuare i vantaggi di
cui godono le élite nello stesso sistema giudiziario.
L’attività di polizia è una forma di controllo sociale che prevede attività di sorveglianza e minaccia di
punizioni finalizzate al mantenimento dell’ordine sociale (Reiner 1996). La polizia è associata allo stato.
Il basso tasso di criminalità in Giappone ha attirato l’attenzione degli specialisti occidentali della legge e
dell’ordine che, dopo aver svolto una ricerca sul campo a Sapporo, hanno rivelato che aspetti della cultura e
dell’attività di sorveglianza giapponesi favoriscano bassi indici di criminalità. Se confrontata a quella degli
Stati Uniti, la cultura della sorveglianza giapponese dà più potere alla polizia e meno al sospettato ed è
potenzialmente capace di distorcere il corso della giustizia.
Processi e tribunali
Nelle società in cui sono spiriti e antenati a definire le malefatte e a sancire le punizioni, la colpevolezza di
un individuo è provata dal fatto di essere stato travolto dalla sfortuna. In altri casi, la colpevolezza può
essere stabilita attraverso la prova dell’ordalia, un metodo per definire la colpevolezza o l’innocenza che
sottopone la persona accusata a prove spesso dolorose (es: essere toccati con un coltello incandescente);
restare bruciati è segno di colpevolezza, mentre l’assenza di bruciature è indice di innocenza.
Infliggere una pena implica causare qualcosa di spiacevole a chi ha commesso una violazione. La forma più
estrema di punizione vigente nelle piccole società è l’ostracismo; la morte lo è raramente. Nelle società
pastorali presso le culture islamiche del Medio Oriente, la forma di punizione diffusa per furti o omicidi
consiste nel pagare una compensazione ai membri della famiglia lesa.
La percentuale dei detenuti varia in misura rilevante nel mondo. Gli Stati Uniti hanno il più alto numero di
carcerati, seguiti dalla Cina.
Il tasso di carcerazione nazionale corrisponde al numero di persone detenute ogni 100.000 abitanti di un
dato paese. È interessante esaminare i dati interni alle singole nazioni: in Inghilterra e Francia un numero
sproporzionato di carcerati è musulmano. Negli Stati Uniti le differenze nei dati organizzati per genere ed
etnia sono marcate (è detenuta 1 persona di colore su 15).
L’antropologia giuridica critica è un approccio allo studio transculturale dei sistemi legali che analizza il
modo in cui la legge e le procedure legali contribuiscano a mantenere la supremazia dei gruppi dominanti
attraverso pratiche discriminatorie piuttosto che proteggere i membri dei gruppi più deboli. Questi studi
hanno documentato che i sistemi legali di vari Paesi nel mondo attuano discriminazioni sistematiche ai
danni di minoranze etniche, popolazioni indigene, donne e altre categorie.
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Su invito di leader aborigeni, Fay Gale e colleghi hanno condotto una ricerca sul sistema legale australiano,
ponendo a confronto il trattamento da questo riservato ai giovani aborigeni e quello dei giovani bianchi
(1990).
I risultati mostrano che i giovani aborigeni compaiono in misura sproporzionata a ogni livello del sistema
della giustizia minorile: dalla fase dell’arresto (la cattura da parte della polizia) alle procedure che precedono
il processo e fino all’ultimo grado della sentenza (la decisione del giudice) e alla condanna (la punizione): i
giovani aborigeni hanno molte maggiori probabilità, rispetto agli altri giovani, di subire le sentenze peggiori
tra quelle disponibili ai giudici” (1990:3). Per contrastare quest’ingiustizia, molti antropologi culturali
sostengono e operano per promuovere la giustizia sociale, un concetto di giustizia basato sull’equità sociale
finalizzato a garantire diritti e opportunità ai membri svantaggiati della società.
Accesso al sistema attraverso l’arresto piuttosto che attraverso la denuncia 43,4 19,7
da parte della polizia
Avviato al Tribunale dei minori (Children’s Court) piuttosto che preso in 71,3 37,4
carico dalle organizzazioni di supporto ai minori (Children’s Aid Panels)
Percentuale delle apparizioni presso la corte di giustizia che hanno avuto 10,2 4,2
come esito la detenzione
NB: la maggior parte di questi giovani è di sesso maschile; i dati risalgono al periodo compreso tra il 1979 e
il 1984.
Conflitti etnici
I conflitti e le rivendicazioni etniche possono scaturire dal tentativo di un gruppo etnico di ottenere
maggiore autonomia o un trattamento più equo. Possono anche essere causati dall’azione di un gruppo
dominante tesa a sottomettere, opprimere o sopprimere un gruppo etnico attraverso
il genocidio (l’uccisione di un grande numero di membri di uno specifico gruppo etnico, razziale o religioso)
o l’etnocidio (la distruzione della cultura di un dato gruppo).
90
Negli ultimi decenni, la violenza politica si è in misura crescente manifestata più spesso all’interno degli stati
piuttosto che tra gli stati. È vero che spesso l’identità etnica fornisce la motivazione ideologica a lottare per
una causa, ma è necessario andare oltre le etichette e analizzare a fondo i contesti, perché spesso esistono
ragioni strutturali più profonde. Prendiamo in considerazione l’Asia Centrale, una vasta regione popolata da
molti gruppi etnici, nessuno dei quali può vantare diritti indiscussi sul territorio sulla base dell’autoctonia.
Tuttavia, nell’Asia Centrale le dispute sembrano sempre, a prima vista, essere basate su questioni etniche.
Attribuire le cause di tutte queste tensioni alle differenze etniche significa sottovalutare gli effetti della
concorrenza per le risorse, basata su differenze regionali, non etniche.
Conflitti settari
I conflitti settari sono basati sulla percezione di differenze tra correnti o sette della stessa religione e
riguardano spesso i diritti e le risorse. Per centinaia di anni, nelle isole britanniche ci sono stati conflitti settari
tra cattolici e protestanti, gruppi entrambi cristiani. I conflitti settari tra musulmani discendono spesso dalla
separazione tra sciiti e sunniti (Capitolo 10). Tale frattura si manifesta attraverso vere e proprie esplosioni di
violenza, ma può anche prendere la forma di una violenza indiretta ovvero servizi medici preclusivi.
Guerra
la migliore definizione di guerra è quella di conflitto organizzato che prevede l’aggressione di un gruppo
contro un altro e l’impiego di violenza letale (Ferguson 1994, citato in Reyna 1994:30).
Evidenze archeologiche indicano che le guerre sono iniziate durante il Neolitico, con l’emergere di società
sedentarie.
Non si ha alcuna testimonianza dell’esistenza di comportamenti bellicosi tra le bande, mentre ce ne sono tra
i gruppi tribali.
Negli stati, gli eserciti e le strutture militari gerarchiche e complesse sono mantenuti attraverso l’aumento
delle risorse materiali che deriva dalla tassazione o altre forme di acquisizione di entrate economiche. In
questo modo, si crea una relazione di reciproco rafforzamento tra struttura militare e stato.
Per secoli, studiosi hanno studiato le cause delle guerre tra stati. Alcuni si sono concentrati sulle motivazioni
più diffuse, come le mire espansionistiche, la necessità di contrastare aggressioni da parte di altri stati, ecc.
Altri hanno si sono concentrati sulle motivazioni umanitarie che spingono gli stati a prendere parte a
“guerre giuste”.
91
La storia recente delle guerre afgane suggerisce che la guerra era uno strumento di dominio più efficace nel
periodo premoderno, quando risolveva le questioni in modo più definitivo (Barfield 1994). Gli eventi attuali
mostrano chiaramente che l’attacco e la conquista di un Paese sono solo i primi stadi di un processo che è
molto più complesso.
Conflitti “global-local”
Un’altra forma di conflitto si è sviluppata a partire dal XV secolo, quando le potenze europee hanno dato
inizio a imprese di colonizzazione dei paesi tropicali e questo processo è ancora in corso. Attualmente, gli
Stati Uniti sono impegnati su due fronti: in Iraq e in Afghanistan. Sebbene siano chiamate “guerre al
terrorismo” (Wars against terrorism), queste si possono considerare guerre neocoloniali: guerre cioè che
perseguono il controllo di zone del mondo strategiche per gli interessi materiali e politici del paese
dominante. Questa tipologia di guerra non è formalmente dichiarata e spesso non rispetta le regole
internazionali di comportamento in caso di conflitto, incluse quelle che riguardano il trattamento da
riservare ai prigionieri.
Un altro tipo di conflitto vede un attore privato, per esempio un’azienda multinazionale, entrare in conflitto
con un gruppo o più gruppi locali che vi si oppongono. Alcuni antropologi culturali collaborano con le
aziende multinazionali per aiutarle a costruire e mantenere relazioni armoniose con le popolazioni. Il
concetto di responsabilità sociale d’impresa (RSI) è sempre più adottato dalle grandi multinazionali, anche
se la sua definizione è controversa, l’obiettivo è quello di perseguire profitti con modalità che garantiscano
anche la salvaguardia degli esseri umani e del pianeta.
Altri antropologi aiutano le cosiddette “popolazioni coinvolte” a documentare i danni causati dalle attività
imprenditoriali e a ottenere risarcimenti, anche se, a causa delle lunghe procedure legali necessarie, questi
sono in genere irrisori e tardivi.
Gli antropologi politici e giuridici conducono importanti ricerche sulle relazioni politiche e giuridiche tra
locale e globale e sulle loro trasformazioni.
La nazione è un insieme di persone che parla la stessa lingua, condivide storia e cultura, insiste sullo stesso
territorio e partecipa alla medesima organizzazione politica (Clay 1990). Secondo questa definizione, la
nazione è culturalmente omogenea e gli Stati Uniti non possono essere considerati una nazione, ma
piuttosto un soggetto politico composto da più nazioni. Allo stesso modo, un gruppo umano che non ha
riferimenti territoriali non può dirsi nazione. Un’espressione correlata a quella di nazione è stato-
nazione che, secondo alcuni, indica uno stato che include una sola nazione; altri ritengono invece che
identifichi uno stato che comprende più nazioni. Un esempio del primo caso è la nazione irochese (Mappa
3.1, Capitolo 3).
A seconda delle risorse e del potere di cui possono disporre, le nazioni e gli altri gruppi possono costituire
una minaccia politica per la stabilità e il controllo dello stato. Ne sono esempi i Curdi nel Medio Oriente, i
Tamil nello Sri Lanka, i Tibetani in Cina, ecc. in risposta ai movimenti politici locali, gli stati si sforzano di
creare e mantenere un senso di identità condivisa (es: lingua nazionale, costruzione di monumenti e musei,
ecc..).
92
Anche la globalizzazione e l’aumento delle migrazioni internazionali hanno indotto gli antropologi a
ripensare il concetto di stato (Trouillot 2001). Il caso di Porto Rico ne è un esempio dato il suo persistente
status di semi-colonia degli Stati Uniti (Duany 2000). Porto Rico non è né uno stato membro degli Stati Uniti
né un’entità politica autonoma; inoltre, non tutti i Portoricani vivono nello stesso territorio. Alla fine degli
anni Novanta, il numero di Portoricani che viveva nel territorio degli Stati Uniti era quasi lo stesso di quelli
che abitava nell’isola di Porto Rico. Verso Porto Rico c’è anche un’emigrazione che genera diversità
culturale. Gli immigrati sono sia portoricani di ritorno sia altri ex-residenti degli Stati Uniti, come Dominicani
e Cubani.
Queste correnti migratorie creano un doppio ostacolo alla nascita di Porto Rico come nazione. Innanzitutto,
metà della “nazione” non vive in patria e, in secondo luogo, all’interno del territorio nazionale non c’è
omogeneità etnica. Tutti questi processi fanno emergere un’identità transnazionale.
8.3.2 - DEMOCRATIZZAZIONE
La transizione verso la democrazia è più difficile quando avviene a partire da regimi socialisti fortemente
autoritari. Ciò deriva dal fatto che molti principi della democrazia si adattano difficilmente a tradizioni
politiche basate unicamente sui vincoli di parentela e sul patronage (patronato). Patronage, ovvero
relazione asimmetrica, non propriamente di parentela e diffusa tra società non centralizzate, tra un patrono
(patron) e un cliente (client).
Robert Carneiro (1994) afferma che nel corso della storia dell’evoluzione politica il mezzo principale che i
soggetti politici hanno utilizzato per espandere il proprio dominio ed accrescere il proprio potere è stato
quello del conflitto armato. Robert presume che le guerre continueranno fino a costituire un unico mega-
93
stato. Ritiene che le Nazioni Unite non abbiano il potere necessario per la loro mancanza di potere coercitivi
e perché hanno risolto le dispute solo in pochi casi.
In contrasto con quanto afferma Carneiro, gli antropologi culturali hanno mostrato che la guerra non è una
categoria culturale universale. La prospettiva del relativismo culturale critico (Capitolo 1) può fornire concreti
approfondimenti su questioni connesse al conflitto e con questi promuovere dialoghi meno superficiali tra
parti diverse.
In realtà, l’esistenza delle Nazioni Unite offre un’area in cui dare voce alle dispute. Inoltre, le Organizzazioni
Non Governative (ONG) e le associazioni informali di base promuovono attività di mediazione tra le istanze
e i gruppi portatori di interessi diversi finalizzate alla promozione e al mantenimento della pace tanto a
livello locale quanto globale.
9 – LA COMUNICAZIONE
Gli esseri umani possono comunicare usando le parole, sia verbalmente sia per iscritto, i gesti e altre forme
di linguaggio del corpo come l’abbigliamento e l’acconciatura dei capelli o con sistemi come il telefono, la
posta e la posta elettronica.
La comunicazione consiste nell’emissione e ricezione di messaggi dotati di significato. Tra gli esseri umani,
ciò avviene attraverso una o l’altra forma di linguaggio: un insieme sistematico di simboli e segni dotati di
significati appresi e condivisi.
Il linguaggio umano è caratterizzato dalla produttività, può generare un numero infinito di espressioni
comprensibili a partire da un insieme finito di regole. Questa proprietà è dovuta all’abbondante varietà di
simboli e di segni usati dagli esseri umani per comunicare: gli altri primati hanno un insieme di risorse
comunicative più limitato e si affidano a un sistema di richiami, cioè una forma di comunicazione orale
basata su un determinato repertorio di suoni dal significato noto, emessi in risposta a fattori ambientali.
Tuttavia, alcuni bonobo e scimpanzé in cattività hanno imparato a comunicare efficacemente con gli esseri
umani. Il bonobo più famoso al mondo è Kanzi. in grado di comprendere una buona parte di ciò che gli
esseri umani gli dicono e può rispondere combinando tra loro i simboli stampati su una tabella. È anche
capace di giocare a semplici videogiochi come PacMan.
Il linguaggio umano permette poi il distanziamento, ovvero la capacità di riferirsi a eventi e questioni che
appartengono a momenti distanti nel tempo. Il passato e il futuro sono considerati domini distanziati.
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I Pirahã sono un gruppo di circa 350 cacciatori-raccoglitori che vive in una riserva nella foresta pluviale
dell’Amazzonia e la loro lingua non ricorre né alla produttività né al distanziamento. Usano pochi vocaboli e
la loro grammatica è semplice. Nonostante per più di duecento anni abbiano avuto regolarmente contatti
con i Brasiliani e con altri gruppi indigeni vicini che parlano una lingua diversa, i Pirahã restano monoglotti. Il
linguista Daniel Everett frequenta i Pirahã dal 1977 e ritiene che la loro lingua non sia “primitiva”.
Gli studiosi hanno studiato la comunicazione e il linguaggio umani prevalentemente attraverso il lavoro sul
campo e l’osservazione partecipante, ma recentemente alcuni di loro hanno adottato approcci quantitativi
facendo uso dei big data, ossia quell’insieme di informazioni, tra cui migliaia o addirittura milioni di punti di
rilevamento di dati, generati da fonti di comunicazione e Internet, come ad esempio il cellulare, Facebook e
Tweeter. Uno studio ha analizzato le chiamate telefoniche effettuate in un paese europeo nell’arco di sette
mesi. Una scoperta sorprendente è che quando le donne invecchiano tendono a ridurre le telefonate agli
uomini e, più spesso, chiamano i loro genitori e i loro figli. Le donne più giovani tendono a chiamare i
contatti maschili. Questo livello di macroanalisi rivela modelli interessanti a livello nazionale e la maggior
parte degli antropologi culturali vorrebbe conoscere gli aspetti più dettagliati di queste tendenze e il
contesto che definisce le differenze di genere nei contatti del cellulare.
Le lingue si differenziano ampiamente l’una dall’altra per quanto riguarda i suoni e i vocaboli cui
attribuiscono importanza e il modo in cui gli individui li combinano per formare frasi dotate di senso. I suoni
cui, nella lingua parlata, si attribuiscono significati specifici sono detti fonemi, l’oggetto di studio
della fonetica.
Ogni lingua è dotata di un vocabolario, detto anche lessico, ossia l’insieme delle parole dotate di significato
in una data lingua. Chi la parla usa i vocaboli per comporre locuzioni e frasi dotate di senso. La semantica è
lo studio del significato di vocaboli, locuzioni e frasi. A questo, gli antropologi aggiungono l’etnosemantica,
ossia lo studio del significato dei vocaboli, delle locuzioni e delle frasi così come questi vengono usati in
determinati ambiti culturali. I vocabolari focali sono insiemi di vocaboli che servono a esprimere concetti cui
una determinata cultura attribuisce un’importanza particolare.
La sintassi, o grammatica, consiste in modelli e regole di organizzazione delle parole in frasi che abbiano un
senso. Tutte le lingue hanno regole sintattiche, sebbene di forme diverse l’una dall’altra.
L’insieme degli aspetti formali della comunicazione verbale consente agli esseri umani di trasmettere
messaggi semplici o complessi che li riguardano o che riguardano le loro esperienze. Come vedremo in
seguito, parlando del silenzio le culture possono presentare variazioni nel grado di “loquacità” dei propri
membri.
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9.1.2 - LINGUAGGIO NON VERBALE E CORP OREO
La lingua dei segni è una forma di comunicazione che usa principalmente i gesti delle mani. Nel mondo
esistono molte diverse forme di lingua dei segni, da quella nordamericana alla britannica, giapponese, russa
e a una grande varietà di versioni indigene australiane. La maggior parte delle lingue dei segni è usata da
chi ha problemi di udito, ma molte comunità indigene australiane la usano nei casi in cui il linguaggio
verbale è proibito o sgradito, ad esempio in alcuni contesti sacri, tra uomini durante la caccia e da parte
delle vedove durante il lutto.
I gesti sono movimenti, di solito delle mani, che trasmettono significati. Alcuni gesti possono essere
compresi da tutti, ma la maggior parte è specifica di una data cultura e spesso del tutto arbitraria. Gli
uomini fanno ricorso ai gesti più delle donne, ma non conosciamo con certezza le ragioni di questa
differenza.
Rivolgersi espressioni di saluto è importante nei sistemi comunicativi di tutte le culture, che spesso per farlo
si affidano ai gesti (Duranti 1997b). Questi gesti sono anche i primi schemi comunicativi a essere appresi. Le
espressioni di saluto stabiliscono un contatto sociale. Gli elementi contestuali determinanti includono il
grado di formalità e quelli sociali possono riguardare il genere, l’etnia, la classe e l’età.
La cinesica è un campo disciplinare nato intorno agli anni Cinquanta che ha per oggetto lo studio delle basi
culturali che caratterizzano le forme di comunicazione gestuale, sia delle lingue dei segni vere e proprie sia
della gestualità quotidiana usata per veicolare messaggi (Birdwhistell 1952).
Il silenzio
Il silenzio è un’altra forma di comunicazione non verbale. Il suo impieg è spesso associato allo status sociale.
Nelle zone rurali della Siberia le nuore hanno lo status più basso tra i membri delle famiglie e parlano di
rado (Humphrey 1978). In altri contesti il silenzio è un segno distintivo del potere. Nei tribunali degli Stati
Uniti, per esempio, gli avvocati parlano più di chiunque altro e il giudice, che parla raramente, ha più potere
di un avvocato, mentre è la corte, che mantiene il silenzio, a detenere il potere maggiore tra tutti (Lakoff
1990).
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Il silenzio è un elemento importante della comunicazione anche per molte culture native del Nord America.
In passato è accaduto che i “bianchi”, estranei alle loro comunità, interpretassero questo silenzio in modo
errato. Una ricerca sui significati del silenzio presso gli Apache Occidentali dell’Arizona ha rivelato la natura
etnocentrica di simili interpretazioni (Basso 1972[1970]) (Mappa 9.2).
• quando incontrano uno straniero, specialmente in occasione di fiere, rodei o altri eventi pubblici.
Rivolgere subito la parola a uno straniero significa esprimere interesse per qualcosa come il denaro,
un’occupazione o un mezzo di trasporto: un comportamento giudicato maleducato;
• nelle prime fasi del corteggiamento, quando il comportamento corretto consiste nel sedere in
silenzio tenendosi per mano per diverse ore. Parlare “troppo presto” equivarrebbe a esprimere
desiderio o interesse sessuale;
• quando un genitore e il proprio figlio si rincontrano dopo un soggiorno in collegio. Entrambi
dovrebbero restare in silenzio per circa 15 minuti;
• quando si viene insultati, specialmente durante una festa in cui si consumano molte bevande
alcoliche.
Un elemento comune a tutti questi contesti è l’incertezza, l’ambiguità e l’imprevedibilità delle relazioni
sociali in atto.
La comunicazione umana utilizza spesso il corpo per inviare e ricevere messaggi, in diversi modi. Come il
linguaggio verbale, anche quello del corpo segue schemi e regole e le sue regole e i suoi significati sono
appresi spesso inconsciamente: non conoscerli può farci incorrere in errori di comunicazione in alcuni casi
anche gravi.
Il modo di utilizzare i vari strumenti del linguaggio del corpo varia da cultura a cultura. Alcune favoriscono il
contatto fisico più di altre o fanno maggior uso delle espressioni del viso. Nelle conversazioni tra Euro-
Americani guardarsi negli occhi è valutato positivamente, ma è un comportamento considerato maleducato
in molti contesti asiatici, dove può essere anche interpretato come un invito sessuale.
L’abbigliamento, l’acconciatura dei capelli o i segni e le alterazioni impressi sul corpo trasmettono
informazioni circa l’età, il genere, l’interesse o la disponibilità sessuale, la professione, la ricchezza materiale
e le emozioni degli individui. I colori dei vestiti di una persona possono fornire indicazioni sulla sua identità,
classe, genere e così via.
Anche lasciare scoperte o coprire alcune parti del corpo con capi di abbigliamento è un modo per
trasmettere messaggi culturalmente codificati.
L’antropologia dei media è lo studio transculturale della comunicazione attraverso sistemi elettronici quali
radio, televisione, cinema, musica, Internet e carta stampata, inclusi giornali, riviste e letteratura popolare
(Spitulnik 1993). L’antropologia dei media connette l’antropologia linguistica all’antropologia culturale (Allen
1994) e analizza i processi mediatici, i contenuti dei messaggi trasmessi attraverso i media, le risposte da
parte del pubblico e gli effetti sociali delle rappresentazioni mediatiche.
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Cerca di comprendere quanto l’accesso ai media renda gli individui più liberi o quanto eserciti un controllo
su di loro e a quali interessi i media si prestino.
Nel mercato USA della pubblicità uno dei segmenti di pubblico più ambiti è quello della popolazione di
origine latino-americana, detto anche “mercato ispanico” (Dávila 2002). Questo target viene ritenuto
omogeneo e culturalmente connotato. Le reti radiofoniche e televisive in lingua spagnola usano uno
spagnolo “standard”. La popolazione latino-americana è molto omogenea, i messaggi diffusi dai media
stanno contribuendo a modificarne l’identità in senso più compatto e, allo stesso tempo, stanno perdendo
l’opportunità di interessare bacini di mercato più specifici all’interno della popolazione stessa.
Nel XX secolo lo studio delle relazioni esistenti tra linguaggio e cultura è stato fortemente influenzato da
due prospettive teoriche distinte ma che si presentano sovrapposti.
Il primo modello teorico è stato concepito da due padri fondatori dell’antropologia linguistica, Edward Sapir
e Benjamin Whorf che hanno proposto l’ipotesi Sapir-Whorf: una teoria secondo la quale la lingua che
usiamo influenza fortemente il modo in cui pensiamo. Se, per esempio, in una data lingua esistono più
parole diverse per indicare la “neve”, allora chi la parla potrà “pensare” alla neve in molti più modi rispetto a
chi parla una lingua che presenta meno espressioni relative alla “neve”.
Secondo questa ipotesi, una lingua che non preveda il vocabolo “neve” impedirebbe a chi la parla di
pensare alla “neve”. La lingua rappresenta un mondo cognitivo e le persone che parlano lingue diverse
vivono in mondi cognitivi differenti. Questa affermazione ha costituito il fondamento del determinismo
linguistico (anche detto relativismo linguistico), una teoria secondo cui la lingua determina il nostro sviluppo
cognitivo, la nostra consapevolezza del mondo e il nostro comportamento. Il determinismo linguistico
portato all’estremo implica che le strutture e le definizioni della lingua madre di un individuo sono così forti
che è impossibile imparare perfettamente un’altra lingua e comprendere pienamente un’altra cultura. La
maggior parte degli antropologi riconosce meriti all’ipotesi Sapir-Whorf, ma non ne condivide
l’estremizzazione.
Un secondo approccio è quello della sociolinguistica che sottolinea l’influenza del contesto culturale e
sociale sulla struttura della lingua che gli individui adottano per comunicare e i suoi significati. Di
conseguenza, i sociolinguisti sono costruzionisti culturali.
La maggior parte degli antropologi ritiene valide entrambe le teorie, poiché linguaggio, cultura, contesto e
significato sono strettamente correlati. Più complesso è comprendere se e in che modo il linguaggio
influenzi lo sviluppo cognitivo, cioè il pensiero.
Con discorso s’intende un uso culturalmente definito del linguaggio verbale che comprende diverse varietà
di espressioni orali, partecipazione e significato. L’analisi critica del discorso esamina i modi in cui il potere e
la disuguaglianza sociale si riflettono nel linguaggio verbale e si riproducono attraverso di esso (Blommaert
e Bulcaen 2000). Inoltre, l’analisi critica del discorso mette in luce i legami esistenti tra linguaggio e
disuguaglianza sociale, potere e stigmatizzazione. Qui di seguito riportiamo alcuni esempi di rapporti di
potere basati sul genere e la “razza” ed espressi attraverso il linguaggio.
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Il genere nelle conversazioni tra nord-americani di origine europea
I primi studi sul rapporto tra linguaggio e genere nelle conversazioni tra Nordamericani di origine europea
hanno evidenziato tre elementi che caratterizzano il discorso tipico del genere femminile (Lakoff 1973):
• la cortesia;
• l’intonazione più elevata alla fine della frase;
• l’uso frequente di domande retoriche (tag questions) alla fine della frase, che cercano conferme da
parte dell’interlocutore, come in: “È una bella giornata, vero?”
Nella lingua maschile il discorso è meno cortese, mantiene un tono della frase piatto e assertivo e non fa
uso di domande retoriche. Per quanto riguarda le buone maniere, gli uomini tendono a interrompere le
donne più di quanto loro non lo facciano con gli uomini.
Il libro di Deborah Tannen dal titolo You Just Don’t Understand: Women and Men in conversation (1990)
mostra come le differenze negli stili di conversazione tra gli uomini e le donne nordamericani di origine
europea possano provocare fraintendimenti. Tannen spiega che “le donne parlano e comprendono un
linguaggio che favorisce l’intimità e i legami, mentre gli uomini parlano e comprendono un linguaggio
connotato dallo status e dall’indipendenza” (1990:42). Sebbene sia gli uomini sia le donne facciano uso della
risposta indiretta (non dare cioè vere e proprie risposte a una domanda), lo fanno per motivazioni diverse e
quindi sottendono significati diversi al discorso.
I registri linguistici di genere nella lingua giapponese parlata riflettono le esistenti differenze di genere
(Shibamoto 1987). Una differenza importante nel discorso femminile è l’abitudine di aggiungere il prefisso
onorifico “o-” ai sostantivi. Per esempio, le donne giapponesi chiamano i bastoncini per
mangiare ohasi, mentre gli uomini li chiamano hasi (Tabella 9.2). L’aggiunta del suffisso conferisce al
discorso femminile un tono più raffinato e cortese.
Tabella 9.2
Maschile Femminile
Cestino per il pranzo bentoo obentoo
Denaro kane okane
Bastoncino per mangiare hasi ohasi
Libro hon ohon
A questo modello si contrappone quello del linguaggio di genere espresso dalle Kogal, giovani donne
giapponesi di età compresa tra i 14 e i 22 anni, note per le tendenze di moda femminili che esprimono
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(Miller 2004). Il loro stile è appariscente ed esuberante e combina elementi globali e locali. Il linguaggio
parlato è una miscela di espressioni gergali. Usano intenzionalmente forme linguistiche tipicamente maschili,
parlano apertamente di sesso.
La lingua nazionale dell’Indonesia è detta bahasa Indonesia, ma molti uomini omosessuali di questo paese
parlano il bahasa gay o “linguaggio dei gay” (Boellstorff 2004). Nonostante la grande diversità culturale e
linguistica del paese, il bahasa gay è molto omogeneo.
Il bahasa gay ha un vocabolario specifico che fa uso con umorismo del linguaggio comune ed esprime
valutazioni politiche sulle consuetudini dominanti. Alcune delle sue varianti terminologiche sono basate
sull’omofonia, mentre altre sono il risultato dell’aggiunta di un suffisso a parole esistenti. Il bahasa gay sta
entrando nella cultura linguistica del paese, portandovi agency e libertà dal controllo ufficiale.
Questa questione è complicata dal razzismo. Gli studiosi si chiedono se sia una vera e propria lingua o un
dialetto. I “conservatori linguistici” considerano questa lingua una forma sgrammaticata che deve essere
“corretta”. Attualmente, negli Stati Uniti chi parla afro-americano è orgoglioso del proprio modo di
esprimersi, ma viene criticato e trattato in modo ingiusto da chi valuta negativamente il suo linguaggio
(Lanehart 1999).
L’inglese afro-americano è una lingua relativamente nuova, nata dallo schiavismo. Alcuni elementi della sua
grammatica hanno radici africane e uno dei più notevoli è l’uso, o il mancato uso, di forma del verso to be.
I bambini che crescono parlando l’AAE (African American English), si trovano in difficoltà a scuola, dove ci si
aspetta che usino l’AME (American Mainstream English). I bambini afro-americani sono costretti al
bilinguismo.
Nel 1996, l’Oakland School Board ha deciso di riconoscere l’ebonics, ossia l’AAE, come lingua primaria degli
studenti afro-americani, avviando un programma educativo specifico per incoraggiare chi parlava l’AAE a
imparare l’americano standard. Dopo diversi mesi gli studenti avevano fatto maggiori progressi rispetto a
chi non aveva partecipato, ma il programma fu cancellato perché accusato di pubblicità negativa e ha
sollevato numerose questioni sul modo migliore per favorire questo processo di apprendimento.
Ancora oggi le questioni sollevate dalla controversia sull’Ebonics sono irrisolte. Ci si chiede se l’AAE sia tanto
diverso da giustificarne l’inserimento nei percorsi formativi con programmi dedicati.
Nessuno sa quando sia nato il linguaggio verbale. Si pensa che abbia cominciato a emergere tra 100.000 e
50.000 anni fa, quando gli esseri umani hanno sviluppato le capacità fisiche e mentali necessarie a
sviluppare il pensiero simbolico e la comunicazione.
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La linguistica storica è lo studio della trasformazione linguistica nel corso della storia. La sua origine risale al
XVIII secolo ed è legata ad una scoperta fatta da Sir William Jones, un amministratore coloniale residente in
India che studiando il sanscrito, una lingua classica dell’India, verificò l’esistenza di molte somiglianze,
terminologiche e sintattiche, tra sanscrito, greco e latino.
Dopo la scoperta di Jones, altri studiosi hanno iniziato a comparare tra loro elenchi di vocaboli e forme
grammaticali appartenenti a lingue diverse. Questi studi consentirono di determinare i gradi di vicinanza e
distanza tra lingue diverse. Si elabora così il concetto di famiglia linguistica: un gruppo di lingue che
discendono da un’unica lingua madre (Tabella 9.3). Le singole lingue che appartengono alla stessa
“famiglia”, come il francese e lo spagnolo, che discendono entrambe dal latino, sono definite lingue sorelle.
Tabella 9.3
I linguisti hanno sviluppato un ipotetico modello di lingua madre originaria (detta protolingua) della
maggior parte delle lingue euroasiatiche: il Proto-Indo-Europeo (PIE). Si ritiene che il PIE sia nato in Eurasia
vicino al Mar Nero e che, tra i 6000 e gli 8000 anni fa, si sia diffuso, sviluppandosi versioni locali.
101
Metodi linguistici analoghi rivelano l’esistenza della forma madre originaria in Africa della famiglia linguistica
Bantu: il Proto-Bantu (Afolayan 2000). L’espansione del Bantu si data a partire da circa 5000 anni fa. La sua
area di origine è nell’attuale Camerun e in Nigeria ed è probabile che si sia diffuso attraverso le migrazioni
di popolazioni di agricoltori.
Le prime testimonianze linguistiche scritte ci vengono dalla Mesopotamia, dall’Egitto e dalla Cina. Il più
antico sistema di scrittura risale al IV millennio a.C. ed è stato documentato in Mesopotamia (Postgate et
al. 1995). Tutti i primi sistemi di scrittura usavano i logogrammi, segni che indicavano una parola, una sillaba
o un suono.
La nascita della scrittura è associata a quella dello stato. Alcuni studiosi ritengono la scrittura un fattore
chiave per la distinzione dello stato da altre forme di organizzazione politica, poiché la compilazione di
archivi era un’attività essenziale dello stato. L’impero Inca, che aveva il suo centro nelle Ande Peruviane, è
un’eccezione in quanto utilizzava il quipu: un insieme di cordicelle di diversi colori annodate, usate per
tenere la contabilità e registrare gli eventi. Ancora oggi si discute per stabilire se il quipu servisse come un
vero e proprio linguaggio o fosse solamente un sistema per tenere la contabilità.
Ci sono due interpretazioni della funzione dei primi sistemi di scrittura. Secondo la prima, la scrittura aveva
originariamente solo scopi cerimoniali, come sembra dimostrare il fatto che le prime iscrizioni sono state
rinvenute soprattutto sulle tombe, sulle ossa e nei templi, sulle sculture. La seconda vuole che le prime
forme di scrittura avessero principalmente la funzione secolare di registrare eventi e attività commerciali
presso i governi. È ragionevole presumere che la scrittura servisse anche a fini più pratici e prendesse altre
forme non connesse ad ambiti cerimoniali.
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9.3.4 - COLONIALISMO, NAZIONALISMO E GLOBALIZZAZIONE
Il colonialismo europeo è stato un potente fattore di cambiamento linguistico. I governi coloniali non solo
hanno imposto l’uso della propria, ma anche messo in atto procedure finalizzate alla soppressione delle
lingue e delle letterature indigene. L’ampia diffusione del bilinguismo è uno degli effetti più evidenti del
colonialismo. Anche la globalizzazione sta avendo effetti rilevanti e complessi sulla lingua.
Le lingue pidgin e creole sono due forme linguistiche nate in conseguenza del colonialismo europeo.
Le lingue pidgin fondono elementi provenienti da almeno due diverse lingue madri e si sviluppano quando
due diverse culture che usano lingue differenti entrano in contatto e hanno necessità di comunicare
(Baptista 2005). Vengono usate durante le transazioni commerciali e nelle interazioni sociali di base. Queste
lingue sono diffuse in tutto il Pacifico meridionale.
Spesso, il pidgin si trasforma in creolo: una lingua che discende da un pidgin che presenta un vocabolario
più ricco e una grammatica più elaborata. Nell’emisfero occidentale sono sorte molte lingue creole locali.
Sebbene siano una testimonianza vivente della schiavitù, sono anche manifestazioni delle capacità creative
e di resistenza della diaspora africana.
Oggi, alcune di queste lingue creole, sono riconosciute come lingue ufficiali.
Le politiche nazionalistiche che promuovono l’assimilazione culturale delle minoranze hanno causato la
repressione e la perdita di dialetti locali e l’estinzione di molte lingue indigene e minoritarie in tutto il
mondo.
Le lingue globali
Il 96% della popolazione mondiale parla il 4% delle lingue esistenti (Crystal 2000). Le lingue che si stanno
ampiamente diffondendo sono dette lingue globali, o lingue del mondo. Le lingue globali si parlano in tutto
il mondo, in diversi contesti culturali e assumono nuove connotazioni locali. Allo stesso tempo, la “lingua
madre” adotta parole e frasi provenienti dalle lingue locali. Le lingue globali possono costituire sia
un’opportunità linguistica ed economica, sia una forma di imperialismo culturale.
L’inglese è la lingua più globalizzata della storia (Bhatt 2001; Crystal 2003). L’inglese britannico si è
inizialmente diffuso attraverso l’espansione coloniale ed è stata la lingua dominante nelle colonie. Con il
tempo, sono sorte varianti regionali e sub-regionali dell’inglese, che hanno spesso generato un “nuovo
inglese” assolutamente impossibile da comprendere per un parlante nativo inglese.
La lingua degli SMS (textese) è una variante linguistica emergente usata per comunicare tramite i telefoni
cellulari e comprende abbreviazioni ed espressioni gergali. Il numero limitato di caratteri sinora disponibile
per l’invio di messaggi di testo attraverso i cellulari ha favorito una diffusa creatività applicata
all’abbreviazione di parole e frasi. Nella versione inglese del textese, le vocali vengono spesso omesse e i
numeri possono rimpiazzare parti di una parola o parole intere, così come una singola lettera può essere
usata per intendere un’intera parola. Molte frasi di uso frequente vengono espresse con acronimi, per
esempio lol (acronimo di “laughing out loud”: “ridere a crepapelle”), conosciuti dalla maggior parte degli
utenti.
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9.3.5 - LINGUE A RISCHIO DI ES TINZIONE
La nascita dell’antropologia linguistica si deve alla necessità di documentare le lingue indigene a rischio di
estinzione negli Stati Uniti.
Gli studiosi hanno identificato quattro fasi, o gradi, che caratterizzano il declino e la scomparsa di una lingua
(Walsh 2005).
• La sostituzione, o decadenza, di una lingua è testimoniata dal fatto che coloro che la parlano
dispongono di un vocabolario madrelingua limitato e usano più spesso una nuova lingua che
conoscono perfettamente o molto bene (Hill 2001).
• Si parla di lingua a rischio quando meno di 10.000 persone la parlano.
• Una lingua è prossima all’estinzione quando solo pochi anziani la parlano.
• L’estinzione di una lingua ha luogo quando nessun individuo la parla correttamente.
Non è facile tenere conto delle lingue a rischio e di quelle che si stanno estinguendo, ma si stima che
attualmente il numero di lingue sia compreso tra 5000 e 7000.
Più di metà delle lingue del mondo sono parlate da meno di 10.000 persone e un quarto del totale delle
lingue esistenti lo sono da meno di 1000 individui.
Gli sforzi di rivitalizzazione e salvaguardia delle lingue locali si devono confrontare con molte difficoltà
(Fishman 2001). Alcuni governi vi si oppongono per paura che favoriscano lo sviluppo di movimenti
identitari locali e molti altri sono poco disponibili a dedicare risorse finanziarie al sostegno di programmi
linguistici a favore delle minoranze.
I progetti di salvaguardia e rivitalizzazione linguistica devono tener conto degli specifici contesti locali della
loro applicazione e di fattori quali il livello di gravità della perdita linguistica, il numero di persone che la
parlano, la variante linguistica degna di essere protetta o rivitalizzata e le risorse effettive di cui si può
disporre per realizzarli. Le strategie principali includono (Walsh 2005):
Ogni metodo ha pregi e difetti, ma una cosa è certa: per promuovere e salvaguardare la conoscenza di una
lingua è necessaria la presenza di vitali comunità di parlanti (Maffi 2003).
10 – LA RELIGIONE
Molti antropologi hanno proposto diverse definizioni di religione. Verso la fine dell’800, l’antropologo Tylor
ha definito religione la credenza nell’esistenza di entità spirituali. Una definizione più ampia e più
contemporanea considera la religione un insieme di credenze e comportamenti associato a entità e forze
sovrannaturali. Questa definizione non è collegata a entità divine poiché alcune religioni non contemplano il
concetto di divinità e alcune ne contemplano più di una.
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La religione di un gruppo umano è correlata alla sua visione del mondo (cioè la spiegazione che si dà alla
sua origine, finalità e ruolo) ma non coincide con essa. La visione del mondo è un concetto più ampio che
non implica per forza riferimenti al sovrannaturale: gli atei hanno una visione del mondo infatti.
Magia e religione
Tylor ha scritto che la magia, la religione e la scienza sono tra loro affini, poiché si tratta di modi diversi di
leggere il mondo fisico e gli eventi che vi hanno luogo. Tylor riteneva che la scienza fosse il modo più
evoluto decifrare il mondo. Frazer definiva la magia il tentativo di spingere forze e entità sovrannaturali a
comportarsi in determinati modi, distinguendola dalla religione che è il tentativo di compiacere forze e
entità sovrannaturali. Frazer ha definito i due seguenti principi generali della magia:
1. La legge della somiglianza: è alla base della magia imitativa e si basa sull’assunto che, se un
oggetto/persona X sono simili a un oggetto/persona Y, le azioni che interessano X avranno un
impatto anche su Y. un esempio è il fantoccio vudù: se qualcuno infila uno spillo a X, Y proverà
dolore.
2. La legge del contagio: è alla base della magia contagiosa, e stabilisce che le persone/oggetti che
sono stati in contatto una volta con un individuo possono ancora avere degli effetti su di lei/lui. Per
esempio, oggetti come ciocche di capelli, frammenti di unghie, saliva, denti, sangue, feci.
Tylor, Frazer e altri antropologi promossero una teoria evoluzionista per cui la magia sarebbe precedente
alla nascita della religione. Ritenevano che col tempo, la magia sarebbe stata completamente rimpiazzata
dal “più evoluto” sistema religioso, che sarebbe poi stato sostituito dalla scienza. In realtà oggi, ci sono
molte religioni magiche come la Wicca, i cui componenti si rivolgono a pratiche magiche in momenti di
incertezza.
Le religioni comprendono credenze e comportamenti. Di norma, gli studiosi esaminano prima le credenze
perché credono che siano queste a ispirare i comportamenti. Le credenze sono condivise da un gruppo e si
trasmettono da generazione a generazione.
Le credenze religiose vengono espresse e trasmesse alle future generazioni attraverso due vettori:
I miti sono narrazioni che trasmettono messaggi su forze o entità sovrannaturali in modo indiretto, come
per esempio i famosi miti greci e romani. Alcuni ritengono che la bibbia sia una raccolta di miti, mentre altri
non sono d’accordo perché sembra sottintendere che i suoi contenuti non siano reali.
Malinowski assimilava il mito a una sorta di carta costituzionale delle società umane, in quanto è
l’espressione delle loro convinzioni più profonde e il veicolo per la trasmissione di un codice morale.
Levi-Strauss riteneva che i miti avessero funzioni filosofiche e psicologiche. I miti, quindi, aiutano gli individui
a gestire le profonde contraddizioni esistenti tra vita e more o tra bene e male grazie ad un terzo elemento
105
che funge da mediatore. Molti miti dei Nativo Pueblo degli Stati Uniti contrappongono gli animali erbivori ai
carnivori: il mediatore è il corvo, poiché è un necrofago e non deve uccidere per nutrirsi.
A volte i miti sono depositari di conoscenze utili alla sopravvivenza economica e alla salvaguardia
dell’ambiente: possono riguarda la modalità di conservazione del cibo, gestire la fame, mobilità nello
spazio.
Gli esseri sovrannaturali variano da forze impersonali a entità le cui sembianze sono simili a quelle degli
esseri umani. Possono essere creatori supremi e onnipotenti oppure spiriti minori e fastidiosi che possono
possedere gli esseri umani.
Il termine animismo si riferisce al sistema di credenze in cui il sovrannaturale è concepito come forza non
personificata. Un esempio è il “mana”, un concetto diffuso nel pacifico meridionale: essa è una forza
estranea alla natura che opera autonomamente, si manifesta in oggetti e persone ed è associato allo status.
Alcune entità sono zoomorfe: divinità che hanno le sembianze di animali, come le religioni dell’antica Grecia
e Roma, o l’antico induismo. Le entità antropomorfe invece hanno sembianze umane; sono molto comuni
ma non universali.
Quest'ultime provano emozioni come gli esseri umani: sono sensibili alle lodi e complimenti e si irritano se
vengono trascurati. Le entità sovrannaturali poi, tendono ad avere relazioni coniugali e sessuali simili a quelli
umani.
Nel pantheon (comunità delle entità divine) la divisione del lavoro riflette quella della società umana.
Possono esserci divinità delle foreste, fiumi, cielo, vento, pioggia, nascita, guerra, serenità coniugale. Le
entità hanno ruoli e gerarchie politiche. Le divinità maggiori, come Giove e Giunone dell’antica religione
romana, sono onnipotenti e governano su divinità minori.
Presso alcune culture, gli antenati defunti possono prendere forma di entità sovrannaturali: molte religioni
africane, asiatiche e native americane esprimono un culto per gli antenati e nel Giappone esso è la
principale attività religiosa di molte famiglie.
I luoghi sacri
Tutte le religioni esprimono credenze concernenti l’esistenza di aree sacre, ma alcune attribuiscono a queste
convinzioni un’importanza maggiore rispetto alle altre. Presso i Sami, le credenze religiose tradizionali erano
connesse ai siti naturali sacri. Alcuni di questi luoghi erano formazioni rocciose dalle fattezze simili a umani
o animali, in cui sacrificavano animali e uccelli ma queste pratiche furono soppresse dai missionari cristiani.
Un'altro luogo sacro appare in un rito domestico praticato dalle donne musulmane. il rito è denominato
khatam quran (=sigillatura) E prevede che le donne si riuniscano per leggere il Corano e che consumino un
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pasto rituale per esprimere i ringraziamenti nei confronti della divinità. durante la celebrazione lo spazio
della casa normalmente non considerato sacro, lo diventa. questo è utile specialmente all'adattamento degli
immigrati nei nuovi contesti di vita.
le religioni dei popoli aborigeni dell'Australia sono associate ai luoghi sacri. in un passato mitologico
chiamato dream time, gli antenati si spostavano sulla terra e segnavano i confini dei territori. la conoscenza
di questi confini è protetta dal segreto. Ci sono stati casi di popolazioni aborigene che hanno reclamato la
proprietà di terre che attraggono l'attenzione di investitori: per comprovare la valigia delle richieste alcuni
antropologi hanno fornito testimonianze qualificate in tribunale, ma la conoscenza segreta degli aborigeni
di questo luogo sacro apparteneva esclusivamente alle donne. L’antropologa, quindi, non ha potuto
condividere i segreti con il giudice di sesso maschile in tribunale e ha quindi dovuto elaborare soluzioni
creative.
il rituale è un comportamento strutturato e ripetitivo orientato prevalentemente alla sfera del sovrannaturale
ma anche in ambito profano. i ricordi sacri sono una messa in atto delle credenze espresse dal mito e dalla
dottrina. i rituali sacri ci distinguono da quelli profani che non hanno connessioni con il sovrannaturale.
originariamente la festività statunitense del Thanksgiving consisteva nel consumo di un pasto sacro cristiano
il suo obiettivo era quello di ringraziare Dio per aver garantito la sopravvivenza dei padri pellegrini. Oggi,
però, non tutti coloro che celebrano questa festività ne conservano il significato cristiano.
gli antropologi distinguono i rituali sacri in categorie sulla base di diversi fattori come, per esempio, la
ricorrenza nel tempo. i rituali che sono celebrati con regolarità sono dei diritti periodici (in genere una volta
l'anno) E segnano un momento stagionale specifico o rievocano un evento importante. per esempio, il
dono di Buddha commemora la nascita l'illuminazione e la morte del Buddha.
i ricchi non periodici invece, non hanno una cadenza prefissata e si compiono in tempi dell'anno non
predeterminabili, In risposta a eventi non programmati, come la siccità o inondazioni, oppure nascite,
matrimoni e morte.
Riti di passaggio
I riti di passaggio segnalo il mutamento di status di un individuo o di un gruppo, se passa da uno stadio
della vita a un altro. fu il folklorista francese Arnold Van gennep all'inizio del 900 ha definire i riti di
passaggio per la prima volta, ma l’inglese Victor Turner li definì presso alcune popolazioni africane.
Individuo che tra gli Ndembu, Come in altre culture, i riti di passaggio seguono tre frasi:
Si svolgono diversi rituali di passaggio durante la pubertà differenziati tra maschi e femmine. questi riti della
povertà hanno anche la funzione di socializzare i futuri componenti della forza lavoro. durante
un'imitazione dei Bemba in Zambia, una ragazza impara densificare 40 tipi diversi di funghi.
107
Il pellegrinaggio
Il pellegrinaggio è un viaggio di andata e ritorno verso uno o più luoghi sacri che ha scopi rituali o di
devozione religiosa. In India i varanasi sono mete di pellegrinaggio fondamentali per gli hindu; In Arabia
Saudita, per i musulmani, lo è la mecca; i buddisti dell'india viaggiano verso Bodh Gaya; In Israele, viene
Salemme per ebrei, cristiani e musulmani; Lourdes in Francia per i cristiani.
Turner applicato il modello interessati dei riti di passaggio al pellegrinaggio: esso si distacca dalla vita di
ogni giorno, quindi, nel corso del pellegrinaggio, entra nella fase di transizione, e infine torna ad integrarsi,
trasformato, nella società. coloro che compiono un pellegrinaggio, oltre ad ottenere benefici spirituali,
migliorano spesso anche il proprio status pubblico.
Il pellegrinaggio è nato nel sedicesimo secolo e nel corso del tempo ha inglobato diversi elementi profani
provenienti per esempio dal patriottismo di stampo militaresco. oggi i canti sacri si alternano a marce
militari.
I rituali di inversione
I rituali di inversione capovolgono l'organizzazione ordinaria dei ruoli delle relazioni sociali. secondo i
funzionalisti questi riti consentono alle pressioni sociali di avere uno sfogo e sono anche un'occasione per
sottolineare l'adeguatezza delle pratiche e dei ruoli presenti.
il carnevale è un rituale di inversione che ha le sue radici nell'area settentrionale del Mediterraneo ed è
celebrato in gran parte dell'Europa. il carnevale è un periodo che precede quello di digiuno previsto dalla
Quaresima cristiana e termina il morte grasso. durante questa celebrazione i credenti non mangiano carne.
A Bosa, In Sardegna, Il carnevale prevede un allentamento delle norme sociali: i figli possono rimanere fuori
fino a tardi, discoteche essendo l'orario di chiusura, etc... qui il carnevale è composto da tre fasi:
i rituali di inversione possono essere considerati strumenti al servizio della conservazione dell'ordine sociale:
dopo qualche giorno di trasgressione ognuno torna al proprio posto.
Il sacrificio
Molti rituali prevedono un sacrificio, ossia l'offerta di qualcosa alle entità sovrannaturali: può comportare
l'offerta di animali, esseri umani, vegetali o altri prodotti. Gli accechi facevano sacrifici pubblici di esseri
umani e animali per compiacere gli dèi: migliaia di vittime umane raggiungevano la cima di un tempio e
veniva loro estratto il cuore, e infine le vittime venivano mangiate dal resto della popolazione. il materialista
culturale Marvin Harris ipotizza che gli accechi usassero questi rituali per affermare il proprio potere e
rifornire il popolo di proteine. Peggy Sanday invece, crede che i sacrifici fossero necessari per compiacere
gli dei.
108
non tutti i riti richiedono la presenza di uno specialista religioso, cioè qualcuno che ha compiuto un
percorso di formazione, tutti, però, necessitano dell'esistenza di un certo livello di competenza.
Sciamani e sacerdoti
Lo sciamano è uno specialista religioso ha un rapporto diretto con le entità sovrannaturali, delle quali
spesso chiamato: questo è un ruolo accessibile a tutti.
i sacerdoti favoriscono lo sviluppo di gerarchie religiose e di strutture di potere. sono specialisti religiosi a
tempo pieno, con una capacità acquisita in un percorso di formazione codificato. un sacerdote può ricevere
una chiamata divina ma il suo ruolo è ereditario in genere.
nella celebrazione dei riti gli sciamani sono più spesso coinvolti in pratica i rituali non periodiche mentre i
sacerdoti celebrano più riti, anche quelli periodici.
Altri specialisti
i veggenti sono specialisti capaci di venire a conoscenza delle volontà e dei desideri dell'entità
sovrannaturali attraverso lettura delle viscere degli animali per esempio. anche chiromanti e cartomanti
appartengono a questa categoria.
I profeti sono specialisti che trasmettono rivelazioni divine, ricevute in sogno attraverso visioni.
Le streghe fanno uso di poteri psichici che producono effetti sulle persone attraverso emozioni e pensiero.
spesso la società condanna alla stregoneria ma alcuni studiosi ne distinguono forme positive che esprimono
processi terapeutici, e forme negative che hanno lo scopo di provocare danni alle persone.
l'espressione religione globale indica le religioni basate su fonti scritte, sotto di numerosi adepti presso
diversi paesi e interessate alla redenzione. nel diciannovesimo secolo l'espressione si riferiva solo al
cristianesimo, all'islam e al buddismo. ora comprende anche ebraismo, induismo, confucianesimo, taoismo,
scintoismo.
A ogni religione globale corrispondono numerose varianti locali. la religione di importazione e quella locale
coesistono come tradizioni separate, conducendo esistenze complementari opponendosi in competizione
l'una con l'altra: questo è il caso del pluralismo religioso. nel caso del sincretismo religioso, invece, gli
elementi di due o più religioni si fondono tra loro. È più probabile che si realizzino forme di sincretismo
religioso quando alcuni aspetti di due religioni sono molto simili tra loro.
Esistono anche molte situazioni di incompatibilità. missionari cristiani hanno avuto difficoltà a tradurre la
Bibbia in alcune lingue indigene, data la mancanza di termini o concetti che fossero adatti a questo fine e a
cause di sistemi di parentela e sociali diversi. Faccio alcuni popoli amazzonici non esistono vocaboli
corrispondenti al concetto di paradiso.
le due religioni globali che danno più importanza al proselitismo, ossia al tentativo di ottenere nuovi accoliti,
sono il cristianesimo e l'islam. a volte i loro rapporti con le religioni locali sono violenti comportando la
distruzione fisica di luoghi e oggetti sacri.
10.2.1 - L'INDUISMO
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Il 15% della popolazione mondiale è hindu e il 97% di loro vive in India. Hindu si nasce e l’Induismo non
cerca attivamente proseliti. I testi fondamentali sono i quattro veda ma la tradizione Hindu ha molti altri testi
tra cui racconti epici e narrativa.
L'induismo si basa su un ricco politeismo e le divinità possono essere una semplice pietra posta ai piedi di
un albero o icone scolpite che raffigurano divinità maschili (Shiva e Vishnu) e femminili (Durga e Sarasvati). Il
culto quotidiano delle entità divine comporta l’accensione di un lume al cospetto del Dio, l’intonazione di
inni e mantra, e il darsham (contatto divino con la divinità). Queste pratiche permettono al fedele di ricevere
benedizioni. Un'altra pratica diffusa può essere la pirobazia, ovvero camminare su braci ardenti, tipico del
culto di divinità femminili.
Ci sono anche delle differenze per quanto riguardo il culto tra caste: le divinità venerate da caste inferiori
prediligono offerte di carne o bevande alcoliche, quelle delle caste superiori prediligono fiori, riso e frutta.
I Nayar matrilineari del Kerala, nell’India del sud, celebrano un rituale non periodico per rimediare ai malefici
inflitti dalle divinità-serpente, che causano l’infertilità delle donne. Il rituale dura una notte e prevede che le
donne dipingano sul terreno un disegno sacro di serpenti aggrovigliati. Poi si prosegue con diverse ore di
venerazione con la fiamma prodotta dalla canfora, l’incenso e i fiori offerti, il tutto accompagnato dal suono
del tamburo, dei cimbali e dei canti. Dal momento in cui una delle donne entra in trance, i membri possono
parlare con la divinità. La madre e i fratelli della donna sono garanti del suo desiderio di maternità. Ciò che
le donne dicono durante la trance è importante, poiché attirano l’attenzione sulle disarmonie dell’ambito
familiare allontanando la colpa dell’infertilità.
Uno dei concetti fondamentali dell’Induismo è il karma (=destino, fato). Il karma di qualcuno è determinato
dalla nascita sulla base della vita precedente. Questo concetto fa considerare l’induismo come una religione
fatalista. Tuttavia, gli antropologi hanno individuato diverse variazioni individuali, dal fatalismo al pieno
controllo del proprio destino. Una donna in Inghilterra, per esempio, ha lasciato suo marito nonostante
fosse un grave atto nell’induismo, ma ha deciso di andare contro il karma per migliorare la sua esistenza.
Alcune donne Hindu che vivono in Inghilterra sono diventate consulenti per incentivare l’indipendenza e
l’autostima di altre donne.
10.2.2 - IL BUDDISMO
Il buddismo ha come padre fondatore Siddharta Gautama, che è venerato come il Buddha (=il risvegliato).
Questa religione ha origine nell’India settentrionale per poi diffondersi nelle regioni interne dell’Asia, in Cina,
nello Sri-Lanka e nel sud-est asiatico. Oggi però in India, i buddisti costituiscono solo l’1%.
Il buddismo è caratterizzato da un’ampia varietà di dottrine che è difficile individuare un elemento comune,
ad eccezione all'importanza che si attribuisce a Buddha. Molti buddisti venerano Buddha come una divinità,
altri ne seguono gli insegnamenti per il raggiungimento del nirvana, ossia la liberazione dalla vita mondana.
Il Buddismo è nato come forma di protesta all’Induismo e contro le disuguaglianze tra caste ma ne conserva
alcuni concetti come quello del karma. Per il buddismo chiunque può guadagnare reincarnazioni sempre
migliori fino ad ottenere la liberazione dal samsara (ovvero il ciclo di nascita, reincarnazione, morte e
rinascita), anche grazie alla compassione per gli altri. Ogni forma di questa religione ha testi diversi ed è
110
presente una forte tradizione monastica: monaci e monache rinunciano alla vita ordinaria per meditare e
compiere buone azioni.
In nessun luogo il buddismo è l’unica religione praticata dai suoi accoliti, perchè al momento della sua
penetrazione esso trovava già altre religioni locali presenti; nel Myanmar (ex Birmania) il buddismo coesiste
con altre tradizioni indigene e nessuna è dominante. Le convinzioni indigene sul sovrannaturale
attribuiscono gli eventi negativi all’azione di spiriti capricciosi (nat): gli individui possono quindi interagire
con i nat ma non con il karma. I birmani hanno conservato degli elementi delle proprie credenze tradizionali
e adottato alcuni aspetti della nuova religione.
Nel Myanmar, il buddismo è diventato un’importante risorsa culturale. Ciascun villaggio ospita almeno un
monastero buddista e tutti gli abitanti ne osservano la fede. Quando però, si affrontano i problemi di ogni
giorno gli spiriti riprendono il controllo: le due tradizioni coesistono, in un contesto pluralistico, come due
opzioni separate.
10.2.3 - L’EBRAISMO
Il primo sistema religioso ebraico è stato elaborato attorno al 500 a.C a seguito della distruzione del tempio
di Gerusalemme da parte dei Babilonesi. I primi testi scritti, che compongono il Pentateuco (o Torah, o
cinque libri di Mosè), hanno reso paradigmatico, per l’Ebraismo, il tema dell’esilio e del ritorno, che è
tutt’ora valido. I fedeli credono che la Torah sia la rivelazione di Dio tramite Israele (Giacobbe), un termine
che indica il “popolo eletto”. La Torah illustra i rapporti tra il mondo sovrannaturale e quello umano
indicando le azioni appropriate: è importante trovare cosa non va nel presente e trovare un modo per
superarlo. La vita ebraica è identificata con una tensione tra esilio e ritorno, dato il suo mito dell’esilio degli
Ebrei e la schiavitù in Egitto.
L'ebraismo è una religione monoteista con un unico Dio onnipotente. Gli esseri umani devono seguire le
leggi ebraiche e adempiere ai doveri come quello di osservare il Sabbath (festa del riposo del sabato). Il loro
valore alla vita umana si riflette nella diffusa obiezione all’aborto o alla pena di morte. Durante le
celebrazioni si fanno uso di formule letterarie disciplinate dal Siddur, e sono presenti anche delle norme
dietetiche: non si può combinare il latte e i suoi derivati con la carne.
Attualmente la popolazione ebraica conta 15 milioni di persone, di cui la metà vive in nord America, un
quarto in Israele e il 20% in Europa e in Russia.
Per tutti gli ebrei il luogo più sacro è il Kotel, o Muro occidentale di Gerusalemme. Secondo le scritture è su
questa altura che Dio ha chiesto ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco. Pellegrini e turisti da tutto il
mondo si recano in pellegrinaggio al Kotel. Tra le persone che frequentano questo luogo ci sono giovani
111
uomini ebrei che cercano potenziali ebrei rinati (soprattutto nordamericani) per fargli prendere più
seriamente la loro condizione di ebrei.
Presso il Kotel, una forma di espressione religiosa è l’inserimento nelle fessure del muro di biglietti di carta
che riportano testi di preghiera. L'eterogeneità sociale degli Ebrei viene superata in questo spazio condiviso
e si cera qualcosa di simile a ciò che Turner chiama communitas, un senso di unità collettiva che trascende
le differenze individuali.
Il cristianesimo ha molti legami con l’ebraismo, uno dei quali è costituito dall’insegnamento biblico
dell’avvento di un salvatore, o messia. I primi credenti erano per lo più ebrei che avevano sposato la fede in
Gesù Cristo come il messia venuto per compiere le profezie delle scritture ebraiche. Oggi, il Cristianesimo è
una delle più grandi religioni globali e ha due miliardi di accoliti. I Cristiani vedono nella Bibbia il testo che
contiene i precetti fondamentali, credono che un Dio supremo abbia mandato suo figlio sulla terra in
sacrificio per il bene dell’umanità. Le tre ramificazioni del Cristianesimo sono:
1. Cattolica Romana
2. Protestante
3. Ortodossa Orientale
Gli studi sul protestantesimo nei Monti Appalachi negli Stati Uniti descrivono tradizioni locali che gli estranei
considererebbero deviate. Per esempio, alcune congregazioni celebrano tre rituali obbligatori: il lavaggio
dei piedi, la comunione e il battesimo. Il lavaggio dei piedi si svolge una volta l’anno: un anziano predica
per venti minuti, poi c’è un giro di strette di mano, poi si prepara la tavola servendo pane e vino ai presenti,
e infine c’è il lavaggio dei piedi. I funzionalisti ritengono che il lavaggio dei piedi aiuti a conservare la
coesione sociale.
Un altro elemento delle cerimonie sui Monti Appalachi è la manipolazione di serpenti velenosi. Questo è
ritenuto un supremo atto di devozione a Dio. Questi fedeli interpretano la Bibbia alla lettera e maneggiano
serpenti per celebrare la vita, morte e resurrezione per dimostrare che solo Gesù ha il potere di liberarli
dalla morte. Pochi di coloro che sono stati morsi dai serpenti sono morti. Questa pratica è aumentata nel
momento in cui gli abitanti erano in un momento economicamente incerto e il rituale avrebbe rinvigorito il
senso di stabilità.
Tra i Cristiani che vivono nelle isole Figi, la scena dell’ultima cena adorna molte chiese e abitazioni.
Quest'immagine è coerente con le loro credenze relative al consumo di cibo e kava, una bevanda che
deriva da una pianta arbustiva. Al momento della consumazione, le persone importanti devono sedere nel
lato alto della sala, lontano dall’ingresso, gli altri siedono nella parte bassa. L'affresco di Leonardo da Vinci
pone Cristo proprio dove starebbero i capi figiani e gli altri in un ordine gerarchico. Questo è un chiaro
esempio di sincretismo religioso.
10.2.5 - L’ISLAMISMO
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L'Islamismo si fonda sugli ingegnamenti del profeta Maometto, ed è la più giovane delle religioni globali ma
conta il 22% della popolazione mondiale (gran parte sono in Africa settentrionale e Medio Oriente). Il
termine Islam significa “sottomissione” al volere dell’unico Dio, Allah, per il tramite del quale si può ottenere
la pace. L'Islam ha diverse ramificazioni che professano fedi simili ma con orientamenti teologici e giuridici
distinti; le tre principali sono:
Un errato stereotipo, vuole che l’islam sia ovunque lo stesso, ma questo si basa solo sull’Islam conservatore
Wahabita. Ma esistono molte espressioni della religione come quello in Sumatra o in Marocco che rivela
differenze derivate da adattamenti culturali.
Tutti i musulmani celebrano ogni anno l’Eid-ul-Adha o festa del sacrificio, che commemora l’accettazione di
Abramo alla richiesta di sacrificare suo figlio Ismaele ad Allah. Questa celebrazione ha luogo il decimo
giorno dell’ultimo mese (mese del pellegrinaggio). In Marocco questo rituale prevede che il re infligge in
pubblico un coltello nella gola di un montone per compiere così lo stesso atto sacrificale. Una volta ucciso,
gli uomini si bagnano il viso con il sangue; presso alcuni villaggi le donne sono assenti, mentre in altri
cospargono il montone di hennè rosso e fanno dei rituali con il sangue. Questi rituali simbolizzano il potere
del patriarcato e della monarchia.
A Isak, a Sumatra, si offrono in sacrificio anche altri animali, lo si fa in contesti domestici privati e non c’è
alcun predominio maschile. Questo mette in evidenzia che i due contesti culturali adattano il rituale alle
realtà locali.
Una delle più popolose minoranze della Cina sono gli Hui. Il governo cinese li definisce “retrogradi” rispetto
alla maggioranza degli han. Circa 60 mila Hui vivono a Xi’an nel Vecchio quartiere musulmano ma la qualità
della vita sono inferiori rispetto alle altre zone.
Essere musulmani in Cina è impegnativo specialmente per la dieta alimentare, poiché il Corano proibisce ai
Musulmani di consumare quattro tipi di alimenti: i derivati di animali non consacrati da Dio, il sangue, il
maiale e gli alcolici. Gli Hui ritengono la carne di maiale impura, cosa che li distingue dagli altri cinesi per i
quali il maiale è una carne molto importante. Inoltre, non consumano bevande alcoliche e evitano l’uso di
utensili che ne sono entrati in contatto. Molti Hui però, si guadagnano da vivere con la ristorazione e i loro
clienti sono perlopiù Cinesi Han e turisti stranieri. Sebbene, la vendita di alcolici aumenti i guadagni, alcuni si
rifiutano di venderli.
113
Nel 2003 si è aperto un progetto dedicato allo sviluppo del vecchio quartiere musulmano che prevede un
ampliamento delle strade, un restauro delle abitazioni e ristoranti specializzati in alimentazione Hui.
È difficile ridurre le religioni africane indigene a una tipologia, ma ci sono elementi distintivi che
condividono:
- Miti che narrano di una frattura che un tempo si è venuta a creare tra la divinità creatrice e gli
esseri umani.
- Un pantheon che comprende un Dio principale e altre entità sovrannaturali minori
- Elaborati riti d’iniziazione
- Rituali che comportano sacrifici o offerte
- Altari all’interno di santuari
- Stretti legami con i sistemi terapeutici
Le religioni africane vengono rielaborate nei diversi contesti locali. Queste religioni hanno subito l’influsso di
religioni straniere, in particolare dell’Islam e del Cristianesimo. L'emigrazione degli Africani ha portato le loro
religioni in nuove regioni dove sono state adottate ai nuovi contesti.
Ras tafari
Il ras tafari (o rastafarianesimo) è una religione afro-Caraibica che ha avuto origine in Giamaica. Non si
conosce il numero dei praticanti perché non vogliono essere censiti. È una religione di protesta che
condivide pochi elementi con le religioni africane. La sua storia è legata ai predicatori del XX secolo che
credevano che il Ras (principe) Tafari (chiamato Haile Selassie), imperatore dell’Etiopia fosse il “leone di
Giuda”, ovvero colui che avrebbe guidato i “neri” verso la terra promessa africana. Le credenze condivise
includono la convinzione che l’Etiopia sia il paradiso terrestre, che il principe sia un Dio vivente. Dopo la sua
morte si è posta più enfasi al black power e meno sull’Etiopia.
Questa religione è diffusa in Giamaica, dove è associata alla musica reggae, ai dreadlocks e al consumo di
ganja.
Nessuna religione è completamente rigida e immutabile. Gli antropologi culturali hanno documentato la
rivitalizzazione di religioni che sembravano ormai estinte.
I movimenti di rivitalizzazione sono movimenti religiosi che intendono portare cambiamenti positivi
rifondando una religione minacciata da forze esterne o adottando nuove pratiche o credenze. La “danza
dello spirito” è uno di questi, nato come risposta dei nativi americani all’invasione delle loro terre da parte
degli euro-americani.
114
Nel 1870 uno sciamano Wodziwob della tribù Paiute, annunciò che il mondo sarebbe stato distrutto e poi
rinnovato. Insegnò alla gente una danza in cerchio da eseguire di notte. Questo movimento coinvolse
anche altre tribù ma scomparì subito dopo la morte del profeta.
Nel 1890 un altro profeta Paiute di nome Wovoka, ebbe una visione durante un’eclissi totale: distruzione e
rinnovamento grazie alla danza in cerchio. Altre tribù presero parte al movimento diventando più ostili nei
confronti del governo bianco. I giornali si riferivano al loro movimento come “follia messianica” e il governo
finì per attaccare la tribù dei Sioux e uccidere i capi Toro seduto e Grande Piede. Negli anni ‘70 la danza
dello spirito fu portata a galla dal movimento indiano-Americano.
I movimenti del Cargo sono invece movimenti di rivitalizzazione nati in Melanesia per reagire all’influenza
occidentale. I membri volevano acquisire risorse commerciali occidentali dette “cargo”. Un leader profetico
annunciava di un una visione relativa all’arrivo di un cargo e in alcuni casi anche gli antenati defunti; i
seguaci prepararono tavoli per gli ospiti. Questi culti nacquero in reazione agli effetti distruttivi dei nuovi
beni occidentali nel contesto indigeno, poiché gli stranieri imposero un nuovo sistema di scambio che li
favoriva. Gli indigeni cercarono di conservarsi, appropriandosi dei beni occidentali per aumentare il loro
status.
Il conflitto religioso trova espressione a luoghi sacri. Gerusalemme è un luogo di conflitti ricorrenti dove
diverse religioni (Islam, Cristianesimo ed Ebraismo) si contendono le terre sante. In India, gli Hindu
ritengono che le moschee musulmane siano state costruite sui loro luoghi sacri. Negli USA ci sono contese
anche per questioni profane: razzisti “bianchi” hanno bruciato chiese Afro-Americane. Nell'emisfero
occidentale, sono stati spesso distrutti luoghi di sepoltura di popolazioni indigene, per fare spazio
all’espansione della città.
Secondo la dichiarazione delle nazioni unite, la libertà dalla persecuzione religiosa è un diritto umano
universale, tuttavia, le violazioni sono frequenti. Chi è perseguitato per motivi religiosi, a volte chiede di
essere ospitato in altri luoghi: migliaia di buddisti sono fuggiti dal Tibet dopo l’invasione dei cinesi. Spesso le
religioni sono motivi di conflitti e possono essere meglio comprese adottando una prospettiva
contestualizzata e transculturale, ed è essenziale comprenderle per un futuro più pacifico.
11 – LA CULTURA ESPRESSIVA
Questo capitolo riguarda la cultura espressiva, che comprende l'arte, il tempo libero e il gioco. Vengono
presentati approcci teorici sull'arte da una prospettiva transculturale e metodologie antropologiche per lo
studio dell'arte e della cultura espressiva. Il secondo paragrafo esplora il gioco e il tempo libero in una
prospettiva transculturale. Infine, si analizzano le dinamiche di cambiamento della cultura espressiva e si
introduce il concetto di patrimonio culturale, con esempi di contestazione sia a livello di risorse materiali che
di identità individuali, locali, nazionali e globali che esso rappresenta.
Gli antropologi culturali offrono un approccio diverso rispetto alle definizioni di arte e alla metodologia
utilizzata nella storia dell'arte. Le loro ricerche ampliano e mettono in discussione i concetti e le categorie
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occidentali, invitandoci a considerare l'arte nel contesto in cui si sviluppa. Pertanto, gli antropologi
includono nella categoria di arte una vasta gamma di prodotti, pratiche e processi, e le loro analisi si
estendono anche all'artista e al suo ruolo nella società. Inoltre, si interrogano su come l'arte e la cultura
espressiva in generale siano legate a variazioni micro-culturali, disuguaglianze e potere. Inoltre, esaminano
criticamente come i prodotti artistici delle diverse culture vengano selezionati ed esposti nei musei.
La definizione di arte è oggetto di dibattito tra filosofi, critici d'arte, antropologi e appassionati. Gli
antropologi propongono definizioni ampie che tengono conto delle spiegazioni emiche nelle diverse
culture. Secondo una definizione antropologica, l'arte è l'applicazione di immaginazione, abilità e stile alla
materia, al movimento e al suono che supera la mera praticità. Questo può riguardare diverse forme e
attività, e il risultato può essere considerato arte, come un pasto ben presentato, una storia ben raccontata
o una cesta perfettamente realizzata. L'arte è presente in tutte le culture e nessuna cultura può dirsi
completamente priva di attività artistiche, sebbene le forme artistiche possano variare. Gli antropologi
analizzano anche i processi creativi, le trasformazioni dell'arte e le preferenze artistiche delle diverse culture,
nonché il modo in cui la cultura costruisce e trasforma le tradizioni artistiche. Si distinguono diverse
categorie artistiche, come le arti grafiche o plastiche, le arti decorative, le arti performative e le arti verbali.
Tuttavia, la distinzione occidentale tra belle arti e arti popolari è basata su una prospettiva limitata, che
considera le opere rare e preziose di artisti formati nella tradizione classica occidentale come "belle arti".
Questo porta all'implicazione che altre forme artistiche siano meno raffinate e debbano essere considerate
come arte popolare, etnica, primitiva o artigianato. Gli antropologi mostrano che tutte le culture elaborano
principi estetici, anche se non sempre sono formalizzati, e l'etnoestetica esplora le estetiche culturalmente
orientate. Ad esempio, gli Yorúbà della Nigeria seguono criteri estetici specifici per la produzione di sculture
lignee, come l'equilibrio tra astrazione e realismo, la rappresentazione degli esseri umani nel loro apice
fisico e la simmetria delle opere.
L’IMPORTANZA DELL’ARTISTA
L'antropologia dell'arte si occupa dello studio non solo dei prodotti artistici, ma anche degli autori, delle
loro motivazioni e del ruolo dell'arte nella società. Franz Boas è stato il primo a sottolineare l'importanza di
studiare l'artista nel suo contesto sociale. Durante la prima metà del XX secolo, l'orientamento teorico
predominante nell'antropologia dell'arte è stato il funzionalismo.
Gli antropologi hanno evidenziato come forme artistiche come pittura, danza, teatro e canto favoriscano la
socializzazione dei bambini, lo sviluppo dell'identità sociale, la definizione dei confini del gruppo e i processi
di guarigione. L'arte può anche essere utilizzata per legittimare i leader politici e sostenere gli sforzi bellici,
ad esempio attraverso la pittura del corpo o l'applicazione di ornamenti su scudi e armi. Inoltre, l'arte può
essere uno strumento di controllo sociale, come nel caso delle maschere africane indossate dai danzatori
per rappresentare divinità che ricordano l'ordine morale vigente.
METODOLOGIE
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L'antropologia dell'arte si avvale di diverse metodologie per la raccolta e l'analisi dei dati. Oltre
all'osservazione partecipante, vengono utilizzati documenti orali o scritti, come registrazioni video e audio.
Spesso si collabora con antropologi linguistici per comprendere appieno l'arte in un contesto culturale.
Molti antropologi hanno imparato un'arte tradizionale come parte della loro formazione sul campo.
PARTECIPAZIONE EMOTIVA
Un esempio di ciò è John Chernoff, che ha imparato a suonare il tamburo africano durante la sua ricerca in
Ghana. Chernoff sostiene che solo attraverso l'immersione e la partecipazione emotiva il ricercatore può
comprendere appieno la creatività e le relazioni sociali coinvolte nell'arte. Durante il suo apprendistato,
Chernoff ha sperimentato le sfide e le cerimonie rituali legate alla pratica musicale del tamburo. Questo gli
ha permesso di comprendere il significato sociale e rituale della musica e di stabilire connessioni con le
famiglie e i musicisti locali.
IMPARARE FACENDO
La personalità e l'atteggiamento di Chernoff sono stati cruciali nel suo processo di apprendimento. Ha
accettato di non sapere cosa fare nella maggior parte delle situazioni e ha ascoltato le indicazioni dei locali.
Attraverso l'osservazione e la calma, ha imparato il significato del carattere e ha sviluppato una grande
stima per gli artisti che lo hanno insegnato.
In sintesi, l'antropologia dell'arte si occupa dello studio dell'arte nel suo contesto sociale, comprendendo
non solo i prodotti artistici, ma anche gli autori, le motivazioni, il ruolo sociale e i significati più ampi.
Utilizzando metodologie come l'osservazione partecipante e la collaborazione con altri antropologi, si cerca
di comprendere appieno l'arte e la sua relazione con la società.
Focus sull’artista
Franz Boas, all'inizio del XX secolo, incoraggiava gli antropologi a studiare non solo i prodotti artistici, ma
anche gli artisti stessi. L'obiettivo era comprendere l'arte dal punto di vista dell'artista. Un esempio di questo
approccio è la ricerca di Ruth Bunzel sulle ceramiche dei nativi americani nel Sud-Ovest degli Stati Uniti.
Durante il suo apprendistato, Bunzel ha indagato sulle scelte dei disegni dei vasai e ha scoperto
l'importanza dell'agency individuale e del rispetto per le tradizioni.
Lo status sociale degli artisti è un aspetto significativo da considerare. Possono essere ammirati e ricchi, o
stigmatizzati ed economicamente marginalizzati. In alcune culture antiche, come nell'antico Messico, gli
orafi godevano di grande rispetto. Nei gruppi nativi americani della costa nordoccidentale del Pacifico,
scultori e pittori dovevano essere iniziati in una società segreta e avevano uno status superiore. Spesso, si
osservano anche distinzioni di genere nella produzione artistica, come nel caso dei Navajo, dove le donne
tessono e gli uomini lavorano l'argento.
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L'etnia e l'appartenenza culturale possono influire sul successo di un artista. Inoltre, l'organizzazione sociale
e l'esistenza di un mercato dell'arte possono determinare la specializzazione e l'accessibilità all'attività
artistica. Nei contesti di società cacciatori-raccoglitori, l'arte è generalmente accessibile a tutti i membri del
gruppo e alcuni individui possono eccellere in specifici talenti artistici. Tuttavia, in società più complesse con
una divisione del lavoro più articolata, la produzione artistica può richiedere una formazione specializzata e
i prodotti artistici possono essere accessibili solo a coloro che possono permetterseli. In queste società
complesse emergono differenze di classe in termini di stili e gusti artistici.
Le forme e gli stili artistici sono spesso associati all'identità e all'orgoglio di gruppi micro-culturali. Ad
esempio, i Berberi del Marocco sono noti per i tappeti di lana, i Maya per le bluse tessute e ricamate, e gli
Inuit dell'Alaska per le piccole sculture in pietra. Gli antropologi culturali hanno evidenziato i legami tra
queste forme artistiche e le dinamiche di potere. A volte, i gruppi più forti si appropriano delle forme d'arte
dei gruppi più deboli, mentre in altri casi le forme d'arte sono espressione di resistenza.
In Israele, una ricerca ha rivelato che gli interessi nazionalistici stanno influenzando l'arte e l'artigianato
arabi, in particolare nel mercato dei souvenir. I turisti che acquistano souvenir fatti a mano spesso non
imparano nulla sulle persone che li hanno effettivamente realizzati. Ci sono diverse tipologie di negozi di
souvenir, dai piccoli venditori ambulanti che offrono pochi manufatti etnici a grandi empori nazionali che
presentano una vasta gamma di oggetti artistici e artigianali. In Israele, ad esempio, c'è un negozio di lusso
chiamato Maskit che si rivolge principalmente ai turisti. Uno studio etnografico su questo negozio ha
mostrato come venga presentata la società israeliana attraverso i souvenir e come alcuni artisti e artigiani
vengano esclusi dal mercato.
Il souvenir viene considerato come un "testo" che comunica messaggi sociali. Nei negozi Maskit, sono stati
individuati tre temi principali della società israeliana nella scelta e nella presentazione dei souvenir:
l'atteggiamento nei confronti del passato, la visione della religione e della cultura, e il rapporto con gli arabi
israeliani e palestinesi. Lo studio ha coinvolto osservazioni partecipanti e interviste con artisti e artigiani
ebrei, arabi israeliani e palestinesi i cui prodotti venivano venduti nel negozio.
Nel corso degli anni, la situazione degli artigiani che producono i manufatti per Maskit è cambiata. Gli artisti
ebrei israeliani anziani sono invecchiati e i loro figli non hanno seguito le loro attività, portando a una
diminuzione dell'offerta di oggetti di arte etnica ebraica. Allo stesso tempo, molti artisti ebrei israeliani
hanno guadagnato notorietà aprendo i propri negozi. Per compensare questa diminuzione, Maskit si è
rivolto ad artisti e artigiani arabi. Dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967, l'artigianato arabo israeliano e
palestinese è diventato più accessibile, e molti arabi sono stati assorbiti nell'industria dei souvenir. Tuttavia,
Maskit non fornisce informazioni sul ruolo artistico degli arabi israeliani o palestinesi nella creazione dei suoi
prodotti. Ad esempio, i tappeti realizzati da un arabo Israele.
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L'etnomusicologia è un campo di studio che si concentra sulle diverse culture e comprende la musica come
forma d'arte performante. Gli etnomusicologi esplorano vari aspetti, come la struttura musicale, la posizione
sociale dei musicisti, le relazioni tra la musica e altre dimensioni culturali (come la religione e la medicina) e i
cambiamenti nelle tradizioni musicali nel tempo.
In Malesia, il rapporto tra musica e genere è stato oggetto di studio. In Brasile, si è analizzato il legame tra
musica e globalizzazione. In India, il teatro è stato considerato come riflesso della società. Questi esempi
evidenziano la diversità delle interazioni tra le arti performative e le società in differenti contesti culturali.
L'architettura, come altre forme d'arte, è collegata ad altri aspetti culturali e può riflettere e preservare la
stratificazione sociale esistente e le differenze basate su classe sociale, genere, età ed etnia. Le arti
decorative, che includono la decorazione degli interni e degli esterni degli edifici, come i giardini, riflettono
anche la posizione sociale e il gusto delle persone. Le culture locali hanno sviluppato nel tempo i propri
standard di preferenza in questi ambiti artistici, ma sono anche influenzate dalle tendenze globali
occidentali, nonché da altre culture come quella giapponese, che vengono adottate e reinterpretate
all'interno delle rispettive tradizioni.
Giardini e fiori
I giardini con una funzione d'uso, specialmente quelli dedicati alla produzione di risorse alimentari,
differiscono dai giardini puramente decorativi. Il concetto di giardino decorativo non è universalmente
condiviso da tutte le culture. Ad esempio, le popolazioni circumpolari non possono creare giardini nella
neve, e le società nomadi basate sulla pastorizia non hanno giardini a causa della loro mobilità. I giardini
decorativi sono tipici delle società organizzate in stati, in particolare delle culture mediorientali, europee e
asiatiche.
Ci sono grandi variazioni tra queste culture riguardo agli elementi e alle forme considerati appropriati per i
giardini. Ad esempio, un giardino giapponese può privilegiare la forma e la disposizione di alberi, arbusti,
pietre e specchi d'acqua anziché le piante fiorite. La cultura musulmana d'élite, con radici nel Medio
Oriente, è tradizionalmente associata a giardini decorativi strutturati. I giardini islamici seguono un disegno
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quadrato e simmetrico, con fontane, corsi d'acqua e sentieri rettilinei, e sono circondati da mura. Questi
giardini simboleggiano il concetto di paradiso e spesso circondano le tombe di personaggi illustri.
Nel contesto europeo, durante l'era coloniale, i giardini imperiali contenevano piante provenienti da diverse
parti del mondo, raccolte durante spedizioni scientifiche. Questi giardini rappresentano un esempio di
"eterotopia", termine coniato dal teorico della cultura Michel Foucault per indicare la compresenza di
elementi diversi provenienti da contesti molteplici. Allo stesso modo, l'architettura, l'abbigliamento e la
cucina possono anche generare eterotopie.
I FIORI RECISI
I fiori recisi sono un importante prodotto economico e vengono utilizzati come doni in molte culture. Ad
esempio, in Francia e in altri paesi, i fiori sono spesso donati alle donne. In molte parti del mondo, i fiori
sono offerti in occasioni speciali e i funerali sono spesso accompagnati da fiori recisi. Motivi floreali sono
comuni nell'arte sacra e profana dell'Occidente e dell'Asia, mentre sono meno presenti nella produzione
artistica africana. Questa differenza può essere attribuita a fattori ecologici ed economici, come il clima e le
limitazioni economiche dei paesi africani.
Con la globalizzazione, la produzione di fiori sta cambiando anche in Africa, dove molti paesi stanno
iniziando a coltivare fiori per inserirli nel mercato mondiale.
Non è sempre possibile tracciare una chiara linea di demarcazione tra gioco, arte e performance, poiché
spesso si sovrappongono. Tuttavia, ci sono caratteristiche che distinguono il gioco e il tempo libero da altre
attività. Il gioco non è necessario, non mira direttamente a risultati utili, si svolge in periodi di tempo limitati
e ha regole. Può coinvolgere la fortuna e comportare tensioni o competizioni.
Le attività del tempo libero spesso si sovrappongono al gioco, ma molte, come leggere o rilassarsi in
spiaggia, non possono essere considerate giochi perché mancano di regole, fortuna, tensioni o
competizioni. Le attività del tempo libero comprendono anche giochi, hobby, viaggi di piacere e altro
ancora. Sebbene queste attività possano essere svolte senza scopi utilitaristici, spesso sono collegate a
interessi economici e politici più ampi.
Gli antropologi culturali studiano il gioco e il tempo libero nei loro contesti culturali, come elementi di
sistemi sociali più ampi. Indagano sulle ragioni per cui alcune attività coinvolgono gruppi anziché singoli
individui, sugli obiettivi dei giochi e su come vengono raggiunti, sulla pericolosità o violenza delle attività, sul
legame tra le attività di gioco e l'identità collettiva, nonché su come queste attività uniscono o distinguono
gruppi all'interno di una società o tra diverse società e paesi.
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Le competizioni e gli sport possono riflettere relazioni sociali e ideali culturali, così come i rituali e le festività
religiose. Secondo Clifford Geertz, sono sia modelli di una cultura, rappresentando i suoi ideali
fondamentali, sia modelli per una cultura, avvicinando gli individui a valori e ideali specifici. Ad esempio, il
football americano può essere considerato un modello per la cultura corporativa, con la sua struttura
gerarchica, la concentrazione del potere nel quarterback e l'obiettivo di espansione territoriale tramite la
competizione.
Il confronto tra il baseball praticato negli Stati Uniti e quello in Giappone mette in evidenza i valori
fondamentali che i due paesi attribuiscono alle relazioni sociali. Quando alcuni giocatori statunitensi entrano
a far parte di squadre giapponesi, si manifestano le differenze. I giocatori statunitensi portano con sé un
forte individualismo che promuove l'ideale del "giocarsela da soli". Tuttavia, questo concetto entra in
conflitto con il valore fondamentale del wa nel gioco giapponese, che significa disciplina e sacrificio
personale per il bene del gruppo. Nel baseball giapponese, l'armonia del gruppo è prioritaria e le tattiche e
strategie di gioco estremamente individualistiche ed egoistiche sono considerate in modo negativo.
Gli sport in diversi contesti sono collegati alla religione e alla spiritualità. Ad esempio, le arti marziali
asiatiche richiedono una concentrazione simile a quella della meditazione, promuovendo l'autocontrollo
spirituale. In India, la lotta maschile è strettamente correlata allo sviluppo spirituale e all'ascetismo. I lottatori
indiani dedicano alla lotta una disciplina rigorosa, che permea la loro vita quotidiana. Si allenano presto al
mattino e di nuovo la sera, seguendo una routine che comprende anche pratiche religiose. La dieta e lo
stile di vita sono altrettanto regolamentati, con un'enfasi sull'autodisciplina. Molti aspetti della vita di un
lottatore sono simili a quelli di un sannyasi, un asceta hindu che ha rinunciato alla vita normale. In India, i
lottatori sono rispettati perché il loro sport richiede il perfezionamento della salute fisica, spirituale e morale,
a differenza dello stereotipo dello "sportivo vanesio" in alcuni paesi occidentali.
Molte attività del tempo libero combinano piacere e sofferenza. Alcuni sport sono intenzionalmente
pericolosi, come gli sport cruenti, che cercano esplicitamente di causare ferite o persino la morte. Questi
sport possono coinvolgere combattimenti tra esseri umani, tra umani e animali o tra animali stessi. Alcuni
antropologi culturali hanno studiato l'uso di animali in questi sport cruenti, come i combattimenti di galli e le
corride. Alcuni sostengono che questi sport procurino piacere sadico, mentre altri affermano che aumentino
l'autostima delle persone, soprattutto degli uomini, attraverso la vittoria degli animali da combattimento.
Inoltre, si ritiene che le corride simbolizzino il trionfo della cultura sulla natura.
Anche esperienze apparentemente piacevoli, come un bagno turco, possono causare fastidi e sofferenze.
Ad esempio, durante il trattamento del bagno turco, la schiena viene vigorosamente sfregata con oggetti
ruvidi per rimuovere la pelle morta e migliorare l'aspetto della pelle. In Turchia, gli uomini possono
sottoporsi a massaggi intensi che coinvolgono una forte palpazione dei muscoli delle gambe e un
massaggio vigoroso alla schiena, oltre a sopportare il peso del massaggiatore che cammina sul loro corpo.
In Ucraina, la fase finale del bagno termale include essere percosso ripetutamente sulla pelle nuda con rami
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di betulla. Nonostante la sensazione di fastidio e sofferenza, queste pratiche offrono anche un'opportunità
apprezzata di interazione sociale negli stabilimenti termali.
Gli antropologi che studiano il turismo notano che la loro ricerca è spesso considerata futile, ma in realtà è
altrettanto impegnativa di altri temi. Il turismo è una delle maggiori forze economiche globali e ha effetti
significativi sulle persone e sulle destinazioni turistiche. Un'ampia percentuale di turisti proviene da paesi
industrializzati ed è diretta verso mete meno sviluppate. Il turismo etnico, culturale e l'ecoturismo stanno
diventando sempre più popolari, spesso presentati come opportunità per vivere esperienze culturali
"autentiche". Tuttavia, la pubblicità turistica spesso sfrutta rappresentazioni primitiviste e razziste dei popoli
indigeni, cercando di combinare il "primitivo" con il "moderno" per soddisfare le aspettative dei turisti. Gli
antropologi del turismo si concentrano sull'impatto del turismo globale e locale sulle popolazioni e sugli
ecosistemi indigeni, evidenziando come il turismo possa favorire o danneggiare le comunità locali e gli
ecosistemi. Le popolazioni locali cercano spesso di assumere un ruolo attivo per ottenere benefici dal
turismo e gestire i progetti turistici in modo autonomo.
Le forme culturali sono in continua evoluzione, influenzate sia dalla cultura occidentale attraverso la
globalizzazione che da altre fonti. La musica africana, ad esempio, ha trasformato la scena musicale negli
Stati Uniti sin dai tempi dello schiavismo. Il Giappone ha influenzato lo stile dei giardini delle élite americane.
Le culture che valorizzavano tradizione e continuità si trovano oggi a dover scegliere se introdurre
innovazioni e quali. Gli artisti contemporanei di origini latinoamericane o cinesi stanno combinando
elementi tradizionali con tematiche più attuali. I cambiamenti comprendono l'uso di nuovi materiali,
tecniche e idee, spesso influenzati da fattori sociali come il colonialismo e il turismo globale.
Durante il periodo del colonialismo occidentale, la cultura espressiva dei popoli indigeni è stata influenzata e
in alcuni casi repressa dai colonizzatori. Ad esempio, la pratica della caccia alle teste è stata bandita da molti
colonizzatori, portando all'abbandono di forme espressive legate a tale pratica. Tuttavia, nonostante la
repressione coloniale, alcune forme espressive indigene sono sopravvissute e si sono adattate nel tempo.
Un esempio viene dalle Isole Trobriand, in Papua Nuova Guinea, dove i missionari britannici introdussero il
gioco del cricket come sostituto per i conflitti tribali. Inizialmente, il cricket seguiva il modello britannico, ma
nel tempo si svilupparono versioni locali sincretiche. Gli abitanti delle isole Trobriand incorporarono il cricket
nella competizione politica e introdussero elementi magici e rituali legati alle pratiche belliche. Le squadre
iniziarono a dipingersi il corpo, ad adornarsi e ad adottare canti e danze che incorporavano elementi
occidentali. Oltre alla vittoria, il momento culminante dell'incontro era rappresentato dal banchetto finale,
durante il quale i padroni di casa mostravano generosità agli ospiti, stabilendo le basi per la successiva
partita e festa. Nonostante i tentativi dei missionari di cristianizzare la cultura locale, gli abitanti delle
Trobriand mantennero elementi culturali propri e reinterpretarono il cricket secondo le proprie tradizioni e
significati.
La Convenzione UNESCO del 2003 ha introdotto un nuovo approccio al patrimonio culturale immateriale,
mettendo l'accento sugli elementi intangibili della cultura. Ciò ha spostato l'attenzione dalla visione
122
monumentale ed eurocentrica a favore degli aspetti immateriali e antropologici della vita e dei territori a
rischio di scomparsa. La Convenzione promuove la partecipazione delle comunità detentrici del patrimonio
e sottolinea l'importanza della salvaguardia anziché della protezione. In Italia, dopo la ratifica della
Convenzione nel 2007, diverse espressioni culturali sono state riconosciute e inserite nella Lista
Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale. Tuttavia, ci sono state anche critiche riguardo all'uso
politico delle liste e al rischio di una spettacolarizzazione del patrimonio immateriale. Alcuni temono che
solo le espressioni culturali attraenti dal punto di vista turistico siano riconosciute, a scapito di tradizioni più
fragili e peculiari delle comunità locali. Inoltre, l'organizzazione dei fenomeni festivi e l'emergere di nuove
leadership possono portare a un irrigidimento e mettere alla prova i valori e la partecipazione delle
comunità. Il caso del Palio di Siena, bloccato nella candidatura per polemiche animaliste, evidenzia come il
patrimonio culturale immateriale sia influenzato da valori globali e interessi politici.
Il turismo globale ha avuto diversi effetti sulle arti indigene. I turisti spesso desiderano acquistare oggetti
d'arte e souvenir etnici, il che ha portato alla produzione di massa di prodotti di qualità inferiore rispetto a
quelli creati in precedenza. Inoltre, l'interesse dei turisti per le performance artistiche tradizionali ha portato
alla rappresentazione di versioni ridotte anziché delle opere complete. Secondo alcuni studiosi, questo ha
causato il declino della qualità e dell'autenticità delle arti indigene.
Tuttavia, il sostegno dei turisti alle arti indigene spesso rappresenta l'unico modo per mantenerle in vita,
poiché le popolazioni locali sono talvolta più interessate alla musica, all'arte e agli sport stranieri. Ad
esempio, il teatro di figura vietnamita delle marionette sull'acqua è diventato popolare tra i turisti e i
vietnamiti stessi, contribuendo alla sua diffusione in tutto il paese.
Un altro esempio complesso è la crescente popolarità della danza del ventre come performance turistica a
Istanbul, in Turchia. Nonostante sia in contrasto con i valori della modestia femminile nella cultura
musulmana, la danza del ventre è sempre più visibile nei ristoranti, nei locali notturni e nei concerti di
musica classica, grazie agli interessi commerciali che la promuovono.
Uno degli effetti positivi del turismo globale è il sostegno locale e internazionale per la salvaguardia del
patrimonio culturale materiale, compresi siti, monumenti ed edifici di valore eccezionale. L'UNESCO ha
emesso convenzioni e promosso aiuti finanziari per la protezione di tali patrimoni, ma molti sono andati
persi a causa di progetti distruttivi, urbanizzazione, guerre, saccheggi e cambiamenti climatici.
La gestione del patrimonio culturale materiale è un campo di studio degli antropologi applicati, che cercano
di conservare le testimonianze dell'attività umana per il bene delle future generazioni e della scienza, ma
anche per comprendere come le persone interagiscono e attribuiscono valore ai siti culturali.
PATRIMONIO IMMATERIALE
123
Inoltre, l'UNESCO ha avviato una strategia politica per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale,
che include tradizioni orali, lingue, arti performative, riti, eventi festivi, conoscenze e pratiche legate alla
natura e all'artigianato. Questo patrimonio immateriale è considerato importante per l'identità, la diversità
culturale, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, ci sono dibattiti su come gestire e preservare la
cultura immateriale, poiché è fortemente contestualizzata e in continua trasformazione.
Il concetto di patrimonio culturale solleva questioni riguardanti chi ne definisce l'autenticità, come gestire la
sua salvaguardia e quali interessi influenzano le decisioni. Il potere locale e globale tende ad oppressare gli
sforzi delle popolazioni direttamente coinvolte, specialmente i poveri.
Gli antropologi culturali evidenziano che la salvaguardia della cultura può manifestarsi come resistenza alle
pressioni esterne e ai progetti di sviluppo intrusivi. Ad esempio, la rinascita della danza tradizionale
hawaiana hula è stata una forma di protesta politica contro il colonialismo statunitense e lo sviluppo che
minacciava le risorse e la terra indigena.
Tuttavia, ci sono casi in cui la tutela del patrimonio culturale può causare danni. Un esempio negativo è
Hamp, un sito nel sud dell'India riconosciuto dall'UNESCO come Patrimonio Mondiale. La rigorosa
protezione del patrimonio architettonico ha portato all'allontanamento crudele di centinaia di persone che
vivevano e lavoravano nell'area, considerata parte del loro patrimonio culturale e storico. Le loro case e i
negozi sono stati demoliti per creare un sito di patrimonio "autentico".
Nel mondo occidentale, il museo etnografico ha contribuito a creare rappresentazioni dell'alterità culturale.
Nell'epoca rinascimentale, i primi oggetti provenienti da culture lontane furono raccolti nelle "camere delle
meraviglie" o "gabinetti di curiosità" dell'aristocrazia europea. Nel XIX secolo, nacquero i musei etnografici
scientifici con lo scopo di conservare, studiare ed esporre oggetti delle culture extraeuropee. Questi musei
erano influenzati da una concezione classificatoria, con oggetti ordinati per tipologia o per area geografica.
Durante il Novecento, con la fine dell'epoca coloniale, il modello evoluzionista del museo etnografico entrò
in crisi e si svilupparono nuove concezioni. Si iniziò a considerare gli scambi e i contatti tra culture nella
storia umana, e il museo etnografico divenne un luogo di dibattito e dialogo tra comunità etniche.
In Italia, i principali musei etnografici sono il Museo Preistorico ed Etnografico L. Pigorini a Roma e il Museo
Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, anch'esso a Roma. Entrambi hanno importanti collezioni
etnografiche e hanno adottato criteri espositivi che tengono conto della storia coloniale italiana e dei
contatti tra le culture.
L'antropologia museale in Italia si occupa dei patrimoni culturali e dei beni "demoetnoantropologici". Oltre
ai musei ufficiali, ci sono numerosi piccoli musei etnografici, ecomusei e nuove forme di museografia che si
concentrano sulle culture territoriali e si collegano all'etnografia e alle arti espressive. In Italia, l'associazione
SIMBDEA è attiva nel campo dell'antropologia museale e pubblica la rivista "Antropologia Museale"
dedicata a questi temi.
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Arte del bene
L'arte non si limita a esprimere i sentimenti, ma può anche influenzarli e favorire cambiamenti sociali
significativi. Gli antropologi culturali utilizzano la loro conoscenza locale e l'arte per contribuire alla
consapevolezza sociale. Ad esempio, Emily Joy Rothchild ha utilizzato la musica e i video per affrontare temi
come il terrorismo e l'odio con gli studenti di una scuola ad Amburgo, in Germania.
Altri antropologi sono coinvolti in programmi che utilizzano l'arte come terapia per la guarigione e la
riconciliazione in luoghi colpiti da violenze. In Ruanda, ad esempio, l'arte aiuta i sopravvissuti a ricordare le
esperienze vissute e a raggiungere la riconciliazione.
Un approccio alternativo alla salvaguardia del patrimonio culturale è quello che dà la priorità alla comunità
coinvolta. Questi progetti sono sviluppati e gestiti dalla stessa comunità e mirano a beneficiare direttamente
le persone coinvolte. Ci sono numerosi esempi che dimostrano come questo tipo di approccio abbia effetti
positivi misurabili sulla salvaguardia del patrimonio culturale.
Un esempio è il Progetto per la Storia delle Donne Waanyi in Australia, in cui un gruppo di donne Waanyi
ha creato un registro del patrimonio culturale e un sistema di gestione locale. Hanno assunto un
antropologo per raccogliere e registrare le loro storie e il progetto ha garantito nuove opportunità di lavoro
alle donne, che sono state assunte come "guardie culturali" per la salvaguardia dei siti importanti per la loro
comunità.
12 – POPOLI IN MOVIMENTO
La migrazione e il trasferimento di un individuo o di una popolazione da una località all'altra le cui cause
possono essere esigenze di procurarsi cibo o sposarsi. essa ha effetti profondi, siamo positivi che negativi,
sullo status economico e sociale degli individui, sulla loro salute, lingua, identità religiosa educazione.
molti professionisti di vari ambiti hanno studiato i fenomeni migratori e per quanto riguarda l'antropologia
culturale, la ricerca sulla migrazione caratterizzata da tre tendenze:
1. La tendenza a svolgere ricerca sul campo presso più località, per comprendere i contesti di origine
quelli di destinazione
2. la tendenza a combinare prospettive macro e micro: lo studio della migrazione mette in crisi il
tradizionale approccio alla ricerca che la vuole focalizzata su un singolo villaggio o quartiere
3. la tendenza all'applicazione dei risultati della ricerca: gli antropologi che lavorano su questo tema
hanno molte opportunità di contribuire a dare risposte a persone costrette a migrare a cause di
guerre, catastrofi naturali o progetti di sviluppo che hanno comportato, per esempio, la costruzione
di dighe
La migrazione ha i suoi effetti variano a seconda delle distanze interessate dal trasferimento, dei suoi motivi
e condizioni, dello status del migrante nel contesto di immigrazione.
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12.1.1 - TIPOLOGIE BASATE SU CRITERI SPAZIALI
Migrazione interna
Nel corso del ventesimo secolo la migrazione dalle campagne verso le città (inurbamento) e stata la
principale forma di movimento interno della popolazione, a cui ragione principale era la ricerca di
un'occupazione. la teoria push-pull ritiene che le zone rurali non siano in grado di sostenere l'incremento
della popolazione e le crescenti aspettative inerenti alla qualità della vita (fattore push). Le città (fattore pull)
attraggono gli individui per la loro offerta di occupazione e lo stile di vita che rappresentano.
Questa teoria è connessa all'approccio antropologico che enfatizza il ruolo dell'agency: la capacità che gli
esseri umani hanno di operare delle scelte. In molti casi però, la migrazione verso le città è causata da forze
maggiori.
Migrazione internazionale
L'immigrazione internazionali sono aumentate e la maggior parte dei migranti si trasferiscono per motivi di
lavoro. Gli Stati Uniti, Il Canada, L'Australia, La Nuova Zelanda e l'Argentina sono state le destinazioni
principali delle prime migrazioni internazionali. all'inizio del ventesimo secolo questi paesi favorivano
l'immigrazione bianca; negli anni 60 Il Canada ha modificato la sua politica e nel 73 anche l'Australia. i
motivi furono l'aumento della domanda di forza lavoro e l'interesse di entrambi i paesi a migliorare la
propria immagine internazionale.
L'Europa settentrionale, occidentale e meridionale, sono oggi i luoghi di destinazione raggiunti da molti
migranti spesso provenienti dall'africa e dal Medio Oriente.
Migrazione transnazionale
La migrazione transnazionale è in aumento a causa della creazione di confini tra diversi stati e a questioni
economiche. la tipologia dei migranti sono chiamati astronauti, ossia uomini d'affari che possono la
maggior parte del proprio tempo spostandosi da una città all'altra. questa migrazione incide sull'identità del
migrante, sul suo senso di cittadinanza e sui suoi diritti.
molti paesi d'origine si stanno caratterizzando adesso come paesi transnazionali, i quali danno agli
emigranti la possibilità di conservare la propria cittadinanza originaria per un senso di appartenenza e per la
continuità delle loro rimesse, ovvero trasferimenti di denaro o di beni tra l’emigrato e i membri della sua
famiglia rimasti nel suo paese. Le rimesse spesso contribuiscono all'economia di un paese: il 60% del PIL di
tonga, un'isola del Pacifico, deriva dalle rimesse; l’India è il paese che ottiene delle rimesse la maggior
quantità di risorse.
I migranti possono essere distinti in tipologie diverse anche in base alle ragioni per cui si trasferiscono.
126
Lavoratori migranti
Ogni anno diversi migliaia di individui si trasferiscono per svolgere occupazioni dalla durata determinata: si
chiama migrazione di lavoratori salariati. Il periodo di lavoro può essere breve o protrarsi per anni; le donne
asiatiche sono la categoria caratterizzate dalla crescita più rapida specialmente nel settore dei servizi
domestici e infermieristico. spesso però le lavoratrici migranti vengono fatte lavorare illegalmente senza
alcuna protezione legale.
La migrazione circolare è uno schema regolare di trasferimento della popolazione tra due o più località e si
verifica all'interno di un paese o in più di uno.
Profughi
I profughi o rifugiati sono stati costretti ad abbandonare le proprie case e a trasferirsi altrove causa il
colonialismo, lo schiavismo, la guerra, le persecuzioni, i disastri naturali, le attività di estrazione minerarie e
la costruzione di dighe.
I rifugiati sono individui costretti a trasferirsi all’estero, di cui molti a causa di persecuzioni, motivi razziali,
religiosi, di nazionalità, etnici, di genere o politici. L'80% dei rifugiati ha trovato asilo presso paesi poveri
(Pakistan, Iran, Siria). I rifugiati sono per la maggior parte donne e bambini che, presso i campi di
accoglienza sono spesso soggetti ad abusi. Molte rifugiate in questi campi hanno imparato a leggere e
scrivere.
I profughi interni sono persone costrette a lasciare le loro case e le loro comunità, ma che restano nel loro
paese: questa tipologia di profugo è quella più in rapida crescita e l’Africa è il continente con il maggior
numero di profughi interni. La maggior parte si sono trasferiti presso i propri parenti nelle zone rurali e
molti vivono per lunghi periodi in abitazioni di fortuna o presso campi di accoglienza che danno loro
limitato accesso ai servizi fondamentali. Le cause principali dei trasferimenti interni forzati sono i conflitti
politici e i conflitti legati all’accesso alle risorse.
La migrazione forzata causata dai progetti di sviluppo è chiamata migrazione da sviluppo. Presso alcuni
paesi questi migranti ricevevano un risarcimento economico ma non compensa la loro perdita.
La costruzione di dighe colossali sta sollevando enormi preoccupazioni. Uno dei casi più noti è quello della
costruzione, In India, di una serie di dighe nella vallata dei fiumi Narmada: questo progetto prevede il
trasferimento di centinaia di migliaia di persone, i quali però, si oppongono e ritengono inadeguato
l'indennizzo che il governo ha loro destinato per la perdita. la scrittrice indiana Arundhati Roy ha scritto un
manifesto contro il progetto intitolato the cost of living, in cui scrive di un uomo che è stato costretto a
trasferirsi e ore vive in un'area di reinsediamento arida: in passato nella foresta poteva raccogliere 48 diversi
tipi di frutta, mentre ora la sua famiglia è costretta a comprare il proprio cibo che non si può permettere.
In Cina, invece, il progetto per la costruzione della diga delle tre gole ha costretto il trasferimento di 1,3
milioni di persone.
Gli antropologi culturali hanno condotto molte ricerche sulle popolazioni rifugiate e hanno individuato
alcuni elementi chiave delle loro esperienze che possono alleviare o aggravare lo stress del reinsediamento:
1. quanto più il paese di origine la nuova destinazione sono diversi, tanto sono maggiori le difficoltà
di adattamento e stress.
2. la possibilità di trovare un impiego adeguato alla propria istruzione ed esperienza.
127
3. la compagnia dei familiari.
4. l'accoglienza da parte di chi già risiede in luogo della nuova sistemazione.
Migranti istituzionali
I migranti istituzionali sono individui che si trasferiscono, volontariamente o meno, presso un'istituzione
sociale (monaci, suore, anziani, prigionieri, personale delle forze armate, studenti di residenze universitarie).
Quando il personale delle forze armate viene trasferito, viene addestrato a individuare distruggere il nemico
ma non a dedicarsi alla comunicazione interculturale. quest'ultima è importante per essere consapevoli delle
differenze culturali che fanno la differenza nei contesti di guerra.
I soldati, che per lunghi periodi di missione sono all'estero, richiedono molto in termini psicologici: molti
soldati impiegati in zone di guerra diventano migranti circolari poiché vanno e vengono dalle zone di
combattimento senza sentirsi mai a proprio agio in alcun luogo.
Negli Stati Uniti l'espressione nuovo immigrato si riferisce a una persona che si è spostata tra paesi diversi
dopo il 1960. in tutto il mondo questa tipologia di migranti include sempre più rifugiati e questo tipo di
migrazione è caratterizzata da tre tendenze:
1. Globalizzazione: sempre più paesi sono interessati alla migrazione internazionale e la diversità
culturale è in aumento.
2. Accelerazione: il numero di migranti è aumentato in tutto il mondo.
3. Femminilizzazione: il numero delle donne migranti è in crescita.
Negli Stati Uniti si parla di nuovi immigrati dopo gli emendamenti del 1965 che hanno reso possibile più
migrazioni. In seguito, la clausola del ricongiungimento familiare ha consentito anche ai parenti di
raggiungerli. Negli Stati Uniti si concedono agli stranieri di tipi di visto: il visto per immigrati e il visto per
turisti e studenti. Il visto di immigrazione non ha scadenza e consente di fare richiesta di cittadinanza e di
avere un lavoro; l'altro visto è valido per un periodo limitato e non consente di svolgere un lavoro retribuito.
Negli anni 60 del 900 la popolazione latino-americana è stata protagonista di un consistente movimento, la
cui destinazione principale sono gli Stati Uniti, Sostituendo oggi il 10% degli USA.
Il Messico è il paese da cui proviene il maggior numero di immigrati Negli Stati Uniti (circa 1/3) e la maggior
parte risiedono in California, Texas e Illinois. dal Messico proviene anche la maggior parte degli immigrati
clandestini, e dati gli elevati tassi di migrazione nel Messico vivono ormai solo anziani e nipoti.
A causa della recessione economica, a partire dal 2008 la migrazione messicana è retrocessa provocando
una riduzione del numero di messicani e molti sono tornati in Messico. Nonostante ciò, la popolazione
messicana costituisce comunque un'ampia parte degli immigrati.
Molti dei messicani immigrati si trovano nella condizione di non sentirsi appartenenti ne ho uno, né all'altro
dei due luoghi, tra cui si spostano: negli anni 80 molti erano lavoratori stagionali che raggiungevano
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destinazioni statunitensi per alcuni mesi per poi tornare a casa. Dagli anni 90 però, se passato dal lavoro
stagionale a impieghi annuali consentendo il raggiungimento del resto della famiglia negli Stati Uniti. Per i
lavoratori sia il Messico, che gli Stati Uniti sono casa, mentre per i figli Il Messico è solo un luogo di vacanza.
dagli anni 60 la Repubblica dominicana è il secondo tra i paesi di migrazione verso gli Stati Uniti e la
maggior parte di loro vive nello stato di New York. immigrati dominicani sono legati l'un l'altro da una
“cadena”: la migrazione a catena e lo schema migratorio in cui ha una prima ondata di migrazione fa
seguito il trasferimento di parenti e amici presso lo stesso luogo di destinazione.
La legge permette il ricongiungimento familiare ma solo con la famiglia nucleare e non ad altri membri. per
aggirare questa limitazione alcuni dominicani praticano il matrimonio d'affari no per cui l'aspirante
immigrato versa una somma di denaro a un immigrato legalizzato per poterlo sposare e in tal modo otterrà
un visto. Questo matrimonio non implica la convivenza ed è destinato all'annullamento.
La maggior parte di loro è impiegata nel settore dell'industria manifatturiera ma recentemente ci’è stato un
calo della disponibilità di posizioni lavorative. Molti domenicani, quindi, hanno aperto piccoli esercizi di
vendita al dettaglio (bodegas). Queste sono ubicate spesso in zone malfamate e i proprietari vengono
spesso aggrediti. lui loro difficoltà economiche sono aggravate dal costante flusso di migrazione di persone
che sono più disposte ad accettare salari più bassi e peggiori condizioni di lavoro.
I migranti dominicani sono gli abitanti più poveri della città di New York e gli stipendi delle donne sono
ancora più bassi anche se per loro è più facile trovare un Vigo stabile Negli Stati Uniti piuttosto che nella
Repubblica Dominicana. Questo acquisto di potere per le donne porta ad un'uguaglianza in famiglia e per
questo sono più gli uomini dominicani a desiderare di tornare a vivere nel loro paese.
I nuovi immigrati dall'asia sono molto eterogenei e grati che possiedi grati che possiedono redditi più alti
provenienti Della Repubblica di Corea, Giappone, Cina e India, per i rifugiati dal Vietnam, Cambogia in
Nepal.
Più di 125 milioni di vietnamiti dopo la guerra degli anni 70 ci sono trasferiti negli Stati Uniti, In Canada,
Australia, Francia, Germania e Gran Bretagna. Negli Stati Uniti formano il quarto gruppo più numeroso e si
possono distinguere in tre sottogruppi:
1. l'élite del 1975: Questi erano impiegati Degli Stati Uniti e i membri del governo e delle forze armate
sudvietnamite. molti di loro hanno raggiunto gli USA con la loro famiglia ottenendo un sostegno
economico. hanno ottenuto ottimi impieghi grazie a un buon livello di istruzione e la conoscenza
della lingua inglese.
2. il popolo delle barche: sono arrivati dopo il conflitto tra Vietnam medicina del 78. Di estrazione
contadina e fuggiti dal paese a bordo di imbarcazioni sovraccarichi sto rischiando la vita. prima di
essere messi negli Stati Uniti hanno trascorso molti mesi in campi per rifugiati. Sono meno istruiti e
dovettero affrontare la crisi economica degli Stati Uniti, perciò, ebbero meno aiuti economici.
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3. i vietnamiti di etnia cinese: sono una classe di imprenditori e una volta arrivati negli Stati Uniti molti
hanno potuto riprendere il ruolo di imprenditori. hanno comunque avuto difficoltà di adattamento
a causa della loro educazione non occidentale.
Dopo le innovazioni legislative del 65 molti professionisti indiani si sono trasferiti negli stati uniti,
principalmente a new York. Molti di quelli che hanno un grado di istruzione elevato, hanno trovato impiego
in ambito medico e ingegneristico; sono proprietari di alberghi economici o sono tassisti. loro hanno le
migliori condizioni di vita e danno molta importanza all'istruzione dei figli investendo molto, per questo
tendono ad avere pochi figli.
Molti di loro mantengono grande importanza i valori culturali hindu e lo stesso vale anche per i figli di
questi immigrati. l'induismo negli Stati Uniti deve offrire presso i templi rituali diversi: nel tempio Ganesha
inizialmente vi si celebrano gli stessi rituali dell'india, ma nel tempo, fu diversificato per richiamare hindu
provenienti da altri in regioni dell'india.
fino alla metà del diciannovesimo secolo L'Europa ha sperimentato migrazioni interne; successivamente
L'Europa meridionale conosce una nuova immigrazione dovuta alla necessità di lavoro, verso Stati Uniti,
Australia e Argentina. nel secondo dopoguerra il processo si è invertito e l'Europa diventava metà di
immigrazione. dagli anni 80 si è verificata invece una migrazione transnazionale.
uno dei motivi è la decolonizzazione di numerose aree che prima erano state sotto dominio coloniale di
potenze europee; Un altro motivo è l'incremento demografico delle aree più povere del mondo; un terzo
motivo è il potenziamento delle tecnologie della comunicazione che ha favorito la mobilità.
oggi le migrazioni verso l'Europa mediterranea sono determinate principalmente da individui in fuga da
guerre e conflitti che rischiano la vita. ci sono anche fattori di richiamo che hanno prodotto una domanda di
lavoro immigrato. la modernizzazione, l'urbanizzazione e l'aumento del livello di istruzione hanno portato al
rigetto del lavoro manuale e la concezione del prestigio familiare, che si riflette nella scelta di lavori
accettabili, lasciando quelli inaccettabili alla popolazione immigrata.
Il caso italiano
In Italia nel 74 c'è un saldo in parità tra partenze e arrivi. anno dopo anno gli stranieri aumentano sempre di
più e le regioni a maggior presenza di stranieri sono Lombardia, Veneto e Lazio. sei nazionalità maggiori
sono Marocco, Romania e Albania. Oggi gli stranieri residenti in Italia sono il 7,4% della popolazione. Negli
ultimi anni, l'Italia, come anche altri paesi, ha dovuto sviluppare delle politiche migratorie per far fronte al
crescente flusso di migranti.
nella ricerca antropologica sul Mediterraneo si è inizialmente privilegiato lo studio di villaggi e paesi isolati
sul modello dell'etnologia classica africanistica. ci si concentra sul funzionamento di specifiche società, sulle
130
comunità, i valori morali e i codici di comportamento, sulle forme di famiglia e sui valori dell'onore e
vergogna delle società mediterranee.
con l'intensificarsi di flussi migratori anche l'Italia ebbe la necessità di studiare relazioni, processi e dinamiche
più ampi. l'unione europea apre problematiche che riguardano processi di esclusione o incorporazione dei
migranti nel tessuto economico, sociale e culturale. le scienze sociali sono chiamate a riflettere sulle politiche
dell'identità e le nuove forme di cittadinanza post nazionale.
il contributo dell'antropologia culturale è quello di esplorare etnografica mente la vita delle comunità
migranti e le loro relazioni con la popolazione autoctona. Talli approcci ruotano attorno a temi
dell'assimilazionismo, multiculturalismo e dell'intercultura.
Il multiculturalismo
il multiculturalismo si rifà all'idea della compresenza e convivenza tra comunità e gruppi di diversa origine
culturale. esso, a differenza dell’assimilazionismo, non vuole cancellare le differenze etnico-culturali, ma
preservarle attraverso azioni politiche.
L'intercultura contrappone una visione delle relazioni tra gruppi etnici orientata al dialogo e allo scambio. è
un concetto nato e sviluppato in Francia e in Italia, e vuole contrapporre un modo di gestire le differenze
che teorizza e pratica il dialogo tra gruppi.
la salute dei migranti è esposta a rischi numerosi diversificati. i più fragili sono coloro la cui sussistenza
dipende da sistemi economici che richiedono mobilità. Per esempio, i cacciatori raccoglitori, orticoltori e
pastori.
le legislazioni nazionali che definiscono il numero e le tipologie di immigrati che possono essere accolti e
che determinano il modo in cui saranno trattati rispondono, in larga misura, a interessi politici ed economici.
le politiche nazionali sull'immigrazione hanno un impatto sulle comunità locali. La loro insoddisfazione
deriva dalla mentalità della sopravvivenza che induce a porre limiti all'espansione di determinati gruppi di
immigrati a causa di una presunta carenza di risorse. questo potrebbe spiegare l'ostilità nell'accogliere i
migranti.
In molti paesi del mondo, recenti tendenze conservatrici sono riuscite ad annullare le politiche migratorie
più progressiste. e opportuno distinguere tra migrazione forzata e volontario e distinguere tra i profughi
che godono il diritto al ritorno e quelli che non ne possono trarre vantaggio. Il diritto al ritorno è
131
considerato un diritto umano fondamentale: La Giordania e la Siria garantiscono ai rifugiati palestinesi gli
stessi diritti dei loro cittadini; Il Libano il governo si rifiuta di concedere loro questi diritti. quelli cinesi sono
consapevoli che la loro presenza in Libia non è gradita ma non possono tornare in Israele perché il governo
nega loro il diritto al ritorno.
Un altro esempio di migrazione interna forzata senza diritto al ritorno è quello degli sfollati a causa degli
uragani del 2005 a New Orleans e in Louisiana. Prima dell'uragano la popolazione era per il 54% bianca e il
36% nera; nel 2006 la popolazione era il 68% bianca il 21% nera. È evidente che i neri difficilmente potranno
tornare a vivere nelle proprie case.
13 - CULTU RA E SVILUPPO
L’antropologia dello sviluppo analizza le dinamiche dell’interazione tra cultura e “sviluppo” al fine di
migliorare le condizioni di vita delle diverse popolazioni e ridurre la povertà.
Gli esperti di progetti di sviluppo a Parigi, Roma o Washington D.C. si sono chiesti quali siano i criteri per
misurare la povertà e hanno elaborato categorie quali la povertà estrema, definita come grave mancanza di
accesso alle risorse d’importanza vitale, e la povertà cronica, che indica sempre la mancanza di accesso alle
risorse, ma che dura per tutta la vita o per generazioni.
Due categorie di cause che generano la povertà: le cause profonde e quelle immediate. Le cause
profonde includono quei fattori come i cambiamenti climatici; le disuguaglianze nel commercio globale; le
disuguaglianze all’interno dei paesi che mettono in difficoltà determinate regioni o gruppi etnici; e le
disuguaglianze di genere. Le cause immediate si riferiscono a quei fattori a breve termine, come un grave
disastro naturale che annienta rapidamente la capacità delle persone di provvedere alle proprie necessità
quotidiane. Le cause profonde tendono a trattenere le persone in condizioni di povertà rendendo difficile
per loro sottrarsi a tali situazioni, mentre quelle immediate considerano la possibilità che le persone
possano o meno essere in grado di sfuggire alla povertà, in base alle risorse di cui dispongono e del
contesto in cui vivono. Le cause combinate, profonde e immediate insieme, si rivelano disastrose e portano
alla povertà estrema e cronica. L’analisi di 293 “storie di vita” raccolte in Bangladesh fornisce un esempio di
come alcune persone riescano a uscire dalla povertà o a restarne fuori per un lungo periodo (Davis 2011). Di
tutto il gruppo studiato, il 18 per cento ha utilizzato prestiti di microcredito. Interventi come questi possono
infatti aiutare le persone a sottrarsi a condizioni di indigenza per lunghi periodi, anche in uno dei paesi più
poveri del mondo.
Due dinamiche sono alla base di tutti i cambiamenti culturali: la prima è quella dell’invenzione; la seconda è
quella della diffusione, ossia la propagazione della cultura attraverso il contatto.
L’invenzione
132
Pensando ad alcune delle più importanti invenzioni degli ultimi 100 anni, come l’automobile, l’aria
condizionata, i televisori e i telefoni cellulari, possiamo vedere i vantaggi e gli svantaggi che la produzione di
queste invenzioni comporta, tenendo conto anche degli ingenti costi ambientali e il crescente divario sociale
tra persone che possono permettersi queste nuove merci e abitudini rispetto a coloro che non possono.
La diffusione
La diffusione è una conseguenza logica dell’invenzione e può avvenire in diversi modi. Le culture dominanti
possono appropriarsi di elementi di quelle meno potenti, attraverso l’imperialismo culturale. Questo
processo può essere imposto con la forza oppure o può derivare da percorsi educativi o da dinamiche di
mercato che promuovano l’adozione di nuove pratiche e convinzioni.
I processi di acculturazione rendono le culture minoritarie più simili a quelle dominanti. In casi estremi, una
cultura può venire assimilata, o deculturata, perdendo i caratteri specifici della propria identità. In casi
ancora più estremi, una cultura minoritaria può essere condotta all’estinzione. Questi processi implicano
anche cambiamenti linguistici derivanti dal contatto con culture e lingue dominanti che, con la
globalizzazione e la diffusione di nuove tecnologie, hanno interessato numerosi popoli indigeni. Alternative
all’acculturazione sono l’adozione selettiva di alcune innovazioni, che vengono rielaborate localmente e
diventano oggetto di sincretismi – questo è il caso, per esempio, del gioco del cricket nelle Isole Trobriand
(Capitolo 11) – e il totale rigetto e la resistenza.
Nessuna visione dello sviluppo e della sua promozione è condivisa da tutti. Si presentano cinque diverse
teorie, o modelli, sullo sviluppo:
La modernizzazione
Ci sono sostenitori e critici della modernizzazione sia nei paesi ricchi, sia in quelli poveri. I suoi sostenitori
ritengono che i benefici della modernizzazione valgano i prezzi pagati dall’ambiente e dalla società.
Molti antropologi culturali sono critici poiché le loro ricerche mostrano che la modernizzazione
spesso danneggia l’ambiente, aggrava la disuguaglianza sociale, distrugge le culture locali e riduce la
diversità culturale e biologica nel mondo. Nonostante le forti critiche, la maggior parte dei paesi continua a
impegnarsi al fine di favorirla. Tuttavia, alcuni governi e gruppi di cittadini stanno promuovendo stili di vita
133
che richiedono un consumo minore di risorse non rinnovabili e rivolgono maggiori attenzioni alla
protezione dell’ambiente.
Lo sviluppo come cambiamento “indotto”, derivante dall’applicazione della teoria della modernizzazione nei
paesi in via di sviluppo, è emerso dopo la Seconda Guerra Mondiale. Secondo la teoria dello sviluppo
finalizzato alla crescita (growth-oriented development), gli investimenti finalizzati alla crescita economica
conducono al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni grazie all’effetto a cascata (trickle-
down effec).
Favorire la crescita economica dei paesi in via di sviluppo comporta le due seguenti strategie:
• la riduzione delle spese del governo per servizi pubblici come la scuola e la sanità, al fine di
diminuire il debito e destinare maggiori risorse a favorire l’aumento della produttività. Questa
strategia, definita di riassetto strutturale, è stata favorita dalla Banca Mondiale sin dagli anni
Ottanta.
Un indice utile alla valutazione del grado di sviluppo raggiunto tramite l’applicazione di questo modello è
quello del tasso di crescita economica e l’ammontare del prodotto interno lordo, o PIL.
Lo sviluppo distributivo
Lo sviluppo distributivo si distingue dallo sviluppo finalizzato alla crescita perché pone importanza sull’equa
distribuzione sociale dei suoi benefici. Secondo tale modello, l’effetto a cascata è inefficace, poiché non
arriva a interessare la popolazione indigente.
I sostenitori del modello distributivo ritengono che i governi dovrebbero garantire un equo accesso alle
risorse più importanti (Gardner e Lewis 1996).
Sebbene gli economisti conservatori “neoliberali” sostengano che la redistribuzione non sia né realistica, né
praticabile, i sostenitori dell’approccio distributivo ne citano i casi di successo. Una ricerca antropologica
condotta presso un villaggio del Kerala (uno stato dell’India meridionale) ha potuto testimoniare l’efficacia
della strategia di sviluppo redistributiva (Franke 1993). Sebbene nel Kerala il reddito pro-capite sia il più
basso di tutta l’India, per quanto riguarda la salute e l’istruzione in questa regione si registrano i dati migliori
del paese.
Lo sviluppo umano
Secondo questo modello, gli investimenti volti a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni producono
sviluppo economico, mentre non sempre è vero il contrario: come dimostra il caso del Kerala, il tasso di
crescita economica di un paese non sempre comporta anche il miglioramento delle condizioni di vita.
Secondo questo approccio, la crescita economica non è di per sé un fine e nemmeno una componente
necessaria dello sviluppo misurati in termini di benessere.
134
Lo sviluppo sostenibile
L’espressione sviluppo sostenibile identifica le strategie finalizzate ad apportare miglioramenti che non
implichino il consumo di risorse non rinnovabili e siano finanziariamente sostenibili nel tempo. I sostenitori
di questo modello ritengono che la crescita economica dei paesi ricchi sia molto onerosa per l’ambiente
naturale e per le persone e che non sarà sostenibile in futuro, dal momento che un numero sempre
crescente di paesi adotta economie basate sull’industrializzazione.
Esistono due principali tipologie: le istituzioni multilaterali, che associano numerosi paesi “donatori”, e
le istituzioni bilaterali, costituite solo da due paesi (il “donatore” e il “beneficiario”).
Le istituzioni multilaterali più importanti sono le Nazioni Unite e la Banca Mondiale. L’istituzione delle
Nazioni Unite risale al 1945 e conta più di 160 stati membri. Ciascuno di essi porta alle Nazioni Unite un
contributo finanziario commisurato alle sue disponibilità e ha diritto di voto nell’Assemblea Generale. Alle
Nazioni Unite fanno capo numerose agenzie che svolgono funzioni diverse (es. UNICEF, UNESCO, ecc.).
La Banca Mondiale riceve contributi da oltre 150 paesi membri. È stata fondata nel 1944, promuove il
modello della crescita economica in tutto il mondo. La Banca Mondiale è diretta da un Consiglio di
Amministrazione composto dai Ministri delle Finanze dei paesi membri, ciascuno dei quali dispone di un
numero di voti proporzionato al contributo finanziario: di conseguenza, le superpotenze economiche ne
hanno il predominio.
La Banca Mondiale promuove il cambiamento attraverso modelli di crescita economica in stile capitalistico
privilegiando investimenti in grandi progetti infrastrutturali rispetto a quei progetti sociali che riguardano la
salute e le scuole. Da cinquant’anni, la Banca Mondiale prende le distanze da quelle questioni considerate
apertamente “politiche”, compresi i diritti umani.
Tra le più importanti istituzioni bilaterali ci sono l’Agenzia di Cooperazione Internazionale Giapponese
(JICA), l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (USAID), il Dipartimento Britannico per lo
Sviluppo Internazionale (DfID). Queste organizzazioni differiscono tra loro per dimensioni complessive e per
il tipo di programmi che sostengono, per la proporzione tra gli aiuti erogati in forma di prestito da restituirsi
con gli interessi, e le sovvenzioni, che non prevedono la restituzione del finanziamento. Rispetto ad altre
istituzioni bilaterali, l’USAID tende a favorire l’erogazione di prestiti (che dovranno essere restituiti, con gli
interessi), piuttosto che le sovvenzioni (che sono più simili a donazioni).
I prestiti e le sovvenzioni possono essere vincolati o non vincolati. Nel primo caso, una percentuale dei
finanziamenti erogati per l’implementazione di un progetto è destinata all’acquisto di beni, consulenze e
servizi forniti dal paese donatore. Nel caso in cui non siano vincolati, il paese che ne è beneficiario potrà
decidere liberamente come utilizzarli. L’USAID concede più spesso prestiti vincolati, a differenza di paesi
come la Svezia, l’Olanda e la Norvegia, che tendono invece a erogare finanziamenti non vincolati.
135
Le istituzioni bilaterali si possono distinguere l’una dall’altra anche in base all’ammontare dei finanziamenti
che destinano ai paesi più poveri. Più dell’80 percento dei contributi erogati dal DfID del Regno Unito è
destinato ai paesi più poveri, mentre della maggior parte dei finanziamenti erogati dagli Stati Uniti per i
programmi di cooperazione internazionale sono beneficiari l’Egitto e Israele. Anche le tendenze a
privilegiare determinate tipologie di cooperazione variano da un’istituzione bilaterale all’altra.
Progetti su piccola scala avviati per iniziativa locale alternativi a quello dello sviluppo “calato dall’alto” (top-
down) che caratterizza l’azione delle agenzie che operano su larga scala. Questi progetti hanno maggiori
probabilità di risultare culturalmente compatibili, di godere del sostegno e della partecipazione delle
comunità locali e di avere successo.
L’espressione capitale sociale si riferisce alle risorse intangibili che sono insite nei rapporti sociali, nella
fiducia reciproca e nella cooperazione.
Le organizzazioni religiose finanziano un’ampia varietà di progetti di sviluppo “dal basso”. Nelle Filippine, il
movimento della Basic Ecclesiastical Community (BEC) (“Comunità Ecclesiastica di Base”), seguono i principi
generali della teologia della liberazione, che fondono quelli cristiani della compassione e della giustizia
sociale con la consapevolezza politica che si diffonde tra gli oppressi e con l’attivismo sociale. Il loro
successo è in parte dovuto al fatto che i loro membri sono stati in grado di mettere in atto strategie
economiche innovative, libere dai vincoli del capitalismo e implementabili con un limitato input di capitali.
Tuttavia, una BEC di Cebu City (sull’isola di Cebu, nelle Filippine) non ha avuto il successo sperato. Aveva
tentato di migliorare le condizioni di vita di coloro che si guadagnano da vivere racimolando risorse tra i
rifiuti di una discarica cittadina. Durante le riunioni della BEC, i cercatori di rifiuti non hanno avuto modo di
costruire tra loro un legame di solidarietà. La loro povertà era così estrema che i valori della cooperazione
non potevano competere con la lotta quotidiana che ogni giorno li vedeva impegnati nella ricerca di risorse.
Nei casi di povertà estrema in cui esistono poche, o nessuna, fonti di reddito alternative, può essere
necessario associare interventi governativi alle iniziative “dal basso” incentrate sulla fede.
Tutte le agenzie per lo sviluppo, tanto le grandi istituzioni multilaterali quanto le organizzazioni locali non
governative (ONG), realizzano i loro obiettivi implementando un progetto di sviluppo: una serie di attività
finalizzate ad attuare politiche di sviluppo.
136
Formulazione del progetto Definizione del progetto nei suoi dettagli
Valutazione del progetto Verifica della realizzazione degli obiettivi del progetto
Tutti i progetti di sviluppo prevedono un ciclo del progetto. L’intero ciclo è composto da cinque fasi
principali.
A partire dagli anni Settanta, gli antropologi applicati sono stati coinvolti in numerosi progetti di sviluppo.
Spesso questi progetti si erano risolti in penosi fallimenti (Cochrane 1979). Le tre principali cause di questi
insuccessi erano:
• i suoi benefici non raggiungevano il gruppo cui erano originariamente destinati (per esempio
quello degli indigenti o quello delle donne), bensì le élite o altri gruppi meno bisognosi;
• le condizioni di vita di chi ne avrebbe dovuto trarre beneficio erano peggiori alla fine del progetto
di quanto lo fossero prima della sua implementazione.
Un altro problema era la cattiva impostazione del progetto. I progetti erano stati concepiti da burocrati,
privi di alcuna conoscenza di prima mano delle condizioni e dello stile di vita delle popolazioni che
avrebbero dovuto beneficiarne.
La compatibilità culturale
L’analisi di molti progetti di sviluppo implementati negli ultimi decenni mostra quanto sia importante che
essi siano culturalmente compatibili (Kottak 1985).
Gli antropologi applicati possono contribuire all’elaborazione di un progetto che sia culturalmente
compatibile e aumentare così le sue probabilità di successo. L’antropologo Gerald Murray ha dato un
contributo positivo alla ridefinizione di un fallimentare e costoso progetto di rimboschimento sostenuto
dall’USAID e implementato ad Haiti (1987). Sin dall’era coloniale (Mappa 13.3) ad Haiti è in corso una
drammatica deforestazione. Un’altra causa è il fatto che i peyizan yo, ossia i piccoli contadini, hanno
bisogno di terra disboscata per coltivarla e far pascolare le capre. Le conseguenze ecologiche di queste
attività di deforestazione sono la diffusa erosione dei terreni e la diminuzione della loro fertilità.
137
Negli anni Ottanta l’USAID ha inviato milioni di piantine d’albero ad Haiti e il governo haitiano ha sollecitato
gli abitanti delle zone rurali del paese a interrarle, ma i peyizan yo si sono rifiutati di farlo e hanno dato le
piantine in pasto alle loro capre. Murray ha consigliato all’agenzia di sostituire le piante con alberi capaci di
crescere con rapidità. I peyizan yo hanno subito risposto positivamente a questo progetto, perché sapevano
che avrebbe portato loro benefici in un futuro non lontano.
I primi decenni dell’antropologia dello sviluppo sono stati dominati dall’antropologia tradizionale dello
sviluppo. Nell’antropologia tradizionale dello sviluppo gli antropologi portano il proprio contributo
all’elaborazione di politiche e programmi di sviluppo più efficaci.
La crescente consapevolezza dei danni provocati da molti progetti di sviluppo che si ritenevano capaci di
portare benefici ha portato alla nascita di quella che chiamiamo antropologia critica dello sviluppo. In
questa prospettiva gli antropologi assumono una posizione analitica critica e la domanda che si pongono è
“questo progetto è valido dal punto di vista della popolazione che ne sarà interessata e per l’ambiente in
cui vive?”. Se la risposta sarà affermativa, l’antropologo applicato potrà appoggiarlo, altrimenti potrà fornire
informazioni pertinenti e contestarlo pubblicamente al fine di ottenerne l’annullamento, oppure suggerire
modifiche utili a mitigarne gli effetti negativi.
I popoli indigeni sono stati spesso danneggiati e sono in genere numericamente in minoranza negli stati
che governano il loro territorio.
I popoli indigeni si distinguono dalla maggior parte delle minoranze in quanto solitamente vivono in regioni
remote e spesso ricche di risorse naturali e la distanza e l’isolamento li hanno in qualche misura protetti
dagli estranei.
Per ragioni diverse non abbiamo a disposizione dati statistici accurati sui popoli indigeni (Kennedy e Perz
2000). Il numero totale di indigeni nel mondo è di circa 400 milioni, pari a circa il 5% della popolazione
mondiale (First Peoples Worldwide 2015).
Come il colonialismo in passato, gli attuali interessi politici ed economici globali e nazionali comportano
spesso l’assunzione del controllo dei territori abitati dai popoli indigeni. Questa perdita di autonomia
economica, politica ed espressiva ha avuto effetti fisici e psicologici devastanti sui popoli indigeni e la
riduzione della biodiversità nell’ambiente naturale in cui vivono è una causa diretta del loro impoverimento,
della diffusione della disperazione e di un generalizzato declino culturale (Arambiza e Painter 2006; Maffi
2005). Questi processi interessano tutto il mondo ed espongono i popoli indigeni a nuovi rischi.
Gli stati del Sud-Est Asiatico attuano politiche di “trasferimento programmato” che comportano lo
spostamento dei popoli indigeni, o “tribù delle colline” (Evrard e Goudineau 2004). Sono in atto pressioni
internazionali volte a indurre le tribù delle colline a rimpiazzare la coltivazione di oppio con quella di altri
prodotti remunerativi.
138
Gli sforzi fatti per trovare una valida alternativa alla coltivazione dell’oppio sono falliti, specialmente tra i
Hmong, il popolo che maggiormente dipende dall’oppio come fonte di reddito.
Il governo tailandese, come quello del vicino Laos, ha tentato di trasferire in pianura gli orticoltori
dell’altopiano attraverso diversi programmi di trasferimento, ma, data la scarsa qualità del suolo, in pianura i
terreni sono meno produttivi e il tenore di vita e lo status economico degli orticoltori che hanno scelto di
trasferirsi sono peggiorati. In sintesi, cinquant’anni dedicati al cosiddetto sviluppo hanno avuto effetti
disastrosi per gli abitanti delle colline del Sud-Est Asiatico.
Oggi, i gruppi indigeni assumono avvocati e altri esperti come consulenti, al fine di riappropriarsi e
difendere i loro diritti territoriali oppure di attivarsi verso l’autodeterminazione e tutelarsi dai rischi
provenienti dall’esterno. Molti degli stessi indigeni sono diventati avvocati, ricercatori e fautori delle proprie
cause.
America latina
Pochi paesi dell’America Latina garantiscono una protezione legale contro l’appropriazione illecita delle
terre dei popoli indigeni.
A partire dagli anni Novanta, l’attivismo politico si è diffuso tra le popolazioni locali e ha dato luogo a
episodi di resistenza fisica, mentre continuano a esplodere conflitti violenti tra gruppi indigeni e strutture di
potere spalleggiate dallo stato, specialmente nel Chiapas, in Messico meridionale (Mappa 4.3, Capitolo 4).
Nel 2008 si è formata l’Alleanza Internazionale dei Popoli delle Foreste, con lo scopo di favorire la
partecipazione di rappresentanti dei popoli indigeni ai colloqui sui cambiamenti climatici globali e di definire
un programma che preveda una compensazione, da parte dei paesi ricchi e a beneficio di quelli in via di
sviluppo, per la salvaguardia delle foreste tropicali (Barrionuevo 2008).
Canada
In Canada la legge sancisce una distinzione tra due diverse tipologie di Popoli Nativi e di rivendicazioni
territoriali (Plant 1994). Le rivendicazioni specifiche derivano da controversie sorte a seguito di precedenti
accordi o trattati, mentre le rivendicazioni generali sono quelle avanzate da Popoli Nativi che non sono stati
allontanati dai loro territori e non hanno firmato alcun trattato o accordo. Alla maggior parte delle prime è
corrisposta una compensazione monetaria. Nella seconda categoria, invece, gli esistenti interessi minerari e
petroliferi hanno spinto i governi a intraprendere dei negoziati con i popoli indigeni, al fine di ottenere una
rinuncia da parte loro o la ridefinizione delle loro rivendicazioni.
Asia
In Asia la maggior parte degli stati si mostra riluttante a riconoscere diritti territoriali ai popoli indigeni (Plant
1994). In Bangladesh, la regione del Chittagong Hill Tracts, nel Sud-Est del paese, è stata oggetto di una
massiccia penetrazione da parte di gruppi provenienti dall’affollata regione delle pianure. Oggi i nuovi
arrivati occupano le terre più fertili e i popoli indigeni e le loro culture sono esposti a diversi rischi, da quelli
derivanti dalla sofferenza causata dalla perdita della terra e dello stile di vita tradizionale, a quelli connessi a
nuove minacce per la salute. Nella regione Asia-Pacifico alcuni popoli indigeni stanno attivamente
contestando la gestione statale del territorio e delle sue risorse. In alcuni casi la lotta dei popoli indigeni che
aspirano alla secessione dallo stato continua a costare molte vite, soprattutto le loro.
139
Africa
In Africa, gli interessi politici dei governi statali, orientati alla definizione e la difesa dei confini territoriali,
hanno danneggiato i popoli indigeni, specie i cacciatori-raccoglitori e i pastori. Il tradizionale territorio dei
Tuareg, per esempio, oggi è diviso tra cinque diversi paesi: Mali, Niger, Algeria, Burkina Faso e Libia (Childs
e Chelala 1994).
A causa dei conflitti politici nella regione, migliaia di Tuareg vivono in esilio in Mauritania e la loro situazione
è penosa. Emergono movimenti di resistenza, ma gli stati si mobilitano per reprimerli.
L’attivismo degli Aborigeni ha ottenuto un successo rilevante con la conquista del cosiddetto native
title (“diritto nativo”) (Colley 2002). Un punto di svolta fondamentale, in Australia, è legato al lavoro di Eddie
Koiko Mabo che ha convinto l’Alta Corte della legittimità della rivendicazione dei Miriam del 1992,
stabilendo un precedente per una serie di successive rivendicazioni territoriali espresse da popoli indigeni
dell’Australia.
Molti popoli indigeni hanno dato vita ad associazioni create per promuovere il cambiamento dall’interno.
In molti casi, più organizzazioni per lo sviluppo create dalle popolazioni indigene hanno unito le forze per
meglio rispondere a minacce provenienti dall’esterno (Perry 1996:245-246).
Sebbene si ripongano grandi speranze sulle nuove forme di resistenza che stanno emergendo e sulla
diffusione dell’auto-determinazione e delle forme autonome di organizzazione dei popoli indigeni, queste
speranze non si possono applicare a tutti i gruppi indigeni. Molti altri patiscono una durissima repressione
politica ed economica e sono a rischio di estinzione.
il colonialismo in passato e lo sviluppo oggi hanno avuto sulle donne effetti simili a quelli che hanno avuto
sui popoli indigeni. Spesso, l’occidentalizzazione e la modernizzazione sono alla radice di questa dinamica.
Un’altra tendenza è la propensione maschilista dello sviluppo, ossia la tendenza alla definizione e
l’implementazione di progetti di sviluppo che individuano gli uomini come beneficiari.
Nel corso degli anni Settanta i ricercatori hanno cominciato a rilevare e a dedicare pubblicazioni al fatto che
i progetti di sviluppo fossero perlopiù orientati a favorire gli uomini (Boserup 1970; Tinker 1976). Questa
tendenza a favorire gli uomini nei processi di sviluppo ha promosso la disuguaglianza di genere.
Quest’attenzione settoriale ha promosso in tutto il mondo la domesticazione delle donne, vale a dire che le
loro vite sono state orientate soprattutto all’ambito domestico e sono state allontanate da quello pubblico
(Rogers 1979).
La propensione maschilista dello sviluppo ha anche provocato il fallimento di alcuni progetti. Un progetto di
rimboschimento implementato in Burkina Faso, nell’Africa occidentale coinvolgeva esclusivamente gli
uomini e prevedeva che si occupassero della piantagione e della manutenzione degli alberi. Le consuetudini
140
culturali locali, però, prevedevano che fossero le donne a innaffiare le piante, mentre gli uomini erano
esclusivamente addetti alla piantagione. L’esclusione delle donne dal progetto ha decretato, così, il suo
fallimento.
L’analisi dei saperi, degli interessi e dei punti di vista delle donne ha portato la ricerca ad approfondire temi
nuovi e importanti e a una ridefinizione dello sviluppo finalizzata a rispondere alle loro esigenze (Tabella
13.2). Uno di questi temi è la violenza di genere i cui esperti si sono resi conto che le donne non potranno
partecipare a un programma di credito nel caso in cui temano di venire picchiate dai propri mariti per aver
lasciato l’ambito domestico. La Commissione delle Nazioni Unite sulla Condizione delle Donne ha stilato
una dichiarazione che contrasta la violenza ai danni delle donne, adottata nel 1993 dall’Assemblea Generale
(Heise, Pitanguy e Germain 1994). L’articolo 1 di questa dichiarazione sancisce che la violenza contro le
donne include “ogni atto di violenza motivato dal genere che provochi o possa provocare danni o
sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, ivi incluse la minaccia di tali atti, la coercizione o la
privazione arbitraria della libertà, sia che questi abbiano luogo in pubblico, sia nell’ambito privato”
(Consiglio Economico e Sociale 1992). In questa definizione si fa riferimento soprattutto alle donne adulte,
ma si citano anche le giovani ragazze.
Tabella 13.2 La violenza ai danni di donne e ragazze lungo il loro ciclo di vita.
Pre-nascita Aborto selettivo in base al sesso, maltrattamento fisico nel corso della gravidanza,
gravidanza forzata
Età adulta Stupro e abuso da parte del partner, omicidio per mano del partner, abuso
sessuale sul posto di lavoro, molestie sessuali
141
Vecchiaia Abuso e abbandono delle vedove, abuso delle anziane.
In molti paesi le donne hanno ottenuto miglioramenti del proprio status e delle proprie condizioni di vita
aderendo a organizzazioni. Queste organizzazioni vanno da quella delle madri che collaborano per
assicurare assistenza ai bambini a quelle creditizie, che mettono le donne in condizioni di avviare attività
imprenditoriali. Alcune sono locali e operano su piccola scala, mentre altre sono globali, come la
Banca Mondiale delle Donne, un’organizzazione internazionale nata in India e in Bangladesh a partire da
programmi di credito per donne lavoratrici indigenti.
A San Cristóbal, nel Chiapas, in Messico è emerso un sistema informale di reti sociali finalizzate a fornire
assistenza alle venditrici Maya indigenti. Queste nuove reti di solidarietà sono composte da familiari, vicini,
membri di congregazioni religiose e da altre venditrici.
Le reti sono nate a seguito di una serie di stupri e rapine iniziata nel 1987. Poiché i colpevoli erano individui
potenti e influenti, le donne non osavano formulare accuse contro di loro. Le riunioni pomeridiane che
facevano si sono trasformate in gruppi di auto-aiuto che forniscono assistenza finanziaria, assistenza ai
bambini, consulenze mediche e occasioni di formazione lavorativa. Questi gruppi attraverso l’azione
collettiva sono riuscite a migliorare le proprie condizioni di sicurezza.
La maggior parte dei finanziamenti per lo “sviluppo” è ancora riservata a progetti mastodontici che portano
più benefici non agli indigenti, ma a chi già possiede risorse.
I cosiddetti beneficiari dei progetti, cioè le popolazioni, spesso non vengono nemmeno consultati in merito
agli effetti che avranno sulle loro comunità. I critici parlano di sviluppo aggressivo: l’imposizione di progetti
e di politiche in assenza di un preventivo, libero e informato consenso da parte delle popolazioni interessate
(Tauli-Corpuz 2005). Questo modello di sviluppo non contribuisce in alcun modo a prevenire o ridurre la
povertà e viola i diritti umani delle popolazioni locali, compresi quelli di scegliere di continuare a vivere nella
propria terra e di prevenire la devastazione dell’ambiente naturale nel loro territorio.
Il progetto di vita è la visione che la popolazione locale ha della direzione che vuole dare alla propria vita, è
costruita in base alle sue conoscenze, alla sua storia e al suo contesto e include gli strumenti per la sua
realizzazione.
I progetti di vita possono essere considerati un diritto umano inerente alla Dichiarazione dei Diritti Umani,
ratificata dalle Nazioni Unite nel 1948. I processi di sviluppo che provocano degrado ambientale violano i
diritti umani.
Le principali industrie estrattive minerarie, petrolifere e di gas sono talmente orientate al profitto da non
tenere seriamente in considerazione gli interessi delle popolazioni locali e i rischi per l’ambiente. La Rio
142
Tinto, una delle maggiori società minerarie del mondo, chiama gli antropologi culturali a collaborare alla
definizione di strategie capaci di garantire un trattamento più equo alle “popolazioni interessate” e di
assicurare, una volta chiusa la miniera, la “mitigazione” dei danni all’ambiente (Cochrane 2009).
La connessione tra turismo culturale e sviluppo offre benefici ma impone anche costi (Bauer 2006). La
promozione del patrimonio culturale attraverso il turismo richiede il potenziamento di infrastrutture E altre
risorse necessarie ai turisti e al personale incaricato di fornire loro dei servizi. Questo tipo di turismo può
contribuire a salvaguardare e difendere il patrimonio culturale, ma la presenza dell’industria del turismo e
degli stessi turisti può danneggiarlo e distruggerlo. Famosi siti eletti dall’UNESCO a Patrimonio dell’Umanità,
come Angkor Wat in Cambogia e Machu Picchu in Perù, stanno subendo danni concreti, causati dalla
presenza di un enorme numero di turisti. Venezia, la città più visitata al mondo, corre maggiormente il
rischio di sovraccarico e di subire un degrado ambientale a causa del numero sempre crescente di battelli
turistici che attraversano i suoi canali e l’enorme quantità di spazzatura che i turisti lasciano dietro di sé
(David e Marvin 2004). Sebbene la pubblicità delle agenzie turistiche mostri immagini romantiche di coppie
in gondola o sedute in una deserta Piazza San Marco, nella realtà quelle coppie sarebbero circondate da
folle di turisti e da assillanti commercianti locali.
Un tema sempre più rilevante è quello della legislazione sulla proprietà intellettuale: in tutto il mondo,
sempre più avvocati sono chiamati a fornire definizioni legali e a difendere i diritti su diverse forme di
conoscenza e comportamento culturali.
Ogni fase di questi processi ha implicazioni economiche ed è molto difficile monetizzare il senso d’identità
di una popolazione che si definisce in relazione a un luogo, un prodotto o un sapore.
Nei prossimi anni la cultura avrà un ruolo importante nelle dinamiche di sviluppo e nelle trasformazioni
globali, regionali e locali. Per l’antropologia culturale è difficile immaginare quale sia il modo migliore di
mettere le proprie conoscenze al servizio di un futuro migliore per l’umanità. Tuttavia, le popolazioni locali
che stanno ridefinendo lo sviluppo e rivendicando la propria cultura, stanno anche contribuendo a ridefinire
la teoria, le pratiche e le applicazioni dell’antropologia culturale.
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