Antropologia Culturale

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ANTROPOLOGIA CULTURALE

Distinzioni terminologiche
Il termine antropologia significa discorso intorno al genere umano e definisce un insieme di indirizzi e
tradizioni di studio che ha assunto delle peculiarità nei paesi dove l’antropologia ha un maggiore spessore
teorico. La principale distinzione in uso è tra:

 Antropologia fisica che studia l’umanità dal punto di vista biologico;


 Antropologia culturale che studia l’umanità dal punto di vista culturale.

Esistono inoltre altri termini come: etnologia, antropologia sociale, etnografia, demologia e altri termini
antichi ormai in disuso. Ciascuno di questi termini ha assunto significati differenti nei diversi paesi: ad
esempio negli USA il termine antropologia definisce lo studio della specie umana, delle sue origini
preistoriche e delle sue diverse espressioni contemporanee. A differenze di altre discipline interessate al
genere umano, l’antropologia è caratterizzata da maggiore profondità temporale ed è indirizzata ad una
maggiore varietà di temi. Sempre negli USA l’antropologia è divisa in quattro campi di studio:

 Antropologia fisica che studia la specie umana partendo dalla sua evoluzione nel tempo:
 Archeologia che è lo studio delle culture umane attraverso l’analisi dei resti del passato;
 Antropologia linguistica che studia la comunicazione umana e le sue origini;
 Antropologia culturale che studia le popolazioni e le culture contemporanee.
Allo stesso tempo in Inghilterra si è sviluppata maggiormente l’antropologia sociale, nata negli anni ’20.
Questa antropologia, differentemente dall’indirizzo americano, non dà molta enfasi al concetto culturale
bensì sulla dimensione sociale e sul funzionamento dei sistemi delle strutture sociali.
Il termine etnologia (discorso intorno ai popoli) è stato usato a volte come sinonimo di antropologia
culturale, ma ha acquisito spesso diversi significati: in Europa continentale definiva lo studio delle culture
extraeuropee. Dal punto di vista dell’Italia, l’antropologia definiva lo studio dei caratteri fisici dell’umanità,
l’etnologia studiava i popoli extraeuropei e la demologia indicava lo studio delle culture popolari europee.
Negli anni ’80 in Italia entrò in uso l’espressione discipline demoetnoantropologiche che riunisce
nell’acronimo “DEA” la demologia (storia delle tradizioni popolari), l’etnologia (studio delle culture
etnologiche extraeuropee) e l’antropologia culturale (indirizzo incentrato sulla riflessione teorica e lo studio
delle società complesse). In Italia, dunque, non vi è la presenza dei four fields americani ma l’antropologia
culturale, sociale e l’etnologia vengono viste come dei sinonimi, includendo anche lo studio delle culture
popolari.
Antropologia culturale come discorso sull’”altro”
L’antropologia culturale è una disciplina scientifica nata in Occidente e studia le popolazioni contemporanee
e le loro culture, laddove per cultura si intende l’insieme dei comportamenti e delle credenze appresi e
condivisi dalle persone. L’antropologia culturale studia ed analizza le somiglianze tra le culture e in che
modo esse cambiano; per fare questo, gli antropologi, trascorrono lunghi periodi insieme alle persone che
studiano. L’antropologia culturale nasce anche per salvaguardare le diverse culture passate non più esistenti
nei paesi industrializzati. Guardando l’altro, l’antropologia culturale ci porta a vedere più da vicino noi stessi
e a rendere familiare ciò che è estraneo e viceversa (Spirro, 1990).
Il caso dello studio degli Inacirema, la cui cultura è stata descritta per la prima volta nel 1956, è un buon
esempio di questo approccio. Gli Inacirema sono una popolazione nordamericana. Secondo la loro mitologia
la loro nazione è stata fondata da un eroe culturale che ha superato anche diverse prove di forza. Gli
Inacirema donano molte attenzioni al corpo umano, in particolare durante un rituale sacro quotidiano. In
realtà gli Inacirema non sono altro che gli Americani e attraverso questo scherzo, Miner, volle presentare un
esercizio di defamiliarizzazione, tipico dello sguardo antropologico. Miner ha voluto anche alludere al fatto
che l’antropologia non è solo lo studio del primitivo, se fosse così l’antropologia sarebbe una disciplina
residuale in quanto il suo oggetto starebbe sul punto di scomparire.
La storia dell’antropologia culturale in sintesi
Le origini risalgono ai tempi di Erodoto, Marco Polo e Ibn Khaldun i quali viaggiavano scrivendo appunti
sulle culture con le quali entravano in contatto. Più attualmente la disciplina viene affrontata durante
l’Illuminismo francese da Montesquieu infatti, nel suo volume Lo spirito delle leggi, viene trattato il
temperamento, l’aspetto ed il sistema governativo dei diversi popoli in tutto il mondo. Montesquieu faceva
risalire le differenze culturali ai diversi climi caratterizzanti i diversi ambienti di vita delle diverse
popolazioni. I protagonisti principali della fondazione dell’antropologia culturale nel tardo Settecento e
all’inizio del XIX secolo sono i britannici Tylor e Frazer e lo statunitense Morgan. Essi si sono ispirati alla
teoria evoluzionistica ed elaborarono un modello di evoluzione culturale secondo cui tutte le culture si
evolvono nel tempo. Bronisław Malinowski è uno studioso polacco che ha determinato maggiormente lo
sviluppo dell’antropologia culturale moderna; egli infatti introdusse la pratica della ricerca sul campo con
l’osservazione partecipante. Definì l’approccio teorico del funzionalismo (che assimila le culture agli
organismi biologici) il quale è connesso con l’olismo, ovvero la convinzione che vi sia una connessione
esistente tra il tutto e le sue parti. Questo mise in totale crisi i paradigmi evoluzionistici etnocentrici. Franz
Boas è considerato il padre dell’antropologia culturale nordamericana. Durante la sua permanenza con la
popolazione degli Inuit, Boas realizzò che tutte le culture sono individuali e hanno una propria validità. Egli
introdusse il concetto di relativismo culturale, ovvero la convinzione della necessità di comprendere le
singole culture a partire dalle idee e dai valori che sono loro propri. Boas introdusse anche un approccio
basato sul particolarismo storico, ovvero sullo studio particolare delle singole culture. L’interesse di Boas
per le relazioni tra individuo e cultura è stato alla base della nascita di una branca dell’antropologia
americana fondata dai suoi allievi e nota come scuola di cultura e personalità che teorizzava l’esistenza di
un ethos intorno al quale ogni singolo individuo sviluppa strutture psicologiche comuni. La più famosa
allieva di Boas è Margaret Mead ed è stata tra i primi antropologi ad occuparsi di antropologia pubblica e
ha ritenuto importante la divulgazione delle conoscenze antropologiche in quanto capaci di indurre
cambiamenti sociali positivi. L’antropologia culturale si diffuse ampliamente negli USA dopo la Seconda
Guerra Mondiale e di conseguenza aumentò la varietà di proposte teoriche. Molti studiosi svilupparono
teorie basate su fattori ambientali facendo emergere il fatto che ambienti simili potessero portare alla nascita
di culture altrettanto simili. In quegli anni l’antropologia britannica con Radcliffe-Brown si orientò verso
una prospettiva struttural-funzionalista che diede vita all’antropologia sociale intesa come scienza
naturale della società. I suoi allievi proseguirono sulla prospettiva del maestro eccetto Evans Pritchard che
mise in discussione il fatto che l’antropologia fosse una scienza naturale della società alla ricerca di leggi,
affermando che l’antropologia è più vicina alle scienze storiche che non a quelle naturali. Nello stesso
periodo Lèvi-Strauss elaborò una prospettiva decisamente diversa ed influenzata da una visione filosofica,
conosciuta come strutturalismo francese. Egli riteneva che il miglior modo per capire una cultura fosse
quello di raccogliere tutti gli aspetti di vita sociale e culturale analizzandone i loro temi soggiacenti. Al
contrario di Radcliffe-Brown, che affermava che la struttura fosse l’insieme delle relazioni sociali esistenti
tra istituzioni, individui e gruppi, per Lèvi-Strauss la struttura è un inconscio che è al di sotto delle relazioni e
delle pratiche sociali e si esprime nella reciprocità e nello scambio. Lo strutturalismo francese ha ispirato lo
sviluppo dell’antropologia simbolica, ovvero lo studio della cultura intesa come sistema di significati.
Negli anni Sessanta in antropologia ha preso piede la teoria marxista. Questa nuova prospettiva diede i natali
ad una nuova Scuola teorica statunitense, quella del materialismo culturale. Esso è un approccio allo studio
culturale che si concentra di più sugli aspetti materiali dell’esistenza umana. Sempre in quegli anni nacque
una nuova prospettiva teorica: quella dell’antropologia interpretativa con Geertz come maggiore
esponente. Secondo questa nuova prospettiva per comprendere una cultura è necessario concentrarsi sul
pensiero delle persone. Infatti, per Geertz, la cultura è un sistema aperto di simboli e significati che devono
essere decodificati dall’antropologo. Questa prospettiva teorica fu portata agli estremi dall’antropologia
postmoderna la quale ritiene possibile la costruzione delle rappresentazioni dell’altro a partire da strategie
retorico-testuali. Questa teoria si potrebbe rivedere nello strutturismo, una prospettiva secondo la quale
potenti strutture possono influenzare il pensiero ed il modo di agire delle persone.
Nei decenni passati emersero nuove prospettive teoriche come l’antropologia femminista che analizzava i
ruoli delle donne nelle diverse culture; l’antropologia gay e lesbica che si dedica allo studio delle culture gay
e delle discriminazioni. I principali indirizzi di specializzazione dell’antropologia culturale attualmente
esistenti sono: l’antropologia economica, l’antropologia applicata, l’antropologia polista e l’antropologia
dello sviluppo.
Il concetto antropologico di cultura
La cultura è al centro dell’antropologia culturale, dunque dovrebbe avere una definizione unica. In realtà non
è così. La prima definizione di cultura è stata proposta da Tylor nel 1871 ed è stata definita come “l’insieme
complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi capacità
acquisita dall’uomo in una società”. In precedenza vi era una concezione colta ed etnocentrica della cultura,
intesa come patrimonio di conoscenze che l’individuo accumula. Nel corso della storia antropologica, molti
studiosi hanno cercato di andare oltre alla definizione tyloriana. Secondo un allievo di Boas la cultura è un
livello superorganico che va al di là della natura; da qui l’antropologa Benedict arrivò all’idea che ogni
società possedesse un proprio insieme di modelli culturali. Nell’antropologia culturale contemporanea,
invece, la cultura è vista come: stile di vita nel suo insieme, che un gruppo ha acquisito socialmente (Harris);
un insieme di simboli e significati, motivazioni, stati d’animo e pensieri ma non comportamenti (Geertz).
Tutti gli esseri umani hanno una cultura che ha anche un versante più specifico. Infatti, a partire da qualche
decennio, il termine cultura è stato posto spesso al plurale per intendere specifici modi di vita appresi. Questo
termine al plurale indica le micro-culture, ovvero insieme di specifici schemi circoscritti in una determinata
area.
Le caratteristiche della cultura
Si può dire che la cultura è distinta dalla natura e che la loro relazione è di grande interesse per gli
antropologi. Per comprendere come le culture si distinguono dalla natura è indispensabile prendere in esame
il modo in cui le esigenze primarie e naturali vengono traslate nella vita dei diversi contesti culturali.
La cultura influenza senz’altro le nostre abitudini alimentari e attribuisce significati al nostro cibo e alla
nostra alimentazione. La cultura rende alcuni alimenti accetti o meno. Ad esempio in Cina il formaggio è
poco appetibile mentre in Francia è molto apprezzato. In Cina la carne di maiale è molto apprezzata, mentre
la religione ebraica e l’Islam proibiscono il consumo di questa. Anche la percezione del gusto cambia; infatti
alcuni ricercatori occidentali hanno individuato quattro categorie del gusto: dolce, amaro, acido e salato. In
ogni caso esistono altri tipi di gusto. Ad esempio l’umami (sapidità) è una categoria molto importante
nell’Asia orientale, ma non è presente nell’occidente. Il popolo Weyèwa, invece, distingue 7 categorie di
sapori: acido, dolce, salato, amaro, aspro, blando e pungente. Anche il metodo in cui mangiamo è influenzato
dalla cultura. Ad esempio in India le regole impongono che si usi solo la mano destra, la sinistra è
considerata sporca poiché viene usata per pulirsi dopo essere andati di corpo. La mano destra pulita di una
persona è considerata una posata ideale, mentre l’argenteria usata da altri è considerata sporca anche se
lavata. In alcune culture è corretto mangiare dal proprio piatto, mentre per altre è diritto mangiare da un
piatto condiviso a centro del tavolo.
Esistono anche differenze culturali legate al bere. Ogni cultura stabilisce quando bere, cosa bere e con chi
bere e attribuisce significati alle bevande. In Francia, ad esempio, durante i pasti di famiglia è consuetudine
consumare dosi generose di vino da tavola. Negli USA le famiglie consumano generalmente acqua. In India
l’acqua viene servita e consumata alla fine dei pasti. Spesso le culture codificano il significato di particolari
bevande e il modo corretto per consumarle e servirle. Bere in compagnia, infatti, crea e rinsalda le relazioni.
Le bevute collettive di birra nelle fraternità nordamericane ne sono un buon esempio.
Stranamente anche il dormire è influenzato dalla cultura. Tra gli indigeni della regione amazzonica, in effetti,
le madri e i piccoli condividono la stessa amaca per mesi e la poppata avviene ogni volta che il piccolo ha
fame. La cultura influenza anche la quantità di tempo che un uomo dedica al sonno. In India le donne
dormono meno degli uomini poiché devono svegliarsi presto per accendere il fuoco e preparare le pietanze
mattutine. Nell’America settentrionale le personalità di tipo “A” dormono un numero di ore relativamente
poche poiché per loro dormire molto è segno di debolezza. In molte grandi città del Giappone è diffuso un
disturbo chiamato eccessiva sonnolenza diurna alla quale sono correlati numerosi incidenti sul lavoro,
assenteismo e diminuzione della produttività. La probabilità di soffrire di ESD è doppia per le donne e
colpisce maggiormente le donne sposate.
Andare di corpo è anche influenzato dalla cultura. In molte città europee sono presenti orinatoi pubblici per
gli uomini ma non per le donne. Sempre in India non sono presenti stanze da bagno ma ogni mattina gruppi
di donne e ragazze escono di casa per raggiungere una determinata area dove accucciarsi e nel frattempo
conversare; anche gli uomini vanno di corpo fuori casa ma in un posto differente. Ognuno di essi porta nella
mano sinistra una ciotolina di ottone con dell’acqua per lavarsi. Questa usanza ha dei vantaggi ecologici in
quanto contribuisce alla concimazione dei campi e non produce rifiuti cartacei. Presso alcune popolazioni i
prodotti di evacuazione sono considerati inquinanti e disgustosi. In alcune società della Papua Nuova Guinea
le feci vengono seppellite con molta cura per paura che qualcuno le possa trovare ed usarle contro di loro
tramite riti magici. Tuttavia non sono disprezzate in tutto il mondo. Per alcune culture native americane,
l’urina delle donne veniva considerata come medicinale e detergente ed era denominata “acqua della vita”.
Durante alcuni funerali veniva spruzzata sul defunto nella speranza che il cadavere potesse ritornare in vita.
L’urina veniva conservata in recipienti di legno e diluita con acqua per alcuni riti, ad esempio il primo bagno
di un neonato.
La cultura si basa sui simboli ed il simbolo è un oggetto, una parola od un’azione di significato culturalmente
codificato. I simboli sono molteplici e non si possono fare previsioni su di essi. Nonostante sembra facile
pensare ad una persona che ha fame che fa cenno allo stomaco, non avremmo mai potuto immaginare che
nella lingua Hindi una persona che ha fame direbbe “i topi stanno saltando nel mio stomaco”.
La cultura deve essere anche appressa nei diversi contesti. Una parte dell’apprendimento culturale avviene in
modo inconsapevole durante la nostra vita. La maggior parte delle culture, però, non è stata tramandata
scolasticamente ed alcuni bambini acquisiscono la cultura attraverso l’osservazione.
La cultura è considerata come un insieme organico e coerente. Questo è importante per gli antropologi che
sono consapevoli del fatto che cambiare le abitudini culturali ad una popolazione è molto dannoso per il
benessere e la sopravvivenza della cultura in questione. In ogni caso le diverse culture interagiscono e si
trasformano, anche grazie alle occasioni di contatto fornite dalle reti commerciali. Questo anche grazie alla
globalizzazione che non si espande in modo uniforme e gli effetti sulle culture locali variano in misura
sostanziale. Su questo argomento sono nate 4 teorie dell’interazione culturale che riguardano le possibili
varianti in una cultura:
1. La tesi dello scontro di civiltà la quale sostiene che l’espansione globale del capitalismo e degli stili
di vita euro-americani ha sviluppato delusione. Tutto questo potrebbe portare in futuro alla
uniformazione culturale con successive guerre identitarie e culturali;
2. La teoria della McDonaldizzazione al centro della quale vi è la cultura del fast-food, con i suoi
relativi principi della produzione di massa, velocità e standardizzazione;
3. L’ibridazione che si ha quando gli aspetti di due o più culture si combinano per formare qualcosa di
nuovo. Ad esempio in Giappone può capitare che una donna anziana si inchini per ringraziare uno
sportello automatico di una banca;
4. La localizzazione, ovvero la trasformazione della cultura globale in qualcosa di nuovo per opera
delle micro-culture.
Mondi culturali molteplici
Negli ambiti culturali si riscontra una vasta varietà di micro-culture. Quando esse si prendono in esame è
importante considerare il divario esistente tra differenza e gerarchia.
La classe è una categoria basata sulla posizione economica, ed è misurata solitamente in termini di entrate e
di uscite. Le classi sono inquadrate in un sistema gerarchico.
Con il termine “razza” si definisce una popolazione con caratteristiche biologiche uguali. Questo termine è
stato vittima di controversia negli anni e quindi è opportuno metterlo tra virgolette. Negli USA e in
Sudafrica, ad esempio, la “razza” è definita in base al colore della pelle. In Cina la classificazione avveniva
in base alla peluria sul corpo. Attraverso gli studi antropologici si è arrivata alla conclusione che le
classificazioni razziali sono più che altro delle costruzioni culturali.
Con il termine etnia ci si riferisce al senso d’identità di un gruppo, basato sulle condivisioni di determinati
elementi culturali. Ad esempio gli Afro-Americani, Italo-Americani e così via. Anche se radicalmente
differente dal termine “razza” è stato anch’esso alla base di discriminazioni. Ad esempio l’etnia Han, in
Cina, domina da secoli sui gruppi etnici minoritari.
I popoli indigeni sono dei gruppi di individui che hanno legami di lunga durata con la terra di origine ed in
genere sono numericamente minoritari.
Il termine genere indica comportamenti e modi di pensare che sono attribuiti a maschi, femmine o ad un
genere misto detto “terzo” genere. Il genere è distinto dal sesso che si basa su degli indicatori biologici.
Passando da una cultura ad un’altra, le differenze attribuite al genere variano assai. Ad esempio in Tailandia
gli uomini e le donne hanno corporatura pressoché simile, l’abbigliamento è simile e i loro compiti agricoli
sono complementari. Differentemente, nella Nuova Guinea, vengono applicate rigide distinzioni di genere
tanto che uomini e donne hanno anche alimentazione diversa. Gli uomini, in queste popolazioni, attuano dei
riti per purificarsi dal contatto con sostanze femminili: si infliggono sanguinamento dal naso o dal pene,
vomito, sudorazione e provvedono al raschiamento della loro lingua. Gli uomini hanno dei flauti che usano
durante determinati riti e, se una donna osa guardare il flauto, essi hanno il diritto di ucciderle.
Il ciclo degli esseri umani conduce le persone ad apprendere la cultura attraverso degli stadi da dover
affrontare correttamente. Ad esempio l’insieme dei membri del Senato e della Camera dei Deputati degli
USA è una micro-cultura stratificata sulla base dell’età. The Hill è una gerontocrazia (gruppo governato dai
membri più anziani) e gli anziani hanno ovviamente più privilegi.
Le istituzioni sono organizzazioni stabili create per scopi particolari e dotate di specifiche micro-culture.
Esempio di istituzioni sono gli ospedali, le scuole, le prigioni e le università. All’interno di queste istituzioni
sono presenti alcune regole da dover rispettare. Alcuni antropologi hanno dimostrato che spesso alcune
istituzioni rinforzano gli stereotipi e le disuguaglianze. Un esperimento di una scuola media ha rivelato che
nel loro istituto gli insegnanti tendono ad emarginare le studentesse immigrate del Messico. Il modello
mentale di un “buono studente” richiede ai ragazzi di essere:

 Motivati ad andare bene a scuola;


 Sportivi;
 Popolari ed amici di studenti capaci;
 Membri di una famiglia solida.
Tre dibattici teorici nell’antropologia culturale
Il determinismo biologico cerca di spiegare il comportamento ed il modo di pensare delle persone a partire
da fattori biologici. Gli studiosi di questa corrente teorica cercano di individuare geni o ormoni che
contribuiscono a generare comportamenti come omicidio od alcolismo. Gli studiosi prendono in esame anche
le abitudini culturali in quanto influiscono molto al “successo riproduttivo della specie”. Con questi elementi
i deterministi biologici hanno dato una spiegazione al fatto che gli uomini hanno un senso dello spazio
migliore rispetto alle donne. Questo dovrebbe essere dato dall’evoluzione in quanto gli uomini erano addetti
alla caccia per la ricerca di cibo.
Nel costruzionismo culturale i comportamenti e le idee degli uomini sono spiegati come apprendimento
modellato della cultura. Per fare un esempio i costruzionisti culturali non pensano che l’abilità di
orientamento degli uomini sia un fatto evolutivo, bensì una dote tramandata culturalmente.
La maggior parte degli antropologi culturali, infine, è costruzionista ma in alcune ricerche tendono a
prendere in considerazione anche i fattori biologici.
L’antropologia interpretativa studia la cultura attraverso l’analisi di ciò che pensano gli individui di una
popolazione. Ad esempio, per capire le abitudini alimentari Hindu, gli antropologi chiedono a loro il perché
non mangiano la carne di manzo. Gli Hindu tendono a spiegare questo in termini religiosi, infatti nel loro
credo le vacche sono sacre ed ucciderle per mangiarle è peccato. Per gli interpretativisti questa risposta è
sufficiente. I materialisti culturali, invece, studiano la cultura partendo dagli aspetti materiali dell’esistenza
come l’ambiente naturale ed il modo in cui gli esseri umani lo abitano. Per i materialisti sono questi a
modellare le diverse culture. Essi per spiegare la cultura usano un modello interpretativo composto da tre
livelli:
1. Il livello inferiore dell’infrastruttura che si riferisce alle risorse naturali;
2. Il livello centrale della struttura che sarebbe l’organizzazione sociale, politica e la parentela;
3. Il livello superiore della sovrastruttura che rappresenta le idee, i valori e le credenze.
Il secondo ed il terzo livello sono influenzati dal livello dell’infrastruttura.
Il materialista culturale non pensa che gli Hindu non mangiano carne perché è sacra, bensì pensano che in
India il bestiame ha un ruolo più importante da vivo che non da morto. Per gli Occidentali questi animali
sono inutili in quanto vivono nelle città, per gli Hindu invece sono molto importanti poiché si nutrono di
cartacce ed altri materiali commestibili e dalle loro feci dette “oro marrone” gli Hindu fanno un ottimo
concime naturale e un combustibile per le loro case senza tralasciare il fatto che sono utili per arare i campi.
Il pensiero filosofico occidentale si rifà molto all’agency individuale, ovvero alla capacità di compiere scelte
ed esercitare il libero arbitrio. Tuttavia gli strutturisti ritengono che il libero arbitrio altro non è che
un’illusione, poiché le scelte degli individui sono preordinate da forze dalla portata più ampia.
La ricerca etnografica: metodologie di ricerca in trasformazione
Oggi la maggior parte degli antropologi culturali raccoglie i propri dati attraverso la ricerca sul campo al fine
di studiare ed analizzare una cultura attraverso l’osservazione. I primi antropologi culturali, però, portavano i
propri studi a tavolino per analizzarli (antropologia da tavolino) ma analizzavano culture distanti portate a
loro da viaggiatori o missionari. Tra il XIX ed il XX secolo gli antropologi furono finanziati dallo Stato per
raggiungere i territori colonizzati per avvicinarsi alle nuove popolazioni. Questa è detta antropologia da
veranda poiché l’antropologo chiedeva ai nativi di raggiungerlo nella sua veranda dove aveva il suo ufficio.
Durante il primo conflitto, ci fu un’importante svolta nel campo antropologico-culturale: la ricerca sul campo
venne combinata all’osservazione partecipante. Quest’ultima è un metodo di ricerca che richiede di
raccogliere i dati ma nello stesso tempo di vivere per un lungo periodo con le comunità da studiare. Il padre
dell’osservazione partecipante è Bronisław Malinowski che visse a stretto contatto con gli abitanti delle isole
Trobriand dai quali imparò la loro lingua. Attraverso il metodo di Malinowski sono state prodotte nella prima
metà del Novecento alcune delle più note etnografie della storia antropologica. I diversi approcci di ricerca
sviluppati nel XX secolo, hanno portato al positivismo. Quest’ultimo è una corrente filosofica che fa da base
alle scienze fisiche. Secondo il positivismo una conoscenza scientifica è tale solo se si segue un approccio
metodologico che indaga sulla causa e sugli effetti del fenomeno che si analizza. Quindi il compito
principale dei positivisti negli anni è stato quello di produrre una conoscenza oggettiva. Nonostante questa
corrente filosofica sembrava essere appoggiata e condivisa da tutti gli antropologi, ci furono diverse critiche
negli anni ’70. Si iniziò, dunque, a vedere la conoscenza antropologica come un qualcosa che si basa
principalmente su una relazione dialogica tra soggetti piuttosto che come un prodotto dell’osservazione di
fatti oggettivi; infatti ciascun antropologo può rappresentare una cultura in modo differente. Durante questo
periodo emersero tre fondamenti della produzione della conoscenza antropologica:
1. La dimensione soggettiva, ovvero quello che sta dietro sia all’antropologo che alle persone studiate;
2. La dimensione etica, che è alla base della relazione tra l’antropologo e coloro che osserva;
3. La dimensione politica e le relazioni di potere che caratterizzano la reazione sul campo tra
antropologo e i soggetti che studia.
Dunque si dovrebbe avere la consuetudine che i soggetti studiati non sono degli oggetti ma degli esseri
umani che possono essere relazionati all’antropologo. Questa nuova consapevolezza prende il nome di svolta
riflessiva. La riflessività considera la ricerca sul campo come il prodotto di un dialogo tra ricercatore ed un
informatore.
Ai giorni nostri, a causa della globalizzazione, non esistono molte culture apparentemente isolate dal mondo.
Tuttavia questo scaturì la nascita alla fine del XX secolo di nuove metodologie di ricerca; una di queste è la
ricerca multisituata. Essa è la ricerca sul campo condotta in vari territori. Questa ricerca si occupa
principalmente dei popoli migranti.
La ricerca sul campo in antropologia culturale
Fare ricerca sul campo trasforma l’esistenza di tutti coloro che ne sono coinvolti. Prima di recarsi sul campo
il ricercatore deve scegliere un argomento di ricerca. Il tema deve essere significativo e realizzabile. Spesso i
progetti di ricerca sono ispirati da tendenze ed eventi significativi come l’epidemia del virus HIV/AIDS.
Anche i conflitti possono essere oggetti di studio di un antropologo che si pone il compito di capire le cause.
Un’altra possibilità di ricerca è quella del restudy ovvero attuare una ricerca su delle culture già studiate in
passato. Una volta fissato l’argomento di ricerca bisogna ottenere il finanziamento per realizzarla.
Ultimamente è molto difficile ottenerlo poiché molte popolazioni come in India o in Cina non apprezzano gli
antropologi stranieri; per questo gli antropologi devono rispettare una guida ufficiale per la protezione dei
soggetti umani. Tutti i partecipanti alla ricerca devono dichiarare per iscritto il proprio consenso informato
che è un elemento del codice deontologico della ricerca che prevede che il ricercatore informi i partecipanti
sugli obiettivi. Nonostante è fattibile per molti progetti di ricerca, risulta invece molto complicato nelle
popolazioni con cultura basata sulla tradizione orale e lì dove è presente un alto livello di analfabetismo. La
preparazione per il campo richiede l’acquisto di svariati strumenti utili per il soggiorno e richiede una
preparazione sanitaria adeguata composta da vaccini contro le malattie contagiose.
Il primo passo per la ricerca sul campo è senz’altro l’ubicazione seguita da una sistemazione. Il sito di una
ricerca è il luogo dove essa viene condotta. Il sito può cambiare in base a cosa mira la ricerca stessa. È
importante anche stabilire una relazione etnografica ovvero un rapporto di fiducia tra ricercatore e l’oggetto
dello studio la quale dovrebbe essere il primo compito di un ricercatore. Fare regali alle persone coinvolte
alla ricerca può risultare molto utile allo svolgimento, a patto che sia consono dal punto di vista etico e
culturale e che sia stato donato in base alle regole di scambio presenti in una determinata cultura. La classe
sociale, la “razza”, l’etnia, il genere o l’età del ricercatore possono influenzare il modo in cui questi verrà
accolto nella nuova popolazione. Ad esempio in base al colore della pelle il ricercatore può essere connesso
ad una divinità o allo spirito di un antenato. Un contro della ricerca sul campo è lo shock culturale dato
dalla solitudine, da barriere linguistiche e da un’alimentazione differente.
Tecniche della ricerca sul campo
L’approccio deduttivo è una tecnica che parte da un’ipotesi di ricerca e procede raccogliendo dati attraverso
l’osservazione, le interviste e altre tecniche. L’approccio induttivo, invece, non parte da un’ipotesi e
permette di acquisire dati tramite un’osservazione informale. I metodi deduttivi favoriscono la raccolta di
dati quantitativi (quantità di terra disponibile); i metodi induttivi favoriscono la raccolta di dati qualitativi
(trascrizione di racconti mitici). Molti antropologi combinano questi due tipi di dati e definiscono in modo
diverso i dati raccolti sulla base di ciascuno dei due. Ad esempio l’attributo etico viene associato a dati
raccolti tramite quesiti e categorie che appartengono al ricercatore; l’attributo emico distingue i dati forniti
dalle persone che parlano a proposito della loro cultura e fanno trasparire il modo in cui la percepiscono.
L’osservazione partecipante implica due processi: la condivisione della vita quotidiana delle persone
oggetto di studio; la loro attenta osservazione.
Anche parlare con la gente è un ottimo strumento di ricerca. Ad esempio il metodo dell’intervista ci
permette di acquisire la documentazione orale, anche se essa è mirata ad obiettivi specifici che non ad una
conversazione casuale. L’intervista aperta è un modello meno strutturato e permette all’intervistato di
scegliere la direzione verso cui portare l’argomento. Il questionario è una tecnica di ricerca strutturata in
quanto contiene una serie predefinita di domande. Gli antropologi preferiscono il questionario faccia a
faccia; il questionario può contenere domande strutturate e non.
Nonostante queste tecniche vengono usate quasi da tutti gli antropologi, vengono usate anche alcuni metodi
speciali come la storia di vita. Quest’ultimo metodo prevede il racconto approfondito della vita di un
individuo. Anche indagare sull’uso del tempo è un metodo quantitativo speciale e permette di raccogliere
informazione circa il tempo che le persone studiate dedicano alle faccende quotidiane. Inoltre un'altra
opzione per la raccolta dei dati è quella di chiedere ai partecipanti di compilare un diario quotidianamente.
Durante una ricerca gli antropologi usano diverse metodologie di apprendimento dati. Questo è molto utile
poiché, se così non fosse, non ci sarebbe una varietà di dati da poter analizzare. Le note di campo
comprendono registri, diari e descrizioni di eventi scritte dall’antropologo giornalmente. Anche i registratori
audio sono molto utili nella ricerca ma possono destare sospetto nelle culture che non lo conoscono.
Analisi dei dati
Successivamente alla raccolta dei dati è indispensabile analizzarli. Si possono analizzare in modo qualitativo
(descrizione in prosa) sia quantitativo (descrizione numerica).
I dati qualitativi comprendono canti e racconti tramandati nelle culture oralmente. Con questi dati è
indispensabile cercare il tema principale, e per questo molti antropologi si affidano ai computer.
L’analisi dei dati quantitativi richiede nozioni di statistica ed è quasi indispensabile l’uso di software
informatici.
L’etnografia è il principale metodo usato dagli antropologi per trasmettere le conoscenze acquisite da una
cultura. Questo tramite un genere di scrittura detto monografia etnografica. L’etnografia, ai tempi di
Malinowski, era basata su un approccio scientifico positivista. Negli anni ’80, però, le basi dell’etnografia
positivista del passato furono scardinate da diverse opere. Da qui nasce l’etnografia riflessiva o post-moderna
che non mette più al centro l’oggetto-cultura ma le condizioni di produzione della conoscenza interculturale.
Dibattiti in corso sulla ricerca antropologica
L’antropologia è stata una tra le prime discipline ad adottare un codice deontologico. In particolare due
vicende hanno spinto gli antropologi a riflettere sul loro ruolo.

 La prima è quella del progetto Camelot, un progetto elaborato per esercitare un’influenza sui
maggiori leader politici;
 Il secondo è la Guerra del Vietnam che ha sollevato le questioni di interesse verso l’etnografia.
Durante la Guerra del Vietnam ci fu il periodo con la maggiore conflittualità interna nella storia
dell’antropologia nordamericana in quanto alcuni antropologi erano pro ed alcuni contro il conflitto. Questo
portò l’associazione antropologica americana ad adottare un codice deontologico che stabilisce che la
responsabilità più importante di un antropologo è quella di tutelare le persone che studia. La ricerca
collaborativa è un altro strumento usato dagli antropologi recenti e consiste nella collaborazione
dell’antropologo con i membri della popolazione studiata. In ogni caso durante ogni ricerca c’è un elevato
rischio di salute per l’antropologo sia per conseguenze date da strade o sentieri interdetti sia anche per
conseguenze date dall’elevato tasso di delinquenza presente in alcune culture. Questo non è del tutto una
cosa futile in quanto il ricercatore è in grado di fare delle statistiche riguardo la delinquenza presente in
alcune popolazioni.
Sistemi di sussistenza (economici)
Il primo sistema apparso nella storia dell’uomo è il sistema acquisitivo (caccia e raccolta) che è basato
sull’acquisizione delle risorse naturali. È il più antico modo di procurarsi da vivere ed è un sistema usato da
altri primati. Nonostante è il sistema più usato durante tutta la storia umana, sta rischiando di scomparire.
Oggi in tutto il mondo sono solo 250 000 i cacciatori-raccoglitori. La loro abilità nel procurarsi del cibo è
data dall’ottima conoscenza della loro ubicazione. Infatti essi conoscono perfettamente dove sono presenti
corsi d’acqua e dove applicare le trappole per diversi animali come pesci e volatili. Il loro equipaggiamento è
molto primitivo ed è composto principalmente da bastoni, archi e lance ed il cibo che ricavano viene
essiccato al sole o al fuoco e bollito. La strategia usata dai cacciatori-raccoglitori è dette estensiva ed è un
sistema che richiede disponibilità di vasti territori e una libertà di movimenti senza limitazioni. I cacciatori-
raccoglitori formano delle vere e proprie comunità dove il lavoro viene diviso in base al genere e all’età di
ogni singolo individuo. Nelle abitazioni in climi temperati la spartizione per genere è irrilevante in quanto la
loro dieta è basata sulla cattura di larve, piccoli pesci, tuberi e altri alimenti di facile cattura. La caccia di
animali di taglia più grande è riservata solo ed esclusivamente agli uomini. Al contrario, presso le società
circumpolari, la dieta è composta da animali di grandi dimensioni come foche e balene e dunque è riservata
prevalentemente agli uomini. L’età come criterio per l’assegnazione dei lavori è invece adottata in tutti i
sistemi di sussistenza. Infatti ragazzi e ragazze sono impiegate per la raccolta del cibo mentre gli anziani
vengono lasciati negli accampamenti per accudire i bambini. I cacciatori-raccoglitori non applicano il
concetto di proprietà privata inteso come possesso di qualcosa, in queste società è più diffuso il concetto dei
diritti d’uso che consentono ad un individuo o ad un gruppo la priorità d’accesso. Inoltre la caccia e la
raccolta sono delle risorse sostenibili in quanto, come nelle popolazioni di North Sentinel, gli animali e le
risorse hanno il tempo di riprodursi in quanto isolate dal resto del mondo.
L’orticoltura è un sistema di sussistenza basato sulla coltivazione a mano di piante domestiche. L’orticoltura
è ancora molto utilizzata nel mondo e gli strumenti per praticarli sono attrezzi manuali come bastoni, zappe e
cesti. In questa sistema il genere e l’età sono molto importanti per la suddivisione dei lavori. Infatti il lavoro
degli uomini e delle donne sono distinti nettamente. Spesso gli addetti alla pulizia del terreno da destinare a
orto sono gli uomini mentre la raccolta e la semina viene attuata da entrambi. La preparazione del cibo è
riservata alle donne che coltivano alimenti per la vita quotidiana, mentre gli alimenti destinati ai rituali è
affidata agli uomini. In alcune popolazione gli antropologi sono certi che le diverse suddivisioni dei lavori
sono legate allo status di uomini e donne. Nelle società di orticoltori i bambini lavorano di più di quelli che
vivono in società basate su altri sistemi di sussistenza. Come nella caccia, nell’agricoltura non è presente la
proprietà privata intesa come possesso ma è presente il diritto d’uso. Anche questo è un sistema sostenibile
se viene attuata la rotazione delle coltivazioni che permette ad alcuni suoli di riposare e rigenerare le
sostanze nutritive.
La pastorizia è un sistema di sussistenza basato sull’allevamento di bestiame e sull’uso dei loro prodotti. Le
specie più utilizzate al mondo sono i cammelli, le pecore, le capre, i bovini, i cavalli e gli asini. Altri invece
hanno un areale restrinto: lo yak, le renne e i lama. Anche questo sistema è una strategia estensiva. Anche
qui genere ed età sono fattori fondamentali per la suddivisione dei lavori. Gli uomini si occupano della
conduzione del bestiame e le donne sono responsabili della lavorazione dei loro prodotti. La proprietà privata
qui non esiste e neanche il diritto d’uso, ma il bestiame viene donato ereditariamente. Il concetto di proprietà
privata è ristretto ai capifamiglia che possono scambiare gli animali con altri beni.
L’agricoltura è un sistema di sussistenza che prevede la coltivazione di raccolti su terreni permanenti dove
viene applicata aratura, irrigazione e fertilizzazione. A differenza degli altri sistemi di sussistenza,
l’agricoltura è considerata una strategia intensiva. Questo rende necessario l’uso di tecniche che non
compromettono la fertilità di un terreno. L’agricoltura richiede l’uso di animali addomesticati, l’uso di
concimi organici ed è influenzata fortemente dalla presenza di sistemi di irrigazione artificiali. Anche
l’agricoltura richiede una grande conoscenza dell’ambiente circostante, delle piante e degli animali. A
differenza degli altri sistemi di sussistenza esistono due tipi di agricoltura:

 A conduzione familiare che è un’agricoltura sufficiente al sostentamento di una famiglia. Ad oggi


oltre un miliardo di persone trae benefici da questa agricoltura. L’età ed il genere sono importanti per
la suddivisione del lavoro. La maggior parte del lavoro, infatti, risulta essere a carico degli uomini.
Gli uomini, in ogni caso, si occupano della gestione delle attività quotidiane mentre le donne si
occupano delle faccende domestiche e delle attività commerciali. Esistono, tuttavia, sistemi agricoli
a conduzione femminile: la coltura del riso ad immersione. Qui agli uomini è affidata l’aratura con
bufali d’acqua mentre alle donne tutta la manodopera che parte dal vivaio fino alla raccolta. In questi
sistemi il terreno agricolo è interamente proprietà delle donne, questo dipende sempre dallo status
nel determinato posto; infatti, laddove viene effettuata la coltura del riso ad immersione, lo status
femminile è più elevato.
 Agricoltura industriale è un sistema di sussistenza basato sull’impiego di macchinari e fertilizzanti
chimici piuttosto che sulla forza lavoro di animali ed esseri umani. Questa agricoltura ha portato la
nascita dell’azienda agricola che produce raccolti destinati solo alla vendita. In questo tipo di
agricoltura la mano d’opera è solo occasionale. A differenza degli altri sistemi di sussistenza,
l’agricoltura intensiva non è sostenibile.
Il sistema caratterizzato da industrializzazione e informatizzazione procura le risorse necessarie alla
sussistenza ricorrendo all’impiego di massa di forza lavoro in operazioni d’affari commerciali. La maggior
parte dei beni viene prodotto non per bisogni primari ma per venire incontro a beni non essenziali.
Modelli di consumo e sistemi di scambio
Il potlatch è una festa dove il promotore dona agli ospiti grandi quantità di cibo più apprezzato e prestigioso.
A causa delle variazioni climatiche, molti popoli nella regione del Pacifico Nord-Occidentale possono essere
sprovvisti di cibo. Il potlatch consentiva di ammortizzare la carestia a patto che, se il promotore del potlatch
dovesse ricadere nelle stesse situazioni di carestia, ci fosse un potlatch di ricambio.
Il termine consumo ha due significati:

 Input, da parte di una persona, di cibo o al suo modo di fare uso di altri beni;
 Output come investimento o uso di risorse per ottenere determinati beni.
Le diverse tipologie di consumo possono essere organizzate in base a due modelli principali basati sulla
relazione tra domanda e tipo di offerta:
 Minimalismo: è un modello di consumo caratterizzato da una domanda limitata e ben definita da
parte dei consumatori e da un adeguato sistema per soddisfarla;
 Consumismo: modello di consumo dove la domanda è alta e potenzialmente infinita e i mezzi per
soddisfarla non sono mai sufficienti.
Sono presenti tre micro-culture del consumo: in base alla classe sociale, in base al genere ed in base alla
“razza”.
I modelli di consumo variano spesso in base al genere. In effetti determinati alimenti possono essere destinati
solo agli uomini o solo alle donne. In Papua Nuova Guinea, ad esempio, si diffuse una malattia detta kuru
che colpiva maggiormente le donne. Dopo alcune ricerche, gli antropologi scoprirono che la causa era il
cannibalismo in quanto le donne avevano mangiato i cadaveri delle persone affette di kuru. Infatti la carne
umana era riservata solo alle donne in quanto poco appetibile e la carne di maiale era riservata solo agli
uomini.
Lo scambio è il trasferimento di qualcosa da una a più persone. L’oggetto dello scambio può variare di volta
in volta così come può cambiare il significato. Come il consumo, anche lo scambio ha due sistemi principali:

 Scambio equilibrato: è un sistema di trasferimento di beni con l’obiettivo di bilanciamento


successivo o immediato;
 Scambio squilibrato: sistema di trasferimento dove una delle parti coinvolte ha l’obiettivo di trarre
profitto.
Lo scambio equilibrato possiede tre sotto-tipi:

 La reciprocità generalizzata che è una transazione che implica un livello minimo di attenzione
riservata a possibili guadagni. È la forma principale di scambio fra persone che si conoscono bene.
In questo contesto il dono disinteressato è qualcosa che si fa senza ricevere alcuna ricompensa.
 La reciprocità attesa è lo scambio di beni o servizi che si ritiene abbiano lo stesso valore tra persone
dotate di un simile status sociale. In questo caso se la controparte non porterà lo scambio la relazione
si spezzerà. Il kula nelle Isole Trobriand è un esempio di reciprocità attesa dove i partecipanti si
scambiano bracciali o collane possedute per un determinato lasso di tempo. L’equilibrio ottenuto
dopo la trattativa stabilisce un forte legame tra le due parti.
 La ridistribuzione è una forma di scambio che prevede che una persona che ha ricevuto doni in
denaro o altro da un membro dell’altro gruppo, li ripaghi in seguito pubblicamente.
Lo scambio di mercato è una forma di scambio squilibrato che consiste nella vendita di beni in condizioni di
competitività. Il sistema di mercato è il risultato dell’evoluzione di altri modelli meno formali di commercio.
Esistono altre forme di scambio squilibrato come il gioco d’azzardo che prevede di ricavare un profitto
sfidando la fortuna. Nel gioco d’azzardo possono essere inclusi anche gli investimenti in borsa.
Il furto consiste nel sottrarre qualcosa senza pensare di restituirla al proprietario.
Lo sfruttamento è l’ottenimento di qualcosa di maggiore valore rispetto a quanto si ottiene in cambio. La
schiavitù è una forma di sfruttamento in quanto viene usata forza lavoro per trarre profitto che, però, non
viene retribuita adeguatamente.
A partire dagli anni ’80 si sono diffusi diversi movimenti per il consumo alimentare alternativo. I movimenti
alimentari alternativi si propongono di ristabilire un legame tra produttori, commercianti e consumatori.
Questi movimenti sono in contrapposizione con il sistema alimentare agro-industriale, il quale:

 Costringe al fallimento i piccoli produttori;


 Spinge la dieta verso il fast food;
 Riduce i pasti a rapide e distratte assunzioni di cibo;
 Presta scarsa attenzione sull’ambiente.
Dinamiche riproduttive
Una dinamica riproduttiva è la modalità di una cultura di provvedere al ricambio della popolazione per
l’effetto combinato della fertilità e della mortalità.
Nelle società di cacciatori-raccoglitori, l’intervallo genesico dura spesso diversi anni. Questi intervalli
dipendono dall’allattamento al seno e allo scarso indice di grasso corporeo delle donne. Infatti lunghi periodi
di allattamento al senso rallentano la produzione di progesterone e dunque impediscono l’ovulazione.
Nelle società agricole le natalità sono più elevate. Il pronatalismo è frequente nelle famiglie dedite
all’agricoltura. Questa necessità è data dal fatto che le famiglie hanno bisogno di forza lavoro per la
coltivazione delle terre.
Nelle società industriali la natalità si abbassa fino ad arrivare il tasso di rimpiazzo, ovvero il numero di
nascite è alla pari con il numero di decessi. Qui i bambini sono meno utili per la produzione in quanto
l’industrializzazione riduce la domanda di forza lavoro. In questo contesto i genitori generano meno figli ma
investono di più sulle loro risorse. La dinamica della riproduzione nelle società industrializzate presenta tre
aspetti distintivi:
1. Riproduzione stratificata: le classi medie e alte tendono ad avere pochi figli con alta percentuale di
sopravvivenza, tra i poveri i tassi di natalità sono alti così come quelli di mortalità;
2. Invecchiamento della popolazione: situazione demografica in cui la percentuale di anziani totali
supera di gran lunga la percentuale di giovani.
3. Largo impiego della tecnologia scientifica per tutto ciò che concerne la gravidanza:
concepimento, contraccezione e interruzione della gravidanza.
Cultura e fertilità
La cultura condiziona la fertilità sin dal concepimento. Di solito i rapporti sessuali sono legati alla sfera del
privato e questo rende molto faticoso lo studio delle pratiche sessuali. Il primo studio antropologico sulla
sessualità è stato effettuato da Malinowski. La monografia che ha dedicato a questo tema descrive la
sessualità giovanile, le tecniche sessuali, riti magici d’amore, sogni erotici, gelosia tra moglie e marito ed
altri argomenti. Il rapporto sessuale si può avere quando uomo e donna hanno raggiunto la maturità fertile.
La biologia definisce l’arco di tempo della fertilità femminile: dal menarca alla menopausa. Per molte culture
l’attività sessuale dovrebbe iniziare dopo il matrimonio, anche se questa regola è applicata con severità solo
alle donne. In Marocco, ad esempio, la verginità femminile è molto importante prima del matrimonio mentre
quella maschile è totalmente trascurata. Come da tradizione la donna vergine al matrimonio dovrebbe
esporre le lenzuola macchiate di sangue dopo la prima notte di nozze. Ma, siccome molte donne hanno
rapporti anche prima del matrimonio, le lenzuola vengono spesso macchiate da sangue proveniente da una
ferita al dito o da un surrogato del sangue.
Le ricerche svolte presso diverse culture indicano che il desiderio di avere dei figli è influenzato dai seguenti
fattori:

 Valore dei figli in termine di forza lavoro;


 Valore dei figli come sostegno ai genitori in vecchiaia;
 Tassi di mortalità infantile;
 Costi dei figli in termini economici.
I primi tre favoriscono la fertilità. Risulta invece negativo l’impatto sulla fertilità che hanno le valutazioni dei
costi economici dei bambini. Infatti più elevati sono i costi, più il desiderio di avere un figlio è ridotto. La
preferenza dei figli maschi è molto diffusa, specialmente nell’Asia meridionale e orientale. In gran parte del
Sud-Est asiatico si predilige il bilancio tra figli e figlie mentre la preferenza per le sole figlie si riscontra in
alcune parti dell’Africa a sud del Sahara.
Anche i governi dei vari stati influenzano le nascite applicando delle restrizioni. La loro valutazione si basa
su valori economici come la possibilità futura di lavoro ma anche su valori demografici per contenere il
numero degli abitanti.
Sin dall’antichità i popoli di tutte le culture hanno utilizzato diversi metodi per condizionare la fertilità.
Questi metodi potevano essere diretti (erbe o medicine per provocare l’aborto) o indiretti (lunghi periodi di
allattamento al seno).
Le diverse culture hanno prodotto centinaia di metodi indigeni diretti per controllare la fertilità. Solo in
Afghanistan sono stato documentate circa 500 tecniche. In questa nazione le donne posseggono la
conoscenza delle tecniche. Il 72% del totale dei metodi analizzati in questo studio erano mirati
all’accrescimento della fertilità, il 22% comprendeva metodi contraccettivi ed il 6% induceva all’aborto. Tra
le diverse culture l’atteggiamento verso l’aborto indotto può variare da una piena accettazione
all’approvazione con riserva (ove l’aborto è ammissibile in determinate circostanze), alla tolleranza (ove
l’aborto non è né approvato, né condannato), fino alla sua proibizione e alla punizione dei colpevoli. I metodi
dell’aborto possono variare da percussioni sull’addome fino al digiuno totale forzato. Alcuni metodi sono
evidentemente pericolosi per la donna gravida. Ad esempio in Afghanistan viene inserito un oggetto trattato
con solfato di rame nel corpo della donna per provocare un’emorragia vaginale.
La religione e l’aborto sono correlati:

 Il Cattolicesimo proibisce l’aborto anche se migliaia di donne cattoliche hanno ricorso a questa
tecnica;
 La dottrina Islamica proibisce l’aborto anche se l’aborto di feti femmina è praticato
clandestinamente;
 L’Induismo predica l’ahimsa ovvero la non violenza verso tutte le creature viventi. Tuttavia migliaia
di Hindu tentano di abortire.
 Il Buddismo non detta regole esplicite sull’aborto;
 Il Buddismo giapponese insegna che l’esistenza è fluida e che un feto abortito è semplicemente
restituito ad un mondo acquatico e in futuro potrebbe tornare da lì.
Nei primi anni ’80 si sono diffuse nuove tecnologie per la riproduzione:

 La fecondazione in vitro dove gli ovuli vengono fecondati all’esterno dell’utero.


L’infanticidio è l’uccisione deliberata di un neonato ed è praticato in molte culture sebbene sia raramente una
pratica frequente o comune. Esso si compie solitamente in due modi:

 Infanticidio diretto: morte di un neonato tramite percosse, soffocamento, avvelenamento o


affogamento;
 Infanticidio indiretto: morte di un neonato tramite privazione del cibo, mancato ricovero in ospedale
di un bambino malato, privazione di indumenti caldi d’inverno.
La motivazione più diffusa dell’infanticidio è una deformità o grave infermità del bambino, ma può essere
connesso al sesso del neonato, ad un concepimento adulterino, alla nascita di gemelli o alla presenza di una
famiglia troppo numerosa.
La personalità è il modo di comportarsi, di pensare e di sentire. Secondo gli antropologi essa si forma
attraverso l’inculturazione, ovvero l’apprendimento della cultura attraverso processi formali ed informali. Gli
antropologi culturali studiano il modo in cui le diverse culture si orientano verso personalità ed identità
differenti e come le varie personalità cambiano a seconda del contesto culturale.
Il contesto culturale della nascita ha riscontro sullo sviluppo psicologico dell’infante. L’antropologa Brigitte
Jordan studiò le diverse pratiche associate alla nascita in Messico, USA, Svezia e Olanda. Studiò anche
l’ambiente della nascita: il luogo, le persone presenti, gli assistenti e i loro ruoli, il parto e il periodo
successivo ad esso. Nelle donne Maya, la levatrice è chiamata sia dalle prime fasi del travaglio e uno dei suoi
compiti è quello di massaggiare la partoriente e di fornirle un supporto psicologico attraverso la narrazione.
È prevista anche la presenza del marito in modo tale da poter constatare “come soffre una donna”. Anche la
madre della partoriente dovrebbe essere presente insieme ad altri membri della famiglia di sesso femminile.
Negli USA invece le nascite hanno luogo in ospedale ma alcuni si mostrano critici nei confronti di questo
sistema così regolato giudicandolo come estremamente tecnologico e troppo gestito da operatori che portano
all’alienazione della figura materna.
Molti psicologi contemporanei sostengono che il contatto e la costruzione di un legame affettivo tra genitore
e figlio al momento della nascita siano cruciali. Gli specialisti occidentali affermano che, se questi legame
non vengono stabiliti al momento della nascita, non verranno mai più sviluppati in seguito. Nancy Scheper-
Hughes afferma che questa teoria occidentale non sia veritiera. Le sue osservazioni durante delle ricerche in
Brasile mostrano che molte madri poco abbienti non sembrano costruire un legame con il figlio al momento
della nascita. I legami si sviluppano in seguito, quando il bambino avrà già diversi anni. La studiosa ipotizza
che ciò avviene a causa dell’alto tasso di mortalità infantile tra popolazioni povere.
Gli antropologi distinguono tra sesso e genere. Il sesso è un qualcosa dato al momento della nascita. Per la
scienza occidentale, il sesso ha tre fattori biologici: i genitali, gli ormoni ed i cromosomi. Di fatto gli
individui di sesso maschile hanno un pene, più androgeni che estrogeni e cromosoma XY. Gli individui di
sesso femminile hanno una vagina, più estrogeni che androgeni ed il cromosoma XX.
Il genere, invece, è una costruzione culturale ed è variabile nelle diverse culture. Secondo la maggior parte
degli antropologi culturali, un alto grado di flessibilità della personalità dona ampio spazio alle variazioni di
essa. Dimostrare l’esistenza di caratteristiche innate è difficile per due motivi:

 È impossibile raccogliere informazioni sui bambini prima che essi vengano esposti a
condizionamenti culturali, è possibile che la cultura inizia ad influenzare il bambino sin da quando è
ancora in utero.
 È impossibile analizzare il comportamento dei neonati per definire cosa sia naturale e culturale
senza essere influenzati dai propri orientamenti.
Gli studi sui neonati si sono concentrati sulla verifica del potenziale carattere innato di tre principali
stereotipi euro-americani sulla personalità:

 i neonati di sesso maschile sono più aggressivi di quelli di sesso femminile;


 i neonati di sesso femminile sono più socievoli di quelli di sesso maschile;
 i neonati di sesso maschile sono più indipendenti di quelli di sesso femminile.
Alcune ricerche negli USA hanno stabilito che gli individui di sesso maschile piangono di più di quelli di
sesso femminile, questo è la prova del maggiore tasso di aggressività nei maschi. Un’altra interpretazione
afferma, invece, che gli individui di sesso maschile tendono a pesare di più di quelli di sesso femminile e
dunque affrontano un parto più difficile che li porta a passare più tempo per riprendersi. Per quanto riguarda
la socievolezza i neonati di sesso femminile tendono a sorridere più spesso di quelli di sesso maschile ed
alcuni ricercatori sostengono che sia questo a confermare l’ipotesi delle caratteristiche innate della
personalità. Tuttavia può essere la cultura e non la natura la spiegazione a questo comportamento: i tutori
nordamericani sorridono di più alle femmine che non ai maschi, per cui è molto più probabile che le bambine
tendano a copiare questo comportamento. Alla fine di tutte queste ipotesi le ricerche finalizzate a dimostrare
l’esistenza di differenze congenite tra maschi e femmine risultano poco convincenti. Gli antropologi culturali
che adottano un approccio costruzionista insistono su due altri punti: da un lato sottolineano che, se le
differenze di genere fossero innate, le culture non si sforzerebbero così tanto per inculturare la prole a
definirsi in determinati generi; dall’altro lato, se le differenze di genere fossero innate, si manterrebbero
stabili nel tempo e non varierebbero tra culture.
La ricerca nota come “Studio delle sei culture” è un progetto di ricerca transculturale finalizzato a fornire
dati comparativi sul modo in cui le attività ed i compiti affidati ai fanciulli possano cambiare le loro
personalità. I dati raccolti sono stati analizzati in riferimento a due principali tipi di personalità: premurosa-
responsabile e dipendente-dominante. La prima personalità è caratterizzata da azioni di cura e condivisione
con altri bambini, la seconda è meno caratterizzata da comportamenti premurosi e lo è più da azioni
incentrate sull’affermazione di una supremazia sugli altri bambini. I bambini Gusii del Kenya Sud-
Occidentale mostravano più frequentemente personalità premurosa e tra tutti erano quelli cui era affidato il
maggior numero di incarichi. All’opposto, i bambini di Orchard Town negli USA, erano spesso associati a
personalità del tipo dipendente-dominante. Tutto questo sembra essere legato ai sistemi di sussistenza. I
risultati dello studio, infine, suggeriscono che affidare ai bambini molte responsabilità nell’ambito domestico
può portare allo sviluppo di personalità meno egocentriche e di individui più premurosi-responsabili.
L’adolescenza e l’identità
La pubertà è una fase necessaria del ciclo della vita umana e presenta una serie di indicatori biologici: peluria
su viso e corpo e voce più profonda negli uomini; menarca, seno in sviluppo nelle donne. L’adolescenza,
invece, è un periodo di maturazione definito dal punto di vista culturale. Esso va dalla pubertà fino al
raggiungimento dell’età adulta. Alcuni studiosi sostengono che tutte le culture riconoscono l’esistenza di un
periodo di adolescenza, in conformità a un approccio biologico-deterministico darwiniano. Altri studiosi,
invece, sostengono che l’adolescenza è una costruzione molto variabile e quindi non è possibile spiegarla in
base ai soli fattori biologici. Nelle diverse culture come quella Islamica e Keniota molti individui di sesso
femminile non hanno un periodo di adolescenza, passando direttamente da bambini a donna adulta da
sposare; in altre culture, invece, la donna ha periodi adolescenziali molto lunghi durante i quali vivono
separate dal gruppo per acquisire determinate conoscenze e capacità. Margaret Mead ha reso famosa
l’espressione coming of age (passaggio all’età adulta) nel suo libro. Questa espressione può riferirsi al
periodo dell’adolescenza ma anche ad una cerimonia o determinate cerimonie che segnano i confini
dell’adolescenza. Alcune cerimonie hanno una componente sacrificale e comportano morte e rinascita
simboliche. Molte cerimonie variano in base al sesso. Queste cerimonie prevedono spesso l’impressioni di
qualche marchio sul corpo, incisione della pelle, tatuaggi o chirurgia genitale. Presso diverse culture i maschi
adolescenti vengono sottoposti ad un intervento chirurgico genitale che prevede la rimozione di parte della
pelle che circonda l’estremità del pene (circoncisione). Meno diffusa è la mutilazione genitale femminile
(MGF) che prevede la rimozione totale o parziale della clitoride e delle grandi labbra vaginali. In alcuni
contesti la MGF è associata all’infibulazione, che consiste in una sutura dell’apertura vaginale che lascia un
piccolo foro per il passaggio del sangue mestruale. Molti studiosi hanno dibattuto tra loro per stabilire se le
preferenze sessuali e l’identità di genere siano determinati biologicamente o appresi culturalmente. Melvin
Konner ritiene che entrambi i fattori abbiano un ruolo ma che non esiste alcuna risposta semplice per chi si
interroghi sui motivi per cui un individuo risulta omosessuale. Lo xanith dell’Oman è un uomo che assume
fattezze e comportamenti associati alle donne ed ha anche rapporti sessuali con altri uomini, questo solo per
un determinato periodo. In seguito, però, egli ritornerà ad assumere il ruolo maschile. Alcune culture
riconoscono il terzo genere, che non è propriamente maschile né femminile. Tra alcuni gruppi nativi
nordamericani, il berdache è un maschio che sceglie di indossare abiti femminili, ha rapporti con maschi o
femmine e svolge lavori prettamente femminili. Un figlio con queste caratteristiche è sempre motivo di
orgoglio e mai di delusione o biasimo. In India, il corrispondente del berdache è lo hijra che si veste e si
comporta come una donna ma non è né pienamente maschio né pienamente femmina. Molti hijra sono nati
con genitali maschili o con genitali né chiaramente maschili né femminili. Essi hanno per tradizione il diritto
di visitare la casa di un neonato per ispezionarne i genitali e, nel caso questi non siano né maschili né
femminili, richiederne l’appartenenza al gruppo. Gli hijra con genitali maschili possono compiere una
cerimonia di iniziazione che comporta la recisione del pene e dei testicoli. La maggioranza degli indiani non
ammira né rispetta gli hijra e nessun genitore sarebbe contento di vedere uno dei suoi figli diventare hijra.
Gli abitanti del Sud-Est Asiatico sono più aperti ed ammettono una grande varietà di generi possibili: il
pluralismo di genere. Esso consiste nell’esistenza di una molteplicità di categorie tollerate e legittime di
femminilità, mascolinità e di generi incerti. In Tailandia sono riconosciute tre categorie di genere:
1. Phuuchai (maschio);
2. Phuuyung (femmina)
3. Kathoey (trans/travestito/ermafrodita).
Esiste anche un’altra categoria nell’ambito sessuale: l’asessualità. Una persona asessuale non prova
attrazione sessuale.
L’età adulta
Per la cultura euro-americana una donna diventa madre nel momento in cui genera un figlio. In ogni caso la
maternità non è un fatto legato alla biologia ma anche un processo culturale attraverso il quale si “impara” ad
essere madri. Il concetto di maternità, come quello dell’adolescenza, varia nelle diverse culture. In alcune
culture una donna diventa madre non appena scopre di essere incinta. In altre una donna viene riconosciuta
come madre quando genera un figlio del sesso “giusto” (India). La paternità è ovunque meno connotata
rispetto alla maternità. Un’eccezione a questa regola è la couvade che corrisponde ad una serie di principi
che riguardano il padre nel corso della gravidanza e in occasione del parto di sua moglie. La couvade detta
alcune regole al futuro del padre: gli può essere proibito di cacciare un animale o di mangiare determinati
cibi. Generalmente sono le donne a prendersi cura dei figli una volta nati, ma non dappertutto è così. In tutto
il Pacifico meridionale prendersi cura del figlio è un qualcosa condivisa tra famiglie e le donne allattano al
seno figli di altre donne. Tra gli Aka è più frequente che siano i padri a prendersi cura dei figli. I padri Aka
sono molto presenti, affettuosi e premurosi e passano ogni giorno metà del tempo tenendo in braccio il
proprio bambino.
La mezza età
Presso molte società informatizzate e industrializzate, il raggiungimento del quarantesimo anno di vita è un
momento di svolta significativo. Una ricerca negli USA ha rivelato che la sindrome dei quarant’anni
comporta irrequietezza, ribellione ed infelicità che portano spesso alla disgregazione familiare. La
menopausa è un aspetto significativo della mezza età nelle donne presso molte culture. Tra le donne Maya la
menopausa non è vista come momento di stress o crisi poiché considerano le mestruazioni come una malattia
e ne attendono la guarigione con ansia.
L’età senile
La fase senile del ciclo di vita può considerarsi una conseguenza recente della società umana contemporanea.
Presso molte culture, gli antenati sono tenuti in grande considerazione, in quanto depositari di grande
saggezza. Presso altre gli anziani sono considerati un peso per le loro famiglie e società.
Passaggio finale: morte e fine della vita
Nella maggior parte delle culture la morte non viene accettata. Presso altre prevale un maggior grado di
accettazione. Gli Inuit vedono gli individui protagonisti attivi della propria morte piuttosto che vittime
passive. Presso le società industrializzate è probabile che i malati scelgano dove e come morire e decidere se
prolungarsi la vita con metodi inconsueti oppure di optare per un suicidio medico assistito. Gli antropologi
sanno poco del dolore che provano le persone quando muore una persona amata. Tuttavia le manifestazioni
di dolore variano da dove sono prolungate nel tempo fino a dove sono totalmente assenti segni di sofferenza.
Ad esempio in Indonesia i volti delle persone restano impassibili durante i funerali.
L’etnomedicina
L’etnomedicina è lo studio dei sistemi sanitari in uso presso diverse culture. Ogni sistema sanitario è
composto da più aspetti:

 Identificazione e classificazione dei problemi di salute;


 Misure di prevenzione;
 Diagnosi;
 Terapie e gli addetti a somministrarle.
Negli anni Sessanta con il termine etnomedicina ci si riferiva ai sistemi sanitari non occidentali ed era visto
come sinonimo di medicina primitiva. Per gli antropologi di tutto il mondo il termine medicina comprende i
sistemi sanitari di tutto il mondo.
La classificazione dei vari problemi sanitari è una sfida tra gli antropologi medici. Questi ultimi utilizzano un
insieme di concetti che prendono il nome di dicotomia malattia-malessere, dove per malattia si intende un
problema di salute e malessere è connesso alle percezioni o alle esperienze di un dato problema. La ricerca
etnomedica cerca in primis di comprendere come le diverse culture classificano i problemi di salute. A
seconda della cultura gli elementi per identificarli possono essere: la causa, il vettore, la parte del corpo
interessata, i sintomi o una combinazione di questi fattori. Spesso le conoscenze etnomediche sono custodite
dagli anziani. Tra i Nativi Americani la salute è oggetto di molte narrazioni popolari. Una ricerca sui
Subanun ha analizzato la loro classificazione dei problemi di salute. In questa popolazione tutti avevano una
buona conoscenza dei problemi di salute, anche i bambini.
La sindrome culturale è un problema di salute che presenta una serie di sintomi associati ad una determinata
cultura. Le cause di fondo delle sindromi culturali possono essere fattori sociali come stress, spaventi o
traumi ma anche cause legate a fattori biofisici.
La somatizzazione è il processo per cui il corpo assimila lo stress sociale e manifesta sintomi di sofferenza. Il
susto, o sindrome da spavento/trauma è una sindrome culturale presente in Spagna e in Portogallo. Le
persone affette da questa sindrome pensano che le cause siano eventi traumatici come la perdita di una
persona cara. Un’altra sindrome culturale che colpisce le adolescenti “bianche” è l’anoressia nervosa e la
bulimia. La prima provoca la sensazione di essere grassi, avversione per il cibo, iperattività e con il continuo
deperimento fisico può portare alla morte. Identificare le cause precise dell’anoressia nervosa risulta difficile,
alcuni antropologi affermano che essa nasca dalle pressioni sociali che gravano sulle ragazze.
L’etnoeziologia si riferisce alle spiegazioni causali attribuite ai problemi di salute e alla sofferenza presso
diverse culture. Nelle popolazioni povere del Brasile Nord-Occidentale l’insorgere delle malattie viene
attribuito a diverse cause. A Feira de Santana le etnoeziologie possono essere naturali, socio-economiche,
psicologiche o sovrannaturali. Le cause naturali includono l’esposizione agli elementi. Nell’ambito
psicosociale alcuni problemi di salute sono attribuiti a emozioni come rabbia e ostilità mentre sul piano
sovrannaturale le cause sono attribuite a entità spirituali e a pratiche magiche. Queste molteplici
interpretazioni eziologiche esistenti vanno a contrastare l’interpretazione scientifica sulla quale si fonda la
biomedicina occidentale. Gli antropologi medici usano l’espressione sofferenza strutturale o sociale per
indicare i problemi di salute scatenati dalla povertà, guerra, carestia e migrazione forzata. Il sufriendo del
agua (sofferenza dell’acqua) è una sindrome culturale data da cause strutturali. La causa immediata di questa
sindrome è la carenza di acqua per bere, cucinare e lavare. La scarsa disponibilità di acqua porta una
maggiore predisposizione ad alcune malattie come colera, infezioni della pelle e agli occhi e altri problemi
biofisici.
I sistemi terapeutici
La medicina si può distinguere in privata e di comunità. La prima si prende cura delle sofferenze fisiche del
malato in condizioni di isolamento dalla società, mentre per la seconda il contesto sociale è cruciale per il
processo di guarigione. I cacciatori-raccoglitori Ju/’hoansi applicano la medicina di comunità dove
l’elemento chiave è la mobilitazione dell’energia della comunità. Ad esempio la danza è un evento di
comunità dove si genera num (energia spirituale) e kia (stato di aumentata consapevolezza). La medicina di
comunità sembra funzionare a diversi livelli. La solidarietà e le sessioni di gruppo possono migliorare le
condizioni psicofisiche del malato.
La terapia umorale si basa sull’equilibrio tra elementi all’interno del corpo e di altri presenti nell’ambiente di
vita del malato. Secondo questa terapia gli alimenti e le sostanze medicinali hanno effetti specifici sul corpo
e vengono divisi in caldi e freddi. Le malattie sono il risultato di squilibri nel corpo. Questi sistemi
terapeutici sono stati usati nel Medio Oriente, nel Mediterraneo e in molte zone dell’Asia.
Chiunque può considerarsi un terapeuta poiché un’auto-diagnosi e la terapia sono le prime cose che chiunque
pensa quando si sente poco bene. Nelle diverse culture, però, esistono delle persone con delle particolari
capacità diagnostiche e terapeutiche. Questi specialisti sono gli sciamani, le levatrici, i conciaossa, erboristi,
medici generici, psichiatri eccetera.
Per prevenire o trattare diversi problemi di salute si utilizzano delle sostanze che possono essere naturali e
sintetiche. La fitoterapia è un sistema terapeutico che usa le piante medicinali. Per centinaia di anni le foglie
di coca venivano considerate un elemento importante del sistema sanitario andino. La coca è importante nei
rituali, mitiga la fame ed è utile per combattere il freddo. Le popolazioni andine usano la coca contro i
problemi gastrointestinali, distorsioni, gonfiori e infreddature. Anche le sostanze minerali sono usate per la
prevenzione e la cura. Molte persone pensano che immergersi in acque ricche di zolfo o altri minerali sia
benefico per la cura di artrite e reumatismi. Nonostante tutto, questi trattamenti portano anche aspetti
negativi oltre che a positivi in quanto possono portare ad assuefazione o overdose.
Tre approcci teorici
Esistono tre principali approcci di antropologia medica:
1. L’approccio ecologico/epidemiologico che si concentra sul modo in cui l’ambiente naturale
interagisce con la cultura dando origine a problemi di salute favorendone la diffusione nella
popolazione. Gli antropologi hanno applicato quest’approccio allo studio dei danni causati alla salute
e alla sopravvivenza delle popolazioni indigene in seguito al contatto con i colonizzatori.
2. L’approccio interpretativo: alcuni antropologi studiano i sistemi sanitari come insiemi di significati.
Alcuni di essi hanno studiato la connotazione simbolica di alcuni aspetti dei sistemi terapeutici.
Quest’ultimi forniscono un contesto di senso a chi sta facendo esperienza di una forma di sofferenza
che apparentemente non ha significato. L’attribuzione di significato fornisce supporto psicologico ai
malati e può favorire la guarigione tramite l’effetto placebo.
3. L’antropologia medica critica che analizza come i fattori strutturali quali economia politica globale,
media transnazionali e la disuguaglianza sociale influenzano i sistemi terapeutici in uso.
Ci sono delle prove sostanziali affermanti il fatto che la povertà sia la prima causa di cagionevolezza e
mortalità. Essa può prendere diverse forme come malnutrizione infantile e violenza nelle strade dei quartieri
poveri dei paesi ricchi. Nei paesi più ricchi ed industrializzati le cause di morte principali sono le malattie al
sistema circolatorio, tumori maligni, HIV/AIDS, consumo eccessivo di alcool e fumo; nei paesi poveri le
cause principali sono malaria, tubercolosi e HIV/AIDS.
Ormai nella biomedica occidentale il parto, ad esempio, viene visto come una catena di montaggio e i medici
che mostrano interesse verso un essere umano non guadagnano rispetto dagli altri medici. Tutto è ormai
incentrato sulla tecnologia. Negli USA per diventare medico bisogna passare tre step principali:

 Il tormento fisico che è un rito di passaggio provocato dalla veglia forzata e dura per l’intero periodo
di frequenza dei corsi;
 La regressione cognitiva dove gli studenti rinunciano a riflettere criticamente e ad apprende
consapevolmente;
 Il processo di de-umanizzazione dove vengono abbattuti gli ideali umanitari degli studenti e viene
enfatizzata la tecnologia.
Con la globalizzazione i problemi sanitari si diffondono nel mondo e allo stesso tempo la cultura occidentale
e la biomedicina si diffondono.
A partire dal XX secolo, scoperte come antibiotici e vaccini e i progressi fatti nel campo della tecnologia
sanitaria, hanno arginato la diffusione delle malattie infettive. Diversi fattori come viaggi internazionali e
delle migrazioni hanno scaturito nuove occasioni di contagio. Anche la deforestazione ha causato una
recrudescenza della malaria.
Le malattie del progresso si caratterizzano come problemi di salute causati da progetti di sviluppo economici.
Ad esempio le costruzioni di dighe e di sistemi di irrigazione nelle regioni tropicali ha fatto aumentare il
numero di casi di schistosomiasi. Questo deriva dal fatto che le dighe rallentano il flusso di acqua e nelle
acque stagnanti si sviluppano questi parassiti. Anche l’obesità può essere considerata come una malattia del
progresso.
Il termine pluralismo medico indica la compresenza in una società di più sistemi sanitari. Quello degli
Sherpa in Nepal è un raro esempio di cultura in cui la preferenza per i sistemi sanitari tradizionali è ancora
spiccata. Qui i terapeuti possono essere suddivisi in tre categorie:

 I Buddisti ortodossi praticanti che comprendono i lama (che vengono consultati dalla popolazione a
scopi preventivi) e gli amchi (che praticano la medicina tibetana);
 I religiosi non ortodossi o gli sciamani che si affidano a cerimonie di divinazione;
 Operatori biomedici che lavorano in una clinica fondata per trattare i turisti.
In molti altri contesti gli antropologi hanno documentato l’esistenza di diversi conflitti tra la biomedicina
occidentale e i sistemi sanitari locali.
L’antropologia medica applicata è l’impiego di conoscenze antropologiche per il raggiungimento degli
obiettivi degli operatori sanitari. Un esempio di impatto positivo che può avere l’antropologia medica
applicata è il lavoro di Trotter sull’avvelenamento da piombo tra bambini messicano-statunitensi. Negli USA
le maggiori cause di avvelenamento da piombo sono: ingestione di scaglie di vernice a base di piombo;
vivere presso fonderie che rilasciano polveri ad alto contenuto di piombo; ingerire o bere da stoviglie trattate
con smalti a base di piombo. Successivamente emerse un quarto caso: l’uso di una medicina tradizionale
messicana chiamata azarcon usata per curare una malattia culturale detta empacho. In questo caso Trotter
contribuì alla salute nazionale applicando delle restrizioni sull’uso dell’azarcon.
Molti studi di antropologia medica sono dedicati al tema della comunicazione in ambito sanitario. Gli
antropologi possono sviluppare messaggi più convincenti nei seguenti modi:
 Tenendo in considerazione le credenze della popolazione sulla salute;
 Prendendo seriamente in considerazione la terminologia associata alle malattie della popolazione;
 Adottando gli stili di comunicazione della popolazione;
 Distinguendo sottogruppi che possono essere sensibili;
 Verificando la risposta della comunità ai messaggi sulla salute;
 Identificando ed eliminando dai messaggi sulla salute ogni meccanismo di colpevolizzazione della
vittima.
In alcuni paesi la vaccinazione fa parte di un programma promosso dall’UNICEF. Non tutti i paesi lo
accettano, infatti in India pensano che sia un programma di pianificazione familiare camuffato. Per capire i
motivi per cui alcuni rifiutano le vaccinazioni, gli antropologi hanno svolto diverse indagini. Alcuni genitori
hanno una percezione inesatta sui vaccini così come molti non capiscono l’importanza delle vaccinazioni
multiple. I promotori della salute pubblica hanno utilizzato i diversi risultati delle ricerche per lo sviluppo di:

 Campagne educative per la popolazione che tengano conto delle sue preoccupazioni;
 Programmi formativi per professionisti della salute pubblica che li sensibilizzano in merito
all’importanza di comprendere e prestare attenzione alle pratiche e alle credenze culturali di una
popolazione.
Dal 1978 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, promuove le pratiche tradizionali nei sistemi sanitari
nazionali. Lo sviluppo di questo cambiamento è dovuto a:

 Crescente riconoscimento del valore di molte tradizioni terapeutiche non occidentali;


 Scarsità di personale biomedico preparato;
 Crescente consapevolezza delle lacune che ha la biomedicina sul fronte della considerazione del
contesto psicosociale.
Il dibattito tra medicina tradizionale e biomedicina occidentale è sempre presente tuttavia. Infatti alcuni
ritengono che non abbia senso consentire o incoraggiare pratiche rituali per combattere il colera quando un
bambino non è mai stato vaccinato; i sostenitori della medicina tradizionale mettono in risalto come la
biomedicina sia priva di sentimenti e trascura l’anima e come le terapie tradizionali colmino questo vuoto.
La costruzione culturale della parentela
In tutte le culture la parentela è legata a sistemi di sussistenza specifici. Nel XIX secolo, gli antropologi
hanno constatato che la parentela è il principio organizzativo principale nelle culture non industrializzate
senza sistemi statali. La parentela ha il compito di:

 Assicurare la continuità del gruppo, combinando anche i matrimoni se è necessario;


 Mantenere l’ordine sociale;
 Provvedere alle necessità primarie dei suoi membri,
Anche presso società industrializzate esistono le relazioni di parentela, ma gli individui sono uniti tra loro
anche da molti altri tipi di legami sociali.
Gli antropologi, nel XIX secolo, hanno anche verificato che le diverse culture hanno diversi modi di definire
le relazioni di parentela. Le culture occidentali mettono in risalto le relazioni di “sangue”. Tuttavia non
sempre è il “sangue” ad essere la base delle proprie relazioni di parentela. In ogni caso anche nelle culture
che pongono “il sangue” come base delle relazioni di parentela, differiscono tra loro stabilendo chi è di
“sangue” e chi no. Ad esempio in alcune culture i figli maschi hanno il “sangue” e le femmine no. Tra gli
Inuit, invece, il “sangue” non è di primaria importanza ma semplicemente un parente è considerato tale solo
se si comporta come un parente. Infatti tra gli Inuit si può sentir dire che una persona “era” cugina di
un’altra. Nella prima metà del XX secolo gli antropologi si interrogavano sui principi che regolavano la
parentela presso le diverse culture. Essi infatti chiedevano ai singoli individui di elencare i propri parenti, il
tipo di rapporto che avevano e come li chiamavano. Sulla base delle informazioni che raccoglieva,
l’antropologo tracciava un diagramma di parentela. In questo modo si rappresentavano schematicamente le
relazioni di parentela di un individuo denominato ego. Diversamente dal diagramma di parentela, la
genealogia è un modo schematico di rappresentare l’albero genealogico di una famiglia, partendo dal primo
antenato del quale si hanno notizie e non dall’ego. Dopo anni di ricerche sulla terminologia dei sistemi di
parentela la quantità di dati ottenuta è veramente importante. Ad esempio nel sistema di parentela euro-
americano, il figlio o la figlia della sorella o del fratello del proprio padre sono indicati con il termine cugino
o cugina. La sorella della propria madre e la sorella del proprio padre sono entrambe chiamate zia, così come
il fratello dei due viene chiamato zio. Nonna e nonno sono i genitori della propria madre o padre. Questo
modello non è però universale. Infatti in diverse culture i parenti da parte di madre sono chiamati
differentemente rispetto ai parenti da parte di padre. Tra i Navajo degli USA il termine usato per indicare la
propria madre è usato anche per le sorelle di questa. I primi antropologi hanno distinto le diverse
terminologie dei sistemi di parentela rilevati in sei tipologie. In ogni caso la spartizione in sei tipologie è
stata abbandonata, in compenso oggi gli antropologi si concentrano su: discendenza, condivisione e
matrimonio.
La discendenza
La discendenza configura le relazioni di parentela partendo da quella genitore-figlio/a. Si basa sul fatto che
tutti nasciamo da qualcun altro. La discendenza traccia la storia di una famiglia e le relazioni familiari tra i
membri di un gruppo. Alcune culture adottano un sistema di discendenza bilineare, dunque un bambino
appartiene al gruppo di discendenza di entrambi i genitori. Altre hanno un sistema di discendenza unilineare
che traccia la sua discendenza a partire da uno solo dei suoi genitori.
La discendenza unilineare è alla base della parentela per circa il 60% delle culture esistenti, dunque è la
forma di discendenza più diffusa presso le società che si affidano ad una base produttiva fissa. Le regole di
successione che prevedono l’ereditarietà della proprietà lungo un’unica linea di discendenza contribuiscono a
mantenere coesa la base produttiva. La discendenza unilineare può assumere due diverse forme:

 La discendenza patrilineare, tracciata per linea maschile;


 La discendenza matrilineare, tracciata per linea femminile;
In un sistema patrilineare il lignaggio comprende solo figli maschi. Le figlie femmine si sposano fuori e
diventano membri del lignaggio del marito. Al contrario in un sistema matrilineare sono i figli a sposarsi
fuori.
La discendenza bilineare traccia la linea di parentela dei figli a partire da entrambi i genitori ed è adottata da
circa 1/3 delle culture esistenti. La discendenza bilineare è funzionale ai cacciatori-raccoglitori e a chi vive
nelle città industrializzate, poiché entrambi presentano gruppi domestici ridotti e una certa mobilità nello
spazio. La scelta della residenza dei coniugi tende a riflettere le regole di discendenza prevalenti. Nelle
società patrilineari prevale la patrilocalità, mentre in quelle matrilineari prevale la matrilocalità. Presso le
società occidentali industrializzate è frequente la neolocalità, dove la sistemazione dei coniugi avviene in
località diverse da quelle di origine dello sposo o della sposa.
La condivisione
Le forme di parentela basate sulla condivisione sono diffuse nell’entroterra del Sud-Est Asiatico, in Australia
e nelle isole Pacifiche. Tra gli abitanti delle isole della Malesia la costruzione di legami di parentela sulla
base della condivisione partono già da quando il sangue della madre nutre il feto. Dopo la nascita il latte
materno nutrirà il neonato e da qui parte il criterio che è alla base della regola dell’incesto: coloro che si
nutrono dagli stessi seni non possono sposarsi. Dopo lo svezzamento, l’alimento principale è il riso che viene
condiviso e da qui nasce un altro modo per creare e conservare legami di parentela.
Un altro sistema di parentela basato sulla condivisione è il trasferimento di bambini dai genitori biologici alle
cure di altri. L’adozione è una forma di trasferimento formale e permanente di un bambino. Le più comuni
motivazioni dell’adozione sono la sterilità e il desiderio di prendersi cura di un determinato tipo di bambino.
I genitori naturali possono affidare ad altri il loro bambini a causa di: gravidanza pre-matrimoniale dove ciò è
oggetto di biasimo, l’avere troppi figli o troppi dello stesso genere. L’antropologa Modell, nonché madre
adottiva, ha studiato i bambini adottati constatando che la procedura legale per l’adozione crea un legame
simile a quello biologico. Di fatto con l’adozione chiusa il bambino adottato riceve un nuovo certificato di
nascita ed il genitore biologico cessa di avere alcun rapporto con lui. Una tendenza recente è l’adozione
aperta, in cui all’adottato e ai suoi genitori biologici è dato di conoscere la rispettiva identità e di mantenere i
contatti. L’affidamento è diffuso in tutta l’Africa Sub-Sahariana dove i genitori affidano i propri bambini ad
altri in modo tale da far ottenere a loro maggiore educazione.
Tra i cristiani cattolici sono diffusi legami di origine rituale tra adulti e bambini nati da altre persone. Le
relazioni tra padrino e madrina e figliocci implicano spesso forti legami emotivi e trasferimenti di denaro.
Il matrimonio
Gli antropologi hanno confermato l’esistenza di una qualche idea di matrimonio tra tutte le culture umane.
Non esiste ancora una definizione di matrimonio comune a tutte le culture, ma la prima definizione che viene
a mente è che il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna in cui i bambini partoriti dalla donna sono
riconosciuti come figli legittimi di entrambi i genitori. Quest’ultima definizione risulta essere ormai superata
in quanto in alcuni stati i matrimoni tra individui dello stesso genere sono legali. Anche il fatto dei figli
illegittimi non è universale poiché nelle isole caraibiche le donne si sposano in età avanzata e
precedentemente possono avere figli con diversi partner maschili. Le molteplici forme di unione che vanno
sotto il nome di matrimonio rendono impossibile l’elaborazione di una definizione universale. Una
definizione più operativa di matrimonio potrebbe essere: “unione, più o meno stabile, solitamente celebrata
tra due persone, in cui i coniugi possono condividere la stessa abitazione, avere un coinvolgimento di tipo
sessuale e una relazione procreativa.”
Tutte le culture esprimono indicazioni relative alla scelta di chi è più opportuno sposare e con chi si deve
avere rapporti sessuali. Queste preferenze possono essere informali e implicite o formali ed esplicite e si
esprimono attraverso regole di esclusione e di inclusione. Una delle regole fondamentali di esclusione è il
tabù dell’incesto, il quale vieta matrimonio e rapporti sessuali tra persone che hanno determinati rapporti di
parentela. Secondo Lévi-Strauss il tabù dell’incesto spingerebbe gli uomini a sposare donne appartenenti a
una famiglia differente dalla loro. Questo scambio tra gruppi porterebbe alla nascita di reti di relazioni e di
dinamiche di solidarietà sociale. Grazie a questi legami queste reti favoriscono il commercio tra aree che
dispongono di risorse differenti. Secondo l’antropologo francese, dunque, il tabù dell’incesto ha funzioni
economiche. La ricerca genetica contemporanea suggerisce una teoria alternativa per spiegare l’universalità
del tabù dell’incesto: l’estensione del pool genico riduce la frequenza di patologie trasmissibili. I dati
antropologici legittimano le due teorie, ma i dati etnografici lasciano qualche dubbio. La forma universale
dell’incesto è quella che proibisce il matrimonio o rapporti sessuali tra genitori e figli. La maggior parte delle
culture vieta anche i matrimoni tra fratello e sorella.
Le regole per la scelta dei coniugi nelle varie culture variano. Esistono le regole dell’endogamia (matrimonio
tra individui che appartengono allo stesso gruppo e impongono che la sposa provenga da una determinata
categoria sociale) dove le relazioni parentali preferite sono quelle tra cugini, in questo caso esistono due tipi
di matrimonio:

 Tra cugini paralleli: tra figli di un padre e quelli di suo fratello oppure tra figli di una madre e quelli
di sua sorella. Questo è il matrimonio preferito da molti gruppi musulmani;
 Tra cugini incrociati: tra figli di un padre e quelli di sua sorella oppure tra figli di una madre e quelli
si duo fratello. Questa forma è favorita tra gli Hindu.
L’endogamia può anche dipendere dal contesto. L’endogamia interna ad un villaggio è la forma di
matrimonio preferita nel Mediterraneo orientale, dai musulmani di tutte le regioni dell’Inda e dagli Hindu
dell’India meridionale. Gli Hindu dell’India settentrionale proibiscono invece l’endogamia interna ad un
villaggio poiché considerata come forma di incesto. Questi ultimi praticano l’esogamia ovvero il matrimonio
tra individui che provengono da gruppi diversi. Per loro il coniuge dovrebbe venire da una città od un
villaggio lontano. La scelta di un coniuge è spesso influenzata da considerazioni relative al suo status. Il
termine iperginia indica un matrimonio in cui lo status della sposa è inferiore a quello dello sposo. Questa è
molto comune in India specialmente tra sposi con elevato status sociale. All’estremo opposto esiste
l’ipoginia che indica un matrimonio in cui lo status dello sposo è inferiore a quello della sposa. L’ipoginia è
rara in tutte le culture. L’isogamia è il matrimonio tra individui di pari livello sociale. Esistono sottotipi di
iperginia e ipoginia basati su fattori come l’età e persino statura. Nel caso dell’iperginia basata sull’età, un
matrimonio è buono quando la sposa è più giovane del marito. I matrimoni isogami sono diffusi presso
culture dove i ruoli attribuiti ai diversi generi sono pressoché simili e dove il dimorfismo sessuale non è
marcato. Il ruolo esercitato dall’amore romantico nella scelta del coniuge è oggetto di discussione tra
deterministi biologici e costruzionisti. I primi sostengono che i sentimenti d’amore romantico siano
universali negli esseri umani poiché hanno un ruolo adattivo: prendersi cura insieme dei propri figli. I
secondi, invece, collegano la diversa importanza attribuita dalle culture all’amore romantico alla diversità dei
ruoli che attribuiscono a maschi e femmine in ambito economico. In ogni caso che sia di derivazione
biologica deterministica o costruzionistica, l’amore romantico è sempre alla base del matrimonio. I
matrimoni combinati sono predisposti sulla base delle valutazioni fatte dai genitori rispetto a quello che è un
buon abbinamento tra le famiglie. Questi sono molto comuni in molti paesi.
Alla maggior parte dei matrimoni è associato uno scambio di doni o servizi tra la famiglia dello sposo e della
sposa. Le forme più diffuse al mondo sono la dote e il “prezzo della sposa”. La dote è il trasferimento di beni
dalla famiglia della sposa a beneficio della coppia. La dote è la forma principale di trasferimento di beni per
un matrimonio nelle società agricole di tutta l’Eurasia. Il prezzo/ricchezza della sposa è il trasferimento di
beni dalla famiglia del marito ai genitori della sposa. È diffuso nelle società orticole e pastorali. Il servizio
per la sposa è una prestazione di lavoro fornita dallo sposo per i suoceri per un dato periodo di tempo.
Gli antropologi culturali distinguono due tipi di matrimonio:
1. La monogamia che è il matrimonio tra due persone: uomo e donna in caso di coppia eterosessuale e
due individui dello stesso genere se omosessuale.
2. La poligamia che è il matrimonio tra più di due coniugi. Può assumere due forme:
 La poliginia che è la più comune che è il matrimonio di un uomo con più donne;
 La poliandria, più rara, tra una donna e più uomini. È praticata solo in una regione himalaiana;
Gruppi familiari e vita domestica
La famiglia è un gruppo di persone che sono legate tra loro da relazioni di parentela. Non tutti i membri di
una famiglia vivono insieme e condividono stretti legami affettivi. Con l’espressione gruppo domestico ci si
riferisce ad una persona che viva da sola oppure a una o più persone che condividono un luogo in cui vivere.
Esistono tre tipi di gruppi domestici:
1. Il gruppo domestico nucleare che è un gruppo domestico composto da una coppia di adulti con o
senza figli;
2. Il gruppo domestico esteso che è un gruppo composto da più di una coppia di coniugi. In questo caso
le coppie possono essere legate da una linea di discendenze padre-figlio (gruppo domestico esteso
patrilineare), oppure linea di discendenze madre-figlia (gruppo domestico esteso matrilineare) o
ancora per il tramite di sorelle e fratelli (gruppo domestico esteso collaterale);
3. I gruppi domestici poliginici o poliandrici sono gruppi domestici complessi dove un coniuge abita o
convive vicino a più di un partner e ai loro figli.
La distribuzione culturale di questi gruppi non è ancora esatta ma si può dire che: le famiglie nucleari sono
presenti in tutte le culture e i gruppi domestici estesi sono i più diffusi in circa la metà delle culture
conosciute.
Dinamiche interne ai gruppi domestici
Diversi studi hanno confermato il fatto che la soddisfazione dei coniugi diminuiva con il passare del tempo e
l’attività sessuale diminuiva stabilmente nel tempo passando da una media di 12 volte al mese fino a meno di
una volta al mese. Nelle diverse fasce d’età, i rapporti sessuali sono più frequenti fra tre categorie di persone:

 Conviventi non sposati;


 Chi ha convissuto prima di sposarsi;
 Chi è già stato sposato una o più volte.
Le relazioni tra sibling (fratelli e sorelle) sono un aspetto poco studiato. Molte volte i fratelli maggiori
tendono a rappresentare una figura paterna verso le sorelle più piccole. Una possibile spiegazione a questo
tipo di rapporto è il fatto che questo sia parte di un processo di socializzazione finalizzato a mantenere il
predominio del maschio sul gruppo domestico.
La violenza tra partner all’interno di un gruppo domestico è stata attestata quasi in tutte le culture. Nelle
società dove l’economia familiare è in mano agli uomini, le aggressioni di questi sono sempre rivolte alle
mogli in modo frequente. Sono meno frequenti dove esistono gruppi di lavoro e reti sociali femminili.
L’aumento della violenza domestica in tutto il mondo sta mettendo in crisi la nozione di casa come rifugio o
luogo sicuro.
La definizione di gruppo domestico prevede la condivisione di un luogo in cui vivere. Presso diverse culture
questo luogo è spesso una “casa” ovvero una struttura dove si condividono e preparano i pasti, si dorme e si
passa del tempo insieme al sicuro. Questa casa ideale, però, risulta essere molto lontana dalla portata di
milioni di persone nel mondo. Le principali cause per cui queste persone non hanno una casa sicura sono le
guerre, le catastrofi naturali, i conflitti e la povertà. Affrontare queste cause è molto importante per far sì che
le persone non restino senza una casa.
Le trasformazioni dei sistemi di parentela e della vita domestica
La discendenza matrilineare è sempre meno praticata sia per effetto del colonialismo europeo sia della
recente globalizzazione della matrice occidentale. Per giustificare il sistema di discendenza matrilineare
presso i Minangkabau sono stati evidenziati tre fattori determinanti:
1. Il colonialismo olandese, che ha promosso l’ideale del nucleo familiare dominato da un uomo;
2. Gli insegnamenti dell’Islam, dove la femmina è la sposa e l’uomo il capofamiglia;
3. Lo stato indonesiano che attribuisce agli uomini il ruolo di capofamiglia.
Molte cose nel matrimonio sono sempre uguali ma alcune stanno cambiando. Ad esempio l’età media del
primo matrimonio si sta alzando quasi ovunque, stanno aumentando i matrimoni tra persone di nazioni ed
etnie diverse e si stanno diffondendo pratiche pluralistiche come quella di celebrare due cerimonie nuziali:
una conforme alla cultura originaria e l’altra a quella del luogo di immigrazione.
La crisi del matrimonio è una situazione culturale per cui molte persone che vorrebbero sposarsi non possono
farlo. In molti paesi il problema principale è quello economico mentre in Cina il problema principale è
demografico. Infatti, a causa della legge del figlio unico, circa due milioni di uomini non riusciranno a
trovare una donna da sposare entro il 2020. Anche diverse consuetudini occidentali si stanno diffondendo,
come il matrimonio in bianco. In tutta l’Asia vengono promossi abiti bianchi mentre in India gli abiti bianchi
vengono usati dalle vedove poiché considerati di cattivo auspicio.
La globalizzazione sta velocemente introducendo diversi cambiamenti nella struttura dei gruppi domestici e
nelle loro dinamiche interne. Nel 1963 è stato fondato un insediamento Kelabit dove gli individui vivevano
in una casa comune detta longhouse. Questa casa ora non esiste più. La maggior parte dei giovani ora lavora
per l’industria petrolifera. Oggi le case sono perlopiù unifamiliari e viene data maggiore importanza alla
privacy. Anche la migrazione internazionale ha influito sulla trasformazione del gruppo domestico.
La struttura dei gruppi domestici è cambiata. Negli USA, oggi, le più comuni strutture familiari sono tre:
1. Gruppo domestico composto da una coppia di coniugi in prime nozze;
2. Gruppo composto dalla presenza di un solo genitore;
3. Gruppo composto da una coppia di coniugi in seconde nozze.
Esiste anche una quarta categoria emergente che è quella del gruppo domestico multigenerazionale dove un
figlio adulto o figlio di ritorno vive con i suoi genitori.
I gruppi sociali
Il gruppo sociale è un insieme di persone distinto dal gruppo domestico e solitamente i suoi membri sono
legati da relazioni diverse da quelle di parentela. Esistono due principali tipi:
1. Il gruppo primario che è composto da persone che interagiscono tra loro e si conoscono di persona;
2. Il gruppo secondario i cui membri si identificano l’uno con l’altro sulla base di qualcosa che hanno
in comune ma possono non incontrarsi mai di persona.
La formazione dei gruppi sociali è influenzata dal sistema di sussistenza vigente; presso le società agricole e
quelle industrializzate se ne riscontra la maggiore varietà. Una possibile spiegazione a questa tendenza
risiede nel fatto che nelle popolazioni mobili come quelle dei cacciatori/raccoglitori, non è possibile creare
gruppi sociali durevoli oltre a quelli basati sulla parentela. Nonostante ciò i cacciatori/raccoglitori hanno
formato altri gruppi. Una forma principale di gruppo sociale è la classe d’età, che riunisce le persone più o
meno coetanee e che compiono insieme alcuni rituali. In poche parole il numero di gruppi sociali utili
all’organizzazione della convivenza è maggiore nelle popolazioni stanziali. In ogni caso vi sono delle
eccezioni. In Africa, America Latina e nel Sud-Est Asiatico ne esistono molti anche se nell’Asia meridionale
se ne formano meno. Nel Bangladesh i gruppi sociali, ad esempio, sono molto rari. Qui i rapporti sono basati
sulla parentela. Nell’era moderna in tutta l’Asia meridionale sono nati numerosi gruppi sociali dedicati alla
salvaguardia delle conoscenze tradizionali relative all’ambiente naturale.
Con il termine amicizia ci si riferisce a stretti legami sociali che si stabiliscono tra almeno due persone. In
genere, l’amicizia, unisce le persone che non sono imparentate tra loro. Essa fa parte della tipologia del
gruppo sociale primario. Di norma gli amici si scelgono e rimangono tali per propria volontà, ma i criteri che
qualificano un amico possono avere origini culturali. Ad esempio, la segregazione di genere può impedire la
nascita di amicizie tra individui di genere diverso così come la segregazione razziale limita la formazione di
amicizie interraziali. Un’altra caratteristica dell’amicizia è che essa induce gli individui a sostenersi a
vicenda. Il sostegno reciproco è oggetto di un’aspettativa. Sebbene esistano delle eccezioni, in genere
l’amicizia nasce tra persone appartenenti allo stesso ambito sociale. Un’amicizia spesso nasce dalla
condivisione di narrazioni. Una ricerca afferma che gli uomini Indo-Guyanesi si conoscono sin dall’infanzia
e passano un sacco di tempo insieme bevendo ed intrattenendosi con la narrazione. I racconti seguono uno
schema preciso basato sull’alternanza dei turni di parola dove ognuno ricopre la figura del narratore.
Negli anni Settanta, Stack scrisse un libro sulla ricerca effettuata sul campo nei Flats, il più povero quartiere
di una grande città degli USA. Qui Stack documentò l’esistenza di estese reti amicali che si sostengono e si
danno forza l’un l’altro. Le donne che vivono nei Flats, coltivano una serie di amicizie attraverso lo scambio:
mettono a disposizione le loro risorse in cambio della cura dei bambini oppure del prestito di buoni-pasto. In
questo modo tutti gli amici condividono diritti e doveri e possono contare l’uno sull’altro in caso di
necessità. In ogni caso anche l’amicizia ha dei contro. Infatti, nessuno è amico di tutti. L’estremo opposto
dello stringere amicizia è il bullismo dove gli individui tendono a sminuire e ad emarginare qualcuno con
crudeltà.
I circoli, come anche le fraternities e sororities, sono gruppi sociali basati su un senso di appartenenza
identitaria e sulla condivisione di obiettivi comuni. Possono essere composti da persone che hanno le stesse
origini etniche, stessa occupazione, stessa fede religiosa o stesso genere sessuale. Anche se molti circoli
risultano essere nati per agevolare i rapporti sociali, molti di essi rivestono funzioni economiche e sociali. In
molti altri luoghi dell’America Latina questi circoli nascono per raccogliere fondi destinati a finanziare
eventi speciali e per venire in contro alle esigenze economiche dei singoli membri. Non esistono culture dove
le donne tendono a formare gruppi androfobici o, nel caso degli uomini, ginecofobici.
Diversi tipi di gruppi uniscono persone che si tengono al di fuori della massa e non intendono conformarsi al
modello culturale predominante. I cosiddetti hippies degli anni Sessanta erano uno di questi gruppi. Il
termine banda giovanile si riferisce a gruppi di giovani che sono spesso considerati un problema sociale dagli
adulti e dai tutori della legge. Come i circoli e le associazioni, spesso le bande hanno un capo riconosciuto.
Esistono, però, anche bande che non hanno una gerarchia di comando riconosciuta, come quella dei Masta
Liù di Honiara. Il principale fattore unificante di questa banda è la disoccupazione e la maggior parte di loro
si sono trasferiti nelle campagne per sfuggire a uno stile di vita che rifiutavano. Le bande di strada hanno
un’organizzazione più rigida rispetto ad altre bande giovanili: in genere esistono i capi e una suddivisione
gerarchica dei ruoli. Queste bande hanno un nome preciso e chi ne fa parte espone un determinato colore o
un tatuaggio. Non sempre le bande di strada sono connesse alla violenza. Molti pensano che i giovani
entrano a far parte di una banda poiché provengono da famiglie dove la figura maschile autorevole non
esiste. Un’altra convinzione è che la banda supplisca alla mancanza di affetti familiari. Ma tutte queste
convinzione sono spesso false. La ricerca ha svelato che molti membri delle bande esibivano i tratti di una
certa personalità, quella del ribelle individualista. Il tipo ribelle individualista ha cinque caratteristiche:
1. Forte spirito competitivo;
2. Mancanza di fiducia negli altri;
3. Sicurezza di sé;
4. Isolamento sociale;
5. Forte istinto di sopravvivenza.
Questo tipo di personalità, secondo l’approccio strutturista, nasce dalla povertà ed è una risposta razionale
alle difficoltà ed incertezze economiche. In base ad alcune ricerche, i membri delle bande risultano essere
vittime di forti pressioni strutturali che non hanno il potere di controllare e che li spingono a desiderare il
successo. Molti di questi ragazzi desiderano ottenere il benessere economico, ma le loro condizioni sociali li
spingono verso azioni illegali invece che condurli verso percorsi leciti. Tra i numerosi movimenti
controcultura esistenti al mondo, alcuni uniscono gli individui sulla base di pratiche di modificazione del
corpo. Una ricerca effettuata in California ha fatto emergere che alcuni membri di un gruppo si sentono parte
integrante di esso poiché condividono la stessa passione per l’alterazione permanente di parti del corpo,
specialmente per piercing dei genitali, marchiatura a fuoco o incisione. Queste alterazioni di parti del corpo
avvengono in pubblico e sono una sorta di rituali di iniziazione che coinvolgono esperto, volontario ed il
gruppo intero.
Le cooperative sono una forma di gruppo economico in cui il surplus viene diviso tra i membri ed il processo
decisionale segue il principio democratico per cui ogni membro dispone di un voto. Le principali forme di
cooperativa sono: quella agricola e quella di credito seguite da quella di consumo. Le donne panamensi
chiamate Kuna producono delle stoffe particolari dette mola che vengono prodotte per uso personale ma che
recentemente vengono vendute ai turisti che le apprezzano molto. In questo caso alcune donne producono
molas per guadagnare qualcosa autonomamente ed altre, invece, fanno parte di alcune cooperative che
assicurano il guadagno.
La stratificazione sociale consiste nelle relazioni gerarchiche esistenti tra gruppi distinti, organizzati in livelli
o strati. I gruppi stratificati possono presentare delle differenze come: risorse materiali, potere, condizioni di
vita, educazione e attributi simbolici. Le persone più alte gerarchicamente godono di privilegi negati a quelle
dei livelli più bassi. La stratificazione sociale ha fatto comparsa nella storia dell’umanità con la comparsa
dell’agricoltura. Nei sistemi di stratificazione sociale le categorie di classe, razza, genere, età e appartenenza
indigena determinano l’appartenenza di un individuo a una determinata posizione che può essere ascritta
(basata su qualità già date al momento della nascita) oppure acquisita (qualità raggiunte grazie
all’esperienza). Le posizioni ascritte possono essere basate su razza, genere, età, etnia e doti fisiche. Le
società umane collocano le persone in determinate categorie che indicano lo status, la posizione sociale. A
ogni status è associato un ruolo ovvero il giusto comportamento che l’individuo che lo detiene dovrebbe
avere. Presso le società che distinguono nettamente i differenti status sociali, i gruppi che hanno uno status
differente si distinguono in base ai loro stili di vita. Chi appartiene alle categorie corrispondenti agli status
più elevati persegue, a volte, la conservazione dello status quo attraverso l’esclusione di gruppi di status
inferiore.
La classe sociale è la posizione che una persona o un gruppo di persone occupa nella società. In molte
culture la classe è l’elemento chiave dello status di una persona. Classe e status, tuttavia, non sempre
corrispondono. Sia i gruppi con status elevati sia quelli con status inferiore risultano essere gruppi sociali
secondari in quanto è impossibile che tutti si conoscano personalmente. Il concetto di classe è un nodo
centrale delle teorie di Marx il quale ha scritto che le differenze di classe, lo sfruttamento della classe
lavoratrice da chi ha capitali, la diffusione della coscienza di classe tra i lavoratori e il conflitto di classe sono
forze che promuovono il cambiamento e avrebbero causato, prima o poi, il crollo del capitalismo.
Quattro importanti sistemi di stratificazione sociale suddividono le persone in gruppi di rango diverso, in
base all’etnia, al genere e alla casta a cui appartengono. Come nel caso dei gruppi divisi per status e classe,
anche questi sono dei gruppi secondari. Ogni sistema di raggruppamento assume connotazioni diverse a
seconda del contesto. Ad esempio la razza e l’etnia sono correlate e spesso sovrapposte in gran parte
dell’America Latina. Per alcuni, infatti, mestizaje significa mescolanza razziale. In America Centrale e
Meridionale, invece, il termine si riferisce sia a persone che hanno perso le proprie radici native, sia a
persone colte che continuano a coltivare alcune pratiche indigene. I sistemi basati sulle distinzioni tra diverse
razze, etnie, generi e caste condividono alcune importanti caratteristiche. Ad esempio relegano all’interno di
un livello sociale diverse persone.
La stratificazione razziale
La stratificazione razziale è una forma piuttosto recente di disuguaglianza sociale che deriva dai contatti tra
gruppi separati e caratterizzati da un dislivello di potere. In Europa l’era delle grandi scoperte geografiche ha
dato vita a una nuova era di contatti globali. Un elemento chiave del pensiero razziale è la convinzione che le
variazioni del comportamento umano siano innate o dovute a fattori biologici. Nella cultura occidentale
alcune caratteristiche come la forma della testa e le sue dimensioni sono state accettate come spiegazioni
delle differenze comportamentali. Negli scritti di Boas queste considerazioni sono state private del valore
scientifico. Dunque la razza non è un fattore biologico e non è possibile suddividere l’umanità in razze
basandosi su determinate caratteristiche biologiche. Uno dei fattori su cui si basa la classificazione razziale è
il colore della pelle, ma fanno parte anche caratteristiche fisiche e considerazioni relative allo status. Ad
Haiti si tiene conto di fattori fisici come la grana della pelle e la sua tonalità, il colore e l’aspetto dei capelli e
i tratti somatici. Anche il reddito, le origini sociali, il livello di istruzione, la personalità o il comportamento
sono elementi di classificazione razziale. Un esempio estremo di stratificazione razziale era costituito dalla
politica Sudafricana della apartheid. La dominazione dei bianchi in Sudafrica è nata all’inizio dell’Ottocento.
Intorno al 1830 è stata abolita la schiavitù ma la mentalità razzista si è diffusa sempre di più tra i bianchi. In
Sudafrica il 90% della popolazione è nera, maggioranza numerica che è stata sottomessa da una minoranza di
bianchi attraverso una rigida politica di apartheid. In questo caso veniva messa in evidenza la disparità
presente tra neri e bianchi dove i neri subivano danni psicologici e privazioni fisiche.
L’appartenenza etnica dà luogo alla formazione di gruppi sulla base della condivisione di un senso di
identità. Gli stati tendono a gestire le differenze etniche in modo da impedire che compromettano la
sicurezza. In Cina ai gruppi etnici, in particolare quelli tibetani, viene applicato un trattamento riservato
molto vicino all’etnocidio, ossia l’annientamento della cultura di un gruppo etnico da parte di quello
dominante. I membri di un gruppo etnico che si trasferiscono da una zona ad un’altra rischiano di essere
vittime di emarginazione. I Roma o Rom, sono una popolazione diasporica, un gruppo disperso di persone.
Essi si sono disseminati in tutta Europa e USA ma il loro status è ovunque marginale.
Come le altre forme di disuguaglianza sociale, le disparità di genere variano da cultura a cultura. Vi sono
alcune caratteristiche con predominanza maschile come il patriarcato. Esso è la predominanza maschile in
campo economico, politico, sociale e ideologico. In questo caso le donne e le ragazze sono completamente
sottomesse al potere degli uomini i quali possono addirittura ucciderle senza ripercussioni sulla società. Un
esempio estremo di patriarcato è l’omicidio d’onore, vale a dire l’uccisione, per mano di un parente maschio,
di ragazze e donne che hanno violato le regole della verginità o del matrimonio combinato.
L’opposto del patriarcato è il matriarcato dove predominanza economica, politica, sociale e ideologica è
della donna. Esso è molto raro tanto che gli antropologi non sono del tutto certi se esista ancora o meno. Tra
gli Irochesi, all’arrivo dei colonizzatori europei, erano le donne a gestire le risorse economiche della
collettività, ma non si sa se si tratta di matriarcato vero e proprio.
Il sistema delle caste è una forma di stratificazione sociale connessa all’Induismo che classifica gli individui
in base alla nascita all’interno di gruppi. Esso è frequente nella popolazione induista dell’India e in altre
regioni come Nepal, Sri Lanka e le Figi. Questo sistema è associato agli induisti poiché le loro antiche
scritture sono ritenute le fonti principali delle categorie sociali più importanti, chiamate varna, che deriva dal
sanscrito e significa colore. I quattro varna sono i bramini (sacerdoti), i kshatriya (guerrieri), i vaishya
(mercanti) e gli shudra (lavoratori). I maschi adolescenti che appartengono alle prime tre categorie sono
sottoposti a una cerimonia rituale di iniziazione e rinascita, al termine della quale è concesso loro di
indossare un cordone sacro intorno al collo come simbolo di purezza e elevato status di nati due volte. Le
persone collocate in strati sociali inferiori a quelli identificati dai quattro varna hanno talmente poco peso che
sono esclusi dal sistema delle caste. Un altro termine usato per indicarle è quello di intoccabili, poiché le
persone che appartengono ai varna superiori evitano qualsiasi genere di contatto con quelli inferiori per
preservare la loro purezza. Il Mahatma Gandhi li ha ribattezzati con il termine harjian (figli di Dio), nel
tentativo di innalzare il loro status a quello di shudra. Oggi, i membri di questa casta, hanno adottato il nome
di dalit, che significa oppressi. I quattro varna tradizionali e la categoria dei dalit sono suddivisi in molteplici
sottogruppi chiamati jati (gruppi di nascita). Il termine casta deriva dal portoghese “casta” che significa
stirpe. L’espressione etnica jati indica che un Indù nasce all’interno di un determinato gruppo. Gli jati sono
gruppi sociali basati su posizioni ascritte. Gli jati dei Bramini hanno diversi sottogruppi di sacerdoti e laici. A
loro volta i Bramini appartenenti alla categoria di sacerdoti si suddividono in sacerdoti di famiglia, del
tempio e per la celebrazione dei funerali. I sacerdoti del gruppo domestico sono nuovamente divisi in due o
più categorie ognuna a sua volta divisa in sottogruppi basati su legami di discendenza. Il sistema delle caste
ha diversi meccanismi di autoproduzione: regole matrimoniali, segregazione spaziale e rituali. Le regole
matrimoniali impongono una rigida endogamia agli jati. Sposare una persona estranea al proprio jati provoca
una punizione, a volte letale, da parte degli anziani della casta. La segregazione spaziale ha la funzione di
conservare i privilegi delle caste superiori e di rammentare alle classi inferiori il loro status marginale. La
costituzione indiana del 1949 ha dichiarato illegale la discriminazione in base alla casta, ma non ha posto
fine a disuguaglianze fortemente strutturate.
La società civile
La società civile è l’ambito sociale identificato dai diversi gruppi d’interesse che operano in modo
organizzato. In alcuni casi, i governi favoriscono lo sviluppo della società civile perché collabori a perseguire
i loro obiettivi. Il movimento delle donne cinesi è un esempio di società civile organizzata creata dallo stato.
Uno degli obiettivi del governo cinese è quello di migliorare la qualità della vita delle donne e la Federazione
delle Donne è stata costituita per il raggiungimento di questo scopo. Un altro obiettivo del governo è quello
di stimolare le donne, in particolare quelle che vivono in zone rurali, a partecipare a programmi di
alfabetizzazione e a intraprendere attività commerciali. Nonostante sotto il governo di Mao l’antropologa
Judd non ha potuto studiare per bene le donne cinesi, le sue ricerche hanno fatto trasparire il fatto che alcune
donne ne hanno tratto beneficio da questi programmi e che l’istruzione è aumentata di gran lunga.
I gruppi di attivisti si formano con l’obiettivo di cambiare determinate situazioni. Gli antropologi studiano
questi gruppi per comprendere perché si formano e le strategie che usano. Il co-madres di El Salvador è un
movimento sociale guidato da donne e co-madres è l’abbreviazione in lingua spagnola della denominazione
inglese del Committee o Mothers and Relatives of Political Prisoners, Disappeared and Assassinated of El
Salvador (Comitato delle Madri e dei Parenti dei Prigionieri Politici, degli Scomparsi e degli Assassinati di
El Salvador) ed è stato fondato nel 197 da un gruppo di madri che denunciavano le atrocità commesse dal
governo e dalle forze armate ai danni di gruppi progressisti. In nucleo iniziale del gruppo consisteva in nove
madri, ma un anno si allargò fino ad arrivare a 30 membri, alcuni dei quali uomini. Negli anni Novanta il
gruppo si è dedicato a denunciare la responsabilità dello stato per le sue violazioni dei diritti umani durante
la guerra civile. L’attività del co-madres dimostra che i gruppi formati da donne sono basati su legami di
parentela e sono mossi da urgenze in ambito familiare.
Gli studiosi di scienze sociali hanno coniato l’espressione nuovi movimenti sociali per riferirsi a molti gruppi
sociali nati alla fine del XX secolo. Questi gruppi sono spesso composti da minoranze oppresse come
indigeni e gruppi etnici. In ogni caso possono nascere anche in ambito urbano da cittadini per ragioni più
svariate come la salvaguardia di un quartiere da parte dei residenti. Questi movimenti utilizzano diversi
metodi usati in rete per raccogliere fondi e scambiare idee. L’internet permette a loro di crearsi un consenso e
contribuire alla trasformazione della società.
Politica, organizzazione politica e leadership
Rispetto alle scienze politiche, l’antropologia culturale interpreta la politica in modo più ampio. In questo
caso il termine politica viene usato per intendere l’uso organizzato del potere pubblico. Il potere è l’abilità di
ottenere dei risultati attraverso l’uso della forza. L’autorità e l’autorevolezza sono strettamente connesse al
potere. L’autorità differisce dal potere perché il potere è sostenuto dall’uso potenziale della forza e può
essere esercitato anche da un individuo senza autorità. L’autorevolezza è la capacità di ottenere risultati
esercitando pressione sociali e morali. A differenza dell’autorità, l’autorevolezza può essere espressa anche
da chi occupa una posizione marginale nella società. Tutti e tre i termini sono connessi tra loro e sono
connessi alla politica, dove il potere rappresenta il sostegno più solido. L’antropologia politica considera
organizzazioni politiche quei gruppi interni a una data cultura che sono responsabili dei processi decisionali e
della leadership nella sfera pubblica. Gli antropologi suddividono le varie forme di organizzazione politica
esistenti in quattro tipologie.
La banda è un’organizzazione caratteristica delle società di cacciatori-raccoglitori ed è distinta da un sistema
di affiliazione flessibile e dall’assenza di un ruolo di leadership formale. Questa è la più antica forma di
organizzazione politica conosciuta. Siccome questo stile di vita è in via di estinzione, lo è anche
l’organizzazione politica della banda. Di solito la banda è composta da un minimo di venti ad un massimo di
poche centinaia di individui, legati da rapporti di parentela. Il sistema di affiliazione è flessibile e la
leadership è informale, dunque nessuno viene eletto come capo della banda permanente. Tutti i membri della
banda hanno uno status equivalente. Il leader detiene una certa autorità e autorevolezza ma non ha il potere e
non può costringere gli altri a condividere il suo pensiero. I conflitti tra bande diverse sono rari poiché queste
bande occupano territori ampiamenti distanti l’uno dall’altro.
La tribù è un tipo di organizzazione politica più formalizzata della banda. È associata all’orticultura e alla
pastorizia e si è diffusa circa 10.000-12.000 anni fa. La tribù comprende diverse bande e lignaggi, ciascuno
dei quali caratterizzato dalla condivisione di un linguaggio e di uno stile di vita. I gruppi tribali possono
essere collegati tra loro attraverso la struttura del clan, dove la maggior parte dei membri sostiene di
discendere da un antenato comune. La parentela è il fondamento dell’appartenenza alla tribù. Le tribù
possono comprendere da un centinaio a diverse migliaia di membri. Rispetto alla banda, l’incarico di dirigere
la tribù spetta ad un leader solitamente uomo. Il capo deve essere un grande lavoratore, generoso e deve
avere delle ottime qualità individuali. Questo capo non è un leader politico a tempo pieno, ma il suo incarico
è più impegnativo del capo di una banda. Il capo decide tutto in base al sistema di sussistenza vigente ed è
sua anche la responsabilità di risolvere conflitti esterni ed interni.
Una via di mezzo tra le organizzazioni tribali e quelle in chiefdom è il sistema caratterizzato dalla presenza
di un big man o una big woman. È un’organizzazione politica con a capo un individuo che si è assicurato
consenso politico, prestigio, autorevolezza e autorità presso un sistema di redistribuzione fondato sui legami
personali. Una ricerca in Melanesia ha documentato l’esistenza di politiche incentrate sul big man. Esso
coltiva legami politici con gli abitanti di molti villaggi. Solitamente i suoi sostenitori assidui sono suoi
consanguinei. Il big man ha pesanti responsabilità. Deve dirigere le questioni interne e quelle esterne legate a
scambi commerciali e guerre. In alcuni casi il big man è assistito da un gruppo di altri uomini. Sugli altopiani
della Papua Nuova Guinea, un aspirante big man giunge a questa posizione tramite un processo detto moka.
In queste zone per essere un big man bisogna avere una moglie che viene spinta a lavorare più delle altre
donne.
Il chiefdom è una forma di organizzazione politica che comprende più tribù e villaggi uniti da un’alleanza
permanente e con un unico capo che ha il potere. I chiefdom hanno una popolazione più numerosa e sono più
centralizzati e socialmente stratificati. La presenza di un capo deve essere garantita sempre. Alla morte di un
leader bisogna rimediare subito alla sostituzione. Nel caso di big men o del capo di una banda non viene
imposta la sostituzione di esso. Il chief ha più responsabilità dei leader di tribù o bande: deve regolare la
produzione dei beni, risolvere conflitti interni, pianificare e dirigere incursioni e spedizioni belliche. Per
diventare chief bisogna avere sia doti ereditarie che dimostrare qualità individuali. Innanzitutto è necessario
appartenere al lignaggio di un chief o essere primogeniti. Esistono chiefdom in tutto il mondo. Più chiefdom
possono unirsi in una federazione, dando vita a una versione più estesa di questa organizzazione politica. Il
chiefdom è capitanato da un capo dei capi o grande capo (paramount chief).
Lo stato è un’entità politica centralizzata che riunisce numerose comunità; ha una struttura burocratica e ha
dei leader con potere coercitivo. Organizzazioni in bande, tribù e chiefdom sono tuttora esistenti ma sono
incorporate in strutture statali. Gli stati hanno grandi responsabilità e poteri:

 Intrecciano relazioni internazionali per trattare con altri stati di interessi reciproci. Lo stato può usare
la forza come difesa per proteggere i propri confini e come offesa per ampliarli;
 Detengono il monopolio dell’uso della forza e fanno rispettare la legge e l’ordine al proprio interno;
 Hanno eserciti e forze di polizia permanenti;
 Definiscono i criteri di cittadinanza, diritti e responsabilità dei cittadini;
 Registrano numero, sesso, età, ubicazione e risorse economiche dei propri cittadini;
 Hanno potere di acquisire risorse dai propri cittadini attraverso le tasse;
 Mantengono un controllo sull’informazione attraverso censura e limitazione a determinate
informazioni.
Le credenze e i simboli religiosi sono strettamente connessi al potere dei vertici dello stato, di fatto un
rappresentante del governo può essere considerato come una divinità. Negli stati democratici e in quelli
socialisti, lo sfarzo e la ricercatezza sono attenuati dall’adozione di abbigliamento ordinario. In passato, tutti
i rappresentanti del governo cinese, indossavano la giacca maoista poiché era una dichiarazione simbolica
della loro ideologia antigerarchica. I vertici dello stato si possono permettere cose di alto livello, abitano in
case sontuose e spesso ne posseggono più di una.
La maggior parte degli stati contemporanei è gerarchica e patriarcale. Alcuni stati sono meno caratterizzati
dal predominio maschile ma nessuno è dominato dalle donne. Sebbene circa la metà della popolazione
mondiale è costituita da donne, solo il 16% fa parte dei membri dei Parlamenti mondiali.
L’ordine ed il conflitto nelle società umane
Per controllo sociale l’antropologia intende il processo attraverso il quale si mantiene una convivenza
ordinata in seno ai gruppi. I sistemi di controllo sociale includono quelli informali, basati su comportamenti
corretti ed educazione; ma anche sistemi formali con regole codificate di comportamento e di punizioni per
eventuali disubbidienze. Gli antropologi riconoscono due tipologie di strumenti di controllo sociale: le norme
e le leggi. La norma è uno standard condiviso di comportamento che si apprende attraverso la
socializzazione. Tutte le società hanno delle norme e si impongono in modo informale. Una loro violazione
può essere considerata come atto di scortesia e la persona considerata maleducata ed in futuro emarginata. La
legge è una regola vincolante prodotta attraverso un provvedimento formale che definisce comportamenti
corretti e punizioni. Spesso la religione dà legittimazione alla legge. Gli aborigeni australiani pensano che la
legge sia giunta agli esseri umani durante il tempo del sogno, quando i loro antenati hanno creato il mondo.
Gli antropologi distinguono tra piccole e grandi società. Le bande sono gruppi piccoli e fortemente coesi, per
cui le dispute sono gestite a livello interpersonale tramite la discussione o il combattimento. L’enfasi è posta
sul mantenimento dell’ordine sociale. Un mezzo di punizione più diffuso è quello di isolare il colpevole. La
pena capitale è applicata raramente. Nelle piccole società non statali, la punizione è spesso legittimata da
credenze in poteri sovrannaturali. L’obiettivo di fondo della gestione dei conflitti delle piccole società è
quello di ricondurre il gruppo all’armonia.
Presso le società densamente popolate, forte tensioni accompagnano le distribuzioni del surplus. Inoltre
appartenere ad una società più ampia significa non conoscere tutti i membri. I fattori importanti per il
controllo sociale nei sistemi statali sono tre:
1. Specializzazione dei ruoli nel campo del controllo sociale;
2. Processi e tribunali formali;
3. Forme di punizione imposte dal potere come carcerazione e pena di morte.
L’attività di polizia è una forma di controllo sociale che prevede attività di sorveglianza e minaccia di
punizioni. Le forze di polizia sono organizzazioni che mirano a smascherare, segnalare e investigare i
crimini.
Nelle società in cui ci sono spiriti a definire le malefatte e a sancire punizioni, la colpevolezza di un
individuo è data solo dalla sfortuna. La colpevolezza può essere stabilita attraverso la prova d’ordalia che
sottopone la persona accusata a prove dolorose. Presso molte società esiste un sistema legale basato su
avvocati, giudici e giurie. L’obiettivo dei processi è quello di garantire la giustizia e l’equità.
Infliggere una pena implica causare qualcosa a qualcuno che ha commesso una violazione. La forma più
estrema di punizione è l’ostracismo, raramente è la morte. Nelle società pastorali in caso di furti o omicidi, la
punizione consiste nel pagamento da parte del colpevole ai membri della famiglia lesa. Il tasso di
carcerazione nazionale corrisponde al numero di persone detenute ogni 100.000 abitanti. Questo varia molto
tra i vari stati. In USA è molto alto ed è pari a 737 detenuti ogni 100.000 abitanti. Seguiti da Russia con 611
detenuti.
L’antropologia giuridica critica è un approccio allo studio dei sistemi legali che analizza il modo in cui la
legge contribuisce a mantenere la supremazia dei gruppi dominanti piuttosto che proteggere i più deboli.
Questi studi hanno documentato che in molti stati sono presenti discriminazioni sistematiche ai danni di
minoranze etniche, popolazioni indigene, donne e altre categorie.
I conflitti e le rivendicazioni etniche possono scaturire dal tentativo di un gruppo etnico di ottenere maggiore
autonomia. Possono essere causati anche dall’azione di un gruppo dominante che tende a sottomettere,
opprimere o sopprimere un gruppo attraverso il genocidio o l’etnocidio. Attribuire le cause a tutte le tensioni
alle differenze etniche significa sottovalutare la concorrenza per le risorse, basata su differenze regionali e
non etniche.
I conflitti settari sono basati sulla percezione tra correnti o sette della stessa religione e riguardano spesso
diritti e risorse. Esistono molti conflitti tra cattolici e protestanti nelle isole britanniche e conflitti tra
musulmani che discendono dalla separazione tra sciiti e sunniti. Questa frattura si manifesta attraverso
episodi di violenza con aggressione dei siti religiosi della parte avversa.
Secondo una delle definizioni in uso, la guerra è un conflitto aperto e dichiarato tra due entità politiche.
Questo, in ogni caso, esclude molte tipologie di conflitto armato tra cui la guerra tra USA e Vietnam mai
dichiarata. La guerra può essere definita anche come aggressione organizzata. Ma, forse, la migliore
definizione di guerra è quella di conflitto organizzato che prevede l’aggressione di un gruppo contro un altro
con impiego di violenza letale. Evidenze archeologiche indicano che le guerre sono iniziate durante il
neolitico con l’emergere delle società sedentarie. Non si ha alcuna testimonianza dell’esistenza di
comportamenti bellicosi tra le bande, mentre ce ne sono tra le bande tribali. Negli stati, gli eserciti dipendono
dalla potenza economica del paese. Infatti, maggiore è la disponibilità e più corposo sarà il corpo militare.
Le tipologie di conflitti interessano diverse unità come gruppi etnici, gruppi settari o stati. Ma dal XV secolo
si è sviluppata un'altra forma di conflitto: la colonizzazione dei paesi tropicali. Questo processo è ancora in
corso, anche se gli attori principali sono cambiati. Un altro tipo di conflitto vede un attore privato in conflitto
con un gruppo o più gruppi locali, spesso usando la forza fisica. Il concetto di responsabilità sociale
d’impresa è spesso adottato dalle grandi multinazionali. Con RSI ci si riferisce al fatto che la ricerca del
profitto non debba provocare danni alle società umane e all’ambiente naturale.
Le trasformazioni dei sistemi politici e giuridici
Esistono molte definizioni di nazione e alcune si sovrappongono a quelle attribuite allo stato. La nazione è
un insieme di persone che parla la stessa lingua, condivide storia e cultura, insiste sullo stesso territorio e
partecipa della medesima organizzazione politica. Un’espressione correlata a quella di nazione è stato-
nazione che indica uno stato che include una sola nazione.
La democratizzazione è il processo di trasformazione di un regime autoritario in un regime democratico.
L’attuazione di questo processo ha numerose condizioni: rinuncia alla pratica della tortura, abolizione della
censura e adozione di un atteggiamento di tolleranza nei confronti di qualche opposizione. La transizione
verso la democrazia sembra essere più difficile quando la trasformazione avviene a partire da regimi
socialisti fortemente autoritari. Questo può dipendere dal fatto che la democratizzazione implica il passaggio
da un’economia pianificata ad una basata sul capitalismo di mercato. I diversi risultati degli sforzi della
democratizzazione derivano dal fatto che molti principi della democrazia difficilmente si adattano a
tradizioni politiche basate sui vincoli di parentela e sul patronage. Quest’ultimo designa un tipo di relazione
asimmetrica tra un patrono e un cliente. In questa relazione il patrono si prende cura e protegge il cliente, il
quale assicura a questo il suo appoggio e sottomissione.
Se la guerra è inevitabile, non c’è molta speranza che il pensiero antropologico sia utile per la promozione ed
il mantenimento della pace. Nonostante ciò gli antropologi ci hanno dimostrato che la guerra non è una
categoria culturale universale e che in alcune culture le dispute si risolvono senza ricorrere alla guerra. In
ogni caso vanno segnalati due dati positivi della ricerca antropologica: l’esistenza delle Nazioni Unite offre
un’arena per dare voce alle dispute, possono promuovere la pace garantendo un luogo dedicato all’analisi dei
vari problemi; le organizzazioni non governative e le associazioni formali di base, che promuovono attività
di mediazione tra istanze di gruppi portatori di interessi diversi ma finalizzati al mantenimento della pace sia
a livello globale che locale.
Le molteplici forme della comunicazione umana
La comunicazione consiste nell’emissione e ricezione di messaggi dotati di significato. Tra gli esseri umani
avviene attraverso una forma di linguaggio: insieme sistematico di simboli e segni dotati di significati
appresi e condivisi. Il linguaggio può essere orale o scritto, si può affidare ai gesti delle mani, acconciatura
dei capelli, abbigliamento e accessori. Il linguaggio umano è caratterizzato dalla produttività, ovvero può
generare infinite espressioni comprensibili a partire da un insieme finito di regole. Gli altri primati, invece, si
affidano ad un sistema di richiami, ovvero una forma di comunicazione basata su un repertorio di suoni dal
significato noto. Gli altri primati non hanno le stesse potenzialità fisiologiche dell’essere umano. Tuttavia,
alcuni scimpanzé e bonobo in cattività hanno imparato a comunicare con gli esseri umani attraverso il
linguaggio dei segni e indicando dei simboli su una tabella. Il linguaggio umano permette anche il
distanziamento, ovvero la capacità di riferirsi a eventi che appartengono al passato. Ad esempio i Pirahã del
Brasile non coniugano i verbi al passato, hanno tre soli pronomi, non rappresentano i colori e nemmeno i
numeri. Loro si affidano a verbi complessi e fanno un uso abbondante dell’enfasi e dell’intonazione.
Il linguaggio umano può essere analizzato nelle sue caratteristiche formali: suoni, vocabolario e sintassi. In
ogni caso le lingue si differenziano l’una dall’altra per quanto riguarda suoni e vocaboli. Ad esempio per
imparare ad esprimersi in un’altra lingua, spesso si ricorre all’apprendimento di nuovi suoni. I suoni ai quali
si attribuiscono dei significati sono detti fonemi. Per potersi esprimere in hindi, un madrelingua inglese
dovrebbe imparare ad emettere nuovi suoni. L’hindi ha quattro differenti suoni per la lettera “d” tutti diversi
l’uno dall’altro e differenti anche con la “d” inglese. La “d” dentale viene pronunciata in hindi esercitando
una forte pressione con la lingua sui denti frontali dell’arcata superiore. Ogni lingua è dotata di un
vocabolario detto anche lessico, ovvero l’insieme di parole dotate di significato in una lingua. La semantica è
lo studio del significato di vocaboli, locuzioni e frasi. A questo viene aggiunto dagli antropologi
l’etnosemantica, ovvero lo studio del significato dei vocaboli, delle locuzioni e come vengono usati in
determinati ambienti culturali. La ricerca etnosemantica consente di comprendere come le persone
definiscano il mondo e ciò che ritengono importante. I vocabolari focali sono un insieme di vocaboli che
servono ad esprimere concetti ai quali una determinata cultura dà un’importanza particolare. La sintassi
consiste in modelli e regole di organizzazione delle parole in frasi con un senso logico. Tutte le lingue hanno
regole sintattiche. Ci sono però variazioni sintattiche anche tra lingue parlate in Europa. Ad esempio in
tedesco il verbo è spesso messo alla fine della frase.
La lingua dei segni è una forma di comunicazione che usa i gesti delle mani. Nel mondo esistono molte
forme di lingua dei segni. La maggior parte della lingua dei segni viene usata da chi ha problemi di udito ma
anche in molte comunità indigene australiane. I gesti sono movimenti che trasmettono significati.
La cinesica è un campo disciplinare nato intorno agli anni Cinquanta che ha per oggetto lo studio della
comunicazione gestuale, sia delle lingue dei segni sia della gestualità quotidiana.
Il silenzio è un’altra forma di comunicazione non verbale. Il suo impiego è associato allo status sociale. In
alcuni contesti il silenzio è segno distintivo di potere. Gli Apache occidentali usano il silenzio in quattro
occasioni:
1. Quando incontrano uno straniero, in quanto rivolgere la parola subito ad uno straniero significa avere
interesse per qualcosa come il denaro;
2. Nelle prime fasi del corteggiamento, quando il comportamento corretto prevede il sedersi in silenzio
per diverse ore tenendosi per mano. Parlare troppo potrebbe esprimere interesse sessuale;
3. Quando un genitore si rincontra con il proprio figlio dopo il collegio. Dovrebbero rimanere in
silenzio per 15 minuti, a volte passano due o tre giorni prima di avere una conversazione vera e
propria;
4. Quando si viene insultati in particolare ad una festa con molte bevande alcoliche.
La comunicazione umana utilizza molte volte il corpo per inviare o ricevere messaggi. Oltre alla parola, gli
esseri umani usano il corpo come testo. Il linguaggio del corpo si esprime attraverso il movimento degli
occhi, postura, modo di camminare, scritte tatuate sul corpo, acconciatura, abiti, scarpe e gioielli. Anche il
linguaggio del corpo segue schemi precisi e regole. Il linguaggio del corpo varia da cultura a cultura, infatti
alcune culture preferiscono il rapporto fisico. Ad esempio nelle conversazioni Euro-Americane guardarsi
negli occhi è positivo mentre in molti contesti asiatici è considerato maleducato.
L’antropologia dei media è lo studio della comunicazione attraverso sistemi elettronici come radio, tv,
cinema, musica, internet e carta stampata. Essa è un importante ambito di studio emergente che connette
antropologia linguistica con antropologia culturale e ne analizza i processi mediatici. L’antropologia critica
dei media si sforza di comprendere quanto l’accesso ai media renda gli individui liberi o quanto eserciti un
controllo su di loro. Nel mercato USA della pubblicità, un segmento importante è dato dalla gente
latinoamericana. Infatti il mercato ispanico risulta essere omogeneo e culturalmente connotato. Il tema
dominante è quello della famiglia. Le reti radiofoniche e televisive spagnole usano un linguaggio standard
senza regionalismi o accenti particolari.
Linguaggio, diversità e disuguaglianza
Nel XX secolo lo studio delle relazioni esistenti tra linguaggio e cultura è stato fortemente influenzato da due
prospettive teoriche. Il primo modello teorico è stato concepito da Edward Sapir e Benjamin Whorf che
hanno proposto una teoria molto influente secondo la quale la lingua che usiamo influenza molto ciò che
pensiamo. Questa affermazione ha dato i fondamenti al determinismo linguistico, una teoria secondo la quale
la lingua determina il nostro sviluppo cognitivo ed il nostro comportamento.
Un secondo approccio alla comprensione delle relazioni esistenti tra lingua e cultura è quello della
sociolinguistica, che sottolinea l’influenza del contesto culturale e sociale sulla struttura della lingua. Di
conseguenza i sociolinguisti sono costruzionisti culturali.
Con discorso si intende un uso culturalmente definito del linguaggio verbale che comprende diverse
espressioni orali. L’analisi critica del discorso esamina i modi in cui il potere e la disuguaglianza sociale si
riflettono nel linguaggio verbale. I primi studi sul rapporto tra linguaggio e genere nelle conversazioni tra
Nordamericani di origine europea hanno evidenziato tre elementi caratterizzanti il discorso tipico femminile:

 La cortesia;
 Intonazione più elevata alla fine della frase;
 Uso frequente di domande retoriche alla fine della frase.
Nella lingua inglese, di solito, il discorso maschile è meno cortese, il tono della frase è piatto e non fa uso di
domande retoriche. Sebbene sia uomini che donne fanno uso della risposta indiretta, lo fanno per motivazioni
diverse e sottendono significati diversi al discorso.
Nella lingua giapponese è molto evidente la differenza di genere. Una differenza importante tra un discorso
maschile e femminile è l’abitudine di aggiungere il prefisso onorifico “o-“ ai sostantivi. Ad esempio i
bastoncini per mangiare vengono chiamati dagli uomini hasi e dalle donne ohasi. A questo modello si
contrappone quello del linguaggio di genere espresso dalle kogal, donne con età compresa tra i 14 e i 22
anni. Le kogal si distinguono per linguaggio, abbigliamento, acconciatura eccetera ed il loro stile è
appariscente ed esuberante. Usano molto i telefoni cellulari e si esprimono attraverso le emoticon. Hanno
anche inventato un codice per comunicare composto da numeri e caratteri cirillici.
La lingua nazionale dell’Indonesia è detta bahasa Indonesia ma molti omosessuali parlano il bahasa gay.
Nonostante la grande diversità culturale e linguistica del paese, il bahasa gay è molto omogeneo. Esso ha un
vocabolario specifico che fa uso con umorismo del linguaggio comune. Alcune delle sue varianti sono basate
sull’omofobia.
La questione dell’inglese afro-americano è complicata dal razzismo passato e presente. L’inglese afro-
americano è una lingua relativamente nuova nata durante il periodo dello schiavismo. Alcuni elementi
distintivi della sua grammatica derivano dall’africano e non usano forme del verbo inglese to be. Nel 1996
l’Oakland School Board ha deciso di riconoscere l’afro-americano come lingua primaria degli studenti afro-
americani.
Il cambiamento linguistico
Le lingue sono capaci tanto di continuità quanto di cambiamento. Le creatività degli esseri umani e i contatti
tra loro danno luogo a innovazioni e prestiti linguistici.
Nessuno sa quando sia nato il linguaggio verbale. Alcuni pensano sia nato tra 100.000 e 50.000 anni fa,
quando l’essere umano ha acquisito capacità fisiche e mentali per sviluppare il pensiero simbolico.
La linguistica storica è lo studio della trasformazione linguistica nel corso della storia e si basa su diverse
metodologie specializzate. L’origine della linguistica risale al XVII secolo. Grazie alla linguistica è stato
elaborato il concetto di famiglia linguistica, ovvero un gruppo di lingue che discendono da un’unica lingua
madre. Le lingue che discendono dalla stessa famiglia sono dette sorelle. Attraverso le informazioni storiche,
i linguisti hanno sviluppato un modello di lingua madre originaria della maggior parte delle lingue
euroasiatiche: il Proto-Indo-Europeo. Metodi analoghi, rivelano l’esistenza della forma madre originaria in
Africa della famiglia linguistica Bantu: il Proto-Bantu. Da questa lingua sono derivate oltre 600 lingue
africane.
Le prime testimonianze linguistiche scritte ci vengono dalla Mesopotamia. Il più antico sistema di scrittura
risale al IV millennio a.C. ed è stato documentato in Mesopotamia. I primi sistemi di scrittura usavano i
logogrammi, segni che indicavano una parola, una sillaba o un suono. La nascita della scrittura è associata a
quella dello stato. Si pensa che la scrittura sia stata un fattore chiave per la distinzione dello stato con altre
forme di organizzazione politica. L’impero Inca è una evidente eccezione di questa regola, poiché utilizzava
il quipu: insieme di cordicelle di diversi colori annodate, usate per tenere la contabilità e registrare eventi.
Ancora oggi si discute per capire se il quipu era un vero e proprio linguaggio oppure serviva solo alla
contabilità. Esistono due interpretazioni della funzione dei primi sistemi di scrittura:

 La prima scrittura aveva solo scopi cerimoniali, poiché le prime forme di scrittura sono state
rinvenute nelle tombe, sulle ossa e nei templi;
 La prima scrittura aveva la funzione secolare di registrare eventi e attività commerciali presso
governi.
Il colonialismo europeo ha influenzato molto il cambiamento linguistico. Infatti i governi coloniali
imponevano l’uso della propria lingua, mettendo anche in atto procedure per sopprimere le lingue e le
letterature indigene. L’ampia diffusione del bilinguismo è uno degli effetti più evidenti del colonialismo.
Le lingue pidgin e creole sono due forme linguistiche nate in conseguenza del colonialismo europeo. Le
lingue pidgin fondono elementi che provengono da almeno due lingue madri e si sviluppano quando due
culture entrano in contatto con altre e hanno necessità di comunicare. Solitamente queste lingue si usano in
determinati contesti. Spesso il pidgin si trasforma in creolo: lingua che discende da un pidgin e che con il
tempo acquisisce parlanti nativi. Il tok pisin è nato in Papua Nuova Guinea come lingua pidgin ed è
composta da una miscela di inglese, samoano, cinese e malese. È riconosciuta come lingua ufficiale della
Papua Nuova Guinea. Altre due lingue creole sono conosciute come nazionali: il seselwa, miscela linguistica
che comprende anche il francese ed è parlato nelle Isole Seychelles; il papamientu, mescolanza dell’olandese
parlato a Curaçao nelle Antille Olandesi.
Le politiche nazionalistiche che promuovono l’assimilazione culturale delle minoranze hanno causato la
perdita di molti dialetti locali e la perdita di molte lingue indigene e minoritarie in tutto il mondo. Esistono
azioni politiche dirette che impongono l’insegnamento di una lingua nelle scuole pubbliche; e azioni indirette
che consistono in discriminazioni linguistiche nelle assunzioni lavorative o nella stigmatizzazione sociale.
Le otto lingue più parlate al mondo sono in ordine: mandarino, spagnolo, inglese, bengalese, hindi,
portoghese, russo e giapponese. Le lingue che si stanno diffondendo sono dette lingue globali o lingue del
mondo. Queste lingue si parlando in tutto il mondo ed in base ai contesti culturali assumono nuove
connotazioni locali. L’inglese è la lingua più globalizzata della storia. L’inglese britannico si è diffuso
durante l’espansione coloniale. È stata lingua ufficiale nelle colonie. Con il tempo, però, sono nate varianti
regionali e subregionali dell’inglese che hanno generato un nuovo inglese. Oggi esistono molte varietà di
lingua inglese, tanto che gli studiosi cominciano a parlare di famiglia linguistica inglese che include lo
spanglish, il japlish e il Tex-Mex. La lingua degli SMS è una variante linguistica usata per comunicare
tramite i telefoni cellulari e comprende abbreviazioni ed espressioni gergali. Nella versione inglese del
textese, le vocali vengono omesse e i numeri possono rimpiazzare parti di parola o parole intere.
Gli studiosi hanno identificato quattro fasi che caratterizzano il declino e la scomparsa di una lingua:

 La sostituzione di una lingua è testimoniata dal fatto che chi la parla dispone di un vocabolario
madrelingua limitato;
 Si parla di lingua a rischio quando meno di 10.000 persone la parlano;
 Una lingua è prossima all’estinzione quando solo pochi anziani la parlano;
 L’estinzione di una lingua si ha quando nessun individuo la parla correttamente.
Si stima che attualmente esistono tra 5000 e 7000 lingue. Nell’isola della Nuova Guinea si parlano molte
lingue, circa 1000 che appartengono a famiglie linguistiche completamente diverse l’una dall’altra. Il
problema dell’estinzione linguistica è sentito nella regione del Pacifico e dell’Australia, dove quasi tutte le
lingue indigene sono parlate da meno di 100.000 persone. Anche le lingue indigene delle Americhe sono
parlate da meno di 10.000 persone.
I progetti di salvaguardia linguistica devono tenere conto degli specifici contesti locali e di diversi fattori. Le
strategie principali per la salvaguardia sono:

 Istituzione scolastica formale;


 Sistema basato sulla relazione tra maestro e apprendista, dove un anziano insegna la propria lingua
ad uno studente che non la conosce;
 Sistemi e servizi di supporto all’insegnamento linguistico disponibili in rete.
Ciascun metodo ha pregi e difetti ma la promozione e la salvaguardia di una lingua è data dalla presenza di
vitali comunità di parlanti.
Religione in prospettiva comparativa
La religione è un insieme di credenze e comportamenti associato a entità e forze sovrannaturali. La religione
di un gruppo umano è collegata alla sua visione del mondo ma non coincide con essa. La visione del mondo
è un concetto più ampio che non si riferisce alla dimensione del sovrannaturale. Ad esempio un ateo non ha
una sua religione ma ha una sua visione del mondo. Sir Edward Tylor ha scritto che magia, scienza e
religione sono affini poiché si tratta di diversi modi di leggere il mondo. Sir James Frazer definiva la magia
come il tentativo di spingere forze ed entità sovrannaturali, distinguendola dalla religione che è il tentativo di
compiacere forze ed entità sovrannaturali. Frazer ha definito i due seguenti principi generali della magia:

 La legge della somiglianza che è alla base della magia imitativa e si basa sul fatto che: un oggetto o
una persona X sono simili a una persona o a un oggetto Y. Esempio è il fantoccio vudù.
 La legge del contagio che è alla base della magia contagiosa che stabilisce che le persone o oggetti
che sono stati in contatto almeno una volta con un individuo possono avere degli effetti su di lui/lei.
Le religioni comprendono credenze e comportamenti. Le credenze religiose sono condivise da un gruppo e si
trasmetto da generazione a generazione. Gli anziani insegnano ai bambini la religione attraverso canzoni e
racconti, gli artisti la illustravano sulle pareti e rocce e gli scultori danno forma alla religione grazie a pietra e
legno.
Le credenze religiose vengono espresse e trasmesse attraverso due vettori:
1. Il mito: narrazioni che coinvolgono forze o entità sovrannaturali;
2. La dottrina: enunciazione esplicita del credo religioso.
Il mito è una narrazione che comprende un inizio, un momento intermedio e una conclusione. I miti
trasmetto messaggi su forze sovrannaturali in modo indiretto. Alcuni ritengono che la Bibbia sia una raccolta
di miti. Malinowski associava il mito a una sorta di carta costituzionale delle società umane. Lévi-Strauss
sosteneva che i miti avessero funzioni filosofiche e psicologiche. In questo caso i miti rispondono a profonde
contraddizioni esistenti. Secondo la prospettiva funzionalista del materialismo culturale, i miti trasmettono e
conservano informazioni relative a strategie di sussistenza e utili a gestire le crisi economiche.
La dottrina definisce esplicitamente il mondo sovrannaturale e terreno. È affine alla legge ed è associata alle
religioni istituzionalizzate e di larga scala. Tuttavia la dottrina può cambiare. Ad esempio molti Papi hanno
proclamato nuove dottrine per la Chiesa Cattolica.
La dottrina musulmana è espressa dal Corano che consiste nelle rivelazioni fatte dal profeta Maometto nel
VII secolo.
Il termine animismo si riferisce al sistema di credenze in cui il sovrannaturale è concepito come una forza
non personificata. Un esempio è il mana che è una forza estranea alla natura che opera in modo automatico e
non è né uno spirito né una divinità. Si manifesta in oggetti e persone. Alcune entità sovrannaturali sono
zoomorfe. Non si è ancora data una spiegazione al perché alcune religioni comprendono divinità zoomorfe.
Le entità antropomorfe sono molto comuni ma non universali. Come gli esseri umani, anche le entità
sovrannaturali antropomorfe provano emozioni. Possono essere sensibili e premurose ma anche distanti e
impassibili. Le entità sovrannaturali tendono ad avere relazioni coniugali e sessuali, i loro matrimoni sono
eterosessuali e molte divinità maschile tendono ad avere numerose mogli. Nei pantheon la divisione del
lavoro riflette quella della società umana. Le entità hanno ruoli e gerarchie politiche. Divinità maggiori come
Giove e Giunone, sono onnipotenti e governano su altre divinità minori.
Probabilmente, tutte le religioni esprimono credenze sull’esistenza di aree sacre. I luoghi sacri possono
consistere in formazioni rocciose e possono essere a volte permanenti. Ad esempio tra i Sami, i luoghi sacri
corrispondono a formazioni rocciose prive di segni distintivi ma che hanno forme antropomorfe o zoomorfe.
Un’altra forma di luogo sacro privo di segni distintivi appare in un rito domestico praticato dalle donne
musulmane. Il rito è chiamato khatam quran: lettura del corano. In questo caso il luogo sacro è la casa dove
si svolge la lettura che deve avere un luogo designato, un gruppo solidale di amici e parenti e il Corano. Le
religioni aborigene dell’Australia sono molto legate ai luoghi sacri.
Il rituale è un comportamento strutturato e ripetitivo orientato alla sfera del sovrannaturale. I rituali sacri
sono la messa in atto delle credenze espresse dal mito e dalla dottrina. Questi rituali si distinguono da quelli
profani che non hanno connessioni con il sovrannaturale. Alcuni elementi sono un mix di sacro e profano. Il
thanksgiving consisteva nel consumo di un pasto sacro cristiano con l’obiettivo di ringraziare Dio per la
sopravvivenza dei Padri Pellegrini. Tuttavia, oggi non tutti quelli che praticano il thanksgiving lo fanno per
motivi religiosi. Gli antropologi dividono i rituali sacri in categorie sulla base di differenti fattori. Una delle
classificazioni si basa sul tempo, infatti i rituali celebrati con regolarità sono detti riti periodici. Molti di
questi sono celebrati una volta all’anno e segnano un momento stagionale specifico. Ad esempio, il giorno di
Buddha, commemora, nello stesso giorno, la nascita, l’illuminazione e la morte del Buddha. I cicli rituali
sono spesso influenzati da ricorrenze come il giorno più corto dell’anno, il più lungo, giorni di luna piena e
luna nuova. I riti non periodici e non hanno cadenza prefissata e si compiono in tempi non predeterminati
come la siccità o la carestia.
I riti di passaggio segnano il mutamento di status di un individuo o di un gruppo, che passa dallo stadio
della vita a un altro. I riti di passaggio sono stati definiti per la prima volta dall’antropologo Van Gennep ma
Turner definì che, in alcune culture, i riti di passaggio seguono le tre fasi individuate da Van Gennep:

 La separazione dove l’individuo viene separato fisicamente o simbolicamente dalla vita ordinaria. In
Amazzonia gli adolescenti vengono segregati per alcuni anni presso capanne isolate e lontane dai
villaggi;
 La fase di transizione dove un individuo perde lo status precedente e non appartiene ancora ad un
gruppo che appartiene allo status successivo. La liminalità comporta spesso l’apprendimento di
speciali abilita per il passaggio allo status successivo;
 La reintegrazione si svolge quando l’iniziato torna a far parte della comunità con uno status
rinnovato.
Il pellegrinaggio è un viaggio di andata e ritorno verso uno o più luoghi sacri che ha scopi rituali o di
devozione religiosa. In India il luogo sacro per eccellenza sono i Varanasi; per i Musulmani è la Mecca; i
Buddhisti indiani viaggiando verso Bodh Gaya; Gerusalemme è una meta per Ebrei, Cristiani e Musulmani;
Lourdes è una meta per Cristiani. Spesso il pellegrinaggio è impegnativo: a una maggiore sofferenza
corrisponde maggiore merito guadagnato dal pellegrino. A differenza dei riti di passaggio, il pellegrinaggio
differisce poiché in primo luogo il pellegrino si distacca dalla vita quotidiana e nel corso del pellegrinaggio
entra nella fase liminale e infine torna a integrarsi nella società.
I rituali di inversione capovolgono l’organizzazione ordinaria dei ruoli e delle relazioni sociali. Secondo i
funzionalisti, questi riti consentono alle pressioni sociali di avere sfogo e rappresentano un’occasione per
sottolineare adeguatezza delle pratiche e dei ruoli quotidiani. Il carnevale è un rito di inversione che ha
origine dall’area settentrionale del Mediterraneo. È connesso al ciclo agricolo nella tradizione popolare ed è
un periodo turbolento che precede quelle del digiuno previsto dalla Quaresima. Inizia in momenti diversi ma
termina dappertutto il Martedì Grasso. A Bosa, in Sardegna, il carnevale prevede inversione dei ruoli sociali
e allontanamento delle norme ordinarie sociali. A Bosa il carnevale è diviso in tre fasi. La prima fase dura
alcune settimane e interessa prevalentemente le domeniche: persone mascherate percorrono le strade della
città e improvvisano spettacoli teatrali che esprimono critiche sociali. La seconda fase inizia la mattina del
Martedì Grasso dove molti uomini Bosani si vestono di nero per piangere la morte di Giolzi (Re Giorgio). La
terza fase si svolge di sera quando scompaiono le maschere delle vedove e compaiono uomini e donne vestiti
di bianco. Questi sono le anime del Carnevale e il loro abito prevede lenzuola e federe. Questi vanno in giro
a cercare Giolzi perquisendo la gente e quando lo trovano (un fantoccio) viene bruciato sul rogo.
Molti rituali prevedono un sacrificio ovvero l’offerta di qualcosa alle entità sovrannaturali. Il sacrificio è una
delle forme rituali più antiche. Può comportare uccisione e offerta di animali, quella di esseri umani, quella
di vegetali, frutta, cereali, fiori o altri prodotti. Alcuni documenti spagnoli sugli Aztechi, affermano che i
sacrifici pubblici di umani e animali avevano la finalità di compiacere agli Dei. Si presume che sono stati
sacrificati circa 100.000 uomini e che le loro carni sono state macellate e consumate dal popolo.
Non tutti i riti richiedono di uno specialista religioso ma tutti, però, necessitano di un certo livello di
competenza da parte di chi li compie. L’analisi di elementi generali delle categorie di sciamani e sacerdoti
mettono in evidenza le differenze tra i due tipi. Lo sciamano è uno specialista religioso con rapporto diretto
con le entità sovrannaturali. Una caratteristica per riconoscerlo è che ha la capacità di entrare in uno stato di
trance e si tratta di un ruolo accessibile a tutti.
I termini sacerdote e sacerdotessa indicano specialisti religiosi a tempo pieno. Un sacerdote può avere una
chiamata divina ma, spesso, la loro posizione è dovuta da discendenze sacerdotali. Per quanto riguarda i riti,
gli sciamani sono coinvolti in riti non periodici mentre i sacerdoti celebrano una vasta gamma di riti.
Nelle diverse culture esistono altri ruoli religiosi. I veggenti sono specialisti che vengono a conoscenza delle
volontà divina attraverso tecniche come la lettura delle viscere animali. Cartomanti e chiromanti sono dei
veggenti. I profeti trasmettono rivelazioni divine, ricevute in sogno o tramite visioni. Le streghe ricorrono ai
poteri psichici e producono effetti sulle persone tramite emozioni e pensiero.
Religioni globali e varianti locali
L’espressione religione globale è stata coniata per indicare le religioni basate su fonti scritte, dotate di
numerosi adepti e interessate alla redenzione. A quel tempo l’espressione si riferiva solo al Cristianesimo,
all’Islam e al Buddismo. Successivamente è arrivate a comprendere Ebraismo, Induismo, Confucianesimo,
Taoismo e Scintoismo. L’attività missionaria delle sette Protestanti durante il colonialismo europeo ha fatto
espandere il Cristianesimo. Anche l’aumento dei movimenti migratosi, la diffusione della tv e l’internet
hanno permesso ad alcune religioni di espandersi. A ogni religione globale corrispondono delle varianti
locali. Quando una religione globale si stabilisce in una nuova area, tende ad entrare in relazione con le
tradizioni religiose locali. In molti casi coesistono religione d’importazione e locale. In questo caso si parla
di pluralismo religioso. Nel caso del sincretismo religioso gli elementi di due o più religiosi si fondono.
Le due religioni globali che danno importanza al proselitismo (tentativo di ottenere nuovi accoliti) sono
Cristianesimo e Islam. A volte i loro rapporti con religioni locali sono stati violenti e hanno provocato la
distruzione dei luoghi sacri locali.
Più di 900 milioni di persone sono Hindu e circa il 97% di loro vive in India. Gli altri sono in tutto il resto
del mondo. Hindu si nasce e l’Induismo non cerca proseliti. I testi fondamentali dell’Induismo sono i quattro
Veda, scritti in sanscrito tra il 1200 e il 900 a.C.. La tradizione Hindu è ricca anche di altri testi. Il più famoso
è il Mahabharata, storia di una guerra tra due lignaggi patrilineari dove Krishna svolge un ruolo importante,
e il Ramayana che è la storia di Re Rama e della sua consorte Sita. L’Induismo si basa sul politeismo e su
una tradizione filosofica che riconduce la molteplicità delle divinità all’unità. Le sue divinità variano da una
pietra posta ai piedi di un albero a particolari icone scolpite che raffigurano divinità maschili come Shiva e
Vishnu e femminili come Durga e Sarasvati. Il culto quotidiano prevede l’accensione di un lume al cospetto
del Dio, intonazioni di inni e mantra e il darshan, ovvero contatto visivo con la divinità. Esistono varianti
locali che coinvolgono spesso divinità e rituali altrove sconosciuti. La pirobazia, ad esempio, è praticata
nell’India meridionale e orientale e nelle isole Figi.
I Nayar matrilineari del Kerala celebrano un rituale non periodico per porre rimedio ai malefici attuati dalle
divinità-serpente che causano infertilità nelle donne. Il rituale dura un’intera notte e prevede che le donne
dipingano sul terreno un disegno sacro che raffigura dei serpenti aggrovigliati; seguono ore di venerazione
con la fiamma prodotta dalla canfora, incenso e fiori. I tamburi, i cimbali e i canti accompagnano il rituale.
La presenza della divinità è ottenuta quando una delle donne entra in uno stato di trance.
Un concetto fondamentale dell’Induismo è il karma, il destino. Il karma di una persona è determinato sin
dalla sua nascita. Alcuni credono che questa religione sia fatalistica in quanto priva di agency. Tuttavia la
ricerca sulle interpretazioni sul karma ha fatto emergere variazioni individuali che vanno dal fatalismo al
forte convincimento di avere pieno controllo sul proprio destino.
Il Buddismo ha un fondatore: Siddharta Gautama che è venerato come il Buddha. Le origini di questa
religione sono collocate in India settentrionale dove il Buddha è nato e cresciuto. Il buddismo è caratterizzato
da molte dottrine e pratiche tanto che risulta difficile trovare un singolo elemento comune a tutte,
all’eccezione di Gautama Buddha. Molti buddisti venerano Buddha come una divinità, ma altri non lo
considerano tale ma ne rispettano gli insegnamenti: seguono la via indicata da lui per il raggiungimento del
nirvana, la liberazione dalla vita mondana. Il Buddismo è nato come forma di protesta contro l’Induismo ma
conserva diversi concetti come quello del karma. Per il Buddismo tutti possono guadagnare reincarnazioni
migliori fino alla liberazione dal samsara. Mostrare compassione nei confronti degli altri è una virtù buddista
fondamentale. Al Buddismo è associata una forte presenza monastica. I Buddisti celebrano tanti festival e
rituali annuali. I pellegrini raggiungono l’India per visitare Sarnath, luogo dei primi insegnamenti del
Buddha, e Gaya, quello della sua illuminazione.
All’infuori dall’India, in nessun altro luogo il Buddismo è l’unica religione praticata dai suoi accoliti. Nel
Myanmar coesiste con altre tradizioni locali e nessune delle quali è dominante. Qui le credenze indigene
sono molto forti come la credenza del karma, mentre le convinzioni indigenze sul sovrannaturale
attribuiscono gli eventi negativi all’azione di spiriti detti nat. Ne consegue che gli individui possono
interagire con i nat ma non con il karma.
Il primo sistema religioso ebraico è stato elaborato nel 500 a.C. circa, dopo la distruzione del Tempio di
Gerusalemme. I primi testi che compongono il Pentateuco, hanno reso paradigmatico il tema dell’esilio e del
ritorno, tuttora valido. Il Pentateuco è detto anche Torah o i Cinque Libri di Mosè. I fedeli dell’Ebraismo sia
la rivelazione della verità di Dio tramite Israele. La torah illustra il mondo sovrannaturale e quello umano e
indica alle persone come conformarsi alla sua visione. Aspetto essenziale dell’Ebraismo è l’impegno di
indentificare ciò che non va nel presente e trovare modo di sottrarsi. L’Ebraismo è una religione monoteista e
insegna che esiste un solo Dio, unico e onnipotente. Gli esseri umani devono seguire le leggi ebraiche e
devono adempiere certi doveri come quello di osservare il Sabbath. La parola è importante nell’Ebraismo e
attribuisce affermazioni veritiere nella vita quotidiana e nell’uso di formule letterarie codificate in precisi
momenti delle celebrazioni religiose. Queste formule sono disciplinate dal Siddùr. Alcune norme dietetiche
distinguono l’Ebraismo da altre religioni, ad esempio le regole del kosher proibiscono di combinare latte e
derivati con la carne. Le forme contemporanee dell’Ebraismo variano dalla teoria conservatrice
dell’Hasidismo a quella dell’Ebraismo Riformato. Le differenze sono date dalla concezione riguardante la
definizione di Ebreo. La legge ebraica definisce Ebreo chi è nato da madre ebrea. L’Ebraismo Riformato
riconosce come ebreo anche chi nasce da padre ebreo e madre non ebrea.
Il luogo più sacro degli Ebrei è il Kotel di Gerusalemme. Si trova su un margine del Monte del Tempio, area
sacra per Ebrei, Musulmani e Cristiani. Oltre ai fedeli frequentano questo luogo anche giovani che sono alla
ricerca di un colpito. Altri frequentatori sono uomini che parlano Ebraico e sono disponibili ad organizzare
sessioni di preghiera.
Nella Pasqua Ebraica sono presenti tre elementi di sincretismo con l’Induismo. Innanzitutto la Pasqua
occidentale è un evento gioioso, mentre a Kochi questa festa è denominata come festa dell’astinenza. La
Pasqua Ebraica di Kochi non attribuisce alcun ruolo ai bambini mentre nel tradizionale pasto occidentale,
detto seder, i bambini pongono quattro domande per avviare la narrazione. A Kochi sono gli Ebrei che
cantano le domande all’unisono. Infine il seder a Kochi, deve dare maggiore importanza alla purezza rispetto
all’Ebraismo occidentale. Per conservare la purezza del vino kosher deve essere non toccato da un gentile e
neanche il tavolo sul quale è poggiato deve essere stato mai toccato.
Il Cristianesimo ha molti legami con l’Ebraismo, infatti deriva da quest’ultimo. Il legame più stretto è dato
dall’insegnamento biblico che preannuncia l’avvento di un messia. Il Cristianesimo è nato nel I secolo nel
Mediterraneo orientale. I primi credenti erano Ebrei che avevano sposato la fede in Gesù Cristo come messia
venuto sulla Terra. Oggi è la più grande religione globale ed ha circa due miliardi di accoliti. Per i Cristiani è
la Bibbia ad avere i precetti fondamentali della fede e credono che un Dio supremo abbiamo mandato il suo
figlio in Terra in sacrificio per il bene dell’umanità e Gesù è visto come modello di moralità. Le maggiori
ramificazioni del Cristianesimo sono quella Cattolica Romana, quella Protestante e quella Ortodossa
orientale, ciascuna delle quali ha preso diverse ramificazioni. Gli studi sul Protestantesimo nella regione dei
monti Appalachi descrivono tradizioni locali che potrebbero essere considerate come “deviate”. In questa
regione, infatti, sono celebrati tre riti obbligatori: il lavaggio dei piedi, la comunione ed il battesimo. La
prima si svolge una volta l’anno insieme alla comunione e di solito viene usato come estensione della messa
domenicale. Viene chiamato un anziano di fronte la chiesa a predicare, due diaconesse “preparano la tavola”,
rimuovano il panno bianco posto sugli oggetti sacramentali quali pane azzimo, calici per il vino e una caraffa
di vino. I diaconi spezzano il pane e versa il vino nei calici. Uomini e donne formano due gruppi separati e i
diaconi offrono pane e vino a tutti. Segue il momento del lavaggio dei piedi. Il moderatore inizia citando il
Nuovo Testamento, prende un asciugamano e un catino dal tavolo e versa l’acqua. Sceglie uno dei fedeli
“senior”, toglie scarpe e calzini e gli lava i piedi lentamente e con cura. Una lettura funzionalista afferma che
questa usanza aiuta a conservare la coesione sociale. Un altro elemento distintivo di questa regione è quello
di manovrare serpenti velenosi. Questa consuetudine è citata nel Nuovo Testamento in un passo del Vangelo
di Marco. I membri delle congreghe religiose reputano che maneggiare i serpenti velenosi sia il supremo atto
di devozione a Dio. Tra i Cristiani delle Isole Figi l’immagine dell’Ultima Cena è un motivo dominante.
Questa scena è rappresentata dappertutto. La sua popolarità è dovuta alla sua coerenza con le credenze
figiane relative al consumo collegiale di cibo e di kava, bevanda popolare derivata da una pianta arbustiva.
Le regole per la disposizione dei partecipanti a tavola prevedono che le persone più importanti siedano sul
lato alto della sala, lontano dall’ingresso. Gli altri siedono nella parte “bassa”, di fronte alle persone di rango
elevato. La disposizione dell’affresco di Leonardo da Vinci ricalca quella ordinata sistemazione dei Figiani
intorno al kava.
L’Islamismo si fonda sugli insegnamenti del profeta Maometto ed è la più giovane tra le religioni globali.
Islam significa sottomissione in arabo al volere dell’unico Dio, Allah. I Musulmani ritengono che Maometto
sia stato l’ultimo profeta di Dio. L’Islam ha diverse ramificazioni con fedi pressoché simili ma con
orientamenti teologici e giuridici distinti. Le due principali scuole di pensiero sono quella Sunnita e quella
Sciita. Il Sufismo è una variante più mistica dell’Islam. I Cinque Pilastri dell’Islam sono: la professione di
fede in Allah, la preghiera quotidiana, il digiuno, la carità ai poveri e l’Hajj (pellegrinaggio alla Mecca).
Questi sono fondamentali per i Sunniti ma meno per gli Sciiti e i Sufisti. L’Islam è la seconda religione del
mondo per numero di fedeli. Uno stereotipo sbagliato vuole che l’Islam sia ovunque in ogni caso. Questo
modello monolitico si basa su un’immagine dell’Islam conservatore Wahabita praticata in Arabia Saudita.
L’Islam è differente in base alle diverse culture. I Musulmani di tutto il mondo celebrano ogni anno l’Eid-ul-
Adha (‫ )عيد األضحى‬che commemora l’accettazione di Abramo alla richiesta di sacrificare suo figlio Ismaele ad
Allah. Questo si celebra durante il decimo giorno dell’ultimo mese dell’anno. In Marocco, per questo evento,
viene coinvolto il Re che infligge un coltello nella gola di un montone. Ogni capofamiglia sacrifica un
montone. Gli altri uomini della famiglia assistono alla scena mentre le donne sono totalmente assenti o sullo
sfondo. Una volta ucciso il montone, gli uomini si lavano il viso con il suo sangue. Presso alcuni villaggi le
donne hanno un ruolo più importante, infatti prima del sacrificio cospargono il montone con l’henné per
consacrarlo e dopo il sacrificio usano il sangue per rituali per la benedizione del gruppo domestico. A
Sumatra il contesto culturale è meno patriarcale e la struttura politica non dona molta importanza alla
monarchia. A Isak gli abitanti offrono in sacrificio diversi animali come polli, anatre, pecore, capre e bufali
d’acqua. La maggior parte dei sacrifici è gestita in famiglia e viene compiuta nel retro della casa.
Oggi molte religioni africane sono globali. L’Africa ospita diverse religioni: l’Islam, il Cristianesimo,
l’Ebraismo, l’Induismo e altre religioni indigene. È difficile riunire le religioni africane indigene ma alcuni
elementi distintivi che le distinguono sono:

 Miti che parlano di una frattura tra divinità creatrice ed esseri umani;
 Un Pantheon che comprende un Dio e una gamma di entità sovrannaturali;
 Riti di iniziazione;
 Rituali caratterizzati da sacrifici animali, pasti e danze;
 Altari all’interno di santuari dove esseri umani e divinità si incontrano;
 Stretti legami con sistemi terapeutici.
Nelle loro regioni di origine queste religioni hanno subito gli effetti del colonialismo, in particolare
dell’Islam e del Cristianesimo. Nell’America settentrionale e meridionale, spesso vengono combinati
elementi del Cristianesimo con tradizioni africane e credenze native americane. Ad esempio in Brasile,
religioni meticce come l’umbanda, il santerì e il candomblé sono molto diffuse e attirano membri di tutte le
classi sociali poiché forniscono sostegno sociale e alleviano lo stress.
Il Ras Tafari è una religione Afro-Caraibica che ha avuto origine in Giamaica. Il numero dei praticanti non è
conosciuto poiché rifiutano di essere censiti. Questa è una religione di protesta che condivide solo pochi
elementi con le religioni africane. La sua storia è legata ai diversi predicatori del XX secolo che sostenevano
che l’imperatore d’Etiopia Haile Selassie fosse il “Leone di Giuda” e che avrebbe condotto i neri verso la
terra promessa africana. Il Rastafarianesimo non si basa su dottrine o testi scritti. Le credenze condivise
annunciano che l’Etiopia sia il paradiso terrestre. Il Rastafarianesimo è molto diffuso in Giamaica dove è
associato alla musica reggae, ai dreadlocks e al consumo di ganja. In Giamaica esistono diverse varianti di
questa religione che vanno dalla convinzione che si debba combattere l’oppressione a quella che condurre
una vita pacifica porti alla vittoria contro il male.
Le trasformazioni religiose
Tutte le religioni esprimono mitologie e dottrine che danno continuità alle loro pratiche e credenze. In ogni
caso, nessuna religione è del tutto rigida e immutabile. Gli studiosi hanno studiato una rivitalizzazione delle
religioni. Ad esempio, in Russia, tutte le icone sacre erano state poste in musei ma adesso la chiesa le rivuole
indietro.
I movimenti di rivitalizzazione intendono cambiare positivamente e rifondare una religione minacciata da
forze esterne adottando nuove pratiche o credenze. La “danza dello spirito” è uno di questi movimenti, nato
come riposte dei Nativi Americani al colonialismo europeo. All’inizio del 1870, lo sciamano Wodziwob,
annunciò che il mondo sarebbe stato distrutto e rinnovato. Questo movimento coinvolse altre tribù ma
scomparì dopo la morte del suo profeta. Nel 1890 nacque un movimento analogo da un altro profeta
chiamato Wovoka che ebbe una visione durante un’eclissi totale. Il suo messaggio era analogo a quello del
profeta precedente ma con la necessità di danzare in cerchio in previsione dell’evento imminente. La danza
ebbe vasta diffusione e diversi effetti. Per i Pawnee fu alla base del revival di diverse cerimonie cadute in
disuso. I Sioux trasformarono il messaggio e assunsero un atteggiamento più ostile verso il governo e i
bianchi. Nel 1890 il governo attaccò i Sioux uccidendo Toro Seduto e Grande Piede insieme a trecento altri
Sioux. Negli anni Settanta ritornò in vita la danza dello spirito con l’obiettivo di promuovere i diritti dei
Nativi Americani.
I culti del cargo sono movimenti di rivitalizzazione nati in Melanesia. Le attività dei loro membri erano
volte all’acquisizione di risorse commerciali, dette localmente cargo. Generalmente un profeta annunciava la
visione relativa all’arrivo del cargo. In un caso, il profeta predisse l’arrivo di un cargo tramite una nave con
l’arrivo degli antenati defunti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il mezzo di trasporto con cui si
aspettavano il cargo erano gli aerei. Questi culti nacquero come reazione agli effetti distruttivi della
comparsa di nuovi beni nel contesto indigeno.
Il conflitto religioso è spesso legato ai luoghi sacri. Gerusalemme è il luogo dei conflitti religiosi per
eccellenza. Tre importanti religioni proclamano i diritti su questi siti: Islam, Ebraismo e Cristianesimo. Tra i
Cristiani, diversi fedi competono per attribuirsi il controllo della Chiesa del Santo Sepolcro. In India, Hindu e
Musulmani sono in conflitto per i siti sacri. Gli Hindu sostengono che le moschee musulmane siano state
costruite sovrapponendole ai luoghi sacri Hindu. Anche le popolazioni indigene vivono una situazione
analoga: i loro siti sacri e i loro luoghi di sepoltura sono stati spesso distrutti per fare spazio all’espansione
delle città, estrazioni di petrolio e minerali e a sport ricreativi.
Secondo una dichiarazione delle Nazioni Unite, la libertà dalla persecuzione religiose è un diritto umano,
anche se molti stati e religioni violano questo diritto. A volte chi viene perseguitato chiede di essere ospitato
in altri luoghi o nazioni. Migliaia di Buddisti Tibetani, compreso il Dalai Lama, sono fuggiti dal Tibet dopo
l’invasione dei Cinesi. Spesso le religioni sono il motivo principale di conflitti e disaccordi e sono la chiave
per la loro risoluzione. Le religioni, dunque, possono essere meglio comprese se viene adottata una
prospettiva contestualizzata e transculturale e bisogna comprenderle se si vuole costruire un futuro più
pacifico.
Arte e cultura
L’arte è un’applicazione di immaginazione, abilità e stile alla materia che dipende dalla praticità pura.
Quest’applicazione di immaginazione può interessare diversi elementi e attività ed il suo prodotto può essere
definito arte. Arte può essere un pasto elegantemente presentato, storia ben raccontata o cesta dalle forme
perfette. In questo caso, l’arte è comune a tutti gli esseri umani e nessuna cultura può essere priva di attività
artistiche. Tuttavia sembra che i Pirahã non abbiano arte visiva, in compenso praticano arte verbale. Gli
antropologi studiano sia i prodotti artistici ma studiano soprattutto i procedimenti creativi, dando conto a
diverse tipologie artistiche. Esiste una distinzione vigente da tempo per la concezione occidentale ed è tra
belle arti e arti popolari. Questa distinzione è basata su una prospettiva che fa coincidere le belle arti con
opere preziose di artisti che si sono formati tradizionalmente. Questa è l’arte studiata nei corsi universitari
dedicati alla storia dell’arte. Di conseguenza i prodotti artistici che non rientrano in questa categoria sono
meno “raffinati” e devono identificarsi correttamente con le tipologie dell’arte popolare, etnica, primitiva o
dell’artigianato. L’occidente considera le “belle arti” in base a diversi elementi distintivi:

 Devono essere create da artisti con un’istruzione formale;


 Devono essere prodotte per essere immesse sul mercato;
 Devono essere chiaramente riconducibile ad un determinato artista;
 Devono avere valore per la loro unicità;
 Devono avere funzione che non sia utilitaristica, ma essere un prodotto che esprime l’arte per l’arte.
Di conseguenza si ritiene che l’arte non occidentale e non classica abbia caratteristiche opposte a quelle delle
belle arti, ovvero:

 Che sia espressione di artisti senza istruzione formale;


 Che non sia prodotta per essere venduta;
 Che sia espressione di artisti anonimi, che non la firmano e non reclamano la titolarità;
 Che sia destinata all’uso, per il trasporto, preparazione o conservazione del cibo, per rituali o guerre.
L’arte è praticata in tutte le culture e tutte le popolazioni distinguono tra arte e non-arte. Il termine estetica si
riferisce a nozioni di qualità che sono condivise socialmente. Gli esperti d’arte occidentale ritenevano che
presso le culture non occidentali l’estetica non esistesse, mentre gli antropologi hanno smentito.
L’etnoestetica riguarda le estetiche culturalmente orientate. Gli standard per la valutazione della produzione
di sculture lignee africane dimostrano quanto è importante considerare le variazioni culturali dei criteri di
definizione di arte. Presso gli Yorùbà i dettami estetici per la produzione di sculture lignee prevedono:

 Che la raffigurazione abbia un equilibrio tra astrazione e realismo, in modo da rappresentare


sembianze di qualcuno ma di nessuno in particolare;
 Che esseri umani devono essere rappresentati all’apice della loro forma fisica, non durante infanzia o
vecchiaia;
 Che le linee e le forme siano nette;
 Che la struttura abbia una luminosità grazie alla levigatura e lucidatura della superficie;
 Che l’opera sia simmetrica.
L’antropologia dell’arte non si dedica solo ai prodotti artistici ma anche agli autori e alle loro motivazioni. Il
funzionalismo ha maggiormente influenzato la ricerca antropologica sull’arte. L’arte può servire a dare
legittimazione ai leader politici e a sostenere sforzi bellici. Può anche fungere da strumento di controllo
sociale, da catalizzatore per la resistenza politica o da strumento unificante per lo sviluppo di una solidarietà
etnica. L’antropologia dell’arte si affida a una vasta gamma di strumenti per la raccolta e l’analisi dei dati. Il
metodo base è l’osservazione partecipante, cui si affiancano acquisizione e analisi dei documenti orali o
scritti. Molti antropologi fanno apprendistato in qualche forma d’arte tradizionale. Per lo studioso Chernoff,
imparare a suonare il tamburo africano è stato importante per stabilire una relazione etnografica durante la
sua ricerca e anche per comprendere l’importanza della musica nella società ghanese. Durante la sua ricerca
ha imparato a suonare il tamburo ma ha dovuto partecipare a dei rituali di iniziazione per ottenere la mano
veloce per poter suonare bene il tamburo. Lo status sociale degli artisti è un aspetto da prendere in
considerazione quando si analizzano i produttori di oggetti d’arte. Esistono anche distinzioni di genere
nell’ambito della produzione artistica. Presso i Navajo le donne tessono e gli uomini lavorano l’argento. Nei
Caraibi le donne di discendenza africana sono famose per l’intaglio delle zucche. A seconda del genere
artistico quello della razza/etnicità/appartenenza indigena è un fattore capace di influire sul successo di un
artista. Come la lingua, anche gli stili artistici sono spesso associati all’identità e all’orgoglio di gruppi
micro-culturali. Ai Berberi del Marocco sono associati ai tappeti di lana, ai Maya le bluse tessute e ricamate
e agli Inuit le piccole sculture in pietra. Alcune forme d’arte e performance popolari possono essere degli
strumenti sociali e meccanismi per la conservazione delle gerarchie esistenti, ma non tutte sono così. Hip-
hop e la musica rap dei giovani neri possono essere considerate forme di protesta espresse attraverso
performance. In questi casi la canzone denuncia l’oppressione economica, rischi associati alle droghe e la
mancanza di rispetto nei confronti delle donne da parte degli uomini.
Le arti performative comprendono musica, danza, teatro, retorica e narrazione. Un importante indirizzo di
studio ha una denominazione specifica: l’etnomusicologia, lo studio della musica attraverso le culture. Gli
etnomusicologi si occupano di varietà di temi: dalla struttura musicale allo status dei musicisti, alle relazioni
tra musica e altri ambiti della cultura, fino alle dinamiche di cambiamento delle tradizioni musicali. Un tema
importante per gli etnomusicologi è quello delle differenze di genere nell’accesso ai ruoli performativi in
ambito musicale. Alcuni materialisti sostengono che laddove vi sia una ripartizione egualitaria dei ruoli di
genere vi è anche ripartizione egualitaria all’accesso della musica. Nella cultura dei Temiar viene marcata la
complementarità e l’equilibrio tra maschi e femmine. Tra i Temiar la parentela e le regole matrimoniali sono
flessibili e aperte: i matrimoni si basano sui desideri di entrambi i partner. La discendenza è bilineare e la
coppia può scegliere liberamente dove avere la residenza. La separazione è frequente e spesso i Temiar
sperimentano più unioni monogamiche durante la loro vita. In ogni caso, gli uomini hanno un leggero
vantaggio in ambiti politici e rituali: generalmente i leader dei villaggi sono uomini, così come i medium che
intonano canti. Questo dona status più elevato rispetto alle donne. L’antropologo linguistico Dent ha
analizzato la popolarità della mùsica sertaneja: musica country brasiliana ispirata al country statunitense ma
adattata a contesti locali brasiliani. I loro concerti e registrazioni musicali utilizzano un genere statunitense
ma il loro scopo è quello di criticare processi che fanno capo società nordamericana come capitalismo
estremo e globalizzazione. Un elemento rilevante di questo genere musicale è la dupla, una performance
attuata da due “fratelli” con i capelli acconciati nello stesso modo e abiti simili. Questi danno risalto alla
parentela e all’affetto, richiamando l’importanza che hanno questi temi nella tradizione brasiliana.
Il teatro è una performance che si serve di movimento e della parola per intrattenere il pubblico ed è
associato alla danza, alla musica, alle sfilate, alla competizione ludica e sportiva e alle arti verbali. La
tradizione teatrale del Kathakali coniuga mitologia, recitazione e musica. I movimenti delle mani, il trucco e
i costumi contribuiscono al fascino della performance ed esaltano la tradizione epica Hindu dell’India ed in
particolare il Mahabharata e il Ramayana. Per caratterizzare i personaggi vengono usati diversi tipi di trucco.
Re ed eroi hanno viso verde che indica raffinatezza e rettitudine morale; sui personaggi volgari si stende il
colore nere dove vengono applicate spesso barbe nere. Questi ultimi con le facce nere punteggiate di bianco
e di rosso, rappresentano le figure più spaventose del Kathakali.
Come tutte le arti, l’architettura è connessa ad altri ambiti culturali e può essere differenziata in base a classe,
genere, età e etnia. Le arti decorative riflettono anche lo status ed il gusto di un individuo.
I cacciatori-raccoglitori sono nomadi e costruiscono abitazioni quando e dove servono per poi abbandonarle.
La costruzione delle loro abitazioni non richiede impegno di gruppi più grandi di quello familiare. Quando
un sistema acquisitivo si combina con l’orticoltura emergono strutture abitative più elaborate. Questo è il
caso delle abitazioni semipermanenti della foresta pluviale amazzonica, dove gli abitanti abitano per una
parte dell’anno per poi dividersi in un’area più estesa. In questo caso, per un insediamento, si guarda la
capacità di fornire riparo, la disponibilità di acqua nelle vicinanze e la garanzia di un sistema di difesa. Lo
spiazzo centrale deve essere in un’area sopraelevata, in modo da avere un sistema di drenaggio efficiente, i
cui canali devono essere scavati attorno alle aree destinate ai focolari. In genere la pianta è circolare. Alcuni
costruiscono abitazioni separate per famiglie estese, altri saldano le coperture insieme accostandole e
formano un cerchio continuo. A volte il capo può avere un’abitazione separata e più grande.
I gruppi basati sulla pastorizia hanno sviluppato idee per strutture trasportabili come i tepee e i ger. Il tepee è
una tenda conica con una struttura basale composta da quattro pali di legno legati alla sommità con delle
cinghie di cuoio alla quale si aggiungono altri pali per il completamento del cono. Questo scheletro è
rivestito da pelli di bufalo. Anche il ger è a base circolare ma ha sommità piatta e rivestita di tessuto. Spesso
gli insediamenti composti da questi tendaggi erano disposti in più cerchi concentrici. Poiché erano
organizzati in base allo status, il capo aveva l’abitazione al centro.
Con lo sviluppo dello stato, le aree urbane si sono estese e con gli effetti della centralizzazione del potere e
della pianificazione si sono manifestati nella disposizione a griglia delle reti viarie. Di fatto la dimostrazione
simbolica del potere era ed è espressa dall’architettura, con la costruzione di maestosi monumenti cittadini:
templi, edifici amministrativi e commemorativi, musei. Anche il design degli interni si è fatto più elaborato.
L’esposizione di elementi come quadri e sculture distingue le case dei più ricchi. Una ricerca in Giappone ha
dimostrato come le strutture occidentali hanno influenzato la casa tradizionale giapponese. Infatti vengono
abbandonati, recentemente, tre elementi del design tradizionale giapponese: il tatami, lo shoji e il fusuma. I
tatami sono dei piccoli materassi sottili. Le dimensioni di una stanza si misurano in base al numero di tatami
che può contenere. Le shoji sono porte scorrevoli di accesso alle stanze dei tatami: una è vetrata l’altra
rivestita da carta di riso. I fusuma sono pareti di carta spessa, scorrevoli e rimovibili. Per distaccarsi dal
vecchio stile, le casalinghe giapponesi “moderne” hanno portato diversi cambiamenti. La cucina ha una
posizione centrale anziché marginale ed è collegata a uno spazio detto DK o LDK con pavimento in legno,
piastrelle o stuoie. Al posto di futuma, tatami e shoji usano prodotti occidentali come tappeti e tende. Le case
dei ricchi giapponesi sono caratterizzate da un piano separato con tatami per i genitori del marito. I giardini
con funzione d’uso sono distinti da quelli decorativi. Non tutte le culture accettano il concetto di giardino
creativo. Popolazioni circumpolari e società basate sulla pastorizia non allestiscono giardini. Il giardino
decorativo è stato “coniato” dalle società organizzate in stati in particolare dalle società mediorientali,
europee e asiatiche. Questi contesti mostrano variazioni per quanto riguarda elementi e forme appropriati per
i giardini. Un giardino giapponese può non avere piante fiorite e privilegiare alberi, arbusti, pietre e specchi
d’acqua. La cultura musulmana d’élite è stata sempre associata a giardini decorativi strutturati. Il giardino
islamico prevede un disegno quadrato e simmetrico, fontane, corsi d’acqua, sentieri rettilinei ed è circondato
da mura. Un giardino racchiuso da mura rappresenta culturalmente il concetto di paradiso. Nei giardini
islamici sono spesso collocate le tombe di personalità illustri. Il Taj Mahal segue questo schema con l’unica
eccezione che la tomba non è al centro del giardino ma a un’estremità. Le componenti di un giardino privato
esprimono identità e status del proprietario. Ad esempio in Europa, durante il colonialismo, i giardini erano
arricchiti da specie botaniche provenienti da tutto il mondo. Questi giardini sono l’esempio di quella che il
teorico Foucault ha chiamato eterotopia, ovvero il risultato della compresenza di elementi proveniente da
contesti molteplici e diversi tra loro. Oggi i fiori recisi sono un importante prodotto economico. Si usano
molto in Francia e in Italia e in occidente si fa largo uso di fiori recisi durante i funerali. Le offerte rituali alle
divinità Hindu prevedono fiori come calendule intrecciate a formare catene. Per i ricchi regni africani i beni
di lusso consistono in tessuti, ornamenti in oro e strutture lignee piuttosto che in fiori. Tuttavia con la
globalizzazione anche i paesi africani coltivano fiori da mettere sul mercato.
Gioco, tempo libero e cultura
Nella maggioranza dei casi gioco e tempo libero si possono distinguere dalle altre attività. Il gioco:

 Non è un’attività necessaria;


 Non è finalizzato a portare risultati utili ai partecipanti;
 Si svolge in un tempo limitato;
 Ha delle regole;
 Può fare riferimenti alla fortuna, implicare tensioni e competizione.
Spesso le attività del tempo libero coincidono con il gioco ma molti come leggere o sdraiarsi non possono
essere considerati come giochi poiché non rispondono alle caratteristiche del gioco. Gli antropologi studiano
il gioco e il tempo libero nei loro contesti culturali e si interrogano sui motivi per cui alcune attività vedano
impegnati gruppi e non un singolo individuo.
A volte gli sport possono riflettere relazioni sociali e ideali culturali. Per Geertz sono sia modelli di una
cultura sia modelli per una cultura. Il football americano può essere considerato modello per la cultura
corporativa a causa della sua corporazione gerarchica, la sua concentrazione della leadership in una persona
e il suo obiettivo di espansione territoriale.
In molti contesti gli sport sono connessi alla religione e alla spiritualità. Le arti marziali asiatiche richiedono
una concentrazione simile a quella usata nella meditazione. In India la lotta maschile è legata allo sviluppo
spirituale e all’ascetismo. I lottatori non sono diversi dagli altri membri della società indiana. La loro
dedizione, però, implica importanti differenze. La loro routine richiede autodisciplina. La mattina presto i
lottatori si recano nell’akhara per allenarsi sotto la supervisione di un guru affrontando partner diversi. In un
giorno un lottatore giovane esegue circa 2000 flessioni sulle braccia e 1000 piegamenti sulle ginocchia in
serie da 50 o 100. Il loro regime alimentare è molto rigido e la maggior parte dei lottatori è vegetariana.
Evitano di assumere bevande alcoliche ma consumano il bhang, una bevanda composta da latte, spezie,
mandorle e un concentrato di marijuana. Consumano molto latte, ghee e mandorle. Queste sostanze
forniscono energia poiché aiutano a produrre spermatozoi. Molti elementi della vita di un lottatore sono
simili a quelli di un sannyasi Hindu (uomo che ha rinunciato a una vita normale). Il ruolo dei due si fonda
sulla disciplina finalizzata al controllo del sé.
Molte attività del tempo libero coniugano piacere e sofferenza. Una categoria di sport più pericolosa è quella
degli sport cruenti: competizioni in cui si cerca il sangue o persino la morte. Questi sport comprendono
combattimenti tra esseri umani o tra esseri umani e animali. Secondo alcuni studiosi questi sport procurano
piacere sadico mentre per altri nutrono l’autostima. Anche l’esperienza piacevole di un bagno turco può
provocare sofferenza. Durante questa usanza la schiena viene sfregata con una spugna naturale molto ruvida,
una pietra pomice o un frammento di legno di sughero avvolto in un tessuto. In Turchia gli uomini si
sottopongono a massaggi violenti che prevedono la palpazione profonda dei muscoli delle gambe o di
sopportare il peso del massaggiatore mentre cammina sul corpo.
Il turismo è una delle forze maggiori economiche e ha effetti rilevanti sulle persone. Il turismo etnico,
culturale e l’ecoturismo attirano molti viaggiatori e spesso vengono pubblicizzati come strumenti per
incontrare culture autentiche. Molte pubblicità e brochure rappresentano, spesso, le popolazioni indigene
rappresentandole come culture pimitiviste e le loro tradizioni sono viste come immutabili e riferibili all’età
della pietra. Spesso per il turista è importante combinare il primitivo con il moderno e cerca di un’esperienza
autentica ma anche comodità e risparmio. L’antropologia del turismo si è concentrata sull’impatto del
turismo globale e locale sulle popolazioni e sui luoghi indigeni. Questi studi sono importanti poiché il
turismo potrebbe favorire o danneggiare le tradizioni locali. Molte popolazioni locali che gestiscono diritti su
terreni, fonti d’acque e altre risorse, tentano di praticare la propria agency per trarre vantaggi dalle ricadute
dei turisti.
La forma e lo schema delle culture espressive sono in evoluzione. Molti cambiamenti sono dati dalla
globalizzazione occidentale. Ma i cambiamenti non sono unidirezionali, infatti sin dai tempi dello
schiavismo gli stili musicali hanno influenzato la scena musicale statunitense. I cambiamenti consistono
nell’introduzione dell’uso di nuovi materiali e tecniche e nell’appropriazione di nuove idee, gusti e
significati.
Il colonialismo occidentale ha avuto effetti importanti sulla cultura espressiva dei popoli indigeni. Infatti la
disapprovazione dei colonizzatori di alcune forme ha causato la scomparsa.
Popoli in movimento
In tutto il mondo, diversi fattori stanno causando movimenti migratori. Nonostante tutto per alcune
popolazioni è semplice consuetudine. La migrazione è il trasferimento di un individuo o di una popolazione
da una località a un’altra. Le cause sono attribuite agli aspetti basilari della vita umana e la migrazione ha,
spesso, effetti sia negativi che positivi sullo status degli individui, sulla salute, lingua, identità religiosa e
educazione. Professionisti di diversi ambiti come legale, medico e altri, possono acquisire specializzazioni
riguardanti i processi di migrazioni e i periodi di adattamento che seguono al trasferimento. Gli antropologi
fanno ricerca su diversi temi connessi alla migrazione. Studiano la correlazione con sistemi economici e
riproduttivi, con evoluzione dell’individuo e della sua salute fino ad arrivare al matrimonio, alla religione e
alla cultura espressiva. La ricerca sulla migrazione effettuata dall’antropologia culturale, è caratterizzata da
tre tendenze:

 Tendenza a svolgere ricerca sul campo presso più località per comprendere meglio i contesti di
origini e di destinazione;
 Tendenza a combinare prospettive;
 Tendenza ad applicare dei risultati della ricerca.
Le forme della migrazione
La migrazione e i suoi effetti sugli individui assumono diverse forme. Questi variano a seconda di vari
contesti. Esistono tre tipologie di migrazione che hanno delle caratteristiche fondamentali:

 Migrazione interna, cioè trasferimenti all’interno di un paese;


 Migrazione internazionale, cioè trasferimenti all’interno di una nazione;
 Migrazione transnazionale, ripetuti spostamenti tra due o più paesi.
Nel corso del XX secolo la migrazione delle campagne verso le città la principale forma di movimento
interno della popolazione. Una delle principali ragioni di questa migrazione era la ricerca di un’occupazione.
Secondo la teoria push-pull le zone rurali non sono in grado di sostenere l’incremento delle popolazioni e le
loro aspettative e per contro, le città, attirano gli individui per la loro offerta di occupazione. Questa teoria è
connessa all’approccio antropologico che enfatizza l’agency: capacità che gli esseri umani hanno di operare
delle scelte.
Le migrazioni internazionali sono aumentate a partire dal 1945. Circa 100 milioni di persone vivono lontane
dal proprio paese d’origine. Le prime migrazioni internazionali sono state negli USA, in Canada, Australia,
Nuova Zelanda e Argentina. Nel corso degli anni Ottanta e Novanta USA, Canada e Australia sono state
meta di ulteriori migrazioni in particolare dall’Asia in USA, dall’America Latina e dai Caraibi. Negli ultimi
decenni del XX secolo molti Turchi sono emigrati in Germania ma in Turchia molti Curdi sono stati accolti.
La migrazione transnazionale è in aumento così come i processi associati alla globalizzazione. La migrazione
transnazionale contemporanea è dovuta a questioni economiche. La diffusione dell’economia aziendale è alla
base dello sviluppo di una tipologia di migranti transnazionali: gli “astronauti”, ovvero uomini d’affari che si
spostano in aereo. La migrazione transnazionale incide sull’identità del migrante, sui suoi diritti e sul suo
senso di cittadinanza. Dato l’aumento di questo tipo di migrazioni, molti paesi d’origine sono riconosciuti
come paesi transnazionali, ovvero paesi la cui popolazione si è trasferita oltre i confini nazionali. In questo
caso i paesi danno la possibilità di mantenere la cittadinanza dando la continuità nel tempo delle loro
rimesse, ovvero il trasferimento di denaro per la famiglia che non si è spostata. Il paese che ottiene più
risorse dalle rimesse è l’India.
I migranti possono essere divisi in tipologie diverse anche in basi alle ragioni per cui si trasferiscono.
Ogni anno molti individui si trasferiscono per svolgere un lavoro a tempo determinato, senza stazionare
permanentemente nel luogo di destinazione. Questa migrazione, in presenza di contratto conforme alla legge,
viene detta migrazione di lavoratori salariati. Le donne asiatiche sono le migratrici lavoratrici più presenti al
mondo. La migrazione circolare è uno schema di trasferimento di popolazione tra due o più località e può
verificarsi all’interno di un paese. Migranti circolari interne sono le domestiche impiegate in America Latina
o nei Caraibi.
I profughi o rifugiati sono stati costretti ad abbandonare le proprie case per trasferirsi altrove. In questo
caso si parla di trasferimenti forzati poiché migrano a causa del colonialismo, schiavismo, guerra,
persecuzioni, disastri naturali e altro. I rifugiati sono costretti a trasferirsi all’estero. Molti hanno
abbandonato la loro terra poiché erano vittime di persecuzioni razziali, religiose, etniche, di genere o
politiche. Il numero di rifugiati è sempre in aumento. L’80% dei rifugiati ha trovato asilo in paesi poveri. I
profughi interni sono persone costrette a lasciare le loro case ma restano nel loro paese. Come i rifugiati,
anche questi vivono in case di fortuna. Le cause del fenomeno dei profughi interni forzati sono i conflitti
politici, ma anche disastri naturali e progetti di sviluppo. La migrazione causata da questi ultimi è detta
migrazione da sviluppo. La costruzione di dighe colossali sta preoccupando tutto il mondo poiché ha un
effetto su territori estesi e su ampie popolazioni. Il problema è che i governi promuovono la costruzione di
dighe colossali poiché portano profitto al paese.
Gli antropologi hanno studiato le popolazioni rifugiate, in particolare quelle colpite da guerre e hanno
individuato alcuni elementi chiave delle loro esperienze che possono aggravare o alleviare lo stress. Un
elemento è la somiglianza o le differenze della nuova sistemazione rispetto a quella di provenienza.
I migranti istituzionali sono individui che si trasferiscono presso un’istituzione sociale. Un esempio sono i
monaci, le suore, i preti, persone anziane, prigionieri, studenti e personale delle forze armate.
I nuovi immigrati negli USA e nel Canada
Negli USA l’espressione nuovo immigrato viene usata per rappresentare una persona che si è spostata tra
paesi diversi dopo il 1960. In tutto il mondo questa tipologia è sempre in aumento e le cause principali sono
di tipo economico. La migrazione del XXI secolo è caratterizzata da tre tendenze:
1. Globalizzazione: molti paesi sono interessati alla migrazione internazionale e dunque la diversità
culturale è in aumento sia nei paesi d’origine sia in quelli di destinazione;
2. Accelerazione: numero dei migranti aumentato in tutto il mondo;
3. Femminilizzazione: numero di donne migranti in crescita.
Negli USA si parla di nuovo immigrato nel caso di persone che hanno raggiunto il paese dopo gli
emendamenti del 1965 che hanno reso possibile entrare maggior numero di persone nel paese. Con la
clausola del ricongiungimento familiare è stato consentito ai parenti dei residenti permanenti di raggiungerli.
Gli USA concedono due tipi di visto agli stranieri: visto per immigrati e visto per turisti e studenti. Il primo
non ha scadenza in genere e consente a chi lo detiene di avere occupazione stipendiata e fare richiesta di
cittadinanza. L’altro visto è valido per un periodo limitato e di solito non consente di avere un lavoro
retribuito.
Negli anni Sessanta del ‘900, i latinoamericani sono stati protagonisti di un importante movimento verso gli
USA. Il maggior numero di immigrati negli USA viene dal Messico, la maggior parte vive in California o in
Texas. In ogni caso alcuni messicani raggiungono i propri familiari una volta al mese e prendono il nome di
migranti stagionali, mentre alcuni non provano alcuna appartenenza né al Messico né agli USA.
Dagli anni Sessanta la Repubblica Dominicana risulta essere il secondo paese di emigrazione verso gli USA.
Gli immigrati dominicani sono legati l’un l’altro da una cadena. La migrazione a catena è uno schema
migratorio che prevede una prima ondata migratoria seguita dal trasferimento di parenti e amici nello stesso
luogo. Questo grazie alla legge USA per il ricongiungimento familiare. Gli USA, però, riconoscono come
famiglia solo quella nucleare ma i dominicani hanno trovato il metodo a questo: il matrimonio d’affari. In
questo matrimonio l’aspirante immigrato versa una somma di denaro ad un immigrato legalizzato per poterlo
sposare. In questo modo l’aspirante potrà ottenere il visto. Molti dominicani erano impiegati nelle aziende
manifatturiere ma ultimamente hanno aperto piccoli esercizi di vendita al dettaglio. Le bodegas sono ubicate
spesso in zone malfamate.
Alcuni nuovi immigrati vengono dall’Asia. Molti vietnamiti hanno lasciato il loro paese durante e dopo la
guerra degli anni Settanta. I vietnamiti si possono distinguere in tre sottogruppi: l’élite del 1975, il popolo
delle barche e vietnamiti di etnia cinese. I primi hanno potuto evitare molti elementi gravi dati dalla fuga dal
paese: molti di questi erano impiegati negli USA o delle forze vietnamite e hanno lasciato il paese prima
dell’arrivo dei comunisti. I secondi sono arrivati negli USA dopo il conflitto Vietnam-Cina nel 1978. Sono
dei contadini e sono stati vittime del comunismo. La loro fuga è stata difficile e rischiosa. I terzi sono una
classe di imprenditori distinta e marginalizzata socialmente in Vietnam e sono arrivati in USA come membri
del popolo delle barche. Dopo il conflitto tra Vietnam e Cina, all’etnia cinese è stato consentito di lasciare il
paese.
Dopo il 1965, molti immigrati arrivarono negli USA dall’Asia Meridionale. Si trattava in maggioranza di
professionisti indiani che si sono stabiliti nelle città orientali e occidentali del paese. I membri della prima
ondata erano più istruiti e hanno trovato impiego nel campo medico, ingegneristico e gestionale. Gli indiani
meno istruiti hanno trovato impiego in imprese a conduzione familiare o nel settore di servizi. Negli USA gli
immigrati indiani godono delle migliori condizioni di vita. Molti immigrati della prima ondata tendono a
dare grande importanza alla cultura hindu. La popolazione hindu sponsorizza la costruzione di templi hindu e
cercano di avvicinarsi molto ai giovani accettando il loro stile di vita.
L’immigrazione nell’Europa mediterranea e l’antropologia culturale
Fino alle metà del XIX secolo l’Europa ha sperimentato forme di migrazione interne che hanno dato origine
alla nascita di azioni moderne. Tra il XIX e il XX secolo è l’Europa meridionale ad avere una massiccia
emigrazione dovuta a necessità lavorative. Anche se a partire dal secondo dopoguerra il processo si è
progressivamente invertito. I motivi di questa inversione di tendenza sono molteplici. Il primo è dovuto alla
decolonizzazione di molte aree che erano sotto il dominio europeo. In secondo luogo si è verificato un
incremento demografico che si è verificato nelle aree più povere del mondo. Il terzo fattore è stato il
potenziamento delle tecnologie della comunicazione che ha favorito l’aumento della mobilità. Last but not
least c’è stato il crollo del socialismo che ha determinato un’apertura verso le migrazioni da aree del mondo.
Nell’analizzare i fenomeni migratori si devono distinguere i fattori di spinta e i fattori di richiamo. Ad
esempio in Italia le migrazioni sono date da fattori di spinta di masse in fuga da guerra ma anche fattori di
richiamo che hanno prodotto una consistente domanda di lavoro immigrato.
In Italia nel 1974 il saldo tra partenze e arrivi risulta in parità per la prima volta nella storia del paese che
aveva vissuto il fenomeno dell’emigrazione massiccia. Il censimento del 1981 mostra un paese cambiato
rispetto al passato con 210.000 stranieri. Nel 1991 il numero aumenta a 356.000. Nel 2001 gli stranieri
diventano 1.300.000. Nel 2008 l’Istat ne censisce 3.400.000 e nel 2013 vengono censiti 4.370.000 stranieri.
Le regioni con più stranieri risultano essere Lombardia, Veneto e Lazio e le nazionalità più rappresentanti
sono Romania, Marocco e Albania. Oggi gli stranieri rappresentano il 7,4% della popolazione italiana.
Questa nuova migrazione ha colto di sorpresa sia l’Italia che l’Europa dove molti paesi hanno dovuto
adottare politiche migratorie per far fronte al flusso crescente di migranti.
L’interesse antropologico per le migrazioni del Mediterraneo è recente. Nella ricerca antropologica sul
Mediterraneo si è privilegiato lo studio di villaggi e paesi; non ci si è occupati di fenomeni migratori.
L’antropologia culturale ha contribuito all’esplorazione in maniera etnografia della vita delle comunità
migranti e le loro relazioni con la popolazione autoctona. In questo caso bisogna distinguere diversi approcci.
Questi approcci ruotano attorno ad un tema dell’assimilazionismo, multiculturalismo e dell’intercultura. Il
primo non è più teorizzato e mirava all’assimilazione dei gruppi etnici sul territorio ospitante ed è stato
adottato in paesi come gli USA e Francia.
Il multiculturalismo appartiene all’ambito anglosassone ed è stato teorizzato e applicato in UK e USA. Si rifà
all’idea della compresenza e convivenza tra comunità e gruppi di diversa origine culturale. A differenza
dell’assimilazionismo, questo non vuole cancellare le differenze etnico-culturali ma preservarle.
L’intercultura, contrariamente al multiculturalismo, contrappone una visione delle relazioni tra gruppi etnici
basata su scambi e orientata al dialogo. Quello dell’intercultura è un concetto nato e sviluppato in Francia e
in Italia.
Politiche e progetti sulla migrazione nel mondo globalizzato
I diritti umani variano tra categorie diverse. Tutte le tipologie di migranti cercano di salvaguardare il loro
stile di vita, di mantenersi in salute e di garantirsi un futuro sicuro.
La salute dei migranti è esposta a rischi numerosi. Un gruppo di migranti fragili è composto da coloro la cui
sussistenza dipende da sistemi economici che richiedono mobilità. Un esempio sono i cacciatori-raccoglitori.
Molti antropologi stanno elaborando strategie di prevenzione partendo dal potenziamento delle attività di
monitoraggio.
Le legislazioni che definiscono numero e tipologie di immigrati che possono essere accolti e che
determinano a come saranno trattati sono di interesse politico ed economico. Il fattore che influenza
maggiormente le politiche sull’immigrazione è il flusso della forza lavoro che a volte è illegale e indebolisce
i sindacati dei lavoratori e lo status dei lavoratori stabili. Le politiche nazionali sull’immigrazione hanno
impatto sulle comunità locali. Di fatto, le insoddisfazioni a livello locale sono associate alla mentalità della
sopravvivenza che induce a porre limiti alle espansioni di alcuni gruppi. Negli USA le recenti tendenze
politiche hanno portato a una revisione delle precedenti che esprimevano maggiore apertura. Gli interventi di
polizia hanno condotto a espulsioni di massa in alcune zone dove si riteneva ospitassero numerosi immigrati
irregolari.
Il tema del rapporto tra migrazione e diritti umani stimola diverse riflessioni. Innanzitutto bisogna
distinguere tra migrazione forzata e volontaria: infatti la prima può essere considerata come violazione dei
diritti umani. Un’altra distinzione è quella tra profughi che godono del diritto al ritorno e chi no. In
occidente il diritto al ritorno è un diritto fondamentale sin dalla Magna Carta. Questo diritto è molto
pressante in Palestina dove molti uomini hanno lasciato la loro casa a causa della guerra. Anche se molti
paesi non hanno adottato politiche affini alle Nazioni Unite, il diritto al ritorno può anche essere applicato
nell’ambito di singoli stati. Un esempio di migrazione interna forzata senza diritto al ritorno è quello degli
sfollati a causa di uragani che si sono abbattuti in New Orleans e sulle zone costiere del Mississippi e
Louisiana. In questo caso le connotazioni razziali dei trasferimenti forzati dalle statistiche relative alla città
di New Orleans. Prima dell’uragano Katrina la popolazione di New Orleans era 54% bianca, 36% nera e 6%
latina. Nel 2006 la popolazione era 68% bianca, 21% nera e sempre 6% di latinos. Questo attesta che dopo
tanti anni i neri difficilmente potranno tornare a vivere nelle proprie case.
Definizioni e strategie dello sviluppo
Uno degli obiettivi principali obiettivi dei progetti di sviluppo è quello di prevenire o ridurre la povertà. È
complicato definire il concetto di povertà ma una definizione di lavoro la descrive come stato di privazione
delle risorse tangibili e intangibili che contribuiscono alla sussistenza e a garantire buone condizioni di vita.
Alcune strategie che mirano a ridurre la povertà si focalizzano sui bisogni primari, ovvero sugli elementi
necessari alla vita.
Esistono due dinamiche alla base dei cambiamenti culturali:
1. L’invenzione, scoperta di qualcosa di nuovo;
2. La diffusione, propagazione della cultura attraverso il contatto.
A quasi tutte le invenzioni si arriva gradualmente tramite la sperimentazione e l’accumulazione del sapere.
Molte tecnologie hanno prodotto cambiamenti culturali. Anche alcune innovazioni concettuali possono
essere viste come invenzioni.
La diffusione è la conseguenza dell’invenzione, poiché è di prassi che le nuove scoperte si propaghino. Essa
può avvenire in diversi modi. Innanzitutto le società tendono ad adottare elementi culturali una dall’altra e
inoltre la diffusione può consistere nel trasferimento da una cultura dominante a una con meno potere. Le
culture dominanti possono appropriarsi di alcuni elementi delle culture meno potenti attraverso
l’imperialismo culturale. Infine, i gruppi meno potenti, sono fonte di cambiamento culturale per quelli
dominanti.
I processi di acculturazione rendono le culture deboli simili alle potenti. In alcuni casi la cultura può essere
assimilata perdendo identità. In altri casi ancora una cultura debole può estinguersi. Questo implica
cambiamenti linguistici che derivano, spesso, dalla globalizzazione.
Esistono cinque teorie di sviluppo che differiscono per:

 Definizione dello sviluppo;


 Obiettivi dello sviluppo;
 Misure per lo sviluppo;
 Attenzione alla sostenibilità ambientale ed economica.
La modernizzazione è un cambiamento caratterizzato da una crescita economica data
dall’industrializzazione, al consolidamento politico dello stato, innovazione tecnologica, scolarizzazione e
opportunità di mobilità sociale. Ha avuto origine in Europa occidentale all’inizio del XVII secolo grazie
all’importanza data alla razionalità laica. Gli obiettivi principali della modernizzazione sono il progresso
materiale e lo sviluppo degli individui. I suoi sostenitori ritengono che i benefici della modernizzazione
valgano i prezzi pagati dall’ambiente e dalla società. Altri, invece, hanno un’opinione più critica a causa dei
livelli di consumo sempre crescenti. Nonostante le forti critiche, molti paesi continuano a favorirla.
Lo sviluppo dato dalla modernizzazione nei paesi di sviluppo è emerso dopo la Grande Guerra. In quel
periodo, gli USA, iniziarono ad espandere la propria leadership e a sostenere i programmi di sviluppo.
Secondo il concetto di sviluppo, questa strategia era mirata soprattutto alla crescita economica. Facendo così
anche le condizioni di vita migliorarono. Ma favorire la crescita economica nei paesi in via di sviluppo
comporta le due seguenti strategie:

 Incremento della produttività economica e scambi commerciali tramite la modernizzazione di


agricoltura, settore manifatturiero e accesso ai mercati globali;
 Riduzione delle spese del governo per i servizi pubblici per diminuire il debito e destinare maggiori
risorse alla produttività. Questa strategia detta riassetto strutturale, è stata adottata dalla Banca
Mondiale dagli anni Ottanta in poi.
Un indice per valutare il grado di sviluppo è quello del tasso di crescita economica, in particolare,
l’ammontare del prodotto interno lordo o PIL.
Lo sviluppo distributivo si distingue per lo sviluppo finalizzato alla crescita e per l’importanza che dona a
un’equa distribuzione sociale dei suoi benefici. L’approccio distributivo si oppone alle politiche strutturate,
poiché queste prevedono la soppressione dei pochi servizi a disposizione degli ingenti e peggiorano le loro
condizioni di vita.
Un’alternativa al modello basato sulla crescita economica è quella dello sviluppo umano. Strategia che si
concentra sugli investimenti per il miglioramento delle condizioni di vita. Secondo questo modello, questi
investimenti producono sviluppo economico mentre non sempre è vero il contrario. Ad esempio nel Kerala,
il tasso di crescita economica non sempre comporta miglioramento delle condizioni di vita.
Lo sviluppo sostenibile identifica le strategie finalizzate a produrre miglioramenti che non consumano risorse
non rinnovabili e siano sostenibili finanziariamente. Alcuni sostengono che non sarà sostenibile nel futuro in
quanto molti paesi, ormai, adottano economie basate sull’industrializzazione.
Per gli antropologi è molto importante studiare le istituzioni e questa ricerca include le analisi dei sistemi di
gestione. I temi che interessano questo ambito includono: comportamenti documentabili nell’ambito delle
istituzioni, interazioni sociali con le “popolazioni-cliente” e il discorso istituzionale.
Esistono due tipologie principali di istituzioni per lo sviluppo che operano su larga scala: le istituzioni
multilaterali e le istituzioni bilaterali.
Le istituzioni multilaterali più importanti sono le Nazioni Unite e la Banca Mondiale. La prima risale al 1945
e conta più di 160 stati membri. Alle Nazioni Unite fanno capo molte agenzie con programmi diversi come:
UNDP, FAO, WHO, UNICEF, UNESCO e UNHCR. La Banca Mondiale riceve contributi da circa 150
paesi membri ed è stata fondata nel 1944 e promuove il modello della strategia economica in tutto il mondo
con la strategia principale di favorire investimenti internazionali attraverso erogazione di prestiti. Essa è
diretta da un Consiglio di Amministrazione composto dai Ministri delle Finanze dei paesi membri. La Banca
Mondiale è correlata alla IBRD e alla IDA entrambe coordinate dal quartiere generale della Banca Mondiale
che si trova a Washington D.C.. L’IBRD concede prestiti ai paesi poveri, quelli ad alto rischio dal mercato
globale. Dunque questa è una fonte di finanziamenti fruttiferi.
Tra le più importanti istituzioni bilaterali ci sono la JICA, l’USAID, la CIDA, il DfID, la SIDA, e la
DANIDA. Queste organizzazioni si differenziano tra loro per dimensioni o per il tipo di programmi che
sostengono. Rispetto alle altre istituzioni bilaterali, l’USAID favorisce i prestiti piuttosto che le sovvenzioni.
Questi possono essere vincolati o non vincolati. Nel primo caso, una percentuale dei finanziamenti è
destinata all’acquisto di beni. Nel secondo caso il paese beneficiario può decidere come spenderli.
Molti paesi hanno dato luogo alla sperimentazione di approcci dal basso allo sviluppo, ovvero hanno
sostenuto progetti su piccola scala per iniziativa locale. L’espressione capitale sociale si riferisce alle risorse
che sono radicate nei rapporti sociali. Le organizzazioni religiose finanziano un’ampia varietà dei progetti di
sviluppo “dal basso”. In casi di povertà estrema in un paese, ovvero dove esistono poche fonti di reddito
alternative, si associano interventi governativi alle associazioni “dal basso” incentrate sulla fede. Tutte le
agenzie per lo sviluppo realizzano i loro obiettivi grazie a un progetto di sviluppo: serie di attività
finalizzata ad attuare politiche di sviluppo. Tutti i progetti di sviluppo prevedono un ciclo del progetto
ovvero il completo iter di un progetto. L’intero ciclo è composto da cinque fasi principali. Molti antropologi
sono stati coinvolti in progetti di sviluppo, ma la maggior parte delle volte questi progetti fallirono per tre
principali cause:

 Progetto non adeguato al contesto ambientale e culturale;


 Benefici che non raggiungevano il gruppo cui era destinato ma l’élite;
 Condizioni di vita di chi avrebbe dovuto trarre beneficio peggiori alla fine del progetto.
L’analisi di molti progetti di sviluppo mostra quanto è importante che essi siano culturalmente compatibili,
ovvero che nella loro elaborazione si sia tenuto conto della cultura locale. Gli antropologi applicati possono
contribuire ad elaborare un progetto compatibile e aumentare le probabilità di successo.
I primi decenni dell’antropologia di sviluppo sono stati dominati da quella chiamata antropologia
tradizionale dello sviluppo. In questo caso, gli antropologi, portano il proprio contributo all’elaborazione di
politiche e programmi di sviluppo più efficaci. Gli antropologi possono fungere da mediatori culturali e
utilizzare la propria conoscenza della cultura del donatore e di quella del beneficiario per elaborare un
progetto efficace. La consapevolezza dei danni provocati da molti progetti di sviluppo ha portato alla nascita
dell’antropologia critica dello sviluppo. In questo caso l’antropologo si pone delle domande sulla validità
del progetto e può decidere se appoggiarlo o meno.
Lo sviluppo, i popoli indigeni e le donne
I popoli indigeni sono stati spesso danneggiati dallo sviluppo finalizzato alla crescita. I popoli indigeni sono
in genere numericamente in minoranza negli stati che governano il loro territorio. In ogni caso è utile
considerare tutte le minoranze come un continuum che va dai gruppi classificabili fino ai gruppi
etnici/minoritari. I popoli indigeni si distinguono dalla maggior parte delle minoranze in quanto di solito
vivono in regioni remote e ricche di risorse naturali. La distanza e l’isolamento li hanno protetti in qualche
modo. Per alcune ragioni non esistono dati statistici accurati sulle popolazioni indigene. Infatti non esiste una
definizione di indigeno comune a tutti. In secondo luogo alcuni governi non si preoccupano di censire gli
indigeni. Infine, a volte risulta anche impossibile svolgere funzioni di censimento nei territori indigeni.
Come il colonialismo, gli interessi politici ed economici mirano al controllo dei territori abitati dai popoli
indigeni. Con il colonialismo, i popoli indigeni hanno subito molte aggressioni.
Durante il corso della loro storia, gli indigeni hanno tentato di contrastare gli effetti della civilizzazione e si
sono diffuse forme di proteste molto organizzate ed efficaci.
Pochi paesi Latinoamericani garantiscono protezione legale contro l’appropriazione delle terre dei popoli
indigeni. Tuttavia alcuni paesi come Colombia, Ecuador e Brasile hanno puntato sull’uso di politiche e alle
legislazioni di alcuni diritti territoriali degli indigeni con annessa definizione e assegnazione dei loro territori.
Ciononostante c’è molta distanza tra i paesi Latinoamericani e sempre più indigeni sono stati costretti a
lasciare il proprio territorio. Dagli anni Novanta, si è diffuso tra le popolazioni locali un attivismo politico
che ha dato luogo a resistenze fisiche e nel 2005 i partecipanti al Primo Simposio sulle Popolazioni Indigene
Isolate dell’Amazzonia, ha costituito un gruppo detto Alleanza Internazionale per la Protezione delle
Popolazioni Indigene Isolate con l’obiettivo di richiamare l’attenzione dei governi più influenti.
In Canada la legge sancisce una distinzione tra due tipologie di Popoli Nativi e di rivendicazioni territoriali.
Le rivendicazioni specifiche derivano da controversie a seguito di precedenti accordi o trattati mentre le
rivendicazioni generali sono quelle avanzate dai Popoli Nativi.
In Asia la maggior parte degli stati si mostra discorde al riconoscimento dei diritti territoriali dei popoli
indigeni. Ad esempio in Tailandia non sono riconosciuti legalmente i diritti di proprietà terriera.
In Africa gli interessi politici dei governi statali hanno danneggiato i popoli indigeni, in particolare i
cacciatori-raccoglitori e i pastori. A causa dei conflitti politici nella regione, molti indigeni sono in esilio con
condizioni penose.
In Australia esiste uno scenario migliore per quanto riguarda il riconoscimento legale dei diritti territoriali
degli aborigeni. L’attivismo degli Aborigeni ha ottenuto grande successo con la conquista del native title.
Molti popoli indigeni hanno dato vita ad associazioni per la promozione del cambiamento interno. Nella
regione meridionale dell’Etiopia si è creata un’organizzazione che promuove un modello di sviluppo basato
sulle tradizioni popolari orali. L’obiettivo di questa organizzazione è di promuovere l’autosufficienza della
comunità Oromo. In molti casi, più organizzazioni create dalle popolazioni indigene, hanno unito le forze per
rispondere al meglio alle minacce esterne. Queste associazioni si sono sviluppate in Australia dove hanno
ottenuto risultati assai positivi.
La categoria delle donne è diversa da quelle delle popolazioni indigene, poiché non è associata ad un
territorio riconoscibile. Tuttavia il colonialismo e la globalizzazione hanno causato effetti simili alle
popolazioni indigene. Infatti le donne hanno subito spesso la perdita dei diritti economici e politici. Il sistema
matrilineare della parentela, che prevede il passaggio dei diritti di proprietà per linea femminile, è ormai rara
nel mondo. L’occidentalizzazione e la modernizzazione sembrano essere la causa principale di questa
perdita. Anche un’altra tendenza ha avuto effetti negativi sulle donne: la propensione maschilista dello
sviluppo ovvero la tendenza alla definizione e l’implementazione di progetti di sviluppo che individuano gli
uomini come beneficiari. Nel corso degli anni Settanta i ricercatori studiarono il perché di questa distinzione.
C’è da dire che questa distinzione nei progetti di sviluppo ha portato alla disuguaglianza di genere. Di fatto i
progetti ad esempio agricoli erano destinati agli uomini mentre per le donne si pensava a ruoli pressoché
domestici. Questo ha invece introdotto la domesticazione delle donne, ovvero a pensare che le loro vite sono
incentrate all’ambito domestico. La propensione maschilista dello sviluppo ha anche provocato il fallimento
di alcuni progetti. L’analisi dei saperi, degli interessi e dei punti di vista delle donne ha portato la ricerca ad
approfondire temi nuovi e una ridefinizione dello sviluppo finalizzata a rispondere alle loro esigenze.
Molte donne in diversi paesi hanno ottenuto un miglioramento del proprio status e delle proprie condizioni di
vita aderendo a varie organizzazioni. Queste vanno da quella delle madri che collaborano per assicurare
assistenza ai bambini fino a quelle creditizie che mettono le donne in condizioni di avviare imprese. Dunque
molte donne si sono organizzate in attività collettive anche per proteggere i propri diritti.
Problematiche urgenti dello sviluppo
I progetti di sviluppo sono lo strumento principale per realizzare degli obiettivi. Solitamente questi progetti
sono concepiti da estranei che hanno scarsa conoscenza dei contesti locali. I “beneficiari” dei progetti spesso
non vengono neanche consultati. In questo caso si parla di sviluppo aggressivo: imposizione di progetti
senza consenso da parte delle popolazioni interessate. Le vittime di questo sviluppo non si limitano alla
critica ma cercano di ridefinire le azioni necessarie per migliorare il proprio stile di vita. Queste vittime
promuovono il concetto di vita piuttosto che quello di sviluppo. Il progetto di vita è la visione che la
popolazione locale ha su come vuole la sua vita ed è basata sulle conoscenze. I progetti di vita possono
essere considerati un diritto umano e i processi che degradano l’ambiente, ad esempio, violano i diritti
umani. Molte risorse naturali sono sfruttate in modo improprio, a beneficio di pochi e a danno di molti.
L’industria estrattiva è un’attività commerciale che ricerca risorse non rinnovabili proveniente dal
sottosuolo. I molti casi di conflitti sono scoppiati a causa della detenzione delle risorse non rinnovabili. La
connessione tra turismo culturale e sviluppo offre benefici ma impone anche costi. Promuovere il patrimonio
culturale attraverso il turismo, richiede il potenziamento delle infrastrutture.
Nei prossimi anni la cultura risulterà molto importante per lo sviluppo. Per l’antropologia culturale è difficile
pensare a quali saranno le discipline che miglioreranno il futuro dell’umanità. In ogni caso le popolazioni che
stanno ridefinendo lo sviluppo e rivendicando la propria cultura contribuiscono a ridefinire anche le pratiche
dell’antropologia culturale.