Appunti Geografia I
Appunti Geografia I
Appunti Geografia I
pianificazione linguistica
Osserva un fenomeno per poi procede con una tendenziale classificazione di fenomeni naturali
(suoni, parole…). Parte da una osservazione del fenomeno, per poi proporre un’ipotesi che
finalmente deve essere valutata o rifiutata.
1.1. La linguistica
La linguistica generale si propone di spiegare somiglianze o differenze tra le lingue. Formula
ipotesi sull’organizzazione delle lingue, sul funzionamento delle lingue, sulle loro parentele e
sulle dinamiche di mutamento linguistico.
Si fa domande de tipo: quali sono le differenze tra il linguaggio umano e gli altri sistemi di
comunicazione animale?, cos’è il linguaggio e come e organizzato?, quali caratteristiche sono
comuni a tutte le lingue umane?, come funzionano le lingue?, ci sono regole?, come viene
usato il linguaggio?...
Il fenomeno linguistico si dà principalmente nell’oralità, solo 106 lingue sono state affidate alla
scrittura in modo adeguato a produrre letteratura (ONG 1986).
I sistemi di scrittura sono stati introdotti per fissare, diffondere, conservare documenti utili alla
comunità. Dopodiché, sono apparite le grammatiche come complesso di norme volte a creare
una scrittura comune
La linguistica contemporanea è una scienza descrittiva, cioè non studia l’uso appropriato della
lingua, bensì si fissa nelle diverse manifestazioni:
*mi hai fatto convincere di una cosa che io prima non ero convinta.
mi hai fatto convincere di una cosa di cui io prima non ero convinta.
io non so
*so io non
È anche una disciplina empirica, poiché sia legata a fenomeni osservabili, che vengono
chiamati eventi semiotici: fenomeni linguistici possono portare a dei segni:
Prima osserviamo il fatto linguistico e la sua organizzazione interna e funzione, per poi
ipotizzare e arrivare infine ad una teoria
La linguistica ha il compito di spiegare i dati, non solo descriverli. Questo porta a diversi livelli
di analisi: fonetica, fonologia, morfologia, sintassi, semantica, pragmatica, lessicologia.
- linguista storico per determinare l’evoluzione di una lingua ed i mutamenti che hanno
subito
- linguista strutturale, per analizzare la grammatica e il lessico della lingua da pianificare
(confronta vocabolari, liste lessicali, corpora di testi spontanei…)
- linguista sociolinguista, che studia l’interrelazione tra le varietà spontanee esistenti sul
territorio e quella già ufficiale e quelli che forse potrebbero diventare ufficiali
- linguista percettivo, che indaga sulle aspettative e le esigenze della popolazione
riguardo al panorama linguistico di quest’ultima.
Linguistica storica: studia la dimensione diacronica delle lingue e ha come oggetto di studio i
fenomeni legati a cambiamento linguistico, la documentazione e la ricostruzione delle fasi
antiche di una lingua, i rapporti tra lingue geneticamente imparentate, l’etimologia.
Sociolinguistica: studia i fenomeni linguistici sul piano sociale. Non come sistema astratto, ma
come esso si realizza concretamente nell’uso che ne fanno gli individui e i gruppi sociali alle
variazioni cui essa è soggetta in relazione ai suoi contesti d’uso.
Lezione 2 – 16/02/2023
La lingua ha una doppia valenza sociale: è un patrimonio mnemonico virtuale, condiviso da una
comunità di parlanti; è un fattore della struttura relazionale costitutiva della persona umana.
Le varietà di una lingua sono un insieme di forme linguistiche che hanno la stessa distribuzione
sociale, cioè, che tendano a presentarsi in concomitanza con certe caratteristiche della società.
Dal punto di vista linguistico, una lingua è la somma delle diverse varietà manifestate.
Le variabili sociolinguistiche danno luogo alle varietà di lingua: un punto o unità del sistema
linguistico (pronunce, morfemi, parole, costrutti, regole…) che ammette realizzazioni diverse.
Queste variabili non mutano il valore di unità del sistema e non ne cambiano il significato;
inoltre, sono in correlazione con fattori extralinguistici.
Le lingue non sono uniformi, ma si adattano ai contesti di uso. È compito della sociolinguistica
studiare la variabilità delle lingue.
1.5. Studio della variazione
- Variazione diatopica: ambito territoriale
Gli italiani regionali, varietà di italiano in cui la variazione diatopica è molto forte,
soprattutto nell’ambito lessicale o fonologico, addirittura in ambito sintattico.
Si distinguono tanti italiani regionali, che non sono i dialetti.
Semantica:
“curare” nel milanese, significa “sorvegliare, badare a”, mi curi la borsa “me
cuidas la bolsa”
Sintassi: in Campania, Sicilia e Sardegna, il CD di persona usa la prep “a”: vedo a Paola
Fonetica: uso del suono [r] tra vocali, in Roma si toglie il raddoppiamento, cioè, c’è
scempiamento (degeminazione) 🡪 [bi:ra], ma non [bi:rra]
- Variazione diacronica: variazione nel tempo, ci permette di capire quali sono i diversi
periodi che caratterizzano una lingua.
- Variazione diamesica: ha a che fare con il mezzo che utilizziamo: scritto (chat,
giornale…), orale (TV, radio…).
I segni sono le unità semiotiche minime interpretabili ed hanno una forma particolare. Sono
biplanari, cioè, sono rappresentati dall’unione di due cose:
Per la linguistica, il dialetto è una lingua a tutti gli effetti: ha una grammatica (in senso lato) e
un lessico, serve a comunicare, è un codice formato da segni, può esprimere i medesimi
concetti delle lingue nazionali, può avere tradizione letteraria (romanesco).
Lezione 3 — 23/02/2023
Bisogna dire che il concetto di dialetto non è così chiaro come sembra:
- I cosiddetti dialetti cinesi sono centinaia di varietà di almeno otto lingue non intelligibili
tra loro, unificate solo dalla scrittura
Serbo e croato, però, vengono considerate come lingue diverse anche se sono
strutturalmente uguali.
La parola dialetto viene usata in senso molto vasto anche all’interno dello stesso dominio: il
lombardo è considerato come un dialetto, e il ticinese come un dialetto del lombardo, ma
anche il ticinese ha al suo interno altri dialetti (quelli di Bellinzona, di Locarno, di Airolo…).
La situazione italiana è questa: quelli che vengono considerati come dialetti non sono varietà
dell’italiano, semmai del latino, cioè, continuazioni indipendenti del latino volgare parlato nelle
diverse aree.
Nel parlare comune, cioè, nella conoscenza dei parlanti, ci sono differenze sul piano sociale e
funzionale, non linguistico; bisogna rifarsi a criteri esterni, principalmente a la posizione
politica dei linguaggi presi in considerazione (l’italiano è la lingua ufficiale di uno stato, il
milanese no) e la coscienza del parlante (determina gli usi linguistici all’interno delle
comunità).
Viene solitamente considerato che una lingua ha uno status ufficiale e un riconoscimento
sociale e nazionale; un dialetto non ha uno status ufficiale né un riconoscimento sociale e
nazionale. Il proprio Chomsky dice: “una lingua è un dialetto con un esercito e una marina”.
L’unico criterio universalmente valido sono le effettive condizioni d’uso da parte dei parlanti,
insieme alle loro valutazioni spontanee.
In caso di parlate per cui lo status è incerto, è solo la volontà del gruppo che vi ci si riconosce
che fa sì che assumano i caratteri di lingua e dialetto. Per esempio, il catalano: è simile alla
lingua ufficiale, è dottata di letteratura e raffinatezza linguistica (?????) per essere usata in
ambiti amministrativi, quindi è una lingua perché tale viene considerata dai suoi parlanti. VAYA
CAZZATA.
- Lingue per distanziazione: si differenziano nettamente da ogni altra grazie alla loro
struttura interna (o si distinguono fra loro in coppie ordinate). Per esempio, il basco
rispetto alle lingue romanze che lo circondano.
- Lingue per elaborazione: per ragioni politiche, storiche o culturali, hanno sviluppato un
sistema di autoriferimento diverso da quello delle lingue circostanti. Per esempio, il
nederlandese rispetto al tedesco o lo slovacco rispetto al ceco.
Noi useremo i termini lingua e dialetto sostanzialmente nel loro senso comune.
- Tipo 1: secondo Lyons (1968), sono “tutte le persone che usano una data lingua”.
- Tipo 2: secondo Gumperz (1968), “con comunità linguistica si intende ogni aggregato
umano caratterizzato da un’interazione regolare e frequente per mezzo di un insieme
condiviso di segni verbali e distinti di altri aggregati simili a causa di differenze
significative nell’uso del linguaggio”.
a) Secondo Weinreich (1974), “per poter decidere in modo aderente alla realtà quali
sia una nuova lingua, si devono prendere in considerazione gli atteggiamenti dei
parlanti”.
b) Secondo Fishman (1971), “le comunità linguistiche non sono definite come
comunità di persone che “parlano la stessa lingua […]”, ma piuttosto da comunità
tenute insieme dalla densità degli scambi comunicativi e/o dall’integrazione
simbolica riguardo alla competenza comunicativa”.
Berruto (1974), però, da una definizione più ampia: “una comunità linguistica è formata da
tutti i parlanti che considerano sé stessi utenti di una stessa lingua, che svolgono regolari
interazioni attraverso un repertorio condiviso di segni linguistici e che hanno in comune una
serie di valori normativi riguardo al linguaggio: essa può coincidere o intersecarsi con, o
includere, o essere inclusa in una comunità sociale”.
Non sono sufficienti le definizioni che si limitano a considerare parlanti e territori, o parlanti e
gruppo, ma l’uso del linguaggio, norme condivise e volontà dei membri di far parte di una
comunità linguistica.
2.5. Repertorio
Troviamo due definizioni:
a) Berruto (1995) dice che è “l’insieme delle risorse linguistiche possedute dai membri di
una lingua o comunità linguistica, vale a dire la somma di varietà di una lingua o di più
lingue impiegate presso una cerca comunità sociale”.
b) Gumperz dice che è “tutte le varietà, livelli o stili usati da una popolazione definibile
socialmente, e le regole che governano la scelta fra esse”.
Le varietà che conformano il repertorio possono essere varietà della stessa lingua, o varietà di
più lingue diverse; in un repertorio linguistico ci sono di regola, contrapposti alla lingua
standard, anche i dialetti.
Si contano 239 lingue, molte piccolissime, con un esiguo numero di parlanti. Le cinque lingue
principali appartengono a cinque gruppi principali: bantu, bantoide (bamileke), fulbe, ciadico e
paleosudanese (adamaua-ubang). A livello ufficiale, però, esistono solo il francese e l’inglese.
Sono 14 le lingue nazionali tutelate, di cui 5 hanno più di 250.000 parlanti (fulfulde, duala,
basaa, bamileke e beti), 22 vengono usate alla radio e 9 sono veicolari (arabo nel Nord, il hausa
lungo il confine con la Nigeria, l’ewondo nel Sud e il WAPE, West African Pidgin English).
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Sono tre i tipi di rapporto che intercorrono tra due o più codici che si dividono lo stesso
territorio:
Queste varietà non sono sullo stesso piano e non sono intercambiabili: la bassa è la
varietà materna, appresa dalla nascita; la alta è appresa in un contesto formale
educativo.
Per individuare una situazione di diglossia si usano questi criteri:
o prestigio attribuito alla varietà A.
o Presenza di un’eredità letteraria scritta nella varietà A.
o Modo diverso di apprendere le due varietà.
o Maggiore stabilità della A (legata a standardizzazione).
Lezione 4 — 01/03/2023
Esempio dei paesi arabi: c’è una lingua A, l’arabo classico, che è lingua ufficiale e di
cultura, scritta o letta, quasi mia parlata a livello informale; è un codice relativamente
unitario e rappresenta peraltro la sola varietà a cui i parlanti riconoscano lo statuto di
lingua.
Oltre a quella troviamo le B, cioè, le varietà locali di arabo parlato (dialetti arabi), con
un uso di tipo esclusivamente orale e normalmente informale; queste varietà sono
molto numerose e non sempre intercomprensibili.
La mutua comprensibilità delle varietà dia arabo parlato è in effetti condizionata da
vari fattori: la distanza geografica, il prestigio di certe varietà (dialetti centri urbani
impiegati nelle produzioni radiofoniche o televisive), gli atteggiamenti dei parlanti nei
confronti del proprio dialetto o delle varietà delle regioni limitrofi e il livello
d’istruzione e acceso alla lingua classica.
b) Dilalia (Berruto, 1987): è una situazione molto frequente in cui la varietà alta
(acroletto) si usa in tutti gli ambiti, formali e informali, e forma parte della
socializzazione primaria; la varietà bassa (basiletto) però è esclusiva degli usi orali e
familiari
c) Bilinguismo: si tratta della compresenza di più lingue che non assumono valori
sociofunzionalmente differenziati.
Viene chiamata individuale se la presenza si trova nel repertorio di un individuo e
nazionale se c’è la presenza di due lingue nazionali considerate sullo stesso piano
(politico, amministrativo, educativo…), per es. Canada.
Nel rapporto tra lingue e individuo, e tra lingua e stato, è utile la distinzione tra:
Kloss (1952) lo chiamava “Dachsprache” e lo definiva come “una lingua usata in forma
innanzitutto scritta (ma anche orale) dotata di un prestigio sociale superiore a quello dei
dialetti parlati in una regione data”.
Distingueva tra tetti omogenei (come esempio, la lingua italiana standard al di sopra dei
dialetti lombardo, toscano, umbro) e tetti eterogenei (come il francese standard come tetto
principale dei dialetti germanici dell’Alsazia e della Lorena”.
“La pratica corrente di una lingua tetto presuppone l’esistenza di un sistema stocastico atto a
garantirne l’insegnamento e l’alfabetizzazione generale dei locutori”.
3. Language planning
3.1. Definizione
Si chiama Language Planning alla sottodisciplina della sociologia del linguaggio, della
sociolinguistica e della linguistica di contatto che studia dei rapporti fra la situazione linguistica
di una lingua e la sua situazione sociolinguistica.
- Language policy: studio scientifico ma anche presupposti ideologici e politici alla base
di una determinata politica linguistica.
- Language politics: modo in cui la lingua e le differenze linguistiche tra i popoli vengono
affrontate sul piano politico.
Nella italiana, invece, differenziamo tra politica linguistica e iniziative concrete di pianificazione
linguistica.
È politica linguistica, per esempio, l’articolo sul quotidiano del pubblicista sulle tendenze del
linguaggio giovanile, la scelta consapevole degli operatori pubblicitari di usare alcuni termini e
non altri, l’atteggiamento di volta in volta purista o esterofilo dell’opinione pubblica,
l’intervento diretto delle istituzioni nella vita linguistica del paese….
Gazzola (2006) lo definisce come “azioni dirette o specifiche che servono a influenzare
comportamenti delle persone per quanto riguarda l’acquisizione, la struttura (o corpus) e la
ripartizione funzionale (o status) dei loro codici linguistici”.
Calvet (2002) dice: “con intervento linguistico sulle situazioni linguistiche si intende ogni
comportamento o pratica cosciente che tenda a cambiare sia la forma delle lingue sia
l’articolazione tra le lingue e rapporti sociali”.
a) Corpus planning: è rivolto alla lingua; si crea una codificazione ortografica, fonetica,
morfologica, sintattica e lessicale che può parere necessario applicare a una lingua
perché possa acquisire i mezzi che le permettano di far fronte alle funzioni cui è
destinata.
b) Status planning: è rivolto alle norme; è l’insieme dell’apparato normativo e legislativo
che assicura il supporto alla lingua, ed anche l’insieme delle operazioni di promozione
sociale volte ad aumentare o a consolidare il prestigio della lingua (acquisition
planning).
c) Acquisition planning: è rivolto ai parlanti; è l’insieme di interventi che mirano ad
aumentare il numero degli utenti potenziali di una lingua.
4. Lingua e Stato
Negli ultimi decenni, le istituzioni tendono a dare molta importanza, rispetto a quanto non
accadeva prima, alla tutela delle lingue di minoranza. È un indice importante del
riconoscimento della lingua nel fattore di coesione sociale, come fattore di una identità.
a) Framework Convention for the Protection of National Minorities (1995): indica quali
sono le direttrici per il rispetto della diversità linguistica. La convenzione metteva in
evidenza principi particolari, quali la tolleranza (possibilità di espressione traverso una
lingua diversa rispetto a quella ufficiale), diritto all’uso dei nomi tradizionali, sistemi
educativi che dessero spazio alle minoranze, dialogo interculturale…
Stabilisce i domini in cui reagire per favorire l’uso delle lingue minoritarie:
insegnamento, amministrazione della giustizia, servizi pubblici e amministrativi, i
media, attività e servizi sociali, scambi transfrontalieri…
I singoli statti devono riconoscere delle varietà linguistiche come varietà oggetto di
tutela. Aveva un problema, non prendeva in considerazione le lingue
dell’immigrazione, anzi, erano esplicitamente escluse.
Verso la fine degli anni 70, l’Ue è stata sollecitata da alcuni paesi che vedevano un problema
con le lingue meno diffuse; è per ciò che si è creato nel 1982 l’EBLUB (European Bureau for
Lesser Used Languages – Ufficio europeo per le lingue meno diffuse).
Questo concetto è stato studiato in Italia da Toso, chi ha dato un concetto più ristretto:
alloglossia, cioè, l’insieme di varietà minoritarie che hanno un’origine diversa a quello della
lingua ufficiale (es. tedesco in Alto Adige).
Le varietà alloglotte sono distanziate sia per origini genetici o caratteristiche tipologiche
rispetto alla lingua ufficiale.
Secondo Berruto (1995), ci sono dei requisiti per identificale una lingua di minoranza:
L’ Art. 6 della costituzione italiana dice: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze
linguistiche”.
La legge di attuazione di tale articolo è la legge 482/1999. Tra 1948 y 1999, tuttavia, in alcune
regioni, lingue diversi dell’italiano sono state tutelate da particolari legislazioni locali o
regionali.
Dopo la IIGM, le aree di confine (Valle d’Aosta, Alto Adige e Trieste) sono state lasciate sotto la
amministrazione italiana a condizione che fossero tutelate le popolazioni di lingua diversa.
Questo portò a che si arrivasse a una differenza tra minoranze nazionali e linguistiche:
- Nazionali: popolazioni che sono legate linguisticamente alle aree otre i confini (Austria,
Germania, Slovenia, Francia…)
- Linguistiche: sono eteroglossie interne. Si riferisce a quelle comunità linguistiche che,
per effetto migratorio, avvenuto nel passato, si collegano in nuove aree geografiche.
Erano classificate così il sardo, il friulano l’occitano e il franco-povenzale, la comunità
germanofone sulle Alpi, comunità albanesi, croate o greche, il catalano.
Si aggiungono le lingue dell’immigrazione, ma non godono di alcuna attenzione
amministrativa.
Dopo la legge
Caso particolare è la Valle de Aosta, che è considerata una comunità nazionale francese, lingua
che viene utilizzata in ambito familiare da circa l’8% della popolazione (accanto a italiano e
franco-prov).
Caso particolare degli slavofoni in Friuli: gli sloveni delle province Trieste e Gorizia vengono
riconosciuti come minoranza linguistica.
La maggior parte degli slavofoni vive, tuttavia, nella provincia di Udine, dove non c’è tutela. La
popolazione si è trovata in una situazione di minoranza linguistica senza tutela.
Caso Alto Adige: nel trattato De Gasperi – Gruber (1946), veniva stipulato come doveva essere
la tutela delle lingue tedesche in Alto Adige. Questa regione formerebbe parte dell’Italia a
condizione che avesse una autonomia amministrativa ed il mantenimento del tedesco.
Si è creata una situazione di bilinguismo separativo: due comunità diverse, una italianofona e
altra germanofona. Coabitano nello stesso territorio ma non si sovrappongono. Per l’italofoni
si usa l’italiano come lingua dell’amministrazione, ma viene richiesta la conoscenza
obbligatoria del tedesco come lingua seconda e viceversa.
Si crea una situazione strana: per la comunità “italiana”, l’italiano è la lingua di comunicazione
ordinaria anche in ambito familiare; per la comunità “tedesca”, il tedesco standard
rappresenta la varietà di prestigio negli ambiti formali, e i dialetti austro-bavaresi le varietà
basse (viale) 🡪 diglossia
È diverso al caso della Valle de Aosta, dove tutti e due parlanti formano una unica comunità
linguistica; in Alto Adige, sono comunità completamente separate.
Nelle Dolomiti, il ladino è tutelato e riconosciuto (nell’area di Bolzano). Hanno una posizione di
relativo vantaggio: sistema scolastico trilingue, conoscenza di tutti i codici effettivamente
parlati sul territorio.
Negli anni 90, nella provincia autonoma Trento, si hanno fatto interventi legislativi che hanno
culminato nell’approvazione di una legge sulla tutela. Nel Veneto, il ladino non godeva di
nessuna attenzione giuridica fino all’entrare in vigore della legge 482/1999.
Con la legge 482 è iniziato un progetto di protezione delle lingue minoritarie. Ha come
obbiettivo portare le lingue di minoranza a prendere posto come lingue dell’amministrazione e
della comunicazione extrafamiliari accanto all’italiano e promuovere l’istituzione di varietà
scritte.
Lezione 6a – 8/032023
L’Art. 1 dice:
Sancisce l’ufficialità dell’italiano ma limita allo stesso tempo al rango di lingue non ufficiali tutte
le altre esistenti su territorio, pur riconoscendone l’esistenza e garantendo ai suoi parlante una
serie di diritti.
L’Art. 2 dice:
Si crea una gerarchia tra minoranze: le prime si contraddistinguono per un loro carattere
etnico oltre che linguistico; le seconde sono caratterizzate esclusivamente da particolarità
linguistiche.
L’Art. 3 dice:
1. La delimitazione dell’ambito territoriale e subcomunale in cui si applicano le
disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche storiche previste dalla presente legge
è adottata dal consiglio provinciale, sentiti i comuni interessati, su richiesta di almeno
il quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni
stessi, ovvero di un terzo dei consiglieri comunali dei medesimi comuni.
È il principio della dichiarazione di volontà di appartenenza alla minoranza da parte dei singoli.
In questi tre articoli vediamo che in nessun punto della legge si parla di competenza nella
lingua di minoranza o nella rispettiva lingua tetto da parte della popolazione locale. Il
legislatore delega tutte le questioni di corpus planning alle comunità: a essa aspetta il compito
di scegliere quale sia la lingua di riferimento e adattare tale lingua alle nuove esigenze.
Gli articoli 4 – 5 – 6 sono dedicati alla scuola e toccano diversi livelli dell’insegnamento:
Art. 4
Ci sono die problemi riguardi a questi 3 articoli: la confusione tra lingua come oggetto di studio
e lingua come strumento per l’insegnamento e che l’inserimento delle lingue minoritarie nel
contesto scolastico nazionale italiano difficilmente potrà giovare alle lingue oggetto di tutela.
Art. 7
Qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due lingue, producono
effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni redatti in lingua italiana.
Art. 8
[…] il consiglio comunale può provvedere […] alla pubblicazione nella lingua ammessa a
tutela di atti ufficiali dello Stato, delle regioni e degli enti locali nonché di enti pubblici
non territoriali, fermo restando il valore legale esclusivo degli atti nel testo redatto in
lingua italiana.
Art. 9
[…] è consentito, negli uffici delle amministrazioni pubbliche, l’uso orale e scritto della
lingua ammessa a tutela. Dall’applicazione del presente comma sono escluse le forze
armate e le forze di polizia dello Stato.
5. Corpus planning
La pianificazione linguistica interviene sui rapporti tra le lingue all’interno di un determinato
territorio.
L’approccio teorico dice che, affinché i codici possano svolgere le funzioni delle lingue ufficiali,
è necessario che siano dotati di appropriati strumenti linguistici; nella pratica, spesso i codici
presenti nella stessa comunità hanno ricevuto un trattamento diseguale nel corso della storia.
L’obiettivo della pianificazione è fornire alle lingue più deboli un armamento di strumenti per
competere in regime di parità con le altre.
Il corpus planning è lo studio del lavoro che si compie su un codice per metterlo in grado di
assumere le funzioni di lingua dell’ammin, della scuola o dell’alta cultura.
Diverse fasi (con esto pue facese el trabayu): scelta del codice da supportare (quale varietà
viene scelta), scelta dell’alfabeto, sistema ortografico, morfologia e sintassi, lessico e standard
orale.
In Europa, le diverse lingue hanno raggiunto lo status di lingua ufficiale traverso percorsi
diversi:
- Il francese: fu il dialetto di una particolare regione a imporsi; una volta adottato dalla
corte prima e dalla borghesia della capitale poi, divenne lingue letteraria.
- Il tedesco: fu una mistura fra vari dialetti di area alto-tedesca e presto divenne lingua
letteraria grazie all’esempio della traduzione di Lutero de la Bibbia.
Nel caso dell’italiano, l’Italino è il risultato di una serie di scelte esplicite di politica linguistica.
Si tende a partire dall’opera di Dante (De vulgari eloquentia), che aveva già assunto la presenza
di 14 varietà regionali (lingue L)(siciliano, pugliese, toscano, calabro, sardo…) oltre al volgare
letterario (lingua H). Questo deviene in una situazione di diglossia sostanziale (?). Il volgare
letterario di Dante è toscaneggiante.
Nel XVI, il problema della lingua riemerge: il latino continua ad occupare il polo alto della
diglossia e i dialetti costituiscono il polo basso.
a) Posizione cortigiana: era una lingua letteraria di tipo polinomica, basata sulla lingua
praticata nelle corti italiane; aveva una base di tipo toscano con lessico e costruzioni
sintattiche prese da altre lingue; era naturalmente artificiale, cioè, creata ad hoc; era
anche adatta agli usi amministrativi.
Lezione 7 – 15/03/2023
La proposta di Bembo sarà determinante nella scelta del codice, era interessata solo a dare
una forma alla lingua letteraria. Non intendeva affermare che la lingua letteraria avrebbe
sostituito i dialetti parlati né i volgari illustri utilizzati nelle cancellerie.
Con la nascita dello stato unitario (1860) tuttavia, questa varietà, nata per essere solo
letteraria, fu imposta come lingua ufficiale, amministrativa e scolastica. L’obiettivo è quello di
trovare una lingua per la nazione italiana che stava per nascere. Si tollera all’inizio una
situazione di sostanziale diglossia in cui ci sono la lingua letteraria (H) e i dialetti (L).
- C’era un codice solo scritto che non veniva parlato neanche dalle personalità.
- Neanche esisteva una terminologia tecnica e scientifica nonché amministrativa.
- L’istruzione veniva fata in lingua dialetto e l’italiano era la L2 o a volte veicolare.
- Non era l’unica varietà alta e amministrativa a disposizione (francese, per es.).
Situazione è consolidata esclusivamente a livello scritto, non esistono norme per la lingua orale
perché la differenziazione diatopica è infima.
La legge norvegese fa sì che tutte e due siano presenti al meno nel 25% dei documenti officiali,
mentre c’è la libertà per l’altro 50%. La questione della lingua nasce per la necessità di una
lingua per la nazione norvegese.
La bokmål era una varietà scritta del danese: ha mantenuto una grafia arcaizzante ma ha avuto
diverse riforme sin dalla fine dell’Ottocento; Il nynorsk è una varietà scritta basata sui dialetti
più arcaici dell’ovest ed è stata sottoposta successivi “ammodernamenti”.
C’è una intercomprensione tra i due standard. Nella scuola, la scelta della varietà dipende dalle
richieste degli studenti: il bokmål è preferito nel sud, il nynorsk nelle zone ovest e nei centri
montani del centro-sud. In città c’è una posizione di neutralità.
Si impone la scelta di quale alfabeto usare, che dipende di motivi esterni alla lingua: si adatta
agli alfabeti presenti nelle varietà cercane. In Europa, la scelta è stata in gran parte
determinata da motivi ideologici e religiosi: alfabeto latino legato alla religione cattolica;
ortodossi usano il cirillico...
Le situazioni di digrafia sono molto poco comuni, di solito è una situazione provvisoria. Può
essere superata dottando uno dei due sistemi o creando due lingue diverse: (serbo e croato,
hindi e urdu).
- hindi e urdu: sono entrambe ufficiali in India e molto simili, hanno come base comune
il sanscrito (sono quasi lo stesso codice). Nell’hindi ha maggiore importanza il
sanscrito; l’urdu ha un maggiore apporto del persiano e l’arabo nel lessico.
La separazione è garantita dal differente sistema alfabetico: arabo per l’urdu e
devanagari per l’hindi.
Il cambio può essere motivato sulla base di criteri pratici: il mongolo aveva cirilizzato la lingua
per motivi politici; tuttavia, si sta ricuperando il vecchio sistema di scrittura, addato anche al
computer per mezzo di apposti sistemi operativi.
Le differenze alfabetiche non devono essere necessariamente molto evidenti. Per esempio, il
cambiamento totale dei caratteri per “veicolare forti rivendicazioni identitarie”.
Si bassa su basi storiche, lavorando sull’adattamento di tradizioni precedenti: gli utenti devono
poterla utilizzare non solo come codice passivo, ma anche attivamente, nel leggere e scrivere.
Nell’Europa moderna, si è scelto un sistema nel quale la relazione tra grafema e fonema sia il
più vicina possibile per facilitare l’uso scritto della nuova lingua Questo fa sì che per un
parlante sia accettabile il sistema e più semplice; il rischio è la creazione di una lingua difficile.
È importane considerare il potere identificativo che possiede una lingua scritta: una
codificazione alfabetica diversa può creare lingue diverse, l’identità linguistica è una funzione
normativa.
Noah Webster concluse che “una nazione di nuova formazione, se si vuole porre in diretta
concorrenza con le atre esistenti, deve anzitutto dotarsi di un proprio sistema di codifica della
lingua scritta”.
«In quanto nazione indipendente, il nostro onore richiede un sistema che sia propriamente
nostro, nella lingua come nella gestione dello stato. La Gran Bretagna, di cui siamo figli e di cui
parliamo la lingua, non dovrà più costituire per noi uno standard: perché il gusto dei suoi
scrittori è già corrotto, e la sua lingua in declino»
Iniziano qui le differenziazioni tra l’inglese americano e l’inglese europeo. Sono legate a fattori
di tipo identitario: center vs. centre, defense vs. defence, -ization vs. -isaton…
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Quando viene a delinearsi la necessità di scegliere il sistema ortografico, siamo davanti a tre
opzioni:
Lezione 8 - 16/03/2023
La scrittura altera i rapporti tra lingua e il suo utente: conferisce un lato valore al linguaggio,
che viene percepito come una “lingua” ed apporta certi valori simbolici associati all’ortografia.
a) Il parlante si renderà conto che la varietà che “vede” scritta non coincide precisamente
con la propria.
b) Il processo che mira a dare un’ortografia a una lingua da standardizzare è lungo e
tortuoso ed è destinato al fallimento qualora non tenga conto delle reazioni
psicologiche dei parlanti.
c) Compare una sorta di purismo dialettale a casa dell’attaccamento alla forma di
socializzazione primaria.
d) La lingua può essere sentita come propria, intima, legata alla propria infanzia e alla
propria identificazione primaria ma, contemporaneamente, rivelarsi anche diversa,
strana con inaspettate difficoltà di lettura.
C’è il rischio di un totale rifiuto. A volte, è più utile una ortografia vaga, imprecisa, che tenga
conto della struttura basica dell’ortografia dominante ma che accentui alcuni tratti
differenzianti immediatamente visibili.
Nonostante ciò, un sistema di scrittura troppo simile a quello dominante rischia di non venire
incontro all’esigenza di sentirsi “altri” dei parlanti.
Le varietà locali divergono nell’uso di [z] e [h] in contesti particolare, dunque si impiega il
digramma “zh”, che consente entrambe le letture ed è quella più frequentemente utilizzata:
nella sigla internazionale della regione BZH vengono le due grafie (Breiz o Breih ‘Bretagna’)
Flag characters
Consentono di riconoscere immediatamente che un testo è scritto in una lingua invece che in
un’altra: in Catalano si usa la grafia “ny”, che si contrappone a la “ñ” castigliana ( Catalunya –
Cataluña).
In alcune lingue africane vediamo forme come tɑ̃ invece che temps (la pronuncia è la stessa,
ma la grafia appare nettamente differente).
Il sistema ortografico
Il risultato della pianificazione deve essere necessariamente una lingua unica? No, è necessario
un sistema di forme referenziali che siano garanzia della percezione unitaria della lingua.
Si compare con il concetto di lingua polinomica, che non persegue l’unità attraverso il
consolidamento di una norma unica ma tramite la volontà die parlanti di proclamarla unica.
Sul piano linguistico, l’alfabeto turco sulla base latina ha sostituito quello arabo. È un esempio
di sistemi grafici creati ex novo meglio riusciti.
Il cambio fu repentino (1924-1925): di colpo, tutte le scritte, pubbliche e private, furono
sostituite e quelle nuove realizzate direttamente con caratteri latini, il che provocò che la
popolazione si ritrovasse tutta praticamente analfabeta.
Dal punto di vista prettamente alfabetico, la riforma di Atatürk è ottima: garantisce una
corrispondenza biunivoca tra grafia e pronuncia (buono per la struttura del turco, che ha poche
variazione distopiche) di immediata comprensibilità e facile apprendibilità; gli aspetti simbolici
legati alla differenziazione e alla presenza di caratteri bandiera sono stati rispettati: è un
“alfabeto turco derivato da quello latino”, per es. caratteri “c” e “ç”, che hanno una
corrispondenza fonetica non presa da alcuna lingua.
Il maltese è una lingua semitica, un dialetto dell’arabo, che ha avuto una importane influenza
lessica del siciliano per i contatti con queste parlate.
Pur essendo una varietà di arabo, ha codificato la sua scrittura mediante l’alfabeto latino per
motivi d’uso e geopolitici. Questo alfabeto contempla quattro grafemi particolari e un digrafo
non compresi nell’inventario tipico dell’alfabeto latino.
L’arabo classico è l’unica lingua scritta ufficiale dell’area arabofona ma ogni zona ha la propria
varietà, spesso incomprensibile alle altre. Queste varianti non hanno accesso alla scrittura, il
suo uso è anche sanzionato dalla società civile araba. Malta ha dovuto differenziarsi mediante
la adozione del proprio dialetto come lingua ufficiale.
Il maltese è l’unica lingua araba si Europa, l’unica scritta in alfabeto latino e l’unica scritta tout
court oltre all’arabo classico.
I criteri seguiti nelle singole attività di pianificazione in Europa sono molto diversi:
- Modellizzazione di una sola varietà, che è proposta come standard tetto di tutte le
altre: greco moderno, sulla base della varietà di Atene.
- Creazione di una koinè ortografica in cui diverse varietà si possono rispecchiare in
un’unica ortografia: catalano.
- Creazione ex novo di un codice che possa essere sentito come somma di tutti gli altri:
ladino standard.
- Adozione di uno standard particolarmente ampio che possa coprire il maggior numero
di varianti locali: i due standard norvegesi bokmal e nynorsk.
Morfologia
La lingua standard può codificare come “corrette” più forma alternative: il bokmal ammette
una grande varietà di forme alternative sia nella flessione nominale sia in quella verbale.
Sintassi
La standardizzazione della morfosintassi del latino standard cercava di creare una lingua scritta
unitaria che dovrebbe servire da lingua tetto per tutte le altre varietà ladine nelle Dolomiti.
Nel campo della morfologia, è essenziale prestare attenzione a fattori strutturali e alla
univocità della funzione e dalla coerenza del sistema morfologico. Secondo Heinrich Schmid, le
decisioni devono essere confrontate con l’accettazione o il rifiuto dei parlanti.
Schmid propone di seguire criteri di maggior diffusione, regolarità e semplicità, per esempio, le
desinenze dei verbi:
Il lavoro sul linguaggio pubblico e amministrativo avrà poi riflessi spontanei sugli altri livelli
della lingua: le forme per uso passivo, ossia solo da parte dell’amministrazione. Il parlante
potrà continuare a usar la sua varietà.
Gli obiettivi della pianificazione del corpus lessicale sono, in una fase iniziale, la produzione di
dizionari e liste lessicali specifiche e, in una fase molto più avanzata, testi completi tecnici e
burocratici (cmq testi non letterari).
Per l’elaborazione delle terminologie settoriali: ricognizione delle raccolte terminologiche nelle
lingue ufficiali egemoni sul territorio e aggiunta dei termini equivalenti in L. Non lista delle
parole possibili in una varietà ma delimitazione dell’ambito semantico dei possibili items
lessicali a seconda delle necessità degli utenti.
Si deve creare un insieme di fonti documentali che costituiranno il corpus: opere specializzate
(manuali, opere di teoria, regolamenti, norme, testi legali…), opere terminologiche (dizionari
visuali, tavole di nomenclatura, repertori di neologismo, banche di dati terminologiche…),
opere lessicografiche (dizionari di lingua generale, opere enciclopediche, dizionari di
equivalenze, dizionari etimologici…).
Lezione 9 – 22?/03/2023
Neologismi
f) Linguistici: deve essere legato al codice della lingua di arrivo, deve rispettare i
parametri ortografici, morfologici e fonologici, per farsi sentire parte della lingua.
g) Terminologici: la relazione tra significante e significato deve essere univoca. Deve
avere anche una analogia formale tra il neologismo e la parola che il neologismo ha
semanticamente segnata.
h) Sociolinguistici: bisogna considerare il livello di formazione degli utenti, la loro
sensibilità linguistica e il prestigio sociale e professionale dei mezzi di diffusione.
È importante considerare anche l’appartenenza a un determinato registro, la
lontananza di connotazioni peggiorative e la facilità di memorizzazione.
È avvenuta negli anni 20 una intervenzione linguistica sul lessico. Si configurò un progetto che
fosse attento alla tradizione: si preferivano parole turche a parole arabi o persiani, si
sviluppavano nuovi significati per parole già esistenti in turco (estensioni del significato), si
sviluppavano significati astratti per parole usate solo in senso concreto (è un fenomeno +++
comune nel mondo, che succede in modo naturale; per es. “di fronte a”, automobile di
seconda “mano”…), si raccoglievano voci dei dialetti, si formarono nuove parole turche
(processi di formazione turchi), calchi di parole arabe (it. grattacelo è calco del ing. sky…),
turchizzare foneticamente parole straniere, creare neologismi che nel suono somiglino a
parole straniere.
Ha sempre avuto fondamentalmente trasmissione orale, per cui sono stati tentativi di
standardizzazione.
La lingua che si sta elaborando vorrebbe essere una forma scritta che abbraccia tutte le
varianti locali possibili, che non si pone in contrapposizione con il parlato, che sostiene la
varietà parlate che ancora non hanno uno standard scritto e che serve di serbatoio alle varianti
locali.
Come caratteristica innovativa, la varietà standard orale è costituita dalle varietà già parlate.
5.6. Paso 5: standard orale
La presenza di uno standard scritto e fondamentale per ragioni di tipo ideologico e di prestigio
linguistico, anche a fini pratici.
La creazione di uno standard orale diverta molto più problematica, perché serve una base
ideologica di accettazione molto forte.
Tuttavia, la presenza di uno standard orale si rivela utile: è una risorsa per insegnamento di L2
ed anche per usi di “parlato-scritto” (teatro, radio, televisione…).
La presenza di una varietà comprensibile non significa la presenza di uno standard né che lo
standard orale debba essere imposto per l’uso del parlato quotidiano.
In Norvegia, non c’è alcuna forma standard orale ufficiale, gli standard sono proposti da varie
istituzioni e organizzazioni indipendenti: il teatro nazionale si fissa autonomamente le regole,
la televisione di stato…
La legislazione della Catalogna ha scelto di codificare, per l’uso parlato, più forme, in modo da
adattarsi meglio alla diversità dialettale del territorio.
Questa è la scala di ricezione (recepción) della varietà standard orale in termini di accettabilità
da parte della popolazione: uso nella amministrazione, insegnamento scolastico, uso nei
media, uso in occasioni particolarmente formali, in discorsi, dibattiti e conferenze
Quando il tentativo di normalizzazione viene percepito come imposizione, non si accetta e non
si usa.
Lezione 10 – Sabe dios cuándo
La funzione è il presente di una lingua, cioè, quello che con la lingua effettivamente si fa, a fini
comunicativi e letterari. Per esempio, le lingue veicolari o di vasta diffusione ricoprono molte
funzioni, ma non necessariamente queste sono legate a un alto prestigio; il swahili in Africa
occidentale ha molte funzioni ma poco prestigio.
Lo status si riferisce al futuro di una lingua, quello che con una lingua se potrebbe are in virtù
della sua posizione ufficiale.
Lo status e il prestigio hanno queste convergenze: le lingue ufficiali tendono a essere, almeno
in Europa, quelle di riconosciuta tradizione letteraria e di maggiore peso internazionale;
inoltre, un alto status da parte di una lingua porta nel tempo a un accrescimento del prestigio
linguistico.
Lo status si può cambiare incrementandone le funzioni. Queste, però, possono operare anche
senza status: le funzioni della lingua sono infatti collegate strettamente con la competenza
linguistica che si mantiene con l’uso.
Kloss (1952) individuò un percorso graduale riguardo allo sviluppo dell’acquisizione di nuovi
ambiti d’uso.
Diceva che per rafforzare la posizione sociale di una lingua, bisogna incrementarne l’uso scritto
e i domini d’applicazione. Il percorso è una ascesa in varie tappe di sviluppo:
Innanzitutto, è necessaria una lingua scritta e ortografia unitaria; è importante segnalare che
no si raggiungono gradi più alti senza essere passati da quelli intermedi e iniziali. Il tentativo di
passare velocemente, saltando le tappe medie, di norme, è destinato al fallimento.
Si fa distinzione tra:
- Diritto linguistico dello stato: l’effettiva legislazione linguistica vigente sul territorio
- Diritti lignitici delle comunità: i diritti che i parlanti acquisiscono rispetto alle diverse
varietà.
- Language policy: attuazione e implementazione dei diritti.
Il parlante ha diritto a usare la lingua che preferisce nei rapporti sociali e pubblici, cioè, sia la
lingua madre che la lingua della socializzazione primaria.
È riconosciuto il diritto almeno a poter usare nella vita social e nel rapporto con la scuola, l’alta
cultura, la giustizia, l’amministrazione, la lingua che se domina meglio, a livello individuale ma
anche collettivo.
Le comunità hanno diritto a costituirsi in comunità autonome, creare istituzioni e usare sul
proprio territorio la lingua che ritengono opportuna.
Nella teoria sulla pianificazione si fa distinzione tra personalità e territorialità del diritto
linguistico:
I vari sistemi giuridici manifestano gradi differenti di esplicita attenzione alla realtà linguistica
del territorio cui si riferiscono. La mancanza di una regolamentazione giuridica della realtà
linguistica non significa effettivo disinteresse per il problema.
Non necessariamente, comunque, paesi con più lingue ufficiali presentano una legislazione
linguistica più ampia e articolata rispetto agli altri: in Svizzera, che ha quattro lingue ufficiali,
solo due articoli della Costituzione federale fanno menzione della lingue.
Lezione 11 – 29/03/2023
a) Lingua nazionale: sono quelle alle quali viene attribuita una maggiore enfasi simbolica
dalle istituzioni (Francia, Spagna, Grecia…).
b) Lingua ufficiale: ha un valore più pragmatico, più legata all’uso comunicativo. Una
lingua può essere contemporaneamente ufficiale e nazionale (Lussemburgo).
f) Lingua minoritaria: a volte si usa come scorciatoia (atajo) per non dover distinguere i
codici presenti nel territorio, ma nel contempo per segnare in modo molto netto la
distanza rispetto alla “lingua nazionale”.
È una lingua con meno diritti rispetto alla nazionale o ufficiale; ha ricevuto una
attenzione di tipo “museale”: vengono conservate e tutelate, mantenute vive, ma
senza un lavoro adeguato per estenderle.
Questo concetto è portatore di un prestigio ridotto, ma sono molte le sfumature di
carattere sociopolitico e linguistico: alcune sono anche lingue nazionali di stati sovrani
(irlandese e lussemburghese).
Altre, anche se sono presenti en territorio, non sono considerate in nessun modo
(rumeno in Grecia).
Fino al XX secolo, lo svedese era la lingua de cultura per la classe dominante; il finlandese si
usava per i livelli più bassi della comunicazione, aveva uno status di lingua scritta assai incerto
e il suo impiego nella letteratura era molto limitato.
A partire del XIX secolo, è stata avviata una riduzione letteraria delle tante tradizioni e
leggende orali. La scasa frammentazione dialettale del finlandese garantiva l’accesso alle
funzioni di lingua ufficiale.
Nel momento i n cui ci si accinse a redigere la Costituzione nel nuovo stato, entrambe le lingue
furono ufficiali. Il rapporto fra le lingue ha subito un’inversione: lo svedese dal 19% al 6% della
popolazione, per cui oggi viene considerata come lingue di minoranza in Finlandia.
Il catalano perse lo status ufficiale nel 1716 ma viene a riacquisire questo status nel 1978. La
legge spagnola moderna prevede il dovere di conoscere lo spagnolo per ogni cittadino
spagnolo; tuttavia, si riconosce l’esistenza di lingue coufficiali altre lingue (galiziano,
catalano…). Nella Costituzione viene detto che le comunità autonome hanno pieno potere
sulle questioni linguistiche. Oggigiorno ci sono 6 comunità autonome con lingua propria
(Galizia, Euskadi, Navarra, Valenzia, Catalogna e Baleari).
La legislazione spagnola stabilisce una mescolanza tra criterio personale e criterio territoriale
del diritto linguistico: nelle comunità bilingue, c’è il criterio personale, cioè, il parlante può
scegliere tra le diverse lingue quale lingua utilizzare per intrattenere i suoi rapporti con la
amministrazione; al di fuori, lo spagnolo è la lingua che ha valore ufficiale.
La legislazione finlandese si bassa sul principio della totale uguaglianza tra le lingue ufficiali:
finnico e svedese sono le lingue ufficiali della Repubblica. È assicurata la redazione bilingue di
tutte le leggi.
La Generalitat di Catalunya dice che il catalano è la llengua pròpia della Catalogna, cioè, del
governo e dell’amministrazione. Acquisisce una certa importanza nel territorio: il personale
della pubblica amministrazione deve conoscere le due lingue. Gli atti ed i dibattiti all’interno
della comunità si svolgono in catalano, ogni documento è redatto in catalano esclusivamente,
cioè, la comunità favorisce l’uso della lingua propria.
La attività di corpus planning è stata molto importante poiché mostrava la possibilità speciale
del catalano a tutti i livelli e cercava di revitalizzare la lingua.
Dal punto di vista della pubblica amministrazione, entrambe le lingue hanno un corpus di leggi
linguistiche per l’implementazione del bilinguismo nelle istituzioni.
La Llei de normalitzazió lingüística (1979) dice che el català és la llengua pròpia de Cataluyna.
I servizi pubblici (luce, elettricità, telefono…): in Finlandia le aziende usano la lingua del
territorio in cui si trovano, tutti i cittadini possono scegliere la lingua che usare
indipendentemente della lingua del comune; in Catalogna, c’è la preferenza dello spagnolo da
parte degli enti statali, ma il catalano è usato dal governo della comunità.
Amministrazione della giustizia: in catalogna, nella amministrazione tutte e due lingue sono
ufficiali, nella giustizia è minoritario perché il sistema giudiziario è legato allo stato; in
Finlandia, nei tribunali la lingua ufficiale è quella del comune e nei livelli più alti si usano tutte e
due.
Cultura e media: in Finlandia, ci sono tre compagnie televisive, due in finlandese e una in
svedese; in Catalogna, c’è un altissimo uso della lingua catalana, con canali esclusivamente in
catalano.
Lezione 12 – 30/03/2023
7.5. La legislazione scolastica
Tra le attività più delicate della pianificazione linguistica si trova la regolamentazione della
lingua nella scuola.
Non è sufficiente per una lingua essere legata a valori ideologico di recupero del passato,
perché solo assicura la sopravvivenza a livello di dialetto locale solo parlato. Il punto di svolta
(punto clave) è utilizzare la lingua di minoranza come uno strumento per veicolare nozioni utili,
adatte al mondo in cui i discenti si trovano immersi.
La lingua target deve configurarsi come uno strumento normale, non marcato, per esempio,
con comunicazioni orali tra studenti, genitori e insegnanti, e con documenti scritti ufficiali tra
istituzioni scolastiche e famiglie.
- Tipo A: lingua di insegnamento spagnola e obbligo di studio del basco come L2.
- Tipo B: lingua bilingue basco-spagnolo.
- Tipo C: lingua di insegnamento basco e obbligo di studio dello spagnolo come L2.
Nei primi anni, la popolazione ha preferito la opzione A; oggi le scuole tipo B o C acquistano
sempre più studenti.
Sono necessari anni per la formazione di una classe di insegnati valida nella lingua target per la
produzione di libri di testo e manuali di insegnamento.
Mescolanze di sistemi
Anche il sistema educativo è bassato sui principi ti territorialità e personalità. Proprio in questo
campo sono palesi commistioni e incroci. La mescolanza di tipo negativo è più frequente: in
uno stato monolingue sono riconosciuti diritti linguistici a alcune popolazioni di minoranze
esclusivamente nel territorio in cui vivono.
La maggioranza viene protetta e tutelata ovunque, mentre le minoranze esclusivamente nei
territori storici. Si tratta di limitazioni territoriali del diritto personale che viene garantito solo
nelle aree di riconosciuta minoranza.
Il belgio è costituito come regno federale con tre unità federale: Fiandre (Vlaanderen), Vallonia
(Wallonie), la regione di Bruxelles capitale (Zone de Bruxelles capital /Brussel-Hoofdstadlijike
gebied). Ha tre lingue ufficiali: neerlandese, francese e tedesco.
La Costituzione riconosce tre unità etniche che amministrano l’educazione e giocano un ruolo
anche all’interno del Parlamento.
Il parlante è molto sensibile al prestigio linguistico della propria lingua. Ciascuno sa che le
diverse varietà con cui entra in contatto sono differenziate su vari piani:
L’acquisition planning è una consapevole alterazione di questi rapporti fra codici. Un altro
fattore da tener presente è che spesso il desiderio attivo di cambiare i rapporti fra i codici è
sentito solo da una minoranza non rappresentativa e atipica rispetto alla maggioranza della
popolazione interessata dal cambio linguistico.
Nel 1992, il governo fondò due mila scuole nelle quali l’irlandese era materia di studio. Venne
reso pubblico l’uso dell’irlandese a tutti i livelli accanto all’inglese.
Questa politica linguistica sin dall’inizio ha trovato delle difficolta, in particolare: l’uso pubblico
dell’irlandese ha posto dei problemi di corpus planning perché la lingua letteraria a cui si
faceva riferimento veniva percepita come lingua diversa da quella parlata dagli individui ed era
divisa in vari dialetti locali. Si è dovuto attendere al 1945 per avere uno standard ortografico
per questa lingua. Ad oggi, non esiste uno standard orale e lo scritto si rifà ad una varietà
locale, quella di Cois Fhairrghe, contea di Galway.
Il gaelico irlandese, però, ha perso un grande numero di parlanti a favore dell’inglese, che
diventa una lingua di comunicazione primaria. Si contrappone al gaelico, che viene percepita
come lingua dottata di valori ideologici e simbolici ma non utilizzata come lingua di
comunicazione primaria.
Il desiderio di riavviare questa lingua è stato sentito solo in misura ridotta e i programmi di
recupero che sono stati avviati hanno portato all’aumento del numero dei parlanti o per lo
meno del numero di persone che conoscono effettivamente la lingua, ma non vuol dire che
venga effettivamente utilizzata.
Rimane una popolazione irlandizzata con minima competenza ma che si associa ad uno
minimo uso della socializzazione primaria. Nonostante ciò, il prestigio associato a questa lingua
è molto alto.
L’esperimento di Galway
Presenta una vera e propria innovazione rispetto alla politica linguistica sin qui attuata in
Irlanda.
Lo scopo è mostrare che l’uso dell’irlandese è conveniente senza implicazioni di tipo morale e a
prescindere del fatto che l’irlandese “piaccia” o meno.
Questa citta è una delle più anglicizzate. I parlanti di gaelico tendono a parlate esclusivamente
l’inglese. In città si ha un maggiore sensazione di contraste tra lingua di minoranza e di
maggioranza.
L’idea è stata di rafforzare l’uso del gaelico come lingua seconda «in modo da lenire l’influenza
negativa che questa poteva avere nel territorio circostante»
Lo scopo dichiarato del progetto è trasformare Galway nella prima città bilingue dell’Irlanda.
Comunque, è stato presentato come un progetto essenzialmente economico, rivolto alla
business community della città: le argomentazioni evitano volutamente gli argomenti di tipo
strettamente linguistico.
- Gli operatori commerciali e economici sono stati stimolati a utilizzare l’irlandese nelle
insegne, nella pubblicità, nei rapporti scritti e orali con i clienti.
- Le istituzioni pubbliche si sono limitate a fornire un’assistenza di tipo logistico (aiuti
nelle traduzioni, ricerca di mercato, sviluppi di nuove interfacce grafiche)
- Le valutazioni in termini di costi-benefici si stanno dimostrando piuttosto incoraggianti
(il progetto è infatti ancora in corso).
La maggior parte delle operazioni di language planning che vengono condotte attualmente è
costruita intorno a un fine conservativo.
Il lavoro sul prestigio della lingua minacciata è rivolto in questo caso verso il recupero di una
lingua arcaica nei confronti delle generazioni giovani che non la vogliono più parlare.
Caso particolare
Uso di sistemi esplicitamente coercitivi, come violenza verbale, psicologica e fisica nei
confronti dei parlanti di lingue diverse da quella nazionale. Oggi in Europa sono molto
sanzionati.
- Tipi B-C, società nazionale e società parallele: gli obiettivi sono l’aumento del numero
di bi- o plurilingui attivi e ridare alla Lx uno status di Lh quando lo abbia perso a
vantaggio di un'altra lingua.
Il tipo “società nazionale aperta cerca di introdurre la Lx a tutti i livelli della vita sociale
o amministrativa. Ai cittadini viene concesso l’uso, almeno come prima lingua
“straniera”, della precedente lingua dominante (Ly).
Il tipo “società diglottica” rafforza la posizione di entrambe le lingue, ognuna nei suoi
ambiti esclusivi, delimitandone le sfere s’uso sociale. Ha come obiettivi rafforzare la Ll
(basiletto) nei suoi ambiti d’uso caratteristico senza escludere la Lh (acroletto) dalle
funzioni che le sono proprie e l’uso effettivo delle lingue equilibrato e stabile nel
tempo.
- Prodotti culturali (libri, teatro…): possono entrare senza problemi sul mercato,
andandosi ad aggiungere ai corrispondenti prodotti culturali in Ly.
- Altri prodotti e servizi “della vita di tutti i giorni”: la lingua non è che un mezzo di
comunicazione.
Il labelling in Lx nei prodotti quotidiani e la disponibilità di prodotti in lingua (film
stranieri o programmi di computer) hanno un costo economico.
In mancanza di una legge che obblighi il produttore a usare la Lx, questi lo farà solo se
vedrà che i costi aggiuntivi di tale operazione gli potranno portare dei benefici.
Il più importante è la volontà d’uso: il basco è sopravvissuto alle pressioni dei primi invasori
indoeuropei, del latino sotto la dominazione romana, del visigoto, e poi dello spagnolo e del
francese negli ultimi secoli.
Ostacoli esterni per il language planning
Il language planning può essere visto come un’operazione consapevole. Ci vuole mutare i
rapporti di forza fra lingue compresenti nello stesso territorio al fine di revitalizzare e
modernizzare un linguaggio in difficoltà.
L’opera di pianificazione linguistica conferisce uno status ufficiale alla lingua oggetto di
elaborazione e la dota di strumenti linguistici per far fronte alle nuove funzioni.
Gli interventi di language planning sono azioni consapevoli e volontarie sulla lingua (corpus
planning) o sui rapporti tra le lingue in compresenza.
Il momento cruciale per una inversione della deriva linguistica è la spontanea tradizione della
stessa da madre a figlio. Ha il rischio di incrementare la conoscenza della lingua ma non il suo
uso.
Ci sono vari ambiti che possono essere coinvolti dal bi- o plurilinguismo:
L’uso della toponomastica in lingua minoritaria può applicarsi in vari modi: solo
nell’area della minoranza e solo per i toponimi riferiti all’area di minoranza; anche per i
toponimi esterni all’area di minoranza; i toponimi in Lx sono forme ufficiali su tutto il
territorio dello stato e vengono sempre riportati sui cartelli anche al di fuori dell’area
di minoranza; toponimi indicati solo e sempre nella forma ufficiale del luogo in cui
sono situati i cartelli.
Catelli e iscrizioni degli uffici pubblici: unificazione e standardizzazione linguistica e
grafica delle scritte e indicazioni esposte al pubblico e necessità di rispettare le stesse
convenienze sociali e legali per tutti i documenti.
La collocazione e il tipo di supporto sul quale compaiono le lingue determina in maniera anche
molto profonda il loro ordine di esposizione:
- Caso A: lingua nazionale al primo posto, locale al secondo, ciò in particolare negli atti
amministrativi piuttosto lunghi, nei formulari e nei documenti ufficiali.
9. Repertori linguistici
9.1. Tipi di repertorio
- Caso 1: sia bilinguismo che diglossia
In comunità che risultano formate dall’unione di più comunità monolingui, ma solo una
lingua (della comunità politicamente dominante) viene impiegata come varietà alta e
riceve appoggio istituzionale.
C’è l’opposizione tra la l’unica lingua utilizzata a livello ufficiale e in contesti formali e le
diverse lingue parlate localmente.
Due sistemi linguistici sono in competizione una con l’altra per essere impiegate negli
stessi ambiti.
È poco stabile, si semplifica con il prevalere di una delle due varietà (mentre l’altra
viene gradualmente abbandonata).
Risultato dell’evoluzione di una condizione de bilinguismo senza diglossia (caso 3): una
delle due varietà presenti finisce per prevalere a discapito dell’altra, che viene
gradualmente abbandonata. Si stabilirebbe dunque una situazione di monolinguismo.
Bilinguismo e diglossia sono parametri che mostrano i continuum tra i diversi tipi di repertori.
Per misurare il grado di diglossia o bilinguismo abbiamo vari parametri: ripartizione funzionale,
possibile sovrapponibilità, diffusione più o meno nella comunità di parlanti, gradi di
somiglianza / differenzia dei codici (il distanziamento tra le lingue a livello strutturale,
linguistico), gradi di elaborazione (il punto a cui è arrivata la standardizzazione e il corpus
planning) …
- Tipo 1: nell’Europa, in generale, il tipo più diffuso è una varietà alta (standard) e una
bassa (varietà regionale, dialetto, dettata di autonomia strutturale per essere
considerata una lingua a sé).
- Tipo 3: varietà standard + altri due tipi di varietà (a livello più basso): una varietà
dialettale che ha legami genetici con la standard ed una seconda varietà non standard,
di minoranza.
3b: lentia alta e dialetto vengono usate uno spazio comunicativo informale.
- Tipo 4: i repertori di questo tipo hanno mostrano un’evoluzione negli ultimi anni,
dovuta ad alcuni fattori quali l’uso della lingua in ambito scolastico, nell’ammin pub.
vengono a delinearsi pertanto due ulteriori sottotipi:
Il termine “lingua”, in contesto africano, indica che la distanza (a livello lessicale e strutturale)
tra una varietà linguistica e le varietà ad essa più prossime dal punto di vista genetico e/o
geografico permette di considerarle a tutti gli effetti due sistemi linguistici diversi.
In Europa, l’esistenza di una varietà standard di ognuna delle principali lingue europee è un
fatto che a tende a dare per scontato. Ci sono anche accademie come la Accademia della
Crusca o la Real Academia Spagnola.
Nei paesi africani, i processi di standardizzazione sono molto recenti: è uno standard
“giovane”, non completamene sviluppato.
Gradi di standardizzazione
La varietà standard
La creazione di una standard è risultato della scelta tra varietà della stessa lingua in
competizione tra loro. I parlanti possono percepire lo standard come arbitrario e artificiale.
Mioni (1988) sottolinea che una varietà non standard può essere sentita come lingua propria
perché viene usata come lingua veicolare (più o meno lingua franca).
In contesto africano, ci sono molte lingue in contatto tra loro, quindi parliamo di catene
linguistiche o continua dialettali: di ogni singola lingua africana, esistono numerose varietà
diatopiche, il che provoca che i parlanti di una varietà (X) comprendono la varietà parlata
nell’area immediatamente vicina a quella dove vivono (Y), ma non quelle che si trovano
all’estremo opposto del continuum dialettale.
Lingua veicolare
Una lingua con un numero di persone che la parlano come L2 che è superiore a quello dei
parlanti madrelingua, e quindi una lingua franca. È un mezzo di comunicazione tra parlanti di
madrelingua diversa.
- Situazione generale: c’è spesso una esolingua, una lingua esterna, in Africa è una
lingua tipicamente europea, introdotta dal colonialismo e che ha uno status ufficiale.
Nel caso più prototipico, si associa una lingua locale da un lato e un dialetto dall’altro.
C’è una varietà alta (esolingua), di origine europea e ufficiale; a livello medio, una o più
lingue veicolari di origine africana con diffusione regionale; una varietà bassa, i
vernacoli locali, che non possiedono una forma scritta.
In Senegal, il francese è la lingua ufficiale, il wolof come lingue veicolare e tanti dialetti
locali.
- Paesi con lingua standard: A1, una lingua standard nazionale; A2, esolingua; B,
vernacolo locale.
Assenza di lingue veicolari sia a livello nazionale che a livello regionale. Esolingua
assicura comunicazione tra gruppi etnici.
In territorio africano le varietà presenti nel repertorio individuale si ritagliano domini d’uso
diversi e complementari.
C’è il vernacolo locale, che viene privilegiato nell’ambito familiare e relazione intime; le lingue
veicolari, nel dominio del lavoro e gli scambi commerciali; esolingua,
Pregunta: specificità dei repertori nel contesto africano? I tre tipi che abbiamo appena visto.
10. Il contatto linguistico
Quando due lingue entrano in contatto tra loro, le conseguenze si notano a partire delle
produzioni linguistiche del parlante. Spesso non sono tenute separate, ma alternate
nell‘ambito di uno stesso evento comunicativo.
Dalla parte del parlante, viene analizzato il come il parlante utilizza la lingua, la frequenza, la
funzione che si associa a questo uso…
Dalla parte dei sistemi linguistici, ci si è interessati al modo in cui quali elementi linguistici
prevalgono sugli altri.
Può coinvolgere unità linguistiche diverse tra loro: intere frasi, sintagmi o anche
singole parole.
o Code switching interfrasale (tra frasi diverse): parlanti meno competenti nelle
due lingue.
Intento mimetico
Gigi atena Ghana MORE THAN TEN YEARS, ontumi nka Twi!
‘Gigi ha vissuto in Ghana per più di dieci anni, e non sa parlare twi!’
B: I SEE
‘Capisco’.
o Prestiti integrali: rimasti nella forma originale, come computer, film, abat-jour,
garage, beige…
o Prestiti adattati: trasformati nella forma per assomigliare a parole italiane,
come bistecca (< ing. “beef-steack”), catrame (< arabo “qatran”).
Le parti più facilmente trasferibili del discorso sono i nomi. Se il contatto è intenso e di lunga
durata e se il numero di parlanti bilingui è alto, il prestito lessicale coinvolge anche aspetti della
struttura grammaticale, per esempio strutture sintattiche e verranno presi dalla lingua-modello
anche elementi grammaticali (es. congiunzioni e preposizioni).
Prestiti integrali numerosi in (sotto)settori marginali: nei linguaggi settoriali (pubblicità, mass
media…), nei linguaggi tecnico-specialistici (medicina, economia…) e nelle varietà gergali o
paragergali (varietà giovanili).
mouse, chat
IT: solo significato di periferica del computer e di comunicazione in tempo reale attraverso
internet, ma non con i significati più comuni di ‘topo’ e di ‘chiacchiera’.
a) Lingue pidgin: Varietà di lingua semplificate nate come mezzo di comunicazione tra
parlanti di lingue materne diverse, che si trovano nella necessità di comunicare
soprattutto, nell’ambito di conversazioni asimmetriche.
Visto che sono occasioni di comunicazione limitate, nessuno avverte il bisogno di
apprendere la lingua materna dell’altro.
Esempio del West African Pidgin English: il plurale dei sostantivi è espresso facendo
seguire al sostantivo stesso la particella dem (<’them’) 🡪 marca di numero.
Singolare: Plurale:
I get pikin I get pikin-dem
‘he has a child’ ‘he has children’
Inglese: WAPE:
I will cry A go krae (io piangerò)
You will cry Yu go krae (tu piangerai)
b) Lingue creole: un pidgin che con il passare del tempo viene appreso come lingua
materna.
La creolizzazione è il processo che succede quando un pidgin conduce allo sviluppo di
una lingua creola. In genere, si completa nell’arco di una o due generazioni.
Nella sua fase più antica, fino all’XI secolo, la morfologia flessiva era molto ricca:
genere maschile, femminile e neutro; numero e caso (N,Ac, G, D); accordo sull’articolo
definito e dimostrativi; a livello sintattico, l’esplicitazione dell’articolo non era
obbligatoria.
A partire dal contatto con i Normanni, avviene una semplificazione: riduzione della
morfologia nominale, con perdita del genere nominale e delle marche di caso (eccetto
G), perdita della flessione personale; sviluppo di strutture analitiche (phrasal verbs);
ordine SVO fisso, esplicitazione del soggetto obbligatoria; sostituzione del lessico
germanico con lessemi francesi o latini.
Lezione 16
Possibili cause e ruolo del contatto nei fenomeni di morte della lingua:
- Perdita degli ambiti d’uso all’interno della comunità nella quale funzionava
precedentemente come principale veicolo di comunicazione
- Perdita del numero di parlanti nativi (es. nei casi di emigrazione i genitori non
trasmettono più la loro lingua ai figli.
Le cause della morte di una lingua vanno cercate nel contesto sociolinguistico,
nell’atteggiamento quasi ‘suicida’ dei parlanti che per diverse ragioni (di natura non linguistica)
decidono di interrompere la trasmissione della lingua ereditata.
atteggiamenti negativi > volontà di non trasmettere il codice minoritario ai figli >
effettiva non trasmissione > mancata acquisizione.
Le lingue muoiono perché non vengono più apprese dalle nuove generazioni. È una forma di
suicidio linguistico (Denison 1977) da parte della comunità: tale processo può durare anche
abbastanza a lungo, si crea una generazione di semi-parlanti, individui che hanno interrotto
l’acquisizione della loro prima lingua molto presto, senza raggiungere una competenza
linguistica adulta.
- Apprendimento:
o Bilinguismo primario: apprendimento spontaneo
o Bilinguismo secondario: processo di istruzione formale.
- Grado di competenza:
o Bilinguismo sottrattivo: una progressiva perdita di competenze dei sistemi
linguistici già noti.
o Bilinguismo additivo: il nuovo sistema linguistico viene ad aggiungersi a quelli
già conosciuti, permettendo un ampliamento del repertorio linguistico
individuale.
I fattori più importanti nel processo di apprendimento sono l’input e la motivazione, persino
più importante dell’età in cui si viene a contatto con la lingua da acquisire.
Le motivazioni sono:
- Di tipo integrativo: caratteristica di chi si immerge nella nuova lingua, e nella cultura
che essa veicola, con l’intenzione di integrarsi, di farla propria nel migliore modo
possibile, quasi si trattasse di una seconda lingua materna
Necessaria per apprendere una L2 con successo.
Benjamin Lee Wholf sviluppa una teoria sul determinismo della lingua sul pensiero: la lingua
materna di un individuo determini in modo pervasivo la sua visione del mondo, quindi il
pensiero risulta in qualche modo “modellato” dalla grammatica e dalle categorie della lingua
appresa nel corso della prima infanzia.
È una teoria molto controversa, oggetto di dibattito tra li studiosi. Negli ultimi decenni,
tuttavia, questo punto di vista ha trovato numerose conferme.
Ogni lingua esercita una funzione di categorizzazione, che riflette, e al tempo stesso influenza,
il modo di interpretare la realtà della comunità che la parla. Anche lingue tra loro imparentate
e parlate in zone limitrofe, come tedesco, francese, spagnolo e italiano, strutturano la realtà in
modo diverso.
La presenza di atteggiamenti positivi nei confronti di una lingua aumenta notevolmente le sue
possibilità di sopravvivenza.
Da distinguere dalle opinioni: sono formulazioni esplicite e, in generale, sono molto più
mutevoli e superficiali degli atteggiamenti.
Labov definisce una comunità linguistica come “un gruppo di parlanti che condivide un insieme
di atteggiamenti sociali nei confronti della lingua”
In prospettiva sociolinguistica, gli oggetti nei confronti dei quali si nutrono atteggiamenti
possono essere:
Il fatto di nutrire atteggiamenti positivi nei confronti della lingua da apprendere influisce
positivamente sia sulla velocità che sugli esiti del processo di apprendimento
È molto più facile nutrire atteggiamenti positivi nei confronti delle lingue di cui si possiede
almeno un certo grado di competenza, ma il comportamento (linguistico) di un individuo può
cambiare a seconda del contesto nel quale si trova inserito (se. in relazione alla formalità della
situazione, le preferenze e/o competenze linguistiche dell’interlocutore, l’argomento
discusso…).
Secondo Labov, i membri di una comunità linguistica tendono a condividere una serie di
stereotipi nei confronti di altri gruppi o di altre comunità (es. un enunciato in italiano
popolare 🡪 il pregiudizio potrebbe indurci a concludere che chi lo pronuncia è una persona
poco intelligente o comunque destinata ad occupare una posizione marginale nell’ambito della
società).
- Funzione utilitarista: Gli atteggiamenti nei confronti di una lingua possono evolversi in
una certa direzione quando ciò si rivela particolarmente vantaggioso oppure permette
di evitare delle conseguenze spiacevoli (es. nel sistema educativo del Galles 🡪 ‘Welsh
not!’).
- Gli atteggiamenti sviluppati nei confronti di una lingua dipendono in larga parte da
quanto tale lingua consente di esprimere l’identità etnica e i valori di coloro che la
parlano.
Numerosi studi hanno dimostrato che gli atteggiamenti linguistici possono subire dei
mutamenti con il variare dell’età del parlante. Sembra esistere una gerarchia determinata dallo
status e dal livello di elaborazione conseguiti da un certo sistema linguistico:
Problemi legati alla natura stessa degli atteggiamenti 🡪 sfuggono all’osservazione diretta, e
devono perciò essere dedotti sulla base del comportamento dei parlanti.
Il metodo più usato nel rilevamento degli atteggiamenti linguistici è l’inchiesta con
questionario o nell’intervista con domande sia dirette che indirette.
Limiti:
- Più dispendiosa.
- Approccio indiretto allo studio e alla misurazione degli atteggiamenti linguistici.
Richiesta di opinione sulle persone che parlano, collocandole nella posizione social che sembra
loro più adatta.
L’últimu pdf nun lu pasé, ye de dialetti y situaciones de contactu de llingües n’Europa (llingües
de l’inmigración, lliga balcánica…).