Riassunti Estetica - Elementi Di Estetica - Sauvanet

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RIASSUNTO ELEMENTI DI ESTETICA DI SAUVANET

CAPITOLO 1 “ L’ ESTETICA”

La disciplina dell’ estetica è relativamente recente, si può datare infatti alla metà del XVIII
secolo, ma allo stesso tempo è molto antica in quanto già i primi filosofi greci come Platone
si interrogavano già sul bello.
Ma non si devono confondere nascita e denominazione: se si parla di estetica come
riflessione filosofica è contemporanea alla nascita della filosofia occidentale in generale;
mentra se si fa riferimento ad una branca specifica della filosofia, quindi come disciplina
autonoma allora risale al 1750 con un trattato che si chiama “ Estetica” scritto da
Baumgarten. Per quanto riguarda invece la nascita dell’ istituzione dell’ estetica ( prima
rivista scientifica) risale al 1904 in Germania , mentre la prima cattedra nel 1921 in Francia
alla Sorbona.

Cosa significa estetica?

Alla parola estetica vengono attribuiti diversi significati in base al campo di cui si parla,
questo è possibile in quanto questi significati hanno un’ origine linguistica comune , quella
della sensibilità e quella della bellezza. Ad esempio si parla di estetica in un discorso tra un’
estetista ( cioè praticante di estetica ) e un’ estetologa ( ovvero insegnante di estetica ),
come però si parla di estetica di un parrucchiere o di una chirurgia.

Ci sono quindi 3 sensi/ significati studiati della parola estetica :


★ scienza del sensibile
★ teoria del bello
★ filosofia dell’ arte

SCIENZA DEL SENSIBILE

Iniziando dall ‘ etimologia si può dire che , la parola estetica provenga da : aísthesis (
sensazione), aisthetón ( sensibile) e da aisthetikós ( che può essere percepito dai sensi), si
mette quindi l’ accento sul sensibile, questo spiega come nel 1781 al’ inizio della Critica della
ragion pura di Kant si ponga l’ attenzione sull’ estetica , trovando il titolo “ Estetica
trascendentale” , riferendosi ad una teoria sullo spazio e il tempo come forme a priori della
sensibilità. Nonostante questo la parola (che appariva come un neologismo) non deriva da
Kant ma come già detto da Baumgarten con il trattato “Aesthetica” in latino del 1750, ma in
realtà si dovrebbe risalire ancora prima sempre con un suo trattato del 1735 chiamato
“Riflessioni sulla poesia”. In questi ribadisce il fatto che l’ estetica è a partire dalle cose
sensibili e che per una concezione nuova si deve avere nuova definizione. Questa definizione
di estetica che parte dalle cose sensibili è però ancora un primo significato troppo ampio.

Come già detto si hanno 3 strade di pensiero sulla definizione di estetica, Baumgarten arriva
quindi a due conclusioni:
★ Unendo la definizione di scienza della conoscenza sensibile e teoria del bello : il fine
dell’ estetica è il bello ( ovvero perfezione della conoscenza sensibile) che è a sua
volta il bello più chiaro, più forte quello percepito dallo spirito.
★ Considerando l’ estetica come <<teoria delle arti liberali>> ovvero come filosofia dell’
arte , considerata anche gnoseologia inferiore da lui, definisce l’ estetica come la
scienza della conoscenza sensibile. Quindi arrivando alla conclusione che l’ estetica
non potendo assumere la totalità di scienza del pensiero essa si orienterà verso l’
una e poi verso l’ altra direzione : quindi prima come teoria del bello con Kant, poi
come filosofia dell’ arte con Hegel.

TEORIA DEL BELLO - KANT

Bisogna innanzitutto partire da una prefazione su Kant : lui non discute sull’ arte ma sul
bello, più esattamente sulla capacità di giudizio e distinzione del bello naturale e del bello
artificiale. Non discute quindi una questione oggettiva sui canoni di bellezza, ma quella
soggettiva del giudizio di gusto sul bello ( quindi sul perché quella consideriamo quella cosa
bella ). La questione Kantiana quindi posta l’ accento dall’ oggetto al soggetto: è il soggetto
che giudica ed è a partire da questa soggettività che si tendo vero l'universale, quindi è dalla
soggettività che si passa all’ universalità del giudizio.

La questione centrale non dibatte quindi su cosa consideriamo bello o non bello, ma su cosa
succede quando diciamo che qualcosa è bello?

Per rispondere a tale domanda si deve prima chiarire una cosa : quando si parla di bello , non
si parla di piacevo o di buono, sono tre concetti separati e non definiscono la stessa cosa.
★ Il piacevole è ciò che risponde all’ interesse dei sensi
★ il buono / bene è ciò che risponde alla ragione
★ il bello non risponde né ai sensi , né alla ragione, ma lavora in totale libertà. Ed è il
soggetto che decide di usufruirne dando un giudizio oppure no.

“ Niente e nessuno mi forzerà mai a trovare bello qualcosa, mentre in un certo modo sono
prigioniero dei miei sensi come anche vincolato dalla mia ragione”.

Successivamente a ciò ci rendiamo conto che per Kant nella terza “Critica” , la questione si
incentra su come far passare la soggettività radicale di questo giudizio,ad una forma di'
oggettività che non risponda a ragione , quindi passare ad una universalità del giudizio
basata su un senso comune.

FILOSOFIA DELL’ ARTE - HEGEL

Il pensiero di Hegel nel considerare l’ estetica come filosofia della bella arte ci risale dagli
appunti di suoi allievi nel 1818 per l’ inizio dei corsi a Heidelberg e poi a Berlino, pubblicati
poi nel 1835. In alcuni di suoi pensieri lui arriva a dichiarare 2 tesi, considerati postulati (
ovvero presupposti senza essere dimostrati, in questo caso dimostrati al di fuori del campo
hegeliano) :
★ Prima tesi : l’ estetica si riduce alla filosofia dell’ arte, contrariamente a quello che
diceva Baumgarten.
★ Seconda tesi : il bello artistico è più elevato del bello naturale.

Il sistema hegeliano si basa dunque su un pensiero fisso : la natura si trova tra la logica e lo
spirito mentre l' arte è precedente alla religione e alla filosofia e nella quale l’ uomo trova un
bisogno quello di sviluppare la coscienza di sé.
Molti filosofi invece l’ estetica non si confonde con la filosofia dell’ arte , in quanto pensano
che l’ estetica sia connessa ad un ‘ esperienza sensibile che sia o no per esempio quella del
bello ( naturale o artistico). La filosofia dell’ arte invece rimanda ad una teoria della
produzione e ricezione delle opere in campo artistico ; i due pensieri sono quasi collegabili in
quanto la filosofia dell'arte ha bisogno dell’ estetica per porre i suoi problemi, mentre l’
estetica ha bisogno della filosofia dell’ arte per essere applicata.

CIÒ CHE NON È


( L’ ESTETICA NON È ARTE, NON È STORIA DELL’ ARTE, NON È CRITICA D’
ARTE)

L’ ESTETICA NON È L’ ARTE

“ L’ estetica non è l’ arte stessa come la riflessione della scienza non è la scienza stessa” .
Si può capire questa divisione ponendo dei livelli di riflessione :
1. Primo livello : natura
2. Secondo livello : creazione artistica
3. Terzo livello : estetica

Hegel scrive che il bisogno dell’ arte di nascere trova origine dal fatto che l’ uomo è essere
cosciente di sé, cioè della sua esistenza e delle sue capacità, quindi si raddoppia perché si
pensa e una volta preso coscienza di sé , si mette in pratica. A differenza delle cose naturali
che sono solo in modo immediato e una volta sola. L’ uomo raggiunge questa coscienza di
sè in due modi quindi :
1. Prima teoricamente , in quanto deve diventare nel suo interno coscienza di sè
2. Secondo praticamente : in quando deve produrre e riconoscere se stesso in quello
che producendo gli viene dato. Come l’ esempio del bambino il cui lanciando un
sassolino nell’ acqua ammira i cechi che si formano come opera finale della sua
pratica.

L’ uomo si distingue dunque dalla natura con l’ attività pratica, nel fare quindi un’ oggetto in
cui può ritrovare se stesso, ma come detto la coscienza di se si acquisisce anche in modo
teorico, facendo prendere coscienza all’ uomo del proprio mondo interiore e poi esteriore.
Secondo tale definizione quindi l’ estetica è teoria necessaria di una pratica necessaria a
sua volta; l’ estetica è quindi la teoria della pratica ( opera d’ arte).

La figura dell’ estetologo è diversa dunque da quella dell’ artista : l’ estetologo è dentro il
pensare , cerca di comprendere il sentimento della bellezza che gli provoca l’ opera d’ arte,
ma ci sono delle eccezioni. Parlando quindi della loro differenza , c'è anche una differenza di
linguaggio : parlare di un’ opera d’ arte non significa fare l’ opera d’ arte.
Ci sono però delle eccezioni quando diciamo che il filosofo che si occupa di arte non è un’
artista, colui che rivendica la sua figura di <<filosofo-artista>> è Nietzsche; ma anche
personaggi come Rousseau che nel XVIII secolo era più conosciuto per la sua composizione
“L’ indovino del villaggio”, piuttosto che per il suo scritto “Contratto sociale”.
Quando in una sola persona c'è la figura del filosofo e dell’ artista, corrispondono ad attività
distinte, divise in due piani fisici e mentali distinti.

L’ ESTETICA NON È LA STORIA DELL’ ARTE

★ L’ estetologo : approfondisce uno o più temi nella sua forma generale, di tutti
i periodi storico-artistici;
★ Lo storico dell’ arte : riconosce l’ arte e si dedica/specializza in un
particolare periodo storico-artistico non in tutta la storia dell’ arte.

L’ estetica secondo Souriau è un lavoro scientifico che si occupa di riunire le conoscenze


sensibili di generalità che si possono avere sull’ arte; non sta dunque all’ estettolo
determinare i grandi periodi della storia dell’ arte, ma è interessato alle nozioni-chiave, al
concetto e non al fatto.

Mentre in Francia l’ estetica è disciplina dei dipartimenti delle Arti Plastiche, in Italia è
disciplina del Dipartimento di Filosofia, poi arrivando anche qui al Dipartimento di Storia
dell'Arte , lettere , discipline dello spettacolo e solo dopo a moda, design e comunicazione.
Il programma però dell’ estetica in un dipartimento di storia dell’ arte, non è come quello di
un dipartimento di filosofia: in un dipartimento di storia dell'arte si studia l’ evoluzione e non
un progresso; non c'è progresso tecnico in arte. È importante non confondere progresso
tecnico da un progresso artistico : il primo esiste senza dubbio, il secondo non esiste con
certezza. La scienza traccia una storia logica, l’ arte traccia una creazione personale.

Anche in questo campo però ci sono eccezioni, esistono figure che sono sia filosofi, sia
storici dell’ arte, un esempio è lo stesso Hegel che da filosofo teorizza una sua storia dell’
arte : rapporto triade Arte simbolica-Arte classica-Arte romana, che rimanda ad un’ altra
triade Arte-Religione-Filosofia, derivante da un’ altra triade Logica-Natura-Spirito.
Hegel quindi si occupa di storia dell’ arte solo nel momento in cui si rapporta con lo spirito,

Altre eccezioni sono tutti quei pensieri filosofici-artistici portati avanti da tutti quei storici dell’
arte che scelgono di fare un passo verso l’ estetica, è la cosiddetta storia dell’ arte
filosofante. Di questa non troviamo nessuna figura esemplare.

L’ ESTETICA NON È LA CRITICA D’ ARTE.

La figura dello storico dell’ arte e della critica d’ arte , nasce alla metà del XVIII secolo con la
nascita e lo sviluppo del Salons a Parigi. Qui il lavoro del critico è dare un giudizio, un
pensiero, delle opere paragonandole o non, ed è pagato per questo. In totale sincerità lui dà
un proprio giudizio a favore o no di una specifica opera.
Il ruolo invece del filosofo che si occupa di arte non è quindi dare un giudizio su cosa sia
bello o no , ma è trovare una risposta al perché quella particolare opera ci fa dire che è bella
o no, quindi sul perchè diamo un determinato giudizio.
Anche in questo campo ci sono delle figure di eccezione che riassumono in loro sia la figura
del filosofo sia la figura del critico d’ arte, figura esemplare è Clement Greenberg: secondo
lui la logica dell’ arte pittura è di andare verso la sua essenza. Questa critica che lui porta
avanti ha principi estetici e in più Greenberg sostiene ed ha sempre difeso la pittura che si
sviluppa nel secondo dopoguerra in america, che vede come figura esemplare quella di
Jackson Pollock. Oggi possiamo trovare una figura simile a quella di Greenberg, ed è
Arthur Danto , professore di filosofia in un’ università americana , ma anche critico di <<The
Nation>>, rivista nella quale sostiene profondamente la pittura di Warhol.

CIÒ CHE È

L’ ESPERIENZA ESTETICA

Tutte le definizioni di estetica partono dall’ esperienza. L'esperienza estetica ci porta a


provare un sentimento estetico originario e fondamentale , in questo sentimento estetico
qualcosa che può essere percepito dai sensi, mi si presenta come esperienza estetica
vissuta. Questo nasce da un rapporto di un soggetto con qualcosa che lo colpisce , che egli
trova bello o che pensa sia arte.

Se dovessimo fare un esempio che ci porti a capire meglio questo rapporto possiamo
pensare a questo : immaginiamo nella nostra mente un qualsiasi oggetto o soggetto che sia
opera d’ arte o altro che ci piaccia, che ci colpisca non per forza positivamente, una volta
incanalato nella nostra mente , torniamo al nostro cosiddetto <<museo immaginario>>,
ovvero una parte della nostra mente che ha categorizzato le immagini viste. Una volta
ritrovata l’ immagine è certamente possibile, che il ricordo di questa ci faccia scattare di
nuovo come la prima volta lo stesso sentimento percepito, alla vista quindi dell’ immagine in
noi scatta un vero e proprio sentimento e questo solo al solo pensiero dell’ oggetto.

L’ estetologo però come Kant, non ricerca che cosa noi troviamo bello o no, ma il perché
troviamo bello una determinata cosa. Qui è importante specificare dunque che non si parla
di una bellezza classica, canonica ma di tutto quello che guardandolo o ricordandolo ci
rimanda ad un sentimento estetico, ad un’ esperienza estetica, quindi anche il non bello può
essere bello come la non arte può essere arte.

Tutto quindi si basa su questo rapporto: l’ esperienza estetica rinvia al <<bello>>, come il
<<bello>> rinvia all’ esperienza estetica.
Ma per percepire l’ approccio estetico si deve parlare anche di distanza estetica.

LA DISTANZA ESTETICA

La distanza estetica ha il compito di inquadrare il sentimento provato nel suo contesto.

Per arrivare a conoscere a pieno un concetto o un’ opera è fondamentale il rapporto tra
sapere e sentire, si deve eliminare l’ idea secondo la quale meno si sa e più si sente. Il
sapere non abolisce mai il sentire , anzi può affinare il sentire, il sentire ci rinvia al desiderio
di sapere. Per fare un’ esempio non si può sentire/ apprezzare un pittore come Mondrian ,
se non se ne conoscono i principi fondamentali del neoclassicismo, che ti fa capire concetti
che con il solo sentire non si può arrivare a comprendere. Come non si può apprezzare a
pieno Kandinskij solo con il sentire, se non si conosce la sua teoria dei colori e della musica.
Il solo sentire è limitante.

All’esperienza si accompagna un desiderio di generalità che mette a distanza l’opera, qui


l’estetica si ricongiunge alla filosofia, se è vero che la filosofia parla di ciò che fanno gli
uomini e cerca di comprendere il perché, allora l’estetica cerca di comprendere come e
perché gli uomini fanno qualcosa come l’arte.

Se quindi la filosofia è inutile, è così anche per l’ estetica, l’ uomo vivrebbe senza
domandarsi il perché vive; è così anche per l’ arte come la filosofia sono considerate inutili o
almeno nel momento immediato, ma utili se parliamo a lungo termine. Questo pensiero
filosofico ( dell’ utilità dell’ arte a lungo termine) rapportata all’ arte è chiamata estetica e
questa distanza estetica è un modo per rapportarsi al mondo stesso.

L’ INTERROGAZIONE ESTETICA

Partiamo con il dire che per l’ estetica non ci sono aneddoti ma soltanto problemi, come per
l’ arte non ci sono problemi ma solo soluzioni. Inoltre il punto di vista dell’ estetologo non è lo
stesso del punto di vista dell’ artista: l’ estetologo deve rendere intellegibile il sensibile.

Ogni opera risponde ad un problema estetico di creazione al quale trova una soluzione.
La problematizzazione all’ opera fa sì che si tenga conto di più arti parallelamente, come la
stretta relazione tra musica e nascita dell'astrazione nel 1910.

Il compito dell’ estetologo qui è smentire le false evidenze interrogandole dall’ interno, come
per esempio su cosa sia un’ opera d’ arte: molti dicono che è espressione interiore dell’
artista, quando una definizione così in realtà è incompleta e databile solo in un particolare
periodo, perché se pensiamo all'arte antica non è che solo l'espressione di tutto ciò che non
è se stesso. Creare non è sempre più che esprimersi ?

Riflettiamoci intensamente paragonando due temi principali :


★ l’ artistico
★ l’ estetico
Distinzione quindi tra la filosofia dell’ arte in senso stretto di Hegel ( artistico) e l'estetica in
senso largo per Baumgarten. Questi due temi nel campo di azione come agiscono? L’
estetico include tutto ciò che è artistico oppure qualcosa gli sfugge? Oppure c è un ‘ estetico
che sfugge all’ artistico?
CAPITOLO 2 : L’ IMITAZIONE

A partire dal XVIII secolo sono considerate <<arti imitative>> di primo livello le arti plastiche
come la scultura e la pittura, mentre di secondo livello la poesia, di livello ancora inferiore è
la musica in quanto arte imitativa in senso molto ristretto: facendo riferimento dalla dottrina
greca dell’ éthos e per quanto riguarda la musica concreta.

Ma il discorso per la musica è differente, in quanto non è considerata arte imitativa ma arte
<<autonoma>> rispetto alla realtà, ovvero non imita direttamente la realtà contrariamente
dalle arti plastiche che per molti secoli hanno avuto tale scopo.

L’ imitazione è uno dei tempi classici più trattati nell’ estetica generale, è un concetto che
risale alle origini del pensiero occidentale ovvero dalla parola etimologica greca “mimesis”
(mimo , mimetico).
Importante in quanto primo pensiero sull’ arte , “ arte” etimologicamente proveniente dalla
parola “ téchne” che racchiudeva in sé non solo l’ arte ma anche il mestiere, il saper fare e
la tecnica.

Imitare significa cercare di riprodurre l’ apparenza attraverso mezzi specifici, dura


specialmente nella produzione pittorica fino al XIX secolo con l’ avvento della fotografia e del
cinema.
La questione ora si incentra sul capire se la funzione dell’ arte sia intrinseca nell’
imitazione, ovvero, imitare la realtà , l’ apparenza è la funzione dell’ arte?

LA NASCITA DELLA MIMESIS

La parola mimesis ha molteplici significati , 2 principali che ritroveremo più avanti sono
imitazione e rappresentazione. La nascita della mimesis si ha il realtà con un fatto
accaduto nell’ antica Grecia tra V e IV secolo a. C. : l’ arte e la filosofia nascono insieme ma
vivono in un malinteso , la critica che Platone fa all’ arte della sua epoca.

LA TEORIA PLATONICA DELL’ IMITAZIONE - PLATONE E L’ ARTE DEL SUO TEMPO

Prima della di parlare della sua teoria , bisogna contestualizzare un pò la figura di Platone,
lui era molto attento alle arti del suo tempo, soprattutto alla storia dell’ arte , contemporaneo
all’ arte greca classica e sceglie di trattare nella sua critica proprio la pittura del suo tempo ,
in quanto le conferisce molta importanza.
Arte che aveva come scopo quello di creare attraverso luci e ombre rilievi e volumi, volumi
dati anche dall’ utilizzo della tecnica dello scorcio ovvero la rappresentazione per esempio di
un piede di fronte e non di profilo).
E arte che si dedicava quindi all’ imitazione di modelli greci , che funziona però secondo
Platone come illusione, facciamo un esempio reale con pittori di quel periodo : Zeusi dipinse
un quadro con un grappolo di uva così reale che gli uccellini ingannati andavano a beccare il
quadro ; un altro esempio è con Apelle che furioso perchè non riusciva a ricreare la schiuma
di un cavallo, getta addosso al quadro la sua spugna che lascia casualmente un traccia
molto simile a quello che voleva l’ artista. Questi due esempi per mettere in luce:
➢ l’ inganno dell’ arte del suo tempo verso il analitica e l'artista
➢ il ruolo della buona sorte, casualità nella riuscita della mimesis.

LA <<MIMESIS>> SECONDO PLATONE

La mimesis secondo Platone è l’ imitazione vera e propria della natura , imitare la natura in
sé è riprodurla tromp-l’oeil ovvero arrivare ad una concretezza tale di creare un’ illusione
della realtà. Illusione che Platone condanna.
Secondo il sistema filosofico di Platone inoltre la realtà è già una copia : il mondo sensibile è
copia del mondo intellegibile, di conseguenza le opere d’ arte produzioni degli artisti sono
copia di una copia, un mondo sensibile inutilmente duplicato.
(Prima critica platonica : critica ontologica)

➢ Seconda critica platonica (esempio del letto) collegata alla prima : per Platone ci
sono quindi 3 livelli di verità:
1. L’ idea del letto ( mondo intellegibile)
2. Il letto vero fatto dall’ artigiano ( mondo sensibile)
3. Letto dipinto ( mimesis) , dove lo vuole posizionare Platone? Secondo lui
le immagini sono il degrado della società e per questo le posiziona in un
grado più basso del mondo sensibile. Considerato terzo livello ontologico,
➢ Terza critica, l'immagine è nociva, perché? L’ immagine è nociva per la vita della
polis, in quanto fa nascere nella polis dubbi su cosa sia vero o falso; mentre secondo
Platone il mondo deve seguire la via della chiarezza e perché Platone segue una
gerarchizzazione umana che risponde a sensibilità ed emotività.

Inizia la sua critica dal X libro della Repubblica in un discorso con Socrate.
Citazione di Platone << Basterebbe uno specchio per ottenere lo stesso risultato di un’
opera d’ arte>>.

L’ arte quindi ha solo il compito negativo di illudere l’ uomo nel rappresentare un illusione
della realtà , una finta verità che porterebbe l’ uomo solo alla confusione. L’ uomo deve
eseguire quindi solo il mondo intellegibile che ha come creatore Dio: l’ intellegibile è l’ auriga
ovvero la facoltà intellettiva che deve guidare l’ uomo nelle sue azioni.
Platone si occupa di arte anche altrove dove ha una visione meno negativa → estasi mitica
data da una divinità che lo pervade —> rapsodo —> L’ uomo viene invasato da Dio, invasato
da un’ estasi poetica che coinvolge anche gli spettatori , che con empatia vivono quest’
estasi poetica. Empatia che porta ad una conoscenza ed esperienza estetica.

In un’ altra parte del suo trattato Platone per bocca di Socrate, getta il sospetto sull’ arte
della mimesis per tantissimo tempo, e scrive che :
➢ Ogni imitazione rappresenta solo un punto di vista di ciò che vuole imitare , facendo
così non può rendere l’ oggetto in tutte le sue facce.
➢ L’ illusione della distanza , ovvero quello che per noi è lontano sembra piccolo e ciò
che è vicino sembra grande.
➢ sono tutte illusioni ottiche.

La mimesis è quindi solo una simulazione della realtà posta attraverso illusioni ottiche e
giochi per ingannare l’ uomo. Platone paragona quindi la pittura alla magia. Questa
considerazione di Platone è legata inoltre ad un’ altra condanna platonica quella che lui fa
per la parola “ pharmakon” che può avere più significati ( per questo la condanna) , può
significare : farmaco, veleno, filtro magico pigmento o colore. Dietro ogni dipinto c'è quindi
un filtro magico.

Con la sua estetica basata su etica e politica, Platone condanna un’ altra figura importante
nella cultura greca quella di Omero:

➢ Nella “Repubblica” Platone considera Omero come esempio massimo da criticare, in


quanto nei suoi libri parla delle <<belle azioni>> compiute dai guerrieri per la poleis
(azioni militari e politiche) ma non partecipa a queste azioni. La critica che fa ad
Omero è proprio questa, di non aver contribuito al benessere della polis, nel fare gli
interessi del popolo , ma solo i propri interessi si limita solo a glorificare. Platone
ipotizza due motivazioni che vanno a spiegare il comportamento di Omero :
1. perchè non è capace
2. perché preferiva limitarsi a glorificare , cosa molto più grave per Platone
perché si è fatto vedere inutile alla società, per punirlo viene bandito dalla
polis (morte sul piano sociale).

Nonostante Platone si dedichi molto a dividere sensibile e intelligibile , in realtà lui non
condanna il sensibile ma chi crede che possa essere vero solo il sensibile, condanna cioè l’
opinione secondo la quale esiste solo il sensibile. In più, nonostante sia il primo a
condannare l’ arte, è anche il primo filosofo a prendere l’ arte sul serio, infatti per criticare
qualcosa né si deve prima riconoscere l’ esistenza e considerarla materia da criticare. In
particolar modo la pittura o meglio le arti che creano illusione. Le arti che ovviamente non
illudono non le critica, come per esempio l’ arte egizia che considera arte simbolica.

LA TEORIA ARISTOTELICA DELLA RAPPRESENTAZIONE E LA MIMESIS SECONDO


ARISTOTELE

Aristotele è uno dei più grandi filosofi dell’ antica grecia, ritenuto uno <<spirito
enciclopedico>> in quanto curioso e studioso di ogni materia e arte del suo tempo , in
particolar modo dell’ estetica sotto il nome di “poiésis” cioè poetica , nome che dà alla sua
prima opera scritta in cui parla appunto di estetica. Per poetica intende la “produzione” , il
“fare” , si riferisce a tutto quello che riguarda il fare e il fare artistico.

Aristotele si forma come allievo di Platone, ma nonostante ciò tra i due c'è una distanza
generazionale, elemento che distingue la loro filosofia:

➢ Platone porta avanti un vero e proprio sistema filosofico ed ha un orientamento


metafisico
➢ Aristotele crede in un orientamente pragmatico, crede nell’ osservazione più
approfondita della realtà. Mette in atto una vera e propria investigazione scientifica,
sociale e politica della natura e dell’ uomo animale politico.

Una loro prima differenza proviene inoltre da una grande opera d’ arte greca
“ Scuola di Atene - Raffaello”.
Al centro della scena c'è Platone che indica il cielo ( sede del mondo delle idee, filosofia
teorica ); più giovane accanto c è Aristotele che indica il prossimo, il mondo intorno a noi da
cui facciamo esperienza , in mano porta il trattato “Etica” ( filosofia morale).

Nel suo primo trattato appunto “Poetica” , parla in riguardo all’ estetica di arte analizzandola
e cercando di capirla e non di criticarla, capendola attraverso le 4 cause principali per la
produzione di un’ opera d’ arte.

➢ Causa materiale ( materiale di un’ opera)


➢ Causa motrice ( lo scultore che fa passare l’ opera da potenza ideale all’ atto)
➢ Causa formale ( è fatta secondo una certa forma)
➢ Causa finale ( è fatta al fine di qualcosa )

Aristotele però non crede al mondo delle idee infatti lui non condanna l’ arte imitativa in
quanto potrebbe soddisfare un bisogno naturale. Nel sistema filosofico di Aristotele arte e
filosofia sono legate e ora approfondiremo.

Aristotele nel IV capitolo di “Poetica” salva la mimesis e porta due argomentazioni al


riguardo :
➢ L’ imitazione è connaturata all’ uomo, sin dall’ infanzia ogni bambino impara dalle
azioni dei propri genitori o altri e il fatto di riuscire a crescere ed imparare imitando lo
differenzia in modo positivo dagli altri animali ( utilità pedagogica) . Di conseguenza
la mimesis serve ad imparare di più anche sotto un punto di vista linguistico.
➢ Tutti traggono piacere nell’ imitazione e imitare è utile , si riferisce allo stile con
cui qualcuno viene rappresentato , dalla sua lettura. Inoltre tutti proviamo piacere
nell’ imparare solo che alcuni ne partecipano a breve tempo altri a lungo tempo.

Di conseguenza dopo aver appurato quello che esplicita Aristotele si può capire che la
nascita dell’ arte risponde solo ad un bisogno naturale , ad una causa naturale e
contrastando quello che dice Platone, ne esplicita 3 aspetti che la valorizzano:

➢ tendenza naturale e fonte di piacere


➢ strumento di conoscenza e padronanza
➢ porre l’ attenzione sulla figura del pittore e ponendo la distinzione tra soggetto
della rappresentazione ( mela) e la rappresentazione stessa ( dipinto della
mela)
Chiariamo dunque questa distinzione tra soggetto e rappresentazione del soggetto, oltre a
dire che ciò che ci da fastidio vedere ci crea piacere se ne vediamo la rappresentazione, la
rappresentazione di una cosa brutta può essere bella. Tale pensiero oltre che in
Aristotele si può trovare in Boileau e anche nello stesso Kant che scrisse <<una bellezza
naturale è una bella cosa, la bellezza d’ arte è una bella rappresentazione di una cosa>>.
La conclusione della mimesis si Aristotele è dunque questa, la mimesis è per lui la
rappresentazione di un soggetto , non è quindi una copia di un soggetto ma una bella
rappresentazione e unica a suo modo di un soggetto, utile e piacevole per l’ essere umano.

Non considerandola quindi l’ imitazione di qualcosa, non possiamo confonderci tra reale e
rappresentazione.

Nonostante questa netta differenza, di mimesis platonica = imitazione e mimesis aristotelica,


lo stesso Aristotele scrive che << l’ arte imita la natura>>, che cosa intende?
Significa che imita la natura, la rappresenta e la ri-presenza secondo un suo codice artistico,
aristotele parla infatti di una rappresentazione verosimile seguendo i suoi codici di
rappresentazione. Tanto è vero che in un altro passaggio Aristotele scrive che l’ arte imita la
natura e alcune cose che la natura è incapace di effettuare, l’ arte le compie.
In un certo senso quindi l’ arte e la natura non sono divise, una scinde dall’ altra , l’ arte
prolunga e completa la natura, l’ arte è intrinseca alla natura, si nasconde in essa.

Questo rapporto si può capire meglio con un semplice paragone: ogni pigmento in arte è
assciato ad un elemeto naturale , come l’ ocra per la terra, il bianco per l’ acqua o il rosso al
fuoco o il nero all’ aria o alla notte. L’ opera d’ arte completa il ciclo del cosmo.

CRITICHE ALLA MIMESIS

Vengono fatte 2 tipi di critiche alla mimesis


➢ filosofica , portata avanti da Hegel , gli rimprovera tutta questa importanza
che viene data all’arte. Obiettivo spirituale
➢ artistica , portata avanti da Kandinskij , gli rimprovera di aver agito come
costruzione insuperabile su tutta l’ arte fino al XIX secolo. Obiettivo plastico

LA CRITICA FILOSOFICA DI HEGEL ALLA MIMESIS

Hegel in una sua citazione esplicita il suo pensiero sul fine dell’ arte: secondo lui il fine
dell'arte deve trovarsi in qualcosa di diverso che nella semplice imitazione del reale, che
secondo lui può dar vita solo a opere nelle quali spinge di importanza la capacità tecnica,
ma che non possono considerarsi opere d’ arte.
Con questo pensiero si elimina definitivamente la concezione di trompe-l’oeil , e si passa dal
dare importanza alla tecnica e alla bravura artistica a dare all’ opera stessa e al suo
significato la vera importanza.

Secondo Hegel al di sopra della tecnica c'è un altro tipo di arte : un’ arte che al di sopra e
attraverso la sua materialità possa rispondere ad un bisogno spirituale. Hegel critica l’
imitazione perché crede in un’ arte che veda il rapporto stretto tra sensibile e intellegibile:
secondo lui l’ essenza della bellezza risiede nella manifestazione sensibile dell’ idea.
Riprende quindi da Platone questo rapporto tra sensibile e intelligibile, ma non
categorizzando l’ arte come ultimo livello ma livello intermedio tra sensibile e intelligibile, per
valorizzarne l’ importanza. La critica Hegeliana non ha quindi niente a che vedere con la
critica platonica in quanto va a difendere l’ arte , un’ arte non mimetica che trasformò un’
idea intelligibile in una forma concreta attraverso la materia.

Hegel riprende anche il rapporto quindi tra forma e materia portato avanti da Aristotele, ma
sempre a favore dell’ arte, esempio preferito da lui che rappresenta in modo corretto e
concreto questo rapporto sono le “Madonne di Raffaello” che sono la combinazione perfetta
tra ciò che mostrano ai nostri sensi e quello che voleva rappresentare il pittore.

Alla critica di Hegel, l’ imitazione cerca di difendersi ma nell’ imitazione stessa ci sono 3
paradossi:
1. Per rendere il vero in arte bisogna talvolta rendere il falso . Si ha qui un esempio
lampante con “ il derby d’ Epsom” di Géricault il quale raffigura i cavalli in corso con
tutte e 4 le zampe che non toccano terra. La critica la fa anni dopo il fotografo
Muybridge che facendo una serie di scatti uno dopo l'altro a dei cavalli in corsa,
noterà che i cavalli non tengono mai tutte e 4 le zampe orizzontali allo stesso
momento. C è quindi qui una riproduzione falsa della realtà da parte della pittura, ma
c'è da dire però anche che a differenza della fotografia, la pittura riesce a rendere il
movimento dell’ anima, cosa che la fotografia non riesce a rendere in quanto statica.
2. Per imitare bisogna eliminare, concetto portato avanti anche dallo stesso Platone
in quanto affermava che l’ imitazione dell’ immagine della realtà, cogliesse solo una
faccia della realtà , solo un unico punto di vista e che sta poi allo spettatore
immaginare gli altri.
3. Non ci sono occhi innocenti, non esiste uno sguardo naturale. Ogni sguardo è
già plasmato da una cultura e da una civilizzazione. Ciò significa che la mimesis
non è universale ma risponde a codici tradizionali differenti.

LA CRITICA ARTISTICA DI KANDISNKIJ

Questa critica artistica viene fatta sotto due nuovi punti di vista:
➢ di una nuova arte figurativa a partire dall’ impressionismo (1874)
➢ di una nuova arte non figurativa a partire dall’ astrazione ( 1910)
In tutti e due i casi sempre verso una maggiore autonomia dell’ arte rispetto al reale.

A partire dall’ impressionismo

La corrente impressionista ha la sua vera nascita con l’ esposizione del fotografo Nadar
della tela di MOnet, che fa prendere poi il nome alla corrente pittorica : Impressione, sole
nascente nel 1872; con lo scopo di allontanarsi dalla mimesis ma conservando una volontà
figurativa e anche una pittura dal vero. Al centro della pittura impressionista c'è quindi l’ uso
originale della pennellata, non conta inoltre il soggetto ma l’ impressione. Quest’ impressione
ottica proviene anche dalle ricerche scientifiche del francese Chevreul da cui nasce la
cosiddetta Teoria dei colori…
A partire dall’ astrattismo

Kandinskij scopre l’ astrazione per pure caso, è così che il vero e proprio periodo astratto di
Kandinskij inizia nel 1910 con la produzione del primo acquerello “Senza titolo”.
Si deve scoprire così se con questa nuova pittura si ha una rottura o una continuità: se
considerata una rottura si va a pensare quindi che non ci sia un minimo di riferimento alla
natura, qui di conseguenza lo stesso Kandinskij esplicita che nonostante la pittura del
momento sia indipendente alla natura, se si scioglie questo nodo che le lega , la pittura
potrebbe risultare solo un’ insieme di forme e colori e passare da arte a decorazione.

Kandinsky quindi trova quindi delle condizioni necessarie per differenziare arte decorativa e
arte astratta :
➢ legittimare la pratica attraverso la teoria , l’ artista scrive quindi “Lo spirituale nell’
arte” nel quale scrive che l’ arte astratta non è un’ arte decorativa dal momento che è
spirituale.
➢ trovare un filo di continuità con la storia dell’ arte e le idee

Kandinskij si avvicina alla pittura astratta a soli 30 anni , colpito in particolar modo al ciclo dei
“Covoni di fieno” di Monet alla mostra degli impressionisti francesi a Mosca nel 1895,
impressionato dal primo quadro <<puro>> che vede ( <<puro>> cioè dove non capisce il
soggetto).
Lui concepisce 3 tipi di opere :
➢ le impressioni ( liberamente ispirate alla natura)
➢ le improvvisazioni ( si liberano dalla natura e alimentate dall’ esperienza)
➢ le composizioni (nate dalle precedenti mas astratte)

Kandinskij si pone delle regole , come quella della corrispondenza tra colore e forma, ovvero
ogni forma corrisponde ad un colore, questa caratteristica fa alla pittura un linguaggio
autonomo.

USI DELLA MIMESIS

RENDERE VISIBILE

L’ arte moderna si interroga ancora sul fatto se la pittura astratta sia in un certo modo
influenzata dalla natura ed abbiamo visto con Kandinskij che apparentemente no , ma è
anche un orrore dire il contrario.
Un esempio lampante è la pittura di Mondrian : per lui la linea orizzontale rinvia alla
femminilità , quella verticale alla mascolinità e il soggetto della creazione è il loro incrociarsi,
nonostante la sua pura astrazione quindi si riconosce un certo astrattismo mimetico.
L’ arte astratta punta quindi a una visione depurata della realtà sensibile.

Altro artista fondamentale è Paul Klee il quale afferma tale pensiero : l’ arte non deve
riprodurre il visibile, non copia ma apre, rivela , ci insegna a vedere. Ma allo stesso tempo
dice che il visibile corrisponde alla percezione visuale, al vedere, ma vedere che cosa?
Per l’ artista si tratta quindi di rendere visibile lo stesso mondo sensibile , ma anche le
sensazioni diverse dal visibile come il suono. La pittura di Klee si basa dunque tra astrazione
e figurazione, l’ arte è per lui quindi immagine della creazione e come per Aristotele è
microcosmo in un macrocosmo.

Per lui è inoltre rendere visibile ciò che è già visibile ai nostri occhi.
Questo concetto è presente anche nei disegni di strada di Ernest Pignon Ernest , nei quali
vuole rendere ciò che nessuno vorrebbe vedere; è dunque chiaro che la mimesis non è
scomparsa si è solo adattata ai bisogni e ai codici degli artisti di queste epoche. Si parla
quindi di un gioco di codici, e si possono distinguere 2 codici :
➢ il gioco all’ interno del codice che vuole spingere all’ estremo la mimesis e la sua
logica. Ad utilizzare questo gioco è anche Magritte con “Questa non è una pipa”: i n
questo fa saltare in aria il codice mimetico pur utilizzandolo perché imita la realtà ma
aggiungendo scene illogiche. Ma anche con le varie versioni della “Condizione
umana” , nella versione del 1933 ci sono nel quadro 3 livelli :
● il reale, paesaggio dietro la finestra ;
● il quadro , che rappresenta il paesaggio e che lo maschera in parte;
● il quadro che rappresenta il quadro.
I codici che usa Magritte, rendono visibile l’ invisibile stesso.
➢ il gioco all’ esterno del codice che vuole uscire dalla mimesis e prendere
fisicamente l’ oggetto nella realtà, senza nessuna imitazione o rappresentazione.
Addirittura estrapolando un oggetto dalla realtà e introdurlo nell’ opera il primo a farlo
è Picasso ( cubismo analitico) con “ La natura morta con sedia impagliata” è il primo
collage nella storia della pittura. Un altro esempio è “ La bottiglia di Suze”: incolla
sul quadro direttamente l’ etichetta della bottiglia di Suze.
Lo segue con ancora più importanza Duchamp con “Fontana” , suo erede è poi
Spoerri. Grande altro celebre è Wahrol con le sue “Brillo boxes” serigrafie.

L’ uomo è un animale che imita e che prova sempre piacere nel ricreare la
realtà, sia copiandola scioccamente, sia trasfigurandola.

Queste sono le due basi per le nuove correnti dell’ arte contemporanea , iperrealismo e
nuovo realismo , che hanno però predecessori anche nell'arte moderna.

CAPITOLO 3 - L’ ARTISTA

Deriva etimologicamente dalla parola greca “ars” ovvero saper fare qualcosa. La diffusione
della parola è ristretta fino agli anni 50 del 900, prima di questa data ogni mestiere aveva la
propria denominazione. Ora invece la diffusione della parola è molto più ampia e non esiste
più questa distinzione, ma la parola “arte” comprende quei particolari mestieri.

La diffusione dell’ arte concettuale ( che ha come scopo il valorizzare il concetto di fondo
dell’ opera) ha poi portato alla nascita e all’ uso di diversi linguaggi; nasce quindi una libertà
mediale.
Da questo momento in poi come scrive il famoso artista e storico dell’ arte Giorgio Vasari,
l'imitazione della natura non esiste più e si evolve in imitazione di un altro artista, la cui
imitazione è comunque lontana dalla prima. Qui però il concetto di imitazione viene
valorizzato e non deriso , significa infatti aver fiducia nell'arte stessa.

è lo stesso Vasari che nel 1562 a Firenza fonda la sua prima Accademia, riprendendo come
modello le accademie di fine Quattrocento. Alla base delle sue Accademie mette il disegno
che è quindi la matrice comune di ogni arte liberale o meccanica che sia. Da questo
momento in poi si va alla ricerca di come far diventare tutte le arti meccaniche, arti liberali e
di come far riconoscere il valore di un’ artista e dell’ arte, come artista libero, studiando l’
artista dai diversi punti di vista.

L’ ARTISTA E L'ARTIGIANO

CONVERGENZE

Convergenza etimologica e storica

Per quanto riguarda la parola greca “téchne” arte, l’ arte in grecia si riferiva solo a quelle
produzioni umane in opposizione alla natura. Le definizioni di artista e artigiano sono simili
dal lungo periodo medievale fino al basso medioevo, per poi continuare ad essere simili
anche nel periodo romano e greco; le cose cambiano con il classicismo augusteo e il
mecenatismo augusteo. Inoltre come convergenza etimologica c è da dire che le due parole
hanno lo stesso prefisso art-ista , art-igiano.

Secondo Aristotele , scrivendo nel IV capitolo dell’ Etica nicomachea , scrive che l’ arte
secondo lui dipende dalla produzione (poiésis), non direttamente dall’ azione (pràxis) o della
contemplazione (theoria) , produzione che non è autonoma ma ha bisogno di un arginato o
di un artista. Questa definizione quindi si adagia bene sia alla figura dell’artista che dell’
artigiano, in quanto entrambi rispondono ad un bisogno e portano quindi all’ esistenza di
qualcosa, l’ artista quindi come l'artigiano con l’ uso di materiale è lavoratore come l’
artigiano.
Riprendendo un vecchio discorso tra Socrate e Glaucone, nel libro X della Repubblica, sull’
idea del letto, si aggiunge una terza figura che è quella dell’ artista: qui si arriva alla
conclusione che l'artista come come l'artigiano è un lavoratore manuale ma a differenza di
lui, la sua produzione non imita la realtà ma l’ apparenza di questa.

Convergenza materiale

Entrambe le figure devono confrontarsi con elementi materiali per produrre le loro opere. L’
artista è un’ artigiano nel suo rapporto con la materia, sia l’ artigiano che l'artista per vivere
hanno bisogno di materiale per le loro produzioni, quindi si trovano sulla stessa barca.

La convergenza materiale è inevitabile. Ogni materiale richiede delle cure differenti in quanto
ogni materiale ha in sé dell' estetica dovuta alle sue caratteristiche intrinseche e alla sua
tradizione storica, locale etc… L’ uso dei materiali cambia quindi in base all’ epoca, alla
storia e all’ arte del tempo.
Per quanto riguarda la loro posizione sociale, prima della creazione della Académie royale
de peinture et de sculpture nel 1648, secondo Charles Loyseau : gli artigiani pittori si
trovavano al penultimo posto della gerarchia, mentre gli artigiani e la gente del mestieri si
trovavano solo precedenti ai mercenari. La figura dell'artista poi cambierà con il tempo e
grazie alla propria materia, in quanto diventerà personaggio che utilizzando la materia crea e
dà forma a questa. Testo importante quando si parla del rapporto artista e artigiano è
“Sistema delle arti” di Alain , il quale in un passo scrive che come l’ artista attraverso la
materia produce qualcosa di materiale, anche chi sviluppa idee senza l’ uso di materiale ,
sente fatica come artista o artigiano. Alla fine del passo citato infine dice che come l’
artigiano anche l’ artista è <<percettivo e attivo>> è attento al mondo che lo circonda e attivo
nel dare forma a della materia passiva.

Convergenza tecnica

Entrambi hanno bisogno di tecniche anche quando non è l’ artista stesso a fare l’ opera,
questo concetto non cambia in base al periodo o artista/artigiano tradizionale o concettuale,
c è sempre in ogni caso una tecnica di fondo. L’ unica cosa che cambia è che il concetto non
bada molto alla tecnica o al modo.
Ogni lavoro quindi presuppone una tecnica: un artigiano ha sostenuto un apprendistato
tecnico per iniziare le sue produzioni, come l’ artista risponde a delle tecniche e gestisce per
arrivare ad un prodotto finito. Entrambi quindi realizzano l’ applicazione di una tecnica a
un materiale. Inoltre entrambe le figure tramandano il loro sapere, le lore tecniche da
maestro ad allievo, sia nelle corporazioni degli artigiani sia negli atelier , ma comunque con
una differenza: l’ artista non trasmetterà il suo tocco, la sua arte e la sua tecnica, ma quell’
elemento artiginale del suo lavoro che è presente solo in chi si sente di essere l’ erede di
una tradizione a monte.

Convergenza psicologica

Entrambe le figure vogliono un senso di autonomia del lavoro, vogliono essere custodi della
propria libertà, dimostrando con la propria arte il proprio valore e il proprio essere.
L’ artigiano di oggi per produrre un proprio oggetto risponde a dei criteri da lui imposti:
● modo di esecuzione del lavoro, qualità professionale, piccole dimensioni
● ma anche secondo dei tratti psicologici , tra cui l’ indipendenza, la tradizione e
l'atteggiamento nei confronti del lavoro.
Tutte queste attenzioni rispecchiano anche in un modo o nell’ altro il significato stesso
etimologico della parola “ars” o “techne” ovvero quello di saper fare bene qualcosa, è quindi
dovere e volere dell’ artista o dell’ artigiano riuscire bene in quello che produce.
Questo rende quindi l’ artigiano artista simile da un punto di vista psicologico all’ artista,
nonostante il prodotto finale sia diverso.

Ci sono però anche divergenze tra artista e artigiano e questo per il volere stesso dell’ artista
in quanto vuole fuggire da uno status svalutante.
DIVERGENZE

Divergenza filosofica

La differenza tra artista e artigiano c era già dall’ antica grecia, si riprende quindi ciò che
scriveva Platone nella sua Repubblica a sfavore stavolta dell’ artista: scrive che l’ artista
propone al pubblico delle illusioni si trova quindi oer questo alla fine della scala filosofica,
mentre l’ artigiano produce un oggetto più vicino all’ Idea, per il fatto che produce almeno
una sorta di realtà. Si trova per questo ontologicamente più vicino al primo livello di realtà.
L'artista imita il lavoro dell’ artigiano , non è che quindi un imitatore di secondo grado.

Divergenza storica e teorica

Durante tutto il periodo del Rinascimento, si mirerà ad invertire il rapporto tra artista e
artigiano, cercando di valorizzare l’ attività intellettuale dell’ artista rispetto al lavoro manuale
dell’ artigiano. Per fare ciò bisogna instaurare un rapporto tra arte e intelletto ovvero tra
discorso e istituzione: con il discorso il pittore deve essere al pari di un umanista colto,
mentre con la nascita delle accademie sia in francia che italia, <<l’ artigiano pittore>>
riesce ad acquisire riconoscimento sociale per essere emancipati. Per questo è lo stesso
Duchamp che più avanti nel 1960 in una conferenza negli Stati Uniti ritornerà sull’
argomento, la concezione di artista libero deve il suo sviluppo nel XIX secolo con la nascita
del Salon des Refusés del 1863. Con lui nasce quindi la concezione di artista autonomo
che non vive condizionato dalle committenze, ma vive tra rapporti privati tra acquirenti e
artista. A differenza di prima quindi l’ artista deve tener conto anche dell’ educazione dell’
intelletto , un elemento che nemmeno l’ artigiano ha, l’ artigiano quindi non può più
confrontarsi con l’ artista.

Nasce inoltre una distinzione tra :


● arti intellettuali scalpellini, orafi, tessitori
● arti meccaniche pittori e scultori
Questa divisione continua fino al 400/500 ma ci sono comunque delle figure d’ eccezione
che dialogano con politica e chiesa, un esempio lampante è la famosa triade
Leonardo-Michelangelo-Raffaello, facendo arte ma anche opere scritte.

Divergenza di finalità

Importanti sono le divergenze di finalità , Kant ne riconosce 3 con la sua Critica della facoltà
di giudizio:
● distinzione dell’ arte dalla natura esempio il lavoro delle api non è artistico perché
dettato da un principio di sopravvivenza e dall’ istinto quindi non è libero)
● distinzione dell’ arte dalla scienza il saper fare è diverso dal sapere e l'opera d’
arte non esiste in teoria ma in pratica)
● distinzione dell’ arte dall’ artigianato

A questo punto si tratta sia di valorizzare l’ arte e l'artista che di legittimare la nuova arte
come arte libera. Kant qui dichiara secondo lui la differenza tra arte e artigianato :
● l’ arte è un gioco, qualcosa quindi che è piacevole e dà piacere fare ed è fine a sé
stessa. L’ attività artistica è cosiddetta autotelica cioè fine a stessa.
● l’ artigianato invece è un lavoro che quindi creare dispiacere nell’ essere fatto. Il
lavoro artigianale è quindi detto eterotelico.
Detto ciò Kant riconosce quindi quel lavoro che dà poi una finalità economica: riconosce
quindi sia l’ artigianato che l’ arte in quanto anche l’ arte ha un mercato. Riassumendo quindi
per Kant l’ artigiano fabbrica un oggetto mentre l’ artista crea un’ opera ed è importante in
questo periodo per l’ artista far sì che la sua produzione sia sempre considerata opera e non
oggetto riprodotto.

Divergenza di progetto

La diversità di progetto è che mentre l’ artigiano per la sua produzione applica regole
preesistenti , l’ artista non risponde a regole , l’ opera viene prodotta creandola.
L’ artigiano usa il progetto e lo segue per produrre il lavoro, l’ artista è guidato dall’ idea dal
pensiero: l’ artigiano quindi seguendo pari passo il progetto non tiene conto degli imprevisti,
non pone quindi cambiamenti. L’ artista invece usa la conoscenza, la consapevolezza e il
piacere estetico.

Il pittore Pierre Soulages scrive che l’ artigiano sa dove va e come ci va, cioè sa cosa
produrre e il modo in cui deve produrlo, mentre per l’ artista ogni produzione è nuova, non
sa dove va e come produrla. L’ artigiano è quindi considerato un sedentario, l’ artista invece
un nomade, definizioni attribuite ad artigiano e artista contemporanei , anche se anche nell’
epoca classica il pittore si trovava davanti ad un’ incognita.

L’ ARTISTA E IL FILOSOFO

Ora che la distinzione tra artista e artigiano è chiara, bisogna mettere in parallelo l’ artista
con un’ altra figura quella del filosofo , rapporto in cui si tende più verso la figura del filosofo
che in quella dell’ artista. La situazione cambia però in un particolare periodo storico del
romanticismo in cui il rapporto si scambia: alcuni filosofi si sentiranno artisti.

L’ artista-filosofo

Con il rapporto precedente tra artista e artigiano, l’ artigiano è considerato artista inferiore,
mentre l'artista è considerato artista superiore che vede verso il filosofo. Un’ esempio
lampante di artista-filosofo è quindi il famosissimo Leonardo Da Vinci.

La figura di Leonardo appare come artista e filosofo in una sola persona in quanto molto
importante come artista, a contatto con altri filosofi ma soprattutto per i suoi “Codici” in cui lui
scrive delle sue diverse scoperte. Molto attento all’ osservazione della natura per la sua
pittura e condotta tramite il disegno, ma anche sotto un tema teorico, ne rimangono dialoghi
con molti intellettuali. I suoi “Codici” sono suddivisi da circa 50 capitoli e dove tratta in alcuni
di diversi argomenti come : filosofia, anatomia, proporzioni dell’ uomo, medicina, astronomia,
macchina volante, matematica etc… In un testo di Leonardo chiamato “Modo d’ aumentare
e destare l’ ingegno a varie invenzioni” , lui attua un pensiero contemplativo con questo
arriva a trovare un punto in comune tra arte e filosofia : entrambi non servono direttamente a
qualcosa, infatti sia l’ artista sia il filosofo, si distanziano dall’ azione utilitaria per cercare e
trovare qualcosa di più profondo nel banale. É possibile infatti che sia il filosofo sia l’ artista
cerchino la stessa cosa ma attraverso mezzi differenti: secondo Klee infatti il filosofo usa i
mezzi del discorso e della ragione, mentre l’ artista attraverso l’ intuizione e la
sensazione.

Il filosofo-artista

Sono i casi di filosofi anche artisti e casi di filosofi che vedono l'arte dal punto di vista di chi
la crea, sono personaggi come Nietzsche ( colui che va a vedere l’ arte dal punto di vista di
chi la crea) o Rousseau. Si pongono a realizzare un’ estetica della creazione a partire dai
problemi di chi crea, ruolo di autore.

Studiamo questa figura attraverso 3 movimenti l’ ultimo dei quali tratta dello stile della
filosofia.

L’arte dal punto di vista dell’ artista

Secondo Nice <<l’ arte deve essere concepita dalla prospettiva dell’ artista>>, proprio per
questo suo pensiero lui critica i suoi colleghi filosofi predecessori che trattavano di arte e di
bello solo dal punto di vista dello spettatore. Il filosofo quindi reclama un’ estetica della
creazione, si sente preso in causa da questa storia in quanto considerato come già detto
filosofo-artista perché oltre a fare filosofia, componeva musica e degli scritti.

- citazione Nice
Si riferiva in realtà alla letteratura greca classica, ma è un concetto che si adatta ad ogni
periodo e individua due categorie :
➔ apollineo (Apollo) in cui tutto si ricompone nell’ armonia della forma.
➔ dionisiaco (Dioniso) in cui l’ estasi, il delirio, gli elementi di orrore , qualcosa che
muove profondamente , in modo violento. è a favore dei sentimenti quindi va sfavore
della coscienza dell’ uomo. Collegata da Sauvanet al concetto di informe. (Concetto
a cui è stata dedicata una mostra anni dopo 2004 )
Da questi due nasce quindi un’ estetica che permette di avvicinare lo sviluppo dell’ arte , tra
comprensione logica e sicurezza dell’ intuizione. Apollo è quindi il dio delle forme, mentre
Dioniso il dio dell’ informe, questo contrasto per Nice da vita ad un’ opera di
rappresentazione apollinea dello stato dionisico, cioè opera di rappresentazione di forme di
quello che in realtà sono le nostre emozioni, le nostre intuizioni.

Il mondo come opera d’ arte

Qui Sauvanet si approccia a Nice parlando di un poliprospettivismo , cioè possibilità di


vedere il mondo da più punti di vista.
Poliprospettivismo ripreso da Adorno ma anche poi da Gianni Vattimo, da cui fa da spunto il
poliprospettivismo , per una sua teoria “Pensiero debole”.

Dal poliprospettivismo Nice giunge alla considerazione del mondo stesso come opera d’
arte da guardare che genera se stessa. Nel mondo quindi è proprio l’ arte quella che
trasforma la realtà, che la rende migliore nonostante la figura dell’ artista sia separata dalla
corsa del mondo , “L’ artista nel ricreare il suo mondo, ricrea senza sosta il mondo “.

Poliprospettivismo : Nice dice che bisogna vedere l’ opera d’ arte e il mondo da più
punti di vista, per arrivare ad una conoscenza piena delle cose. In un suo primo libro
Nice scrive quindi di una visione artistica del mondo <<poiché solo come fenomeni estetici l’
esistenza e il mondo sono eternamente giustificati>>.

Secondo il filosofo però nonostante creda alla visione di più punti di vista, non tutti sono
equivalenti e validi , poiché solo alcuni corrispondono meglio alla vita stessa come valore:
per questo motivo crede che sia l’ arte il più potente stimolo della vita, la più grande
trasfiguratrice cioè trasformatrice dell’ esistenza che abbellisce e accetta il mondo invece di
giustificarlo attraverso una negazione. L’ artista quindi come già detto ritirandosi nella sua
realtà quindi chiudendosi e creando il proprio mondo, ricrea il mondo stesso.

L’ artista prende qui il posto di Dio ed è quindi come se la creatura (inteso come l’ uomo
creatura di Dio) potesse creare, ma in che modo?
Citazione Nice pag 74 : Per ricreare il proprio mondo, bisogna scordare il mondo,
riprendendolo dalla distanza estetica la creazione deve essere autotelica cioè piacevole e
fine a se stessa. É l’ opera autotelica che muovendosi con prepotenza nel mercato riesce a
trovare qualcosa di nuovo, a creare quindi il proprio pubblico.

Nice esamina il problema in due fasi, prende in considerazione ogni arte ed ogni arte deve
dividersi in due categorie e ogni artista deve porsi tale questione, ovvero : creo per gli altri o
per me stesso? Esamina quindi il finale dell’ arte. Secondo Nice quindi la creazione non
deve essere solipsistica (cioè credere solo nella propria esistenza ) ma deve essere
autotelica (cioè essere fine a se stessa) ma comunque tenendo conto di un mercato
esterno.

Il pensiero attraverso lo stile

L’ ultimo atto include tutti gli altri, in questo Nice vuole incorporare l’ estetica nella filosofia
stessa, Nice rappresenta quindi la <<svolta estetica della filosofia>>. Nei suoi brani e in
“Così parlò Zarathustra” emerge la figura di artista di Nice , lui infatti si dimostra qui come
scrittore preoccupato per il suo stile. Con Nice quindi l’ estetica diventa da teoria dell’ arte a
arte pratica, per lui era la scrittura. Lo stile quindi diventa elemento di giudizio ed è mezzo di
comunicazione insieme alla materia del suo pensiero: questo era il fine del filosofo che
voleva diventare artista.

Il pensiero di Nice però non può limitarsi al solo rapporto tra contenuto e stile, proprio per
questo non si parla di un’ estetica nicciana, ma di qualcosa più profondo: è lo sviluppo di un
pensiero che influenzerà tutti i campi della filosofia, e l’ intersecarsi tra la letteratura e la
filosofia. Attenzione però lo stile non è il pensiero stesso, è quindi importante che quello che
è pensiero rimanga pensiero e quello che è stile rimanga stile. Con ciò con Nice capiamo
che è essenziale per la conoscenza, vedere l’ arte dal punto di vista dell’ artista.
L’ ARTISTA E L'ARTISTA

Le differenze tra artista rinascimentale e artista di oggi, oppure tra artista pittore o musicista
o qualsiasi altro artista , si possono affrontare attraverso 3 linee guida:
● nella storia (evoluzione delle differenti concezioni di artista)
● all’ interno di una stessa disciplina ( tra amatori e professionisti)
● nei rapporti con le arti ( il paragone tra differenti status di artista)

La parola artista nasce già abbastanza tardi all’ inizio del XIX secolo, contiene al suo interno
la denominazione di diverse arti; mentre fino al XVIII secolo invece ogni arte aveva una
propria denominazione.

É la sociologa Nathalie Heinich ha suddividere l’ evoluzione dello status di artista in 4 fasi:


● Mestiere: le parole arte e artista non esistono , si fa riferimento ancora alla figura
dell’ artigiano;
● Professione: ovvero figura dell’ artista delineata chiaramente , differente dall’
artigiano. Emancipazione dell’ artigiano come artista e dell'arte liberale nella società,
con la fondazione delle Accademie.
● Vocazione: inizia già con le Accademie , diventa evidente in epoca romantica , simile
ad una vocazione religiosa. Si presenta nel 1830 con il termine <<apprendista>>, per
poi confermarsi nel XIX secolo con la figura di Van Gogh e poi si afferma invece il
secolo dopo XX secolo con la figura di Duchamp, qui gli artisti evocano l’ innovazione
sulla tradizione, il genio sul lavoro.
● vocazione accentuata, ovvero la vocazione amplificata in un regime di singolarità ,
che richiede originalità nella produzione.

Questo nuovo pensiero del XX secolo di artista e arte, di artista libero, lontano dalla
tradizione, si è talmente affermato e diffuso che ora il problema è un altro: come si fa ad
essere innovativo quando essere fuori dalla norma è diventato la norma? Come si fa a
sfuggire dall’ anti-accademismo quando in realtà è un nuovo accademismo?

Da questo si arriva quindi alla conclusione che la l’ artista non è più colui che produce
opere d’ arte, ma colui che deve farsi riconoscere come artista.
La problematica dell’ artista è ora quindi il riconoscimento. Riconoscimento del suo lavoro
in luoghi come musei, critica , nelle istituzioni artistiche , ma anche il riconoscimento sociale
e quello del mercato.

Da questo quindi il compito dell’ artista è quindi quello di farsi conoscere, tramite viaggi,
incontri, comunicazione e mobilità: l’ artista deve essere quindi capo della propria impresa
artistica.

CAPITOLO 4- L’ OPERA D’ ARTE

Per opera si intende qualcosa che ha la caratteristica di essere lavorato, infatti


etimologicamente la parola è divisa in arte e opera, opera dal latino “opus” cioè il risultato
del lavoro umano , è sia lavoro di per sé , sia la cura che ci si mette per realizzarlo.
<<L’ opera è quell’ oggetto chiuso sufficiente a sé stesso, che si pone e s’ impone con
la forza dell’ evidenza per la felicità di chi lo contempla>>.

La nozione di opera è piuttosto recente, risale al XIX secolo, “l’ opera d’ arte” nasce come
<<opera dell’ arte>> ovvero opera della facoltà umana, diventa poi dopo anche <<opera d’
arte>> ovvero presa dalla natura.

La nozione di opera però non rimane la stessa nel corso del tempo, durante il XX secolo con
i dadaisti la definizione cambia. Con ogni corrente artistica si mettono in discussione gli
antichi valori, per questo ci sono due diverse strade: una che vede come protagoniste molti
artisti che si allontanano dall’ uso di tale parola , preferendo la definizione di “lavoro”, “
produzione” etc; dall’ altra strada ci sono gli estetologi contemporanei che continuano ad
utilizzare questo termine.

Studiamo quindi tutto ciò che riguarda tale parola.

ASSIOLOGIA
Discorso sui valori dell’ opera d’ arte

L’ assiologia in filosofia sta per significare la <<scienza dei valori>>. L’ opera d’ arte si trova
su una scala filosofica nella quale a suo favore c è Plotino mentre ad andarle contro c è il
solito Platone. L’ opera d’ arte non ha solo un valore ma è essa stessa un valore.
Da logos discorso, e da “axis” valore, il discorso quindi sui valori dell’ opera d’ arte.

Il bello , primo valore dell’ opera d’ arte

Il bello non è l’ elemento principale dell’ opera d’ arte che caratterizza ogni periodo storico,
per quanto riguarda l’ arte classica antica il bello era l’ unico criterio che veniva seguito per
la realizzazione, che permetteva di interiorizzare l’ opera. Con le avanguardie storiche le
cose cambiano il primo valore considerato è la novità o lo shock come scriveva Paul Valéry.

● Picasso ci dice ora che dopo il tramonto della bellezza dobbiamo trovare una
soluzione al problema. In Francia in epoca post avanguardista, nell'ambito del ritorno
all’ ordine e nel surrealismo, Paul Valery proponeva di dichiarare la morte della
bellezza , la novità , la stranezza l’ hanno superata. La definizione che i surrealisti
davano era quella di Bellezza Convulsiva , ovvero la bellezza che fosse in grado di
scioccare l’ uomo con i valori di shock, da questo momento in poi la bellezza non è l’
elemento di importanza dell’ opera d’ arte.

Si possono distinguere 4 tipologie di bello:


● Armonia : accezione prevalente che va dalla grecia classica fino ai primi del 900,
cioè è un rapporto di proporzioni armonico tra le parti di un’ opera, è una definizione
inseguita da diversi, trovando una formula matematica che può tradursi in armonia.
Esempio è la divina proporzione o la sezione aurea che parte dalle considerazioni
del san sepolcro Luca Pacioli che aveva riflettuto su questi temi. Ripresi da Piero
della Francesca che giunge ad una conclusione della prospettiva e rapporto di
perfezione tra le parti ( divina proporzione). Esempio è anche la serie di fibonacci ,
serie di numeri che inizia con lo 0 , poi 1 e dopo la somma dei due precedenti.
● Utile
● Bene: alcune visioni hanno fatto risalire l’ interpretazione del numero d’ oro ad un
numero che si trova tra gli Elementi di Euclide e il Timeo di Platone, il problema è
però che Platone non credeva nell’ opera d’ arte ma che valorizza l’ amore del bello
nel Simposio concependo diversi tipi di bello dove l’ arte e l’opera d’ arte ne restano
fuori:
1. c è l’ amore per un bel corpo
2. l’ amore per due bei corpo
3. l’ amore per tutti i corpi
4. l’ amore per le belle azioni
5. l’ amore per le bello scienze
6. l’ amore in sé da elevare, dal mondo del sensibile verso l'intelligibile.

Gli artisti del Rinascimento quindi non si ispirano all’ idea di Platone ma all’ idea e il periodo
del neoplatonismo che vede come figura principale Plotino ( Plotino seguace di Platone ,
lo riprende in parte ma con una propria ideologia alcune volte ribaltando l’ idea di Platone)..
L’ idea per Plotino è l’ immagine perfetta dell’ opera che l’ artista ha il lui e che riprendere per
creare. Facendo quindi un esempio si può dire che la cosa bella di una statua non è la
materia ma è l’ idea della forma che l’ artista gli ha dato: la forma ideale dell’ opera gli
permette di risalire al legame tra il bello e l’ Uno. L’ esempio della creazione artistica ci fa
capire anche un’ altra cosa ovvero che il bello stesso è inseparabile dal bene:

Citazione di Plotino: “ togliere, raschiare la superfice “ è una metafora della purificazione dell’
anima, e ci fa pensare a Michelangelo, idea di scultura di Michelangelo.

In Plotino c è di nuovo rispetto a Platone che la bellezza dell’ opera d’ arte può diventare
metafore della bontà dell'anima, il lavoro materiale dell’ artista può essere il simbolo della
ricerca spirituale del vero sé. Plotino definisce quindi all’ arte un valore vicino alla filosofia:
definendo l’ arte attraverso la saggezza e viceversa. L’ estetica quindi conduce naturalmente
all’ etica.
● Piacere

Il vero è il secondo valore dell’ opera

L’ opera d’arte intesa come produzione di qualcosa, oltre ad essere portata avanti da
Heidegger, è riflessione estetologica più recente.

Heidegger è colui che si interessa di questo studio infatti in un suo testo chiamato “L’origine
dell’ opera” lui mostra come l’ opera d’ arte incarna in sé una certa forma di verità. Crede
quindi in un rapporta tra dell’ essenza dell’ opera e il vero. Il vero diviene quindi un valore
inerente all’ opera. Facendo l’ esempio della Terra che fa Heidegger nel quale dichiara che
la Terra stessa non comprende solo Terra terrestre, per <<Terra>> si intende la verità in atto
dell’ opera. Come l’ esempio del colore << il colore splende e vuole fare solo quello>>, dal
momento in cui si cerca di separarlo sfuggirà: questo per capire che la Terra farà fallire
qualsiasi tentativo di penetrarla. Questi esempi per capire quindi che l’ opera d’ arte
nasconde una verità indicibile, che può essere scoperta solo per metà.
Nel suo scritto Heidegger cita anche Van Gogh scrivendo che nel quadro dove raffigura le
scarpe da contadino , Van Gogh storicizza la verità. A negare però quello che scrive lui c è
Schapiro che in realtà dichiara che quelle scarpe non abbastanza sporche di terra erano
solo le scarpe dello stesso Van Gogh, non dipinge quindi la vera verità. È quindi sbagliato da
un punto di vista estetico dichiarare una falsa verità di un’ opera d’ arte.

FENOMENOLOGIA
( discorso filosofico sui discorsi dell’ arte, sviluppatosi e che riguarda il
periodo post-impressionista, tra artisti come Monet, Cezanne, Manet, ma
anche del periodo Futurista come Boccioni (grande pensatore) che ci ha
insegnato a vedere con la sua pittura. )

Fenomenologia=scienza dei fenomeni

Il termine è conosciuto dal XX secolo con Husserl in Germania mentre in Francia con
Merleau-Ponty. In Germania però se ne parlava già con Hegel e il suo testo
“Fenomenologia dello spirito”.
La fenomenologia cerca di pensare l’ opera d’ arte nella sua immanenza cioè nel suo essere
intrinseca , piuttosto che nella sua trascendenza cioè non riconoscibile dall’ esperienza.
Applicata all’ estetica la fenomenologia si riferisce alla condizione di percezione, di esistenza
dell’ opera d’ arte. Con la fenomenologia quindi si fa un passo in avanti e indietro rispetto all’
assiologia: in avanti rispetto a ciò che si può dire sull’ opera d’ arte, non si tratta quindi più di
giudicare o di valutare , ma si tratta di sentire e comprendere.

Abbiamo detto che si parla quindi di fenomenologia in Francia e Germania

L’ opera come intermedio

Quando si parla di opera come intermedio ci si deve riferire ad Hegel, in quanto lui in alcuni
passi stabilisce come natura dell’ opera d'arte, una natura intermedia, tra il sensibile e
l'intelligibile. La riflessione di Hegel vuole essere vicina alle opere reali, lui è infatti uno dei
primi filosofi ad avere una cultura in materia d’ arte, la sua estetica si riferisce alle opere d’
arte solo in funzione ad un sistema filosofico prestabilito, all’ interno di tale sistema l’ arte è
dipendente allo spirito in quanto la filosofia dell’ arte è uno dei circoli della filosofica dello
spirito ( è cioè intrinseca).

opera come intermedio = opera come se fosse sempre in movimento , come se fosse in
transito che dal mondo del sensibile si muove verso l’ intelligibile. Momento cruciale dell’
estetica di Hegel, dalla quale deriverà la spiritualizzazione totale dell’ arte nella filosofia e
religione di hegel, etichettata da altri come morte dell’ arte considerata come una chiamata,
un momento antecedente dell'arte concettuale , cioè di un ‘ arte che si risolve nell’ idea e
che è smaterializzata.

Hegel scrive in una sua citazione: che l’ opera d’ arte non è ancora puro pensiero ma
nonostante la sua sensibilità non è nemmeno la più semplice esistenza materiale. Inoltre nel
suo percorso si trova in punto in cui ha lasciato il terreno sensibile ma non ha ancora
raggiunto la vetta del puro pensiero, c'è qui un’ evoluzione intellettuale dell’ arte a cui la
storia dà ragione. All’ interno di questa logica l’ opera può essere studiata in tutto quello che
ne comprende come una realtà mediana tra spirito e materia.

L’ opera d’ arte è considerata inoltre secondo lo stesso Hegel nel mondo e fuori dal mondo:
mondo perché ci tocca con sensazioni e fuori dal mondo perchè ci invita alla sua
contemplazione.

L’ esperienza estetica

Abbiamo detto quindi che secondo Hegel l’ arte manifesta un’ idea attraverso una forma
sensibile, che è più o meno adeguata all’ idea. Questo significa quindi che nel sistema
hegeliano l’ arte rimane un mezzo d’ espressione più impreciso rispetto alla filosofia, proprio
per questo quindi altri pensieri hanno sentito l'esigenza di <<ri-fenomenologizzare>> il
rapporto tra l’ opera tolta in un sistema filosofico.
Si tenta quindi di vedere cosa succede se si ritorna all’ antica coscienza del mondo: in
questa ricerca l’ esperienza estetica non concepisce unicamente o direttamente l’ opera d’
arte ma la associa come all’ inizio del libro come sensazione, sensibilità. Quindi per questo
ogni fenomenologia dell’ opera è prima fenomenologia della percezione, che ci permette di
comprendere la nostra percezione dell’ opera e il lavoro dell’ artista, attraverso una
esperienza di percezione, come scriveva Merleau-Ponty.

Merleau ha un pensiero totalmente diverso dal pensiero hegeliano , metà del 900, lui vuole
andare a pensare teoricamente ( discorso filosofico ) sui fenomeni della percezione, infatti il
suo testo più importante si chiama “Fenomenologia della percezione “.
● Citazione di Merleau : il testo indaga la percezione in cui la filosofia tragga le somme
di un processo storico lungo che aveva posto le sue radici nell’ arte prima che nella
filosofia, in quanto è impossibile che senza delle ricerche nell arte sia stato possibile
arrivare a certe conclusioni nella filosofia. Esempio che sta a monte di questo modo
di vedere è una particolare esperienza artistica quella dell’ Impressionismo, in
particolar modo è Monet che crede nello stesso pensiero di Merleau, nel modo in cui
lui raffigura e personifica l’ acqua attraverso il colore.
è un pensiero quello della fenomenologia che si sviluppa specialmente in Francia
accanto all’ esistenzialismo.

Scrive delle principali differenze con il pensiero hegeliano : Merleau considera il lavoro dell’
artista non legato a priori a un sistema di idee, ma prolunga in modo naturale il nostro
sistema di percezione che il pittore cerca di trovare ed esaltare con i suoi mezzi. L’ opera d’
arte è vicina al succo del mondo che rinvia a sua volta all’ essenza di ognuno di noi. Il
fenomenologo che si occupa dell’ estetica deve quindi restare vicino e dentro le opere d’
arte, la vera filosofia consiste nel cogliere ciò che ci fa uscire dal nostro sé , per poi
rientrarne, è questa la visione di Merleau.

L’ aura dell’ opera

Qui l’ oggetto estetico ci appare come <<quasi-soggetto>>, l’ opera d’ arte non è più
apparenza ma apparizione, questa visione portata avanti da Georges Didi-Huberman in una
sua opera intitolata tradotta “Ciò che vediamo, ciò che ci guarda”. Infatti ciò che noi vediamo
è ciò che ci guarda.
Un’ altro autore che si occupa di fenomenologia non essendo un fenomenologo è Walter
Benjamin, lui cerca di pensare l'opera d’ arte nella maniera più autentica cioè applicandosi
alle sue condizioni di esistenza. È il 1935, Benjamin arriva a capire che la possibilità quasi
infinita di riproduzione dell’ opera d'arte anche attraverso altri mezzi è la chiave dell'arte e
del nuovo periodo del XX secolo. Questa nuova visione scoperta da Benjamin, porta di
conseguenza ad una nuova prospettiva in estetica arrivando a porsi domande su questioni
cruciali del tipo : la riproducibilità non incide sull’ originalità dell’ opera? Con la riproducibilità
si perde qualcosa o si guadagna qualcosa?

Con la riproducibilità quindi secondo Benjamin si perde la cosiddetta aurea dell’ opera
ovvero il suo valore di unicità, autenticità e storicità. La perdita dell'aura quindi è sintomo di
una grave crisi in quanto porta l’ opera d’ arte in uno stesso livello di oggetti negoziabili e
beni per il consumo, i quali sono poi i soggetti di un sistemo economico di mercato.
Benjamin è perplesso dallo sviluppo della società capitalista che suscita in lui sentimenti
contrastanti sia negativi perché si perde il valore dell’ opera, sia positivi per la diffusione e la
conoscenza dell'arte.

ONTOLOGIA

L’ ontologia nella filosofia è la scienza dell’ essere, che studia l’ essere, nell’ estetica l’
ontologia è la natura delle opere d’ arte e tutto quello che ne concerne. È una
preoccupazione relativamente recente e si interroga su modi di esistenza delle cose visibili
ed è quindi per lo più un ontologia logica.

L’ opera d’ arte

Con l’opera musicale è difficile capire la differenza tra copia e originale , perché in tale
ambito le due sono molto simili.
Una risposta a tale differenza è secondo i critici che : non esiste effettivamente una copia e
un’ originale in quanto ogni copia è effettivamente unica e originale nonostante cerchi di
riprodurre l’ originale , la copia ha di per sé una sua identità, che la fa concepire come
originale.
Esempio di ciò è la musica jazz, che considera nell’ improvvisazione uno dei suoi caratteri
caratterizzanti.

Se ci poniamo quindi tale domanda: l'opera musicale può essere considerata un'opera?
● Sì se sappiamo che c'è corrispondenza tra l'opera scritta e l'opera suonata, o anche
se non ci fosse un'opera scritta ma esistesse comunque solo l'opera suonata e poi
registrata;
● No se pensiamo che ciò che ascoltiamo è solo una versione dell'opera scritta;
● Sì e no se consideriamo che l'opera musicale è un insieme di un processo di codifica
del suono come direbbe Benjamin oggi.

Polarizzazione tra copia e originale (distinzione notevole tra le due) , elemento del
mondo occidentale che caratterizza la nostra civiltà, affermatosi nella stagione dei migliori
critici e storici dell’ arte , periodo che fa capo nell’ 800, in cui nasce la critica attribuzionista (
conoscitori in grado di riconoscere la mano, il tratto di un autore, artista, musicista, scrittore
e attribuire l’ opera sconosciuta ad un nome ). In conclusione con questa visione si da più
valore all’ originale che alla copia.

Visione però opposta nel mondo antico (Grecia e Roma) nonostante ci fosse una differenza
notevole tra le due, era una differenza molto meno polarizzata cioè avere una buona copia,
significasse avere un’ opera rispettabile, di valore e ammirata, nonostante non fosse l’
originale. Quindi questa differenza nel mondo antico pur essendo presente, non era
paragonabile alla differenza ontologica ( dell’ essere) del mondo occidentale di oggi.

A fare il punto a questa situazione sono state 2 mostre correlate tra di loro, a Prada (
Fondazione Prada) intitolate “ Serial classic “ (classico seriale). Una nella sede di Milano e
l'altra nella sede di Venezia, con curatore d’ arte Salvatore Settis, lui si è interrogato sul tema
proprio della serialità, copie di archetipi o altre copie, da cui sono provenute riflessioni
interessanti.

TORNANDO A PARLARE DELL’ OPERA MUSICALE E DELLA DIFFERENZA TRA


COPIA E ORIGINALE , alcuni pensano che l’originale sia lo spartito, la copia scritta,
perchè base delle esecuzioni, la prima partitura. Ma lo spartito dovrebbe essere considerato
più scrittura perché scritto e non musica; c'è invece chi pensa che l’ originale dovrebbe
essere la prima esecuzione assoluta ( concetto della prima) , ma è un pensiero non del
tutto vero considerando che ogni musicista ha la propria impronta, quindi è complicato
trovare un punto di verità, un punto di accordo tra i vari pensieri. Altri pensano che l’
originale è la versione stampata riprodotta ( cd) prodotta, e scelta per essere stampata e poi
stampata, versione definitiva.

Quindi si è arrivato alla conclusione che nell’ ambito musicale non si sa quale sia la
differenza tra i due e se effettivamente ci sia questa differenza. ( 18 m per di sta cosa )

La concezione di originale risente di questa cosa, anche nel cinema.

CHE COSA PUò ESSERE CONSIDERATA QUINDI OPERA D’ ARTE? LO SCRITTO, IL


SUONATO, LA REGISTRAZIONE O IL CONCERTO?

C è un pò di opera d’arte in ognuna di queste cose, l’ opera d’ arte musicale rivia quindi ad
un’ ontologia mista, si deve arrivare quindi a trovare un’ ontologia specifica, arriviamo quindi
alla distinzione che pone Nelson Goodman rispetto a questa questione.
Studioso, quasi nostro contemporaneo, affronta il discorso dell’ essere ( dell’ ontologia ) dell’
opera d’ arte. Concepisce due distinzioni :

➔ OPERE D’ ARTE AUTOGRAFICHE : opera d’ arte come oggetto si manifesta in se


stessa, cioè dove si concepisce l’ opera d’ arte originale ( unico e e/o irripetibile come
performance ) e le successive poi copie.

➔ OPERE D’ ARTE ALLOGRAFICHE : non sono di per sé degli oggetti , ma si


manifestano attraverso oggetti. leggi sul libro. Qui l'originale e tutte le copie hanno
entrambi lo stesso valore.
Con questa distinzione si può capire quindi che l’ opera d’ arte appartiene apparentemente
al regime allografico, ma non è sempre così bisogna specificare a quale musica si faccia
riferimento: per la musica scritta è così mentre per quella improvvisata come il Jazz non lo è.
(ne parliamo comunque prima).
Questa distinzione però si prolunga: l'opera autografica può essere unica(quadro) o multipla
(fotografia); mentre l’ opera allografica è multipla solo al livello delle sue manifestazioni non
della sua immanenza. Questo stato ontologico però non basta a rendere conto dell’
esistenza delle opere, poiché le opere si trovano al di sopra (trascendono) dei loro oggetti o
ideali. In questa trascendenza Genette colloca sia le immagini plurali ( ovvero le opere con
più versioni), sia le manifestazioni parziali , ma anche tutto ciò che fa sì che l’ opera non si
riduca nella sua interiorità (immanenza). Gianette si oppone a ciò che dice Goodman
riguardo all’ importanza della trasmissione dell’ opera : ogni opera funziona diversamente a
seconda delle epoche , degli individui e delle circostanze.

IL PROBLEMA DELLA PERFORMANCE


Dove è difficile capire quale sia l’ originale, ma il problema è la sua possibile o no ripetibilità.
★ primo problema : la seconda, terza etc riproducibilità della stessa performance,
sono considerate nuove originali o copie ?
★ secondo problema : della performance cosa rimane? documentazione video,
fotografica oppure tracce oppure oggetti rimasti rotti.
★ terzo problema: quando si ripete una performance si può considerare una
nuova performance non essendo mai uguale, oppure una simil copia come già
detto; oppure può capitare che non si voglia più eseguire la performance per
vari motivi e si pone un problema ………… La principale performer è Marina
Abramovic. Alle performance devono essere associate le stesse domande che
vengono poste alle opere d’ arte pittoriche, scultoree. Il linguaggio con la
performance è l’ elemento principale. Colei che ha usato in modo sistematico il
sistema del rimettere in atto la performance, senza effetto sorpresa ma lasciava la
stessa emotività della prima volta.

L’ intenzione

Secondo alcuni autori ciò che distingue un oggetto comune da un’ opera d’ arte è l’
intenzione artistica di chi crea quell’ oggetto. Genette è uno degli autori che segue questa
teoria, giacché definisce l’ opera d’ arte un oggetto estetico intenzionale, o la definisce
come artefatto ovvero produzione umana.
Anche Roger Pouivet ha una definizione di opera d’ arte abbastanza vicina da quella di
Genette e che chiarisce la definizione di artefatto scrivendo: che l’ opera d’ arte è un
artefatto che non esiste indipendentemente dalle credenze di chi la produce.

Questo approccio ontologico è in rapporto quindi ad un approccio iconologico.


Genette ha una maniera di definire l’ opera d’ arte attraverso la distinzione di altri tipi di
oggetti simile alla definizione di Panofsky ( studioso della prospettiva, ma in questo
contesto si riferisce a lui come autore di un'opera tarda dedicata all' idea" , manifesto
platonico).
Secondo Panofsky quindi l’ opera d’ arte è manufatto umano che esige di essere espresso
esteticamente, si distingue così dagli oggetti naturali e dagli oggetti creati dall'uomo a fini
pratici (utensili o apparecchi). Ciò che distingue l’ opera d’ arte dagli altri oggetti è che la sua
intenzione è di essere percepita esteticamente. Parla dal punto di vista dell’ opera d’ arte
che deve essere spedita, ma che si trasforma nel punto di vista del pubblico, di chi deve
acquistare l’ opera. L’ opera che esige di essere spedita come oggetto esteta e che ha
INTENZIONE DI ESSERE PERCEPITA ESTETICAMENTE.
In un suo testo “Studi dei iconologia", lui qui distingue quindi 3 livelli di significato dell’ opera
d’ arte:
● significato primario o naturale significato di fatto e significato espressivo)
● significato secondario o convenzionale
● significato intrinseco o contenuto
Capiamole attraverso un esempio: incontro un mio conoscente per strada e mi saluta
togliendosi il cappello:
il primo significato si trova nell’ identificare quell’ uomo come mio amico e
identificare il gesto, che ha un significato espressivo e che è amichevole.
il secondo livello si trova nel riconoscere quel saluto come saluto tipico e
capibile del mondo occidentale, che non potrebbe essere capito dell’ antichità
il terzo significato sta nel capire la personalità dell’ uomo che mi saluta.
Applichiamo quindi tale esempio all’ opera d’ arte: l’ opera è una forma e una espressione,
appartiene ad un sistema di convenzione ( ovvero un sistema che identifica quel fiore come
qualcosa) e che contiene un significato intrinseco anche filosofico in quanto è considerato
forma simbolica.
Questa triade non è associata propriamente all’ ontologia ma alla semiologia (ovvero lo
studio dei segni) , ma se ne parla con l’ ontologia in quanto per parlarne serve concepire l’
opera d’ arte come un oggetto che si trova contemporaneamente fuori e dentro il mondo ,
che passa in epoca ed epoca. L’ opera d’ arte è quindi considerata un tesoro in quanto non è
sottomessa alle necessità pratiche della vita quotidiana, e in quanto manifesta l’ intenzione
di un uomo di richiamare l’ attenzione degli altri uomini ed è la libertà dello spirito umano.

L’ interpretazione
Parliamo dal punto di vista di chi fruisce l’ opera.

Secondo Arthur Danto , nessuna differenza materiale può distinguere un’ opera d’ arte da
una cosa reale, non si può quindi ridurre un’ opera d’ arte alla sua materialità. La differenza
quindi si nota dall’ interpretazione che realizza la raffigurazione del banale in un’ opera
d’ arte. Prendiamo come esempio Duchamp e Warhol ognuno di loro ha portato a
compimento l’ arte o almeno la logica implicita alla maniera postmoderna; le opere del
periodo ready-mades spingono il visitatore a cercare la differenza interna da un semplice
oggetto, pongono la questione filosofica di cercare l’ essenza dell’ arte nel loro interno ,
provocando la necessità dell’ interpretazione che costituisce l’ opera stessa.

Secondo la sociologa Nathalie Heinich in un suo scritto riassume che le diverse


trasgressioni da parte degli artisti provocano necessariamente reazioni nel pubblico ,
cercando di essere integrati nei musei e dai critici. Le opere compiute sono diventate messe
in opera continuamente in modo differente, l’ arte necessita sempre di opere d’ arte anche
magari se non sono fatte in modo tradizionale ma considerate <<opere operanti>> ovvero
che incarnano dei valori e che solidificano delle esperienze.

Con Nelson Goodman quindi la problematica non è quindi cosa sia l’ arte, ma cercare di
capire di quando si parla di arte.

CAPITOLO 5 - IL PARAGONE

Nasce da un Leonardesco , uno scritto in cui la parola ha un significato di confronto per


assegnare una vittoria, un ruolo maggiore a uno dei due contendenti, Leonardo vuole
istituire un confronto tra le arti per decidere quale sia l’ arte migliore.
A suo avviso si aggiudica la vittoria alla pittura , specialmente la pittura di storia che
confronta alla poesia.
L’ estetica studia ogni arte comparata alle altre.

Il termine <<arte>> al singolare ha sempre designato l’ insieme di più pratiche umane e


varie arti, di pratiche artistiche e religiose come in alcune culture. Non è mai stata autonoma
ma sempre rapportata alla sfera quotidiana, alla sfera pratica, legata quindi alla funzionalità
del cosmo. L’ arte è quindi una costruzione. La storia di questa costruzione parte dalla
cosiddette Muse dell'antichità greca e romana per designare più avanti le Belle Arti ovvero
tutte quelle arti pratiche. Nel Medioevo c'era la distinzione tra arti liberali e arti meccaniche
escludendo quindi parte delle attuali arti.

Il paragone (inteso come gara con vincitore secondo Leonardo ma secondo il libro ha
concezione diversa solo paragonarle, quindi senza far vincere nessuna delle arti) tra le arti
è un tema comunque di attualità, perchè ora come ora tendiamo a mettere in luce gli
elementi in comune tra le arti e non le differenze, tanto è vero che ora è più desueto
(inusuale) parlare di arti quindi dando importanza alla specificità delle singole arti come si
faceva in passato, mentre oggi preferiamo una parola onnicomprensiva al singolare cioè
arte (quindi una sola ARTE che comprende più media linguistici, dando importanza quindi
agli elementi in comune tra queste, piuttosto che alle peculiarità singole di ogni arte). Questa
differenziazione è nata specialmente con la nascita e lo sviluppo di nuova media linguistici
come quello delle installazioni, performance, video e anche con la nascita e lo sviluppo delle
Avanguardie storico artistiche e l'arte informale o con artisti più recenti; ed è quindi di
conseguenza più difficile trovare in questo periodo artisti che lavorano con solo un media
linguistico. Per quanto riguarda anche il mondo antico fino e compreso il periodo dell'alto
medioevo c è il rapporto tra le arti e l'artigianato, mentre durante il basso medioevo
considerate tra le arti c'erano le corporazioni professionali, ma soprattutto c era una
distinzione di base tra le arti meccaniche ( arti manuali) e le arti liberali ( arti applicate
solo con l’ intelletto o con la scrittura e lettura ). Differenza che rimane anche nei secoli
successivi, l’ arte faceva ancora parte delle arti meccaniche però, ma il cambiamento
avvenne poi durante il periodo Rinascimentale con la fondazione dell’ Accademia di
Giorgio Vasari ad unire arti meccaniche ed arti manuali: da quel punto il personaggio che
esce dalle accademie avrà sia una formazione meccanica che una formazione liberale e
consapevolezza intellettuale . Dalle arti si passa poi all’ Illuminismo alla dicitura delle
scienze, ma nel 700 abbiamo già prima della nascita dell’ estetica , nascita di studi ,
riflessioni filosofiche su questi temi; da parte trattati ( Francia metà e oltre anni 60 del
18esimo secolo) come “ il trattato del bello” di Crousaz che studia tutte le arti e poi “ le
riflessioni critiche sulla poesia e sulla lettura “ (1719) di Jean-Baptiste Du Bos ( citati tutti e
due da Sauvanet). Trattato considerato pietra miliare per quanto riguarda il paragone e gli
studi su questo è “ le belle arti ricondotte ad unico principio “ metà 1700 di Charles Batteux,
cercava il massimo comun divisore tra le arti più che le differenze influenzando anche poi
Baumgarten.

Nel 1751 esce la prima edizione dell’ Enciclopedia con sottotitolo “Dizionario ragionato delle
scienze, delle arti e dei mestieri che indica una nuova tripartizione successiva alla divisione
in due :
➢ arti meccaniche
➢ arti liberali
➢ arti liberali nel senso del Medioevo definite nel periodo <<scienze>>

Come abbiamo accennato in precedenza per arrivare ad una costruzione storica dell'arte
moderne bisogna partire dal periodo del Lume cioè quindi all’ Illuminismo con 3 opere
importanti :
➢ Trattato del Bello di Crousaz 1714 trattato più antico che studia l’ estetica francese
e che tratta delle arti visive compresa la poesia e la musica.
➢ Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura dell’ Abate Dubos 1719 che
designa le prime differenze tra le arti
➢ Le Belle Arti ricondotte ad un unico principio dell’ Abate Batteux 1746 che
mostra il primo sistema definito intorno all’ idea di imitazione. In questo lui definisce 3
diversi gruppi di arti : arti meccaniche che mirano all’ utile; arti liberali che mirano al
piacere e le arti che sono sia liberali che meccaniche che mirano al piacere e al’
utilità.
Il sistema moderno delle Belle Arti ha quindi inizio già prima che Baumgarten pubblicasse
“Estetica” 1750 , ma il concetto coem detto di arte al singolare si avrà con l’ inizio del
romanticismo.

Un altro elemento di attualità di cui si parla con il paragone , sono le soluzioni trans
artistiche : proprio perché ora siamo abituati a privilegiare l’ idea di un’ arte
onnicomprensiva piuttosto che le varie specificità delle singole discipline proprio per questo,
dobbiamo trovare delle soluzioni, categorie utilizzate, come chiave di lettura per tutte le arti,
c è quindi Sauvanet che ce ne propone alcune come per esempio:
➔ il ritmo

Uno dei modi per riconoscere le arti plastiche come le arti liberali si trova nel difendere la
dottrina dell’ “Ut pictura poesis” ovvero come la pittura la poesia. Tale formula ha origine
con Orazio nel suo scritto “Arte poetica”, il significato è quello che la poesia ha un valore di
rappresentazione e descrizione come la pittura. Ma con il tempo la formula da difendere
cambia : come la poesia , la pittura; formula portata avanti dallo stesso Leonardo Da
Vinci. Il quale in un suo scritto definisce la pittura, un’ arte di immediatezza rispetto alla
poesia che fa spendere al lettore più tempo per essere capita.
Riflessione di Leonardo riguardo la pittura: la pittura riesce a rendere ciò che è nella
realtà quindi a copiarla bene ma anche ciò che è immaginario e che quindi non esiste. La
pittura rende più interesse alla vista : non ci vuole tempo per capire cosa viene raffigurato a
differenza della poetica ( elemento tempo) la pittura è istantanea ; nella pittura c è maggiore
sensualità (godimento estetico)
( Mentre sauvanet per l’ arte e le arti ripercorre quello che succedeva nel basso medioevo )

Sempre dal trattato della pittura di Leonardo , lui scrive pag 102 : qui il paragone è tra poesia
e pittura , lui propone una pubblica dimostrazione sullo stesso soggetto tra le due arti, quindi
poesia e pittura entrambe come tema la battaglia. E Leonardo si dichiara a scommettere che
i visitatori, il pubblico rimarrà più emozionato e affascinato dal dipinto e non dalla pittura,
affermando anche che la poesia potrebbe essere anche scritta in una lingua nazionale
magari e non comprensibile a tutti al di fuori del proprio territorio,mentre le immagini sono a
suo dire universali. Un’ opera che con il tempo ci afferma tale dichiarazione ci viene tempo
dopo da Lessing che scrive negli anni 60 del 700 (1766) “ il Laocoonte", libro dedicato a
riflessioni nate dall’ osservazione del famoso gruppo scultoreo che riprende il nome del libro
Laocoonte; posizione estrema radicale a favore della specificità delle arti. Nel trattato lui
costituisce le differenze tra ogni arte senza far valere nessun; arte sull’ altra ma scrivendo
che ogni arte è forte nel proprio campo.

Laocoonte scultura : scultura del 1506 riprende un episodio della storia di Laocoonte
soffocato con i suoi figli da due mostruosi serpenti.
Mette a confronto il gruppo scultoreo e il trattamento dello stesso soggetto in poesia da
Virgilio e si rende conto del fatto che nella scultura l’ episodio drammatico , non suscita
orrore in quanto la bravura artistica dell’ autore mette in risalto l’ armonia dei movimenti
scultorei, e in particolar modo il viso del Laocoonte non è stravolto dall’ orrore e nemmeno
urla, ha la bocca appena socchiusa, scrivendolo. Nella poesia invece secondo Lessing si ha
la vera violenza della scena drammatica ed è così , in quanto l’ orrido era una delle
caratteristiche della poesia classica del tempo.

DALLA CITAZIONE DI LESSING PAG 104


Lessing arriva quindi ad una conclusione la divisione tra arti dello spazio e arti del tempo,
seguita anche molto dopo quasi fino al 900 :
➢ arti del tempo sono le arti che hanno bisogno di un tempo nel quale l’ opera si svolge
( musica poesia );
➢ arti dello spazio quelle che hanno bisogno di uno spazio ( scultura pittura).

Lessing ritiene che ciascuna arte abbia una sua specificità di mezzi e di linguaggio e che per
evolversi debba enfatizzare al massimo la propria specificità. Teoria importante anche per
noi , importanti per la storia dell’ estetica, ma anche perché è dal 900 che con questi
presupposti richiamati in un saggio, Greenberg in (Towards a Newer Lacoon ) famoso critico
e organizzatore artistico, ha elaborato le sue convinzioni estetiche guidando molti anni di
attività critica. Partendo dai presupposti di Lessing , ha ripreso la teoria secondo la quale per
perfezionarsi ciascun linguaggio deve enfatizzare i motivi della propria specificità: nell’
ambito della pittura la specificità è la flatness ( piattezza) disposta cioè su un supporto
piatto. Per perfezionarsi secondo Greenberg quindi dovrà enfatizzare la sua piattezza , si
dimostra lui avverso a tutte le forme pittoriche che fingono la tridimensionalità ( prospettiva,
ombre etc ) perché c è una finzione della tridimensionalità che va a nascondere la specificità
della pittura, cioè forme e colori su un supporto piatto. Preferendo quindi la pittura non
figurativa soprattutto quella dell’ espressionismo astratto.

Da qui derivano diverse scelte di Greenberg , come sostenere l’ arte di Pollock , come la
concezione di appoggiare la visione di progresso attraverso un’ arte bidimensionale che si
diffondeva in quel periodo a New York e con l’ abbandono di qualsiasi tendenza figurativa.
Influenzando poi tutta la critica e storia dell’ arte Americana ma anche mondiale. A cavallo
della metà del 900, lui domina la scena newyorkese dove a capo c'è la pittura non figurativa,
espressioni storico artistiche di maggiore modernità a favore delle poetiche non figurative,
più moderne più innovative, evolute.

Dopo la seconda guerra mondiale il dibattito culturale newyorkese diventa più dominante
anche nel mondo europeo anche in italia, anche nei nuovi equilibri che si vengono a creare.
Periodo delle avanguardie storiche ( modernismo), movimento e momento di nascita del non
figurativo, visione che orienta le grandi narrazioni storico artistiche dell'arte del XX secolo, il
nome di Greenberg verrà poi poco nominato ma ripreso recentemente, lui ha anche dei
seguaci che si formano nella palestra di “Art Forum”, capofila tra questi è Roselline Crous,
nasce come adepta della parole di Greenberg, poi si sposta in Francia per fare il suo
dottorato, dove studia soprattutto la nozione di “indice” (inizio anni 70 del 900). Da lei in poi
ci sarà un distacco tra Greenberg e nuova generazione sulla concezione e trasmissione del
modernismo, la nuova generazione se ne distaccava ( generazione antimodernista). In
Francia incontra anche altre figure tra cui importante “ la lezione dello strutturalismo
europeo” , ma anche la critica filosofica all’ illuminismo che si sviluppava sempre lì in francia,
per poi liquidare, abbandonare l’ esperienza del modernismo greenberghiano , scrivendoci
un libro ( artisti concettuali come artisti che hanno superato il problema dei media, che
possono allontanarsi dalla capacità tecniche e accuratezze linguistiche). Successivo al
momento di antimodernismo di questa generazione ( che comprende comunque sprazzi di
arte concettuale ) , si passa fine anni 70, ad una fase di compiuta liquidazione del
modernismo, nasce in Francia quindi il fenomeno del post-modernismo.
( Rosaline Crous ha continuato ad esercitare il suo ruolo di maestra della Columbia
University fino a poco tempo fa , mentre alla fine degli anni 70 è stata fondatrice insieme ad
altri di una rivista fondamentale nel settore si chiama “October” , continua ad essere un
punto di riferimento per l’ arte contemporanea ).

PROBLEMI DI CLASSIFICAZIONE

Una volta arrivati al concetto di <<arte>> il problema sussiste nella classificazione delle
diverse arti secondo alcune differenze.

Secondo lo spazio e il tempo

Secondo lo spazio e il tempo si ha una classificazione delle arti in due gruppi:


➢ arti dello spazio o dette arti plastiche : architettura, pittura, scultura. Queste si
dispiegano specialmente nello spazio.
➢ arti del tempo o dette arti ritmiche : danza, musica , poesia. Queste si dispiegano
nel tempo.
Anche se ci sono dei casi in cui c è dello spazio nella musica, e del tempo nella pittura, i due
quindi si fondono.

Ruggero Savinio , nel suo libro “ombra portata” ( inizio anni 90 del 900) parla proprio del
tempo nella pittura. Si avvicina alla pittura grazie allo zio Giorgio De Chirico ( figura centrale
del periodo metafisico italiano). Nel libro c'è una scrittura di genere ibrido, di tenuta
letteraria,ma contenuto autobiografico, tra fiction e autobiografia, in più l’ elemento della
saggistica, della riflessione teorica. Libro di riflessione sull'arte , specialmente sulla pittura,
scrive soprattutto dell'importanza del tempo nella pittura , parla del futurismo e dice che
questo ha fatto un grande errore : ovvero di temporizzare la pittura, perché la pittura non può
essere demoralizzata, deve invece avere un tempo icastico cioè in cui lunghi momenti
/periodi artistici sono racchiusi in un'unica immagine (considerazione interessante ed acuta).

Ogni arte ha bisogno del suo tempo di produzione.

Secondo la materia e lo spirito.

Secondo la ripartizione filosofica di Hegel , c'è una divisione delle arti secondo la loro
materia e spirito, architettura, scultura,pittura, musica e poesia sono classificate in ordine
crescente, dalla meno alla più lontana dal condizionamento della materia.
➢ dall'architettura alla scultura si passa dalle leggi utili della materia alle regole pure
della forma;
➢ dalla scultura alla pittura si passa dalla concretezza materiale all’ apparenza
spirituale della rappresentazione;
➢ dalla pittura alla musica si passa dallo spaziale al temporale; quindi dall’ essere
davanti all’ immagine all’ interiorizzazione del suono della soggettività;
➢ dalla musica alla poesia dal suono impreciso al segno preciso e articolato.

Da questo schema che vede agli estremi l’ architettura e la poesia , possiamo capire che
quindi la pittura e le altre arti , ma specialmente la pittura è il perfetto equilibrio tra materia e
spiritualità, appare quindi finalmente privilegiata internamente ad un sistema hegeliano. L’
arte per Hegel è una forma particolare nella quale lo spirito si manifesta in modo più o meno
trasparente dipende dal periodo; l’ arte è sempre stata ultima del sistema in quanto l’ arte
deve essere elevata nell’ elemento del pensiero. Pensiero estremo del sistema è che si
creda ad una morte logica e non cronologica dell’ arte.

Secondo i sensi

A seconda del senso che principalmente viene coinvolto abbiamo coinvolti anche gli altri
sensi.

Secondo i sensi si potrebbe avere una divisione delle arti quasi naturali:
➢ arti tattilo-muscolari (sport e danza)
➢ arti della vista (architettura, pittura e scultura)
➢ arti dell’ udito (musica e letteratura)
➢ arti della sintesi visuale e uditiva ( teatro e cinema) a queste si potrebbe aggiungere
altre arti minori.
👍
Tale differenza però è un pò falsa perchè non segue la classificazione naturale dei sensi , in
quanto un elemento potrebbe essere presente in più sensi. E troviamo 3 motivazioni :
➢ i sensi sono gerarchizzati in base alla loro possibilità intellettuale e alla loro ricezione
➢ uno stesso senso può essere associato anche a più arti , come il tatto associato qui
alla danza può essere associato anche alla scultura.
➢ una stessa arte può essere percepita da più sensi.

Secondo il grado di rappresentazione

Étienne Souriau propone una classificazione delle arti in base alla rappresentazione, per
ogni qualità sensibile esisterà un primo grado detto (pure) e un secondo grado (mimetico) di
rappresentazione.
➢ nelle linee: c è l’ arabesco poi il disegno figurativo
➢ nei volumi : architettura e poi scultura
➢ nei colori : pittura pura poi pittura rappresentativa
➢ nella luminosità : cinema e fotografia
➢ poi si continua con suoni articolati, suoni musicali…

SOLUZIONI TRANS ARTISTICHE

Elementi in comune tra le arti che possono percorrere trasversalmente le arti, tema molto
importante per ciò approfondito da Sauvanet . Elementi che fanno interagire le arti tra di loro
in teoria e in pratica.

Propone prima di tutto una classificazione per chiasmi, ovvero quale sia il ruolo del tempo
nelle arti dello spazio ed il contrario, ad esempio quale sia il ruolo del tempo nella pittura
(arte dello spazio).

Il tempo nell’ arte dello spazio

Jean-Francois Concepisce diversi momenti del tempo :


❖ Tempo di produzione : è il tempo in cui l’ artista sviluppa l’ opera , che può
variare da artista ad artista.
❖ Tempo della fruizione: è il tempo che mette in rapporto il fruitore, e l'opera,
ovvero il tempo che il visitatore ci mette per comprendere a pieno e
visualizzare a pieno l’ opera.
❖ Referente diegetico : ovvero se raffigurato un accaduto storico-artistico , è
quindi il tempo in cui si è svolto quell’ episodio, tempo di ciò che viene
rappresentato.
❖ Tempo di circolazione dell’ opera : tempo molto lungo , tempo che va dalla
fine dell’ opera fino al momento in cui noi la vediamo. Il tempo di circolazione
però può anche iniziare non per forza da quando è finita l’ opera , ma può
essere conosciuta dal momento in cui viene trovata.
❖ Tempo che essa stessa è opera : tempo intrinseco dell’ opera.
I più importanti sono i primi due, uno dei migliori esempi di questa importanza proviene dallo
stesso Paul Klee in “Credo du créateur” 1920. Klee rifiuta la divisione tra arti dello spazio
e del tempo portata avanti da Lessing, per due ragioni : perché l’ opera d’ arte è sempre
prima formazione che forma e perchè riguardo al <<vedere>> Klee sogna un visitatore che
sia attento ad ogni dettaglio dell’ opera. Klee vuole insegnarci a vedere il quadro come opera
musicale di una successione, non crede quindi che questa separazione tra le arti porti
vantaggi all’ opera d’ arte. Secondo queste condizioni quindi che tipo di rapporti hanno
musica e pittura?
➢ la pittura ha una visione globale reale e quindi una veduta divisa virtuale; la musica l’
opposto
➢ l’ occhio può leggere da destra verso sinistra, l’ orecchio non può ascoltare contro il
tempo
➢ il tempo in musica è a senso unico , lo spazio in pittura è multidirezionale.
La loro relazione è solo di natura strutturale.

Il rapporto tra musica e pittura è una trans-duzione cioè non una traduzione da un campo
all’ altro ma un parallelismo tra problemi di composizione in musica e problemi di
composizione in pittura. Altro personaggio a favore di questo rapporto è Adorno che crede
appunto nella convergenza tra le arti, in special modo tra pittura e musica: esempio è il
rapporto tra la musica di Schoenberg e la pittura astratta di Kandinskij, le due non possono
essere considerate separatamente, non esiste una musica pittorica come non esiste una
pittura musicale.

Lo spazio nell’ arte del tempo

Si concentra sullo spazio nell’ arte del tempo , quindi lo spazio nella musica o poesia ,
fondamentale per queste.
Importante però è anche la nozione di spazio interiore necessario per l’ azione , per l'ascolto
musicale.

Nella musica oltre al tempo ad essere importante troviamo lo spazio della partitura, lo spazio
sonoro e acustico. Qui entra in gioco lo studio di una piccola fenomenologia che si impone e
dice che se mi trovo davanti al visibile mi trovo nel suono mi trovo quindi in uno spazio
inglobante. Nella musica polifonica (cioè prodotta da più suoni) inoltre , la coscienza della
durata musicale si produce secondo due assi: uno verticale dell’ armonia e uno orizzontale
della melodia. Essi rinviano ad uno spazio mentale interiore.

Per quanto riguarda la poesia anche questa è fondamentale nello spazio, nella lettura e
nella dizione per esempio.

Classificazione per concetti - l’ elemento del ritmo

Sauvanet come accennato si concentra sull’ elemento del ritmo:

➔ il ritmo : parte da una considerazione della sua esperienza, la parola ritmo ricorre
molto spesso nelle parole degli stessi artisti, che siano artisti pittori, poeti, scultori….
Elemento frequente, che per capirlo devono uscire e rientrare per capire l’ etimologia
della parola.Una stessa parola che accomuna tutte le arti, pur avendo in queste
significato differenze, concetto trans artistico che accomuna tutte le arti.

Sauvanet arriva a scoprire che la parola ritmo derivante dal greco “ritmos” significa
configurazione mobile, mutevole, forma fluida, contrapposta alla parola schema,
rigido. Nella lingua greca la parola ritmo aveva un significato collegato con lo spazio :
per esempio in Lucrezio o Democrito, associato al moto dell’atomo; d’ altra parte
aveva un ulteriore significato proveniente da un piccolo pezzo di uno scritto di
Archiloco che scrive : “ non ti abbattere nelle disgrazie , non ti inorgoglire nella
vittoria, ma impara a conoscere “ cioè mobile configurazione che regge le cose
umane, incessante muoversi delle sorti umani.

Secondo l’ etimologia greco rhythmos si oppone a <<schema>>, altro nome per dire forma,
ma là dove schema è la forma fissa, rhythmos è la forma mobile.
Si può affermare quindi che esistono due linee di pensiero sul ritmo nell’ arte:
➢ secondo il numero, cioè il ritmo rinvia all’ idea di composizione, di struttura quindi ad
un numero sempre possibile.
➢ secondo la vita, qui il ritmo è fattore fortemente sensibile all’ esperienza estetica, è la
continuità vivente del discontinuo del numero.
Ma una non esclude l’ altra, in quanto la ritmologia implica l’ aritmologia nello stesso
momento.

L’ interesse di Sauvanet per il ritmo gli deriva dal suo maestro Gilles Deleuze , che dedica
all’ elemento ritmo parole importanti e molto spazio da aver iniziato una strada di studio solo
per questo chiamata “ritmologia”. In un suo scritto dedicato a Francis Bacon eleva il ritmo
ad un concetto trans artistico ed è un altro nome della logica della sensazione.

“Captare delle forze” (citazione Deleuze pag 116) rimanda molto a quello che è il ritmo,
capacità di rendere un'armonia di fondo, che può trovarsi in arti diverse e in modo diverso,
ma che parte da una stessa esigenza per tutte, anche interiore degli artisti.

Altre soluzioni

Esistono altri elementi che com il ritmo , che sono comuni nel designare pratiche artistiche,
comuni in più arti e che vogliono diventare concetti trans artistici. Parliamo quindi di stile o
di figura

Per artisti

Ci sono dei casi di persone che hanno in sè sia differenza che corrispondenza, non è caso
frequente nella storia dell’ arte ma si tratta più di ragioni storiche o sociologiche o
economiche. L’ esempio di ciò è Henri Michaux che era poeta per eccellenza, pittore quasi
conosciuto e musicista misconosciuto, dichiarò che dedicarsi alla musica sia stata una via di
fuga dalla pesantezza delle parole e che lo abbia aiutato ad uscire anche se per poco da sé.
Esempio lampante è anche la figura di Matisse che stanco della pittura si rifugia nella
scultura.
Queste due figure sono l’ esempio di come sia stancante e restrittivo restare e affrontare un
solo tipo di forma d'arte, un’ artista polivalente ama passare da una forma di espressione all’
altra. Questa stanchezza, questo sentimento di pressione, come se la creazione fosse così
forte da dover necessariamente passare attraverso più forme.

Gli artisti trans artisti riescono a mantenere il loro stile, la loro impronta riconoscitiva da un’
arte all’ altra, da una forma ad un’ altra. Gli stessi trans artisti hanno trovato nel paragone tra
le arti la soluzione della corrispondenza e differenza tra di loro, si parla in questo momento
anche di artista multimediale con la distinzione che il trans artista non mescola insieme
diverse forme. La nascita dell’ arte multimediale può sembrare un prolungamento tecnico e
storico delle problematiche legate alla corrispondenza tra le arti: per il fatto di riuscire a
gestire insieme suono e immagine o altre arti tra loro , gli fa pensare così. Ma non è così.

CAPITOLO 6 - IL GIUDIZIO

Non esiste un pensiero oggi sul giudizio che non sia influenzato dal pensiero stesso di Kant,
ma ci sono comunque delle persone che sentono e giudicano.
Si possono distinguere due linee di problemi che sono sia distinte che complementari: il
gusto e il valore.
A. Il gusto: riguarda l’ insieme degli oggetti di senso, designa uno dei cinque
sensi e quello più vicino alla materia, e si può parlare di gusto dalla cosa più
materiale a quella più spirituale. Ma allo stesso tempo è la facoltà con la
quale si può distinguere il buon gusto e il cattivo gusto. In Kant il gusto è la
facoltà di giudicare il bello, mentre il giudizio estetico è detto riflettente in
quanto il soggetto prova il sentimento di se stesso in quanto lui è
rappresentazione.
Il giudizio di gusto pone il problema quindi del soggettivo e oggettivo, come si
fa a passare un giudizio soggettivo di gusto da soggettivo a universale?

B. il valore: riguarda gli oggetti artistici. Un giudizio di valore è associato


iìcomunque ad un giudizio di gusto, un giudizio di valore può essere dato da 4
gradi differenti in ordine decrescente di importanza: dai pari, dai critici, dal
mercato e dal pubblico. Qui sorgono altre domande, secondo quali criteri
allora si può dare un giudizio e perché un giudizio vale più di un altro? Dal
XIX fino all’ inizio del XX secolo, il criterio secondo il quale si dà un giudizio è
il bello, non limitandosi però a dire cosa sia bello o no ma <<cosa sia arte e
non arte>>.

NASCITA DEL GIUDIZIO (contesto artistico, contesto estetico e contesto


storico).

Inizia tutto con un fatto storico 1725 , viene presa un’ iniziativa rilevante per lo sviluppo delle
vicende artistiche : Salon Carré del Louvre a Parigi viene dedicato ad un’ esposizione di
opere aperte al pubblico. Vi esponevano gli artisti dell’ Accademì che portavano lavori per
farsi conoscere e per far vedere i loro progressi in arte. Contatto fra opera e spettatore
diverso da quello che avviene nel privato, nello studio dell’ artista; è un rapporto tra più
spettatori e opere, è da questo che nasce il confronto, il giudizio, pensieri diversi,
confrontando anche opere tra loro e confrontandosi tra visitatori.
La datazione della nascita nel XVIII secolo è in realtà relativa, le opere d’ arte venivano
giudicate come tali solo dopo, nonostante anche Platone le giudicava criticandole.

Salon che nasce come evento periodico, annuale per poi passare ad una periodicità
biennale e tornare poi ad annuale, diventando un appuntamento fisso per la cultura parigina,
soprattutto per l’ arte con le sue novità. Da Salon Carré a Salon a cadenza fissa, da come
nasce il rapporto e l'influenza tra i vari artisti nasce l’ esigenza di mettere per iscritto il
proprio pensiero, le proprie critiche, i propri giudizi sulle opere che si stanno visitando, e sarà
Diderot ad iniziare il genere nuovo della critica d’ arte, scrivendo moltissime recensioni a
vari Salon a cominciare dalla fine degli anni 50 dal 700 fino al 1781.
Furono poi nei decenni successivi a dedicarsi anche alla critica d’ arte, personaggi come il
famoso poeta Baudelaire , per poi raccoglierli in pubblicazioni uniche. La cosa
caratterizzante del critico d’ arte è la scelta di posizione che lui deve prendere quando
espone il suo pensiero o quello che visita, allo stesso modo ci sono critiche e pensieri
contrapposti facendo vedere due o più parti di una stessa medaglia.

Dagli anni 30 dell’ 700 i Salon sono aperti al pubblico (1737), saranno poi le vicende dei
Salon a scandire le vicende dell’ arte francese , come per esempio il periodo in cui nell’ 800
si creerà malcontento negli artisti per la rigidità che richiederanno i committenti, mettendo da
parte autori che poi con il tempo si rivelarono grandi autori, in quanto troppo innovativi.
Salon come luoghi d’ incontro per gli artisti, luogo mondano.
Passando a Sauvanet parallelamente alla nascita del giudizio , si ha la nascita della sfera
dell’ opinione pubblica definita così da Jürgen Habermas , nuova concezione di sfera
pubblica in relazione alle gazzette, stampa quotidiana, pubblicazioni, vita socia- intellettuale
che si svolgeva nei caffè. Prima della nascita dei Salon, il pubblico degli artisti era ristretto
limitato ad una o poche più persone.

Il ruolo del pubblico secondo Sauvanet è importante, non è un pubblico tutto di collezionisti,
ma anche un pubblico modesto, che si vede interessato a quello che vede o contrario,
diventa importante il pensiero della civiltà pubblica. Il giudizio di gusto d’ ora in poi dal XVIII
secolo è legato alla nozione di <<spazio pubblico>>, il pubblico quindi essendo molto ampio,
non è compratore ma è mediatore tra l’ artista e il committente.

Per quanto riguarda invece la nascita del giudizio da un punto di vista estetico , una
svolta significativa dopo la metà dell 800, ponendo le basi per tutta l’ estetica
contemporanea, ci viene da DAVID HUME scrivendo “ la regola del gusto” , chiedendo ma il
gusto è assolutamente individuale oppure ha una regola di base , standard a cui ci si possa
paragonare, informare?

Prima però di entrare nel dettaglio con Hume facciamo una breve contestualizzazione:
è il periodo della tripartizione tra scienze, arti e mestieri in cui l’ arte come l’ estetica sta
avendo una sorta di autonomia e importanza, in cui si comprende la nascita di riflessioni sul
gusto, prima che Kant formalizzi la sua teoria del giudizio. Periodo centrale dove si passa
dal dare importanza al cosmo , al soggetto.
Il pensiero di David Hume
Con uno dei principali saggi di argomento estetico appare nel 1755 con il titolo “La regola del
gusto”, scrive infatti che la bellezza non è una caratteristica delle cose stesse che si vanno
ad osservare, ma esiste più che altro nella mente di chi lo contempla e ogni mente
percepisce una bellezza diversa; pensiero che riporta poi anche Spinoza.

Una strada differente sul bello la prende Hume citando il Don Chisciotte
Citazione Don Chisciotte pag 124 : i due esperti hanno esposto i loro giudizi molto differenti
tra di loro, che sono frutto di casualità a prima occhiata, anche se hanno un punto in comune
i due giudizi, entrambi hanno detto inizialmente che è buono. Questo ci spiega quindi molto
sullo statuto degli esperti: c è un giudizio soggettivo anche quasi comune sul vino, ma c è
anche un’ obiettività di fondo nei loro giudizi.

Queste due figure possono quindi essere chiamati esperti in quanto riescono a dare un
giudizio soggettivo ma anche obiettivo, lontano quindi da qualsiasi pregiudizio. Sono quindi
figure professionali molto rare, equilibrio dell’ esperto, sensibilità individuale che non basta
che si deve allenare con il confronto, liberandosi dai pregiudizi , nemici del vero giudizio
critico. Il gusto risponde ha 2 regole:
1. il giudizio degli esperti , tenendo sempre allenato il loro organo di senso;
2. riconoscere quale sia effettivamente un giudizio e quale no, come? Vedendo cosa è
piaciuto in totalità a tutti i paesi.
Hume qui ha quindi il volere di ricercare un universalità del giudizio di gusto, una norma
universale di gusto, l’ estetica del periodo è qui divisa in chi crede nel soggettivismo e chi
nell’ universalismo.

Contestualizzando storicamente la nascita del giudizio o del gusto abbiamo


principalmente due periodi importanti:
➔ 1790, con la presa della Bastiglia che distoglierà l’ attenzione di Kant dal suo lavoro
(scritta la Critica della facoltà di Giudizio)
➔ il secolo dei Lumi (Illuminismo) è l’ inizio di un progresso di una forma di razionalità
logica e di democrazia politica, nel senso proprio di dare potere al popolo. La nascita
dei Salon dà vita quindi ad una democrazia relativa del gusto e ad una relativa
autonomia dell’ arte.

CRITICA DEL GIUDIZIO DI KANT


Questo percorso di Kant inizia nel 1764 nelle “Osservazioni sul sentimento del bello e del
sublime” ma il vero pensiero si fonda nel 1790 con la nascita della terza critica : Critica della
facoltà di giudizio. Partiamo qui nel definire cosa si intenda secondo Kant la parola critica:
non è in senso negativo, deriva dall’ etimologia greca krinein e significa considerare,
pensare. La critica è l’ attività della ragione giungendo alla coscienza di sé , assegna dei
limiti a se stessa alla ragione stessa.
Concepisce questa terza critica come punto intermedio delle due precedenti, quindi il
giudizio come intermedio tra intelletto e ragione; concepisce qui due tipo di giudizio: giudizio
estetico (riflettente) e giudizio teleologico (come se la natura obbedisce ad un sistema di
fini). Il giudizio estetico verrà affrontato secondo un piano scritto da Kant quindi dall’ analitica
del bello, all’ analitica del sublime per finire con la dialettica del giudizio estetico; lo stesso
giudizio estetico inoltre ha come focus il concetto di soggettività e universalità: il soggetto
pone un giudizio soggettivo che in realtà crede sia portato avanti anche da altri,
sinteticamente si può dire che il pensiero kantiano si basa sul considerare il bello come non
caratterista dell’ oggetto poiché risiede nel giudizio di chi contempla, tale giudizio non
risponde a concetti in quanto non fa parte del campo della conoscenza e tale giudizio deve
essere comunicabile secondo un senso comune, universale.

Analitica del bello

Suddivisa in 4 momenti, si deve trovare una spiegazione tra le righe.


1. Qualità. Il bello è un giudizio di gusto disinteressato, perché è disinteressato da ciò
che giudica? Non può essere sempre interessato? NO , e portiamo due esempi: il
primo è che un giudice cerca di essere neutro nel suo giudizio ma non può essere
impassibile su ciò che giudica. Mentre se dovessimo giudicare un nudo nella sua
qualità artistica dovremmo lasciar da parte ciò che ci provoca quel nudo ed essere
oggettivi sulla sua plasticità ed altro. Il giudizio deve quindi slegarsi dal piacevole e
dal ragionevole per ricercare attraverso il bello un piacere puro. Il disinteresse è
quindi una garanzia di libertà del giudizio di gusto. Il bello è così diventato autonomo.
2. Quantità. <<Bello è ciò che piace universalmente senza concetto>>, frase celebre di
Kant ma molto spesso fraintesa, in quanto l’ universalità è sempre concettuale come
per esempio la matematica è dimostrabile attraverso concetti, il bello NON può
essere dimostrabile attraverso concetti, in quanto il giudizio di gusto non è nel campo
della conoscenza. Il piacere che è associato al nostro <<bello>> deve poter essere
universale senza l’ uso del concetto; l’ universalità è richiesta (in quanto il giudizio di
gusto vuole che venga ritenuto bello ciò che si presenta come tale) ma questa
universalità non deve essere data da concetti ( il giudizio di gusto non è un giudizio di
conoscenza). Per comprendere bene questo discorso distinguiamo la differenza tra :
vero, piacevo e bello; il vero è universale con concetto ma non è piacevole, il
piacevole piace e non è universale, il bello riunisce l’ universale senza concetto e il
piacere. Quando noi giudichiamo qualcosa bello lo facciamo anche per gli altri,
quando riguarda però il giudizio estetico e artistico in generale; per spiegarmi meglio
se a me piace un cibo e ad una mia amica no non possiamo farci niente perché non
possiamo cambiare un giudizio che rientra nel campo del piacevole, dei sensi; se a
me piace un particolare artista dovrò cercare di farle capire perchè mi piace e in che
modo riesco a percepirlo per far si che lo ami. Non esiste quindi un giudizio di gusto
soggettivo in un campo di giudizio estetico o artistico.
3. Relazione. Il bello suppone una finalità senza fine, che significa? Distinguiamo 2 tipi
di finalità una interna e una esterna: la finalità esterna è l’ obiettivo esterno all’
oggetto, nell’ opera d’ arte non esiste una finalità esterna cioè l’ opera d’ arte è fine a
se stessa , ha un fine nel suo interno. Ma alcuni oggetti d’ arte possono avere un fine
esterno come quello dell’ utile, del bene o del piacevole. Kant considera bello ciò che
porta in sé la propria finalità ma senza un criterio oggettivo di perfezione, è bella l’
opera la cui armonia non rinvia a nient’ altro che a sè stessa.
Lui distingue due tipi di bellezza libera e la bellezza aderente.
➔ bellezza libera, bellezza indipendente da ogni forma predefinita di
rappresentazione;
➔ bellezza aderente, bellezza che risponde a criteri diversi rispetto al puro

🙂
giudizio estetico.
Da queste c è un’ ulteriore suddivisione a 4
● bellezza libera naturale (fiori)
● bellezza libera artistica (arte astratta)
● bellezza aderente naturale (essere umano)
● bellezza aderente artistica (design,architettura)
4. Modalità. Kant insiste ancora che il bello è necessariamente senza concetto e dice
anche che la soddisfazione davanti al bello deve essere necessaria e il bello deve
procurare per forza un piacere, piacere che è specifico necessariamente soggettivo
ma che deve poter essere considerato anche universalmente. La necessità del
giudizio estetico è quindi una necessità importante di cui tutti gli uomini devono
aderire.

Kant concepisce 2 tipi di giudizio estetico: giudizio sul bello e giudizio del sublime.

Analitica del sublime

➔ Il sublime. Etimologicamente significa elevato, il termine ha 2 sensi : in senso


proprio ovvero alto oppure in senso figurato in senso morale o religioso. In Kant il
sublime è il sentimento provato davanti a ciò che eccede ogni forma, presentandosi
sia come sublime matematico che fa apparire rapportato a lui tutto più piccolo; sia
come sublime dinamico ciò che mette lo spirito in movimento. Secondo un primo
approccio il sublime potrebbe trovarsi nella natura, ma non è così il sublime è un
sentimento che appartiene a chi contempla, quindi volendo può provocarci un
sentimento di sublime anche un’ opera d’ arte.
➔ Il genio. Il bello rinvia ad un’ estetica classica delle forme, mentre il sublime ad un’
estetica pre-romantica dell’ infinito e dell'informe, il genio è il rapporto tra le due
quindi tra arte e natura. <<Il genio è quel dono naturale che dà la regola all’ arte>>,
da questa definizione Kant esplicita 4 argomentazioni:
1. la natura del genio è di essere originale , nel senso che il genio è fuori dalla
norma;
2. la natura del genio è di essere esemplare, nel senso che è oggetto di mille
esempi;
3. la natura del genio è di essere indescrivibile, nel senso che non può esporre
scientificamente il modo in cui è stato realizzato;
4. la natura del genio è di essere paradigmatico, cioè non prescrive delle
regole alla scienza, ma all’ arte.
Il genio artistico occupa un posto a sè nel sistema kantiano come pura espressione naturale
di una libertà creatrice. Un esempio quindi di genio artistico può essere benissimo Marcel
Duchamp.

Dialettica del giudizio estetico

La dialettica della facoltà di giudizio estetico presenta una perfetta contraddizione


(antinomia) del gusto, questa contraddizione è una vera guerra tra due posizioni entrambe
dimostrabili e vere. Queste due posizioni del giudizio estetico del gusto sono:
➔ Tesi. il giudizio di gusto non si fonda su concetti. La tesi è detta empirista,
ovvero che si basa sull’ esperienza quotidiana di soggetti, suoi diversi gusti
non si può dunque discutere.
➔ Antitesi. Il giudizio di gusto si fonda su concetti, che a causa della differenza
dei giudizi, non se ne potrebbe nemmeno discutere. L’ antitesi è detta
razionalista nel senso che fa appello alla ragione per giudicare, dunque si può
discutere sui gusti e pretendere l’ universalità.
Secondo quindi questa distinzione c'è un’ attimo di crisi e ci si chiede allora se si può parlare
di arte , di opere d'arte o di bello. Secondo quello che abbiamo detto, la tesi dice che non se
ne può parlare, mentre l’ antitesi al contrario, la verità si trova nel mezzo in quanto secondo
Kant i due pensieri non si trovano sullo stesso piano ma sono comunque compatibili. Il punto
di mezzo si trova nell’ avere un’ idea diversa di concetto: c è un concetto un concetto nel
giudizio di gusto ma che non si può determinare completamente, c è qualcosa di
comunicabile ma che non si può dimostrare. In parole semplici: non si può provare niente
ma se ne può sempre discutere.

La posizione di Kant è centrale tra l’ empirismo puro che riduce il bello al piacevole e il
razionalismo puro che riduce il bello al razionale e se ne può parlare e vuole per forza
dimostrarlo. La soluzione si trova nel mezzo: sui gusti non si discute al livello del piacevole,
si può discutere sul bello senza dimostrare niente, in quanto il bello non è proprio razionale.
Kant arriva quindi a dire che si può e si deve discutere sull’ opera d’ arte e sull’ arte perchè
discutere porta al sapere ma il sapere non basta si deve arrivare al piacere.

POSTERIORITÀ DEL GIUDIZIO

Con l’ avvento dell’ arte contemporanea, per il campo estetico si deve fare una scelta,
allontanarsi dalla vecchia estetica e esteti oppure partire dalle basi dell’ antichità per
comprendere il contemporaneo? La seconda portando avanti forma e contenuto.

La forma

Per comprendere gli sviluppi dell’ estetica kantiana nell’ arte contemporanea si inizia
constatando la morte dell’ idea di bello e la nascita dell’ idea di arte: il giudizio estetico non è
più un giudizio di gusto ristretto ma è un giudizio estetico in senso ampio che si chiede cosa
sia arte e cosa no. Esistono anche qui una tesi che sostiene : questa è arte senza concetti;
ed un’ antitesi che sostiene: questa è arte fondata su concetti. Pensiero portato avanti da
Thierry de Duve, il quale come Kant trova una soluzione intermedia, grazie anche al
ready-made di Duchamp, trovando l’ importanza nell’ idea di arte e nel nome e nella firma
dell’artista. Dal suo studio cambiano tesi e antitesi: la tesi dice che l’ arte non è un concetto
ma un nome proprio, mentre l’ antitesi è un concetto è l’ idea dell’ arte come nome proprio.

Successivamente anche Mathieu Kessler ristabilisce secondo la forma kantiana una sua tesi
e antitesi che vede in contrapposizione che si scontrano tradizione e innovazione, opera d’
arte contro ready-made e creazione contro nomina, ciò che ha fatto scaturire una crisi nell’
arte contemporanea. La soluzione a questo contrasto è l’ accettare una prospettiva che
porta avanti più elementi fondamentali, più punti di vista (pluralista) al passo con i principi del
postmoderno. Per postmoderno si fa riferimento alla morte di tutte quelle fondamenta che
hanno strutturato il mondo; il problema del resto non è sapere che cosa viene dopo la
modernità, il problema è il significato che noi associamo a tale parola, è sbagliato definire
un’ epoca in relazione alla precedente.

Il contesto

Il dibattito attuale si concentra nella messa in questione dell’ universalità portata avanti da
Kant. Lo stesso Gérard Genette definisce che l’ orientamento contemporaneo va verso una
parzialità (relatività) del giudizio del gusto, respingendo l’ universalità kantiana
considerandola <<il mito più centrale dell’ estetica filosofica>>. è una posizione sempre più
facile da sostenere in quanto sembra che rispetti le scelte di ognuno, nel periodo della
postmodernità ogni giudizio è accettato meglio se argomentato.

Ci si pone tale domanda allora, si può separare soggettivismo e oggettivismo?

Che resterà dell’ arte attuale tra uno o due secoli? Chi artista verrà studiato? Sono queste
ora le domande che ci poniamo,

La crisi attuale non è dell’ arte, ma sulla rappresentazione dell’ arte, di ciò che ci aspettiamo
realmente dall’ arte. L’ arte non è morta è l’ ideale sociale ( utopia) che è morta. C è qui un
ritorno al pensiero di Hume : nell’ epoca della pluralità dei criteri è essenziale il ritorno degli
esperti.
In questo periodo <<L’ arte è ciò che piace localmente con concetto>> nella situazione
contemporanea in cui il bello è scomparso, l’ universale resta ideale e il concetto è ovunque.

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